I TRADIZIONALISTI ANGLICANI TORNANO A CASA? pare di si!

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: [1], 2
Caterina63
00lunedì 19 ottobre 2009 23:24
...è probabile che a causa di questa ulteriore deriva della comunità modernista anglicana:

La follia della comunità anglicana che limita il potere delle donne vescovo non eliminando il problema


la parte più tradizionalista anglicana più conosciuta come: TAC:  Traditional Anglican Communion (COMUNIONE ANGLICANA TRADIZIONALE)  la quale riunisce diversi gruppi tradizionalisti  anglicani che NON hanno accettato le riforme moderniste come l'ordinazione alle donne, e il matrimonio omosessuale e la leicità dell'aborto e del divorzio...
questa parte dicevamo, sta ben pensando di FARE RITORNO A CASA....

La notizia che segue è di grande portata e segna una svolta eccezionale tuttavia è meglio essere prudenti ed attendere qualche voce più ufficiale prima di cantare un Te Deum.....intanto la notizia fa ben sperare e ci invita a rafforzare le preghiere....


Dal blog di Galeazzi, vaticanista de "la Stampa"

Anglicani con il Papa

Benedetto XVI si starebbe preparando ad accogliere nella piena comunione con Roma vescovi, sacerdoti e fedeli della «Traditional Anglican Communion», ossia quel gruppo di anglicani di sensibilità che si sono da tempo staccati dalla comunione con l'Arcivescovo di Canterbury

GIACOMO GALEAZZI

 Benedetto XVI si starebbe preparando ad accogliere nella piena comunione con Roma vescovi, sacerdoti e fedeli della «Traditional Anglican Communion», ossia quel gruppo di anglicani di sensibilità che si sono da tempo staccati dalla comunione con l’Arcivescovo di Canterbury ed hanno chiesto di essere riammessi ’in bloccò: sono mezzo milione tra fedeli e clero.

La notizia anticipata da tempo dai media australiani potrebbe trovare conferma domani nel briefing annunciato questa sera dalla Sala Stampa della Santa Sede, al quale interverrà il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, card. Joseph William Levada.

A quanto si apprende, i presuli anglicani tradizionalisti hanno già sottoscritto in segno di adesione il Catechismo della Chiesa Cattolica e l’hanno depositato presso un Santuario mariano in Inghilterra. Riuniti con Roma, essi conserverebbero il diritto alla liturgia anglicana, che per come è celebrata da questi tradizionalisti anglicani è vicinissima alla messa tridentina; manterrebbero il loro clero sposato, ma non i vescovi, in quanto secondo la tradizione della Chiesa, sia cattolica sia ortodossa, solo i celibi accedono all’episcopato.

Inoltre, come è noto la loro ordinazione anglicana per la Chiesa Cattolica non è valida, come chiarito fin dai tempi di leone XIII e sarà quindi necessario una nuova ordinazione, come avviene per gli altri pastori anglicani che passano alla Chiesa Cattolica.

Secondo il sito «messainlatino.it», «questa riunificazione inoltre avrebbe effetti travolgenti ben al di là della Traditional Anglican Communion, servendo da esempio anche a quei numerosi gruppi anglicani, rimasti all’interno della  Comunione Anglicana e quindi dipendenti da Canterbury, che esprimono fortissimo disagio per la recente ammissione delle donne all’episcopato, e in precedenza, negli anni ’90, al sacerdozio.

Secondo Damian Thompson, direttore del periodico britannico »Catholic Herald«, potrebbe essere accordata alla Traditional Anglican Communion lo statuto di prelatura personale come l’Opus Dei.
Non quindi, una Chiesa uniate come ve ne sono tra le Orientali, ma una sorta di diocesi mondiale con propri apostolati e proprio vescovo (nominato dal Pontefice come avviene per le altre Diocesi). Una soluzione analoga a quella che si ipotizza anche per la Fraternità San Pio X.
 




Caterina63
00martedì 20 ottobre 2009 17:36
Si...a quanto pare il Te Deum possiamo cantarlo...si apre davvero una nuova pagina di storia nella Chiesa Cattolica...


NOTA INFORMATIVA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE CIRCA GLI ORDINARIATI  PERSONALI PER ANGLICANI CHE ENTRANO NELLA CHIESA CATTOLICA

20.10.2009

Con la preparazione di una Costituzione Apostolica, la Chiesa Cattolica risponde alle numerose richieste che sono state sottoposte alla Santa Sede da gruppi di chierici e fedeli anglicani provenienti da diverse parti del mondo, i quali desiderano entrare nella piena e visibile comunione.

In questa Costituzione Apostolica il Santo Padre ha introdotto una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai fedeli già anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Secondo il tenore della Costituzione Apostolica la sorveglianza e guida pastorale per tali gruppi di fedeli già anglicani sarà assicurata da un Ordinariato Personale, di cui l’Ordinario sarà usualmente nominato dal clero già anglicano.

La Costituzione Apostolica che sarà presto pubblicata, rappresenta una risposta ragionevole e perfino necessaria ad un fenomeno globale, offrendo un unico modello canonico per la Chiesa universale adattabile a diverse situazioni locali e, nella sua applicazione universale, equo per i già anglicani. Tale modello prevede la possibilità dell’ordinazione di chierici sposati già anglicani, come sacerdoti cattolici.
Ragioni storiche ed ecumeniche non permettono l’ordinazione di uomini sposati a vescovi sia nella Chiesa Cattolica come in quelle Ortodosse. Pertanto, la Costituzione determina che l’Ordinario possa essere o un sacerdote o un vescovo non coniugato.

I seminaristi dell’Ordinariato vengono preparati accanto ad altri seminaristi cattolici, anche se l’Ordinariato potrà aprire una casa di formazione al fine di rispondere ai particolari bisogni di formazione nel patrimonio anglicano. In questo modo, la Costituzione Apostolica cerca di creare un equilibrio tra l’interesse di conservare il prezioso patrimonio anglicano liturgico e spirituale da una parte, e la preoccupazione che questi gruppi e il loro clero siano incorporati nella Chiesa cattolica.

Il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede che ha preparato tale provvedimento, ha affermato: "Abbiamo cercato di venire incontro in modo unitario ed equo, alle richieste per una piena unione che ci sono state sottoposte da parte di fedeli già anglicani provenienti da varie parti del mondo negli anni recenti. Con tale proposta la Chiesa intende rispondere alle legittime aspirazioni di questi gruppi anglicani per una comunione piena e visibile con il Vescovo di Roma, il successore di san Pietro."

Questi Ordinariati Personali saranno istituiti, secondo le necessità, previa consultazione con le Conferenze Episcopali locali, e le loro strutture saranno in qualche modo simili a quelle degli Ordinariati Militari, che sono stati eretti in tanti paesi per provvedere alla cura pastorale dei membri delle forze armate e dei loro dipendenti nel mondo intero. "Gli anglicani che si sono messi in contatto con la Santa Sede hanno espresso chiaramente il loro desiderio per una piena e visibile comunione nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Nel contempo ci hanno parlato dell’importanza delle loro tradizioni anglicane relative alla spiritualità e al culto per il proprio cammino di fede", ha affermato il Cardinale Levada.

Il provvedimento di questa nuova struttura è in linea con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica, in particolare attraverso gli sforzi del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. "L’iniziativa proviene da vari gruppi di anglicani", ha aggiunto il Cardinale Levada. "Essi hanno dichiarato di condividere la comune fede cattolica, come espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica, e di accettare il ministero petrino come un elemento voluto da Cristo per la Chiesa. Per loro è venuto il tempo di esprimere tale unione implicita in una forma visibile di piena comunione."

Secondo il Cardinale Levada: "Il Santo Padre Benedetto XVI spera che i chierici e fedeli anglicani desiderosi dell’unione con la Chiesa Cattolica troveranno in questa struttura canonica l’opportunità di preservare quelle tradizioni anglicane che sono preziose per loro e conformi con la fede cattolica. In quanto esprimono in un modo distinto la fede professata comunemente, tali tradizioni sono un dono da condividere nella Chiesa universale. L’unione con la Chiesa non richiede l’uniformità che ignora le diversità culturali, come dimostra la storia del cristianesimo. Inoltre, le numerose e diverse tradizioni oggi presenti nella Chiesa Cattolica sono radicate tutte nel principio formulato da san Paolo nella sua Lettera agli Efesini: "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (4, 5). La nostra comunione è quindi rafforzata da simili diversità legittime, e siamo pertanto felici che questi uomini e donne offrono i loro contributi particolari alla nostra comune vita di fede."

Informazioni contestuali

Sin dal secolo XVI, quando il Re Enrico VIII dichiarò l’indipendenza della Chiesa d’Inghilterra dall’autorità del Papa, la Chiesa d’Inghilterra creò le proprie confessioni dottrinali, usanze liturgiche e pratiche pastorali, incorporando spesso idee della Riforma avvenuta sul continente europeo. L’espansione del Regno Britannico, congiunta all’apostolato missionario anglicano, comportò poi la nascita di una Comunione Anglicana a livello mondiale.

Nel corso dei 450 e più anni della sua storia, la questione della riunione tra anglicani e cattolici non è stata mai messa da parte. Nella metà del XIX secolo, il Movimento di Oxford (in Inghilterra) mostrò un rinnovato interesse per gli aspetti cattolici dell’anglicanesimo. All’inizio del XX secolo, il Cardinale Mercier, del Belgio, intraprese colloqui pubblici con anglicani al fine di esplorare la possibilità di una unione con la Chiesa Cattolica sotto la bandiera di un anglicanesimo "riunito ma non assorbito".

Il Concilio Vaticano II nutrì ulteriormente la speranza per una unione, in particolare con il Decreto sull’ecumenismo (n. 13), il quale facendo riferimento alle Comunità separate dalla Chiesa Cattolica nel tempo della Riforma, ribadì: "Tra quelle [comunioni] nelle quali continuano a sussistere in parte le tradizioni e le strutture cattoliche, occupa un posto speciale la Comunione Anglicana."

Sin dal Concilio i rapporti tra anglicani e cattolici romani hanno creato un migliore clima di comprensione e mutua cooperazione. La Anglican-Roman Catholic International Commission (ARCIC) ha prodotto una serie di dichiarazioni dottrinali nel corso degli anni, nella speranza di creare la base per una piena e visibile unione. Per molti appartenenti alle due Comunioni, le dichiarazioni dell’ARCIC hanno messo a disposizione uno strumento nel quale la comune espressione della fede può essere riconosciuta. È in questa cornice che si deve inquadrare il nuovo provvedimento.

Negli anni successivi al Concilio, alcuni anglicani hanno abbandonato la tradizione di conferire gli Ordini Sacri soltanto agli uomini chiamando al presbiterato e all’episcopato anche donne. Più recentemente, alcuni segmenti della Comunione Anglicana si sono allontanati dal comune insegnamento biblico circa la sessualità umana – già chiaramente espresso nel documento dell’ARCIC "Vita in Cristo" – conferendo gli Ordini Sacri a chierici apertamente omosessuali e benedicendo le unioni tra persone dello stesso sesso. Nondimeno, mentre la Comunione Anglicana deve affrontare queste nuove e difficili sfide, la Chiesa Cattolica rimane pienamente impegnata nel suo dialogo ecumenico con la Comunione Anglicana, in particolare attraverso l’attività del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Nel frattempo molti anglicani sono entrati individualmente nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Talvolta sono entrati anche gruppi di anglicani, conservando una certa struttura "corporativa". Ciò è avvenuto, ad esempio, per la diocesi anglicana di Amritsar in India e per alcune singole parrocchie negli Stati Uniti che, pur mantenendo un’identità anglicana, sono entrate nella Chiesa Cattolica nel quadro di un cosiddetto "provvedimento pastorale", adottato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvato da Papa Giovanni Paolo II nel 1982. In questi casi, la Chiesa Cattolica ha frequentemente dispensato dal requisito del celibato ammettendo che quei chierici anglicani coniugati che desiderano continuare il servizio ministeriale come sacerdoti cattolici siano ordinati nella Chiesa Cattolica.

In questo contesto, gli Ordinariati Personali istituiti secondo la suddetta Costituzione Apostolica possono essere visti come un ulteriore passo verso la realizzazione dell’aspirazione per la piena e visibile unione nella unica Chiesa, che è uno dei fini principali del movimento ecumenico.


**********************


La dichiarazione congiunta

Una conseguenza
del dialogo ecumenico


Pubblichiamo di seguito in una  nostra traduzione italiana il testo della dichiarazione congiunta firmata dall'arcivescovo metropolita di Westminster, monsignor Vincent Gerard Nichols, e dal primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury.

L'annuncio odierno della Costituzione apostolica è una risposta di Papa Benedetto XVI a numerose richieste alla Santa Sede avanzate, negli ultimi anni, da gruppi di anglicani che desiderano entrare in comunione piena e visibile con la Chiesa cattolica e desiderano dichiarare che condividono una comune fede cattolica e accettano il ministero petrino, come voluto da Cristo per la sua Chiesa.
Papa Benedetto XVI ha approvato, nella Costituzione apostolica, una struttura canonica che garantisce Ordinariati personali, i quali permetteranno a personegià anglicane di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica pur preservando elementi del peculiare patrimonio spirituale anglicano.
L'annuncio di questa Costituzione apostolica pone fine a un periodo di incertezza per questi gruppi che hanno nutrito speranze di nuove modalità per ottenere l'unità con la Chiesa cattolica. Spetterà ora a chi ha avanzato richieste alla Santa Sede rispondere alla Costituzione apostolica.
La Costituzione apostolica è un ulteriore riconoscimento della sostanziale coincidenza nella fede, nella dottrina e nella spiritualità della Chiesa cattolica e della tradizione anglicana. Senza i dialoghi degli scorsi quarant'anni, questo riconoscimento non sarebbe stato possibile né si sarebbero nutrite speranze di unità piena e visibile. In tal senso, questa Costituzione apostolica è una conseguenza del dialogo ecumenico fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana.
 
Il dialogo ufficiale in corso fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana offre la base per una cooperazione permanente. Gli accordi fra la Commissione internazionale anglicano-cattolica (Arcic) e la Commissione internazionale anglicano-cattolica per l'unità e la missione (Iarccum) rendono libero il cammino che percorreremo insieme.
Con la grazia di Dio e la preghiera siamo determinati a far sì che il nostro continuo impegno reciproco e le nostre consultazioni su queste e su altre materie continuino a essere rafforzati. A livello locale, nello spirito della Iarccum, desideriamo basarci sul modello di incontri comuni tra la Conferenza episcopale cattolica dell'Inghilterra e del Galles e la House of Bishops della Church of England, concentrandoci sulla nostra missione comune. Giornate comuni di riflessione e di preghiera sono cominciate a Leeds nel 2006, sono continuate a Lambeth nel 2008 e ulteriori incontri sono in preparazione. Questa stretta cooperazione proseguirà man mano che cresceremo insieme nell'unità e nella missione, nella testimonianza del Vangelo nel nostro Paese e nella Chiesa in generale.
Londra, 20 ottobre 2009

Vincent Gerard Nichols
Dr Rowan Williams


(©L'Osservatore Romano - 21 ottobre 2009)

www.vatican.va

Caterina63
00martedì 20 ottobre 2009 18:23
Clero e vescovi della T.A.C.

                                Vescovi anglicani tradizionali

Il capo della TAC è un Vescovo uxorato che rinuncerà alla carica. Un meraviglioso sacrificio che insegna cosa sia il vero ecumenismo e l'amore per la Chiesa!





                                Cardinal William Levada, right, the Vatican's chief doctrinal official, flanked by Archbishop Joseph Augustine Di Noia, Secretary of the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, speaks at a news conference at the Vatican, Tuesday, Oct. 20, 2009. The Vatican has made it easier for Anglicans to join the Catholic Church, responding to the disillusionment of some Anglicans over the election of openly gay bishops and the blessing of same-sex unions. Pope Benedict XVI approved a new church provision that will allow Anglicans to convert while maintaining many of their distinctive spiritual and liturgical traditions, Cardinal William Levada, the Vatican's chief doctrinal official, told a news conference Tuesday.

Cardinal William Levada, right, the Vatican's chief doctrinal official, flanked by Archbishop Joseph Augustine Di Noia O.P., Secretary of the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, speaks at a news conference at the Vatican, Tuesday, Oct. 20, 2009.
 The Vatican has made it easier for Anglicans to join the Catholic Church, responding to the disillusionment of some Anglicans over the election of openly gay bishops and the blessing of same-sex unions. Pope Benedict XVI approved a new church provision that will allow Anglicans to convert while maintaining many of their distinctive spiritual and liturgical traditions, Cardinal William Levada, the Vatican's chief doctrinal official, told a news conference Tuesday.



Il modello Benedetto XVI per gli anglicani... e per i lefebvriani?


Pubblichiamo una nota di Massimo Introvigne, che potrete trovare anche qui nel sito del Cesnur, sul ritorno di importanti comunità anglicane in seno alla Chiesa Cattolica come ben spiegato nei precedenti post.




La “Nota informativa” della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicata martedì 20 ottobre “circa gli ordinariati personali per anglicani che entrano nella Chiesa Cattolica” rappresenta una piccola rivoluzione nell’accostamento all’ecumenismo e s’inserisce pienamente nel magistero di Benedetto XVI.

Offre anche un modello per il futuro ritorno alla Chiesa Cattolica di altri gruppi dottrinalmente vicini, ma con cui permangono divergenze sul piano disciplinare e liturgico.

Riassunto delle puntate precedenti: dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II molte diocesi cattoliche, e molti esperti di ecumenismo, hanno scoraggiato il ritorno di singoli protestanti, ortodossi e anche anglicani alla Chiesa Cattolica.
Accogliere oggi singole persone o gruppi, si diceva, avrebbe irritato i dirigenti delle comunioni o Chiese cristiane separate e avrebbe reso più difficile domani l’integrale ritorno a Roma di queste realtà.

Benedetto XVI ha sempre avuto molti dubbi su questo accostamento, ritenendolo tipico di una sorta di “ultra-ecumenismo” che rischia di scadere nel relativismo. Sul piano teorico, non incoraggiare o addirittura ostacolare queste conversioni implica l’idea secondo cui è indifferente essere cattolici oppure protestanti, anglicani e così via.

Nell’enciclica “Caritas in veritate” il Papa ha invece precisato che la dottrina della libertà religiosa proclamata dal Vaticano II “non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali”. Sul piano pratico, Benedetto XVI sa bene che la piena unione con la maggioranza delle denominazioni separate da Roma nel loro insieme è un obiettivo talmente difficile da doverlo considerare umanamente impossibile.

Gli anglicani – come ricorda la Nota – ci hanno messo del loro, prima ammettendo al sacerdozio e all’episcopato le donne, poi accogliendo e perfino celebrando i matrimoni omosessuali.
A questo punto il Papa ha detto basta: e la Nota permette di accogliere non solo singoli anglicani, ma interi gruppi anche molto numerosi – gli interessati sarebbero centinaia di migliaia, se non milioni – che rifiutano il sacerdozio femminile e le unioni omosessuali.

Questi gruppi – ed è qui la novità – potranno mantenere le loro peculiarità liturgiche e i loro pastori anglicani sposati, che – rimanendo sposati – saranno ordinati ricorrendone le condizioni sacerdoti cattolici, anche se solo i celibi potranno diventare vescovi.

Infatti per la Chiesa Cattolica il celibato sacerdotale è una questione puramente disciplinare, che ammette deroghe, mentre l’esclusione delle donne dal sacerdozio è una questione dogmatica e non tollera eccezioni.
La Nota rappresenta non solo la fine di un “ultra-ecumenismo” relativista, ma anche un modello per accogliere nella Chiesa Cattolica gruppi molto numerosi di fedeli – per esempio intere Chiese ortodosse e, perché no, il tradizionalismo lefebvriano – che potranno conservare le loro particolarità liturgiche e spirituali e i loro vescovi. A patto, naturalmente, di aderire integralmente alla dottrina cattolica e di riconoscere l’autorità del Papa.



Caterina63
00martedì 20 ottobre 2009 22:52


Traduzione da Rinascimento Sacro:
www.rinascimentosacro.com/2009/10/il-primate-della-tac-traditio...


...

Ho trascorso questa sera, parlando a vescovi, sacerdoti e laici della Traditional Anglican Communion in Inghilterra, Africa, Australia, India, Canada, Stati Uniti e Sud America.

Siamo profondamente commossi dalla generosità del Santo Padre, Papa Benedetto XVI. Egli offre con una Costituzione Apostolica le modalità per i "fedeli già anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica". Egli auspica che si possa trovare "in questa struttura canonica l’opportunità di preservare quelle tradizioni anglicane che sono preziose per noi e conformi con la fede cattolica". Poi calorosamente afferma: "siamo pertanto felici che questi uomini e donne offrono i loro contributi particolari alla nostra comune vita di fede".

Vorrei in primo luogo affermare che questo è un atto di grande bontà da parte del Santo Padre. Ha dedicato il suo pontificato alla causa dell'unità. Questo va al di là dei sogni che abbiamo osato includere nella nostra richiesta di due anni fa. Va al di là delle nostre preghiere. In questi due anni, siamo diventati molto consapevoli delle preghiere dei nostri amici nella Chiesa cattolica. Forse le loro preghiere osato chiedere ancora di più di quanto abbiamo fatto noi.

Mentre attendiamo il testo integrale della Costituzione apostolica, siamo anche toccati dalla natura pastorale della Nota pubblicato oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. I miei confratelli vescovi hanno davvero firmato il Catechismo della Chiesa Cattolica e hanno fatto una dichiarazione circa il ministero del Vescovo di Roma, che riflette le parole del Papa Giovanni Paolo II nella sua lettera "Ut Unum Sint".

Altri gruppi anglicani hanno espresso alla Santa Sede un simile desiderio e una simile accettazione della fede cattolica. Come il cardinale Levada ha indicato, la presente risposta alle richieste anglicane è di carattere globale. Sarà ora compito di questi gruppi stabilire una stretta cooperazione, perfino dove tali gruppi travalicano i confini della Comunione anglicana.

Fortunatamente, la dichiarazione dell'arcivescovo di Canterbury riflette la comprensione che abbiamo ottenuto da lui che non si mette di traverso a sbarrare la strada, e comprende le decisioni che abbiamo raggiunto. Sia la sua reazione che la nostra richiesta sono frutto di un secolo di preghiera per l'unità dei cristiani, una causa che molte volte deve esser sembrata disperata. Esprimiamo la nostra gratitudine all'Arcivescovo Williams e gli abbiamo regolarmente assicurato le nostre preghiere. La Sede di S. Agostino rimane un punto focale del nostro cammino, come fu nelle passate epoche della fede.

Ho preso un impegno per la Traditional Anglican Communion che cioè le risposte alla Santa Sede saranno adottate da ciascuno dei nostri sinodi nazionali. A Roma hanno già approvato il nostro percorso. Ora la Santa Sede ci stimola a cercare nelle strutture specifiche che sono adesso a disposizione la "piena e visibile unità, in particolare la comunione eucaristica", per la quale abbiamo pregato a lungo e di cui abbiamo a lungo sognato. Questo cammino inizierà subito.

Nella preghiera mattutina dell'Ufficio anglicano, il grande inno di ringraziamento, il Te Deum, fa parte dell'ordinario quotidiano. E' con sincero ringraziamento a Dio Onnipotente, Signore e la fonte di ogni pace e unità, che quest'inno è oggi sulle nostre labbra. Questo è un momento di grazia, forse anche un momento della storia, non perché il passato è annullato, ma perché il passato è trasformato.

Londra, 20 ottobre 2009.
John Hepworth
Primate della Traditional Anglican Communion



***



******************************

Da quello che ho potuto leggere in giro, anche qui, la posizione di questo "arcivescovo" è particolarmente difficile.

Lui personalmente non ha molto da guadagnare, in termini umani, nel ritorno a Roma. Per lui infatti è un ritorno, visto che era cattolico di Adelaide e prete validamente ordinato, poi ha lasciato la Chiesa romana per sposarsi, si è fatto anglicano e ministro della chiesa d'Australia, ha poi divorziato e si è risposato. Eletto quindi vescovo e primate ha pian piano maturato che, come il figlio prodigo, non ha trovato ciò che cercava nella nuova chiesa, anzi! E ora chiede di tornare a casa.
Il suo è uno di quei casi molto difficili da gestire.
Di sicuro non potrà più essere ministro nella chiesa cattolica.
Per quanto riguarda il suo status matrimoniale è tutto da vedere, visto che - a parte le questioni morali - canonicamente al massimo solo il suo secondo matrimonio è valido (il primo no, perchè come prete cattolico l'attentato matrimonio rendeva invalido il sacramento, mentre dopo "l'apostasia" non era più tenuto alla forma canonica per contrarre un matrimonio naturalmente valido). (A.R.)

Fonte Cantuale Antonianum a cui RS si unisce nella gioia di questo grande annuncio.





[SM=g1740717] [SM=g1740720]



Caterina63
00mercoledì 21 ottobre 2009 10:31
Nel ringraziare il dialogo che da qui ci fa comprendere più cose:
Re: TAC - La comunità tradizionale anglicana naviga verso la barca di Pietro

riporto domanda e risposta utile a comprendere con cosa abbiamo a che fare....

La domanda per daniele è: è configurabile il rito anglicano tradizionale come rito latino e quindi sottomesso al CIC, oppure si può pensare ad una configurazione come chiesa sui iuris sul modello di quelle orientali e quindi con un patriarca con piena giurisdizione su territorio inglese?

Nel primo caso la dispensa può valere per i sacerdoti di prima generazione e magari per chi al momento della comunione è già in seminario. Nel secondo caso il problema potrebbe anche non porsi, fermo restando che un laico sposato può al massimo ambire a diventare semplice presbitero.(questo vale per le chiese orientali) Dunque non può far carriera entro la gerarchia
.


Risponde Daniele:

Non esiste un rito anglicano tradizionale. Esiste il rito del "Prayer Book", di dubbia ortodossia e ancor più dubbia efficacia liturgica, anche se probabilmente consente di ottenere una Messa valida. Ed esistono gli antichi riti di origine celtica (come il Sarum) usati nelle Chiese inglesi, oltre al rito romano, prima di Elisabetta I e certamente validi e ortodossi.

Era inevitabile che le profonde divisioni dottrinali che caratterizzano la comunità anglicana da ormai un secolo e mezzo, anche in seno alla stessa High Church, abbiano avuto per conseguenza una notevole frammentazione rituale. La parte moderata della High Church si attiene generalmente al rito del "Prayer Book". Non così i ritualisti, i quali, per motivi sia dottrinali (il "Prayer Book" nacque come semplificazione in senso protestante di usi liturgici inglesi) che prettamente liturgici (i riti ufficiali sono estremamente poveri e inespressivi), preferiscono orientarsi verso i riti storici: il rito romano o i riti celtici inglesi celebrati prima di Elisabetta I. Tuttavia, in assenza di un'autorità centrale che abbia il compito di regolare per tutti la liturgia, ognuno procede secondo il proprio arbitrio, per cui tra i ritualisti inglesi non sono rare bizzarre commistioni tra il rito romano e i riti celtici, tra i diversi riti celtici e addirittura tra i riti storici e il rito del "Prayer Book".

Ora, è probabile che la T.A.C. si sia accordata per una liturgia uniforme, o almeno più uniforme rispetto al caos che regna nel mondo anglicano. Non mi stupirei se, al pari di molti altri ritualisti, adoperassero il rito romano tradizionale. Ma anche nel caso in cui la scelta fosse caduta su un rito celtico, si tratterebbe pur sempre di un rito latino.

A mio avviso, quindi, non vi sono dubbi circa l'applicazione alla T.A.C. della legge canonica occidentale. Una sua eventuale configurazione come patriarcato sarebbe, dal punto di vista storico-giuridico, una vera e propria aberrazione. Non esistono infatti patriarcati di rito latino né sono mai esistite sul territorio inglese istituzioni assimilabili al patriarcato. A ciò aggiungi che la creazione di uno status canonico particolarissimo al solo scopo di agevolare l'unione costituirebbe un precedente con conseguenze imprevedibili, poiché l'unità dottrinale della Chiesa dipende in larghissima misura dall'unità disciplinare.

Non è un caso, quindi, che gli attuali pronunciamenti della Santa Sede vadano nella direzione dell'ordinarietà, sia pur raggiunta per gradi, e non in quella della straordinarietà.

******************************************************

 Sorriso a seguire le importanti sottolineature di Daniele....
vi condivido quanto riportato oggi da padre Giovanni Scalese che condivido, soprattutto la domanda che si pone al finale dell'intervento....e per la quale segue la risposta che gli ho inviato in email....


Ecumenismo ed ecumenismo

Ieri il Card. Levada ha annunciato la pubblicazione di una Costituzione apostolica con la quale il Santo Padre regolerà il ritorno di gruppi anglicani alla piena comunione con la Chiesa cattolica, “conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano”.

Le linee che vengono date non sono nuove: sono quelle che sono state finora seguite per l’accettazione di singoli preti o vescovi. La grande novità sta nello strumento giuridico predisposto per l’accoglienza di intere comunità: l’ordinariato personale. Mi sembra una soluzione intelligente e saggia. La Congregazione per la Dottrina della Fede, a quanto pare, aveva suggerito il ricorso alla prelatura personale, che però, nel caso presente, non sembra adattarsi alla varietà delle situazioni locali. La prelatura personale, per sua natura, è unica: tutti i sacerdoti, in qualsiasi parte del mondo dipenderebbero dal medesimo prelato. Di ordinariati personali, invece, se ne possono costituire quanti se ne vuole, anche uno per ciascun paese (come attualmente avviene nel caso degli ordinariati militari). Ciò sembra rispettare maggiormente la natura di “Chiese locali” che queste comunità portano in qualche modo con sé.

In un mio precedente intervento (
2 febbraio 2009), avevo avanzato un’altra proposta, quella della Chiesa sui juris (come avviene nel caso delle Chiese orientali cattoliche); ma capisco che sarebbe, per il momento, una soluzione prematura e un tantino rivoluzionaria. La soluzione degli ordinariati personali è invece di piú facile attuazione e può costituire un primo passo verso l’eventuale costituzione, in futuro, di una vera e propria Chiesa sui juris.

Altre due considerazioni. La prima riguarda il rapporto con la Chiesa anglicana. Ufficialmente, tutto si è svolto in piena intesa con la Chiesa d’Inghilterra. In contemporanea con il briefing vaticano c’è stata a Londra una conferenza stampa dei due primati inglesi: l’Arcivescovo di Westminster Vincent Nichols e l’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, i quali hanno sottoscritto una dichiarazione comune, nella quale si riconosce la sostanziale convergenza nella fede, nella dottrina e nella spiritualità fra la Chiesa cattolica e la tradizione anglicana. Questo a livello ufficiale. I soliti bene informati sostengono invece che Lambeth Palace si sia fermamente opposto alla decisione papale. È possibile; anzi, comprensibile (guardando la foto di Williams ieri alla conferenza stampa, si direbbe proprio che non fosse cosí soddisfatto). Ma, in questi casi, piú che i sentimenti personali, contano i documenti sottoscritti.

La seconda considerazione riguarda il rapporto fra questa decisione e il dialogo ecumenico svolto finora. Ovviamente, a me il ritorno di intere comunità anglicane alla piena comunione con la Chiesa cattolica sembra uno splendido frutto del cammino ecumenico percorso in questi anni; ma non tutti sono dello stesso parere. La Nota informativa della Congregazione per la Dottrina della Fede afferma in proposito: «Il provvedimento di questa nuova struttura è in linea con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica, in particolare attraverso gli sforzi del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani». La Dichiarazione congiunta londinese poi insiste molto su questo punto: «Senza i dialoghi egli ultimi quarant’anni, questo riconoscimento non sarebbe stato possibile, né si sarebbero potute nutrire speranze per una piena visibile unità. In questo senso, la Costituzione apostolica è una conseguenza del dialogo ecumenico fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana».

Sono pienamente convinto di quanto ribadito ieri a Roma e a Londra. Eppure c’è qualcosa che non torna. Come mai il briefing è stato fatto solo dal Card. Levada e da Mons. Di Noia? Mi sta bene che fossero presenti il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e il Segretario della Congregazione del Culto Divino, per le loro rispettive competenze; ma possibile che in una circostanza del genere il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani brilli per la sua essenza? Il Card. Kasper, è stato detto, era a Cipro. Non mi sembra una scusa molto convincente.

In un mio precedente post (
8 febbraio 2009) facevo notare certe incongruenze. Ancora pochi giorni fa il Card. Kasper escludeva la possibilità di “passaggi di gruppo” al cattolicesimo (vedi qui). Si ha quasi l’impressione che in Vaticano si cammini su due binari diversi. Da una parte un ecumenismo di facciata, fatto soprattutto di bei discorsi, di sorrisi, di strette di mano, di incontri cordiali ma perlopiú inconcludenti; dall’altro un ecumenismo sotterraneo, condotto dall’ex Sant’Uffizio, che, nel silenzio, sembra produrre risultati concreti. Capisco che forse c’è bisogno dell’uno e dell’altro; ma non sarebbe il caso di coordinare un po’ meglio il lavoro, per non dare l’impressione che si perseguano due diversi obiettivi?


*******************************************************************

Caro Padre Giovanni,
come sempre la seguo con interesse e non la disturbo immaginando la ricchezza di email che le giungono...
riferendomi a questo thread
http://querculanus.blogspot.com/2009/10/ecumenismo-ed-ecumenismo.html
sul rientro di una parte di anglicani non posso passare sotto silenzio quanto abbia condiviso la sua analisi...

Nel ringraziarla dunque, mi pongo io setssa le sue domande poste sul finale dell'argomento, la posizione del card. Kasper è difatti troppo dissonante con la posizione chiara perfino del santo Padre....appare davvero che ci siano due forme di ecumenismo e credo che ciò sia dovuto al fatto, per altro denunciato spesso dall'allora Ratzinger per esempio con la Dominus Jesus (o quando si rifiutò di partecipare al primo incontro ecumenico di Assisi se non dopo ampi chiarimenti sul senso della Chiesa), che un aspetto di questo ecumenismo sia quello che provenendo dalla falsa interpretazione del Concilio, abbia usato parametri non ortodossi a tal punto da richiedere non tanto condanne e denuncie quanto una applicazione, ossia, il passare ai fatti, cercando di correggere con questo, quanto di sbagliato c'è stato in quell'altro ecumenismo...

Non dimentichiamo che le prime denuncie di un ecumenismo falso partirono proprio da Giovanni Paolo II nella sua Ecclesia de Eucharestia, la quale non solo mise i paletti al dialogo ecumenico, ma rimproverò senza mezzi termini l'intercomunione che in Germania avanzava con il consenso di non pochi vescovi...e con il silenzio del card. Kasper....
Il Papa non è un castigatore...e forse per questo appare più evidente che si proceda ora su due aspetti diversi di fare ecumenismo...in tal modo io credo (e lo spero) che il Papa stesso si augura che vescovi e cardinali, o gli addetti all'ecumenismo, comprendano questi aspetti abbandonando ciò che di falso e viziato fu inserito all'interno del dialogo pretestuosamente usato per avanzare nel modo sbagliato...

Infine, a quanto da lei sottolineato circa le motivazioni del ritorno del Figliol Prodigo anglicano ^__^ sottolinerei la non meno importante specificazione che a causare il tutto sia stato anche l'esagerata posizione della comunità anglicana che oltre all'ordinazione alle donne e al farne dei vescovi...abbia avanzato INVENTANDO una liturgia appositamente per unire le coppie dello stesso sesso anche pastori...questo è inaudito!
e credo che questo proprio abbia spinto il Santo Padre ad una svolta quasi improvvisa senza più attendere ulteriori dialoghi....

Il fatto che ciò sia quasi stato improvviso lo denota il fatto che la Costituzione Apostolica è solo abbozzata, in verità NON è ancora stata compilata...si legge che ci vorrà ancora qualche settimana... ma il segnale che il Pontefice ha dato è davvero grande, non è semplicemente una svolta anche al dialogo ecumenico che comunque conserva la sua importanza, quanto IL MODO di fare ecumenismo, e il fatto di valorizzare davvero ciò che conta: non le chiacchiere, i sorrisetti e le strette di mano, ma il prendere una coraggiosa decisione...
Che il card. Newman protegga e guidi questa situazione ecclesiale...








Con questa "innovazione" rientra in ballo anche la discussione sul celibato....chiariamo alcuni aspetti partendo da una domanda, fatta Speranza su orienforum:

siamo tutti d'accordo sull'importanza del celibato ecclesiastico e sulla sua non abrogazione, come mai siamo arrivati a parlare della chiesa orientale?
Come mai don Luigi afferma che far sposare i sacerdoti sarebbe la soluzione giusta per la mancanza di clero?

La mia risposta:


 Occhi al cielo attenzione....qui ci sono due aspetti che cozzano fra di loro....

1) il celibato è UNA SCELTA... come è una scelta per il candidato, è una scelta anche per quella Chiesa che lo ha adottato...se continuiamo a trattare la questione del celibato su vincoli, divieti ed imposizioni, non aiuteremo a comprenderne l'importanza, anzi, come la definisce Cristo: UNA VIRTU'... ed essendo dunque una virtù, la Chiesa PUO' SERENAMENTE CONCEDERE dispense o accogliere SITUAZIONI PARTICOLARI per le quali il prete si sposa....
Sarebbe assurdo, per esempio...se da domani si sollevasse una protesta dal seminario di Roma magari chiedendo PARITA' DI DIRITTO E TRATTAMENTO con la comunità anglicana CATTOLICA....a riguardo del matrimonio per i preti.... è ovvio che ciò sarebbe non soltanto incomprensibile, ma da stolti...ed inutile...
Per altro la Nota stessa sottolineando che i Vescovi, così come nel rito ortodosso NON si sposano, ha tolto di mezzo ogni fraintendimento....rimarcando la scelta della Chiesa verso il celibato...

2) diverso è quanto afferma tale don Luigi...
a parte il fatto che sono molto sospettosa quando chi, firmandosi un prete, spesso le spara grosse su questi blog... ma ad ogni modo tale don Luigi se la pensa davvero così NON solo non ha capito la dottrina sul celibato che porta con se incombenze CANONICHE E NON DOGMATICHE....ergo è inutile motivare la quantità di un eventuale Clero futuro...in base AL VENIR MENO DI UNA VIRTU'........
è un controsenso.... Ghigno
ma questo NON ha nulla a che vedere con il ritorno di questo gruppo anglicano in seno alla Chiesa Madre.....

 Occhiolino


la risposta dell'amico Daniele:

Pensare che il clero ammogliato risolva il problema delle vocazioni significa cadere in un triplo errore, dottrinale, storico e pratico. Dottrinale perché si ritiene la concupiscenza come un bisogno ineludibile dell'uomo e si taccia di ingiustizia la legge ecclesiastica che impone il celibato. Storico perché gli ortodossi e gli anglicani, che ammettono il clero spostato (i secondi anche le aberrazioni sessuali), hanno più problemi dei cattolici quanto alle vocazioni. Pratico perché i doveri di un sacerdote e quelli di un padre di famiglia sono inconciliabili, come constatava il protestante Kierkegaard. L'oriente riflette ancora la situazione dei primi secoli, in cui il sacerdote svolgeva i suoi compiti ministeriali una sola volta alla settimana. Il resto era demandato agli ordini religiosi. Nel frattempo la dottrina sul sacerdozio è stata approfondita e ha prodotto come suo futto la legge del celibato, la cui positiva influenza in occidente è innegabile. Come non facciamo a meno del culto eucaristico fuori della Messa, ignoto a buona parte dell'oriente, non vedo perché dovremmo fare a meno di un valore aggiunto come il celibato. Per fortuna gli alti vertici della Chiesa non sono dello stesso avviso di certi tradizionalisti la cui passione attiene più all'estetico che allo spirituale.

Per approfondire:
Elogio del celibato sacerdotale (P. Cornelio Fabro)

L'ordinazione alle Donne non è possibile ne oggi ne mai (Documentazione ufficiale)

Pensieri e Fioretti del Santo Curato d'Ars, (Giovanni M. Vianney) per i Sacerdoti e per TUTTI

"NON voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gesù) Piccole perle preziose



Caterina63
00mercoledì 21 ottobre 2009 19:20
Il 30 ottobre del 2007 scrivevo questa notizia e questa speranza nel forum DVF su MSN

...ecco cosa si cela dietro la prima notizia che apre questo thread....se fosse verità, cioè se andasse in porto, questa si sarebbe una grande GIOIA..........



DUBLINO, 28 Oct. 07 / 03:59 pm (ACI).- Tre intere parrocchie della cosiddetta “Chiesa d’Irlanda”, ramo irlandese della chiesa anglicana, hanno chiesto di essere ricevute in seno alla Chiesa Cattolica, insieme con altri anglicani del mondo, ha reso noto questa settimana il settimanale cattolico “The Irish Catholic”.

Le parrocchie anglicane, distribuite nelle contee irlandesi di Down, Tyrone e Laois appartengono al cosiddetto “rito tradizionale” all’interno della “Chiesa d’Irlanda” (TAC). Ma secondo la nota “anglicani di altri 12 paesi hanno firmato una lettera diretta al Vaticano sollecitando la ‘piena comunione, corporativa e sacramentale’” con la Chiesa Cattolica, sotto l’autorità del Papa.

Inoltre secondo il quotidiano irlandese, quantunque la decisione coinvolge solo “alcune centinaia di anglicani in Irlanda, se la richiesta sarà accettata dal Vaticano, saranno circa 400.000 gli anglicani nel mondo che potranno essere riammessi in seno alla Chiesa Cattolica”.

Il rito tradizionale della Chiesa d’Irlanda è sorto nel 1991, in seguito alla decisione dei vertici anglicani di ammettere l’ordinazione delle donne, una decisione che gli aderenti al rito tradizionale considerano come “una sfida contro gli insegnamenti della Scrittura e della Tradizione”.

Un portavoce di questo ramo della Chiesa Anglicana ha confermato ad “Irish Catholic” che sperano di essere ricevuti “in piena comunione con la Sede di Roma” dopo la decisione presa durante la riunione plenaria della Comunione Anglicana Tradizionale, conosciuta con la sua sigla inglese TAC.

Secondo un comunicato della TAC “i vescovi e i vicari generali hanno trovato pieno ed unanime accordo sul testo della lettera inviata alla Santa Sede per chiedere la piena unità”.

“La lettera è stata solennemente firmata da tutto il collegio dei vescovi e affidata al primate e ai due vescovi eletti al collegio per essere presentata alla Santa Sede”, si legge nel comunicato.

Lo stesso portavoce della TAC ha segnalato che “la lettera è stata cordialmente ricevuta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede”.

Inoltre “il primate della TAC ha richiesto che nessun membro del collegio dei vescovi conceda interviste fintanto che la Santa Sede non abbia preso in considerazione la lettera ed abbia risposto” e questo per evitare la solita fuga di notizie che diventerebbero incontrollabili data anche la delicatezza della questione.

************
Il problema è il seguente:


Nella Chiesa Anglicana è scisma: l’ala tradizionalista, contraria alla consacrazione vescovile di donne e preti gay, ha deciso di organizzarsi in struttura indipendente. Avrà il proprio clero e i propri seminari. E non riconoscerà più come indiscutibile autorità suprema l’arcivescovo di Canterbury. Il clamoroso strappo è stato consumato nel corso di un vertice che si è chiuso ieri sera a Gerusalemme dopo una settimana di dibattiti. Alla riunione hanno preso parte trecentotre vescovi tradizionalisti e oltre a loro circa novecento rappresentanti della Comunione Anglicana. Scopo della riunione era di formare un nuovo corpo Anglicano, che dovrebbe “affermare la fede affidata una volta per sempre ai santi” e formare un baluardo contro i "crescenti e rampanti liberalismo e relativismo” della chiesa occidentale...Notizie di corrispondenti anglicani da Gerusalemme fanno ammontare a 38 le province coinvolte (la metà delle province anglicane, secondo alcune fonti), in quella che viene definite “una decisione epocale, mai vista nei cinquecento anni di storia anglicana”.


il 9 Febbraio 2006 l'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha lanciato un appello al Sinodo generale della Chiesa anglicana perchè si apra la strada alle donne vescovo entro il 2012, pur concedendo ai conservatori, come indica una proposta di compromesso, l\'alternativa di poter scegliere un vescovo uomo se nella propria diocesi c\'è una donna.....

di PRIMATE nella Chiesa anglicana ne risulta uno e dovrebbe essere tale Rowan Williams il quale, tuttavia, come sappiamo....non ha un potere decisionale nella comunità anglicana....può farsi solo portavoce e risultare convincente....ma se queste sono le iniziative la vedo brutta per il futuro...
Inoltre non si sono placati i vescovi anglicani favorevoli all'omosessualità.....infatti risultano ad oggi ben 6 coppie omosessuali "PRETI" E DONNE "PRETE" anglicani omosessuali REGOLARMENTE SPOSATI FRA DI LORO.....

se qualcuno sa di più su questa TAC ci dia aggiornamenti.....

***********

PREGHIAMO amici.......le speranze a questo punto ci sono...
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)


Poi, nel passare dei mesi, abbiamo saputo cosa fosse questa TAC.... e così anche noi abbiamo imparato a conoscere ciò che non conoscevamo e a sapere che ci sono circa 500mila persone che da oggi saranno IN PIENA COMUNIONE CON NOI....



(Gino61)
00giovedì 22 ottobre 2009 10:16

Sinodo per l'Africa: anglicani e sacerdoti sposati nella Chiesa cattolica


Tema affrontato dai Vescovi nella presentazione del messaggio finale del Sinodo


di Carmen Elena Villa

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 23 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Le disposizioni della Santa Sede nei confronti degli anglicani che hanno chiesto l'adesione alla Chiesa cattolica, e soprattutto la dispensa dal celibato per i sacerdoti sposati, non avranno “un impatto fondamentale” in Africa.


Lo hanno affermato i Vescovi presenti alla conferenza stampa che ha avuto luogo questo venerdì nella Santa Sede per far conoscere il "nuntius" ("messaggio") conclusivo della II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi.

Una giornalista ha formulato questa domanda dopo che martedì scorso la Santa Sede ha annunciato la prossima pubblicazione di una Costituzione Apostolica di Benedetto XVI con cui la Chiesa accetta la richiesta di molti Vescovi, sacerdoti e fedeli anglicani di entrare in piena e visibile comunione con lei.

Gli ex anglicani che vogliono aderire pienamente alla Chiesa faranno parte di una struttura canonica speciale, che conterà sul proprio ordinario (un Vescovo o un sacerdote) e suoi propri sacerdoti, seminaristi e fedeli.

Questa struttura prevede anche alcuni adattamenti alla tradizione anglicana. Si permetterà ai sacerdoti anglicani sposati di essere ordinati come presbiteri nella Chiesa cattolica e di esercitare il ministero mantenendo la vita familiare da sposati.

Di fronte alla questione, monsignor John Olorunfemi Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja (Nigeria) e presidente della Commissione per il messaggio finale del Sinodo, ha risposto che la dispensa dal celibato per i sacerdoti ex anglicani non porterà il clero del suo Paese ad avere problemi a vivere questa disciplina.

“Questo non avrà un impatto fondamentale nel nostro continente”, ha dichiarato.

Circa il fatto che molti fedeli anglicani passeranno alla Chiesa cattolica, ha affermato che “sono loro che non sono contenti della situazione anglicana. Sono loro che vogliono arrivare a questa comunione con Roma”.

Monsignor Youssef Ibrahim Sarraf, Vescovo del Cairo dei Caldei (Egitto), ha osservato che nel suo Paese convivono senza problemi sacerdoti sposati, appartenenti al rito orientale, e celibi.

Anche dove si permette l'ordinazione di sacerdoti sposati, ha aggiunto, c'è una tendenza al celibato che molti presbiteri accolgono in modo volontario. “Questo non crea problemi, è assolutamente normale.

La tendenza è verso il celibato, non il contrario. Almeno è l'esperienza dell'Egitto”, ha concluso.


Caterina63
00giovedì 22 ottobre 2009 11:36

Gli anglicani e la questione dei preti sposati.


di Andrea Tornielli

Roma - Con una decisione storica, che non mancherà di suscitare un notevole dibattito in campo ecumenico, Benedetto XVI ha deciso di mettere nero su bianco le regole e le condizioni per tutti i vescovi, i preti e i fedeli anglicani che intendono entrate in comunione con Roma perché non condividono le scelte liberal della loro Chiesa. Il Papa intende costituire degli «Ordinariati personali», strutturati sulla falsariga degli Ordinariati militari, permettendo a queste comunità di mantenere alcune specificità liturgiche legate alla loro tradizione.

Tutto ciò sarà esplicitato in una Costituzione apostolica, che doveva essere presentata ieri, ma la cui uscita è stata ritardata di alcuni giorni. Il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, William Levada, insieme all’arcivescovo Augustine Di Noia, segretario del Culto divino, hanno voluto comunque convocare la prevista conferenza stampa per annunciare i contenuti del testo. L’annuncio della prossima pubblicazione del documento papale veniva contemporaneamente dato, in un clima un po’ imbarazzato, dal primate anglicano Rowan Williams come pure dall’arcivescovo cattolico di Westminster, a Londra.

I preti e i vescovi anglicani saranno ordinati nuovamente, e diventeranno a pieno titolo preti cattolici, anche se sposati e con figli. Non potranno invece diventare vescovi cattolici i vescovi anglicani sposati, ma soltanto quelli celibi. L’eccezione di ammettere al sacerdozio cattolico uomini sposati - un’opzione che la Chiesa di Roma già contempla per alcune comunità di rito orientale, come in Ucraina - avrà però, secondo quanto anticipato ieri dal Giornale, un valore «transitorio». Riguarderà cioè soltanto i preti e i vescovi che attualmente hanno famiglia, ma in futuro per quelle comunità non si ammetterano più al sacerdozio uomini sposati. Così come non potranno entrare a far parte di queste comunità pastori di altre confessioni cristiane o ex preti cattolici che si sono sposati.

È dall’inizio degli anni Novanta, da quando la Comunione anglicana disse sì all’ordinazione delle donne prete, che alcune comunità tradizionali hanno iniziato un processo di separazione e sono confluite nella «Traditional Anglican Communion». Più di recente, ora che anche la stessa Chiesa d’Inghilterra ha deciso di aprire alle donne vescovo (già presenti da anni in altre comunità anglicane), un numero sempre maggiore di vescovi e di preti hanno chiesto di fare parte della Chiesa cattolica. Nei mesi scorsi alcuni vescovi hanno bussato alle porte di Roma chiedendo di essere accolti. L’ex Sant’Uffizio ha discusso con il Pontefice le condizioni per l’accoglimento, che ora stanno per essere pubblicate e che non sono indirizzate soltanto ai gruppi anglicani tradizionalisti, ma a tutti.

Lunedì scorso il cardinale Levada era a Londra: ha incontrato il primate Williams, che era stato informato la settimana scorsa dell’imminente documento, e soprattutto ha spiegato l’iniziativa del Papa ai vescovi cattolici inglesi, che in passato si erano detti contrari. Il cardinale ha fatto presente che la decisione risponde «alle numerose richieste pervenute da vari gruppi di chierici e di fedeli anglicani di diverse parti del mondo». I vescovi anglicani interessati sarebbero una trentina, mentre al momento è impossibile quantificare il numero di fedeli. Il clero e i fedeli anglicani che decideranno di diventare cattolici, riconoscendo tutto il Catechismo della Chiesa e il primato del Pontefice, manterranno alcune loro peculiarità liturgiche e libri di preghiere, e saranno guidati da Ordinari personali diversi dai vescovi diocesani dei loro Paesi.

«Quello che accade oggi non è un elemento di rottura nei rapporti tra le nostre comunioni», ha detto il primate anglicano Williams. Ma è certo che la decisione di Ratzinger di aprire le porte in modo così solenne a intere comunità pronte a lasciare l’anglicanesimo apre una nuova stagione nei rapporti ecumenici con le «Chiese sorelle».

Fonte Il Giornale 21 Ottobre 2009.






Il Cardinale Newman e i preti sposati: due commenti d'autore.

.


di Sandro Magister



Sull’
annunciato ingresso di comunità anglicane nella Chiesa cattolica ci sono arrivati due commenti notevoli: l’uno dai devoti del canonizzando cardinale Newman, e l’altro da un eminente studioso di liturgia, il professor Cesare Alzati.

1. Da Londra Br. Lewis Berry, dell’Oratorio di san Filippo Neri, ci segnala che già nel 1876 John Henry Newman, convertito al cattolicesimo, aveva studiato un piano per creare una sorta di Chiesa anglicana “uniate”, simile a quelle di rito orientale unite a Roma. Il piano aveva l’appoggio del cardinale Manning, all’epoca arcivescovo di Westminster.

Presto il piano fu accantonato. Ma Newman si disse convinto che in futuro sarebbe divenuto prezioso. E il “tempo giusto” lo vedeva coincidere con una crescente sfida del secolarismo, che avrebbe messo in crisi soprattutto la Comunione anglicana e quindi avrebbe incoraggiato la parte più fervente di essa a trovare rifugio nella Chiesa cattolica, molto più solida nel custodire integra la fede e nel resistere alla sfida.

In effetti, è proprio ciò che sta accadendo in questi anni. Con la Comunione anglicana devastata dalle derive laico-radicali e con un numero crescente di sue comunità che bussano alla porta della Chiesa cattolica.

Il testo è nel sito che sostiene la causa di canonizzazione del cardinale Newman: “Benedict XVI and Anglican Converts: Newman’s Perspective“.

2. Il secondo commento ci è affidato dal professor Cesare Alzati, ordinario di storia del cristianesimo, per venticinque anni docente di storia della liturgia all’università di Pisa e autore di un recente volume capolavoro su “Il Lezionario della Chiesa ambrosiana”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana.

Nella sua nota, il professor Alzati affronta tra l’altro una questione che è stata riaffacciata in questi giorni: quella del reintegro nel ministero – sulla scia dei pastori anglicani con moglie e figli che diverrebbero sacerdoti della Chiesa cattolica – anche dei preti cattolici ridotti allo stato laicale per essersi sposati.

Alzati esclude decisamente la cosa. E spiega perché. Ecco qui di seguito il suo commento completo.

*

Il papa Benedetto XVI, con ennesimo coraggioso gesto, si appresta ad accogliere nella comunione della Chiesa di Roma ecclesiastici e fedeli anglicani desiderosi di confermare la propria adesione alla Chiesa una e santa, professando con essa – secondo l’insegnamento dei padri oxoniensi – “quod semper, quod ubique, quod ab omnibus”, senza peraltro abbandonare il retaggio di pietà e di santità a loro trasmesso dalla Chiesa d’Inghilterra nella sua secolare tradizione, radicata in un patrimonio ben anteriore allo scisma.

Ritengo che da tale atto solenne, destinato ad assumere un fondamentale rilievo nella storia delle Chiese cristiane, venga anzitutto uno straordinario contributo alla salvaguardia della stessa tradizione della Chiesa d’Inghilterra, nei suoi aspetti più vitali e luminosi, che nei secoli scorsi si sono irradiati nel mondo intero, fino a generare la Comunione anglicana, e che nel Novecento in modo tanto decisivo hanno contribuito alla crescita della tensione ecumenica tra le diverse componenti del mondo cristiano.

Credo altresì che la decisione rappresenti, nell’immediato, non meno che in una prospettiva di lunga durata, anche un prezioso contributo alla vita intellettuale britannica, costituendo un segno di rispetto e di rinnovata attenzione ai fondamenti spirituali, che hanno alimentato la vicenda storica dell’Inghilterra e che ne hanno corroborato lo sviluppo culturale e civile.

Merita al riguardo segnalare un altro particolare aspetto, non marginale, relativo al problema dell’ordinazione dei ministri anglicani dopo il loro ingresso nella comunione cattolica.

Sono convinto che sulla questione delle ordinazioni anglicane, prima dell’introduzione del ministero femminile, si sarebbe potuta sviluppare un’ulteriore riflessione da parte cattolica, stanti gli ulteriori dati storici acquisiti al riguardo. Ora il problema mi pare superato dai fatti e la prevista ordinazione dei ministri accolti nella comunione cattolica assume anche il significato di certificare la radice apostolica del loro ministero, sulla quale molti sono stati indotti a dubitare dalla nuova situazione determinatasi nella loro Chiesa d’origine e nella Comunione anglicana.

La prevista ordinazione non è peraltro priva di riflessi anche per l’ambito cattolico.

Quando nella prima parte degli anni Novanta i ministri, che allora lasciarono la Chiesa d’Inghilterra, furono inserti nella Chiesa romano-cattolica del Regno Unito, non mancarono all’interno di questa preti e comunità che chiesero la reintegrazione di quanti, tra gli ecclesiastici cattolici, avevano lasciato il ministero per contrarre matrimonio.

Al riguardo va osservato che – a parte il can. 10 di Ancyra che ha avuto eco soltanto in area siro-orientale – l’insieme di tutte le Chiese di tradizione apostolica ha sempre ritenuto, almeno in via di principio, che non possa darsi matrimonio dopo l’ordinazione, pena l’abbandono del ministero (cfr. can. 1 di Neocesarea).

La preventivata ordinazione dei ministri di provenienza anglicana viene a sanare, in modo generalizzato e con ogni evidenza, pure qualsiasi possibile difetto canonico al riguardo.

Il loro caso, pertanto, non potrà in alcun modo considerarsi un precedente cui riferirsi per scardinare l’ordine disciplinare all’interno del corpo ecclesiale cattolico-romano e renderà, anche sotto tale aspetto, il ministero dei nuovi ordinati pienamente conforme ai canoni antichi della Chiesa indivisa e pertanto canonicamente ineccepibile pure agli occhi dell’Oriente cristiano, sia ortodosso che unito.

Peraltro, stanti le considerazioni sopra esposte in merito alle ordinazioni anglicane, mi parrebbe auspicabile che – con modalità simile a quella seguita dalla Comunione anglicana in riferimento ai ministri di culto di dubbia successione apostolica operanti nel quadro della Chiesa costituitasi nell’India del Nord e nel Pakistan – non si procedesse all’ordinazione con la consueta formula del Pontificale Romano, ma si elaborasse una formula specifica di ordinazione, finalizzata all’esercizio, da parte di questi ecclesiastici, del ministero presbiterale nella Chiesa Cattolica.

(Di Cesare Alzati, 22 ottobre 2009).


Fonte Settimo Cielo



Caterina63
00martedì 27 ottobre 2009 19:14
Un altra riflessione interessante di padre Giovanni Scalese dal suo blog....

Ecumenismo e "uniatismo"

Un lettore mi fa notare che, nell’editoriale di Avvenire del 21 ottobre, Salvatore Mazza ha scritto: «Certo, per la Chiesa cattolica sarebbe stato facile ricorrere a soluzioni piú semplici, come una qualche forma di “uniatismo”». E mi chiede: «Ma che significa? Non le sembra offensivo per i nostri fratelli Cattolici Orientali? Ma che cos’è questo disprezzo per l’uniatismo?».

Anch’io mi chiedo che cosa intendesse Mazza con la sua affermazione, che non mi pare per nulla chiara. Non mi sembra però di ravvisare nelle sue parole alcunché di offensivo nei confronti dei nostri fratelli orientali. Anche se — va riconosciuto — oggi è diventato abbastanza di moda guardare con un certo disprezzo a tale forma di ecumenismo “d’altri tempi”.

Sappiamo che gli ortodossi hanno sempre rifiutato categoricamente il fenomeno uniate, e lo considerano come uno degli ostacoli sul cammino ecumenico. E non c’è da meravigliarsi: nella loro concezione ecclesiologica, è impensabile che sullo stesso territorio ci possano essere piú giurisdizioni. L’Oriente è “territorio canonico” della Chiesa ortodossa; non possono esistere, in quelle regioni, altre Chiese, siano esse di rito latino o anche orientale; un cristiano nell’Est non può che essere ortodosso. Anche se poi, abbastanza incomprensibilmente, loro stessi hanno in Occidente i loro Vescovi che assistono pastoralmente i fedeli ortodossi. Chiedo: l’Occidente non dovrebbe essere “territorio canonico” della Chiesa latina?

L’uniatismo è stato il modo in cui la Chiesa cattolica “ha fatto ecumenismo” nel passato, fino al Concilio.
Questo è importante ricordarlo, perché talvolta sembra che la preoccupazione per l’unità dei cristiani sia nata col Vaticano II. Non è affatto vero: la Chiesa ha sempre sentito vivo l’anelito verso l’unità; solo, lo ha perseguito con modalità diverse da quelle odierne. Anziché avere colloqui ecumenici con le altre confessioni (allora semplicemente impensabili), la Chiesa cattolica ristabiliva la piena comunione con alcuni gruppi di cristiani appartenenti a quelle confessioni: in alcuni casi (in Oriente), conservando gli elementi caratteristici della loro tradizione; in altri casi (in Occidente), ristabilendo una gerarchia parallela di rito romano (nei paesi protestanti); in alcuni casi (come in Inghilterra), facendo attenzione a non dare alle sedi vescovili lo stesso nome di quelle anglicane: il Vescovo cattolico di Londra, per esempio, non si chiama in questo modo, ma “Arcivescovo di Westminster” (che è il nome di un quartiere di Londra).

Che giudizio esprimere oggi sul fenomeno uniate? Personalmente, ritengo che le Chiese sui juris (questo è il loro nome tecnico, secondo il Codice dei canoni delle Chiese orientali) svolgano un ruolo importantissimo: esse dimostrano che l’unità (un unità — si badi bene — che non è sinonimo di uniformità e appiattimento) è possibile. È possibile conservare le proprie tradizioni e, allo stesso tempo, vivere in piena comunione con il Romano Pontefice. Ma non penso che questo sia solo il mio pensiero. Perché lo stesso Concilio, al di là delle sue semplicistiche interpretazioni posteriori, ha valorizzato moltissimo le Chiese orientali. Tanto è vero che soltanto negli anni recenti, per la prima volta nella storia della Chiesa, è stato promulgato un Codice di diritto canonico esclusivamente per loro.

Tali Chiese cattoliche orientali sono d’intralcio al cammino ecumenico? Non lo credo proprio. Se ci sono dei cattolici che si sentono profondamente solidali con i loro fratelli non-cattolici appartenenti allo stesso rito, questi sono proprio i cattolici orientali. Che poi ci possano essere delle beghe a livello locale, riguardanti magari le proprietà, è vero; ma queste cose esistono da che mondo è mondo anche fra i cattolici o fra gli stessi ortodossi.

Il problema vero è capire che cosa si intenda per ecumenismo. Se ecumenismo significa incontrarsi semplicemente per discutere e pregare insieme, e poi ciascuno continua ad andare per la propria strada, mi chiedo a che cosa serva tale ecumenismo. Faccio un esempio, tratto proprio dal caso anglicano: non avrebbero dovuto gli anglicani, prima di introdurre certe novità, come il sacerdozio e l’episcopato alle donne, interrogarsi sulle conseguenze “ecumeniche” che tali decisioni avrebbero avuto? No, sono andati per la loro strada, infischiandosene non solo delle reazioni all’interno della loro Chiesa, ma anche della tradizione seguita da cattolici e ortodossi. Tanto per far notare la differenza di stile, vi siete accorti di come la Chiesa cattolica in questa ultima vicenda sia stata attenta alle motivazioni ecumeniche? Teoricamente, essa avrebbe potuto permettere che i Vescovi anglicani sposati, rientrando nella Chiesa cattolica, potessero essere ordinati Vescovi rimanendo sposati. No, per ragioni di carattere ecumenico e storico non lo ha permesso. Questo si chiama ecumenismo; non l’ecumenismo alla “tarallucci e vino”.

Per tornare all’affermazione di Mazza, dicevo che non mi è per nulla chiara. Che significa dire che la Chiesa avrebbe potuto scegliere soluzioni piú semplici “come una qualche forma di uniatismo”? A me sembra — posso sbagliarmi — che la decisione papale di istituire “ordinariati personali” per gli anglicani che chiedono di rientrare nella piena comunione con Roma sia esattamente “una qualche forma di uniatismo”. Ed è per questo che essa è stata digerita con difficoltà, a quanto pare, sia dagli anglicani (nonostante la dichiarazione congiunta di Londra), sia dall’episcopato cattolico britannico, sia soprattutto dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani (assente alla conferenza stampa dell’altro giorno in Vaticano).

Leggo ora con immenso piacere, sul blog di Sandro Magister
Settimo cielo, che John Henry Newman «aveva studiato un piano per creare una sorta di Chiesa anglicana “uniate”, simile a quelle di rito orientale unite a Roma. Il piano aveva l’appoggio del cardinale Manning, all’epoca arcivescovo di Westminster».
Praticamente si tratta della medesima soluzione da me auspicata in questo blog (la costituzione di una Chiesa cattolica sui juris di rito anglicano); una soluzione che però probabilmente è ancora prematura. Prematura perché non esistono ancora Chiese sui juris in Occidente; le uniche esistenti sono quelle orientali. Ma non vedo che cosa possa impedire la costituzione di simili Chiese anche in Occidente. Personalmente ritengo che sia l’unica soluzione del problema ecumenico: dare alle comunità separate la possibilità di rientrare nella piena comunione con Roma, conservando le loro tradizioni. Ma comunque diamo tempo al tempo. Per il momento, vanno benissimo gli “ordinariati personali”.

Personalmente ritengo che la decisione del Papa sia veramente importante (qualcuno l’ha chiamata “storica”), perché segna una svolta nell’ecumenismo. È come se Benedetto XVI, dopo aver preso atto degli scarsi risultati raggiunti in questi anni dall’ecumenismo ufficiale, dicesse: “OK, è ora di cambiare registro”.
Non riusciremo forse a ristabilire la piena comunione con la Comunione anglicana nel suo insieme (ma come è possibile questo dopo le scelte che essa ha fatto?); ma almeno possiamo ristabilire la piena comunione con alcuni gruppi anglicani.

Mi sembra una posizione ragionevole, perché segna il ritorno a una delle caratteristiche che ha sempre contraddistinto Chiesa cattolica e che negli anni recenti sembrava un tantino offuscata: il realismo. L’ottimo è sempre stato nemico del bene: in questi anni ci siamo illusi che fosse possibile ristabilire l’unità con le Chiese e le comunità non-cattoliche semplicemente sedendoci intorno a un tavolo. Dopo quarant’anni, è giunta l’ora di tirare le somme.
 
Quel che si è fatto finora certamente non è stato inutile: forse il risultato ottenuto oggi non sarebbe stato possibile senza quei colloqui, che hanno dimostrato che le differenze non sono poi cosí grandi. Ma non ci si può dimenticare che, oltre alle questioni dogmatiche, ci sono tanti altri elementi (di carattere storico, politico, emotivo, ecc.) che si frappongono sul cammino verso l’unità. Era necessario rompere gli indugi. Benedetto XVI l’ha fatto. È come se avesse detto: Rinunciamo pure a una ipotetica unità universale, che appare sempre piú astratta e lontana; e accontentiamoci di una unità reale, possibile, con quei gruppi che desiderano e sono nella condizione di vivere in comunione con la Chiesa cattolica. Un risultato parziale, ma sicuro, di fronte a prospettive forse affascinanti, ma sempre piú evanescenti.



Caterina63
00mercoledì 28 ottobre 2009 00:19
Dagli amici di RS

La Profezia di Edorardo il Confessore.

.


Ambrose Lisle Philipps, in una lettera al conte di Shrewsbury datata 28 ottobre 1850, stendendo una rapida storia del cattolicesimo inglese, riferisce la seguente visione o profezia di Sant’Edoardo:

“Durante il mese di gennaio del 1066 il santo re di Inghilterra Edoardo il Confessore fu costretto a letto, nel palazzo reale di Westminster, dalla sua ultima malattia. Sant’Ælred, vescovo di Rievaulx, nello Yorkshire, racconta che poco prima della sua felice morte, questo santo re fu rapito in estasi: gli apparvero due pii benedettini della Normandia, che aveva conosciuto nella sua giovinezza durante l’esilio in quel Paese, e gli rivelarono quello che doveva accadere all’Inghilterra nei secoli a venire e la causa della sua terribile punizione. Dissero: “L’estrema corruzione e la malvagità della nazione inglese hanno provocato la giusta collera di Dio. Quando la malvagità sarà arrivata al’apice, Dio nella sua ira manderà al popolo inglese degli spiriti maligni che lo puniranno e lo affliggeranno con grande severità, separando l’albero verde dalla sua radice per la lunghezza di tre furlong (misura equivalente a 200 metri circa ndt). Alla fine, però, lo stesso albero, per la compassione e la misericordia di Dio, e senza alcun aiuto da parte delle autorità inglesi, ritornerà alle sue radici, rifiorirà e porterà abbondante frutto”.

Dopo aver sentito queste parole, il santo re Edoardo aprì gli occhi, riacquistò i sensi e la visione svanì. Riferì subito quello che aveva visto alla sua sposa, Edgitha, a Stigand, arcivescovo di Canterbury, e a Harold, suo successore al trono, che stavano pregando riuniti attorno al suo letto.

L’interpretazione data a questa profezia colpisce pensando agli eventi che sono poi accaduti. Gli spiriti menzionati sono stati gli innovatori protestanti che nel ‘500 pretesero di riformare la Chiesa Cattolica d’Inghilterra. Il taglio dell’albero verde è stato quello della Chiesa d’Inghilterra dalla Chiesa cattolica, dalla sede di Roma. Albero che doveva essere separato dalla sua radice vivificante per la lunghezza di tre furlong. Questi furlong sono stati interpretati come tre secoli, alla fine dei quali l’Inghilterra sarebbe stata nuovamente riunita alla Chiesa Cattolica e avrebbe prodotto fiori di virtù e frutti di santità.

La profezia fu citata da Ambrose Lisle Philipps in occasione del ristabilimento della gerarchia cattolica in Inghilterra da parte di Pio IX nel 1850. (dall’Enciclopedia Cattolica)


Fonte wXre. Grazie a Cantuale Antonianum. Immagine della tomba di Edoardo il Confessore (1002-1066) nella Westminster Abbey a Londra.

Caterina63
00giovedì 29 ottobre 2009 19:28
MONUMENTALE RISPOSTA DI PADRE GIOVANNI SCALESE dal suo blog Senza peli sulla lingua, sulle critiche mosse da Kung in campo ecumenico sulla riappicificazione degli anglicani Tradizionali e dunque contro il lavoro svolto da Benedetto XVI....
leggetelo con spirito di meditazione
...


Ecumenismo ideologico

Giorni fa Antonio Socci scriveva di Eugenio Scalfari che «ha un incedere ieratico e ... sembra portare in processione la sua preziosissima cervice, come fosse un ostensorio» (Libero, 25 ottobre 2009). Qualcosa di simile potrebbe dirsi di Hans Küng, che continua a esporre alla pubblica adorazione le sue monotone lamentazioni, questa volta contro la “pirateria” romana in acque anglicane (Repubblica, 28 ottobre 2009).

Non voglio controbattere punto per punto a Küng: sarebbe tempo perso. Vorrei piuttosto soffermarmi su un atteggiamento abbastanza comune fra questi progressisti, che non riescono a rassegnarsi alla “restaurazione” in corso — secondo loro — nella Chiesa cattolica. Ho l’impressione che la lettura dell’ultimo articolo del teologo tedesco sia rivelatrice delle vere motivazioni del loro atteggiamento.

Si tratta della delusione e della rabbia per essere stati, a un certo punto, messi da parte, dopo che, per molto tempo, era stato dato loro ampio spazio e avevano avuto modo di fare e disfare secondo le loro personali visioni. Avete notato che cosa dice Küng nel suo articolo, a proposito del dialogo ecumenico con gli anglicani? Si era cominciato bene con i «documenti realmente ecumenici» dell’ARCIC, non «mirati alla pirateria, bensí alla riconciliazione». Ma che ne è stato di tali documenti? Scomparvero «il piú rapidamente possibile nelle segrete del Vaticano. “Chiudere nel cassetto”, si dice. “Troppa teologia küngiana”» (attinta, a quanto pare, al volume La Chiesa, dove — a detta del teologo di Tubinga — si trovava la soluzione alla questione ecumenica: dall’impero romano al Commonwealth cattolico!).

Ecco il problema reale: la stizza per essere stati messi da parte nella definizione delle strategie da seguire nella Chiesa. Si è mai chiesto Küng il motivo di tale accantonamento? Certo, per lui la risposta è molto facile: si tratta esclusivamente di una questione di potere. Non sarò io a escludere l’esistenza di lotte di potere all’interno della Chiesa cattolica (e della Curia romana in particolare); dico solo che non si può ridurre tutto esclusivamente a tale dimensione. Sarebbe una lettura ideologica della realtà. Ed è proprio tale lettura ideologica che impedisce a Küng — e a tanti altri con lui — di vedere la realtà per quel che essa veramente è.

Non si è mai chiesto Küng che, forse, il problema stava nelle soluzioni da lui proposte? Non può certo accusare la Chiesa di non avergli dato spazio, di non avergli permesso di diffondere le sue idee e di influire sui documenti del Concilio e sulla teologia postconciliare. Ma evidentemente, a un certo punto, la Chiesa si è accorta che si trattava di pura ideologia, che anziché rinnovare la Chiesa, avrebbe portato alla sua veloce scomparsa. Gli anni hanno dimostrato che, effettivamente, certe posizioni non portavano da nessuna parte: in quei paesi dove la “teologia küngiana” ha avuto maggiore influsso, la Chiesa è ridotta al lumicino. Ma Küng non si rassegna: il problema è Roma. Se i cattolici tedeschi continuano a diminuire, la colpa è di Roma, che si intestardisce a non voler seguire le soluzioni da lui proposte. Non c’è peggior cieco di chi ha gli occhi bendati dall’ideologia.

Non c’è nulla di scandaloso nel proporre, a volte, delle soluzioni inadeguate: Errare humanun est. Ciò che importa è che a un certo punto, quando ci si rende conto dell’inadeguatezza di quelle soluzioni, si aggiusti il tiro. È esattamente quanto sta facendo la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II. Il realismo e la prudenza chiedono che ci si adatti alle situazioni. Per l’ideologo è vero il contrario: è la realtà che deve adattarsi ai suoi schemi mentali.

Per tornare al problema ecumenico, OK: si era partiti con i “documenti realmente ecumenici” dell’ARCIC. A che cosa hanno portato? Hanno portato alla riconciliazione nella Chiesa? No, hanno portato piuttosto al sacerdozio femminile, all’episcopato agli omosessuali praticanti e alla benedizione di coppie dello stesso sesso. Questi fatti — non idee astratte! — non dicono nulla a Küng: per lui rimangono tuttora validi i “documenti realmente ecumenici” dell’ARCIC. La Chiesa, che invece non è indifferente di fronte ai fatti concreti, si adatta alle nuove situazioni e cambia strategia: visto che quei documenti non hanno portato a nulla, vediamo di raggiungere l’unità (magari non con tutti, ma solo con alcuni) percorrendo una strada diversa. No, questo non è ecumenismo, ma “pirateria”: anziché il “Commonwealth cattolico”, «Papa Benedetto vuole assolutamente restaurare l’impero romano».

Ancora una volta, ciò che interessa non è l’effettiva unità della Chiesa (che, a quanto pare, ora con questo Papa “medievale” sembra piú vicina), ma un ipotetico e del tutto astratto “ecumenismo”, che si nutre di sé stesso in una sorta di narcisistico compiacimento ed è totalmente indifferente ai reali risultati a cui conduce.





Caterina63
00venerdì 30 ottobre 2009 19:19

La piccola rivoluzione di Benedetto XVI


Il modello per gli anglicani, funzionale anche per ortodossi e lefebvriani?


di Massimo Introvigne*

ROMA, mercoledì, 21 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La “Nota informativa” della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicata martedì 20 ottobre “circa gli ordinariati personali per anglicani che entrano nella Chiesa Cattolica” rappresenta una piccola rivoluzione nell’accostamento all’ecumenismo e s’inserisce pienamente nel magistero di Benedetto XVI. Offre anche un modello per il futuro ritorno alla Chiesa Cattolica di altri gruppi dottrinalmente vicini, ma con cui permangono divergenze sul piano disciplinare e liturgico.

Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II molte diocesi cattoliche, e molti esperti di ecumenismo, hanno scoraggiato il ritorno di singoli protestanti, ortodossi e anche anglicani alla Chiesa Cattolica. Accogliere oggi singole persone o gruppi, si diceva, avrebbe irritato i dirigenti delle comunioni o Chiese cristiane separate e avrebbe reso più difficile domani l’integrale ritorno a Roma di queste realtà.

Benedetto XVI ha sempre avuto molti dubbi su questo accostamento, ritenendolo tipico di una sorta di “ultra-ecumenismo” che rischia di scadere nel relativismo. Sul piano teorico, non incoraggiare o addirittura ostacolare queste conversioni implica l’idea secondo cui è indifferente essere cattolici oppure protestanti, anglicani e così via.

Nell’enciclica “Caritas in veritate” il Papa ha invece precisato che la dottrina della libertà religiosa proclamata dal Vaticano II “non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali”.

Sul piano pratico, Benedetto XVI sa bene che la piena unione con la maggioranza delle denominazioni separate da Roma nel loro insieme è un obiettivo talmente difficile da doverlo considerare umanamente impossibile. Gli anglicani – come ricorda la Nota – ci hanno messo del loro, prima ammettendo al sacerdozio e all’episcopato le donne, poi accogliendo e perfino celebrando i matrimoni omosessuali.

A questo punto il Papa ha detto basta: e la Nota permette di accogliere non solo singoli anglicani, ma interi gruppi anche molto numerosi – gli interessati sarebbero centinaia di migliaia, se non milioni – che rifiutano il sacerdozio femminile e le unioni omosessuali. Questi gruppi – ed è qui la novità – potranno mantenere le loro peculiarità liturgiche e i loro pastori anglicani sposati, che – rimanendo sposati – saranno ordinati ricorrendone le condizioni dei sacerdoti cattolici, anche se solo i celibi potranno diventare vescovi. Infatti per la Chiesa Cattolica il celibato sacerdotale è una questione puramente disciplinare, che ammette deroghe, mentre l’esclusione delle donne dal sacerdozio è una questione dogmatica e non tollera eccezioni.

La Nota rappresenta non solo la fine di un “ultra-ecumenismo” relativista, ma anche un modello per accogliere nella Chiesa Cattolica gruppi molto numerosi di fedeli – per esempio intere Chiese ortodosse e, perché no, il tradizionalismo lefebvriano – che potranno conservare le loro particolarità liturgiche e spirituali e i loro vescovi. A patto, naturalmente, di aderire integralmente alla dottrina cattolica e di riconoscere l’autorità del Papa.



------------

*Massimo Introvigne è fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR).


Caterina63
00sabato 31 ottobre 2009 19:25

CHIARIMENTO UFFICIALE SUL CLERO ANGLICANO SPOSATO



CHIARIMENTI DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I., CIRCA SPECULAZIONI INERENTI LA QUESTIONE DEL CELIBATO NELL’ANNUNCIATA COSTITUZIONE APOSTOLICA CONCERNENTE ORDINARIATI PERSONALI PER L’INGRESSO ANGLICANO NELLA PIENA COMUNIONE CON LA CHIESA CATTOLICA.

31.10.2009


Ci sono state speculazioni diffuse, sulla base di osservazioni suppostamente informate di un corrispondente italiano, Andrea Tornielli, sul fatto che il ritardo nella pubblicazione della Costituzione Apostolica riguardo Ordinariati personali per gli anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica, annunciata il 20 ottobre 2009, dal cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è dovuto a più che motivi "tecnici". Secondo questa ipotesi, vi è un grave problema sostanziale alla base del ritardo, vale a dire, il disaccordo se il celibato sarà la norma per il futuro clero interessato dalle disposizioni.

Il Cardinale Levada ha dato i seguenti commenti su questa speculazione:

"Se mi fosse stato chiesto sarei stato felice di chiarire ogni dubbio circa il mio intervento durante la conferenza stampa. Non vi è alcun fondamento a tali speculazioni. Nessuno in Vaticano mi ha mai menzionato tale questione. Il ritardo è puramente tecnico, nel senso di garantire la coerenza nel linguaggio canonico e i riferimenti. I problemi di traduzione sono secondari; la decisione di non ritardare la pubblicazione al fine di attendere il testo latino 'ufficiale' da pubblicare negli Acta Apostolicae Sedis è stata fatta qualche tempo fa. Le bozze preparate dal gruppo di lavoro, e presentate per lo studio e l'approvazione attraverso la consueta procedura seguita dalla Congregazione, contengono tutte la seguente dichiarazione, attualmente l'articolo VI della Costituzione:

§ 1 Coloro che hanno servito come diaconi, preti o vescovi anglicani, e che soddisfano i requisiti stabiliti dal diritto canonico e non sono impediti da irregolarità o altri i impedimenti, possono essere accettati dall’Ordinario come candidati agli ordini sacri nella Chiesa cattolica.

Nel caso di ministri sposati, le norme stabilite nella Lettera Enciclica di Papa Paolo VI Sacerdotalis coelibatus, n. 42 e nella comunicazione "Nel mese di giugno", devono essere osservate. Ministri non sposati devono sottoporsi alla norma del celibato ecclesiastico del can. 277, § 1 C.I.C.. § 2.

L'Ordinario, nel pieno rispetto della disciplina del clero celibatario nella Chiesa Latina, come una regola (pro regula) ammetterà solo uomini celibi all'ordine del presbitero. Egli può anche presentare una petizione al Romano Pontefice, come deroga dal can. 277, § 1, per l'ammissione di uomini sposati all'ordine del presbiterato, caso per caso, in base a criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede.

Questo articolo è da intendersi come coerente con la corrente prassi della Chiesa, in cui ex ministri anglicani sposati possono essere ammessi al ministero sacerdotale nella Chiesa cattolica secondo un criterio di caso per caso. Per quanto riguarda i futuri seminaristi, si è ritenuto puramente speculativo se ci possano essere alcuni casi in cui una dispensa dalla regola del celibato possa essere domandata.

Per questo motivo, criteri oggettivi circa qualunque possibilità di questo tipo (per esempio seminaristi già sposati in preparazione) devono essere sviluppati congiuntamente dall'Ordinariato personale e la Conferenza Episcopale, e presentato per l'approvazione della Santa Sede. " Il Cardinale Levada ha detto in anticipazione che il lavoro tecnico sulla Costituzione e sulle norme sarà completato entro la fine della prima settimana di novembre.



Fonte: Bollettino Sala Stampa S. Sede. Trad. dall'originale in inglese a nostra cura


Chiarimento del direttore della Sala Stampa della Santa Sede



Speculazioni senza fondamento.

È il commento del cardinale William Levada alle ipotesi sui ritardi nella pubblicazione della Costituzione Apostolica circa Ordinariati personali per anglicani che entrano in piena comunione con la Chiesa cattolica, annunciata il 20 ottobre scorso dallo stesso prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Secondo alcune speculazioni, infatti, basate "su osservazioni in apparenza bene informate di un giornalista italiano, Andrea Tornielli", i ritardi sarebbero dovuti "a qualcosa di più che a mere ragioni "tecniche"":  alla base ci sarebbe una grave questione sostanziale, ovvero disaccordi sul fatto che il celibato sarà o meno la norma per il futuro clero nominato, in base a questo provvedimento.

Sabato 31 ottobre, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha offerto chiarimenti in merito riferendo quanto affermato in proposito dal cardinale Levada:  "Il ritardo è puramente tecnico, nel senso che si vuole assicurare la coerenza del linguaggio canonico e dei riferimenti. Le questioni legate alla traduzione sono secondarie". A conferma di ciò il cardinale ha citato i due paragrafi dell'articolo vi della Costituzione (che riportiamo di seguito in una nostra traduzione): 

" 1. Quanti hanno servito come diaconi, sacerdoti o vescovi anglicani e che possiedono i requisiti stabiliti dal diritto canonico e non sono ostacolati da irregolarità o da altri impedimenti possono essere accettati dall'Ordinario come candidati agli Ordini Sacri nella Chiesa cattolica. Nel caso dei ministri sposati devono essere osservate le norme stabilite nella Lettera Enciclica di Papa Paolo VI Sacerdotalis coelibatus, n. 42 e nella Dichiarazione In June. I ministri non sposati devono osservare la norma del celibato sacerdotale del cic canone 277, 1.

2. L'Ordinario, in piena osservanza della disciplina del celibato sacerdotale nella Chiesa Latina, di norma (pro regula) ammetterà all'ordine presbiterale solo uomini celibi. Può anche chiedere al Romano Pontefice, in deroga al canone 277, 1, l'ammissione di uomini sposati al presbiterato caso per caso, secondo criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede".

Questo articolo - ha spiegato il cardinale - va inteso come coerente con la pratica attuale della Chiesa, in cui ex ministri anglicani sposati possono essere ammessi al ministero sacerdotale nella Chiesa cattolica caso per caso. A proposito dei futuri seminaristi, è stato considerato meramente ipotetico il fatto che potrebbero esserci alcuni casi nei quali si potrebbe chiedere una dispensa dalla norma del celibato. Per questo motivo, criteri oggettivi su qualsiasi possibilità - per esempio, seminaristi sposati già in preparazione - devono essere elaborati congiuntamente dall'Ordinariato Personale e dalla Conferenza Episcopale e sottoposti alla Santa Sede per l'approvazione".
Il cardinale ha poi anticipato che il lavoro tecnico sulla Costituzione e sulle Norme sarà completato entro la fine della prima settimana di novembre.


(©L'Osservatore Romano - 1 novembre 2009)

Caterina63
00giovedì 5 novembre 2009 14:23

Le novità della Costituzione Apostolica per l'accoglienza degli anglicani


Analisi di due professori della Pontificia Università della Santa Croce


di Giovanni Tridente

ROMA, mercoledì, 4 novembre 2009 (ZENIT.org).- Da quando è stata annunciata la Costituzione Apostolica che regolerà il modo in cui gli anglicani potranno aderire alla Chiesa Cattolica, molti mezzi di comunicazione hanno sollevato diverse questioni di carattere ecumenico e canonico sulla futura normativa.

A tale proposito, abbiamo chiesto dei chiarimenti a due esperti in materia, entrambi professori presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, don Philip Goyret, ordinario di Ecclesiologia ed Ecumenismo, e don Eduardo Baura, ordinario di Diritto canonico e Consultore della Congregazione per i Vescovi. 

Tenendo conto delle anticipazioni fatte dalla Santa Sede in merito all'imminente Costituzione Apostolica, in che modo gli ordinariati personali rientrano nell'ecumenismo promosso dal Concilio Vaticano II?

Philip Goyret: Stando ai dati finora in nostro possesso, la soluzione degli ordinariati personali mostra esattamente come la Chiesa di Roma sia veramente cattolica: non solo per denominazione, ma come qualità teologica, la stessa che confessiamo nel Credo. Ossia, come apertura intrinseca verso tutte le realtà umane oneste (lingue, tradizioni, spiritualità, sensibilità, ecc.), perché il Vangelo che la Chiesa deve diffondere è destinato nella sua interezza a tutti gli uomini immersi in tali realtà, senza eccezioni. Poiché nella cattolicità convergono l'unità e la diversità, essa diviene un aspetto basilare dell'ecumenismo. Se l'istituzione di questi ordinariati personali permette di inserire nella comunione cattolica la specificità anglicana, essa non solo non rappresenta un ostacolo per l'ecumenismo, ma ne diviene in realtà una sua conseguenza.

Non vi è dunque alcun passo indietro nell'odierno movimento ecumenico, come alcuni affermano? 

Philip Goyret: In effetti, in alcuni casi si è parlato di un ritorno all'“uniatismo”, inteso come atteggiamento aggressivo nei confronti di altre confessioni cristiane, che verrebbero “fagocitate” un pezzo alla volta dalla Chiesa cattolica, che a sua volta non si degnerebbe di concedere alle persone che vi “rientrano” di conservare nemmeno un minimo della loro tradizione precedente. Senza entrare ora nel merito della verità storica di un tale giudizio applicato alle unioni avutesi nei secoli precedenti, occorre dire che nel caso in questione le cose sono andate decisamente in una direzione differente. Da una parte, vi sono intere comunità anglicane che chiedono spontaneamente di essere ammesse nella piena comunione cattolica. Dall'altra, esse potranno conservare gli elementi specifici della loro tradizione liturgica e spirituale che considerano necessari e convenienti per vivere appieno la fede cristiana e cattolica. Siamo perciò agli antipodi di quello che si suole chiamare uniatismo. 

Fra gli elementi specifici che gli anglicani d'origine conserveranno all'interno dell'ordinariato personale si trovano i preti sposati. Ciò significa che la Chiesa latina cede nella sua disciplina sul celibato?

Philip Goyret: Si tenga presente che esisteva già la prassi, dovutamente approvata dalla Santa Sede, di permettere l'ordinazione presbiterale di quei singoli ministri anglicani sposati che, una volta ammessi nella piena comunione cattolica, desiderano esercitare il ministero sacerdotale. L'ordinazione sacramentale nella Chiesa cattolica è infatti necessaria, dato che non si ritengono validi gli ordini ricevuti nella comunione anglicana. Pertanto, la prassi che si annuncia per gli ordinariati personali non è nuova nella sostanza, ma solo rispetto al fatto di trovarsi all'interno di un ordinamento istituzionale globale. Si tratta, insomma, di un atteggiamento pastorale, attento a togliere eventuali intralci al cammino verso la piena comunione.

Né prima, né dopo si può quindi parlare di “cedimento”, perché si è di fronte ad una prassi “di transitorietà” che regge esclusivamente per coloro che, essendo ministri anglicani sposati, “emigrano” alla Chiesa cattolica e desiderano l'ordinazione. Ai seminaristi già anglicani non sarà consentito di sposarsi, e, naturalmente, nemmeno ad un cattolico che prospetta di incorporarsi nell'ordinariato personale in vista di un sacerdozio da sposato. E' inoltre chiaro che in nessun caso esisteranno Vescovi cattolici sposati all'interno di questi ordinariati, e nemmeno presbiteri coniugati a capo di qualche ordinariato personale come prelati. Nella Chiesa cattolica di rito latino la disciplina celibataria del clero resta dunque pienamente in vigore.

Ma si potrebbe prospettare qualche cambiamento futuro a questo riguardo?

Philip Goyret: Quando la Chiesa cattolica afferma che la continenza «non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio» (PO 16/1), vuol dire che, in effetti, il valore e l'efficacia delle funzioni sacerdotali non dipendono dal fatto che il sacerdote sia o non sia sposato. Occorre però tener presente che lo status del celibato sacerdotale nella Chiesa cattolica non è solo di semplice convenienza pastorale. Sia in ambito orientale che latino, sia fra cattolici che fra ortodossi, l'episcopato -- che è il sacerdozio nel suo grado maggiore -- è riservato ai celibi. In tutti questi casi, inoltre, non è mai permesso ad un sacerdote di sposarsi (sarebbe un matrimonio invalido): casomai, se appartiene ad un rito che lo consente, egli si può sposare prima dell'ordinazione. Tutto ciò lascia intuire come il vincolo sacerdozio-celibato affonda le sue radici più in profondità che la sola inventiva umana. Non è pertanto prospettabile che si possa modificare l'attuale disciplina.

Che effetti positivi può avere per la Chiesa cattolica l'istituzione degli ordinariati personali?

Philip Goyret: Ve ne sarebbero almeno tre. Da una parte, l'istituzione di questi ordinariati mostra la convenienza di disporre di circoscrizioni personali, gerarchicamente strutturate, a favore di categorie specifiche di fedeli, non delimitati da un criterio esclusivamente territoriale. Potremmo dire che la Chiesa, in vista della missione che è chiamata a compiere nel mondo, “si fa in quattro” per poter arrivare a tutti. Con questi ordinariati abbiamo uno stimolo per pensare ad altri ambiti che possano essere “accuditi” con strutture di questo tipo o simili. Al tempo stesso è stimolante per tutti coloro che soffrono, o almeno “pazientano”, a causa delle “verità scomode” che la Chiesa non cessa di affermare. Si vede, infatti, come difendere saldamente la fede, senza tradimenti, non svuota la Chiesa, ma la riempie. In definitiva, quando la Chiesa resta fedele al Vangelo ricevuto, essa si rende credibile.

Con l'istituzione di questi ordinariati, infine, le tradizioni liturgiche e spirituali provenienti dall'anglicanesimo non sono “tollerate”, ma “accolte” e, anzi, benvenute. Ciò conferma la rilevanza che la Chiesa cattolica concede all'inculturazione come componente intrinseca all'evangelizzazione. Non esisteva fino ad ora nessuno strumento canonico che permettesse agli anglicani di aderire pienamente alla Chiesa Cattolica?

Eduardo Baura: Oltre all'accoglienza individuale nella Chiesa Cattolica mediante una semplice cerimonia in cui il fedele esprime la piena adesione alla fede cattolica, finora alcuni gruppi di anglicani sono entrati nella piena comunione con la Chiesa Cattolica conservando in qualche modo la loro identità e le loro tradizioni, come avvenuto ad esempio per la diocesi anglicana di Amritsar, in India. Negli Stati Uniti, tra l'altro, esisteva la cosiddetta “Pastoral Provision”, mediante la quale alcune parrocchie anglicane sono passate alla piena comunione diventando parrocchie personali della Chiesa Cattolica, aventi come parroco il precedente pastore anglicano.

E, allora, perché non continuare con la stessa prassi?

Eduardo Baura: Nella nota informativa della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la nuova Costituzione Apostolica si afferma chiaramente che la norma progettata risponde a numerose richieste di gruppi di fedeli. Non basta quindi limitarsi a dei provvedimenti singolari di carattere eccezionale, ma occorre strutturare l'attenzione pastorale di questi fedeli, offrendo un quadro legale generale chiaro.

Dal punto di vista del diritto canonico, quali sono le novità di questo nuovo quadro normativo?

Eduardo Baura: Una risposta compiuta è possibile darla soltanto dopo che sarà promulgato il Documento. Comunque, stando alle dichiarazioni ufficiali espresse finora e alle prime reazioni, direi anzitutto che la Costituzione Apostolica serve ad agevolare l'unità di molti fedeli anglicani con la Chiesa Cattolica, garantendo loro un'organizzazione pastorale prestabilita e rispettosa della loro sensibilità. Penso che la novità più grande consista nella previsione di ordinariati. Sino a questo momento c'erano parrocchie personali sparse, oltre al caso della diocesi di Amritsar. Ora si potrà contare sulla presenza di un Ordinario con potestà per coordinare la pastorale con questi fedeli in un determinato ambito, presumibilmente quello di una Conferenza Episcopale. 

Che caratteristiche hanno questi nuovi ordinariati?

Eduardo Baura: Anche qui occorre attendere il testo per dare una risposta definitiva. Tuttavia, il fatto che siano stati comparati agli ordinariati militari permette di individuare alcune caratteristiche. Si tratta di un ente composto da fedeli che, per determinate circostanze, hanno bisogno di una cura pastorale specializzata, che viene affidata ad un Ordinario, aiutato dal suo presbiterio.

Sembra dunque che non ci sia alcuna differenza rispetto ad una diocesi…

Eduardo Baura: Infatti, ci sono importanti elementi in comune con le diocesi, invece la differenza più importante consiste, a mio avviso, nel fatto che la giurisdizione di questi Ordinari è necessariamente cumulativa con quella dei Vescovi diocesani, cioè si aggiunge a quella già esistente di questi ultimi. In pratica, i fedeli di questo tipo di ordinariati appartengono contemporaneamente alle diocesi locali. Spetta poi al singolo fedele la libertà di partecipare alla vita pastorale della diocesi o dell'ordinariato.

Molti giornali hanno comparato gli ordinariati per gli anglicani alle prelature personali, concretamente a quella dell'Opus Dei. Cosa c'è di corretto in questo paragone?

Eduardo Baura: Gli ordinariati per i fedeli di origine anglicana hanno la peculiarità di nascere sotto il patrocinio della Congregazione per la Dottrina della Fede, anziché provenire dalla Congregazione per i Vescovi (o dalla Congregazione di Propaganda Fide), come previsto per le prelature personali, oltre ad altre singolarità, come quelle derivate dall'uso di una liturgia particolare. Risulta facile paragonarli anche agli ordinariati esistenti in alcuni Paesi per l'attenzione pastorale di cattolici di altri riti, così come si possono realizzare delle comparazioni fra i diversi tipi di circoscrizioni territoriali (arcidiocesi, diocesi, prelature, etc.). Tuttavia, al di là delle differenze che portano la Santa Sede a raggruppare gli enti sotto diversi nomi, appare piuttosto logico evidenziare gli elementi comuni a tutte queste giurisdizioni personali. Ordinariati personali, militari, prelature personali costituiscono in ogni caso quei tipi di circoscrizioni personali espressamente volute dal Concilio Vaticano II, che si aggiungono alle Chiese locali (in quanto i loro fedeli appartengono anche alle diocesi), allo scopo di svolgere un'attività pastorale specializzata. Oltre che per il fenomeno pastorale dell'Opus Dei, finora erano state menzionate le prelature personali previste dal Codice di diritto canonico come soluzione ad alcune necessità pastorali derivanti dalla mobilità umana. Ora si sta osservando che questo tipo di circoscrizioni personali può essere anche di grande utilità in ambito ecumenico.

Non sono da temere delle difficoltà nei rapporti con le chiese locali?

Eduardo Baura: Queste giurisdizioni personali devono essere viste nell'ottica dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II. Da questo punto di vista, emerge chiaramente che tra i Pastori della Chiesa non esiste la concorrenza, ma la collaborazione e la comunione. Peraltro la previsione di questo tipo di circoscrizioni personali risponde al desiderio di offrire un aiuto alle chiese locali, mediante la creazione di enti capaci di svolgere un'attività pastorale speciale, che va oltre le normali possibilità di organizzazione delle diocesi, in favore dei loro fedeli. Un documento emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1992, chiamato significativamente Communionis notio, metteva in luce come fosse possibile che questi enti creati dalla Santa Sede per peculiari compiti pastorali si inserissero armonicamente nella comunione con le Chiese locali. Spetta poi alla Costituzione Apostolica e alle norme statutarie di ogni singolo ordinariato garantire le prerogative degli Ordinari locali e le modalità dei rapporti dell'Ordinario e dei sacerdoti dell'ordinariato con le autorità locali, oltre a dare norme su tanti altri aspetti: come si incorpora un fedele all'ordinariato, quali libri di registro si devono tenere e altri particolari di questo genere.

L'opinione pubblica si è interessata soprattutto alla novità di poter avere sacerdoti sposati. Questa possibilità non suppone l'introduzione di un criterio discriminante tra i sacerdoti cattolici, imponendo ad alcuni il celibato e ad altri no?

Eduardo Baura: Mi sembra chiaro che la novità intende far fronte ad una situazione transitoria, perché i criteri della Chiesa al riguardo non sono cambiati. Inoltre, la novità è relativa. Oltre all'esistenza di sacerdoti cattolici sposati di rito orientale, la Santa Sede aveva già concesso la necessaria dispensa affinché alcuni presbiteri anglicani sposati potessero ricevere l'ordinazione sacerdotale ed esercitare il ministero nella Chiesa Cattolica. La possibilità, prevista ora nella legge, di ordinare sacerdoti cattolici quelli che erano già pastori anglicani sposati, non è che un modo di facilitare l'incorporazione alla piena comunione di questi fedeli. D'altronde, il celibato sacerdotale non è visto da chi lo assume come un'imposizione, ma come un dono ricevuto da Dio e come un impegno assunto liberamente al momento di decidere di dedicarsi al servizio del ministero.
 

Caterina63
00martedì 10 novembre 2009 09:59

COMUNICATO STAMPA

Il 20 ottobre 2009, il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha annunciato un nuovo documento per rispondere alle numerose richieste pervenute alla Santa Sede da gruppi di ministri e fedeli anglicani di diverse parti del mondo, i quali desiderano entrare nella piena e visibile comunione con la Chiesa Cattolica.


La Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus che oggi viene pubblicata introduce una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai suddetti gruppi di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Contemporaneamente la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato Norme Complementari, che serviranno alla retta attuazione del provvedimento.


Questa Costituzione Apostolica apre una nuova strada per la promozione dell’unità dei cristiani, riconoscendo nel contempo la legittima diversità nell’espressione della nostra fede comune. Non si tratta di un’iniziativa che abbia avuto origine nella Santa Sede, ma di una risposta generosa da parte del Santo Padre alla legittima aspirazione di tali gruppi anglicani. L’istituzione di questa nuova struttura si colloca in piena armonia con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica.



La possibilità prevista dalla Costituzione Apostolica della presenza di alcuni chierici sposati negli Ordinariati Personali non significa in alcun modo un cambiamento nella disciplina della Chiesa per quanto riguarda il celibato sacerdotale. Esso, come dice il Concilio Vaticano Secondo, è segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale e annuncia in modo radioso il regno di Dio (Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1579).


CLICCARE QUI

ATTENZIONE: COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS






[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740722]

Caterina63
00martedì 10 novembre 2009 09:59

COMUNICATO STAMPA

Il 20 ottobre 2009, il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha annunciato un nuovo documento per rispondere alle numerose richieste pervenute alla Santa Sede da gruppi di ministri e fedeli anglicani di diverse parti del mondo, i quali desiderano entrare nella piena e visibile comunione con la Chiesa Cattolica.


La Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus che oggi viene pubblicata introduce una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai suddetti gruppi di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Contemporaneamente la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato Norme Complementari, che serviranno alla retta attuazione del provvedimento.


Questa Costituzione Apostolica apre una nuova strada per la promozione dell’unità dei cristiani, riconoscendo nel contempo la legittima diversità nell’espressione della nostra fede comune. Non si tratta di un’iniziativa che abbia avuto origine nella Santa Sede, ma di una risposta generosa da parte del Santo Padre alla legittima aspirazione di tali gruppi anglicani. L’istituzione di questa nuova struttura si colloca in piena armonia con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica.



La possibilità prevista dalla Costituzione Apostolica della presenza di alcuni chierici sposati negli Ordinariati Personali non significa in alcun modo un cambiamento nella disciplina della Chiesa per quanto riguarda il celibato sacerdotale. Esso, come dice il Concilio Vaticano Secondo, è segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale e annuncia in modo radioso il regno di Dio (Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1579).


CLICCARE QUI

ATTENZIONE: COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS






[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740722]

Caterina63
00lunedì 30 novembre 2009 02:06
Verso la terza fase
della Commissione internazionale
tra anglicani e cattolici




A seguito dell'incontro tenutosi in Vaticano il 21 novembre tra Benedetto XVI e l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams - nel corso del quale essi hanno ribadito il desiderio di rafforzare le relazioni ecumeniche tra anglicani e cattolici - il 23 novembre si è riunito un comitato preparatorio per approntare la terza fase della Commissione internazionale tra anglicani e cattolici (Arcic, Anglican - Roman Catholic International Commission).

È stato deciso che questa nuova fase avrà inizio entro il prossimo anno. Nella terza fase si tratteranno questioni fondamentali riguardanti la Chiesa - Chiesa locale e Chiesa universale - intesa come comunione, e il modo in cui la Chiesa, locale e universale, possa discernere, nella comunione, il giusto insegnamento morale. Nei prossimi mesi verranno nominati i membri della Commissione e sarà annunciata la data del suo primo incontro.



(©L'Osservatore Romano - 29 novembre 2009)

Caterina63
00venerdì 19 febbraio 2010 15:23
Sorriso ci siamo?

da Cantuale Antonianum

Dobbiamo attendere il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, per avere l'ufficialità delle notizie, ma il buon Damian Thompson è incontenibile, e in questi giorni ci sta anticipando non poche novità riguardo l'attuazione di "Anglicanorum Coetibus", cioè il piano di Papa Benedetto per il ritorno degli anglicani in piena comunione con Roma.

Sappiamo che in Australia sia la Traditional Anglican Communion, cioè quella Chiesa anglicana indipendente che ha messo in moto il processo per giungere agli ordinariati personali, sia l'associazione Forward in Faith, cioè gli anglicani veri e propri, ma di orientamento tradizionale-cattolico, vogliono unire le forze per un unico Ordinariato e hanno già formalmente fatto le necessarie richieste.

Nel frattempo un'altra notizia grossa ha colpito la rete: il vescovo ausiliare di Newcastle in Inghilterra, Paul Richardson (63 anni) si è convertito silenziosamente il mese scorso al cattolicesimo.

Senza scalpori ha lasciato la veste paonazza e i non pochi privilegi del suo status per diventare un semplice laico della diocesi londinese di Southwark. Il controesodo sta iniziando. Speriamo - dice sempre Thompson - che i vescovi di Inghilterra e Galles sia accoglienti come vuole il Papa (e come impone il vangelo) con questi fratelli cristiani di ritorno (cosa non del tutto scontata).

Caterina63
00giovedì 4 marzo 2010 09:21

I tradizionalisti anglicani d'America vogliono l'unione con Roma

COMUNICATO DELLA CAMERA DEI VESCOVI DELLA CHIESA ANGLICANA IN AMERICA, TRADITIONAL ANGLICAN COMMUNION, 3 MARZO 2010.

Noi, la Camera dei Vescovi della Chiesa Anglicana in America, membro della T.A.C., ci siamo incontrati in Orlando, Florida, insieme al nostro Primate e al rev. Christopher Phillips della Parrocchia dello “Anglican Use” di Our Lady of the Atonement (San Antonio, Texas) ed altri [le parrocchie "anglican use" sono quelle istituite negli USA da ex anglicani passati al cattolicesimo, che mantengono le loro tradizioni liturgiche grazie alla pastoral provision di Giovanni Paolo II: un provvedimento certo di respiro e portata più limitata, ma precursore della Anglicanorum coetibus].

In questo incontro, è stata assunta la formale decisione di richiedere l'applicazione delle previsioni della Costituzione Apostolica Anglicanorum cœtibus negli Stati Uniti d'America, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede.




Precisiamo che questa decisione dei membri statunitensi della T.A.C. segue analoghe decisioni della Traditional Anglican Communion in Australia, Inghilterra e America centrale. Ancor più significativo: l'associazione Forward in Faith (che, a differenza della T.A.C., continua a far parte - forse ancora per poco - della Comunione Anglicana vera e propria, quella dell'arcivescovo di Canterbury) ha espresso la medesima intenzione ed è stato anche fondato un sito (Friends of the Ordinariate) che raccoglie membri filocattolici attualmente delle chiese (anglicane, legate a Canterbury) delle isole britanniche.




Caterina63
00martedì 9 marzo 2010 23:46
Il cardinale Levada sugli anglicani nella Chiesa cattolica

Una voce diversa
ma consonante


Kingston, 9. "Armonizzare i suoni come in una sinfonia":  il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale William Joseph Levada, ha utilizzato questa metafora per sottolineare, in un intervento nei giorni scorsi, l'apporto degli anglicani alla Chiesa cattolica, alla luce della Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus di Benedetto XVI.

Parlando in occasione di un incontro presso il Newman Center della Queen's University, a Kingston, in Canada, il prefetto ha affermato che gli anglicani che desiderano entrare nella piena e visibile comunione con la Chiesa cattolica "forniranno un suono distinto nella comunità ecclesiale, nella maniera in cui i differenti strumenti di un'orchestra concorrono a creare una sinfonia".

E ha specificato:  "Quando un individuo, o ancor più, una comunità è pronta per l'unità con la Chiesa di Cristo che sussiste nella Chiesa cattolica, costituirebbe un tradimento dei principi e degli obiettivi ecumenici cattolici il rifiuto di abbracciarli, assieme ai doni distintivi che arricchiscono la Chiesa e che aiutano il suo approccio "sinfonico" nei confronti del mondo, ovvero suonando insieme o uniti".
 
Riferendosi poi al processo che ha portato alla pubblicazione della Costituzione apostolica, il cardinale ha osservato che si tratta "del logico risultato" di anni di dialogo, a partire dallo storico incontro nel 1966 tra Paolo vi e l'arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey. In particolare, ha aggiunto che il risultato ottenuto è "uno dei frutti" del lavoro ultratrentennale dell'Anglican-Roman Catholic International Commission (Arcic) che ha prodotto una serie di documenti su vari temi di fede.

Il prefetto ha quindi ribadito che "costituirebbe un tradimento dell'ecclesiologia cattolica non abbracciare questi gruppi di anglicani con i doni che essi recano" nell'ambito della missione al servizio dell'amore di Cristo e ha infine sottolineato il sentimento di speranza e l'impegno che accompagneranno gli ulteriori progressi nel cammino verso la realizzazione dell'aspirazione alla piena e visibile unione nell'unica Chiesa, portando a esempio, a tal proposito, l'istituzione di una terza commissione per il dialogo tra cattolici e anglicani, avvenuta dopo l'incontro a novembre scorso tra Benedetto XVI e l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.

Il cardinale Levada ha fatto poi riferimento agli effetti negativi che l'ordinazione di donne vescovo avrebbe nel processo di ricerca dell'unità, puntualizzando che il sacerdozio maschile "non è una mera prassi, ma è nella natura dottrinale, e non può essere una questione relegata ai margini".


(©L'Osservatore Romano - 10 marzo 2010)



Caterina63
00giovedì 15 aprile 2010 19:05
Sulla petizione australiana
di un ordinariato secondo la costituzione "Anglicanorum coetibus"

    A proposito dell'articolo pubblicato nell'edizione di ieri del nostro giornale sulla petizione di erigere un ordinariato per fedeli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica in Australia, bisogna precisare che secondo la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus di Benedetto XVI e le Norme complementari della Congregazione per la Dottrina della Fede, i vescovi già anglicani coniugati non potranno essere ordinati vescovi nella Chiesa cattolica, anche se potranno essere ordinati presbiteri ed esercitare il ruolo di Ordinario.


(©L'Osservatore Romano - 16 aprile 2010)
Caterina63
00domenica 30 maggio 2010 17:46

Attraversando il Tevere

Ho letto questa bellissima storia di conversione di un anglicano e della sua famiglia al cattolicesimo. Prima sacerdote della Chiesa anglicana, Jeffrey ora si prepara a diventare sacerdote cattolico. Ho tradotto le parti del suo racconto che considero più significative. L'intera storia si trova qui.


Scrivo per annunciarvi che sto per diventare cattolico con mia moglie Rhea ed i nostri sei bambini. Mi rendo conto che questa decisione renderà qualcuno realmente felice, qualcuno molto triste ed altri presumibilmente arrabbiati. Ma ho preso la decisione con il senso più profondo di libertà e in coscienza. Vorrei ripercorrere in parte il mio viaggio verso Roma e spiegare ciò che in questi mesi ho avuto nel cuore. L’annuncio è stato fatto stamane nelle tre parrocchie [anglicane] nelle quali presto servizio e perciò la notizia è pubblica. A breve sarò accolto nella santa Madre Chiesa.
I miei studi di PhD [all’università di St. Andrews] hanno indirizzato il mio viaggio verso il mondo cattolico, orientandolo in senso teologico. [...]

Con tutto quello che sta accendendo attualmente nella Comunione Anglicana e specialmente all'interno della C ofE [Chiesa d’Inghilterra], in particolare su come prende le decisioni sulla dottrina, ho cominciato a pormi delle domande riguardo all’autorità. [...] Divenni cosciente che era quasi impossibile dire quale fosse l’insegnamento della Chiesa all’interno della Comunione Anglicana, perché ci sono varie opinioni sui sacramenti, sulla liturgia, sulla morale, sulle Scritture, etc. [...] La mia predica sarebbe sempre stata vista come il segno di una opinione personale e non come l’insegnamento pubblico di un Magistero autorevole. Naturalmente c’è un dissenso anche all’interno della Chiesa cattolica, ma la Chiesa rimane sempre la stessa e il dissenso si rivolge piuttosto contro ciò che la Chiesa afferma con autorità. Ed è questa la Verità che abbraccio con profonda fede in questo momento.
In gennaio ho cominciato a pregare seriamente per il mio viaggio e cercavo di intendere quel che è la communio [...].
Nel mio cuore, ho capito che era cresciuto un amore verso il credo e la fede cattolica, come sono insegnati nel Catechismo cattolico. L’ultimo giorno del mio soggiorno a Roma, il 17 aprile 2009, sono andato alla tomba di San Pietro ed ho pregato in ginocchio per un certo tempo. Ho capito in cuor mio che ero cattolico e pregavo che fossero rimossi gli ostacoli che ancora mi trattenevano dal grande passo.
[...]
Ci sono molte persone alle quali devo dei ringraziamenti. [...] Il mio ringraziamento più profondo va alla donna meravigliosa che ha detto “sì„ alla mia domanda sedici anni fa. Mi ha dato sei bambini meravigliosi e tutti hanno una fede cattolica profonda e servono Cristo da veri testimoni del suo amore.


[Luca G.]



Caterina63
00lunedì 27 settembre 2010 23:04

Partono gli ordinariati anglicani!


Il viaggio del Papa in Gran Bretagna ha dato luogo ad un'improvvisa accelerazione nel cammino dell'unità con i tradizionalisti anglicani. Da un lato il successo della visita e il carisma del Papa, mostrati su tutti i media britannici, hanno una forza trascinante per quegli anglicani attratti dal cattolicesimo; dall'altro, quegli stessi elementi (ossia la dimostrazione in concreto di quanto questo Papa sia amato, rispettato e - è la cosa più notevole - ascoltato) costringono i nemici interni a mordere il freno: dal viaggio in Inghilterra il Papa è tornato indiscutibilmente rafforzato perché ha dato al mondo la prova che le tempeste mediatiche con cui si cerca in ogni modo di ostacolarlo sono solo voci rabbiose senza grande seguito nell'opinione pubblica.

Così, a nemmeno una settimana dal ritorno a Roma del Papa, abbiamo avuto questi importanti sviluppi:

- E' stata nominata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede la commissione episcopale che si occuperà dell'accoglienza di gruppi anglicani degli Stati Uniti e della costituzione di un ordinariato. La presidenza è stata assegnata all'arcivescovo di Washington Wuerl ed è composta, oltre che da altri due vescovi, da Father Scott Hurd, che la 'traversata del Tevere' l'ha già compiuta: prete episcopaliano (così si chiamano gli anglicani americani), si è convertito ed è stato ordinato prete cattolico (vedi qui).

- Quasi in contemporanea, la diocesi degli Stati Uniti orientali della Traditional Anglican Communion ha deliberato di chiedere l'applicazione dell'Anglicanorum coetibus (vedi qui)

- In Inghilterra, due parroci hanno annunziato ai parrocchiani di aver deciso di 'prendere il cammino verso Roma': Giles Pinnock, vicario di St Mary-the-Virgin in Kenton, a nord di Londra, e Robin Farrow vicario di St Peter’s in West Blatchington, East Sussex. Non una scelta facile: ad esempio quest'ultimo dovrà abbandonare il vicariato (gli immobili, ovviamente, restano di proprietà della 'chiesa' anglicana), con due figli ed un terzo in arrivo (link).

- Sempre in Inghilterra, anche i flying bishops, ossia quei vescovi della chiesa anglicana nominati per le parrocchie che rifiutavano le donne-prete, stanno rompendo gli ormeggi e sollecitano i fedeli a seguirlo nel cammino, anche se sanno che, all'inizio, solo pochi avranno abbastanza coraggio per lanciarsi nell'avventura. Secondo alcune voci, il primo ordinariato verrebbe annunciato già il prossimo 9 ottobre, festa liturgica del neo-beato John Henry Newman; ma se così non fosse, sembra comunque assodato che ciò avverrà prima della fine dell'anno (fonte: Catholic Herald).

Anche se la conferenza episcopale di Inghilterra e Galles non sembra manifestare soverchio interesse e disponibilità verso i 'ceti anglicani'. Forse la ragione è nel notoriamente scarso entusiamo dei vescovi inglesi, progressisti in gran parte, nell'accogliere una trasfusione di tradizionalisti, sia pure anglicani; tanto che il Papa, al termine del suo viaggio nel Regno Unito, ha ritenuto necessario richiamarli al dovere di "essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus" (vedi
qui). Prova provata che questa generosità è tutt'altro che scontata.


CLICCARE QUI

ATTENZIONE: COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS

Caterina63
00venerdì 1 ottobre 2010 11:14

La Chiesa del Monte Calvario di Baltimora lascia la Chiesa Episcopale e da ottobre aderisce alla Cattolica in applicazione della Anglicanorum Coetibus

Clicca qui per leggere la bella notizia segnalataci da Alberto. Qui una traduzione.
Caterina63
00martedì 19 ottobre 2010 12:54
John Broadhurst chiederà d'entrare nella Chiesa cattolica

Si dimette il vescovo anglicano di Fulham


Londra, 18. «Miei cari fedeli, prima della fine dell'anno ho intenzione di dimettermi dall'attuale carica di vescovo di Fulham. Inoltre spero di poter entrare a far parte dell'Ordinariato cattolico non appena sarà stabilito»: questo l'annuncio fatto, venerdì scorso, da John Broadhurst nel suo intervento davanti all'Assemblea nazionale di «Forward in Faith» a Londra. Questo movimento, del quale Broadhurst è presidente, è costituito da fedeli anglicani tradizionalisti che, tra l'altro, si oppongono alla decisione presa dal recente sinodo di York sulla futura consacrazione di donne vescovo.

Secondo quanto stabilito dal «London plan», il vescovo John Broadhurst, suffraganeo della diocesi di Londra, ha l'incarico di provvedere alla cura pastorale delle parrocchie nelle quali la maggioranza dei fedeli è contraria all'ordinazione delle donne. Oltre a quelle nell'ambito della diocesi di Londra, alla sua cura sono anche affidate le parrocchie anglicane tradizionaliste di Southwark e di Rochester.

Nel corso dell'intervento davanti all'assemblea di «Forward in Faith», Broadhurst ha auspicato che, per quanto riguarda il futuro Ordinariato cattolico, il procedimento per la sua istituzione possa avvenire nel modo più semplice possibile. Inoltre, ha affermato di «essere ansioso di sapere se la sua richiesta d'adesione verrà accolta». L'esponente tradizionalista ha tuttavia rassicurato i fedeli aderenti a «Forward in Faith» dichiarando di non avere alcuna intenzione di dimettersi dalla presidenza di questa organizzazione in quanto essa non è una struttura dipendente dalla Chiesa anglicana in Gran Bretagna.

Nel corso del recente sinodo degli anglicani d'Inghilterra, svoltosi a York dall'8 al 13 luglio, l'arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana Rowan Williams aveva presentato una proposta affinché, in futuro, un vescovo donna possa avere la possibilità d'incaricare un altro vescovo, necessariamente uomo, di avere la cura pastorale delle parrocchie contrarie alla consacrazione episcopale delle donne, in modo da preservare l'unità della diocesi, senza forzare sensibilità diverse, obbligando dei fedeli ad accettare qualcosa da loro considerato incompatibile con la tradizione anglicana.

La proposta di Williams era stata appoggiata dall'arcivescovo di York, John Sentamu, con il chiaro intento di giungere a una soluzione che evitasse di prendere un'ulteriore decisione per maggioranza. La proposta di Rowan Williams era stata rigettata dopo un animato dibattito tra i membri del sinodo di York, nel quale erano emerse le diverse posizioni sul tema delle donne vescovo.

Intanto, il giorno dopo la conclusione dell'assemblea di «Forward in Faith», è giunta sabato la notizia che anche i quaranta membri di una Congregazione anglicana a Folkstone hanno deciso di volere aderire a un prossimo Ordinariato cattolico.


(©L'Osservatore Romano - 18-19 ottobre 2010)

Caterina63
00venerdì 29 ottobre 2010 11:54

Parla il primo vescovo anglicano che entrerà nell'Ordinariato cattolico

Grazie al Papa Ratzinger blog scopriamo una toccante intervista, andata in onda alla radio su BBC4, al vescovo anglicano John Broadhurst di Fulham (quartiere londinese), presidente dell'organizzazione anglocattolica Forward in Faith, il quale ha deciso di rompere gli indugi e entrare nel costituendo ordinariato cattolico per gli anglicani. Ne traduciamo la parte finale, che dà la misura del coraggio necessario per lasciare alle spalle le "cipolle d'Egitto".

[..]
- Che cosa Le accadrà ora in pratica? Si dimette dalla posizione di vescovo di Fulham. E poi, che cosa? Sarà ordinato sacerdote nella Chiesa cattolica? E’ quello il progetto?
Quello dipende da loro; non spetta a me. Tutto ciò che posso dire è che è mio intento rassegnare le dimissioni alla fine dell'anno, e spero (e le mie parole sono molto attente: intendo e spero...) … spero di entrare nell'Ordinariato.

- Tanto per essere chiaro su ciò che potrebbe significare: lei presumibilmente non potrebbe essere un vescovo negli ordini cattolici romani perché è sposato?
No, no.

- … ma spera di essere un sacerdote?
Sì, mi auguro di essere un sacerdote; ma alla fine, se anche dovessi essere un laico, non è la fine. Una delle cose sul dibattito sulle donne vescovo: il ministero non è una carriera: è in realtà una vocazione. Così devi fare ciò che la Chiesa richiede da te, non quello che tu richiedi alla Chiesa.

- E quante persone — siamo all'inizio del processo — quanti si aspetta a lungo termine, mentre il processo si svolge, che seguiranno le sue orme?
Non stanno seguendo le mie orme, ma l’offerta del Papa. Per essere onesto con lei, penso che inizialmente saranno piuttosto pochi. Conosco altri sacerdoti e vescovi che hanno intenzione di accogliere questa offerta. Saranno pochi inizialmente perché per molti sacerdoti, se si ha una moglie e la famiglia e si vive in una canonica, è molto difficile abbandonare tutto per una situazione piuttosto insicura, ma ho ricevuto molte email da laici, che dicevano: "come facciamo per entrare?" Non è possibile entrare in qualcosa che non esiste. Così fino a quando l'Ordinariato è istituito e funzionante, nessuno può dire quanti vi aderiranno.

- E tanto per essere chiari, lei è assolutamente sicuro nella sua mente che sta facendo il passo giusto; ha preso molto tempo per raggiungere la decisione, ma non ha dubbi su di essa?
Sono assolutamente sicuro. E credo che non si possa tornare indietro se si è detto pubblicamente dove ci si colloca; questo è quel che va fatto, e lo farò con speranza

Fonte: The anglocatholic





Un Vescovo anglicano si unisce alla Chiesa cattolica per “ragioni positive”


Afferma di rispondere alla chiamata di Cristo all'unità


RICHBOROUGH, novembre 2010 (ZENIT.org).- In una lettera inviata alla sua congregazione, il Vescovo anglicano Keith Newton di Richborough ha spiegato perché non sta lasciando la Chiesa d'Inghilterra per ragioni negative, ma per motivi positivi.

In una lettera pastorale diffusa questo martedì, il Vescovo Newton ha confermato la sua decisione, annunciata con altri quattro presuli lunedì, e ha espresso la “speranza” che la sua congregazione comprenda che la sua risoluzione non è motivata da “reazioni negative relative ai problemi della Chiesa d'Inghilterra”.

Il presule ha spiegato di aver preso questa decisione “per ragioni positive in risposta alla preghiera di nostro Signore la notte prima di morire, 'che tutti siano uno'”.

La Costituzione Apostolica
Anglicanorum coetibus, pubblicata un anno fa, ha offerto a gruppi di anglicani un modo per entrare nella Chiesa cattolica attraverso l'istituzione di Ordinariati personali, un nuovo tipo di struttura canonica.

La Costituzione sottolinea che queste comunità potranno mantenere alcuni elementi delle loro tradizioni liturgiche e spirituali.

Il Vescovo Newton è uno dei tre “Vescovi volanti” - coloro che svolgono il proprio ministero con i fedeli più tradizionali che non accettano la decisione anglicana di ordinare donne al sacerdozio – ad aver annunciato la propria intenzione di unirsi alla Chiesa cattolica. Gli altri due sono il Vescovo Andrew Burnham di Ebbsfleet e il Vescovo John Broadhurst di Fulham.

Hanno dato le dimissioni anche due Vescovi emeriti: Edwin Barnes di Richborough e il Vescovo ausiliare David Silk di Exeter.

Nella sua lettera, il Vescovo Newton ha espresso gratitudine ai fedeli di Richborough, che ha servito per più di otto anni. “Non riesco a esprimere tutta la mia gratitudine per il calore, l'amicizia e il sostegno che ho sperimentato da parte di tanti sacerdoti e tanti fedeli laici. Non l'ho meritato, ma ringrazio Dio per tutto ciò che ho ricevuto da voi”, ha scritto.

Il Vescovo afferma che la sua decisione ha richiesto una lunga lotta interiore: “Se è vero che [la questione dell'ordinazione di donne] è stata un fattore importante, non è stato quello più significativo”.

“Il mio pellegrinaggio mi sta ora portando in una direzione diversa”, ha aggiunto.

Il presule ha sottolineato che la pubblicazione della Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus è giunta come “una sorpresa, e ha cambiato completamente il panorama per gli anglo-cattolici”.

Il Vescovo Newton si è quindi riferito all'Anglican-Roman Catholic International Commission (ARCIC), introdotta da Papa Paolo VI e dall'Arcivescovo Michael Ramsey nel 1967, che ha incoraggiato l'unità tra le due Chiese.

Molti membri del clero anglicano, ha dichiarato, hanno sperato in una simile unità per anni; con l'accettazione di alcune questioni come l'ordinazione femminile e “altre questioni dottrinali e morali” da parte della Chiesa d'Inghilterra, tuttavia, quell'unità “sembra ora una speranza molto più lontana”.

Anche se le sue dimissioni non saranno effettive fino al 31 dicembre, ha concluso il Vescovo, non condurrà “alcun servizio episcopale pubblico fino a quel momento”.





Caterina63
00mercoledì 3 novembre 2010 08:50


dal Blog Messainlatino:
Oggi è previsto che l'Arcivescovo di Canterbury renda pubblico l'abbandono dell'anglicanesimo da parte di due vescovi, rispetto ai quattro il cui passaggio al cattolicesimo è dato per certo, come avevamo già
riferito qui. Tra l'altro, indiscrezioni forniscono l'importante anticipazione che l'Ordinariato anglo-cattolico vedrà la luce per la prossima Pentecoste e che a guidarlo sarà, quanto meno per la sua branca inglese, l'attuale vescovo anglicano di Richborough, Keith Newton, di anni 58. Interessante segnalare che quest'ultimo, essendo ammogliato, non potrà ricevere la pienezza dell'ordine secondo la tradizione (comune a cattolici ed ortodossi) che riserva l'episcopato ai celibi. Potrà però, secondo il motu proprio Anglicanorum Coetibus, ricevere l'ordinazione presbiterale ed anche portare insegne episcopali ed esercitare il relativo potere di giurisdizione, disgiunto, evidentemente, dal potere sacramentale. Per farci un'idea più precisa della situazione anglicana, pubblichiamo intelligente articolo che segue.

AGGIORNAMENTO: sono cinque, anziché quattro, i vescovi anglicani d'Inghilterra che chiedono di essere ammessi nel futuro Ordinariato:
leggi qui.



Gli anglicani pronti ad “attraversare il Tevere”


di Gianfranco Amato

ROMA, martedì, 2 novembre 2010 (ZENIT.org).- La Comunione anglicana è costituita dall’insieme delle Chiese che si riconoscono in quella forma di religione cristiana che va sotto il nome di anglicananesimo. La compongono trentotto provincie sparse in tutto il mondo e dotate di autonomia, sotto la guida spirituale di un primate, l’Arcivescovo di Canterbury della Chiesa d’Inghilterra, detta anche Chiesa madre. Delle provincie fanno parte anche la Chiesa Episcopale degli Stati Uniti e la Chiesa Episcopale Scozzese. Quella anglicana è comunque una Comunione che scricchiola.

I primi dissensi sono sorti quando l’ala liberale, mossa dallo spirito politically correct e dal mito dell’emancipazione femminile, ha chiesto ed ottenuto l’ordinazione di preti e vescovi donna. Quello del sacerdozio femminile è stato uno dei principali motivi di divisione all’interno della Comunione, e poiché diverse parrocchie non lo hanno accettato, l’Arcivescovo di Canterbury ha deciso di nominare degli appositi Pastori, i Provincial Episcopal Visitors, popolarmente chiamati PEV o “flying bishop” (vescovi volanti), affidando loro i fedeli tradizionalisti.

E’ nata persino un’associazione mondiale denominata Forward in Faith (avanti nella fede), costituita da religiosi e laici anglicani che si sono opposti alla consacrazione sacerdotale delle donne, per tre sostanziali ragioni. Primo, tale pratica viene considerata contraria alle Sacre Scritture, come insegna la tradizione bimillenaria della Chiesa cristiana occidentale ed orientale. Secondo, l’ordinazione femminile, decisa unilateralmente e senza previo accordo da parte di alcune Chiese della Comunione anglicana, si è posta come un grave atto scismatico. Terzo, le donne-sacerdote creano un ulteriore ed insormontabile ostacolo nel cammino ecumenico di riconciliazione con la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.

A seguito delle sempre più numerose richieste di conversione da parte di anglicani, Benedetto XVI, dando ancora una volta prova di intelligente sensibilità, ha emanato, il 4 novembre 2009 (memoria di San Carlo Borromeo), la Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus, con la quale si è consentita l’istituzione di Ordinariati personali, per permettere a gruppi di ministri e fedeli anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Ciascun ordinariato  - giuridicamente assimilato ad una diocesi – avrà, infatti, facoltà «di celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede, in modo da mantenere vive all’interno della Chiesa cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere».

Nel frattempo, la situazione della cosiddetta Comunione anglicana è andata peggiorando.

Come se non bastasse, al problema del sacerdozio femminile si è aggiunto quello dei Vescovi omosessuali.

Dopo le polemiche sorte nel maggio 2003 a seguito della nomina Jeffry John a Vescovo di Reading, ed alla successiva revoca dopo due mesi (John non era solo un omosessuale dichiarato ma per anni era stato anche un convinto attivista delle lobby gay), l’Arcivescovo di Canterbury ha chiesto una moratoria sulla consacrazione dei presuli omosessuali e delle consorelle dedite all’amore saffico. La tregua si è però rotta lo scorso 15 maggio quando la Chiesa Episcopale Americana ha approvato la nomina della reverenda Mary Glasspool a Vescovo ausiliario di Los Angeles. La Glasspool, infatti, non solo è una lesbica dichiarata, ma convive ufficialmente con la propria compagna. Inutili sono stati gli strepiti dell’Arcivescovo di Canterbury, mentre furiosa è montata l’indignazione tra i Vescovi ed i fedeli di numerose comunità anglicane.

Peter Jensen, Arcivescovo di Sydney ha condannato la decisione di nominare Vescovo un’omosessuale convivente (“partened lesbian”), ritenendo che tale decisione non solo «avalli uno stile di vita contrario alle Scritture», ma crei un’ulteriore seria divaricazione all’interno della Comunione Anglicana, tale da metterne a rischio la stessa esistenza. La Chiesa Episcopale Scozzese, invece, lo scorso agosto, ha dichiarato, per bocca del suo Primus, il rev. David Chillingworth, che la questione della nomina dei Vescovi omosessuali deve essere serenamente affrontata «senza veli o infingimenti». Facile immaginare come tutto ciò abbia creato sconcerto e smarrimento tra il popolo dei fedeli anglicani.

Questo era il quadro della situazione quando Benedetto XVI ha messo piede nel Regno Unito lo scorso 17 settembre, in occasione della sua visita di Stato. Il Santo Padre durante tutto il tour britannico non ha mai smesso di rivolgere la propria attenzione al disagio vissuto dalle comunità anglicane tradizionaliste, ed al loro desiderio di ricongiungersi alla Chiesa di Roma. Non è un caso, infatti, che al termine della visita, prima di ripartire, il Pontefice, parlando ai vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia, riuniti a Birmingham, abbia rinnovato loro l'invito ad «essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus».

I frutti della provvidenziale visita papale, del resto, non si sono fatti attendere.

Lo scorso 15 ottobre, parlando all’Assemblea Nazionale di Forward in Faith, il suo presidente John Broadhurst ha annunciato di voler chiedere entro l’anno la piena comunione con il Papa, formalizzando la propria conversione al cattolicesimo. John Broadhurst nel mondo anglicano non è un quisque de populo. Oltre ad essere, infatti, Vescovo di Fulham nella diocesi di Londra, è da sempre considerato la “big beast”, il leader carismatico, del movimento anglo-cattolico tradizionalista. Che si tratti di una conversione sincera e convinta lo dimostra anche il fatto che nell’Ordinariato cattolico non potrà mantenere la carica di Vescovo, in quanto sposato e padre di quattro figli (uno dei quali, peraltro, si chiama Benedict). Sarà comunque un ottimo sacerdote.

Arguto uomo di spirito, dalla battuta sempre pronta, colto, intelligente e combattivo, John Broadhurst ha anche dichiarato che rimarrà presidente di Forward in Faith, poiché l’associazione non dipende direttamente dalla Chiesa anglicana. Per Broadhurst si tratta di un vero ritorno a casa, dato che egli proviene da una famiglia cattolica, ed è stato battezzato secondo il rito di Santa Romana Chiesa. Che non si tratti, comunque, di una folgorazione improvvisa ma di un percorso preparato e meditato, lo dimostra l’incontro riservato avuto alla fine di luglio del 2009 con il Cardinale di Vienna Christoph Schönborn, espressamente voluto da Benedetto XVI.

All’ultima Assemblea di Forward in Faith, oltre all’annuncio di Broahurst, si è potuto ascoltare anche il raffinato e lucido discorso di padre James Patrick, al secolo  His Honour Judge James Patrick. L’ex magistrato, ora sacerdote cattolico, ha spiegato che l’idea dell’Ordinariato è sempre stata «al centro della missione del Papa», ed ha esortato tutti coloro che hanno mostrato interesse per tale struttura, a formare una grande «prima ondata». Poiché padre Patrick ha parlato di un «percorso quaresimale», qualcuno ha voluto intravvedere in quella espressione una conferma dei rumours che riecheggiano circa una trasmigrazione di massa nella Chiesa Cattolica a pasqua. Già si sa di altri presuli.

Non solo John Broadhurst, infatti, ma anche il Presidente della Church Union, Edwin Barnes, Vescovo emerito di Richborough, è in procinto di “cross the Tiber” (attraversare il Tevere), come si usa dire da quelle parti.

E così sarebbero in totale quattro i Vescovi della Chiesa d’Inghilterra che intendono ricongiungersi alla Comunione cattolica: John Broadhurst, Vescovo di Fulham; Andrew Burnham, Vescovo di Ebbsfleet; Keith Newton, Vescovo di Richborough; ed il suo predecessore Edwin Barnes. Mentre corrono voci ufficiose di altri religiosi pronti a diventare cattolici, resta un fatto comunque clamoroso e significativo che ben tre dei quattro Vescovi nominati dal Sinodo anglicano per accudire i fedeli tradizionalisti stiano per aderire alla proposta della Anglicanorum Coetibus.

Qualcuno nutriva legittime perplessità sul fatto che la Costituzione Apostolica rivolta agli anglicani potesse determinare un fenomeno di popolo ed indurre singole comunità a chiedere di far parte degli Ordinariati personali. Si pensava più ad un processo “clero-guidato”, che ad un movimento scaturente dal basso.

Il caso della parrocchia di San Pietro a Folkestone, città dell’Inghilterra sud-orientale situata nella contea del Kent e affacciata sullo stretto di Dover, ha smentito gli scettici. Il Consiglio parrocchiale di quella comunità, infatti, alla fine di settembre ha deciso, con voto unanime, di contattare e informare Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, circa la volontà di aderire all’Ordinariato. Questo il testo della dichiarazione ufficiale: «Nella riunione del 28 settembre, il Consiglio parrocchiale della Chiesa di San Pietro di Folkestone all’unanimità ha dato mandato ai Churchwardens di scrivere all’Arcivescovo di Canterbury, nostro Vescovo diocesano, chiedendogli un incontro per manifestare la volontà del Consiglio parrocchiale e di molti fra i parrocchiani di aderire all’Ordinariato inglese della Chiesa cattolica quando esso verrà eretto. Desideriamo che questo passaggio possa essere reso il più semplice possibile, non solo per noi, ma per la famiglia diocesana di Canterbury, che con rammarico dovremo lasciare». Bisogna peraltro precisare che nella Chiesa d’Inghilterra il Consiglio parrocchiale, a differenza di quanto avviene nella Chiesa Cattolica, agisce come vero e proprio organo esecutivo di una parrocchia, ed è costituito dal parroco, dai Churchwardens (principali collaboratori del parroco), e da rappresentanti eletti dei laici.

Non v’è dubbio che il successo della visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna abbia decisamente contribuito ad accelerare i processi di avvicinamento di religiosi e fedeli alla Chiesa cattolica, attraverso la geniale intuizione dell’Ordinariato personale. E non c’è dubbio che lo spirito della Anglicanorum Coetibus sia stato al centro dei pensieri del Santo Padre durante tutta la sua visita. Fonti attendibili riferiscono, ad esempio, che il Papa in persona abbia espresso al cerimoniere pontificio, mons. Guido Marini, la sua personale preoccupazione che la cerimonia religiosa presso la Cattedrale di Westminster si svolgesse in modo appropriato e solenne, per dimostrare agli anglicani tradizionalisti l’attenzione ed il rispetto che la Chiesa cattolica attribuisce alla liturgia. Non pochi sono stati i cambiamenti imposti da mons. Marini su espressa disposizione del Papa.

L’indubbio successo della visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna ha certamente contribuito a far rompere gli indugi a tanti di coloro che nel mondo anglicano guardavano con sempre maggiore interesse all’ipotesi di un approdo cattolico. Il colpo magistrale della Anglicanorum Coetibus – certamente non casuale – ha compiuto l’opera.

Tutto ciò sta realizzando un sommovimento epocale nel panorama ecclesiastico britannico, al punto che qualcuno ha parlato di un vero e proprio “earthquake”, un terremoto spirituale. Molti intravedono in questo fenomeno – con quale ragione – il compimento naturale dello spirito e degli obiettivi che hanno caratterizzato il Movimento di Oxford, e la risposta a numerose preghiere. A cominciare, ovviamente, da quelle del Beato John Henry Newman.

Caterina63
00venerdì 19 novembre 2010 12:01

Ordinariato anglo-cattolico: parla l' "arcivescovo" di Canterbury ricevuto ieri dal Papa.

Il sito di Zenit.org (nell'edizione della sera di ieri giovedì 18 nov. 2010), riporta il pensiero che l' "Arcivescovo" di Canterbury, Rowan Williams, ha riferito a Radio Vaticana al termine dell'udienza di questa mattina durante la quale era stato ricevuto da Benedetto XVI.
Ne riportiamo alcuni estratti ma si può riassumere così: "Ci son aspetti positivi negli Ordinariati per gli Anglicani". E meno male che ce li dice lui.
Reale pensiero del Primate o squisite frasi di circostanza? Mascherato doppiogiuochismo o amara rassegnazione? Chissa? Staremo a vedere. In rosso nostri commenti.
.
Roberto
.
Rowan Williams ricevuto in udienza da Benedetto XVI
di Jesús Colina

Pope Benedict XVI poses with Archbishop of Canterbury Rowan Williams (2nd L) and his delegates during a private meeting at the Vatican November 18, 2010.

.

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 18 novembre 2010 (
ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, vede aspetti positivi nella creazione di ordinariati per l'accoglienza nella Chiesa cattolica di comunità anglicane.

Il primate anglicano lo ha dichiarato in Vaticano questo giovedì [ieri n.d.r.], venendo ricevuto in udienza privata da Papa Benedetto XVI dopo aver partecipato questo mercoledì all'atto commemorativo pubblico per i 50 anni del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.

L'8 novembre, cinque Vescovi anglicani della Chiesa d'Inghilterra [e 50 preti! n.d.r. link] hanno annunciato la propria rinuncia al ministero nella Chiesa anglicana [di cui due per tramite proprio dello sconsolato Primate
link] e la decisione di unirsi a un ordinariato personale per anglicani in piena comunione con la Chiesa cattolica .

La possibilità di creare queste circoscrizioni ecclesiastiche non regionali è stata stabilita un anno fa da Benedetto XVI con la promulgazione della Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus.

In questo modo, gli anglicani che lo desiderano, anche in comunità, potranno riconoscere il primato del Papa, mantenendo elementi della propria tradizione liturgica e spirituale.

“La mia reazione alle dimissioni è ovviamente di rammarico ma di rispetto”, ha dichiarato Williams alla “Radio Vaticana”.

“Conosco le considerazioni che hanno effettuato, soprattutto i due che erano miei suffraganei. Ne abbiamo parlato, ci abbiamo lavorato e ci siamo separati con preghiere e benedizioni, per cui non c'è alcun sentimento negativo”, ha spiegato.

“Penso che la sfida consisterà nel risolvere la questione dell'uso condiviso delle chiese, di come noi anglicani 'consigliamo' le persone e ovviamente ci saranno parrocchie senza sacerdoti, per cui ci troviamo davanti a una sfida pratica”, ha aggiunto.

Quando gli è stato chiesto un commento della descrizione di Papa Benedetto XVI dell'ordinariato come un gesto “profetico”, l'Arcivescovo di Canterbury ha replicato: “Penso che se l'ordinariato aiuterà la gente a valorizzare l'eredità o il patrimonio anglicano è un bene, sono lieto di lodare Dio per questo. Non lo considero un atto aggressivo, che mira a destabilizzare le relazioni delle Chiese”.
[no? davvero? beata "innocenza"! atto né aggressivo né destabilizzante ma... ]

“Ma profetico?”, ha chiesto Williams. “Forse sì, nel senso che c'è la Chiesa cattolica romana che dice che ci sono modi di essere cristiani nella Chiesa occidentale che non sono limitati dall'identità storica cattolica romana – è una cosa di cui si può parlare”.


***************************************************************************************

Comunicato ufficiale dei vescovi inglesi e gallesi sull'Ordinariato

Dichiarazione sull'attuazione della Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus

Istituzione di un Ordinariato personale in Inghilterra e Galles

Molto è stato ottenuto in tanti anni per effetto del dialogo e delle relazioni ecumeniche fruttuose che sono state sviluppate tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana. Obbediente alla preghiera del Signore Gesù Cristo al Padre celeste, l'unità della Chiesa rimane un desiderio costante nella visione e nella vita di anglicani e cattolici. La preghiera per l'unità dei cristiani è la preghiera per il dono della piena comunione con gli altri. Noi non dobbiamo mai stancarci di pregare e lavorare per questo obiettivo.

Durante la sua visita in Inghilterra nel mese di settembre, sua Santità Benedetto XVI ha quindi voluto sottolineare che la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus: "…dovrebbe essere vista come un gesto profetico che può contribuire positivamente a sviluppare relazioni tra cattolici e anglicani. Ci aiuta a fissare le nostre visioni sull'obiettivo finale di tutte l’attività ecumenica: il ripristino della piena comunione ecclesiale nel contesto del quale lo scambio reciproco di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali serve come un arricchimento per tutti noi".

Ora è poco più di un anno dacché la Costituzione apostolica è stata pubblicata. L’iniziativa del Papa prevedeva la creazione di Ordinariati personali come uno dei modi in cui i membri della tradizione anglicana possono cercare di entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Come il Papa ha dichiarato a quel tempo, egli ha risposto alle petizioni ricevute "ripetutamente e con insistenza" da gruppi di anglicani che desiderano “essere ricevuti in piena comunione sia singolarmente che collettivamente." Da allora, è diventato chiaro che un certo numero del clero anglicano e dei loro fedeli vogliono portare a termine il loro desiderio per la piena comunione ecclesiale con la realizzazione all'interno di una struttura di Ordinariato.

In collaborazione con la Congregazione per la dottrina della fede (CDF) a Roma, i vescovi di Inghilterra e Galles si sono preparati per l'istituzione di un Ordinariato all'inizio di gennaio 2011. Sebbene vi possano essere difficoltà pratiche nei prossimi mesi, i vescovi stanno lavorando per affrontarle a livello nazionale e locale.

Cinque vescovi anglicani al momento, che intendono entrare nell’Ordinariato, hanno già annunciato la loro decisione di dimettersi dal ministero pastorale nella Chiesa d'Inghilterra, con effetto dal 31 dicembre 2010. Essi entreranno in piena comunione con la Chiesa Cattolica all'inizio di gennaio 2011. Durante lo stesso mese, si prevede che verrà emesso il decreto che istituisce l'Ordinariato e sarà annunciato il nome dell'Ordinario che sarà nominato. Poco dopo, quei vescovi ex anglicani non in pensione le cui petizioni per essere ordinati siano accettate dalla CDF, saranno ordinati al diaconato e al sacerdozio cattolico per il servizio nell'Ordinariato.

È previsto che gli ex vescovi anglicani già in pensione le cui petizioni di ordinazione siano accettate dalla CDF, saranno ordinati al diaconato e sacerdozio cattolico prima di Quaresima. Ciò permetterà loro, insieme con l'Ordinario e gli altri ex vescovi anglicani, di assistere alla preparazione e alla ricezione del clero ex anglicano e dei loro fedeli in piena comunione con la Chiesa Cattolica durante la Settimana Santa.

Prima dell'inizio della Quaresima, il clero anglicano con gruppi di fedeli che ha deciso di entrare nell'Ordinariato inizierà quindi un periodo di intensa formazione per l’ordinazione come sacerdoti cattolici.

All'inizio della Quaresima, i gruppi di fedeli, insieme con i loro pastori, saranno iscritti come candidati per l'Ordinariato. Quindi, a una data da concordare tra Ordinario e il Vescovo diocesano del luogo, saranno ricevuti in Chiesa e cresimati. Questo probabilmente avrà luogo durante la Settimana Santa, alla Messa in coena Domini del giovedì santo o durante la Veglia Pasquale. Il periodo di formazione per i fedeli e i loro pastori continuerà fino a Pentecoste. Fino ad allora, queste Comunità saranno curate sacramentalmente dal clero locale come disposto dal Vescovo diocesano e dall’Ordinario.

Intorno a Pentecoste, quei preti ex anglicani le cui petizioni per l’ordinazione siano state accettate dalla CDF, saranno ordinati al sacerdozio cattolico. L’ordinazione al diaconato precederà questo momento ed avverrà a un certo punto durante il tempo pasquale. La formazione in teologia e pratica pastorale cattoliche continuerà per un adeguato periodo di tempo dopo l'ordinazione.

Nel rispondere generosamente e offrendo un caloroso benvenuto a quelli che cercano piena comunione ecclesiale con la Chiesa Cattolica all'interno l'Ordinariato, i vescovi sanno che il clero e i fedeli che sono su quel cammino di fede porteranno i propri tesori spirituali che arricchiranno ulteriormente la vita spirituale della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles. I vescovi faranno tutto il possibile per garantire che vi sia efficace e stretta collaborazione con l'Ordinariato sia a livello diocesano e parrocchiale.

Infine, con la benedizione e l'incoraggiamento che hanno ricevuto dalla recente visita di Papa Benedetto XVI, i vescovi cattolici di Inghilterra e il Galles hanno deciso di continuare il dialogo con le altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane in questo cammino verso la comunione nella fede e verso la pienezza dell'unità per la quale Cristo ha pregato.

Durante la conferenza stampa a commento di questo comunicato, l'Arcivescovo di Westminster, Nichols, ha anche aggiunto che le diocesi di Inghilterra e Galles contribuiranno con 250.000 sterline alle spese di costituzione dell'Ordinariato.

Caterina63
00sabato 20 novembre 2010 00:42

Gli ultimi saranno i primi: gli inglesi annunciano la costituzione del primo ordinariato per ex anglicani

Si è parlato tanto della TAC nei mesi scorsi (la Traditional Anglican Communion) e dei suoi numerosi vescovi che hanno il merito di aver indirizzato per primi richieste formali di unione con Roma. Invece gli osservatori ecumenici fin dall'uscita di Anglicanorum Coetibus hanno sempre affermato che in Inghilterra e nella Chiesa Madre dell'anglicanesimo non ci sarebbero stati eccessivi entusiasmi per l'offerta papale di tornare in comunione con i cattolici. E invece, proprio oggi, viene annunciata l'imminente costituzione del primo Ordinariato per ex anglicani, e insieme le modalità (compresa la tempistica) per accogliere ministri dei vari ordini e fedeli nei mesi a venire. Il tutto già a partire dal gennaio venturo, con la conclusione dei "riti di passaggio" del primo gruppo della "carovana dell'Ordinariato" per la Pentecoste del 2011. Non c'è che dire. Se questo non è entusiasmo! Cinque vescovi, una cinquantina (per ora) di preti, un numero imprecisato di fedeli stanno per fare un grande salto nelle braccia di santa Madre Chiesa e proprio in Inghilterra! Essendo in quel paese la chiesa Anglicana una chiesa di Stato, è ben duro per i ministri lasciare sicurezze economiche, case, chiese e stipendio per seguire la propria coscienza, che ha riconosciuto non più sostenibile l'appartenenza ad una Chiesa che rinuncia a qualsiasi certezza dogmatica e alla continuità apostolica. Eppure proprio gli inglesi, i primi ad iniziare lo scisma anglicano, saranno anche i primi a mettervi simbolicamente termine, attraverso la geniale struttura inventata per l'occasione da Sua Santità Papa Benedetto XVI. "Gli ultimi saranno i primi" diceva Gesù. Ed è tutto confermato. Quelli che non avrebbero dovuto essere nè interessati, nè tantomeno passare il Tevere, eccoli oggi annunciare addirittura le date delle "nozze".


Ci sono ancora, tuttavia, parecchi nodi da sciogliere. Alcuni paiono già meno problematici di come si presentavano, dopo che il Primate di Canterbury ha fatto accenno in conferenza stampa a Roma, al termine di un colloquio col Papa, che non ci saranno da parte sua o della Chiesa d'Inghilterra tentativi di boicottare i transfughi, e addirittura sono previste "condivisioni" delle stesse chiese parrocchiali per la liturgia.

Rimane più spinosa la questione della riordinazione di vescovi e preti. Non tutti quelli che chiedono di entrare nell'Ordinariato, infatti, hanno le carte in regola per farlo. Ovvero non tutti sono nati (cioè battezzati) anglicani. Un caso eclatante è quello di John Broadhurst, vescovo di Fulham, e capofila del movimento di resistenza cattolica Forward in Faith. Egli è stato battezzato nella Chiesa di Roma e poi si è fatto anglicano e ministro di quella chiesa. La sua posizione è, formalmente, quella di un apostata e che per di più ha posto per anni atti d'ordine pur non essendo prete nè vescovo (gli ordini anglicani, per i cattolici, sono nulli). Le sue irregolarità a ricevere l'ordine sacro nella Chiesa Cattolica sono specificate al canone 1041 del codice di Diritto Canonico, e il suo caso particolare è che ha trovato la fede nel contatto con la chiesa anglicana, pur essendo stato solo battezzato come cattolico. Non pochi sacerdoti anglicani sono nella stessa posizione. Addirittura ci sono quelli che erano stati validamente ordinati preti cattolici e si sono fatti anglicani per potersi sposare, ma ora tornano a Roma. E' evidente che nel loro caso non si darà dispensa. Ben diversa, ovviamente, la situazione di chi è semplicemente impedito a ricevere l'ordine presbiterale per il fatto di essere sposato (a meno che non sia sposato con una divorziata o egli stesso risposato). Per l'impedimento (che non è una irregolarità permanente) di matrimonio (can. 1042) la dispensa viene data con maggior facilità.

Siamo certi che la Congregazione per la Dottrina della Fede, incaricata dell'analisi di tutte le domande degli ex ministri anglicani che chiederanno l'ordinazione, sarà materna, comprensiva, ma anche chiara e senza sconti nei confronti di chi non sarà giudicato ammissibile agli ordini sacri. Si può notare la consapevolezza di tutto questo in alcune formulazioni presenti nel comunicato oggi uscito da parte dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles
Speriamo che la chiarezza e la giustizia del Diritto Canonico romano non venga a scoraggiare quei ministri che vorrebbero passare il Tevere, ma si sentono trattenuti dal fatto che devono riconoscere nulli i loro ordini (e Dio solo sa quanto possa essere psicologicamente e spiritualmente difficile pensare di aver celebrato messa per decenni, senza averlo in realtà mai fatto!). Preghiamo perchè il nuovo Ordinariato sia un successo è la Chiesa Cattolica si dimostri Madre e insieme Maestra di quanti si accostano ad essa.

Fonte: 
http://www.catholicherald.co.uk/news/2010/11/19/bishops-of-england-and-wales-issue-statement-on-ordinariate/



Testo preso da: http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz15m6Hv621






**************************************************************************************************************************************





I vescovi di Inghilterra e Galles annunciano per gennaio la creazione dell'ordinariato per gli ex anglicani

Un passo verso la piena comunione


Londra, 20. Sarà costituito nei primi giorni di gennaio 2011 l'ordinariato per i vescovi anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica secondo quanto previsto dalla costituzione apostolica Anglicanorum coetibus.

L'annuncio è stato dato attraverso una dichiarazione diffusa dai presuli cattolici di Inghilterra e Galles al termine della loro assemblea plenaria (leggasi qualche messaggio sopra). Sul tema degli anglicani che hanno fatto richiesta di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica e delle norme relative è intervenuto ieri pomeriggio anche il cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, William Levada, con una comunicazione tenuta durante il concistoro in corso in Vaticano.

Nella dichiarazione diffusa ieri, i presuli di Inghilterra e Galles affermano che "molto è stato ottenuto nel corso di diversi anni come risultato del dialogo e delle fruttuose relazioni ecumeniche che sono state sviluppate fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana. Obbedienti alla preghiera rivolta dal Signore Gesù Cristo al suo Padre celeste, l'unità della Chiesa rimane un desiderio costante nella visione e nella vita degli anglicani e dei cattolici. La preghiera per l'unità cristiana è la preghiera per il dono della piena comunione degli uni con gli altri. Non dobbiamo mai stancarci di pregare e di lavorare per questo obbiettivo".

I vescovi ricordano anche quanto affermato sulla costituzione apostolica Anglicanorum coetibus da Benedetto XVI, durante la visita compiuta in Inghilterra nel settembre scorso:  essa "dovrebbe essere vista come un gesto profetico che può contribuire positivamente a sviluppare relazioni fra cattolici e anglicani. Ci aiuta a fissare le nostre visioni sull'obiettivo finale di tutta l'attività ecumenica:  il ripristino della piena comunione ecclesiale nel contesto del quale lo scambio reciproco di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali serve come un arricchimento per tutti noi".

Nella dichiarazione dei vescovi viene resa nota anche la successione temporale dei passi che condurranno  quanti ne hanno fatto richiesta a entrare nella Chiesa cattolica. Sono al momento cinque i vescovi anglicani che, si ricorda, hanno già annunciato la loro decisione di dimettersi dal ministero pastorale nella "Church of England", con effetto a partire dal 31 dicembre prossimo. Si tratta di Andrew Burnham, vescovo  di  Ebbsfleet,  Keith  Newton, vescovo di Richborough, John Broadhurst, vescovo di Fulham (che ha espresso "soddisfazione" per la dichiarazione diffusa dai vescovi cattolici), e di due vescovi emeriti, Edwin Barnes e David Silk, rispettivamente già vescovo di Richbourough e ausiliare di Exeter.

Nel mese di gennaio, dunque, si prevede che venga rilasciato il decreto con il quale si istituisce il nuovo ordinariato e si indica il nome dell'ordinario. Successivamente, i vescovi anglicani non ancora in pensione, la cui richiesta è stata accettata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, saranno ordinati al diaconato e al sacerdozio cattolico per il servizio all'ordinariato. Prima di Quaresima è invece prevista l'ordinazione dei vescovi anglicani già in pensione che hanno presentato analoga richiesta, sempre accettata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Questo - si spiega nella dichiarazione - "consentirà loro, insieme con gli altri ex vescovi anglicani, di assistere alla preparazione e alla ricezione del clero anglicano e dei fedeli nella piena comunione con la Chiesa cattolica durante la Settimana santa".

Prima dell'inizio della Quaresima - si afferma ancora - "il clero anglicano e i gruppi di fedeli che hanno deciso di entrare nell'ordinariato cominceranno un periodo di intensa formazione". All'inizio della Quaresima, "questi gruppi di fedeli con i loro pastori saranno accolti come candidati. Quindi, a una data che sarà stabilita fra l'ordinariato e il locale vescovo diocesano, essi saranno ricevuti nella Chiesa cattolica e confermati. Ciò probabilmente avrà luogo durante la Settimana santa, nella messa in coena Domini o nella Veglia di Pasqua. Il periodo di formazione per i fedeli e i loro pastori continuerà fino alla Pentecoste. Sino ad allora, queste comunità saranno sacramentalmente assistite dal clero locale secondo quanto disposto dal vescovo diocesano e dall'ordinario".
Intorno a Pentecoste, "gli ex anglicani la cui richiesta è stata accettata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, saranno ordinati al sacerdozio cattolico. Prima di ciò, durante il tempo pasquale, avverrà l'ordinazione al diaconato. La formazione in teologia cattolica e pratica pastorale continuerà per il tempo appropriato anche dopo l'ordinazione".

I vescovi di Inghilterra e Galles - si afferma ancora nella dichiarazione - "mentre rispondono generosamente e offrono un caldo benvenuto a chi cerca la piena comunione ecclesiale con la Chiesa cattolica all'interno dell'ordinariato, sono coscienti che il clero e i fedeli che stanno compiendo questo viaggio di fede porteranno i loro tesori spirituali che arricchiranno ulteriormente la vita spirituale della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles. I vescovi faranno tutto ciò che possono per assicurarsi che ci sia un'effettiva e vicina collaborazione con l'ordinariato a livello parrocchiale e diocesano". Infine, "con la benedizione e l'incoraggiamento che hanno ricevuto dalla recente visita di Papa Benedetto XVI, i vescovi cattolici di Inghilterra e Galles sono determinati a continuare nel loro dialogo con le altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane nel cammino verso la comunione della fede e la pienezza dell'unità per la quale Cristo ha pregato".



(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2010)



Caterina63
00domenica 19 dicembre 2010 15:37

Anglicani, cattolici, tridentini

Vedete perché eravamo così entusiasti dell’Anglicanorum coetibus (e al tempo stesso, perché l’episcopato – cattolico – aveva tante riserve)? Leggiamo la notizia e, soprattutto, il titolo


SACERDOTI NEL NUOVO ORDINARIATO ANGLICANO IN AUSTRALIA CELEBRERANNO MESSA AD ORIENTEM, DANDO LE SPALLE ALLA CONGREGAZIONE, CON UNA LITURGIA DI 500 ANNI FA

L’Arcivescovo John Hepworth, Primate della Comunione anglicana tradizionale (TAC: Traditional Anglican Communion), ha detto che liturgie sacre tradizionali - più nella lingua di Shakespeare che nel moderno vernacolo - saranno celebrate nelle parrocchie di tutte le capitali, nelle Gold e Sunshine cost, a Rockhampton e nello stretto di Torres [si diffonderanno Messe tridentine tradotte in inglese elisabettiano?]

Il processo ha fatto ieri un importante passo avanti quando l'Arcivescovo Hepworth e il vescovo cattolico Peter Elliott hanno annunciato l'istituzione di un comitato di attuazione dell’Ordinariato australiano comprendente membri di alto livello del clero cattolico, anglicano e della TAC. Il comitato dovrà rifinire i dettagli dell'Ordinariato in una riunione di due giorni presso il College di Santo Stefano, a Coomera, sulla Gold Coast, all'inizio di febbraio. L'Ordinariato sarà istituito a Pasqua o a Pentecoste, in conformità con l'invito di Anglicanorum Coetibus emanato da Papa Benedetto XVI.

Le conversioni di massa in Gran Bretagna, Canada, USA e altri paesi di lingua inglese sono state spronate da conflitti all'interno della Chiesa anglicana su donne preti e vescovi e polemiche su dottrine tradizionali come la divinità di Cristo e la nascita della Vergine.

Il vescovo Elliott ha detto che l'iniziativa era "fondamentale e storica... mi conforta lo spirito di cooperazione e di buona volontà e la convergenza del cuore e della mente."

Quattro vescovi della TAC, un Vescovo anglicano in pensione, un vescovo giapponese, 24 sacerdoti e diverse migliaia laici diversi entreranno fin dall'inizio. Molti dei sacerdoti dell'Ordinariato sono sposati, e i cattolici saranno liberi di partecipare alle loro masse.

Il Cappellano padre Andrew Kinmont, che gestisce una parrocchia della St. Stephen College chapel, pianifica di unirsi all'Ordinariato e spera che suoi parrocchiani faranno altrettanto.

Un portavoce del primate anglicano Phillip Aspinall ha rifiutato di commentare.


Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:17.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com