Con questi e somiglianti princìpi — tra l’altro — Anselmo gettò i fondamenti del sano indirizzo negli studi filosofici e teologici, indirizzo che poi altri sapientissimi personaggi, principi della scolastica, fra cui soprattutto il dottore di Aquino, seguirono, accrebbero, illustrarono e perfezionarono a grande onore e difesa della Chiesa. E su questo merito di Anselmo abbiamo insistito volentieri, venerabili fratelli, per averne una nuova e desiderata occasione di inculcarvi che procuriate di ricondurre la gioventù, del clero segnatamente, alle fonti saluberrime della sapienza cristiana, schiuse fra i primi dal dottore di Aosta e arricchite in gran copia dall’Aquinate. Al qual proposito non si dimentichino le istruzioni del Nostro Predecessore Leone XIII di felice ricordanza [74] e le Nostre stesse, ripetute molte volte e anche nella già ricordata enciclica Pascendi dominici gregis dell’8 settembre 1907. Troppo apertamente si va confermando ogni giorno più, per la triste esperienza, il danno e la rovina dell’aver trascurato siffatti studi o preso a farli senza metodo fermo e sicuro, mentre prima di essere idonei e preparati, molti presunsero discutere le più alte questioni della fede. Il che, deplorando con Anselmo, ne ripetiamo insieme le forti raccomandazioni: Niuno temerariamente s’immerga nelle intricate questioni delle cose divine, se prima non ha acquistato, con la sodezza della fede, gravità di costumi e di senno, acciocché discorrendo con incauta leggerezza per i rigiri molteplici dei sofismi, non finisca nel laccio di qualche tenace falsità. E questa incauta leggerezza, ove sia scaldata, come spesso avviene, al fuoco delle passioni, è la rovina totale dei seri studi e della integrità della dottrina. Poiché, gonfi di quella superbia insipiente, lamentata da Anselmo nei dialettici ereticali del suo tempo, essi disprezzano le sacre autorità delle sante Scritture e padri e dottori, dei quali direbbe invece un ingegno più modesto le parole rispettose di Anselmo: Né ai nostri tempi né ai futuri speriamo altri pari a quelli nella contemplazione della verità [75]. Né fanno maggior conto dell’autorità della Chiesa e del sommo Pontefice, quando si adoperi di richiamarli a miglior senno, sebbene a parole siano talora ben larghi in proteste di soggezione, finché cioè sperano di coprirsi con queste, guadagnando credito e protezioni. Ora tale sprezzo chiude quasi la via ad ogni fondata speranza di resipiscenza degli erranti; mentre essi negano obbedienza a colui al quale la divina Provvidenza, come a signore e padre della Chiesa tutta pellegrinante in terra ..., ha affidato la custodia della vita e della fede cristiana e il governo della sua Chiesa; e perciò ove insorga cosa nella Chiesa contro la fede cattolica, a nessun altro va riferita più giustamente perché dall’autorità di lui sia corretta; né ad altri con più sicurezza viene mostrato quello che si risponde contro l’errore, perché dalla prudenza di lui sia esaminato [76]. Ma Dio volesse che cotesti miseri traviati, i quali hanno spesso in bocca le belle parole di sincerità, di coscienza, di esperienza religiosa, di fede sentita, vissuta e via dicendo, imparassero da Anselmo e ne intendessero le sante dottrine, ne imitassero i gloriosi esempi: sopra tutto bene si scolpissero nell’animo questo suo detto: Prima è da mondare il cuore con la fede, e prima da illuminare gli occhi mediante l’osservanza dei precetti del Signore..., e prima con l’umile obbedienza alle testimonianze di Dio, dobbiamo farci piccoli per imparare la sapienza... E non solamente, tolta la fede e l’obbedienza dei Comandamenti di Dio, la mente è impedita di salire a intendere verità più alte, ma ancora alle volte l’intelligenza data viene sottratta e la fede stessa sovvertita, se si trascura la buona coscienza [77].
Che se gli erranti continueranno ostinati a spargere cause di dissensi e di errori, a disperdere il patrimonio della dottrina sacra della Chiesa, a impugnarne la disciplina, a schernirne le venerande consuetudini, cui voler distruggere è una specie di eresia, giusta il detto di Anselmo [78], e abbatterne dalle fondamenta la stessa divina costituzione tanto più strettamente dobbiamo vigilare Noi, venerabili fratelli, e allontanare dal Nostro gregge e dalla parte più tenera di esso in particolare, che è la gioventù, una peste così esiziale. Questa grazia imploriamo da Dio con preghiere incessanti, interponendo il validissimo patrocinio dell’augusta Madre di Dio e anche l’intercessione dei beati cittadini della Chiesa trionfante, di S. Anselmo in particolare, fulgido lume di cristiana sapienza, custode incorrotto e forte vindice di tutti i sacri diritti della Chiesa. Al quale Ci piace rivolgere qui al termine le parole che a lui vivente scriveva il Nostro santo Predecessore Gregorio VII: Poiché l’olezzo delle tue opere buone è giunto fino a Noi, ne rendiamo degne grazie a Dio, e ti abbracciamo di cuore nell’amore di Cristo, credendo per certo che dagli esempi tuoi la Chiesa di Dio è avvantaggiata in meglio e per le preghiere tue e dei simili a te potrà anche essere liberata dai pericoli che le stanno sopra, soccorrendoci la misericordia di Cristo. Quindi preghiamo la tua fraternità di innalzare suppliche a Dio assiduamente, affinché sottragga la sua Chiesa e Noi, che sebbene indegni la governiamo, dalle istanti oppressioni degli eretici, e questi riconduca, abbandonato l’errore, alla via della verità [79].
Da tanta protezione sostenuti, e fiduciosi della vostra corrispondenza, a voi tutti, venerabili fratelli, al clero e al popolo a ciascuno di voi affidato, auspice della grazia celeste e testimone della Nostra speciale benevolenza, impartiamo con ogni affetto nel Signore l’apostolica benedizione.
Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno festivo di Sant’Anselmo, 21 aprile 1909, l’anno sesto del Nostro pontificato.
PIO PP. X
[1] 1 Cor. 4,9.
[2] Col. 3,11.
[3] Encyclica, die 4 Octobris MDCCCCIII.
[4] 1 Cor. 15,41.
[5] Breviar. Rom., die 21 Aprilis.
[6] Epicedion in obitum Andelmi.
[7] Breviarium Romanum, die 21 Aprilis.
[8] In libro II Epist. S. Anselmi, ep. 32.
[9] In libro III Epist. S. Anselmi, ep. 74 et 42.
[10] 1 Cor. 2,14.
[11] Epicedion in obitum Anselmi.
[12] Breviarium Romanum, die 21 Aprilis.
[13] In libro III Epist. S. Anselmi, ep. 74 et 42.
[14] Gal IV,19.
[15] Prov. 14,34.
[16] Lc., 19,14.
[17] Ioan., VIII 8, 44.
[18] Col 2, 8.
[19] Rm 1, 21.
[20] 1 Tm 1, 19.
[21] Concil. Vatic., Constit. Dei filius, cap. 4.
[22] Epist., lib. III, ep. 65.
[23] Epist., lib. III. ep. 75.
[24] Ibid., lib. IV, ep. 47.
[25] Act. 20, 28.
[26] Is. 58, 1.
[27] Sal. 17, 14.
[28] Eb 13, 14.
[29] Pro. 14, 34.
[30] Sap. 6, 7.
[31] Epist., lib. IV, ep. 8.
[32] Epist., lib. IV, ep. 8.
[33] Epist., lib. III, ep. 57.
[34] Ibid. ep. 59.
[35] Ibid. lib. IV, ep. 52.
[36] Epist., lib. IV, ep. 52.
[37] Ibid. lib. IV, ep. 142.
[38] Rm. VIII, 28.
[39] Rm. XI, 33.
[40] Is. LV, 8.
[41] Col. 1, 24.
[42] At. 14, 21.
[43] Hom. III.
[44] 1 Ioan. V, 19.
[45] Matth. XII, 30.
[46] 1 Cor IX, 22.
[47] In libro III Epist. S. Anselmi, ep. 140.
[48] Epist., lib. III, ep. 37.
[49] II Cor. XII, 9.10.
[50] Epist., lib. III, ep. 37.
[51] Prov., XXI, 28.
[52] Epist., lib. IV, ep. 1.
[53] Ibid., ep. 5.
[54] libro III Epist. S. Anselmi, ep. 74
[55] Ibid., ep. 7.
[56] In libro II Epist. S. Anselmi, ep. 33.
[57] Ioan XVII, 11.
[58] 2 Cor 10, 4.5.
[59] Rm 1, 21.22.
[60] S. Anselm., De fide Trinitaria, cap. 2.
[61] Gregor. IX, Epist. "Tacti dolore cordis" ad theologos Parisien., 7 Iul. 1228.
[62] libro II Epist. S. Anselmi, ep. 41.
[63] Breviarium Romanum, die 21 Aprilis.
[64] De Grammatico, cap. 21 sub finem.
[65] De fide Trinitatis, cap. 2.
[66] De fide Trinitatis, cap. 2.
[67] Ibid
[68] libro II Epist. S. Anselmi, ep. 41.
[69] libro II Epist. S. Anselmi, ep. 41.
[70] S. Anselmus, De fide Trinitatis, cap. 2.
[71] Cur Deus homo, lib. I, cap. 2.
[72] Constit., Dei filius, cap. 4.
[73] S. Anselmus, De fide Trinitatis, Praefatio.
[74] Encyclica Aeterni Patris, 4 Aug. 1879.
[75] De fide Trinitatis, Praefactio.
[76] Ibid.
[77] De fide Trinitatis, cap. 2.
[78] S. Anselm., De nuptiis consanguineorum, cap. 1.
[79] In libro II Epist. S. Anselmi, ep. 31.
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