DOSSIER FIDES
DOSSIER
A cura diN. Bux e S. Vitiello
IL MOTU PROPRIO di Benedetto XVI
Summorum Pontificum cura
1. Gli antefatti La Sacrosanctum Concilium
V’è un paragrafo nella Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia che sembra riferirsi alla questione dello stato giuridico-canonico del Messale di S. Pio V (che chiameremo di qui in avanti anche “Messa antica” o “Rito antico”). Prima di specificare i modi in cui si dovrà rivedere il rito della Messa, Sacrosanctum Concilium stabilisce al paragrafo 49:
Quapropter, ut Sacrificium Missae, etiam rituum forma, plenam pastoralem efficacitatem assequatur, Sacrosanctum Concilium, ratione habita Missarum, quae concurrente populo celebrantur, praesertim diebus dominicis et festis de praecepto, ea quae sequuntur decernit:
Affinché poi il Sacrificio della Messa raggiunga la sua piena efficacia anche nella forma rituale, il sacro Concilio, in vista delle Messe celebrate con partecipazione di popolo, specialmente la domenica e i giorni di precetto, stabilisce quanto segue:
Questo passaggio presuppone che vi siano due forme del rito della Messa, una con l’assistenza dei fedeli, specialmente la Domenica e le feste di precetto (cum populo), e una senza l’assistenza dei fedeli (sine populo). Sembra che fosse intenzione del Concilio che le revisioni, che sono introdotte nel paragrafo seguente di Sacrosanctum Concilium, riguardi soltanto il rito della Messa cum populo. La Costituzione sulla Sacra Liturgia ovviamente immagina che la Messa antica continui ad esistere come forma sacerdotale di celebrazione del sacrificio Eucaristico sine populo; questo significherebbe anche che il sacerdote ha il diritto di celebrare il Rito antico come Messa privata.
La Costituzione Missale Romanum di Papa Paolo VI (1969)
La Constituzione Missale Romanum del 1969 emanata da Papa Paolo VI è, come chiarisce il sottotitolo, “una promulgazione del Messale Romano rivisto in base ai decreti del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo”. La Costituzione propone semplicemente una nuova forma della Messa, e non contiene alcuna clausola che indichi l’abrogazione, cioè l’abolizione mediante la completa sostituzione, del Messale del Papa S. Pio V.
La Bolla Quo Primum, emanata da Pius V nel 1570, codificava e consolidava l’uso immemorabile e universale che aveva regolato la liturgia romana attraverso i secoli, dal tempo di Gregorio Magno alla fine del sesto secolo. Due punti sono qui degni di nota:
Primo, alla Quo Primum possiamo, in ogni caso, applicare il can. 21 CIC: “In dubio revocatio legis praexistentis non praesumitur, sed leges posteriores ad priores trahendae sunt et his, quantum fieri potest, conciliandae”. Praticamente significa che , se la Messa antica ha perduto la sua posizione privilegiata, ciò nonostante continua ad esistere e il fedele ha diritto ad essa.
Secondo, la Costituzione Missale Romanum non ha esplicitamente abolito (come la legge richiedeva) l’uso immemorabile e universale su cui si basava la Messa antica, prima della Quo Primum (e dopo insieme ad essa). Perciò essa continua ad esistere malgrado forse non più protetta da una legge scritta. Questo era stato notato dagli studiosi, ma anche allora non era stata approvata alcuna legge supplementare per abolire quell’uso.
L’arcivescovo Annibale Bugnini, che Paolo VI aveva incaricato della riforma liturgica post-conciliare, cercò di ottenere una norma esplicita affinché il Novus Ordo Missae del 1970 abrogasse la Messa antica, in modo che in seguito fosse soppressa de jure.
Per ottenere tale norma dalla Pontificia Commissione per l’Interpretazione dei Documenti Conciliari, egli aveva bisogno del permesso del Cardinale Segretario di Stato. Il 10 Giugno 1974 il Segretario di Stato rifiutò di concedere il permesso richiesto fondamentalmente perchè ciò sarebbe stato visto come “avversione ingiustificata verso la tradizione liturgica” (A. Bugnini, The Reform of the Liturgy 1948-1975, Collegeville, Minnesota: The Liturgical Press, 1990, p. 300-301).
L’Indulto Quattuor Abhinc Annos di Papa Giovanni Paolo II (1984)
Il 3 Ottobre 1984, Papa Giovanni Paolo II promulgava l’Indulto Quattuor abhinc annos in cui permetteva ai vescovi di concedere la celebrazione della Messa antica a quei fedeli che l’avrebbero richiesta. Un indulto è una misura che l’autorità della Chiesa può concedere, al fine di favorire la salvezza delle anime (che è il fine della legge canonica, dinanzi a cui tutte le norme devono derogare), una eccezione alla legge (deroga); è simile alla dispensa, ma con un fine più ampio.
Un indulto, perciò, presuppone l’esistenza di una legge che ha bisogno d’essere attenuata, nel nostro caso una legge che aveva proibito o abolito la Messa antica. Come abbiamo visto, tale legge non esisteva, e perciò in tal caso, strettamente parlando, è una denominazione impropria, dato che il fedele ancora oggi ha il diritto alla Messa antica sulla base dell’uso immemorabile mai abolito.
La Commissione Cardinalizia del 1986
Nel 1986 Papa Giovanni Paolo II istituì una commissione di nove cardinali per esaminare lo stato giuridico della Messa antica. La commissione era composta dai cardinali Agostino Casaroli, Bernardin Gantin, Paul Augustin Mayer, Antonio Innocenti, Silvio Oddi, Pietro Palazzini, Joseph Ratzinger, Alfons Stickler e Jozef Tomko e fu incaricata di esaminare se il Nuovo Rito della Messa promulgato da Papa Paolo VI avesse abrogato il Rito antico, e se un vescovo potesse proibire ai suoi sacerdoti di celebrare la Messa antica.
La commissione si riunì nel Dicembre 1986. Otto dei nove cardinali risposero che la Nuova Messa non aveva abrogato l’Antica. Tutti e nove i cardinali unanimemente affermarono che il papa Paolo VI non aveva mai concesso ai vescovi l’autorità di proibire ai sacerdoti di celebrare la Messa secondo il Messale di S.Pio V. La commissione giudico troppo restrittive le condizioni dell’indulto del 1984 e ne propose l’allargamento. Tali conclusioni servirono come linee guida per la Commissione Ecclesia Dei, ma non furono rese pubbliche.
In questo contesto, si deve notare che la Santa Sede riconosceva il diritto del sacerdote a celebrare la Messa tradizionale; ciò proveniva dal fatto che ogniqualvolta i sacerdoti erano ingiustamente sospesi per aver celebrato la Messa antica contro il volere dei loro vescovi, la Curia Romana annullava sempre il provvedimento ogni volta che le si rivolgeva appello. Appartiene ancora all’attuale giurisprudenza della Chiesa che, dietro appello, qualsiasi sospensione che un Ordinario tenta di infliggere ad un sacerdote per la celebrazione della Messa antica contro il volere del vescovo è automaticamente annullata.
Il Motu Proprio Ecclesia Dei Adflicta di Papa Giovanni Paolo II (1988)
Il 2 Luglio 1988 Papa Giovanni Paolo II promulgava il Motu Proprio Ecclesia Dei in cui esprimeva la volontà di salvaguardare le giuste aspirazioni di quanti erano affezionati alla tradizione liturgica latina, e al fine di raggiungere l’obbiettivo istituiva la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.
In una lettera alla Ecclesia Dei Society of Australia datata 11 Maggio 1990 il Cardinal Mayer forniva una interpretazione autorevole del Motu Proprio. Il Presidente della Commissione Ecclesia Dei criticava la Congregazione per il Culto divino per aver sabotato le intenzioni del papa, e quindi passava a spiegare le prerogative garantite dall’Ecclesia Dei mentr allo stesso tempo osservava che la Messa antica non era mai stata realmente abolita:
Si deve notare che un certo linguaggio peggiorativo della Quattuor abhinc annos riguardo al “problema dei sacerdoti e fedeli che assistono alla cosiddetta Messa tridentina” è del tutto evitato nella Lettera Apostolic Ecclesia Dei. Nel recente documento promulgato dal Sommo Pontefice ci si riferisce semplicemente a “quei fedeli cattolici che sentono l’attaccamento ad alcune antiche forme liturgiche e disciplinari della tradizione Latina” (5, c) e a “quelli che sono attaccati alla tradizione liturgica latina” (6, c).
Appare quindi un inutile pregiudizio continuare a riferirsi con allusioni a precedenti documenti della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti che sono stati superati da un Motu Proprio pontificio.
Il Cardinal Medina sulla Terza Editio Typica del Messale di Paolo VI (2002)
Il Cardinal Medina Estévez, Prefetto Emerito della Congregazione per il Culto Divino scrive in una lettera del 21 Maggio 2004:
Riaffermo la mia personale opinione che l’abrogazione del Messale di San Pio V non è provata e posso aggiungere che il decreto che ho firmato per promulgare la terza editio typica del Messale Romano non contiene alcuna clausola che abroghi la forma antica del Rito romano(…). E posso anche aggiungere che l’assenza di qualsiasi clausola di abrogazione non è dovuta al caso, né causata da inavvertenza, ma è stata intenzionale.
Una versione inglese di questa lettera è pubblicata in Mass of Ages, Novembre 2005, p. 28.
continua...........