Una interessantima ricostruzione sul valore della Croce e del Crocefisso.....
Le reazioni alla recente decisione di “sfratto” del Cristo crocifisso da una scuola, se emotivamente non meravigliano, razionalmente quasi indignano.
Dopo decenni di demolizione – ora subdola e strisciante; ora, addirittura plateale – del concetto stesso di Cristianesimo-Rivelazione e di riduzione della Religione del Verbo incarnato soltanto ad una sorta di summa di principi morali, oggetto magari del disquisire e del confutare, c’è da chiedersi cosa ci si potesse aspettare di più o di meglio.
Molti di coloro che oggi si stracciano le vesti dovrebbero opportunamente riflettere sugli atteggiamenti passati di ostentata ricerca del compiacimento e della considerazione altrui a scapito della rinuncia stessa della propria identità. Dovrebbero, poi, domandarsi se sia stata davvero “cosa buona e giusta” consentire che la comprensione si confondesse con la commistione e, questa, sulla scorta di ansie di consenso, diventasse motivo di suprema incertezza per anime semplici – come può essere quella di un giudice chiamato d’un tratto alla ribalta – incapaci, per timidezza o ignoranza, addirittura a cogliere il senso di quel “summum jus, summa iniuria” che, nel caso, ha espresso la confusione, appunto, della Verità della Fede con la certezza interpretata dal diritto.
Il rumore provocato, qualche anno fa, dal richiamo dell’Arcivescovo di Bologna, Card. Biffi, ai fedeli – e a tutto l’Orbe – sull’essenza del Cristianesimo quale Via della Salvezza, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Quel richiamo, d’altro canto, avrebbe dovuto essere ripreso, esteso, meglio spiegato e non pure, dopo la solita riaffermazione tiepida dei principi, letteralmente dimenticato, come se si temesse che, in nome di pretese di dialogo al di fuori dei concetti, fosse pericoloso affrontare, con la necessaria decisione e senza scandalo e senza vergogna, il tema del primato della Verità del Cristo e della necessità della Croce, proprio alla luce di quei concetti che ci fanno ognuno uguale all’altro; affinché tutti finalmente, non potessero dire di non conoscerne e non sapere.
Perché la Croce e perché il Crocifisso? E, prima ancora cosa sono la Croce e il Crocifisso, oltre che nella Storia, nella Simbologia che velando e ri-velando illumina le menti?
Al di là e prima ancora del suggello finale del sacrificio del Cristo per la salvezza degli uomini, la Croce è un Simbolo Mistico e proprio in quanto tale è stato assunto nella Religione cristiana: Gesù Cristo non poteva essere né impiccato, né lapidato, né impalato, né perire in alcun altro modo; la Sua morte “doveva” avvenire per crocifissione! Non già perché così si erano espresse le Scritture ma perché, ancor prima di queste, la Croce è simbolo dell’Unità che, pur scomponendosi nei quattro Elementi – Terra, Acqua, Aria e Fuoco – per dar corpo alla Forma, ritorna, per legge di equilibrio e di attrazione, all’Unità.
La Croce-Simbolo Mistico era prima che il Cristianesimo fosse, ma pare che questo sia a molti ignoto. La Croce è il quaternario che esprime l’essenza del principio; è il segno della Vita in questa Forma.
In tale senso, graficamente, Essa esprime il Tau greco – l’equivalente alfabetico di quello ebraico – che sta a significare la realtà sormontato dallo “Jod” propriamente ebraico, che è segno del principio creante, la prima lettera del nome – Y.E.W.E. – che nasconde il nome divino, impronunciabile sia per noi che per gli Ebrei.
Né, conoscendone il senso ben oltre il racconto della vita di Gesù, può destare raccapriccio l’Uomo inchiodato alla Croce.
L’Uomo – “imago et simia Dei”; ipostasi di Dio – nella manifestazione terrena (nella Forma attuale) non può che vivere negli Elementi ed è per tale ragione che nel Genesi si legge che fu composto nel e dal fango (la Terra unita all’Acqua) e vivificato dal Soffio di Dio.
Tratto dagli Elementi, Vivente, quindi, nella Forma è però destinato a ritornare a Dio nella dimensione divina Sua propria: la dimensione del Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio; il primogenito di tutti coloro che risorgono.
E non si può risorgere, ri-diventare Dio se non riempiendo si sé, “coprendo” la Forma che in una manifestazione assume la Vita. L’Uomo-Dio è inchiodato alla Vita perché è Lui stesso la Vita oltre la Forma che la Vita può assumere; muore inchiodato alla Croce per superare la Forma e, riaffermato il primato della Vita, acquisire finalmente la dimensione Sua propria, l’Uomo Cosmico.
Viene in mente la distinzione tra Battesimo d’Acqua (l’Iniziazione) e Battesimo di Fuoco (il Compimento, la Realizzazione) e se il primo inizia con l’”affondare” delle passioni – sì che prima di credere v’è la rinunzia –, il secondo libera totalmente da ogni forma; dagli Elementi allo Spirito, secondo un processo inverso a quello che ha determinato la forma, così che come il Verbo s’è fatto carne per essere l’Uomo in questa manifestazione, l’uomo, seguendo l’identico ma inverso percorso, deve diventare Verbo: questo è il senso dell’espressione, molto conosciuta ma forse poco meditata, che vuole che “Dio si è fatto come noi per farci come Lui”.
Sono concetti, questi, che vivono da sempre; presenti in ogni tempo, velati in ogni mitologia. Alla loro luce, la missione del Cristo appare davvero essere quella che l’Evangelo ha rassegnato come Suo sublime messaggio: non sono venuto per cancellare alcunché, ma per rendere palese il tutto!
L’uomo sulla croce è l’Uomo che vive oltre la sua minuta storia, nella dimensione dell’Eterno Vivere, come Osiride sparpagliato (gli Elementi) è raccolto da Iside e ricomposto, ridotto nuovamente all’Uno Vivente…
Queste Verità erano conosciute – eccome! – dagli Arabi musulmani che s’incontrarono con i Crociati Templari dopo il 1100 ed è davvero strano che mentre in allora le temperie di guerra e di esaltazione delle differenze non incisero sul sentire, ognuno secondo il suo credo, la medesima essenza dell’Uomo chiamato ad affrancarsi dal Tempo e dello Spazio, oggi, nonostante il dilagare del (forse soltanto apparente, compromissorio, meramente proclamato) dialogo, si assista al reclamo di diritti in nome di un’eguaglianza senza basi che fa – essa, sì – della religione l’ennesimo costume per riaffermare, con la differenza, la propria lontananza.
Non si pretende di dar consigli e certo non si hanno ricette sicure, ma – sommessamente, ecco – pare che il Cristianesimo debba ancora spiegarsi bene e spiegare, con la dovuta fermezza, che se Cristo ha compiuto le profezie e ha raccolto il senso dei miti, al di fuori del Cristo, oggi, non c’è salvezza; e non già perché questo è il portato di un credo, ma perché Cristo, nella Storia, è Colui che la storia dell’uomo compie, affinché l’Uomo ridiventi Dio.
Cav. Sandro Furfaro
Imprimatur: Rocco Zingaro, Gran Precettore S.M.T.H.O.