UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE
I Magistri Cæremoniarum
custodi e promotori della Liturgia romana
Il testo del Pontificale Romanum dell’anno 1485, voluto da Papa Innocenzo VIII, è stato elaborato da due responsabili delle Cerimonie Pontificie: Agostino Patrizi Piccolomini e Giovanni Burcardo, rispettivamente Vescovi di Pienza e Montalcino e di Civita Castellana e Orte. Essi fanno parte dei famosi Magistri Cæremoniarum Apostolicarum dei secoli XV e XVI.
L’istituzione del Magister o Antistes o Præfectus Cœremoniarum Pontificiarum è antica. All’anno 710 risale la notizia dell’esistenza a Roma di un Ordinator, cioè di un Maestro dell’ordine della Messa, o di uno che insegnava le cerimonie agli ordinandi.
Dalla seconda metà del secolo VI fino al secolo X i responsabili della liturgia papale avevano messo per iscritto lo svolgimento (ordo) dei principali riti presieduti dal Romano Pontefice: la Messa papale (verso il 690-700), il Rito dell’iniziazione cristiana (verso il 560-580), la celebrazione della Settimana Santa (verso il 650-700), il Rito delle ordinazioni (verso il 750), il Rito della dedicazione della chiesa e della deposizione delle reliquie (verso il 700-750). Fin dal secolo VIII copie di questi ordines furono portate, per iniziativa privata, nelle Gallie da pellegrini e visitatori, che erano rimasti affascinati da Roma e dalla sua Liturgia.Con il passare del tempo i Magistri Cæremoniarum assunsero sempre maggiore importanza in relazione al formarsi e allo sviluppo della Curia Romana. Essi raggiunsero il massimo di autorità e d’importanza proprio nei secoli XV e XVI.
Per comprendere meglio il significato del testo del Pontificale Romanum di Agostino Patrizi Piccolomini e di Giovanni Burcardo, è pertanto utile considerare l’edizione in relazione al periodo storico in cui è nata e all’ambiente in cui è stata concepita. Il periodo storico è quello della fine del secolo XV che precede da vicino il Concilio di Trento, l’ambiente è quello della Curia Romana, quale si era sviluppata a partire del secolo XI. I Papi di quel periodo, a causa di varie circostanze e difficoltà, furono spinti ad abbandonare sempre più la cura pastorale diretta della città di Roma. Pertanto, la loro attività e la loro attenzione si concentrarono sempre più sulla corte papale e sul clero che collaborava direttamente con loro. Il Papa e la sua Curia, distaccati dalla Chiesa di Roma, parlavano sempre più spesso della Chiesa universale mentre la Curia si identificava sempre più con la Chiesa romana. Tale processo si andò accentuando con l’abbandono di Roma da parte del Papa e della Curia durante il periodo avignonese. La Curia troverà infine la sua struttura giuridica, che ancora oggi permane, con l’istituzione delle Congregazioni romane subito dopo il Concilio di Trento.
Il secolo XV è anche il secolo in cui si va completando il lungo processo di chiarificazione e formazione dei libri liturgici romani, soprattutto ad opera dei responsabili della Liturgia papale. Fino ad allora la Liturgia della Chiesa di Roma si era arricchita di varie raccolte di testi liturgici, con diverse denominazioni: Ordines romani, Pontificali, Cerimoniali. Sia i titoli che il contenuto di tali raccolte tuttavia non erano ancora ben definiti. Ogni raccolta conteneva testi molto diversi: gli Ordines romani riportavano non solo indicazioni rubricali ma anche testi liturgici svariati; i vari Pontificali contenevano testi per i Vescovi, ma anche testi per i presbiteri e perfino commentari e testi di omelie; i diversi Cerimoniali riportavano non solo rubriche ma anche testi liturgici vari. Il processo di chiarificazione del contenuto dei libri liturgici e della loro suddivisione trovò un punto di orientamento nei tre Libri del Pontificale compilati e curati da Guglielmo Durando (1237-1296), canonista della Curia romana, diventato poi Vescovo di Mende. Tale processo si concluse solamente alla fine del secolo XVI e durante il XVII con la pubblicazione dei libri liturgici tridentini.
Il processo di formazione dei libri liturgici fu accompagnato dal crescente influsso della Liturgia papale sulle celebrazioni nelle Chiese particolari. Fino al secolo XV poco si sa delle celebrazioni che si svolgevano nelle Chiese cattedrali. I testi e le rubriche sullo svolgimento della Settimana Santa e delle più importanti solennità dell’Anno liturgico si potevano trovare nei libri liturgici allora in uso, ma mancavano norme generali e indicazioni precise da seguire per le celebrazioni dei Vescovi nelle loro diocesi. Il desiderio di avere indicazioni e libri liturgici più completi era molto sentito e diffuso prima del Concilio di Trento, nei secoli XIV, XV e XVI.
I Papi, attraverso l’opera dei Magistri Cæremoniarum, cercavano di provvedere con crescente interesse alle esigenze delle Chiese particolari. Basta ricordare, ad esempio, che al tempo del Concilio del Laterano (1123) non solo i legati papali ma i Papi stessi di quel periodo, da Gregorio VII († 1085) a Innocenzo III († 1216), viaggiarono nel Nord Europa portando con sé i libri liturgici romani e contribuendo così alla loro diffusione.
Sempre più spesso i libri liturgici che si venivano allora formando erano il risultato di un adattamento della Liturgia papale alle celebrazioni dei Vescovi nelle Chiese cattedrali. Il Pontificale Romanum del 1485 è un chiaro esempio di tale processo. Papa Innocenzo VIII infatti volle il libro liturgico proprio ad uso delle diocesi e ne affidò la redazione ai Magistri Cæremoniarum della Liturgia papale. I due Maestri delle Cerimonie riprodussero il Pontificale di Guglielmo Durando ma nello stesso tempo lo adeguarono alle nuove esigenze delle diocesi, omettendo riti ormai caduti in disuso, come il rinvio dei penitenti il Mercoledì delle Ceneri e la celebrazione della Riconciliazione il Giovedì Santo. Il Pontificale da essi elaborato costituì dunque la base del Pontificale Romano del Concilio tridentino pubblicato per la Chiesa latina nel 1595-1596.