Diffidate da Vito Mancuso che si definisce cattolico, NON LO E' e Padre Livio lo spiega bene

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Caterina63
00martedì 29 giugno 2010 20:37
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Padre Livio da Radio Maria: un po' di chiarezza su Vito Mancuso, il libero battitore che passa per teologo cattolico

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Una richiesta onesta a Vito Mancuso: la smetta di definirsi "teologo cattolico" lei non lo è e inganna molte persone...

Caterina63
00venerdì 2 luglio 2010 00:22

Questa casa è un nido di serpi, distruggiamola!

Riteniamo opportuno pubblicare un articolo di Pietro De Marco, apparso lo scorso febbraio nell’inserto fiorentino del “Corriere della Sera”:

UN CONFRONTO SULLA FEDE VECCHIO DI UN SECOLO

La formula “Leggere per non dimenticare”, che intitola a Firenze una nutrita, seguitissima serie di presentazioni di libri e autori, suonava particolarmente convincente ieri al pubblico più provveduto. Il confronto tra Vito Mancuso, che “insegna teologia” all’università privata Vita-Salute di Milano, e Corrado Augias, giornalista e autore-conduttore di programmi televisivi, ricordava infatti i toni e i contenuti di una tipica discussione d’inizio Novecento, tra un intellettuale cattolico modernista e un divulgatore agnostico e anticlericale.

Mancuso ha ripetuto, con una semplificazione che è già tutta nei suoi libri, qualcosa che il secolo scorso ha conosciuto fino alla nausea e al rigetto, filosofico e teologico. La fede è esperienza vitale, nasce dalla Vita, sussiste, se resta autentica, nella Vita; le religioni vengono dopo, interpretano variamente l’Esperienza, le si aggiungono come sovrastrutture; la Realtà è un tutto energetico, percorso come da una “corrente elettrica” che è la modalità autentica dell’esistere; il Dio personale del cristianesimo è teologia infantile o erronea, da superare, al pari di altri fondamenti della fede cristiana come il peccato, il male, l’immortalità dell’essere personale creato.

In un libretto recente, “La vita autentica”, il nostro “teologo” scrive: “Essendo tutto dominato dalla logica evolutiva, non esiste alcun punto fermo, se con fermo si intende qualcosa di statico e di immobile [...]. Dio è un punto fermo [...] nel senso di immutabile quanto alla dinamica del suo movimento vitale che è l’amore [...]. E va da sé che, non essendo Dio, a maggior ragione non sono punto fermo né la Bibbia [...] né la Chiesa con il suo magistero dottrinale [...], il quale parla veramente nel nome del Dio vivo solo se consente e incrementa il creativo dinamismo della libertà”. Un linguaggio disarmante, che non accetterei nella tesina di uno studente.

Mancuso aggiunge che “il punto in base al quale pensare me stesso e gli altri [...] non è statico, ma è dinamico, e tuttavia è fermo”. Per lui “il punto fermo di tipo dinamico” è una essenziale libertà non anarchica, un principio guida dell’essere. Un punto archimedeo. Sulla sua base, scrive: “sollevo me stesso, posso prendere in mano la mia vita, so cosa sono, attivo la mia natura profonda”.

Questo monismo energetico, disperante nella sua dogmaticità, può certamente apparire frutto di un tardo, sfilacciato New Age. La Rivelazione, le Rivelazioni, sono accessorie. Ma il sostrato teorico di Mancuso è ben descritto da molti passi di un testo scritto più di cento anni fa.

L’enciclica “Pascendi“, del settembre 1907, prima che condannare diagnosticava magistralmente derive simili. Per i modernisti, scriveva, “nel sentimento religioso si deve riconoscere come un’intuizione del cuore”; essa “mette l’uomo in contatto immediato la realtà stessa di Dio”, così “chiunque abbia questa esperienza diventa credente in senso vero e proprio”. Il filosofo religioso di tipo modernista divinizza sia il Cosmo sia il suo Principio immanente. Vale la pena di rileggere l’enciclica di Pio X, una diagnosi che fu giudicata in molte cerchie filosofiche un capolavoro. E che, perfetta per l’oggi, rivela il suo valore predittivo.

Da anni, leggendo Mancuso, sono diviso tra lo stupore per una cultura, filosofica e teologica, approssimativa ed esibita, e la riflessione sul suo successo. Che Augias abbia catturato Mancuso in un libro a due, che si vende molto, e che se lo porti dietro in un inesausto calendario di incontri, ha una sua logica. Mancuso produce, infatti, più danni nella religiosità comune e cattolica che la cultura ottocentesca del giornalista de “la Repubblica”. Dopo Adriano Prosperi, e altri, la coppia Mancuso-Augias garantisce una solida continuità di polemica anticattolica. Augias ha avuto persino il cattivo gusto di polemizzare a Firenze col suo “arcivescovo retrivo”.

Ma che la minoranza cattolica che legge di “teologia” accetti enunciati vitalistici che Max Weber avrebbe detto da rivista salottiera (“la vera fede si nutre delle interrogazioni radicali della vita perché sa di essere al servizio della vita”); e li accetti come “metodo” e come via d’uscita da quello che il nostro “teologo” definisce le incapacità teologiche della dommatica cattolica (che non conosce), produce allarme. Chi ha decostruito l’intelletto cattolico a questo punto?

Nella confusione che domina e nel dolore quotidiano per il crescere dell'odio a Cristo e alla Chiesa, se c'è un positivo, oltre alla statura cristiana ed umana di Benedetto, è che si stanno svelando i pensieri di molti cuori.




Pietro De Marco

Ben consapevoli che "Il danno maggiore, infatti, essa (la Chiesa) lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana" (Benedetto XVI nell'omelia di ieri) e  che "non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa"  (il Papa ai giornalisti sul volo per Fatima) stendiamo pietosi il velo tessuto da un grande poeta cristiano: un vecchio testo che descrive il dramma attuale della Chiesa.


"O Signore, difendimi dall'uomo che ha eccellenti intenzioni e cuore impuro: perché il cuore è su tutte le cose fallace, e disperatamente malvagio.(...)
Proteggimi dal nemico che ha qualcosa da guadagnare e dall'amico che ha qualcosa da perdere. (...)
Quelli che stanno in una casa il cui uso è dimenticato: sono come serpenti distesi su scale cadenti, soddisfatti, al sole.
E gli altri corrono intorno come cani, pieni di iniziativa, e fiutano ed abbaiano: dicono, “Questa casa è un nido di serpi, distruggiamola, mettiamo fine a questi abominii, alle turpitudini dei Cristiani”. Questi non sono giustificati, né lo sono gli altri.
E scrivono libri innumerevoli; troppo vacui e distratti per rimanere in silenzio: ognuno alla ricerca della propria elevazione, nascondendo la propria vuotezza.
Se umiltà e purezza non sono nel cuore non sono nella casa: e se non sono nella casa non saranno nella Città.
L’uomo che durante il giorno ha costruito qualcosa, quando cala la notte ritorna al focolare: per essere benedetto dal dono del silenzio, e prima di dormire si assopisce.
Ma siamo circondati da serpenti e da cani: per cui qualcuno deve stare all’opera, e altri tenere le lance.”

Thomas S. Eliot Cori da “La Rocca” Coro V

Caterina63
00sabato 3 luglio 2010 09:24

Camillo Langone recensisce il 'filosofo animista' Mancuso

di Camillo Langone

"Albero che cade dàgli dàgli”, con questo detto popolare e insieme girardiano si può perfettamente circoscrivere l’attività di Vito Mancuso, tarlo della Chiesa cattolica. In un articolo apparso su Repubblica il noto filosofo animista chiede alla Sposa di Cristo di autodistruggersi e lo fa perché la vede debole e indifesa: fosse stata trionfante, avrebbe brigato per diventare cardinale e certo ci sarebbe riuscito, insinuante com’è. Stiamo vivendo un assalto al cristianesimo e sottolineo cristianesimo perché si attacca la Chiesa per negare Cristo, per liberarsi dei dieci comandamenti e pure dell’undicesimo (non c’è traccia di amore in un Mancuso che incoraggia le delazioni), per fare del Vangelo carta da cesso o da libero esame, la medesima cosa. La mia amica commercialista mi dice che i clienti disertano l’otto per mille, facciamoli morire di fame questi pedofili; i magistrati belgi profanano le cattedrali a colpi di martelli pneumatici; i tribunali americani vogliono portare il Papa alla sbarra. Che cosa sarà mai Mancuso di fronte a tutto ciò? Giusto la foglia intellettuale di fico degli ateisti che leggono Repubblica e che, immaginando la Chiesa come Umberto Eco e Dan Brown l’hanno immaginata per loro, fremono di sdegno quando leggono che Benedetto ha “pubblicamente umiliato il cardinale Schönborn” costringendolo “a una conciliazione forzata con il cardinal Sodano”.

Pensate un po’ quale tremenda tortura medievale ha dovuto subire il cardinale in carriera: chiedere scusa a un collega ultraottantenne e pensionato sul quale aveva pubblicamente gettato fango per la gioia dei giornalisti. Al lettore di Mancuso piace ignorare l’anarchia che regna nella Chiesa: i preti si vestono come gli pare e quindi da pastori protestanti (clergyman o peggio), sindacalisti Cisl o animatori di villaggi vacanze a basso costo, impipandosene degli infiniti richiami alla dignità dell’abito ecclesiastico prima wojtyliani ora ratzingeriani; la comunione nella gran maggioranza dei casi continua a essere data alla maniera luterana, ostia in mano, anche qui a dispetto dell’esempio petrino; i seminaristi anziché sui Padri si formano su Erri De Luca (pagina 171 di “Vita da preti” di Carlo Melina, Vallecchi); i vescovi calpestano l’Ordinamento del Messale Romano commissionando nuove chiese senza inginocchiatoi, senza crocefissi e con tabernacoli disassati o peggio nascosti; i frati ad Assisi negano l’esistenza del peccato originale (“la sola parte della teologia cristiana che possa davvero essere provata”) protetti dal lassismo o dalla complicità dei superiori.

Mancuso è rimasto sorpreso per la paterna correzione del Papa nei confronti di Schönborn, sono rimasto sorpreso anch’io, è proprio vero che la Chiesa è sorretta dallo Spirito Santo, altrimenti come potrebbe ottenere qualche minimo risultato un sant’uomo isolato in una curia di fatui, vanesi, ignoranti, rampichini, tifosi juventini, i soggetti meno mistici che si possano immaginare.

All’inizio ho usato l’aggettivo “girardiano” perché Vito Mancuso è una voce della folla in preda a “crisi mimetica”, la gigantesca intuizione di René Girard per descrivere il delirio di imitazione e invidia che periodicamente imbestia i pagani e non soltanto loro se ben due dei dieci comandamenti mosaici sono impegnati a contenere il desiderio: Non desiderare la roba d’altri, non desiderarne la donna. La cosiddetta pedofilia è il pretesto sollevato da plebi dedite alla pedofobia (contraccezione, selezione genetica, aborto) per distruggere la Chiesa la cui bellezza è uno scandalo, la cui origine divina suscita brama di saccheggio e stupro.

Le croci vengano abbattute, le campane tacciano, le cattedrali diventino musei e centri commerciali: qualcosa che dura da duemila anni risulta insopportabile a chi non riesce a camparne cento. La Chiesa è freno e quindi sembra ostacolo, opponendo la legge naturale alla tecnica cieca, incarnando il katechon (per dirla con san Paolo e Carl Schmitt) ovvero la diga che impedisce il dilagare dell’Apocalisse. Dice Emanuele Severino che “un tempo il precetto era: seguire la verità. Oggi non si crede più in essa, resta lo scontro fra le forze”. Quando Mancuso bombarda il magistero è per sostituirlo con la dittatura dei sondaggi, della finanza e dei laboratori scientifici. Quando parla utilizza il linguaggio del linciaggio, il lessico seriale della massa fanatizzata dai media, e non sa far altro che accusare e aizzare. Perché “Satana è l’altro nome della tendenza all’estremo”.

Fonte: Il Foglio, 1° luglio 2010, via
Papa Ratzinger blog.
Caterina63
00martedì 13 luglio 2010 14:43

contro gli illuminati

Mancuso contro Benedetto XVI
di Francesco Agnoli


L’articolo di Mancuso sulla questione Sodano-Schoenborn-Bendetto XVI tira sempre nella stessa direzione: una critica totale, assoluta, alla Chiesa come istituzione.

Come al solito si scorge molto bene una cosa: non è la lotta alla pedofilia che interessa, ma l’utilizzazione delle colpe degli uomini di Chiesa che diventa utile per proporre una critica radicale, totalmente distruttiva.

Il papa deve smettere di fare il papa, i cardinali i cardinali e la Chiesa deve auto-sciogliersi, perché il peccato è alla radice, nella sua struttura, non nei suoi uomini. Questo è quello che chiede Repubblica, e lo fa attraverso le parole di una sacerdote che oggi non esercita più, ma che rimane, per la teologia cattolica, “sacerdos in eternum”: Vito Mancuso. Ribadisco questa appartenenza dell’autore dell’articolo, non, come si potrebbe pensare, per denigrare il voltagabbana, ma per far meglio capire cosa vi sia dietro: i peggiori nemici della Chiesa, il papa lo ha ribadito più volte, vengono dal suo interno.

Sin dai tempi del vescovo Giuda, senza il quale i nemici esterni non avrebbero avuto chi desse loro il la. E questi nemici non sono necessariamente o solamente i preti pedofili: quelli sono dei poveretti, dei miserabili, se vogliamo, di una miseria che oggi è purtroppo sempre più diffusa in tutti gli ambienti. Sono, come dicono le indagini scientifiche, persone incapaci di relazioni con adulti della loro età; spesso, come nel caso di tantissimi laici abusatori, persone che hanno subito a loro volta delle violenze; sovente hanno avuto una vita familiare affettivamente complicata e desolante. Certamente costoro minano la fede di tante persone, fanno tanto male, ma il loro è un peccato personale individuale, che desta immensa rabbia e nello stesso tempo, profonda pena.

Diversa la posizione dei Mancuso, dei Kung, dei Martini, degli Scohenborn: anche loro stanno in qualche modo all’interno della Chiesa, ma come confessava il sacerdote modernista Ernesto Bonaiuti, al solo scopo di distruggerla, di stravolgerla dall’interno. Ci provano da venti secoli, senza successo. Ci provano proprio perché nella Chiesa hanno vissuto e di essa hanno visto le miserie e i peccati, ma, invece che comprenderne l’origine, umana, solo umana, ritengono di addossare le colpe delle singole persone all’Istituzione in quanto tale.

Ritengono, nella loro ubris, che la salvezza possa essere una questione personale, come se Cristo non avesse egli stesso voluto una Chiesa, una compagnia, divina ed umana insieme. Cerco di spiegarmi meglio: da tanti anni, forse da sempre, si confrontano nella Chiesa due anime. Una, diciamo così, tradizionalista, l’altra progressista. Entrambe partono da una idea: vorrebbero una Chiesa più santa, benché sia ben diversa la santità cui si riferiscono.

Gli uni, i primi, denunciano quindi la perdita di senso di sacro, il carrierismo di tanti vescovi, la simonia, la “sporcizia” che c’è nella Chiesa. Ma vi rimangono attaccati, come ad uno scoglio, perché sanno di non poter solcare, da soli, i mari della salvezza. Perché sanno che lo Spirito Santo è stato promesso a Pietro, e che, nonostante tutto, “le porte dell’inferno non prevarranno mai”.

I Siri, gli Ottaviani, i Ruffini, i Bacci, anche i Lefebvre, non hanno mai criticato la Chiesa come Chiesa, il papa in quanto papa. Hanno criticato singoli errori, veri o presunti tali, dei singoli papi; hanno lottato, discusso, si sono indignati, con una consapevolezza: che Cristo ci ha dato la Chiesa, che essa, nonostante tutto, è l’Istituzione che da duemila anni dimostra la sua forza, che è la sua miseria che regge di fronte a tutte le tempeste, che si riforma di continuo e che produce, essa sola, santi, e civiltà.

Perché il Vangelo, senza Chiesa, è un insieme di fogli che non serve a nulla, è parola morta, senza carne, senza vita. La fede del credente non vive di letture, ma di Eucaristia, di confessione, di adorazione, di sacramenti.

Poi c’è l’ala progressista, di Mancuso, Kung, Martini, don Gallo e chi più ne ha più ne metta . Quest’ala ha prodotto, nei secoli, milioni di eresie, di ricette personali, di riforme salvatrici, tutte sterili e brevi: fondate da uomini che magari scorgevano anche abusi ed errori veri, ma che poi, presi dalla superbia, finivano per ritenersi loro i depositari della Verità di Cristo, gli illuminati dallo Spirito Santo.

Contro la Chiesa, come Calvino, fondarono altre chiese, perché non si dà fede senza vita quotidiana, senza sacramenti, senza rito, senza condivisione. Con effetti veramente scarsi: cosa è rimasto dei pelagiani, dei dolciniani, dei socianiani, ma anche dei luterani, dei calvinisti o degli anglicani? Poche persone e tante divisioni… perché non si può dimenticare che Cristo ha scelto Pietro, pur sapendo bene che l’apostolo lo avrebbe rinnegato, di lì a poco. Pur sapendo che era un pescatore e un peccatore, con i suoi difetti. Insomma: un uomo. Mancuso dunque, inizia criticando la scelta del papa di riportare il collegio cardinalizio all’ordine (la critica, anche la più dura, non può essere fatta, nella Chiesa, come in una famiglia, via stampa, al di fuori di qualsiasi gerarchia e carità…), e finisce per distruggere il ruolo stesso del papa.

Mentre lo fa, chiama a suoi testimoni, a confortare la sua tesi, nientemeno che San Paolo, colui che resistette in faccia a san Pietro, e Dante. Evidentemente a sproposito, visto che Paolo contraddisse il papa, e lo portò dalla sua parte, senza mai negare la sua autorità. Anche l’aver citato Dante, quasi si ritenesse, povero Mancuso, un suo erede, risulta ridicolo: Dante può essere l’Ottaviani, il Siri, magari il Lefebvre del Medioevo, come tanti ce ne furono. Mise papi e cardinali, all’inferno, tuonò contro la corruzione, ma mai neppure per un attimo pensò che la Chiesa non fosse l’istituzione che Dio aveva scelto per i suoi seguaci. Non credette mai che il credente possa fare parte a sé, al di fuori del corpo mistico di Cristo. Accusava uomini di Chiesa, ma di non essere fedeli alla Chiesa stessa! Come faceva ogni giorno santa Caterina col papa, che pure chiamava “dolce Cristo in terra”, dopo averlo sonoramente bastonato.

Ma erano altri uomini, caro Mancuso, non intellettuali che credono di rifondare, loro, la Fede, magari con articoli di giornale: in loro, la critica nasceva dall’amore, non dalla superbia, il peccato più grave di tutti, per la teologia cattolica.

parte di questo articolo è oggi su Il Foglio

Caterina63
00lunedì 4 luglio 2011 09:35
[SM=g1740733] Ottime riflessioni di Antonio Socci

Si può essere “cattolici democratici” senza essere più cattolici?

3 luglio 2011 / In News

Vito Mancuso è un tipo minuto dall’aria dimessa e stropicciata. E’ uno dei figli spirituali del cardinal Martini e oggi è approdato a scrivere per Repubblica.
Commentando la nomina del cardinale Scola a Milano, ha spiegato che “la questione è politica” (curioso modo di considerare la Chiesa): siccome la Curia di Milano è stata per trent’anni nell’orbita di Martini e della sua corrente, secondo Mancuso tale doveva restare.

Invece con Scola il “cattolicesimo democratico” avrebbe subito – a suo dire – “un’umiliazione pesante” perché avrebbe perso “l’unico punto di riferimento nazionale”.

Benedetto XVI – afferma l’intellettuale di Repubblica – scegliendo Scola ha scelto di “contrastare frontalmente” quella linea “cattolico democratica”.

In pratica, se così stessero le cose, dovremmo concludere che il papa ha deciso di restituire a Milano il cattolicesimo tout court, senza aggettivi. E ci sarebbe solo da rallegrarsene.

Ma la chicca dell’articolo di Mancuso è un’altra, quella dove si apprende che egli è il confidente segreto dello Spirito Santo. Scrive infatti: “non so se questo sia davvero il volere dello Spirito Santo che ha sempre amato il pluralismo”.

Evidentemente lo Spirito Santo ha detto a Mancuso che preferiva Ravasi.

La singolare idea del cattolicesimo che ha Mancuso è stata bocciata duramente, mesi fa, da Civiltà Cattolica e da Vincenzo Vitale nel libro “Volti dell’ateismo”.

Quelle pagine mostrano che Mancuso sarà anche all’interno del “cattolicesimo democratico”, ma – visti tutti i dogmi di fede che nega – sta al di fuori del cattolicesimo.

Me ne dispiace molto. Ho avuto occasione di incontrare Mancuso di recente e voglio raccontare l’episodio.

Ho accettato l’invito al programma di Corrado Augias in onda su Rai 3 verso mezzogiorno per un’intervista sul mio libro appena uscito, “La guerra contro Gesù”.

Sapevo che il salotto di Augias non è affatto neutro e che il conduttore, pure lui giornalista di Repubblica, è animato da forti sentimenti anticattolici (che scatenano ricorrenti proteste su “Avvenire”).

Io stesso, nel mio libro, lo pizzicavo su alcune assurdità da lui scritte a proposito di cristianesimo (pure durante la trasmissione ho dovuto contestargli un’altra castroneria).

Dunque non mi sono stupito quando i curatori del programma mi hanno informato che in studio era stato chiamato pure Vito Mancuso.

Mi ha divertito che Augias avesse voluto “un rinforzo”. Sinceramente – lo dico senza protervia – la cosa non mi ha affatto impensierito.

Ma non era finita. Augias – per sentirsi ancora più al sicuro – ha deciso di procedere così: lui poneva una domanda, solitamente molto dura con la Chiesa, spesso una requisitoria.

Io ero chiamato a rispondere e Mancuso poi era invitato a replicare alla mia risposta. Cosicché avevano sempre la prima e l’ultima parola. Ha fatto sistematicamente così. 

Così ho dovuto digerire delle assurdità che facevano veramente venire l’orticaria: sentir ripetere per l’ennesima volta, dopo il secolo dei genocidi perpetrati dalle ideologie atee, che “il monoteismo” (genericamente inteso) sarebbe fonte di intolleranza è veramente insopportabile.

Certo, la prassi adottata da Augias non è un esempio di conduzione seria e ‘super partes’. Ma in fondo mi aspettavo cose del genere (quando non si hanno argomenti si ricorre ai mezzucci). Però le sorprese non erano finite.

Ho infatti scoperto lì, direttamente in trasmissione, che – insieme al mio – il conduttore aveva deciso di parlare anche di un altro libro (di Matthew Fox, “In principio era la gioia”), pubblicato in una collana curata da Mancuso stesso. Ovviamente un libro contro la dottrina cattolica.

Un’altra scorrettezza perché – non essendo stato informato, come era doveroso fare – mi sono trovato a dover discutere di un testo che non conoscevo, mentre Mancuso sapeva in anticipo che si sarebbe trattato del mio libro.

Il volume di Fox peraltro serviva ad Augias solo ad alimentare la polemica anticattolica, perché – ho scoperto in seguito – era già stato presentato in quella trasmissione.

Mi sono detto: ma quanto sono insicuri dei propri argomenti se devono ricorrere a questi miseri sistemi? Perché sono così impauriti da un confronto libero e paritario?

Naturalmente io ho detto comunque alcune cose e – stando alla quantità di mail che ho ricevuto – credo di averlo fatto anche in maniera efficace.

Ma adesso devo dirvi ciò che mi ha sconcertato.

Il volume di Fox si scaglia contro la dottrina del peccato originale, come se questa realtà fosse stata torvamente inventata dalla Chiesa per colpevolizzare gli uomini.

E Mancuso ha proclamato le stesse idee nei suoi libri e in quella trasmissione.

Interpellato in proposito io ho osservato semplicemente che il peccato originale è un fatto così evidente, tangibile, che chiunque può constatarlo nella sua esperienza quotidiana, tanto è vero che poeti non credenti come Charles Baudelaire e Giacomo Leopardi hanno descritto benissimo questa condizione decaduta dell’uomo, desideroso di felicità, ma strutturalmente incapace di conquistarla.

La nostra umanità è inquinata dal dolore, dal male e dalla morte. E’ un fatto, una realtà che tutti – in ogni istante – ci troviamo amaramente a constatare.

Ciò dimostra – ho concluso – che non è per nulla la Chiesa ad aver “inventato” il peccato originale, ma – al contrario – è lei l’unica ad aver dato una spiegazione della nostra condizione: la sua dottrina del peccato originale infatti fornisce l’unica ragione esauriente del guazzabuglio disperante in cui l’uomo, dalla sua nascita, si trova “gettato”.

Non solo. La Chiesa non si limita a rivelare all’uomo le cause di questa condizione, comunque misteriosa, ma annuncia e propone Gesù, il salvatore, l’unico che questa condizione può redimere, che può capovolgere il segno mortifero dell’esistenza e cambiare radicalmente il nostro destino infelice. Donando la felicità.

A questo punto è intervenuto Mancuso che ha cominciato una sua requisitoria: il peccato originale – a suo dire – è stato inventato nel V secolo da S. Agostino e nel 418, al Concilio di Cartagine, la Chiesa ha reso dogma il pensiero di Agostino.

Incredulo per questa assurdità ho obiettato che la dottrina del peccato originale c’è già in san Paolo, cioè all’origine del cristianesimo.

Mancuso lo ha negato dicendo testualmente che in san Paolo vi sarebbe soltanto il parallelismo fra Adamo e Cristo. Non sapevo se mettermi a ridere o a piangere. Possibile che un semplice giornalista come me debba svelare a uno che si fa presentare come “teologo” (e addirittura “teologo cattolico”) che San Paolo ha scritto, all’incirca nell’anno 58, la fondamentale Epistola ai Romani e che nel capitolo quinto di tale Epistola si trova già espressa nel dettaglio la dottrina del peccato originale?

Non contento di quella topica Mancuso negava che il peccato originale fosse una condizione dell’uomo e insisteva nel dire che la Chiesa imputava agli uomini un peccato non commesso.

Mi è stato facile invitare Mancuso a leggere almeno il Catechismo della Chiesa Cattolica dove sta scritto a chiare lettere che il peccato originale è stato da noi “contratto”, ma non “commesso” e che è “condizione di nascita e non atto personale” (n. 76).

Sapevo peraltro che Mancuso nega una quantità di altri dogmi della Chiesa. E’ capace di scrivere una cosa del genere: “non c’è alcuna esigenza di credere nella sua (di Gesù, nda) risurrezione dai morti per essere salvi”.

Vitale, dopo un’accurata disamina di queste mancusate, conclude che egli, negando “diversi dogmi fondamentali per la fede” come “peccato originale, immacolata concezione, immortalità dell’anima, eternità dell’inferno, si colloca volontariamente non solo al di fuori della teologia, ma anche al di fuori della dottrina cattolica e della Chiesa”.

Io, dopo l’articolo di Mancuso su Milano, mi limito a domandarmi solo se si possa essere “cattolici democratici” senza essere cattolici. Chissà che ne pensa il cardinal Martini.

Antonio Socci

Da “Libero”, 3 luglio 2011

Post scriptum:

Mancuso ha testualmente scritto:

“Oggi non c’è più nessuno così tra i vescovi delle principali diocesi italiane, ai cattolici progressisti di questo paese è stata tolta anche l’ultima possibilità di avere un punto di riferimento nella gerarchia, e non so se questo sia davvero il volere dello Spirito Santo che ha sempre amato il pluralismo visto che di Vangeli ne ha ispirati quattro, e non uno solo”.

Mi chiedo: esiste forse un vangelo “cattolico democratico” o “progressista”. E quale sarebbe dei quattro?

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