Dal 14 al 16 settembre 2012 Benedetto XVI Viaggio Apostolico in Libano

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Caterina63
00martedì 3 luglio 2012 17:38

PROGRAMMA VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO

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Città del Vaticano, 3 luglio 2012 (VIS). Dal 14 al 16 settembre, Benedetto XVI effettuerà un Viaggio Apostolico in Libano in occasione della firma e della pubblicazione dell'Esortazione Apostolica Post-Sinodale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che ha avuto luogo in Vaticano nell'ottobre 2010.

Il Papa partirà dall'aeroporto romano di Ciampino alle 9:30 del 14 settembre ed arriverà all'aeroporto Rafiq Hariri di Beirut alle 13:45 (ora locale). Dopo la cerimonia di benvenuto si trasferirà ad Harissa per la visita alla Basilica di San Paolo dove firmerà l'Esortazione Apostolica Post-Sinodale.

Alle 10:00 di sabato 15 settembre, nel Palazzo Presidenziale di Baabda, Benedetto XVI compirà una visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Libano, al Presidente del Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri. Seguirà un Incontro con i Capi delle Comunità Religiose Musulmane. Infine il Papa terrà un discorso davanti ai membri del Governo, delle istituzioni della Repubblica, del Corpo diplomatico, dei Capi religiosi e dei rappresentanti del mondo della cultura.

Alle 13:30 di sabato, presso il Patriarcato armeno cattolico di Bzommar, il Papa consumerà il pranzo con i Patriarchi e i Vescovi del Libano, con i Membri del Consiglio Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ed il Seguito Papale. Alle 18:00 nel piazzale antistante il Patriarcato maronita di Bkerké, il Papa rivolgerà un discorso ai giovani lì convenuti.

Alle 10:00 di domenica 16 settembre, il Santo Padre celebrerà la Santa Messa nel Beirut City Center Waterfront e consegnerà l'Esortazione Apostolica Post-Sinodale per il Medio Oriente. Dopo la recita dell'Angelus Benedetto XVI si recherà alla Nunziatura Apostolica in Harissa per il pranzo con i membri del seguito papale. Alle 17:15, nel Patriarcato Siro cattolico di Charfet Benedetto XVI presiederà un incontro ecumenico, al termine del quale si dirigerà all'aeroporto di Beirut per ripartire, alle 19:00, alla volta di Roma.

Appello dei Patriarchi siriani ai cristiani a non lasciare il Paese

“Con tutto il cuore chiediamo ai fedeli cristiani della Siria di non abbandonare il nostro amato Paese, nonostante la violenza, le sofferenze, lo sfollamento”: è quanto chiedono i Patriarchi delle Chiese cristiane in Siria, da questa mattina in Libano per “stringersi attorno a Benedetto XVI, pellegrino di pace in Medio Oriente”. In un messaggio reso noto tramite l’agenzia Fides, i leader cristiani, dando il benvenuto a Benedetto XVI, rimarcano il tema più caro alle Chiese locali: la presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente.
A condividere il messaggio sono quattro leader con sede a Damasco: il Patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham; il Patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim; il Patriarca siro-cattolico Ignatius III Younan; il Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas. In particolare oggi in Siria c’è il pericolo di un esodo dei fedeli, molti dei quali sono già fortemente colpiti dalla povertà, sono stati costretti a lasciare le loro case per gli scontri armati, e vivono da sfollati interni o nei Paesi limitrofi. In queste tragiche ore, i Patriarchi chiedono ai fedeli: “Abbiate pazienza, non fuggite”, invitando a “sopportare il dolore”, per amore di Cristo.
I leader cristiani in Siria deplorano l’atteggiamento di alcune Cancellerie occidentali che, esplicitamente o in modo implicito, stanno offrendo ai fedeli siriani l’opportunità di emigrare, notando che questo “costituisce una tentazione”, ma che non è la soluzione per i cristiani in Siria. Il rischio, notano, è una “libanizzazione del conflitto siriano” (oltre il 50% dei cristiani fuggì dal Libano, al tempo della guerra) o lo scenario iracheno (negli ultimi anni le comunità cristiane locali, sotto la pressione del terrorismo, sono notevolmente diminuite).
I Patriarchi sostengono con forza il recente appello del Santo Padre al dialogo e alla riconciliazione in Siria, definite dal Papa “prioritarie per tutte le parti implicate” e auspicano che il viaggio di Benedetto XVI possa lasciare “una profonda traccia di pace”. Come riferito a Fides, simbolo potente della solidarietà e dell’amore verso il Papa è, in particolare, la presenza del Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che, nonostante la malattia e le cure di dialisi di cui necessita, ha voluto comunque essere presente accanto a Benedetto XVI.


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Caterina63
00sabato 1 settembre 2012 16:16

La Vergine di Harissa in Libano: la prima tappa del viaggio del Papa [SM=g1740721]

(da Korazym)

É la prima cosa che farà Benedetto XVI arrivando a Beirut.
Ad Harissa nella basilica di Saint Paul firma e consegna la esortazione apostolica post sinodale.
É il programma per il cristiani del Medio Oriente che vivono schiacciati tra le guerre e la memoria.

Venerdì 14 settembre, nel pomeriggio libanese a fianco al Papa ci saranno i Vescovi e i Patriarchi del Medio Oriente e una delegazione protestante e un altra musulmana. Così, ai piedi di Maria, per la seconda volta arriva un Papa.
Giovanni Paolo II vistò il santuario il 10 maggio 1997: il ricordo di quella visita sarà uno dei punti centrali del viaggio di Benedetto XVI. Harissa è il luogo più simbolico del Libano cristiano, è un faro di speranza e per questo Giovanni Paolo II volle incontrare proprio davanti al santuario i giovani libanesi. Un paesino a 20 chilometri da Beirut, 650 metri sul mare, il Mediterraneo che unisce e separa i popoli da millenni. Il Santuario di "Nostra Signora del Libano" è luogo di pellegrinaggio dal 1904 quando il Patriarca Maronita Elias Hoyek e Monsignor Charles Duval, Delegato Apostolico in Libano, vollero commemorare il cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. La statua prende a modello l’immagine della Santa Vergine apparsa nel 1830 a Caterina Labouré alla Rue du Bac a Parigi.

L’artista Durenne la confezionò in dodici pezzi il cui peso totale ammontava a 14 tonnellate. Verso la fine di luglio 1906 fu trasportata ad Harissa e fu posta su un piedistallo a spirale composto da un centinaio di gradini.



L’inaugurazione fu presieduta da Monsignor Hoyek, il 3 maggio 1908, anno del Giubileo sacerdotale di Papa Pio X e delle Apparizioni della Vergine a Lourdes.

Da allora si celebra la festa della Madonna del Libano ogni anno il 1° Maggio, all’inizio del mese mariano. Da un anno all’altro, il piccolo Santuario si è ingrandito ed è diventato il primo centro di Pellegrinaggi mariani provenienti da ogni parte: dal Libano, dal Medio Oriente e dai Paesi arabi. Il loro numero è andato ingrandendosi giorno dopo giorno, in ogni stagione e ad ogni occasione: familiare, religiosa, sociale, come a segnare da qui sempre una nuova rinascita nella vita cristiana.

La gigantesca statua della Vergine, Signora del Libano bianca figura a braccia aperte e rivolta verso il mare che troneggia dall’alto della collina di Harissa, è l’emblema della devozione alla Madonna del biblico Paese mediorientale. La venerazione di Maria è molto viva nel cuore di tutti i Libanesi e suscita l’ammirazione di tutti coloro che, in un modo o in un altro, hanno potuto avvicinare i fedeli del Libano.

I Maroniti osservano un rito particolare, quello della benedizione con l’immagine mariana, sul modello della benedizione eucaristica. Il sacerdote in cotta e stola la incensa, sale i gradini dell’altare, prende l’immagine della Vergine e si volge verso i fedeli, pronunciando ad alta voce questa formula di benedizione: “Per l’intercessione della Madre di Dio, la Vergine Maria, vi benedica la SS.ma Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo". I fedeli rispondono: "Amen, perché ogni bene viene dalla Santa Vergine”.

Nell’ultimo decennio degli Anni Novanta, la statua è stata affiancata da una grande Basilica che ha accolto, il 10 e 11 maggio 1997, Papa Giovanni Paolo II che pronunciò un "Atto di affidamento" che si concludeva con una frase ancora più importante a 15 anni di distanza : “Concedi, o Vergine Santissima, a questo popolo antico e pur sempre giovane di mantenersi degno erede della sua illustre storia, costruendo con dinamismo il suo avvenire nel dialogo con tutti, nel rispetto reciproco dei diversi gruppi, nella concordia fraterna! Regina della pace, proteggi il Libano!








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Caterina63
00venerdì 14 settembre 2012 16:05

IL PAPA IN LIBANO PELLEGRINO DI PACE ED AMICO DI TUTTI GLI ABITANTI DEL MEDIO ORIENTE

Città del Vaticano, 14 settembre 2012 (VIS). Poco prima delle 14:00 (ora locale), il Santo Padre Benedetto XVI è giunto all'aeroporto "Rafiq Hariri" di Beirut, intitolato all'ex Presidente del Consiglio dei Ministri del Libano, ucciso con la sua scorta in un attentato dinamitardo nel 2005.

Pope Benedict XVI speaks with journalists during his flight to Beirut September 14, 2012. Pope Benedict makes a religiously delicate and potentially dangerous trip to Lebanon this weekend to appeal for peace and reconciliation in the Middle East as civil was rages next door in Syria.
Pope Benedict XVI waves his hand upon arrival  at Rafik Hariri international airport, in Beirut, Lebanon, Friday, Sept. 14, 2012. Pope Benedict XVI arrived in Lebanon on Friday to urge peace at a time of great turmoil in the Middle East, saying the import of weapons to Syria during the country's civil war is a "grave sin." The three-day visit comes at a time of turmoil in the region   the civil war in neighboring Syria and in the aftermath of a mob attack that killed several Americans in Libya, including the U.S. ambassador.

Al suo arrivo il Santo Padre è stato accolto dal Presidente della Repubblica del Libano, Generale Michel Sleiman, dal Patriarca Maronita S.B. Béchara Boutros Raï, dal Presidente del Parlamento Libanese, Signor Nabih Berri e dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Signor Nagib Miquati.

Nel suo primo discorso in terra libanese il Papa ha ricordato che durante la visita del Presidente Sleiman in Vaticano, nel febbraio 2011, fu benedetta la maestosa statua di San Marone, collocata in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro, statua che è segno di "un patrimonio spirituale secolare" e conferma della "venerazione dei libanesi per il primo degli Apostoli e i suoi successori". Il Papa ha anche menzionato le eccellenti relazioni fra il Libano e la Santa Sede e l'importante avvenimento ecclesiale motivo della sua visita: la firma dell'Esortazione Apostolica Post-Sinodale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, "Ecclesia in Medio Oriente".

Benedetto XVI ha ringraziato inoltre tutti i Patriarchi cattolici presenti, in particolare il Patriarca emerito, Cardinale Nasrallah Boutros Sfeir ed il suo successore, Patriarca Bechara Boutros Raï, i Vescovi del Libano e "tutti i cristiani del Medio Oriente", sottolineando che l'Esortazione Apostolica "destinata al mondo intero, si propone di essere per loro una tabella di marcia per gli anni a venire". Il Santo Padre si è rallegrato di poter incontrare in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche del Libano ed ha detto: "La loro presenza, il loro impegno e la loro testimonianza sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del vostro amato Paese". Il Papa ha inoltre salutato i Patriarchi e Vescovi ortodossi, venuti ad accoglierlo, come pure i rappresentanti delle diverse comunità religiose del Libano.

"La vostra presenza - ha detto il Pontefice - dimostra la stima e la collaborazione che desiderate promuovere tra tutti nel rispetto reciproco. Vi ringrazio per i vostri sforzi e sono sicuro che continuerete a ricercare vie di unità e di concordia. Non dimentico gli eventi tristi e dolorosi che hanno afflitto il vostro bel Paese per lunghi anni. La felice convivenza tutta libanese, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all'interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani, e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni. Voi sapete come me che questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato. Esso rischia a volte di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi. È qui che bisogna dar prova di reale moderazione e grande saggezza. E la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti".

"Vengo anche per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l'altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli. Il famoso equilibrio libanese che vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all'impegno di tutti i Libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero. Non si tratta di un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione".

"Vengo in Libano come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico degli uomini. (...). E al di là del vostro Paese, vengo oggi idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo. (...). Le vostre gioie e i vostri dolori sono continuamente presenti nella preghiera del Papa e chiedo a Dio di accompagnarvi e di consolarvi. Posso assicurarvi che prego particolarmente per tutti coloro che soffrono in questa regione, e sono molti. La statua di San Marone mi ricorda ciò che vivete e sopportate".

Al termine della cerimonia di benvenuto il Papa si è recato alla Nunziatura Apostolica di Harissa.

Pope Benedict XVI sits as he listens to Lebanon's President Michel Suleiman speak upon his arrival at Beirut's airport September 14, 2012. Pope Benedict appealed for a stop to arms imports to Syria on Friday, saying it would help end the civil war there, and said the Arab Spring was a positive "cry for freedom" as long as it included religious tolerance.
Faithful look at Pope Benedict XVI arrives at Rafik Hariri international airport, in Beirut, Lebanon, Friday, Sept. 14, 2012. Pope Benedict XVI arrived Friday for a three-day visit to Lebanon on Friday. During his visit, the Pope said he would meet with Lebanese authorities as well as Christians from Lebanon and other nearby countries.
Pope Benedict XVI speaks on the podium upon his arrival at Beirut's airport September 14, 2012. Pope Benedict arriving in Lebanon on Friday for a three-day visit as civil war rages in neighbouring Syria called for a halt to weapons imports to Syria which he said were a "grave sin".
A Lebanese Army soldier secures the area near Beirut international airport  in preparation to welcome Pope Benedict XVI September 14, 2012. Pope Benedict arrives in Lebanon on Friday to bring a message of peace to a region torn by civil war in neighbouring Syria and strained by violent Islamist protests against the United States in Libya and Egypt.
CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE "RAFIQ HARIRI" DI BEIRUT
 


All’arrivo all’aeroporto internazionale "Rafiq Hariri" di Beirut, alle ore 13.45, il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dal Presidente della Repubblica del Libano, Gen. Michel Sleiman, con la Consorte; dal Patriarca di Antiochia dei Maroniti e Presidente dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici del Libano, Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï; dal Presidente del Parlamento Libanese, Sig. Nabih Berri, e dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Sig. Nagib Miqati, con le rispettive Consorti. Sono presenti inoltre alcune Autorità politiche e civili, i Patriarchi, i Vescovi e gli altri membri dell’APECL (Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici del Libano), personalità religiose ortodosse e protestanti, il Corpo Diplomatico, personalità musulmane e una rappresentanza di fedeli.
Nel corso della cerimonia di benvenuto, dopo il saluto del Presidente della Repubblica, Gen. Michel Sleiman, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:
 

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Presidente della Repubblica,
 Signori Presidenti del Parlamento e del Consiglio dei Ministri,
 Care Beatitudini,
 Autorità civili e religiose presenti, cari amici!
 
Ho la gioia, Signor Presidente, di rispondere al cortese invito che Ella mi ha rivolto a recarmi nel vostro Paese, come pure a quello che ho ricevuto dai Patriarchi e dei Vescovi cattolici del Libano. Questo duplice invito manifesta, qualora fosse necessario, il duplice scopo della mia visita al vostro Paese. Essa sottolinea le eccellenti relazioni che da sempre esistono tra il Libano e la Santa Sede, e vorrebbe contribuire a rafforzarle.

 Questa visita è anche la risposta a quelle che Lei mi ha fatto in Vaticano nel novembre 2008 e, più recentemente, nel febbraio 2011, seguita nove mesi più tardi da quella del Signor Primo Ministro.
 E’ durante il secondo dei nostri incontri, che la maestosa statua di San Marone è stata benedetta. La sua presenza silenziosa presso la Basilica di San Pietro ricorda il Libano in modo permanente nel luogo stesso in cui fu sepolto l'apostolo Pietro. Essa manifesta un patrimonio spirituale secolare, confermando la venerazione dei libanesi per il primo degli Apostoli e i suoi successori. E’ per evidenziare la loro grande devozione a Simon Pietro, che i Patriarchi maroniti aggiungono al loro nome quello di Boutros. E’ bello vedere che dal santuario petrino, San Marone intercede continuamente per il vostro Paese e per l'intero Medio Oriente. La ringrazio fin d’ora, Signor Presidente, per tutti gli sforzi compiuti in vista della buona riuscita del mio soggiorno tra voi.

 Un altro motivo della mia visita è la firma e la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, "Ecclesia in Medio Oriente". Si tratta di un importante evento ecclesiale. Ringrazio tutti i Patriarchi cattolici che sono qui convenuti, in particolare il Patriarca emerito, il caro Cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, e il suo successore, il Patriarca Bechara Boutros Rai. Saluto fraternamente tutti i Vescovi del Libano, come pure quelli che hanno viaggiato per pregare con me e ricevere dalle mani del Papa questo documento. Attraverso di loro, saluto con affetto paterno tutti i cristiani del Medio Oriente. Destinata al mondo intero, l'Esortazione si propone di essere per loro una tabella di marcia per gli anni a venire. Mi rallegro inoltre di poter incontrare in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche del vostro Paese, di poter celebrare e pregare insieme. La loro presenza, il loro impegno e la loro testimonianza sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del vostro amato Paese.

 Mi è caro salutare anche con grande deferenza i Patriarchi e Vescovi ortodossi che sono venuti a ricevermi, come pure i rappresentanti delle diverse comunità religiose del Libano. La vostra presenza, cari amici, dimostra la stima e la collaborazione che desiderate promuovere tra tutti nel rispetto reciproco. Vi ringrazio per i vostri sforzi e sono sicuro che continuerete a ricercare vie di unità e di concordia. Non dimentico gli eventi tristi e dolorosi che hanno afflitto il vostro bel Paese per lunghi anni.
 La felice convivenza tutta libanese, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all'interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani, e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni. Voi sapete come me che questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato. Esso rischia a volte di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi. E’ qui che bisogna dar prova di reale moderazione e grande saggezza.

 E la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti. Il grande Re Salomone, che conosceva Hiram re di Tiro, non riteneva che la saggezza fosse la virtù suprema? Per questo la domandò a Dio insistentemente, e Dio gli diede un cuore saggio e intelligente (1 Re 3, 9-12).
 Vengo anche per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l'altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli. Il famoso equilibrio libanese che vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all'impegno di tutti i Libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero. Non si tratta di un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione.

 I legami tra il Libano e il Successore di Pietro sono storici e profondi.
 Signor Presidente e cari amici, vengo in Libano come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico degli uomini. «Salami-O Tikum»: «Vi do la mia pace», dice Cristo (Gv 14,27). E al di là del vostro Paese, vengo oggi idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo. Anche a loro Cristo dice: «Salami-O Tikum». Le vostre gioie e i vostri dolori sono continuamente presenti nella preghiera del Papa e chiedo a Dio di accompagnarvi e di consolarvi. Posso assicurarvi che prego particolarmente per tutti coloro che soffrono in questa regione, e sono molti. La statua di San Marone mi ricorda ciò che vivete e sopportate.

 Signor Presidente, so che il vostro Paese mi prepara una bella accoglienza, un’accoglienza calorosa, l’accoglienza che si riserva a un fratello amato e rispettato. So che il vostro Paese vuole essere degno dell’ «Ahlan wa Sahlan» libanese. Lo è già e lo sarà ancora di più. Sono felice di essere con tutti voi. Che Dio vi benedica tutti. (Lè yo barèk al-Rab jami’a kôm!).
Grazie.


 

Caterina63
00venerdì 14 settembre 2012 18:33



Pope Benedict XVI speaks with journalists during his flight to Beirut September 14, 2012. Pope Benedict makes a religiously delicate and potentially dangerous trip to Lebanon this weekend to appeal for peace and reconciliation in the Middle East as civil was rages next door in Syria.

INTERVISTE TELEVISIVE E RADIOFONICHE DEL SANTO PADRE

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN LIBANO IN OCCASIONE DELLA FIRMA E DELLA PUBBLICAZIONE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI (14-16 SETTEMBRE 2012)



INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO IL LIBANO

P. Lombardi: Santità, benvenuto e grazie per essere qui con noi. I giornalisti al seguito sono poco più di 50, di diverse lingue e nazionalità. Naturalmente ce ne sono molte centinaia, forse migliaia, che ci aspettano invece in Libano e tutti sono molto attenti a questo viaggio sapendone l’impegno e l’importanza. Le siamo grati per essere con noi per rispondere a delle domande impegnative che i giornalisti stessi hanno formulato nei giorni precedenti. Le prime due domande le formulo in francese. Il Santo Padre risponde in francese come lingua più o meno ufficiale del viaggio e le altre tre in italiano.


Domanda: Saint-Père, dans ces jours, il y a des anniversaires terribles, comme le 11 septembre ou le massacre de Sabra et Chatila ; aux frontières du Liban, il y a une sanglante guerre civile, et nous voyons aussi que dans d’autres pays, le risque de la violence est toujours présent. Saint-Père, avec quels sentiments vous affrontez ce voyage ? Est-ce que vous avez été tenté d’y renoncer pour l’insécurité, ou quelqu’un vous a suggéré d’y renoncer ?


[Santo Padre, in questi giorni ricorrono anniversari terribili, come quello dell’11 settembre, o quello del massacro di Sabra e Chatila; ai confini del Libano vi è una sanguinosa guerra civile, e vediamo anche che in altri Paesi il rischio della violenza è sempre attuale. Santo Padre, con quali sentimenti affronta questo viaggio? E’ stato tentato di rinunciarvi a motivo dell’insicurezza, o qualcuno Le ha suggerito di rinunciarvi?]


Santo Padre: Chers amis, je suis très heureux et reconnaissant de cette possibilité de parler avec vous. Je puis dire que personne ne m’a conseillé de renoncer à ce voyage, et de ma part, je n’ai jamais pensé à cette hypothèse parce que je sais que si la situation devient plus compliquée, il est encore plus nécessaire de donner ce signe de fraternité, d’encouragement, de solidarité. Et donc, c’est le sens de mon voyage : inviter au dialogue, inviter à la paix contre la violence, aller ensemble pour trouver les solutions des problèmes. Et donc, mes sentiments dans ce voyage sont surtout des sentiments de reconnaissance pour la possibilité d’aller en ce moment dans ce grand Pays, ce Pays qui est – comme l’a dit le Pape Jean-Paul II – plusieurs messages dans cette Région de la rencontre et de l’origine des trois religions abrahamiques. Je suis reconnaissant surtout au Seigneur qui m’a donné la possibilité ; je suis reconnaissant à toutes les Institutions et aux personnes qui ont collaboré et collaborent encore pour cette possibilité. Et je suis reconnaissant pour tant de personnes qui m’accompagnent avec la prière. Dans cette protection de la prière et de la collaboration, je suis heureux et je suis sûr que nous pouvons faire un réel service pour le bien des hommes et pour la paix.


[Cari amici, sono molto lieto e riconoscente per questa possibilità di parlare con voi. Posso dire che nessuno mi ha mai consigliato di rinunciare a questo viaggio e, da parte mia, non ho mai contemplato questa ipotesi, perché so che se la situazione si fa più complicata, è più necessario offrire questo segno di fraternità, di incoraggiamento e di solidarietà. E’ il significato del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi.

Dunque, i miei sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare in questo momento in questo grande Paese, questo Paese che - come ha detto Papa Giovanni Paolo II - è un messaggio molteplice, in questa Regione, dell’incontro e dell’origine delle tre religioni abramitiche. Sono riconoscente soprattutto al Signore che me ne ha dato la possibilità; sono riconoscente a tutte le Istituzioni e alle persone che hanno collaborato e collaborano ancora per questa possibilità. E sono riconoscente alle tante persone che mi accompagnano con la preghiera. In questa protezione della preghiera e della collaborazione, sono felice e sono certo che possiamo fare un servizio reale per il bene dell’uomo e per la pace.]

P. Lombardi: Merci, Saint-Père. Un grand nombre de catholiques manifestent leur inquiétude devant la croissance des fondamentalismes dans différentes régions du monde et devant les agressions dont sont victimes de plusieurs chrétiens. Dans ce contexte difficile et souvent sanglant, comment l’Église peut-elle répondre à l’impératif du dialogue avec l’islam, sur lequel vous avez plusieurs fois insisté ?


[Grazie Santo Padre. Molti cattolici manifestano la loro inquietudine dinanzi alla crescita dei fondamentalismi in diverse regioni del mondo e alle aggressioni di cui sono vittime numerosi cristiani. In questo contesto difficile e sovente sanguinoso, la Chiesa come può rispondere all’imperativo del dialogo con l’islam, su cui Lei ha più volte insistito?]


Santo Padre: Le fondamentalisme est toujours une falsification de la religion. Il va contre l’essence de la religion qui veut réconcilier et créer la paix de Dieu dans le monde. Donc, la tâche de l’Église et des religions est se purifier, une haute purification de la religion de cette tentation est toujours nécessaire. Il est de notre tâche d’illuminer et de purifier les consciences et de rendre clair que chaque homme est une image de Dieu et nous devons respecter dans l’autre, non seulement son altérité mais dans l’altérité la réelle essence commune d’être image de Dieu, et traiter l’autre comme une image de Dieu. Donc, le message fondamental de la religion doit être contre la violence qui en est une falsification – comme le fondamentalisme – et doit être l’éducation, l’illumination et la purification des consciences pour les rendre capables au dialogue, à la réconciliation et à la paix.


[Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. Dunque, il compito della Chiesa e delle religioni è quello di purificarsi; un’alta purificazione della religione da queste tentazioni è sempre necessaria. E’ nostro compito illuminare e purificare le coscienze e rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio; e noi dobbiamo rispettare nell’altro non soltanto la sua alterità, ma, nell’alterità la reale essenza comune di essere immagine di Dio, e trattare l’altro come un’immagine di Dio. Quindi, il messaggio fondamentale della religione dev’essere contro la violenza, che ne è una falsificazione, come il fondamentalismo, e dev’essere l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle capaci di dialogo, di riconciliazione e di pace.]


Padre Lombardi: Continuiamo in italiano. Nel contesto dell’onda di desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti Paesi del Medio Oriente con la cosiddetta “primavera araba”, data la realtà sociale nella maggioranza di questi Paesi, in cui i cristiani sono minoranza, non c’è il rischio di una tensione inevitabile fra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?


Santo Padre: Direi che, di per sé, la primavera araba è una cosa positiva: è un desiderio di maggiore democrazia, maggiore libertà, di maggiore cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà, che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera maggiore partecipazione nella vita politica, nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani. Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni, sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto, una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro; il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme, con determinate regole, può crescere. Questo è sempre il pericolo, così è anche il pericolo in questo caso.

Dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione, come parte fondamentale della libertà. Così anche la rinnovata identità araba implica - penso - pure il rinnovamento dell’insieme secolare e millenario di cristiani e arabi, che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso sia importante vedere l’elemento positivo in questi movimenti e fare la nostra parte perché la libertà sia concepita in modo giusto e risponda a maggior dialogo e non al dominio di uno contro gli altri.

Domanda: Santo Padre, in Siria, come tempo fa in Iraq, molti cristiani si sentono costretti a lasciare a malincuore il loro Paese. Che cosa intende fare o dire la Chiesa cattolica per aiutare in questa situazione, per arginare la scomparsa dei cristiani in Siria e in altri Paesi mediorientali?


Santo Padre: Devo dire innanzi tutto che non solo cristiani fuggono, ma anche musulmani. Naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande e noi dobbiamo fare il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra, della violenza: questa crea la fuga. Quindi, il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Che cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo, naturalmente, sempre diffondere il messaggio della pace, chiarire che la violenza non risolve mai un problema e rafforzare le forze della pace. Importante qui è il lavoro dei giornalisti, che possono aiutare molto per mostrare come la violenza distrugge, non costruisce, non è utile per nessuno. Poi direi forse gesti della cristianità, giornate di preghiera per il Medio Oriente, per i cristiani e i musulmani, mostrare possibilità di dialogo e di soluzioni. Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi: perché senza l’importazione di armi la guerra non potrebbe continuare. Invece di importare le armi, che è un peccato grave, dovremmo importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni per accettare ognuno nella sua alterità; dobbiamo quindi rendere visibile nel mondo il rispetto delle religioni, le une delle altre, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso, con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali, aiutare perché cessi la guerra, la violenza, e tutti possano ricostruire il Paese.


P Lombardi: Santo Padre, Lei porta un’Esortazione apostolica indirizzata a tutti i cristiani del Medio Oriente. Oggi questa è una popolazione sofferente. Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà, Lei vede passi concreti che le Chiese e i cattolici dell’Occidente, soprattutto in Europa e America, possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?


Santo Padre: Direi che dobbiamo influire sull’opinione politica e sui politici per impegnarsi realmente, con tutte le forze, con tutte le possibilità, con vera creatività, per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire. In questo senso, un lavoro di ammonizione, di educazione, di purificazione è molto necessario da parte nostra. Inoltre, le nostre organizzazioni caritative dovrebbero anche aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazioni come i Cavalieri del Santo Sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, ma simili organizzazioni potrebbero aiutare materialmente, politicamente, umanamente anche in questi Paesi. Direi, ancora una volta, gesti visibili di solidarietà, giornate di preghiera pubblica, simili cose possono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, essere fattori reali. Siamo convinti che la preghiera ha un effetto; se fatta con tanta fiducia e fede, avrà il suo effetto.



Il Papa spiega il significato della sua visita in Libano (O.R.)

Il Papa in Libano: il bellissimo servizio di Lucio Brunelli

Ahlan wa Sahlan. Il Papa fa tappa in Libano per indicare la via della pace (Grana)

Il dialogo del Papa con i giornalisti nel commento di Vecchi

La conferenza stampa di Benedetto XVI durante il volo per Beirut. Domande e risposte (Ambrogetti)

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Caterina63
00venerdì 14 settembre 2012 18:39
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN LIBANO IN OCCASIONE DELLA FIRMA E DELLA PUBBLICAZIONE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI (14-16 SETTEMBRE 2012)
 Pope Benedict XVI, center, arrives at St. Paul's Basilica to sign the post-Synodal Apostolic Exhortation of the special assembly for the Middle East of the Synod of Bishops, in Harissa east of Beirut, Lebanon, Friday Sept. 14, 2012. Pope Benedict XVI arrives to Lebanon for a three day visit to encourage his flock in the Middle East. He will also meet with Lebanese authorities as well as Christians from Lebanon and other nearby countries.
DISCORSO DEL SANTO PADRE
 
Signor Presidente della Repubblica,
Sua Beatitudine, venerati Patriarchi,
cari Fratelli nell’Episcopato e membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, illustri Rappresentanti delle Confessioni religiose, del mondo della cultura e della società civile, cari fratelli e sorelle in Cristo, cari amici!


 Esprimo la mia gratitudine al Patriarca Gregorio Laham per le espressioni d’accoglienza, come pure al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Nikola Eterović, per le sue parole di presentazione. Saluto vivamente i Patriarchi, a tutti i Vescovi orientali e latini riuniti in questa bella Basilica di San Paolo, e i membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Mi rallegro anche della presenza delle delegazioni ortodossa, musulmana e drusa, come anche di quelle del mondo della cultura e della società civile.  (...) Saluto affettuosamente la cara Comunità greco-melchita che mi riceve. La vostra presenza solennizza la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, e testimonia che questo documento, destinato certamente alla Chiesa universale, riveste un’importanza particolare per l’intero Medio Oriente.

È provvidenziale che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo.
Fra un mese si celebrerà il 1700o anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: «In questo segno, vincerai!».
Più tardi, Costantino firmò l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli. Mi sembra che l’Esortazione post-sinodale possa essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X (chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola Χριστός. Una tale lettura conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla testimonianza nella e mediante la comunione. La comunione e la testimonianza cristiane non sono infatti fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la risurrezione di Cristo?
Non trovano in esso il loro pieno compimento? Esiste un legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato dal cristiano.
Senza questo legame, esaltare la Croce significherebbe giustificare la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale. Per un cristiano, esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore. È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre un atto di speranza!


Considerando la situazione attuale delle Chiese nel Medio Oriente, i Padri sinodali hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono spesso impediti.
Per questo ho desiderato che la Prima Lettera di San Pietro sia la trama del documento. Nello stesso tempo, la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre. Come non rendere grazie a Dio in ogni momento per tutti voi (cfr 1 Ts 1,2; Prima Parte dell’Esortazione post-sinodale), cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella fede? Come non ringraziarlo per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta verso tutti i figli di Dio?


Ecclesia in Medio Oriente permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo. Essa, con i suoi orientamenti biblici e pastorali, con il suo invito a un approfondimento spirituale ed ecclesiologico, con il rinnovamento liturgico e catechistico raccomandato, con i suoi appelli al dialogo, vuole tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa. E’ proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. Alla luce della festa odierna e in vista di una fruttuosa applicazione dell’Esortazione, vi invito tutti a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede.
Questo è il linguaggio della Croce gloriosa!
Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro (cfr 2 Cor 4,7-18). Non si tratta di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti (cfr At 2,41-47; Seconda parte dell’Esortazione); atti simili a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede nel Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza di tutti.


Ecclesia in Medio Oriente offre elementi che possono aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo. L’Esortazione apre all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore. Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici, che attinge forza dal comandamento del Risorto: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).

In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso il Battesimo: un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la luce (cfr Gv 1,4-5 e 2 Cor 4,1-6). Questo documento vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa. Noi seguiamo e «annunciamo… Cristo crocifisso … potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23-24; cfr Terza Parte dell’Esortazione).

«Non temere, piccolo gregge» (Lc 12,32) e ricordati della promessa fatta a Costantino: «In questo segno, tu vincerai!». Chiese in Medio Oriente, non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale! È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici. «Abbiate coraggio» (Gv 16,33)! Per intercessione della Vergine Maria, la Theotokos, invoco con grande affetto l’abbondanza dei doni divini su voi tutti! Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace, nella fraternità e nella libertà religiosa! Dio vi benedica tutti! (Lè yo barèk al-Rab jami’a kôm!)


Cars drive under a wooden cross in a Christian-dominated neighbourhood in the Lebanese capital Beirut on September 11, 2012. Pope Benedict XVI is due to set off for a three-day visit to Lebanon which will demand a papal high-wire act in a Middle East country riven by sectarian tensions as fighting rages next door in Syria.

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Caterina63
00venerdì 14 settembre 2012 23:54


Viaggio apostolico in Libano - Arrivo a Beirut...











































Viaggio apostolico in Libano - firma esortazione apostolica...















Caterina63
00sabato 15 settembre 2012 11:52

Il Papa alle Autorità del Libano: La pace è particolarmente esigente: si tratta di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare. Perché solo il perdono dato e ricevuto pone le fondamenta durevoli della riconciliazione e della pace per tutti (cfr Rm 12,16b.18). Solo allora può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LIBANO (14-16 SETTEMBRE 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN LIBANO


VIDEO INTEGRALE


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN LIBANO IN OCCASIONE DELLA FIRMA E DELLA PUBBLICAZIONE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI (14-16 SETTEMBRE 2012)

DISCORSO DEL SANTO PADRE
 

Signor Presidente della Repubblica,
Signore e Signori rappresentanti delle Autorità parlamentari,
governative, istituzionali e politiche del Libano,
Signore e Signori Capi delle missioni diplomatiche,
Beatitudini, Responsabili religiosi,
cari fratelli nell’Episcopato, Signore, Signori, cari amici!
 
«Salàmi ō-tīkum» (Gv 14,27)! è con questa parola di Cristo Gesù che desidero salutarvi e ringraziarvi della vostra accoglienza e della vostra presenza. La ringrazio, Signor Presidente, non solo per le sue parole cordiali ma anche per aver permesso questo incontro. Assieme a Lei, ho appena piantato un cedro del Libano, simbolo del vostro bel Paese.

Vedendo questo alberello e le cure di cui avrà bisogno per fortificarsi fino a stendere i suoi rami maestosi, ho pensato al vostro Paese e al suo destino, ai Libanesi e alle loro speranze, a tutte le persone di questa Regione del mondo che sembra conoscere i dolori di un parto senza fine. Allora ho domandato a Dio di benedirvi, di benedire il Libano e di benedire tutti gli abitanti di questa Regione che ha visto nascere grandi religioni e nobili culture. Perché Dio ha scelto questa Regione ? Perché essa vive nella tormenta? Dio l’ha scelta, mi sembra, affinché sia esemplare, affinché testimoni di fronte al mondo la possibilità che l’uomo ha di vivere concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione! Questa aspirazione è inscritta da sempre nel piano di Dio, che l’ha impressa nel cuore dell’uomo. È sulla pace che desidero intrattenervi perché Gesù ha detto: «Salàmi ōtīkum ».

Un paese è ricco anzitutto delle persone che vivono al suo interno. Da ciascuna di esse e da tutte insieme dipende il suo futuro e la sua capacità di impegnarsi per la pace. Un tale impegno non sarà possibile che in una società unita. Tuttavia, l’unità non è l’uniformità. La coesione della società è assicurata dal rispetto costante della dignità di ogni persona e dalla partecipazione responsabile di ciascuna secondo le sue capacità, impegnando ciò che di meglio vi è in essa. Al fine di assicurare il dinamismo necessario per costruire e consolidare la pace, occorre instancabilmente tornare ai fondamenti dell’essere umano. La dignità dell’uomo è inseparabile dal carattere sacro della vita donata dal Creatore. Nel disegno di Dio, ogni persona è unica e insostituibile. Essa viene al mondo in una famiglia, che è il suo primo luogo di umanizzazione, e soprattutto la prima educatrice alla pace. Per costruire la pace, la nostra attenzione deve dunque portarsi verso la famiglia, al fine di facilitare il suo compito, per sostenerla così e dunque promuovere dappertutto una cultura di vita. L’efficacia dell’impegno per la pace dipende dalla concezione che il mondo può avere della vita umana.

Se vogliamo la pace, difendiamo la vita!
Questa logica squalifica non solo la guerra e gli atti terroristici, ma anche ogni attentato alla vita dell’essere umano, creatura voluta da Dio. L’indifferenza o la negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’uomo impediscono il rispetto di questa grammatica che è la legge naturale inscritta nel cuore umano (cfr Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2007, 3). La grandezza e la ragion d’essere di ogni persona non si trovano che in Dio. Così, il riconoscimento incondizionato della dignità di ogni essere umano, di ciascuno di noi, e quella del carattere sacro della vita implicano la responsabilità di tutti davanti a Dio. Dobbiamo dunque unire i nostri sforzi per sviluppare una sana antropologia che comprenda l’unità della persona. Senza di essa, non è possibile costruire l’autentica pace.
Benché siano più evidenti nei Paesi che conoscono conflitti armati – queste guerre piene di vanità e di orrori –, gli attentati all’integrità e alla vita delle persone esistono anche in altri Paesi. La disoccupazione, la povertà, la corruzione, le diverse dipendenze, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta e il terrorismo implicano, assieme alla sofferenza inaccettabile di quanti ne sono vittime, un indebolimento del potenziale umano. La logica economica e finanziaria vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere!
Ma la perdita di ogni vita umana è una perdita per l’umanità intera. Questa è una grande famiglia di cui siamo tutti responsabili. Certe ideologie, mettendo in causa in modo diretto o indiretto, o persino legale, il valore inalienabile di ogni persona e il fondamento naturale della famiglia, minano le basi della società. Dobbiamo essere coscienti di questi attentati all’edificazione e all’armonia del vivere insieme. Solo una solidarietà effettiva costituisce l’antidoto a tutto questo. Solidarietà per respingere ciò che ostacola il rispetto di ogni essere umano, solidarietà per sostenere le politiche e le iniziative volte ad unire i popoli in modo onesto e giusto.
È bello vedere le azioni di collaborazione e di vero dialogo che costruiscono una nuova maniera di vivere insieme. Una migliore qualità di vita e di sviluppo integrale non è possibile che nella condivisione delle ricchezze e delle competenze, rispettando la dignità di ciascuno. Ma un tale stile di vita conviviale, sereno e dinamico non può esistere senza la fiducia nell’altro, chiunque sia. Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace ! Qui è l’impegno che ci è richiesto! Qui è l’orientamento che deve presiedere alle scelte politiche ed economiche, ad ogni livello e su scala planetaria!
Per aprire alle generazioni di domani un futuro di pace, il primo compito è dunque quello di educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia o a scuola, dev’essere anzitutto educazione ai valori spirituali che conferiscono alla trasmissione del sapere e delle tradizioni di una cultura il loro senso e la loro forza. Lo spirito umano ha il gusto innato del bello, del bene e del vero. È il sigillo del divino, l’impronta di Dio in esso!

Da questa aspirazione universale deriva una concezione morale ferma e giusta, che pone sempre la persona al centro. Ma è solo nella libertà che l’uomo può volgersi verso il bene, perché «la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo una scelta consapevole e libera, cioè mosso e indotto personalmente dal di dentro, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna» (Gaudium et spes, 17). Il compito dell’educazione è di accompagnare la maturazione della capacità di fare scelte libere e giuste, che possano andare contro-corrente rispetto alle opinioni diffuse, alle mode, alle ideologie politiche e religiose. L’affermarsi di una cultura di pace ha questo prezzo! Occorre evidentemente bandire la violenza verbale o fisica. Essa è sempre un oltraggio alla dignità umana, sia dell’autore sia della vittima. D’altronde, valorizzando le opere pacifiche e il loro influsso per il bene comune, si crea anche l’interesse per la pace. Come testimonia la storia, tali gesti di pace hanno un ruolo considerevole nella vita sociale, nazionale e internazionale. L’educazione alla pace formerà così uomini e donne generosi e retti, attenti a tutti, e particolarmente alle persone più deboli. Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità, dove gli sbagli e le offese possono essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Che gli uomini di Stato e i responsabili religiosi vi riflettano!

Dobbiamo essere ben coscienti che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico.
Il male, il demonio, passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà. Cerca un alleato, l’uomo. Il male ha bisogno di lui per diffondersi. È così che, avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo. [SM=g1740721]

Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna e dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (cfr Rm 12, 21). È a questa conversione del cuore che siamo chiamati. Senza di essa, le «liberazioni» umane tanto desiderate deludono, perché si muovono nello spazio ridotto concesso dalla ristrettezza di spirito dell’uomo, dalla sua durezza, dalle sue intolleranze, dai suoi favoritismi, dai suoi desideri di rivincita e dalle sue pulsioni di morte. La trasformazione in profondità dello spirito e del cuore è necessaria per ritrovare una certa chiaroveggenza e una certa imparzialità, il senso profondo della giustizia e quello del bene comune. Uno sguardo nuovo e più libero renderà capaci di analizzare e di mettere in discussione sistemi umani che conducono a vicoli ciechi, per andare avanti tenendo conto del passato, per non ripeterlo più con i suoi effetti devastanti. Questa conversione richiesta è esaltante perché apre delle possibilità facendo appello alle innumerevoli risorse che abitano il cuore di tanti uomini e donne desiderosi di vivere in pace e pronti ad impegnarsi per la pace.

Ora essa è particolarmente esigente: si tratta di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare. Perché solo il perdono dato e ricevuto pone le fondamenta durevoli della riconciliazione e della pace per tutti (cfr Rm 12,16b.18). Solo allora può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna. In Libano, la Cristianità e l’Islam abitano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vedere nella stessa famiglia entrambe le religioni. Se in una stessa famiglia questo è possibile, perché non dovrebbe esserlo a livello dell’intera società? La specificità del Medio Oriente consiste nella mescolanza secolare di componenti diverse. Certo, ahimè, esse si sono anche combattute! Una società plurale esiste soltanto per effetto del rispetto reciproco, del desiderio di conoscere l’altro e del dialogo continuo. Questo dialogo tra gli uomini è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana.
Questi valori, che sono come un substrato, esprimono i tratti autentici e caratteristici dell'umanità. Essi appartengono ai diritti di ogni essere umano. Nell'affermazione della loro esistenza, le diverse religioni recano un contributo decisivo. Non dimentichiamo che la libertà religiosa è il diritto fondamentale da cui molti altri dipendono. Professare e vivere liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà deve essere possibile a chiunque. La perdita o l'indebolimento di questa libertà priva la persona del sacro diritto ad una vita integra sul piano spirituale. La sedicente tolleranza non elimina le discriminazioni, talvolta invece le rinforza. E senza l'apertura al trascendente, che permette di trovare risposte agli interrogativi del cuore sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, l'uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace. La libertà religiosa ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace! Essa promuove una coesistenza ed una vita armoniose attraverso l'impegno comune al servizio di nobili cause e la ricerca della verità, che non si impone con la violenza ma con «la forza stessa della verità» (Dignitatis humanae, 1), quella Verità che è in Dio. Perché la fede vissuta conduce inevitabilmente all'amore. La fede autentica non può condurre alla morte.

L'artigiano di pace è umile e giusto. I credenti hanno dunque oggi un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono fatto a tutti nella vita personale, familiare, sociale, politica ed economica (cfr Mt 5,9; Eb 12,14). L'inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio.

Queste brevi riflessioni sulla pace, la società, la dignità della persona, sui valori della famiglia e della vita, sul dialogo e la solidarietà non possono rimanere ideali semplicemente enunciati. Possono e devono essere vissuti. Siamo in Libano ed è qui che devono essere vissuti. Il Libano è chiamato, ora più che mai, ad essere un esempio. Politici, diplomatici, religiosi, uomini e donne del mondo della cultura, vi invito dunque a testimoniare con coraggio intorno a voi, a tempo opportuno e inopportuno, che Dio vuole la pace, che Dio ci affida la pace. «Salàmi ō-tīkum», dice Cristo (Gv 14,27)! Dio vi benedica!
Grazie!
Pope Benedict XVI greets faithful from his Pope Mobile as he is surrounded by bodyguards in Baabda, September 15, 2012.



Caterina63
00sabato 15 settembre 2012 12:29
La grande esortazione apostolica del Papa "Ecclesia in Medio Oriente". Commento di Massimo Introvigne
pubblicata da Massimo Introvigne il giorno Sabato 15 settembre 2012 alle ore 9.00 ·

Libertà religiosa contro il laicismo e il fondamentalismo. L’esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente

ATTENZIONE ricordiamo tutti i precedenti appuntamenti che hanno preparato poi questa Esortazione portandola alla conclusione, CLICCATE QUI

ATTENZIONE scarica qui:
Ecclesia in Medio Oriente: Esortazione Apostolica Postsinodale sulla Chiesa in Medio Oriente, comunione e testimonianza (14 settembre 2012)
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Massimo Introvigne

 

Lo scopo principale del viaggio di Benedetto XVI in Libano – uno scopo che purtroppo va perduto in molte cronache giornalistiche - è la presentazione della sua esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, che fa seguito all’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, celebrata in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010. Si tratta, ha detto il Pontefice nel momento della solenne firma nella basilica di San Paolo ad Harissa, diun documento «destinato certamente alla Chiesa universale»[1], ma che «riveste un’importanza particolare per l’intero Medio Oriente»[2].

Il Papa ha voluto firmarla il 14 settembre 2012, nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della dedicazione della basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino I (274-337), «che voi – ha detto Benedetto XVI ai cristiani libanesi – venerate come santo»[3], e nei cui confronti ha usato toni in equivocamente positivi, quasi a fare giustizia di tante inutili polemiche. A proposito di Costantino, il Pontefice ha ricordato il 14 settembre che «fra un mese si celebrerà il 1700° anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: “In questo segno, vincerai!”. Più tardi, Costantino firmò l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli»[4]. L’esortazione apostolica Ecclesia in Oriente, secondo Benedetto XVI, può precisamente «essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X (chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola Χριστός»[5]. Non si tratta di una semplice curiosità. «Una tale lettura conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla testimonianza nella e mediante la comunione. La comunione e la testimonianza cristiane non sono infatti fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la risurrezione di Cristo?»[6].

Il Sinodo del 2010 ha proposto a «tutta la Chiesa»[7] di ascoltare dal Medio Oriente «il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono spesso impediti»[8]. Per questo, spiega il Papa, «ho desiderato che la Prima Lettera di San Pietro sia la trama del documento»[9]. Perché, afferma Benedetto XVI, quando ci si trova in una condizione di crisi occorre tornare all’essenziale: «la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa»[10]. E invece occorre esortarsi a vicenda «a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede. Questo è il linguaggio della Croce gloriosa! Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro»[11].

Non si tratta affatto «di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo»[12]: «atti simili a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede»[13]. E chi vive apertamente la fede del Battesimo diventa «un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la luce»[14]. Il documento, ha detto ancora il Papa, «vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo»[15], e a ripetere alle Chiese in Medio Oriente: «non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete,perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale!»[16].

L’esortazione si divide in tre parti. La prima presenta il contesto in cui la Chiesa svolge la sua missione in Medio Oriente, in un momento in cui «questa terra benedetta e i popoli che vi abitano, sperimentano in maniera drammatica i travagli umani. Quanti morti, quante vite saccheggiate dall’accecamento umano, quante paure e umiliazioni! Sembrerebbe che non ci sia freno al crimine di Caino […]. Il peccato adamitico, consolidato dalla colpa di Caino, non cessa di produrre spine e cardi (cfr Gen3, 18) ancora oggi. Come è triste vedere questa terra benedetta soffrire nei suoi figli che si sbranano tra loro con accanimento, e muoiono!»[17]. «Il Successore di Pietro, che io sono, non dimentica le tribolazioni e le sofferenze dei fedeli di Cristo e, soprattutto, di quelli che vivono in Medio Oriente. Il Papa è in modo speciale unito a loro spiritualmente. Ecco perché nel nome di Dio, domando ai responsabili politici e religiosi delle società, non solo di alleviare queste sofferenze, ma di eliminare le cause che le producono»[18].

La Chiesa chiede dunque la pace. Ma è molto facile farsi della pace un’idea sbagliata. In realtà, «la pace non è solamente un patto o un trattato che favorisce una vita tranquilla, e la sua definizione non può essere ridotta alla semplice assenza di guerra. La pace significa secondo la sua etimologia ebraica: essere completo, essere intatto, compiere una cosa per ristabilire l’integrità. È lo stato dell’uomo che vive in armonia con Dio, con se stesso, col suo prossimo e con la natura. Prima di essere esteriore, la pace è interiore»[19]. «Il cristiano sa che la politica terrena della pace non sarà efficace se la giustizia in Dio e tra gli uomini non ne è l’autentica base, e se questa stessa giustizia non lotta contro il peccato che è all’origine della divisione»[20].

Il primo contributo che la Chiesa dà alla ricerca della pace in Medio Oriente è costituito dall’ecumenismo e dal dialogo interreligioso. La situazione delle Chiese cristiane in Medio Oriente, particolarmente frammentata, fa certo nascere la nostalgia dell’unità. Ma «l’unità è un dono di Dio che nasce dallo Spirito e che occorre far crescere con una paziente perseveranza (cfr 1 Pt 3, 8-9). Noi sappiamo che è una tentazione, quando delle divisioni ci oppongono, fare appello al solo criterio umano»[21]. L’ecumenismo non nasce dal compromesso umano, ma dallo sguardo rivolto a Gesù Cristo. Se ne leggiamo i documenti secondo i criteri indicati da Magistero, ci accorgiamo che «il Concilio Vaticano II ha incoraggiato questo “ecumenismo spirituale” che è l’anima del vero ecumenismo»[22].

L’ecumenismo promuove una maggiore comunione fra le Chiese e comunità cristiane. Ma «questa comunione non è certo una confusione»[23]. Più difficile in campo teologico ed ecclesiologico, dovrebbe partire da un impegno comune in campo morale. «Nella fedeltà alle origini della Chiesa e alle sue tradizioni viventi, è importante ugualmente pronunciarsi con una sola voce sulle grandi questioni morali a proposito della verità umana, della famiglia, della sessualità, della bioetica, della libertà, della giustizia e della pace»[24]. Quanto alla vita sacramentale comune, alla communicatio in sacris, questa «può essere raccomandabile in alcune circostanze favorevoli»[25], ma solo «in base a norme precise e con l’approvazione delle autorità ecclesiastiche»[26].

Oltre al dialogo ecumenico, che riguarda i cristiani, «la natura e la vocazione universale della Chiesa esigono che essa sia in dialogo con i membri delle altre religioni. Questo dialogo in Medio Oriente è basato sui legami spirituali e storici che uniscono i cristiani agli ebrei e ai musulmani. Questo dialogo, che non è principalmente dettato da considerazioni pragmatiche di ordine politico o sociale, poggia anzitutto su basi teologiche che interpellano la fede. Esse derivano dalle Sacre Scritture e sono chiaramente definite nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium,e nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, Nostra aetate»[27]del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Il Pontefice non tace la necessità, ma non si nasconde la difficoltà, del dialogo con le altre due grandi religioni presenti in Medio Oriente, l’ebraismo e l’islam. «Se l’ebraicità del “Nazareno” consente ai cristiani di assaporare con gioia il mondo della Promessa, introducendoli in modo decisivo nella fede del popolo eletto e unendoli ad esso, la persona e l’identità profonda dello stesso Gesù li separano, poiché i cristiani riconoscono in Lui il Messia, il Figlio di Dio»[28]. Benedetto XVI ribadisce la condanna dell’antisemitismo: «Inescusabili e altamente condannabili sono le persecuzioni insidiose o violente del passato!»[29]. Nota pure che, «nonostante queste tristi situazioni, gli apporti reciproci nel corso dei secoli sono stati così fecondi che hanno contribuito alla nascita e alla fioritura di una civiltà e di una cultura chiamata comunemente giudeo-cristiana. Come se questi due mondi che si dicono differenti o contrari per diversi motivi, avessero deciso di unirsi per offrire all’umanità un nobile legame. Questo legame che unisce, mentre li separa, giudei e cristiani, deve aprirli a una nuova responsabilità gli uni per gli altri, gli uni con gli altri»[30].

Ancora più delicata è la questione del dialogo interreligioso con l’islam. Da una parte, Benedetto XVI prende le distanze dalle posizioni che considerano il dialogo con i musulmani impossibile e sempre inopportuno. «Fedele all’insegnamento del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica guarda i musulmani con stima, essi che rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, l’elemosina e il digiuno, che venerano Gesù come profeta senza riconoscerne tuttavia la divinità, e che onorano Maria, la sua madre verginale»[31]. E tuttavia il Papa sa che la storia della regione ha visto troppo spesso «giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e persino di persecuzione»[32]. La stessa storia, però, offre anche un modello di possibile dialogo. I cristiani della regione, «parte integrante del Medio Oriente, hanno sviluppato nel corso dei secoli una sorta di rapporto con l’ambiente che può servire come insegnamento. Si sono lasciati interpellare dalla religiosità dei musulmani, ed hanno proseguito, secondo i propri mezzi e nella misura del possibile, a vivere e promuovere i valori evangelici nella cultura circostante. Il risultato è una particolare simbiosi»[33], che crea una situazione non priva di ambiguità e pericoli ma per altri versi a suo modo affascinante.

Certamente l’esortazione apostolica riafferma nei termini più decisi il diritto dei cristiani medio-orientali alla piena libertà religiosa e civile. «I cattolici del Medio Oriente, che in maggior parte sono cittadini nativi del loro paese, hanno il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita della nazione, lavorando alla costruzione della loro patria. Devono godere di piena cittadinanza e non essere trattati come cittadini o credenti inferiori»[34]. La questione della libertà religiosa, che tanto sta a cuore a Benedetto XVI, assume però in Medio Oriente profili particolarmente delicati. Talora i musulmani affermano che quello alla libertà religiosa è un diritto intrinsecamente occidentale o cristiano, che non potrebbe trovare posto in un contesto islamico storicamente e strutturalmente diverso. Il Papa risponde che, certo, «i cristiani riservano particolare attenzione ai diritti fondamentali della persona umana. Affermare tuttavia che questi diritti non sono che diritti cristiani dell’uomo non è giusto. Sono semplicemente diritti connessi alla dignità di ogni persona umana e di ogni cittadino, a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle scelte politiche»[35]. La libertà religiosa è un elemento di diritto naturale, che come tale s’impone a tutti gli uomini dotati di retta ragione a prescindere dalla loro affiliazione religiosa.

È anche sbagliato considerare la libertà religiosa solo una libertà fra tante altre. «La libertà religiosa è il culmine di tutte le libertà. È un diritto sacro e inalienabile»[36]. E la libertà religiosa non si riduce solo alla libertà di celebrare il culto chiusi nelle proprie chiese, secondo un equivoco frequente in certi ambienti musulmani del Medio Oriente. «Comporta sia la libertà individuale e collettiva di seguire la propria coscienza in materia religiosa, sia la libertà di culto. Include la libertà di scegliere la religione che si crede essere vera e di manifestare pubblicamente la propria credenza»[37]. Concretamente, «deve essere possibile professare e manifestare liberamente la propria religione e i suoi simboli, senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà personale»[38]. La costrizione in materia di religione, «che può assumere forme molteplici e insidiose sul piano personale e sociale, culturale, amministrativo e politico, è contraria alla volontà di Dio. Essa è una fonte di strumentalizzazione politico-religiosa, di discriminazione e di violenza che può condurre alla morte»[39]. A chi giustifica il terrorismo Benedetto XVI ricorda che «Dio vuole la vita, non la morte. Egli proibisce l’omicidio, anche quello dell’omicida»[40].

Con un occhio forse rivolto anche a discussioni europee – tra cui quelle con la Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991) –, Benedetto XVI spiega, riaffermando e insieme interpretando la dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Ecumenico Vaticano II, che nel contesto attuale non è più sufficiente parlare di tolleranza religiosa. «La tolleranza religiosa esiste in diversi paesi, ma essa non impegna molto perché rimane limitata nel suo raggio di azione. È necessario passare dalla tolleranza alla libertà religiosa»[41]. Rispondendo appunto alle critiche secondo cui passare dalla nozione di tolleranza religiosa a quella di libertà religiosa, com’è avvenuto con la dichiarazione Dignitatis Humanae, favorirebbe il relativismo, il Pontefice afferma che «questo passaggio non è una porta aperta al relativismo, come alcuni affermano. Questo passo da compiere non è una crepa aperta nella fede religiosa, ma una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio. Non è una violazione delle verità fondanti della fede, perché, nonostante le divergenze umane e religiose, un raggio di verità illumina tutti gli uomini»[42]. Per comprendere perché sia così è necessario approfondire la riflessione sul rapporto fra la nozione filosofica e quella teologica di verità. «Sappiamo bene che la verità non esiste al di fuori di Dio come una cosa in sé. Sarebbe un idolo. La verità si può sviluppare soltanto nella relazione con l’altro che apre a Dio, il quale vuole esprimere la propria alterità attraverso e nei miei fratelli umani»[43]. E tuttavia «la verità può essere conosciuta e vissuta solo nella libertà, perciò all’altro non possiamo imporre la verità; solo nell’incontro di amore la verità si dischiude»[44].

Alla vera nozione di libertà religiosa, e al corretto rapporto fra religione e politica, si oppongono – come già si è accennato – da una parte il laicismo e dall’altra il fondamentalismo. «Come il resto del mondo, il Medio Oriente conosce due realtà opposte: la laicità, con le sue forme talvolta estreme, e il fondamentalismo violento che rivendica un’origine religiosa»[45]. Il problema è che spesso alcuni ambienti musulmani, rifiutando il laicismo – cioè l’inaccettabile e assoluta separazione fra religione e politica – finiscono per rifiutare anche la laicità, che è invece la corretta e necessaria distinzione fra queste due realtà, che evita la confusione tra loro che è tipica del fondamentalismo. «È con grande sospetto che alcuni responsabili politici e religiosi medio-orientali, di tutte le comunità, considerano la laicità come atea o immorale. È vero che la laicità può talvolta affermare, in maniera riduttiva, che la religione riguarda esclusivamente la sfera privata, come se non fosse che un culto individuale e domestico, situato fuori dalla vita, dall’etica, dalla relazione con l’altro. Nella sua forma estrema e ideologica, questa laicità, diventata secolarismo, nega al cittadino l’espressione pubblica della sua religione e pretende che solo lo Stato possa legiferare sulla sua forma pubblica»[46]. In verità, nota il Papa, «queste teorie sono antiche. Esse non sono più soltanto occidentali e non possono essere confuse con il cristianesimo»[47]. I musulmani hanno ragione di rifiutarle, ma questo rifiuto del laicismo non dovrebbe coinvolgere la laicità, che ha anche una sua forma sana e accettabile.

La spiegazione di che cosa si debba intendere per sana laicità, distinta e anzi opposta al laicismo, è particolarmente importante. «La sana laicità, al contrario, significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire la politica con gli apporti della religione, mantenendo la necessaria distanza, la chiara distinzione e l’indispensabile collaborazione tra le due. Nessuna società può svilupparsi in maniera sana senza affermare il reciproco rispetto tra politica e religione, evitando la tentazione costante della commistione o dell’opposizione. Il rapporto appropriato si fonda, innanzitutto, sulla natura dell’uomo – dunque su una sana antropologia – e sul pieno rispetto dei suoi diritti inalienabili. La presa di coscienza di questo rapporto appropriato permette di comprendere che esiste una sorta di unità-distinzione che deve caratterizzare il rapporto tra lo spirituale (religioso) e il temporale (politico), perché ambedue sono chiamati, pur nella necessaria distinzione, a cooperare armoniosamente al bene comune. Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose. Per questo la sana laicità (unità-distinzione) è necessaria, anzi indispensabile ad entrambe»[48]. Tra religione e politica non dovrebbe esserci né confusione né separazione, ma insieme unità e distinzione nella collaborazione. A causa delle peculiari circostanze del Medio Oriente, riconquistare questa verità non è facile. «La sfida costituita dalla relazione tra politica e religione può essere affrontata con pazienza e coraggio mediante una formazione umana e religiosa adeguata. Occorre richiamare continuamente il posto di Dio nella vita personale, familiare e civile, e il giusto posto dell’uomo nel disegno di Dio. E soprattutto, a tale scopo, occorre pregare di più»[49].

Il rischio, naturalmente, non è costituito solo dal laicismo, C’è anche, all’estremo opposto, il fondamentalismo. «Le incertezze economico-politiche, l’abilità manipolatrice di certuni ed una comprensione insufficiente della religione, tra l’altro, costituiscono la base del fondamentalismo religioso. Quest’ultimo affligge tutte le comunità religiose, e rifiuta il vivere insieme secolare. Esso vuole prendere il potere, a volte con violenza, sulla coscienza di ciascuno e sulla religione per ragioni politiche»[50]. Cristiani, ebrei e musulmani dovrebbero lavorare insieme al fine «di sradicare questa minaccia che tocca indistintamente e mortalmente i credenti di tutte le religioni»[51]. «Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio, per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore»[52].

Le conseguenze degli errori in tema di rapporto fra religione e politica non si limitano alla sfera teorica. Si manifestano in modo tragico, inducendo i cristiani della regione a emigrare, mentre nei Paesi più ricchi della zona affluiscono lavoratori immigrati, spesso a loro volta cristiani, i cui diritti alla libertà religiosa e alla dignità del lavoro spesso non sono rispettati. I cristiani, «per esperienza, sanno anche di essere vittime designate quando vi sono dei disordini. Dopo aver partecipato attivamente nel corso dei secoli alla costruzione delle rispettive nazioni e contribuito alla formazione della loro identità e alla loro prosperità, i cristiani sono numerosi a scegliere cieli più propizi, luoghi di pace in cui essi e le loro famiglie potranno vivere degnamente e in sicurezza, e spazi di libertà dove la loro fede potrà esprimersi senza che siano sottomessi a diverse costrizioni»[53]. Questa massiccia emigrazione dei cristiani dovrebbe essere ove possibile prevenuta, mentre nei Paesi dove si recano i cristiani medio-orientali dovrebbero essere oggetto di un adeguato accompagnamento pastorale, che ne rispetti le peculiarità.

Nello stesso tempo, il Medio Oriente conosce oggi «la presenza nei paesi ad economia forte della regione di lavoratori di ogni sorta provenienti dall’Africa, dall’Estremo Oriente e dal subcontinente indiano. Queste popolazioni costituite da uomini e donne spesso soli o da intere famiglie, affrontano una doppia precarietà. Sono stranieri nel paese dove lavorano, e sperimentano troppo spesso delle situazioni di discriminazione e d’ingiustizia»[54]. «Sfruttati senza potersi difendere, con contratti di lavoro più o meno limitati o legali, queste persone sono talvolta vittime di infrazioni delle leggi locali e delle convenzioni internazionali. D’altra parte, subiscono forti pressioni e gravi limitazioni religiose»[55].

Se la prima parte dell’esortazione apostolica descrive il contesto sociale, politico e religioso del Medio Oriente – occasione per riflessioni che interessano tutta la Chiesa universale – la seconda e la terza entrano più direttamente nei problemi delle comunità cattoliche locali. Mi limito in questa sede a segnalarne alcuni. Anzitutto, com’è noto nei riti cattolici orientali vi sono – a differenza che nel rito latino – sacerdoti sposati, che sono a pieno titolo sacerdoti cattolici e coesistono con presbiteri che hanno scelto il celibato. Il Pontefice afferma che «il celibato sacerdotale è un dono inestimabile di Dio alla sua Chiesa, che occorre accogliere con riconoscenza, tanto in Oriente quanto in Occidente, poiché rappresenta un segno profetico sempre attuale. Ricordiamo, inoltre, il ministero dei presbiteri sposati che sono una componente antica delle tradizioni orientali. Vorrei rivolgere il mio incoraggiamento anche a questi presbiteri che, con le loro famiglie, sono chiamati alla santità nel fedele esercizio del loro ministero e nelle loro condizioni di vita a volte difficili. A tutti ribadisco che la bellezza della vostra vita sacerdotale susciterà senza dubbio nuove vocazioni che toccherà a voi coltivare»[56].

La ricchissima storia del monachesimo medio-orientale dovrebbe a sua volta spingere tutti i cattolici, anche quelli che monaci non sono, a «meditare lungamente e con cura sui consigli evangelici: l’obbedienza, la castità e la povertà, per riscoprire oggi la loro bellezza, la forza della loro testimonianza e la loro dimensione pastorale. Non può esserci rigenerazione interna del fedele, della comunità credente e della Chiesa intera senza che ci sia un ritorno deciso e senza equivoci, ciascuno secondo la propria vocazione, verso il quaerere Deum, la ricerca di Dio che aiuta a definire e a vivere in verità il rapporto con Dio, col prossimo e con se stessi»[57].

Altre indicazioni ribadiscono temi spesso affrontati da Benedetto XVI anche in contesti diversi da quello medio-orientale. Così, i laici sono invitati a «superare le divisioni e ogni interpretazione soggettivistica della vita cristiana. Fate attenzione a non separare questa – con i suoi valori e le sue esigenze – dalla vita in famiglia o nella società, nel lavoro, nella politica e nella cultura, perché tutti i vari campi della vita del laico rientrano nel disegno di Dio»[58]. Tra i campi d’impegno sociale e politico il Papa segnala la difesa della famiglia, in un contesto internazionale in cui «le proprietà essenziali del matrimonio sacramentale – unità e indissolubilità (cfr Mt19, 6) – ed il modello cristiano della famiglia, della sessualità e dell’amore sono ai nostri giorni, se non contestati, almeno incompresi da certi fedeli. Vi è la tentazione di appropriarsi dei modelli contrari al Vangelo, veicolati da una certa cultura contemporanea, diffusa dappertutto nel mondo»[59].

Speciale attenzione ha destato la parte dell’esortazione apostolica che, in un contesto segnato da discussioni sul tema specie all’interno del mondo musulmano, ribadisce la nozione cristiana dell’uguale dignità fra l’uomo e la donna. «Il primo racconto della creazione mostra l’uguaglianza ontologica tra l’uomo e la donna (cfr Gen 1, 27-29). Questa uguaglianza è ferita dalle conseguenze del peccato (cfr Gen3, 16; Mt19, 4). Superare questa eredità, frutto del peccato, è un dovere per ogni essere umano, uomo o donna»[60]. «Vorrei assicurare a tutte le donne – prosegue Benedetto XVI – che la Chiesa cattolica, collocandosi nella fedeltà al disegno divino, promuove la dignità personale della donna e la sua uguaglianza con l’uomo, di fronte alle forme più varie di discriminazione alle quali è sottomessa per il semplice fatto di essere donna. Tali pratiche feriscono la vita di comunione e di testimonianza. Esse offendono gravemente non solo la donna, ma anche e soprattutto Dio, il Creatore»[61].

Il Papa afferma che «i cristiani dei paesi della regione devono avere la possibilità di applicare nel campo matrimoniale e negli altri campi il loro diritto proprio, senza restrizione»[62], cioè non devono essere sottoposti al diritto di famiglia islamico nei Paesi dove questo si confonde con la legge civile. È possibile tuttavia che anche nell’applicazione del diritto canonico cattolico ci siano talora problemi che derivano dal contesto culturale. Ecco allora la raccomandazione secondo cui «nelle vertenze giuridiche che, purtroppo, possono opporre l’uomo e la donna soprattutto in questioni di ordine matrimoniale, la voce della donna deve essere ascoltata e presa in considerazione con rispetto, al pari di quella dell’uomo, per far cessare certe ingiustizie»[63]. «La giustizia della Chiesa deve essere esemplare a tutti i suoi livelli e in tutti i campi che essa tocca. Bisogna assolutamente aver cura che le vertenze giuridiche relative a questioni matrimoniali non conducano all’apostasia»[64].

La terza parte dell’esortazione fornisce indicazioni pastorali, catechistiche e liturgiche, che partono dall’accostamento alla Sacra Scrittura, raccomandando lo studio di un importante documento del Magistero dello stesso Benedetto XVI: «Nella prospettiva di un approccio ecclesiale alla Bibbia, una lettura, individuale e in gruppo, dell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Dominisarà di grande utilità»[65]. Dal contesto storico medio-orientale, il Papa trae un richiamo ai principi fondamentali illustrati nella stessa Verbum Domini. «Le scuole esegetiche di Alessandria, di Antiochia, di Edessa o di Nisibi hanno contribuito potentemente all’intelligenza e alla formulazione dogmatica del mistero cristiano nel IV e nel V secolo. La Chiesa intera ne è loro riconoscente. I sostenitori delle diverse correnti di interpretazione dei testi concordavano su alcuni principi tradizionali di esegesi, comunemente ammessi dalle Chiese d’Oriente e d’Occidente. Il più importante è credere che Gesù Cristo incarna l’unità intrinseca dei due Testamenti e di conseguenza l’unità del disegno salvifico di Dio nella storia (cfr Mt 5, 17)»[66]. «Viene poi la fedeltà ad una lettura tipologica della Bibbia, secondo la quale certi fatti dell’Antico Testamento sono una prefigurazione (tipo e figura) delle realtà della Nuova Alleanza in Gesù Cristo, chiave di lettura di tutta la Bibbia»[67].

Sul piano pastorale, le Chiese del Medio Oriente aggiungono ai loro impegni quello di accogliere i milioni di pellegrini che vengono in Terrasanta. Si tratta di un pellegrinaggio cui la Chiesa non può rinunciare. «Improntato alla penitenza per la conversione e alla ricerca di Dio, ripercorrendo i passi storici di Cristo e degli Apostoli, il pellegrinaggio ai luoghi santi e apostolici può essere, se vissuto con fede e profondità, un’autentica sequela Christi. In un secondo tempo, dà anche ai fedeli la possibilità di impregnarsi maggiormente della ricchezza visiva della storia biblica che delinea davanti a loro i grandi momenti dell’economia della salvezza»[68]. A chi organizza pellegrinaggi Benedetto XVI fornisce anche un’ulteriore indicazione specifica: «Al pellegrinaggio biblico è opportuno anche associare il pellegrinaggio ai santuari dei martiri e dei santi, nei quali la Chiesa venera Cristo, fonte del loro martirio e della loro santità»[69].

L’esortazione si chiude con due raccomandazioni consuete nel Magistero recente, relative all’Anno della fede e al Catechismo della Chiesa Cattolica. «L’Anno della fedeche si situa nel contesto della nuova evangelizzazione sarà, se vissuto con intensa convinzione, un forte stimolo per promuovere una evangelizzazione delle Chiese della regione, e per consolidare la testimonianza cristiana»[70]. «Il Catechismo della Chiesa Cattolicaè una base necessaria. Come ho già indicato, la sua lettura e il suo insegnamento devono essere incoraggiati, come anche un’iniziazione concreta alla Dottrina sociale della Chiesa»[71].

 

 

 

[1] Benedetto XVI, Visita alla Basilica di St. Paul ad Harissa e firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale, del 14-9-2012.

 

[2] Ibid.

 

[3] Ibid.

 

[4] Ibid.

 

[5] Ibid.

 

[6] Ibid.

 

[7] Ibid.

 

[8] Ibid.

 

[9] Ibid.

 

[10] Ibid.

 

[11] Ibid.

 

[12] Ibid.

 

[13] Ibid.

 

[14] Ibid.

 

[15] Ibid.

 

[16] Ibid.

 

[17] Idem. Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Oriente, del 14-9-2012, n. 8.

 

[18] Ibid., n. 96.

 

[19] Ibid., n. 9.

 

[20] Ibid., n. 10.

 

[21] Ibid., n. 11.

 

[22] Ibid.

 

[23] Ibid., n. 12.

 

[24] Ibid., n. 13.

 

[25] Ibid., n. 16.

 

[26] Ibid.

 

[27] Ibid., n. 19.

 

[28] Ibid., n. 20.

 

[29] Ibid., n. 22.

 

[30] Ibid.

 

[31] Ibid., n. 23.

 

[32] Ibid.

 

[33] Ibid., n. 24.

 

[34] Ibid., n. 25.

 

[35] Ibid.

 

[36] Ibid., n. 26.

 

[37] Ibid.

 

[38] Ibid.

 

[39] Ibid.

 

[40] Ibid.

 

[41] Ibid., n. 27.

 

[42] Ibid.

 

[43] Ibid.

 

[44] Ibid.

 

[45] Ibid., n. 29.

 

[46] Ibid.

 

[47] Ibid.

 

[48] Ibid.

 

[49] Ibid.

 

[50] Ibid., n. 30.

 

[51] Ibid.

 

[52] Ibid.

 

[53] Ibid., n. 31.

 

[54] Ibid., n. 33.

 

[55] Ibid., n. 34.

 

[56] Ibid., n. 48.

 

[57] Ibid., n. 54.

 

[58] Ibid., n. 56.

 

[59] Ibid., n. 58.

 

[60] Ibid., n. 60.

 

[61] Ibid.

 

[62] Ibid., n. 61.

 

[63] Ibid.

 

[64] Ibid.

 

[65] Ibid., n. 70. Cfr. sul punto M. Introvigne - Pietro Cantoni, Esegesi biblica e Concilio Ecumenico Vaticano II. Una riflessione sull'esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini di Papa Benedetto XVI, in Cristianità, anno XXXVIII, n. 358, ottobre-dicembre 2010, pp. 19-33.

 

[66] Benedetto XVI, Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Oriente, cit., n. 70.

 

[67] Ibid.

 

[68] Ibid., n. 83.

 

[69] Ibid.

 

[70] Ibid., n. 88.

 

[71] Ibid., n. 93.

Caterina63
00sabato 15 settembre 2012 18:47

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LIBANO (14-16 SETTEMBRE 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN LIBANO


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN LIBANO IN OCCASIONE DELLA FIRMA E DELLA PUBBLICAZIONE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI (14-16 SETTEMBRE 2012)

PRANZO CON I PATRIARCHI E I VESCOVI DEL LIBANO, CON I MEMBRI DEL CONSIGLIO SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI E CON IL SEGUITO PAPALE




[SM=g1740758] RISPOSTA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLE PAROLE DI ACCOGLIENZA

Beatitudine, venerati Patriarchi,
cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari Membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e del Sinodo armeno-cattolico,
cari seminaristi, fratelli e sorelle in Cristo!
 
Esprimo la mia profonda gratitudine al Patriarca Nersès Bédros per il suo invito e per le parole che mi ha rivolto, come pure al Superiore di questa casa. Saluto cordialmente tutti gli invitati.
La divina Provvidenza ha permesso il nostro incontro in questo convento di Bzommar, così emblematico per la Chiesa armena cattolica.
Il suo fondatore, il monaco Hagop, soprannominato Méghabarde – Peccatore –, è per noi un esempio di preghiera, di distacco dai beni materiali e di fedeltà a Cristo Redentore. 500 anni fa egli promosse la stampa del Libro del Venerdì, stabilendo così un ponte tra l’oriente e l’occidente cristiani.
Alla sua scuola, possiamo imparare il senso della missione, il coraggio della verità e il valore della fraternità nell’unità. Nel momento in cui ci accingiamo a rifocillarci con questo pasto preparato con amore e generosamente offerto, il monaco Hagop ci ricorda anche che la sete dello spirituale e la ricerca dell’al di là devono sempre abitare i nostri cuori. Poiché «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).
 
Cari amici, per intercessione degli Apostoli Bartolomeo e Taddeo, e di San Gregorio l’Illuminatore, domandiamo al Signore di benedire la Comunità armena duramente provata attraverso i tempi e di mandare nella sua messe numerosi e santi operai che, a motivo di Cristo, siano capaci di cambiare il volto delle nostre società, di guarire i cuori straziati e di ridare coraggio, forza e speranza ai disperati.
 Grazie!

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Caterina63
00sabato 15 settembre 2012 20:47

VIAGGIO APOSTOLICO
IN LIBANO
(14-16 SETTEMBRE 2012)

INCONTRO CON I GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazzale antistante il Patriarcato maronita di Bkerké
Sabato, 15 settembre 2012

[Video]

 

Beatitudine,
Fratelli nell’Episcopato,
Signor Presidente,
cari amici!

«Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro » (2 Pt 1,2). Il passo della Lettera di San Pietro che abbiamo ascoltato esprime bene il grande desiderio che porto nel cuore da molto tempo. Grazie per la vostra accoglienza calorosa, grazie di cuore per la vostra presenza così numerosa questa sera! Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Béchara Boutros Raï per le sue parole di accoglienza, Mons. Georges Bou Jaoudé, Arcivescovo di Tripoli e Presidente del Consiglio per l’apostolato dei laici del Libano, e Mons. Elie Hadda, Arcivescovo di Sidone dei Greco-melkiti, come pure i due giovani che mi hanno salutato a nome di tutti voi. سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!] (Gv 14,27), ci dice Cristo Gesù.

Cari amici, voi vivete oggi in questa parte del mondo che ha visto la nascita di Gesù e lo sviluppo del cristianesimo. È un grande onore! Ed è un appello alla fedeltà, all'amore per la vostra terra e soprattutto ad essere testimoni e messaggeri della gioia di Cristo, perché la fede trasmessa dagli Apostoli conduce alla piena libertà e alla gioia, come hanno mostrato tanti Santi e Beati di questo Paese. Il loro messaggio illumina la Chiesa universale. E può continuare ad illuminare le vostre vite. Fra gli Apostoli e i Santi, molti hanno vissuto periodi agitati e la loro fede è stata la sorgente del loro coraggio e della loro testimonianza. Attingete dal loro esempio e dalla loro intercessione l'ispirazione e il sostegno di cui avete bisogno!

Conosco le vostre difficoltà nella vita quotidiana, a causa della mancanza di stabilità e di sicurezza, della difficoltà di trovare un lavoro o ancora del sentimento di solitudine e di emarginazione. In un mondo in continuo movimento, siete messi a confronto con numerose e gravi sfide. Anche la disoccupazione e la precarietà non devono spingervi ad assaggiare il «miele amaro» dell'emigrazione, con lo sradicamento e la separazione in cambio di un futuro incerto. Per voi si tratta di essere protagonisti del futuro del vostro Paese, e di occupare il vostro ruolo nella società e nella Chiesa.

Voi avete un posto privilegiato nel mio cuore e nella Chiesa intera perché la Chiesa è sempre giovane! La Chiesa ha fiducia in voi. Conta su di voi. Siate giovani nella Chiesa! Siate giovani con la Chiesa! La Chiesa ha bisogno del vostro entusiasmo e della vostra creatività! La giovinezza è il momento in cui si aspira a grandi ideali e il periodo in cui si studia per prepararsi ad un mestiere ed ad un futuro. Ciò è importante e richiede tempo. Cercate ciò che è bello, e abbiate il gusto di fare ciò che è bene! Testimoniate la grandezza e la dignità del vostro corpo che «è per il Signore» (1 Cor 6,13). Abbiate la delicatezza e la rettitudine dei cuori puri! Nella scia del beato Giovanni Paolo II, anch’io vi ripeto: «Non abbiate paura. Aprite le porte dei vostri spiriti e dei vostri cuori a Cristo!». L'incontro con Lui «dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Enc. Deus caritas est, 1). In Lui, troverete la forza e il coraggio per avanzare sulle strade della vostra vita, superando le difficoltà e la sofferenza. In Lui, troverete la sorgente della gioia. Cristo vi dice: سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!]. Qui è la vera rivoluzione portata da Cristo, quella dell'amore.

Le frustrazioni presenti non devono condurvi a rifugiarvi in mondi paralleli come quelli, tra gli altri, delle droghe di ogni tipo, o quello della tristezza della pornografia. Quanto alle reti sociali, esse sono interessanti ma possono facilmente trascinarvi alla dipendenza e alla confusione tra il reale e il virtuale. Cercate e vivete relazioni ricche di amicizia vera e nobile. Abbiate iniziative che diano senso e radici alla vostra esistenza, contrastando la superficialità e il facile consumismo! Voi siete sottoposti ugualmente ad un'altra tentazione, quella del denaro, questo idolo tirannico che acceca al punto da soffocare la persona e il suo cuore. Gli esempi che vi circondano non sono sempre i migliori. Molti dimenticano l'affermazione di Cristo che dice che non si può servire Dio e il denaro (cfr Lc 16,13). Cercate dei buoni maestri, delle guide spirituali che sappiano indicarvi la strada della maturità, lasciando ciò che è illusorio, ciò che è apparenza e menzogna.

Siate i portatori dell'amore di Cristo! Come? Volgendovi senza riserve verso Dio, suo Padre, che è la misura di ciò che è giusto, vero e buono. Meditate la Parola di Dio! Scoprite l'interesse e l'attualità del Vangelo. Pregate! La preghiera, i Sacramenti sono i mezzi sicuri ed efficaci per essere cristiani e vivere «radicati e costruiti su di lui [su Cristo], saldi nella fede » (Col 2,7). L'Anno della fede che sta per iniziare sarà l'occasione per scoprire il tesoro della fede ricevuta con il Battesimo. Potete approfondire il suo contenuto grazie allo studio del Catechismo, affinché la vostra fede sia viva e vissuta. Allora diventerete, per gli altri, testimoni dell'amore di Cristo. In Lui, tutti gli uomini sono nostri fratelli. La fraternità universale che Egli ha inaugurato sulla Croce riveste di una luce splendente ed esigente la rivoluzione dell'amore. «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Questo è il testamento di Gesù ed il segno del cristiano. Questa è la vera rivoluzione dell'amore!

E dunque, Cristo vi invita a fare come Lui, ad accogliere l'altro senza riserve, anche se appartiene ad una cultura, religione, nazione differente. Fargli posto, rispettarlo, essere buoni verso di lui, rende sempre più ricchi di umanità e forti della pace del Signore. So che molti tra voi partecipano alle diverse attività promosse dalle parrocchie, dalle scuole, dai movimenti, dalle associazioni. È bello impegnarsi con e per gli altri. Vivere insieme momenti di amicizia e di gioia permette di resistere ai germi di divisione, sempre da combattere! La fraternità è un anticipo del Cielo! E la vocazione del discepolo di Cristo è di essere «lievito» nella pasta, come affermava san Paolo: «Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta» (Gal 5,9). Siate i messaggeri del Vangelo della vita e dei valori della vita. Resistete coraggiosamente a tutto ciò che la nega: l'aborto, la violenza, il rifiuto e il disprezzo dell'altro, l'ingiustizia, la guerra. Così facendo diffonderete la pace intorno a voi. Non sono forse gli «operatori di pace» coloro che alla fine ammiriamo di più? Non è forse la pace il bene prezioso che tutta l'umanità ricerca? Non è forse un mondo di pace che vogliamo nel più profondo per noi e per gli altri? سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!] ha detto Gesù. Egli ha vinto il male non mediante un altro male, ma prendendolo su di Sé ed annientandolo sulla croce mediante l'amore vissuto fino alla fine. Scoprire in verità il perdono e la misericordia di Dio, permette sempre di ripartire verso una vita nuova. Non è facile perdonare. Ma il perdono di Dio dà la forza della conversione, e la gioia di perdonare a propria volta. Il perdono e la riconciliazione sono vie di pace, ed aprono un futuro.

Cari amici, molti tra voi si chiedono certamente in modo più o meno consapevole: Che cosa Dio si aspetta da me? Qual è il suo progetto per me? Non vorrei annunciare al mondo la grandezza del suo amore mediante il sacerdozio, la vita consacrata o il matrimonio? Forse Cristo mi chiama a seguirlo più da vicino? Accogliete con fiducia queste domande. Trovate il tempo per riflettere su di esse e chiedere luce. Rispondete all’invito, offrendovi ogni giorno a Colui che vi chiama ad essere suoi amici. Cercate di seguire con cuore e generosità Cristo che, per amore, ci ha riscattati e ha dato la vita per ciascuno di noi. Conoscerete una gioia ed una pienezza insospettate! Rispondere alla vocazione di Cristo su di sé: qui sta il segreto della vera pace.

Ho firmato ieri l'Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente. Questa lettera è destinata anche a voi, cari giovani, come a tutto il popolo di Dio. Leggetela con attenzione e meditatela per metterla in pratica. Per aiutarvi, vi ricordo le parole di San Paolo ai Corinzi: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,2-3). Anche voi, cari amici, potete essere una lettera viva di Cristo. Questa lettera non sarà scritta su carta e con una penna. Sarà la testimonianza della vostra vita e della vostra fede. Così, con coraggio ed entusiasmo, farete comprendere intorno a voi che Dio vuole la felicità di tutti senza distinzioni, e che i cristiani sono i suoi servitori e testimoni fedeli.

Giovani libanesi, voi siete la speranza e il futuro del vostro Paese. Voi siete il Libano, terra di accoglienza, di convivenza, con questa capacità inaudita di adattamento. E in questo momento, non possiamo dimenticare i milioni di persone che compongono la diaspora libanese e che mantengono solidi legami con il loro Paese di origine. Giovani del Libano, siate accoglienti e aperti, come Cristo vi chiede e come il vostro Paese vi insegna.

Vorrei salutare ora i giovani musulmani che sono con noi stasera. Vi ringrazio per la vostra presenza che è così importante. Voi siete con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio Oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana. Ho saputo inoltre che ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria. Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica. Dite attorno a voi che il Papa è triste a causa delle vostre sofferenze e dei vostri lutti. Egli non dimentica la Siria nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni. Non dimentica i mediorientali che soffrono. E’ tempo che musulmani e cristiani si uniscano per mettere fine alla violenza e alle guerre.

Concludendo, rivolgiamoci verso Maria, la Madre del Signore, Nostra Signora del Libano. Dall'alto della collina di Harissa, Lei vi protegge e vi accompagna, veglia come una madre su tutti i Libanesi e su tanti pellegrini, che vengono da ogni parte per confidarle le loro gioie e le loro pene! Questa sera, affidiamo alla Vergine Maria e al beato Giovanni Paolo II - che mi ha preceduto in questa terra - le vostre vite, quelle di tutti i giovani del Libano e dei Paesi della regione, particolarmente quanti soffrono per la violenza o la solitudine, quanti hanno bisogno di conforto. Dio vi benedica tutti! Ed ora, tutti insieme, la preghiamo: السّلامُ عَلَيكِ يا مَرْيَم... (Ave, Maria,…)..

  [SM=g1740738]

البابا التقى الشباب في بكركي


Caterina63
00domenica 16 settembre 2012 14:19

VIAGGIO APOSTOLICO
IN LIBANO
(14-16 SETTEMBRE 2012)

SANTA MESSA E CONSEGNA
DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE
PER IL MEDIO ORIENTE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Beirut City Center Waterfront
Domenica, 16 settembre 2012

[Video]

 The faithful holds a Vatican flag during an open air mass conducted by Pope Benedict XVI at Beirut City Centre Waterfront, September 16, 2012.
Pope Benedict XVI offers blessings as he arrives to conduct an open-air mass service at Beirut City Center Waterfront September 16, 2012.

Cari Fratelli e Sorelle,

«Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3). Sia benedetto in questo giorno, nel quale ho la gioia di essere qui con voi, in Libano, per consegnare ai Vescovi della regione l’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente! Ringrazio cordialmente Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï per le amabili parole di benvenuto. Saluto gli altri Patriarchi e i Vescovi delle Chiese orientali, i Vescovi latini delle regioni contigue, così come i Cardinali e i Vescovi venuti da altri Paesi. Vi saluto tutti con grande affetto, cari fratelli e sorelle del Libano e anche dei Paesi di tutta questa amata regione del Medio Oriente, giunti per celebrare, con il Successore di Pietro, Gesù Cristo crocifisso, morto e risorto. Rivolgo inoltre il mio saluto deferente al Presidente della Repubblica e alle Autorità libanesi, ai Responsabili e ai membri delle altre tradizioni religiose che hanno voluto essere presenti questa mattina.

In questa domenica nella quale il Vangelo ci interroga sulla vera identità di Gesù, eccoci trasportati, insieme con i discepoli, sulla strada che conduce verso i villaggi della regione di Cesarea di Filippo. «E voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29), chiede loro Gesù. Il momento scelto per porre loro questa domanda non è senza significato. Gesù si trova ad una svolta decisiva della propria esistenza. Sale verso Gerusalemme, verso il luogo dove si compirà, mediante la croce e la resurrezione, l’evento centrale della nostra salvezza. E’ ancora a Gerusalemme che, allo sfociare di tutti questi eventi, la Chiesa nascerà. E quando, in questo momento decisivo, Gesù chiede dapprima ai discepoli: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27), le risposte che essi gli riferiscono sono diverse: Giovanni il Battista, Elia, un profeta! Ancora oggi, come lungo i secoli, quanti, nei modi più disparati, hanno trovato Gesù sulla loro strada danno le proprie risposte. Sono approcci che possono permettere di trovare la via della verità. Ma, senza essere necessariamente falsi, rimangono insufficienti, poiché non raggiungono il cuore dell’identità di Gesù. Soltanto chi accetta di seguirlo sulla sua via, di vivere in comunione con lui nella comunità dei discepoli, può averne una conoscenza autentica. E’ allora che Pietro, il quale da un certo tempo è vissuto con Gesù, offre la propria risposta: «Tu sei il Messia» (Mc 8,29). Risposta giusta, senza alcun dubbio, ma ancora insufficiente, poiché Gesù sente il bisogno di precisarla. Egli intravede che la gente potrebbe servirsi di questa risposta per dei disegni che non sono i suoi, per suscitare false speranze temporali su di lui. Non si lascia intrappolare nei soli attributi del liberatore umano che molti attendono.

Annunciando ai suoi discepoli che dovrà soffrire, essere messo a morte prima di risuscitare, Gesù vuol far loro comprendere chi Egli è in verità. Un Messia sofferente, un Messia servo, e non un liberatore politico onnipotente. E’ il Servo obbediente alla volontà del Padre suo fino a perdere la propria vita. E’ ciò che annunciava già il profeta Isaia nella prima lettura. Così Gesù va contro quanto molti si aspettavano da lui. La sua affermazione è shoccante e sconcertante. E si sente la contestazione di Pietro, che lo rimprovera, rifiutando per il suo Maestro la sofferenza e la morte! Gesù è severo verso di lui, e fa capire che chi vuol essere suo discepolo deve accettare di essere servo, come Lui si è fatto Servo.

Porsi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del potere o della gloria terrena, ma quello che conduce necessariamente a rinunciare a se stessi, a perdere la propria vita per Cristo e il Vangelo, al fine di salvarla. Poiché siamo certi che questa via conduce alla risurrezione, alla vita vera e definitiva con Dio. Decidere di accompagnare Gesù Cristo che si è fatto il Servo di tutti esige un’intimità sempre più grande con Lui, ponendosi all’ascolto attento della sua Parola per attingervi l’ispirazione del nostro agire. Nel promulgare l’Anno della fede, che comincerà l’11 ottobre prossimo, ho voluto che ogni fedele possa impegnarsi in maniera rinnovata su questa via della conversione del cuore. Lungo tutto l’arco di questo anno, vi incoraggio dunque vivamente ad approfondire la vostra riflessione sulla fede per renderla più consapevole e per rafforzare la vostra adesione a Cristo Gesù e al suo Vangelo.

Fratelli e sorelle, la via sulla quale Gesù ci vuole condurre è una via di speranza per tutti. La gloria di Gesù si rivela nel momento in cui, nella sua umanità, Egli si mostra più debole, specialmente nell’Incarnazione e sulla croce. E’ in questo modo che Dio manifesta il suo amore, facendosi servo, donandosi a noi. Non è questo un mistero straordinario, talvolta difficile da ammettere? Lo stesso Apostolo Pietro non lo comprenderà che più tardi.

Nella seconda lettura, san Giacomo ci ha ricordato come tale sequela di Gesù, per essere autentica, esiga degli atti concreti. «Io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2,18). E’ un’esigenza imperativa per la Chiesa quella di servire, e per i cristiani di essere veri servitori ad immagine di Gesù. Il servizio è un elemento costitutivo dell’identità dei discepoli di Cristo (cfr Gv 13,15-17). La vocazione della Chiesa e del cristiano è di servire, come il Signore stesso ha fatto, gratuitamente e per tutti, senza distinzione. Così, servire la giustizia e la pace, in un mondo dove la violenza non cessa di estendere il suo corteo di morte e di distruzione, è un’urgenza al fine di impegnarsi per una società fraterna, per costruire la comunione! Cari fratelli e sorelle, prego particolarmente il Signore di dare a questa regione del Medio Oriente dei servitori della pace e della riconciliazione, perché tutti possano vivere pacificamente e con dignità. E’ una testimonianza essenziale che i cristiani debbono dare qui, in collaborazione con tutte le persone di buona volontà. Vi chiamo tutti ad operare per la pace. Ciascuno al proprio livello e là dove si trova.

Il servizio deve ancora essere al cuore della vita della comunità cristiana stessa. Ciascun ministero, qualsiasi incarico nella Chiesa, sono prima di tutto un servizio di Dio e dei fratelli! E’ questo spirito che deve animare tutti i battezzati, gli uni verso gli altri, specialmente con un impegno effettivo accanto ai più poveri, agli emarginati, a quanti soffrono, affinché sia preservata l’inalienabile dignità di ogni persona.

Cari fratelli e sorelle che soffrite nel corpo o nel cuore, la vostra sofferenza non è vana! Cristo Servo si fa vicino a tutti coloro che soffrono. E’ presente accanto a voi. Possiate trovare sulla vostra strada fratelli e sorelle che manifestano concretamente la sua presenza amorevole che non può abbandonarvi! Siate pieni di speranza a causa di Cristo!

E voi tutti, fratelli e sorelle, che siete venuti a partecipare a questa celebrazione, cercate di diventare sempre più conformi al Signore Gesù, Lui che si è fatto Servo di tutti per la vita del mondo. Dio benedica il Libano, benedica tutti i popoli di questa amata regione del Medio Oriente e faccia loro il dono della sua pace.
Amen.


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CONSEGNA DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE
PER IL MEDIO ORIENTE

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Beirut City Center Waterfront
Domenica, 16 settembre 2012

[Video]

Faithfuls hold up banners upon the arrival of Pope Benedict XVI to conduct an open-air mass service at Beirut City Center Waterfront September 16, 2012.
People wait for Pope Benedict XVI to attend an open-air mass in Beirut's waterfront on September 16, 2012, on the final day of his visit to Lebanon. Pope prayed that leaders in the Middle East work toward peace and reconciliation, in his homily at an open-air mass where an estimated 350,000 people attend.

 

Beatitudini, Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle in Cristo!

Lebanon’s Christian Maronite Patriarch Beshara al-Rai (L) greets Pope Benedict XVI before celebrating an open-air mass in Beirut's waterfront on September 16, 2012, on the final day of his visit to Lebanon. Pope prayed that leaders in the Middle East work toward peace and reconciliation, in his homily at an open-air mass where an estimated 350,000 people attend.

La celebrazione liturgica che abbiamo vissuto è stata l’occasione per rendere grazie al Signore per il dono dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, celebrata nell’ottobre 2010 sul tema: «La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32)». Intendo ringraziare tutti i Padri sinodali per il loro contributo. La mia riconoscenza si rivolge anche al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Eterović, per il lavoro compiuto, e per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro.

Dopo aver firmato l’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, ho la gioia di consegnarla a tutte le Chiese particolari attraverso di voi, Beatitudini e Vescovi orientali e latini del Medio Oriente. Con la consegna di questo documento, iniziano il suo studio e la sua appropriazione da parte di tutti i protagonisti della Chiesa, Pastori, persone consacrate e laici, affinché ciascuno trovi una gioia nuova nel portare avanti la propria missione, essendo incoraggiato e fortificato per attuare il messaggio di comunione e di testimonianza declinato secondo i diversi aspetti umani, dottrinali, ecclesiologici, spirituali e pastorali di questa Esortazione. Cari fratelli e sorelle del Libano e del Medio Oriente, auspico che questa Esortazione sia una guida per avanzare sulle vie multiformi e complesse dove Cristo vi precede. Possa la comunione nella fede, nella speranza e nella carità essere rafforzata nei vostri Paesi e in ciascuna comunità per rendere credibile la vostra testimonianza resa al solo Santo, Dio Uno e Trino, che si è fatto vicino ad ogni uomo!

Cara Chiesa in Medio Oriente, attingi alla linfa originale della Salvezza che si è realizzata su questa Terra unica e amata tra tutte! Avanza sulle orme dei tuoi padri nella fede, essi che hanno aperto, con la loro costanza e la loro fedeltà, la via della risposta dell’umanità alla Rivelazione di Dio! Trova nella splendida varietà dei santi che sono fioriti presso di te gli esempi e gli intercessori che ispireranno la tua risposta alla chiamata del Signore a camminare verso la Gerusalemme celeste, dove Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi (cfr Ap 21,4)! La comunione fraterna sia un sostegno nella vita quotidiana e il segno della fraternità universale che Gesù, Primogenito di una moltitudine, è venuto ad instaurare! Così, in questa regione che ne ha visto gli atti e raccolto le parole, il Vangelo continui a risuonare come 2000 anni fa e sia vissuto oggi e sempre! Grazie.

 

ANGELUS

 

Beirut City Center Waterfront
Domenica, 16 settembre 2012

 

[Video]

A cross held by balloons flies as the youth of Lebanon gathered at the Maronite patriarchat in Bkerke to see Pope Benedict XVI on September 15, 2012. Pope Benedict XVI urged Middle Eastern Christians and Muslims to forge a harmonious, pluralistic society in which the dignity of each person is respected and the right to worship in peace is guaranteed.

 

 

 

Cari fratelli e sorelle!

 

Rivolgiamoci ora a Maria, la Madre di Dio, Nostra Signora del Libano, intorno alla quale si ritrovano i cristiani e i musulmani. A lei domandiamo di intercedere presso il suo Figlio divino per voi e, in modo particolare, per gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando il dono della pace. Voi conoscete bene la tragedia dei conflitti e della violenza che genera tante sofferenze. Purtroppo, il fragore delle armi continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani! La violenza e l’odio invadono la vita, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime. Perché tanti orrori? Perché tanti morti? Faccio appello alla comunità internazionale! Faccio appello ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione! Chi vuole costruire la pace deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare. Non è facile vedere nell’altro una persona da rispettare e da amare, eppure bisogna farlo, se si desidera costruire la pace, se si vuole la fraternità (cfr 1 Gv 2,10-11; 1 Pt 3,8-12). Possa Dio concedere al vostro Paese, alla Siria e al Medio Oriente il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli! Maria, che è nostra Madre, comprende la nostra preoccupazione e le nostre necessità. Con i Patriarchi e i Vescovi presenti, pongo il Medio Oriente sotto la sua materna protezione (cfr Prop. 44). Che possiamo, con l’aiuto di Dio, convertirci per lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa.

 

Ora preghiamo: Angelus Domini…


Pope Benedict XVI attends an open-air mass service at Beirut City Center Waterfront September 16, 2012.

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Caterina63
00domenica 16 settembre 2012 21:18

VIAGGIO APOSTOLICO
IN LIBANO
(14-16 SETTEMBRE 2012)

INCONTRO ECUMENICO

Risposta del Santo Padre durante l’incontro ecumenico

Salone d'onore del Patriarcato siro-cattolico di Charfet
Domenica, 16 settembre 2012
 

 

Santità, Beatitudine,
venerati Patriarchi, cari Fratelli nell’episcopato,
cari Rappresentanti delle Chiese e delle Comunità protestanti,
cari fratelli!

E’ con gioia che mi trovo tra voi, in questo monastero di Notre Dame de la Délivrance di Charfet, luogo significativo della Chiesa siro-cattolica per il Libano e per tutto il Medio Oriente. Ringrazio Sua Beatitudine Ignace Youssef Younan, Patriarca di Antiochia dei Siro-cattolici, per le sue forti parole di accoglienza. Saluto fraternamente ciascuno di voi che rappresentate la varietà della Chiesa in Oriente, e in particolare Sua Beatitudine Ignatius IV Hazim, Patriarca Greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente e Sua Santità Mar Ignatius I Zakka Iwas, Patriarca della Chiesa Siro-ortodossa di Antiochia e di tutto l’Oriente. La vostra presenza rende solenne questo incontro. Vi ringrazio di cuore per essere tra noi. Il mio pensiero va anche alla Chiesa copta ortodossa d’Egitto e alla Chiesa etiopica ortodossa, che hanno avuto il dolore della perdita dei loro Patriarchi. Li assicuro della mia vicinanza fraterna e della mia preghiera.

Permettetemi di salutare qui la testimonianza di fede resa dalla Chiesa Siriaca di Antiochia nel corso della sua gloriosa storia, testimonianza di amore ardente per Cristo che le ha fatto scrivere, fino ai nostri giorni, pagine eroiche per rimanere fedele alla sua fede fino al martirio. La incoraggio ad essere per i popoli della regione segno della pace che viene da Dio e luce che fa vivere la loro speranza. Estendo questo incoraggiamento a tutte le Chiese e comunità ecclesiali presenti in questa regione.

Cari fratelli, il nostro incontro di questa sera è un segno eloquente del nostro desiderio profondo di rispondere all’appello del Signore Gesù: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). In questi tempi instabili ed inclini alla violenza, che conosce la vostra regione, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo diano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda nel suo messaggio d’amore, di pace e di riconciliazione. E’ questo messaggio che tutti i cristiani e noi in particolare abbiamo ricevuto la missione di trasmettere al mondo, e che acquista un valore inestimabile nell’attuale contesto del Medio Oriente. 

Lavoriamo senza sosta affinché il nostro amore per Cristo ci conduca poco a poco verso la piena comunione tra di noi. Perciò, attraverso la preghiera e l’impegno comune, dobbiamo ritornare continuamente al nostro unico Signore e Salvatore. Poiché, come ho scritto nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, che ho il piacere di offrirvi, «Gesù unisce coloro che credono in Lui e che lo amano donando loro lo Spirito di suo Padre, come pure Maria, sua madre» (n. 15). 

Affido alla Vergine Maria ciascuna delle vostre persone così come i membri delle vostre Chiese e delle vostre comunità. Ella implori per noi il suo Figlio divino affinché siamo liberati da ogni male e da ogni violenza, e questa regione del Medio Oriente conosca infine il tempo della riconciliazione e della pace. La Parola di Gesù che ho citato spesso durante questo viaggio, سَلامي أُعطيكُم  [Vi do la mia pace] (Gv 14,27), sia per noi il segno comune che daremo in nome di Cristo ai popoli di questa amata regione che aspira con impazienza alla realizzazione di questo annuncio! Grazie!


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CERIMONIA DI CONGEDO

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Aeroporto Internazionale Rafiq Hariri di Beirut
Domenica, 16 settembre 2012

[Video]
Pope Benedict XVI, addresses a speech during his departure ceremony, at Rafik Hariri International airport, in Beirut, Lebanon, Sunday Sept. 16, 2012. Pope Benedict XVI end his three days visit to Lebanon after he celebrated an open-air mass for tens of thousands of pilgrims from across the Middle East, saying Christians must do their part to end the "grim trail of death and destruction" in the region.

 

Signor Presidente,
Signori Presidenti del Parlamento e del Consiglio dei Ministri,
Beatitudini e Fratelli nell’episcopato,
Autorità civili e religiose,
cari amici!

Giunto il momento della partenza, è con rammarico che lascio il caro Libano. La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue parole e per aver favorito, insieme con il Governo di cui saluto i Rappresentanti, l’organizzazione dei diversi eventi che hanno segnato la mia presenza fra voi, assecondata in modo rimarchevole dall’efficienza dei vari servizi della Repubblica e del settore privato. Ringrazio inoltre il Patriarca Bechara Boutros Rai, e tutti i Patriarchi presenti, come pure i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i fedeli che sono venuti a ricevermi. Nel visitarvi, è come se Pietro fosse venuto da voi, e voi avete ricevuto Pietro con la cordialità che caratterizza le vostre Chiese e la vostra cultura.

I miei ringraziamenti vanno in particolare all’intero popolo libanese che forma un ricco e bel mosaico e che ha saputo manifestare al Successore di Pietro il proprio entusiasmo, con l’apporto multiforme e specifico di ogni comunità. Ringrazio cordialmente le venerabili Chiese sorelle e le comunità protestanti. Ringrazio particolarmente i rappresentanti delle comunità musulmane. Durante tutto il mio soggiorno, ho potuto constatare quanto la vostra presenza ha contribuito alla riuscita del mio Viaggio. Il mondo arabo e il mondo intero avranno visto, in questi tempi agitati, dei cristiani e dei musulmani riuniti per celebrare la pace. E’ tradizionale in Medio Oriente ricevere l’ospite di passaggio con attenzione e rispetto, e voi l’avete fatto. Ne sono grato a tutti voi. Ma all’attenzione e al rispetto avete aggiunto un complemento; lo si può paragonare ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore, che mi hanno dato il desiderio di ritornare. Ve ne ringrazio in modo particolare. Dio vi benedica per questo!

Durante il mio troppo breve soggiorno, motivato principalmente dalla firma e dalla consegna dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, ho potuto incontrare le diverse componenti della vostra società. Vi sono stati momenti più ufficiali, altri più intimi, momenti di alta intensità religiosa e di fervida preghiera e altri ancora, segnati dall’entusiasmo della gioventù. Rendo grazie a Dio per queste occasioni che ha permesso, per gli incontri qualificati che ho potuto avere, e per la preghiera fatta da tutti e per tutti in Libano e in Medio Oriente, qualunque sia l’origine o la confessione religiosa di ciascuno.

Nella sua saggezza, Salomone fece appello a Hiram di Tiro, per la costruzione di una casa al Nome di Dio, un santuario per l’eternità (cfr Sir 47,13). E Hiram, che ho evocato al mio arrivo, inviò del legno proveniente dai cedri del Libano (cfr 1 Re 5,22). Legname di cedro arredavano l’interno del Tempio e recavano ghirlande di fiori scolpiti (cfr 1 Re 6,18). Il Libano era presente nel Santuario di Dio. Possano il Libano di oggi, i suoi abitanti, continuare ad essere presenti nel santuario di Dio! Possa il Libano continuare ad essere uno spazio in cui gli uomini e le donne vivano in armonia e in pace gli uni con gli altri per offrire al mondo non solo la testimonianza dell’esistenza di Dio, primo tema del Sinodo trascorso, ma ugualmente quella della comunione tra gli uomini, secondo tema dello stesso Sinodo, qualunque sia la loro sensibilità politica, comunitaria e religiosa!

Prego Dio per il Libano, affinché viva in pace e resista con coraggio a tutto ciò che potrebbe distruggerla o minacciarla. Auguro al Libano di continuare a permettere la pluralità delle tradizioni religiose e a non ascoltare la voce di coloro che vogliono impedirla. Auguro al Libano di rafforzare la comunione fra tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro comunità e la loro religione, rifiutando in modo risoluto tutto ciò che potrebbe condurre alla disunione, e scegliendo con determinazione la fraternità. Questi sono fiori graditi a Dio, virtù che sono possibili e che converrebbe consolidare radicandole maggiormente.

La Vergine Maria, venerata con devozione e tenerezza dai fedeli delle confessioni religiose presenti qui, è un modello sicuro per proseguire con speranza sulla via di una fraternità vissuta ed autentica. Il Libano l’ha ben compreso proclamando, qualche tempo fa, il 25 marzo come giorno festivo, permettendo così a tutti i suoi abitanti di poter vivere maggiormente la loro unità nella serenità. Che la Vergine Maria, i cui antichi santuari sono così numerosi nel vostro Paese, continui ad accompagnarvi e ad ispirarvi!

Dio benedica il Libano e tutti i libanesi. Non cessi di attirarli a sé per donare loro la vita eterna! Li colmi della sua gioia, della sua pace e della sua luce! Dio benedica tutto il Medio Oriente! Su ciascuno e ciascuna di voi invoco di tutto cuore l’abbondanza delle Benedizioni divine. لِيُبَارِك الربُّ جميعَكُم  [Dio vi benedica tutti!].

 





























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Caterina63
00domenica 16 settembre 2012 21:56

IL PAPA IN LIBANO: I VIDEO, LE FOTO ED I PODCAST

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LIBANO (14-16 SETTEMBRE 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN LIBANO


VIDEO


Santa Messa: servizio Corriere


La Santa Messa del Papa a Beirut nel servizio di Lucio Brunelli

Santa Messa a Beirut: servizio di Alessandra Buzzetti


L'incontro del Papa con i giovani: servizio di Lucio Brunelli

Musulmani e cristiani uniti contro le guerre: servizio di Alessandra Buzzetti


Il discorso del Papa alle Autorità libanesi: servizio Repubblica

L'incontro del Papa con le Autorità libanesi nel servizio di Lucio Brunelli

La mattinata del Papa a Beirut nel servizio di Alessandra Buzzetti

Libano l'appello del Papa per la pace: servizio del TG1


Libano: l'arrivo del Papa al palazzo presidenziale (Video Repubblica)

La prima giornata del Papa in Libano nel servizio di Lucio Brunelli

Primo giorno del Papa in Libano: video Corriere

Libano, il Papa: ''Bene la primavera araba per rinnovata identità '' (Video Repubblica)


Il Papa in Libano: il bellissimo servizio di Lucio Brunelli

Ansaldo: ''Libano, un viaggio che il Papa ha voluto con forza'' (audio)

Il Papa parte per il Libano (Rome Reports)

L'arrivo del Papa in Libano: video Repubblica


La visita del Papa in Libano (Rome Reports)


VIDEO INTEGRALI


CERIMONIA DI CONGEDO


SANTA MESSA A BEIRUT, CONSEGNA DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA E ANGELUS


INCONTRO CON I GIOVANI


INCONTRO CON LE AUTORITA' DEL LIBANO


VISITA ALLA BASILICA DI HARISSA E FIRMA DELL'ESORTAZIONE: VIDEO INTEGRALE


CERIMONIA DI BENVENUTO A BEIRUT: VIDEO INTEGRALE


UDIENZA GENERALE (12 SETTEMBRE 2012): VIDEO INTEGRALE


ANGELUS (9 SETTEMBRE 2012): VIDEO INTEGRALE


FOTO


SANTA MESSA A BEIRUT: FOTO ANSA


IL PAPA IN LIBANO: FOTO ANSA


LIBANO, BAGNO DI FOLLA PER IL PAPA: FOTO REPUBBLICA


I PREPARATIVI PER LA VISITA DEL PAPA IN LIBANO


PODCAST


Parole del Santo Padre in occasione della consegna dell'Esortazione Apostolica, 16 settembre 2012


Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, 16 settembre 2012


Santa Messa a Beirut. Omelia del Santo Padre, 16 settembre 2012


Incontro con i giovani, 15 settembre 2012


Incontro con le Autorità del Libano, 15 settembre 2012


Visita alla Basilica di Harissa, 14 settembre 2012


Cerimonia di benvenuto in Libano, 14 settembre 2012


Udienza generale,12 settembre 2012

Parole del Santo Padre alla preghiera dell'Angelus, 9 settembre 2012




[SM=g1740738]


lunedì 17 settembre 2012

Il coraggio e la profezia del Papa in Libano, il flop imbarazzante dei giornaloni (Raffaella)

Carissimi amici,
anche in occasione del viaggio apostolico del Santo Padre in Libano, i mass media non hanno perso occasione di applicare, alla lettera, il decalogo del blog.
Anzi! Potremmo dire che stavolta sono andati addirittura oltre ogni aspettativa e previsione.
Come giustamente faceva notare ieri Padre Cervellera, nel corso della trasmissione "A Sua Immagine", le notizie provenienti dal Libano sono state inserite, spesso come trafiletti, nelle paginate dedicate dai grandi giornali alle proteste islamiche nei confronti del film blasfemo.
Anche stavolta i "grandi" mezzi di comunicazione (parliamo della carta stampata in particolare) hanno perso il treno o, meglio, si sono lasciati sfuggire la grande occasione di fare analisi ponderate ed intelligenti.
Non hanno compreso che proprio dal Libano veniva la soluzione ai conflitti ed il raffreddamento delle proteste.
Il Papa stesso ce lo ha spiegato affermando che in questi giorni il mondo ha visto, nel Paese dei Cedri, Cristiani e Musulmani insieme a fare festa, senza conflitti e in pace.
Quello e' l'esempio che avrebbe dovuto essere portato all'attenzione del mondo arabo come del mondo occidentale.
E' dal giorno dell'assassinio dell'ambasciatore americano in Libia che sui giornali va in scena il trionfo dell'ipocrisia piu' bassa e ridicola.
Si condanna il fondamentalismo MA ANCHE le provocazioni.
Ah si'?
In linea di principio potrei anche essere d'accordo se non fosse per un piccolo particolare: le provocazioni si condannano solo quando coinvolgono il mondo islamico? Quando si offende Cristo e la fede cristiana e' invece liberta' di espressione? Quando vanno in scena, anche a Venezia, certi film con il crocifisso in bella mostra o quando si pubblicizza la "rana crocifissa" si tratta di forme d'arte?
Enno', cari ipocriti, non funziona cosi'!
Il fondamentalismo religioso va sempre e comunque condannato senza se e senza ma e soprattutto senza tentare di giustificare certi comportamenti.
Allo stesso tempo e' ora che il mondo (soprattutto quello occidentale) impari che MAI si devono offendere Cristo, Maometto ed i simboli della fede...qualsiasi fede!
E' una questione non solo di rispetto ma di semplice educazione.
Ho letto editoriali da barzelletta visto che la predica veniva dagli stessi pulpiti sempre pronti ad attaccare il Papa, la Chiesa e, piu' in generale, la fede cattolica.
Gli autori si rileggano, magari davanti ad uno specchio!
Iniziamo a cambiare atteggiamento ed a ammettere che tutte le religioni sono meritevoli di rispetto.
Non ho letto condanne chiare ed inequivocabili del fondamentalismo.
Solo il Papa ha avuto il coraggio di parlare chiaro a tutti e con tutti.
Massimo rispetto per tutte le religioni ma condanna di ogni forma di violenza.
Questo era il messaggio che doveva passare e del quale il Papa e' stato portavoce.
Forse per questo che gli sono stati dedicati solo trafiletti?
Certo e' piu' facile parlare delle "grazie" di una principessa inglese o della birra di 007...
Sia chiaro: non ce l'ho con i giornalisti ma con l'atteggiamento dei media.
Ovviamente non facciamo di tutta l'erba un fascio perche' ci sono giornali che hanno lavorato bene. Purtroppo si possono contare sulle dita di una mano...
Ottimo, invece, pur nel ristrettissimo spazio messo a disposizione, il lavoro dei vaticanisti dei telegiornali.
Cito in particolare Lucio Brunelli del Tg2, Stefano Maria Paci di Sky e Vania De Luca di Rainews24.
Ottimo anche il lavoro delle agenzie di stampa. Penso in particolare all'Agi con Salvatore Izzo ed a Korazym con Angela Ambrogetti.
Un grazie particolare anche a quei vaticanisti, come Galeazzi, che hanno aggiornato costantemente il loro blog dal Libano.
E siamo come sempre grati a Telepace per l'impegno. Stavolta estendiamo i ringraziamenti anche a Sky, sempre presente.
Questo viaggio e' stato storico sotto tutti i punti di vista. L'abbiamo capito tutti ma non la grande carta stampata.
Peccato...occasione persa (per loro).
Stavolta, come mai in precedenza, il blog ha pubblicato decine e decine di notizie ed interviste attingendo solo marginalmente ai mass media tradizionali.
Raffaella


[SM=g1740733] riflessione

ahimè Raffaella, tu dici:
Non hanno compreso che proprio dal Libano veniva la soluzione ai conflitti ed il raffreddamento delle proteste.
 
[SM=g1740729]   è proprio il contrario!!!
hanno capito perfettamente che dalle parole del Papa, dai gesti, da una piazza riempita di giovani cristiani e MUSULMANI insieme, e dove alla conclusione dell'incontro serale con il Papa si è detta insieme UNA AVE MARIA, un evento UNICO mai accaduto prima.... da tutto questo venivano le risposte per trovare soluzioni ai conflitti di questi giorni....

Ma certi Media hanno l'incarico tassativo che è proprio della mediaticità e degli scoop, di SOFFIARE SUL FUOCO, ma sul fuoco dell'inferno non su quello dello Spirito Santo [SM=g1740733]
e di proposito laddove comprendono bene l'insegnamento del Pontefice, fanno in modo che le sue parole e i suoi gesti siano offuscati, oscurati dal fumo del loro incendio mediatico....
Ma il Vento dello Spirito Santo.......... continuerà a soffiare per disperdere l'oscurità delle tenebre [SM=g1740752]


[SM=g1740757]
Caterina63
00lunedì 17 settembre 2012 23:35

Re Salomone e il ritrovamento della vera croce

In Libano, Benedetto XVI ha invocato per tutti la comune grammatica del diritto naturale. Mentre ai cristiani ha indicato nella croce il segno della vittoria. Sull'esempio di Costantino, l'imperatore che assicurò la libertà di religione

di Sandro Magister




ROMA. 16 settembre 2012 – Per i cittadini del Libano, appena atterrato all'aeroporto di Beirut, Benedetto XVI ha invocato la saggezza di re Salomone. Perché sappiano conservare quel decisivo "equilibrio" tra i cristiani e "i loro fratelli di altre religioni" che può far da "modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero".

In un paese che porta i segni di una guerra civile ed è stato più volte invaso da truppe straniere, la scommessa era audace. Ma su di essa papa Joseph Ratzinger ha puntato senza esitazione, nei tre giorni della sua visita.

Nel discorso che sabato 15 settembre, nel palazzo presidenziale di Baadba, ha rivolto ai rappresentanti della repubblica libanese, ai membri del governo, ai capi religiosi e agli uomini della cultura, ha chiesto a tutti di ritrovarsi uniti su quei "valori comuni a tutte le grandi culture, perché radicati nella natura della persona umana".

Tra questi valori ha messo in primo piano la libertà religiosa.

Con un inatteso richiamo a Costantino che nel 313 dopo Cristo concesse la libertà ai cristiani nell'impero, Benedetto XVI ha chiesto che non solo in Libano – unico paese della regione in cui la conversione dall'islam al cristianesimo è socialmente tollerata – ma in tutto il Medio Oriente sia data libertà piena alla pratica pubblica di ogni fede religiosa, "senza mettere in pericolo la propria vita".

Oltre a questo, tra i "fondamenti" di quella "grammatica che è la legge naturale inscritta nel cuore umano", il papa ha particolarmente esaltato "il carattere sacro della vita donata dal Creatore".

La difesa della vita, ha detto, è la via alla vera pace:

"Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace. Qui è l’impegno che ci è richiesto. Qui è l’orientamento che deve presiedere alle scelte politiche ed economiche, ad ogni livello e su scala planetaria".

*

Detto questo a tutti i cittadini del Libano senza distinzione, Benedetto XVI si è però rivolto anche direttamente ai cristiani.

A loro ha chiesto semplicemente di "porsi alla sequela di Gesù". E così ha spiegato, nell'omelia della messa di domenica 16 settembre:

"Porsi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del potere o della gloria terrena, ma quello che conduce necessariamente a rinunciare a se stessi, a perdere la propria vita per Cristo e il Vangelo, al fine di salvarla. Poiché siamo certi che questa via conduce alla risurrezione, alla vita vera e definitiva con Dio. Decidere di accompagnare Gesù Cristo che si è fatto il servo di tutti esige un’intimità sempre più grande con lui, ponendosi all’ascolto attento della sua parola per attingervi l’ispirazione del nostro agire. Nel promulgare l’Anno della fede, che comincerà l’11 ottobre prossimo, ho voluto che ogni fedele possa impegnarsi in maniera rinnovata su questa via della conversione del cuore. Lungo tutto l’arco di questo anno, vi incoraggio dunque vivamente ad approfondire la vostra riflessione sulla fede per renderla più consapevole e per rafforzare la vostra adesione a Cristo Gesù e al suo Vangelo".

Due giorni prima, la sera di venerdì 14 settembre, Benedetto XVI aveva messo al centro la croce di Gesù anche nel promulgare l'esortazione apostolica a coronamento del sinodo per il Medio Oriente:

"È provvidenziale che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo. Fra un mese si celebrerà il 1700.mo anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: "In questo segno, tu vincerai!'. [...]

"L'esortazione apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente' vuole tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la 'sequela Christi', in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la croce gloriosa. È proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. [...] Questo è il linguaggio della croce gloriosa! Questa è la follia della croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro (2 Cor 4, 7-18). Non si tratta di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti (At 2, 41-47); atti simili a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede nel Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza di tutti".

Con questo, ancora una volta Benedetto XVI ha deluso chi vorrebbe da lui dei gesti politici eclatanti o delle soluzioni di strategia internazionale.

Ma proprio agendo così, è andato all'essenziale di ciò che la sua missione richiede.

A tutti, ha ricordato la grammatica dei diritti naturali. Ai cristiani, il segno della croce. [SM=g1740721]

__________


Il programma e i discorsi integrali in più lingue di Benedetto XVI in LIbano, compresa l'esortazione apostolica postsinodale "Ecclesia in Medio Oriente":

> Viaggio apostolico in Libano, 14-16 settembre 2012

__________


Con il suo richiamo in chiave positiva all'imperatore Costantino, Benedetto XVI ha preso posizione su un punto molto controverso.

Dando la libertà ai cristiani nell'impero, infatti, Costantino avrebbe inaugurato quel "regime di cristianità" contro il quale si sono scagliati molti cattolici, specie durante e dopo il Concilio Vaticano II.

Per inquadrare la disputa, si veda questo servizio di www.chiesa:

> Costantino millesettecento anni dopo: la Chiesa imperiale di Giovanni Paolo II

__________

[SM=g1740758]



Nell'illustrazione, re Salomone e la regina di Saba, particolare delle "Storie della Vera Croce" di Piero della Francesca, Arezzo, Basilica di San Francesco, 1452-1458.

__________

Caterina63
00mercoledì 19 settembre 2012 11:31
L’UDIENZA GENERALE, 19.09.2012

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il viaggio apostolico in Libano


Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei riandare brevemente, con il pensiero e con il cuore, alle straordinarie giornate del Viaggio apostolico che ho compiuto in Libano.

Un Viaggio che ho fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev’essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi. Sono stato mosso dal vivo desiderio di annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli, sintetizzandole nelle parole «Vi dono la mia pace» (Gv 14,27).
Questo mio Viaggio aveva come scopo principale la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente ai rappresentanti delle Comunità cattoliche del Medio Oriente, come pure alle altre Chiese e comunità ecclesiali e anche ai Capi musulmani.

È stato un evento ecclesiale commovente e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo vissuta in un Paese complesso ma emblematico per tutta la regione, a motivo della sua tradizione di convivenza e di operosa collaborazione tra le diverse componenti religiose e sociali.

Di fronte alle sofferenze e ai drammi che permangono in quella zona del Medio Oriente, ho manifestato la mia sentita vicinanza alle legittime aspirazioni di quelle care popolazioni, recando loro un messaggio di incoraggiamento e di pace.

Penso in particolare al terribile conflitto che tormenta la Siria, causando, oltre a migliaia di morti, un flusso di profughi che si riversano nella regione alla ricerca disperata di sicurezza e di futuro; e non dimentico la situazione difficile dell’Irak. Durante la mia Visita, la gente del Libano e del Medio Oriente - cattolici, rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse comunità musulmane - ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità.

Ma è soprattutto l’incontro con i fedeli cattolici del Libano e del Medio Oriente, presenti a migliaia, che ha suscitato nel mio animo un sentimento di profonda gratitudine per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza.
Ringrazio il Signore per questo dono prezioso, che dà speranza per il futuro della Chiesa in quei territori: giovani, adulti e famiglie animati dal tenace desiderio di radicare la loro vita in Cristo, rimanere ancorati al Vangelo, camminare insieme nella Chiesa. Rinnovo la mia riconoscenza anche a quanti hanno lavorato instancabilmente per questa mia Visita: i Patriarchi e i Vescovi del Libano con i loro collaboratori, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, le persone consacrate, i fedeli laici, i quali sono una realtà preziosa e significativa nella società libanese.

Ho potuto constatare direttamente che le Comunità cattoliche libanesi, mediante la loro presenza bimillenaria e il loro impegno pieno di speranza, offrono un significativo e apprezzato contributo nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del Paese.

Un pensiero grato e deferente va alle Autorità libanesi, alle istituzioni e associazioni, ai volontari e a quanti hanno offerto il sostegno della preghiera.

Non posso dimenticare la cordiale accoglienza che ho ricevuto dal Presidente della Repubblica, Signor Michel Sleiman, come anche dalle varie componenti del Paese e dalla gente: è stata un’accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese. I musulmani mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni e contro le guerre. I cattolici, venuti anche dai Paesi confinanti, hanno manifestato con fervore il loro profondo affetto al Successore di Pietro.

Dopo la bella cerimonia al mio arrivo all’aeroporto di Beirut, il primo appuntamento era di particolare solennità: la firma dell’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente, nella Basilica Greco-Melkita di San Paolo ad Harissa.
In quella circostanza ho invitato i cattolici mediorientali a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione.

A tutti ho assicurato che la Chiesa universale è più che mai vicina, con l’affetto e la preghiera, alla Chiesa in Medio Oriente: esse, pur essendo un «piccolo gregge», non devono temere, nella certezza che il Signore è sempre con loro. Il Papa non li dimentica.
Nel secondo giorno del mio Viaggio apostolico ho incontrato i rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e del mondo della cultura, il Corpo diplomatico e i Capi religiosi.

Ad essi, tra l’altro, ho indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata.

Nella stessa giornata ho avuto un incontro con i Capi delle Comunità religiose musulmane, che si è svolto in uno spirito di dialogo e di benevolenza reciproca. Ringrazio Dio per questo incontro. Il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo.

Nel pomeriggio, presso la residenza del Patriarca Maronita, sono stato accolto dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti. Ho sottolineato la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza.

Inoltre, li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà. Vedendo giovani cristiani e musulmani fare festa in grande armonia, li ho spronati a costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra.

La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte.

Nella mattina della domenica, c’è stato il momento molto intenso e partecipato della Santa Messa nel City Center Waterfront di Beirut, accompagnata da suggestivi canti, che hanno caratterizzato anche le altre celebrazioni. Alla presenza di numerosi Vescovi e di una grande folla di fedeli, provenienti da ogni parte del Medio Oriente, ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù.
In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione. Al termine della Celebrazione eucaristica, ho avuto la gioia di consegnare l’Esortazione apostolica che raccoglie le conclusioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Medio Oriente. Attraverso i Patriarchi e i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti, i consacrati e i laici, questo Documento vuole raggiungere tutti i fedeli di quella cara regione, per sostenerli nella fede e nella comunione e spronarli sulla via della tanto auspicata nuova evangelizzazione.

Nel pomeriggio, presso la sede del Patriarcato Siro-cattolico, ho avuto poi la gioia di un fraterno incontro ecumenico con i Patriarchi ortodossi e ortodossi orientali e i rappresentanti di quelle Chiese, come pure delle Comunità ecclesiali.

Cari amici, i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo.

Sono certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace, che nasce dalla fiducia in Dio. Auspico che i vari messaggi di pace e di stima che ho voluto dare, possano aiutare i governanti della Regione a compiere passi decisivi verso la pace e verso una migliore comprensione delle relazioni tra cristiani e musulmani. Da parte mia continuo ad accompagnare quelle amate popolazioni con la preghiera, affinché rimangano fedeli agli impegni assunti.

Alla materna intercessione di Maria, venerata in tanti ed antichi santuari libanesi, affido i frutti di questa Visita pastorale, come anche i propositi di bene e le giuste aspirazioni dell’intero Medio Oriente.

[SM=g1740758]

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