Il Papa indice un Sinodo Straordinario per la Chiesa in Medio Oriente

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00sabato 19 settembre 2009 12:38
INCONTRO CON I PATRIARCHI E GLI ARCIVESCOVI MAGGIORI ORIENTALI, 19.09.2009

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala della Rocca del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori Orientali e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Beatitudini,
Venerati Patriarchi ed Arcivescovi Maggiori
!

Vi saluto tutti cordialmente e vi ringrazio per avere accolto l’invito a partecipare a questo incontro: a ciascuno do il mio fraterno abbraccio di pace. Saluto il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, e il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, insieme al Segretario e agli altri collaboratori del Dicastero.

Rendiamo grazie a Dio per questa riunione di carattere informale, che ci permette di ascoltare la voce delle Chiese che voi servite con ammirevole abnegazione, e di rafforzare i vincoli di comunione che le legano alla Sede Apostolica.
L’odierno incontro mi richiama alla mente quello del 24 aprile 2005 nella Basilica nella Basilica di san Pietro in Vaticano.
Allora, proprio nei primi giorni del mio pontificato, volli intraprendere un ideale pellegrinaggio nel cuore dell’Oriente cristiano: pellegrinaggio che oggi conosce un’altra significativa tappa e che è mia intenzione proseguire. In diverse circostanze è stato da voi sollecitato un contatto più frequente con il Vescovo di Roma per rendere sempre più salda la comunione delle vostre Chiese col Successore di Pietro ed esaminare insieme, all’occasione, eventuali tematiche di particolare importanza. Proposta questa rinnovata anche nell’ultima Plenaria del Dicastero per le Chiese Orientali e nelle Assemblee Generali del Sinodo dei Vescovi.

Quanto a me, avverto come precipuo dovere promuovere quella sinodalità tanto cara all’ecclesiologia orientale e salutata con apprezzamento dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

La stima che l’Assise conciliare ha riservato alle vostre Chiese nel Decreto
Orientalium Ecclesiarum, e che il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II ha ribadito soprattutto nell’Esortazione apostolica Orientale Lumen, è da me pienamente condivisa, insieme all’auspicio che le Chiese Orientali Cattoliche “fioriscano” per assolvere “con rinnovato vigore apostolico la missione loro affidata… di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo il decreto sull’ecumenismo…” (Orientalium Ecclesiarum, 1). L’orizzonte ecumenico è spesso connesso a quello interreligioso. In questi due ambiti è tutta la Chiesa ad avere bisogno dell’esperienza di convivenza che le vostre Chiese hanno maturato fin dal primo millennio cristiano.

Venerati Fratelli, in questo fraterno incontro, dai vostri interventi emergeranno certamente quelle problematiche che vi assillano e che potranno trovare orientamenti adeguati nelle sedi competenti. Io vorrei assicurarvi che siete costantemente nel mio pensiero e nella mia preghiera.
Non dimentico, in particolare,
l’appello di pace che avete posto nelle mie mani alla fine dell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi dello scorso ottobre. E, parlando di pace, il pensiero va, in primo luogo, alle regioni del Medio Oriente.

Colgo pertanto l’occasione per dare l’annuncio dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, da me convocata e che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32).

Mentre auguro che l’odierna riunione apporti i frutti sperati, invocando la materna intercessione di Maria Santissima, di cuore benedico voi e tutte le Chiese Orientali Cattoliche.

 Libreria Editrice Vaticana


si legga anche questa che di certo il Papa non ha sottovalutato....

 
GRAVISSIMO APPELLO DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME (fate conoscere)
Caterina63
00sabato 19 settembre 2009 21:35
All'inizio della settimana la prima riunione preparatoria dell'assemblea speciale indetta dal Papa

Al via da lunedì la macchina organizzativa
del Sinodo per il Medio Oriente


Ad appena 48 ore dall'annuncio papale dell'assemblea speciale per il Medio Oriente - che si svolgerà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010 - si riunirà per la prima volta il consiglio presinodale, nella sede della segreteria generale del Sinodo dei vescovi a Palazzo del Bramante, in via della Conciliazione. "Due giorni di lavoro, lunedì 21 e martedì 22 settembre, per mettere a punto una macchina organizzativa che dovrà partire subito a pieno regime perché i tempi sono ristrettissimi" dice al nostro giornale l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale.
 

Vescovi Medio OrienteAlla riunione prenderanno parte i cardinali Ivan Dias, Walter Kasper, Jean-Louis Tauran e Leonardo Sandri insieme con i Patriarchi Nasrallah Pierre Sfeir, Emmanuel III Delly, Antonios Naguib, Gregorios iii Laham, Nerses Bedros XIX Tarmouni e Fouad Twal. Il Patriarca Ignace Youssif III Younan ha designato a rappresentarlo monsignor Jules Mikhael Al-Jamil. Ci saranno, dice monsignor Eterovic, anche l'arcivescovo Ramzi Garmou, presidente della Conferenza episcopale iraniana, il vescovo Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale turca e alcuni esperti. Eterovic avverte però che "l'elenco non è ancora completo, considerato il poco tempo a disposizione".

L'annuncio del Sinodo per il Medio Oriente, spiega il segretario generale, "non è di per sè una sorpresa. Da anni i pastori di quella regione riflettevano sull'opportunità di indirlo. Era un'idea che circolava con insistenza. Ma l'accelerazione decisiva è venuta dal viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa nel maggio scorso".

All'ordine del giorno della riunione che inizia lunedì mattina ci sono proprio "le indicazioni del Papa sulle prospettive di dialogo per una convivenza pacifica in quella regione tormentata, tenendo conto delle realtà dei singoli Paesi".

"Il tema del Sinodo - rivela Eterovic - è stato scelto personalmente da Benedetto XVI dopo aver ascoltato i suggerimenti raccolti dalla segreteria generale che ha fatto una consultazione tra i vescovi. L'indicazione del Papa è di riflettere innanzitutto sulla comunione e sulla testimonianza che la Chiesa è chiamata a dare nel particolare contesto mediorientale. E la citazione degli Atti degli Apostoli - "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (4, 32)- ci ricorda che quella regione è particolarmente cara a tutti i cristiani perché là è nato, è morto e risorto il Signore Gesù. È nata  lì  la Chiesa e, nonostante le vicende della  storia,  è ancora presente con  difficoltà  ma anche con speranza".

Il Sinodo si svolgerà nella tradizionale aula nuova in Vaticano. "Durerà - commenta Eterovic - una settimana in meno rispetto al solito. È ancora prematuro pensare all'elenco e al numero dei partecipanti, i criteri devono essere stabiliti. Certo, se i pastori del Medio Oriente saranno i primi protagonisti, si avvertirà la dimensione universale della Chiesa".

Sicura la presenza dei rappresentanti ecumenici come delegati fraterni. "Una questione particolarmente importante - afferma - riguarderà il coinvolgimento di ebrei e musulmani. Non sappiamo ancora le modalità, ma è evidente che si dovrà tener conto di tutta la complessa realtà del Medio Oriente. Il Sinodo non è "contro" qualcuno ma è uno spazio di dialogo aperto che punta alla comunione e alla pace nella giustizia e nella verità. Troveremo sicuramente il modo di sentire le voci del mondo ebraico e di quello musulmano".

Il dialogo e il confronto "con le altre religioni e le altre culture" sarà, per Eterovic, uno dei temi centrali del Sinodo "che dovrà però partire da una riflessione interna alla Chiesa, per rafforzare la comunione ecclesiale. È questo il primo mandato del Papa. La diversità dei riti e delle tradizioni nella Chiesa è una ricchezza, non un ostacolo e va condivisa sul serio. È da una rinnovata, autentica comunione tra tutti i cattolici che può scaturire una testimonianza forte, anche dove le nostre comunità sono piccole. La comunione le rende più credibili".

"Per i temi più specifici - aggiunge - si deve aspettare almeno la pubblicazione dei Lineamenta. Sono sicuro che dal Sinodo verrà un contributo alla riconciliazione, facendo seguito alle parole e ai gesti del Papa che a maggio in Terra Santa ha aperto nuovi orizzonti nel complesso ed esigente cammino di pace, nel rispetto dei diritti e dei doveri di tutti". Il pensiero, prosegue, va alla fine del Sinodo di un anno  fa  e all'"indimenticabile  appello di pace che proprio i patriarchi e gli  arcivescovi  maggiori orientali hanno consegnato nelle mani di Benedetto XVI per invocare giustizia e libertà religiosa".

Dopo la prima riunione del 21 e 22 settembre, l'iter sinodale proseguirà secondo i canali collaudati "applicati però di volta in volta alla situazione particolare del Medio Oriente". Innanzitutto andrà preparato "quanto prima, sicuramente entro la fine dell'anno", il testo dei Lineamenta. "Sarà un documento breve - anticipa - perché c'è poco tempo a disposizione e poi vogliamo che le comunità abbiano l'opportunità di discuterlo". Per l'Instrumentum laboris "bisognerà aspettare Pasqua. Anche quel testo sarà più snello e cercherà di puntare dritto all'essenziale".

Il segretario generale rileva infine "l'eccezionalità di  un  Sinodo regionale, non ci  sono  precedenti. Finora si erano svolti sinodi continentali e due  avevano  riguardato  direttamente le questioni dei Paesi  Bassi e del Libano".






I Patriarchi e gli arcivescovi maggiori orientali ringraziano il Pontefice per il suo impegno di pace

Migrazioni, ecumenismo e dialogo tra le religioni
nell'incontro a Castel Gandolgo


Al via da lunedì la macchina organizzativa
del Sinodo per il Medio Oriente Accogliendo il desiderio espresso in diverse circostanze dai patriarchi e dagli arcivescovi maggiori cattolici orientali, Benedetto XVI li ha convocati per  un  incontro  che  si  è tenuto sabato mattina, 19  settembre,  nel  Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.

Con il Papa, nella Sala della Rocca erano presenti i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, con alcuni collaboratori, e i "capi e padri" di tutte le Chiese orientali cattoliche in comunione con il vescovo di Roma:  il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Emmanuel iii Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halic, e Varkey Vithayathil, c.ss.r., arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi; Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti; Gregorios III Laham, Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti; Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri; Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni; Lucian Muresan, arcivescovo maggiore di Fagaras e Alba Iulia dei Romeni; Moran Mor Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi; Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini.
 
Il Pontefice ha aperto la riunione con la preghiera e ha rivolto ai presuli una parola di benvenuto.

In un clima di fraterna cordialità sono intervenuti tutti i Patriarchi e gli arcivescovi maggiori, i quali  hanno  unanimemente  ringraziato  Benedetto XVI per l'iniziativa. Hanno sottolineato, altresì, i due aspetti della fedeltà che li distingue:  il legame col patrimonio dell'Oriente cristiano e quello col successore di Pietro, quale pastore universale, col suo carisma di unità nella verità e nell'amore.

I presuli hanno presentato questioni particolari e alcuni  problemi  più  generali,  quali quelli legati al  fenomeno  migratorio,  mostrando  attenzione per il contesto ecumenico e interreligioso in cui le loro Chiese si trovano a vivere. Uno speciale ringraziamento è  stato  rivolto  al Papa per la costante preghiera e il sostegno fattivo alla costruzione della pace  in  Terra  Santa,  in  tutto l'Oriente e nel mondo.

I presuli hanno accolto con gratitudine la convocazione, da parte del Pontefice, di una assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, offrendo la loro disponibilità nella sua preparazione.

Al termine, Benedetto XVI ha sintetizzato gli interventi, offrendo anche appropriati orientamenti e ha impartito a tutte le Chiese Orientali cattoliche la benedizione apostolica. Benedetto XVI infine si è trattenuto a colazione con i padri nella Sala degli Svizzeri.

In preparazione all'incontro con il Papa, nel pomeriggio di venerdì 18 settembre, i Patriarchi e gli arcivescovi maggiori avevano partecipato a una riunione con il cardinale segretario di Stato nel Palazzo Apostolico, in Vaticano. All'incontro è intervenuto anche il cardinale Leonardo Sandri con alcuni collaboratori della Congregazione per le Chiese Orientali.


(©L'Osservatore Romano - 20 settembre 2009)
Caterina63
00domenica 20 settembre 2009 12:19
COMUNICATO: INCONTRO CON I PATRIARCHI E GLI ARCIVESCOVI MAGGIORI ORIENTALI

Il Santo Padre Benedetto XVI, accogliendo il desiderio espresso in diverse circostanze dai Patriarchi e Arcivescovi Maggiori cattolici, li ha convocati ad un incontro che si è tenuto sabato 19 settembre 2009 nella residenza estiva di Castelgandolfo.

Erano presenti, con il Santo Padre, l’Em.mo Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, l’Em.mo Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, con alcuni collaboratori e i "Capi e Padri" di tutte le Chiese Orientali cattoliche in comunione con il Vescovo di Roma:

Sua Beatitudine Eminentissima il Sig. Cardinale Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti;

Sua Beatitudine Eminentissima il Sig. Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei;

Sua Beatitudine Eminentissima il Sig. Cardinale Lubomyr Husar, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halič;

Sua Beatitudine Eminentissima il Sig. Cardinale Varkey Vithayathil, C.Ss.R., Arcivescovo Maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi;

Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti;

Sua Beatitudine Grégoire III Laham, Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti;

Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri;

Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni;

Sua Beatitudine Lucian Mureşan, Arcivescovo Maggiore di Făgăraş e Alba Iulia dei Romeni;

Sua Beatitudine Baselios Moran Mor Cleemis Thottunkal, Arcivescovo Maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi;

Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme.


Il Santo Padre ha aperto la riunione con la preghiera e ha rivolto ai Presuli una parola di benvenuto.

In un clima di fraterna cordialità sono intervenuti tutti i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori, i quali hanno unanimemente ringraziato Sua Santità per l’iniziativa. Hanno sottolineato, altresì, i due aspetti della fedeltà che li distingue: il legame col patrimonio dell’Oriente cristiano e il legame col Successore di Pietro, quale Pastore universale, col suo carisma di unità nella verità e nell’amore.

I Presuli hanno presentato questioni particolari e alcuni problemi più generali, quali il fenomeno migratorio, mostrando attenzione per il contesto ecumenico e interreligioso in cui le loro Chiese si trovano a vivere. Uno speciale ringraziamento è stato rivolto al Santo Padre per la costante preghiera e il sostegno fattivo alla costruzione della pace in Terra Santa, in tutto l’Oriente e nel mondo.

I Presuli hanno accolto con gratitudine la convocazione, da parte del Santo Padre, di una Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, che si terrà nell’ottobre 2010, offrendo la loro disponibilità nella sua preparazione.

Al termine, il Santo Padre ha sintetizzato gli interventi, offrendo anche appropriati orientamenti ed ha impartito a tutte le Chiese Orientali cattoliche la Benedizione Apostolica. Benedetto XVI infine ha trattenuto a colazione i Padri.

In preparazione all’incontro con il Papa, nel pomeriggio di venerdì 18 settembre, i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori hanno partecipato ad una riunione con l’Em.mo Cardinale Segretario di Stato nel Palazzo Apostolico, alla quale è intervenuto anche il Cardinale Leonardo Sandri con alcuni Collaboratori della Congregazione per le Chiese Orientali.

[01328-01.01]
Caterina63
00giovedì 24 settembre 2009 23:19
L’importanza dell’annunciato Sinodo per il Medio Oriente nelle parole del Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici Nerses Bedros XIX

L’annuncio fatto sabato scorso dal Papa di una prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato accolto con grande entusiasmo. Si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema “La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza”. Si tratta di un evento storico di cui la nostra collega del programma arabo Jamal Ward ha parlato con Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici:

"Il sinodo che il Papa ha proclamato sabato scorso per le Chiese cattoliche del Medio Oriente è un evento storico. E’ la prima volta nella storia della Chiesa che c’è un sinodo a questo livello. E’ stato deciso dopo che il Papa è venuto in Medio Oriente, dopo l’ultimo viaggio che ha fatto in Giordania e in Terra Santa. Il Papa ha accettato la proposta che avevamo fatto negli ultimi Sinodi dei vescovi. E questo è per noi un motivo di speranza affinché noi lavoriamo di più sulla comunione e la testimonianza per le nostre Chiese, perché se non c’è comunione la nostra testimonianza è indebolita. Poi, dobbiamo anche pensare che abbiamo i nostri fratelli cristiani che non sono cattolici e le nostre relazioni con loro devono essere più forti e dare una testimonianza dell’unità dei cristiani. La testimonianza per quanto riguarda le altre religioni è molto importante perché gli altri vedono che i cristiani, anche se non sono uniti completamente, sono però uniti in varie forme, in vari compiti per il bene della società e del mondo.”

Il Papa ha annunciato il Sinodo definendolo “un fraterno incontro”. Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX sottolinea, dunque, l’importanza di questo incontro anche in relazione alle altre religioni:

“Per noi in Medio Oriente le altre religioni che incontriamo sono soprattutto l’islam e l’ebraismo. Anche questo è un punto importante che dobbiamo studiare più a fondo. Noi viviamo con loro da più di 10 secoli, con i musulmani da 13 secoli e con gli ebrei da 20 secoli. E’ importante anche trovare una lingua che ci unisca e dei principi basati sull’uomo e sul bene della società. Per noi è importante tutto questo per far regnare di più la pace in Medio Oriente, che da più di 60 anni non ha avuto un anno di pace, un anno senza guerra. Questo non lo possiamo fare da soli, abbiamo bisogno anche dell’aiuto di tutte le nazioni del mondo, almeno di quelle più importanti e più ascoltate.”

Tra i tanti aspetti della complessa realtà del Medio Oriente c’è quello delle migrazioni. Ecco la riflessione del Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici su questo fenomeno:

“L’emorragia dell’emigrazione ci ha toccato profondamente. Oggi l’emigrazione è diventata un fenomeno che ci ha scosso moltissimo perché la maggior parte dei nostri fedeli vive fuori del territorio patriarcale, cioè fuori dell’Oriente, perciò anche i vescovi che sono nella diaspora saranno invitati a questo Sinodo. Lo scopo è di dare un segno di speranza alle nostre Chiese, ai nostri fedeli. Chiediamo a tutti di pregare per noi affinché lo Spirito Santo ci guidi e ci aiuti e ci mostri la via giusta.”


[SM=g1740720]
Caterina63
00lunedì 14 dicembre 2009 22:04
L'assemblea si svolgerà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010
Presto i «Lineamenta» del Sinodo
per il Medio Oriente


È ormai pronta la stesura definitiva del testo dei Lineamenta del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente che si svolgerà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema: "La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (Atti, 4, 32)".

Il progetto finale dei Lineamenta è stato messo a punto il 24 e 25 novembre nella seconda riunione del Consiglio presinodale per l'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Il prossimo appuntamento, sempre negli uffici del palazzo del Bramante in via della Conciliazione, è stato fissato per il 23 e 24 aprile del prossimo anno.

L'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha introdotto i lavori indicando come centrale "il tema della testimonianza", rifacendosi all'esortazione apostolica post-sinodale pubblicata nel 1997, a seguito dell'Assemblea speciale per il Libano. "In quella vasta regione che comprende anche la terra in cui si compirono i misteri della nostra redenzione, i cristiani sono chiamati a essere testimoni della morte e risurrezione di Cristo in virtù del dono dello Spirito, che ispira i credenti ad agire non individualmente, ma in comunione e unità con tutta la Chiesa".

Per monsignor Eterovic "nell'azione evangelizzatrice occorre far conoscere alle nuove generazioni il grande patrimonio di fede e di testimonianza delle singole Chiese e questo compito investe tutte le categorie ecclesiali: vescovi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate, fedeli laici, cattolici della diaspora, nelle diverse situazioni e ambienti di vita, come sono la famiglia, gli istituti di scienze religiose, le istituzioni educative e anche quelle sanitarie".

All'ordine del giorno della riunione anche le comunicazioni di tutti i componenti del consiglio "sulla situazione ecclesiale nel contesto socio-politico nelle regioni mediorientali". Hanno così preso la parola il cardinali Ivan Dias e Leonardo Sandri; i patriarchi Nasrallah Pierre Sfeir, Emmanuel III Delly, Antonios Naguib, Ignace Youssif III Younan, Gregorios III Laham, Nerses Bedros xix Tarmouni e Fouad Twal; e gli arcivescovi Ramzi Garmou e Luigi Padovese.

Nei loro interventi hanno dedicato ampio spazio "al tema dell'approfondimento della comunione nella Chiesa cattolica e, in particolare, nelle e tra le Chiese patriarcali e il Patriarcato latino di Gerusalemme, come pure nelle Conferenze episcopali dei Paesi del Medio Oriente". Inoltre hanno rilevato l'importanza di "favorire sempre più la comunione, reale sebbene ancora non piena, con le altre Chiese e comunità ecclesiali".

I componenti del Consiglio presinodale hanno anche indicato tra le priorità la questione dei rapporti con ebrei e musulmani, rilevando soprattutto la "necessità di dialogo e di collaborazione in vari campi di attività sociale e culturale".


(©L'Osservatore Romano - 14-15 dicembre 2009)


Caterina63
00martedì 19 gennaio 2010 19:14
I «Lineamenta» del Sinodo per il Medio Oriente

La Chiesa in Terra Santa


di Nikola EteroviC
Arcivescovo titolare di Cibale
Segretario generale del Sinodo dei vescovi


Betlemme, Nazaret, Gerusalemme sono luoghi cari al cuore dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà. Simbolo delle attese e delle speranze della Terra Santa, fanno da sfondo anche alla preparazione dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che il Papa - accogliendo la richiesta di numerosi pastori della regione che va dall'Egitto all'Iran - ha indetto dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema:  "La Chiesa Cattolica in Medio Oriente:  comunione e testimonianza".

In vista di questo importante evento sono stati messi a punto i Lineamenta - redatti significativamente in arabo, francese, inglese e italiano - che hanno lo scopo di orientare e animare la discussione in tutte le Chiese della regione. Articolato in tre capitoli, il testo è accompagnato da 32 domande indirizzate ai Sinodi dei vescovi delle Chiese orientali cattoliche, alle Conferenze episcopali, ai dicasteri della Curia romana, all'Unione dei superiori maggiori. Dalle risposte che perverranno scaturirà l'Instrumentum laboris, il documento di lavoro dell'assise sinodale, che Benedetto XVI consegnerà ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita a Cipro dal 4 al 6 giugno prossimo. Considerando la grande importanza che la Terra Santa ha per ogni cristiano, non sono escluse osservazioni anche da parte di altri istituti e singole persone, con particolare riferimento alla questione del sostegno spirituale e materiale ai cristiani e alle Chiese della regione.

I Lineamenta rispecchiano il patrimonio storico e spirituale delle Chiese di Oriente, che hanno le loro radici nella prima Chiesa cristiana di Gerusalemme. Da lì si sono diffuse nella regione mantenendo l'unità essenziale nella pluralità delle espressioni. Si tratta di Chiese caratterizzate dall'apostolicità e da una forte indole missionaria. Oltre alla Chiesa di rito latino, vi sono Chiese orientali cattoliche di ben cinque tradizioni:  alessandrina (Chiesa copta e Chiesa etiopica), antiochena (Chiesa siro-malankarese, Chiesa maronita e Chiesa sira), armena (Chiesa armena), caldea o siro-orientale (Chiesa caldea e Chiesa siro-malabarese) e bizantina o costantinopolitana (tra cui la Chiesa greco-melchita).

Ricche di quasi duemila anni di storia del cristianesimo, queste comunità sono chiamate ad affrontare oggi non poche difficoltà. Le sfide più complesse appaiono quelle poste dai conflitti politici nella regione e dagli ostacoli alla libertà di religione e di coscienza. Altri temi di grande attualità sono l'evoluzione dell'islam contemporaneo - in cui non mancano correnti estremiste che costituiscono una minaccia per tutti, cristiani e musulmani - e la forte emigrazione dei cristiani dai loro Paesi d'origine, compensata solo in parte dall'immigrazione di cristiani, soprattutto operai, provenienti da vari Paesi del mondo.

In tale contesto, centrale è la questione della comunione tra le varie Chiese orientali cattoliche, che dovrebbe diventare sempre di più una ricchezza per tutti i cristiani del Medio Oriente, anzi per l'intera Chiesa cattolica. Questa realtà si esprime anzitutto nella celebrazione dell'Eucaristia e nella comunione con il vescovo di Roma, ma si nutre anche dei rapporti tra i vescovi delle diverse Chiese, come pure tra loro e i fedeli.

Un banco di prova fondamentale nella testimonianza delle Chiese orientali cattoliche è quello del dialogo con le altre Chiese e comunità cristiane, che già esiste ma ha bisogno di essere incrementato e rafforzato da una maggiore collaborazione anche in campo liturgico. Mentre il dialogo con l'ebraismo - peculiarità delle comunità di Gerusalemme - è inevitabilmente condizionato dalla delicata situazione politica della regione. Al riguardo i Lineamenta rilanciano l'appello di pace pronunciato dal Papa durante la visita in Terra Santa. E invitano a non adoperare la religione a scopi politici né la politica a scopi religiosi. In tale contesto i cristiani sono chiamati a incoraggiare ogni pacifico mezzo che possa condurre alla pace attraverso la giustizia.

I rapporti con i musulmani occupano una parte rilevante del documento. Le costituzioni della maggior parte dei Paesi del Medio Oriente garantiscono l'uguaglianza tra i cittadini a tutti i livelli. Tuttavia la mancanza di distinzione tra religione e politica relega spesso i cristiani in una posizione di non cittadinanza. Una situazione non facile, nella quale gli stessi cristiani non devono far venir meno il loro contributo specifico alla società in cui vivono. Ispirandosi all'esempio di Gesù, essi possono testimoniare che il dialogo è il mezzo migliore per risolvere i problemi. Il loro messaggio di riconciliazione, basato sul perdono reciproco, è in grado di superare gli estremismi politici e religiosi, aprendo le porte all'edificazione di una umanità nuova.

La testimonianza di vita dei cristiani rimane essenziale per il presente e il futuro del Medio Oriente. Vi sono ragioni non solo politiche ma di fede alla base della necessità che i cristiani rimangano nella regione e continuino a offrire il loro contributo specifico alla costruzione di una società giusta, pacifica e prospera.



(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2010)





  • Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dei Lineamenta dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi (Città del Vaticano, 10-24 ottobre 2010) sul tema «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4, 32)».


  • Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, e il Rev.mo Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.


    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

  • INTERVENTO DI S.E. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ
  • Introduzione

  • "Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio" (Lc 2, 6-7).

    Queste parole dell’Evangelista Luca, proclamate e meditate specialmente nel periodo liturgico del Natale, ci portano spiritualmente nella mangiatoia di Betlemme, città di Davide ove è nato il Signore Gesù (cfr Mt 2, 1; Lc 2, 4). Secondo la profezia di Isaia il Messia avrà il nome "Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9, 5).

  • La tradizione cristiana attribuisce tali titoli alla persona di Gesù, dichiarandolo vero Emmanuele, Dio con noi (cfr Mt 1, 23). Tra essi, quello della pace occupa un posto privilegiato. Infatti, il Messia "sarà egli stesso la pace" (Mi 5, 3). Pertanto Betlemme, come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, "è anche una città simbolo di pace in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa" (Angelus del 20 dicembre 2009).


  • Betlemme, Nazaret, Gerusalemme, nomi noti e cari al cuore dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà, diventano attuali anche nella preparazione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Accogliendo la richiesta di numerosi Vescovi della regione che va dall’Egitto all’Iran, il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto tale Assise sinodale che avrà luogo dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema: La Chiesa Cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola" (At 4, 32).

    Per preparare tale importante evento, in ossequio alla volontà del Sommo Pontefice, è stato formato un Consiglio Presinodale composto da 7 Patriarchi delle 6 Chiese Orientali Cattoliche sui iuris e dal Patriarca latino di Gerusalemme. Membri del menzionato Consiglio sono anche 4 Capi dei Dicasteri della Curia Romana più interessati al tema dell’Assemblea sinodale. Ad essi sono inoltre uniti i Presidenti delle Conferenze Episcopali della Turchia e dell’Iran.

    Con l’aiuto di alcuni esperti, i membri del Consiglio Presinodale hanno redatto i Lineamenta che oggi vengono presentati in 4 lingue: arabo, francese, inglese e italiano.

    Struttura dei Lineamenta

    I testo dei Lineamenta ha tre Capitoli, preceduti da una Introduzione in cui si indica lo scopo principalmente pastorale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi e cioè: "confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti" e "ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese particolari, affinché possano offrire una testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa e attraente".

    Come di consueto, ogni parte dei Lineamenta è accompagnata da alcune domande che nell’insieme sono 32. Esse aiuteranno i destinatari istituzionali: i Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche, le Conferenze Episcopali, i Dicasteri della Curia Romana, l’Unione dei Superiori Maggiori, a discutere sui contenuti del Documento, applicandone le affermazioni alla realtà dei rispettivi enti ecclesiali. Le risposte dovrebbero pervenire, come menzionato nella Prefazione, entro la solennità di Pasqua del 2010 che quest’anno celebreremo tutti i cristiani insieme. La sintesi di tali risposte formerà, in seguito, l’Instrumentum laboris, Documento di lavoro dell’Assise sinodale che il Santo Padre Benedetto XVI consegnerà ai rappresentanti delle Chiese Orientali Cattoliche durante la sua Visita Apostolica a Cipro dal 4 al 6 giugno prossimo. Considerando la grande importanza della Terra Santa per ogni cristiano, non sono escluse le osservazioni anche di altri Istituti e di persone singole del mondo intero, concernenti, in particolare, l’appoggio spirituale e materiale ai cristiani e alle Chiese particolari del Medio Oriente.

    Primo Capitolo: La Chiesa Cattolica in Medio Oriente

    Il Documento accenna brevemente alla storia gloriosa delle Chiese di Oriente che, ancor più che le altre Chiese particolari del mondo, risalgono alla prima Chiesa cristiana di Gerusalemme. Da questa, esse si sono diffuse nella regione mantenendo l’unità essenziale nella pluralità delle espressioni. Tali Chiese sono state caratterizzate dall’apostolicità e da una forte indole missionaria. Infatti, oltre alla Chiesa di rito latino, vi sono Chiese Orientali Cattoliche di ben cinque Tradizioni: Alessandrina (Chiesa Copta e Chiesa Etiopica); Antiochena (Chiesa Siro-Malankarese, Chiesa Maronita e Chiesa Sira); Armena (Chiesa Armena); Caldea o Siro-Orientale (Chiesa Caldea e Chiesa Siro-Malabarese); Bizantina o Costantinopolitana (tra cui la Chiesa Greco-Melchita).

    Grati alla divina Provvidenza che ha voluto che tali Chiese rimassero nei singoli Paesi per quasi 2.000 anni di storia del cristianesimo, nonostante non poche difficoltà, i Lineamenta si soffermano su alcune sfide attuali:

    - conflitti politici nella regione, menzionandone alcuni (Israele - Palestina, Iraq, Libano);

    - libertà di religione e di coscienza, lamentando non pochi ostacoli all’esercizio di tale diritto fondamentale della persona umana e di ogni comunità religiosa.

    Si menziona l’evoluzione dell’Islam contemporaneo in cui non mancano correnti estremiste che sono una minaccia per tutti, cristiani e musulmani. Inoltre, si constata una forte emigrazione dei cristiani dai loro Paesi d’origine. D’altra parte si sottolinea l’immigrazione di cristiani, soprattutto come operai, provenienti da vari Paesi del mondo.

    Di fronte a tale situazione, il Documento propone la formazione dei cristiani affinché possano vivere con fedeltà ancora più grande la propria fede nella vita privata e pubblica. Inoltre, essi sono chiamati a continuare a dare il loro prezioso contributo all’edificazione di una società democratica, rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i suoi membri.

    Secondo Capitolo: La comunione ecclesiale

    Accennando alla natura teologica della comunione, che ha il suo fondamento nel mistero della Santissima Trinità, il Documento entra nella questione della comunione all’interno della Chiesa Cattolica e cioè tra le varie Chiese Orientali Cattoliche che dovrebbe diventare sempre di più una ricchezza per tutti i cristiani del Medio Oriente, anzi per tutta la Chiesa Cattolica. Vi sono due segni principali della comunione cattolica: la celebrazione dell’Eucaristia e la comunione con il Vescovo di Roma, Successore di San Pietro Apostolo e Capo visibile di tutta la Chiesa.

    Ovviamente, la comunione si esprime anche nei rapporti tra i Vescovi delle diverse Chiese Orientali Cattoliche come pure tra essi e i fedeli. Essa, poi, si manifesta nella vita di ogni giorno, e l’ espressioni di essa sembra essere più facile a livello dei fedeli che dei Gerarchi. Il Documento tratta dunque aspetti assai concreti della comunione tra i cristiani come, per esempio, l’iscrizione in scuole e istituti d’istruzione superiore, la possibilità di ricevere l’assistenza da parte di enti di natura caritativa come ospedali, orfanotrofi, case di riposo, ecc. Un aspetto importante e pratico è la frequentazione dei fedeli in altre chiese cattoliche nella regione.

    Capitolo terzo: La testimonianza cristiana

    È il capitolo più lungo in cui si tratta della testimonianza dei cattolici all’interno della Chiesa stessa, in particolare per mezzo della catechesi e delle opere, e al di fuori di essa.

    Il dialogo con le altre Chiese e comunità cristiane esiste ma ha bisogno di essere incrementato. In tale urgente opera, grande ruolo svolge il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, che praticamente raccoglie tutti i rappresentanti dei cristiani della regione. Inoltre, vi sono progetti pastorali comuni elaborati nel Consiglio dei Patriarchi Cattolici riuniti con i Patriarchi ortodossi di Libano e Siria. Insieme con tutta la Chiesa Cattolica, le Chiese Orientali Cattoliche partecipano anche al dialogo teologico con la Chiesa Ortodossa. Sarebbe auspicabile una maggiore collaborazione anche nel campo liturgico.

    Il dialogo con l’ebraismo è la peculiarità delle Chiese di Gerusalemme (6 Cattoliche e 5 Ortodosse, più 2 comunità ecclesiali protestanti).

    Esistono in Palestina e in Israele varie associazioni di dialogo ebraico-cristiano. Tuttavia i rapporti con l’ebraismo sono condizionati dalla situazione politica che oppone da una parte Palestinesi e mondo arabo e dall’altra lo Stato d’Israele. Al riguardo, i Lineamenta citano le parole del Santo Padre pronunciate durante la sua Visita Apostolica in Terra Santa circa il diritto del popolo Palestinese e di quello Israeliano di vivere in pace e di avere ognuno una patria propria all’interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti.

    A tal proposito, occorre sempre rammentare la distinzione tra il piano religioso e quello politico, non adoperando la Bibbia a scopi politici né la politica a scopi religiosi. In tale contesto è importante sottolineare il legame religioso tra il Giudaismo e il Cristianesimo, tra l’Antico e il Nuovo Testamento. I cristiani sono chiamati ad incoraggiare ogni pacifico mezzo che possa condurre alla pace attraverso la giustizia. In tale opera importante e difficile sono guidati dall’attitudine cristiana, espressa dal Venerabile Papa Giovanni Paolo II: "Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2002).

    I rapporti con i musulmani occupano una parte rilevante del Documento.

    Le Costituzioni della maggior parte dei Paesi del Medio Oriente garantiscono l’uguaglianza tra i cittadini a tutti i livelli. Tale quadro giuridico permette ai cristiani di esigere il rispetto dei loro diritti e doveri di cittadini. Purtroppo, per la mancanza di distinzione tra religione e politica in pratica i cristiani sono spesso in posizione di non-cittadinanza. Per migliorare la situazione, occorre promuovere di più il dialogo anche per conoscersi meglio. Bisogna incoraggiare la presentazione oggettiva del cristianesimo e dell’Islam tramite i mass media come pure in opuscoli accessibili anche a gente semplice. In tale opera grande importanza hanno non solamente i gruppi di dialogo interreligioso, bensì le opere cattoliche, come scuole e ospedali frequentati anche da musulmani.

    Di fronte a questa situazione non facile in vari Paesi, i cristiani sono chiamati a dare un contributo specifico e insostituibile alla società in cui vivono: essere testimoni di Cristo e dei valori del Vangelo in tutti i settori della vita personale, famigliare e pubblica. Vi sono alcuni punti che uniscono i cristiani e i musulmani, come i diritti dell’uomo, che pertanto bisognerebbe promuovere insieme per ottenere risultati più qualificati. Ispirandosi all’esempio e all’insegnamento di Gesù, i cristiani condannano la violenza da qualunque parte essa provenga e suggeriscono il dialogo come il mezzo migliore per risolvere i problemi. Inoltre, essi non si stancano di proporre il messaggio della riconciliazione basato sul perdono reciproco che è frutto soprattutto dello Spirito Santo e non solamente di sforzi umani. Con tale spirito sarà possibile, emarginando gli estremismi politici e religiosi, aprirsi al processo di edificazione di una umanità nuova. Pertanto, la testimonianza di vita dei cristiani, come fermento di una società rinnovata, rimane essenziale per il presente e il futuro del Medio Oriente.

    Conclusione

    Nella Conclusione si ripropongono le ragioni non tanto di politica quanto di fede per cui è essenziale che i cristiani rimangano nel Medio Oriente e continuino ad offrire il loro contributo specifico alla costruzione di una società giusta, pacifica e prospera. Non temere piccolo gregge (Lc 12, 32) è la migliore risposta ai dubbi di non pochi cristiani per rimanere in Terra Santa, forti della promessa della vicinanza di Dio. Nato a Betlemme, Egli si è fatto vicino a tutti gli uomini, soprattutto ai suoi compaesani. La parola del Vangelo di non temere è vivificata anche dalla solidarietà dei cristiani del mondo intero che appoggiano con la preghiera e con le opere di aiuto concreto i loro confratelli del Medio Oriente, culla del cristianesimo, come pure di altri due monoteismi: l’ebraismo e l’Islam.

    La speranza cristiana, nata in Terra Santa, ha animato i fedeli per 2000 anni. Anche oggi, pure in mezzo alle difficoltà e alle sfide essa rimane per i cristiani e gli uomini di buona volontà la sorgente inesauribile della fede, della carità, della gioia di essere testimoni del Signore Gesù risorto, presente in mezzo alla comunità dei suoi discepoli. Come una volta nel cenacolo di Gerusalemme, egli continua a riempire dello Spirito Santo i suoi con le parole di vita: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi" (Gv 20, 21).

    [00072-01.01]


  • INTERVENTO DI MONS. FORTUNATO FREZZA

  • La Terra Santa


  • Gesù, Figlio di Dio, fatto uomo, ha condiviso tutto, eccetto il peccato (Ebr 4, 15), con gli uomini del suo tempo e della sua terra. Venne in una terra che poteva dire sua perché in essa si svolse la sua vita, la sua storia umana. Nacque in Giudea, a Betlemme, piccolo centro e grande nello stesso tempo (Mi 5, 1), la città di Davide, di Booz con Noemi e Rut (Rt 1, 22; 2, 1), dei pastori e degli innocenti trucidati da Erode (Mt 2, 16), la città del censimento ordinato da Cesare Augusto (Lc 2, 1-7).

    Un altro luogo gli fu proprio, perché in esso avevano dimora i suoi genitori Giuseppe e Maria (Lc 2, 4.5), Nazaret, sperduto paese della Galilea, terra dei popoli (Is 9, 1), sconosciuto e umiliato borgo (Gv 1 , 46) ai confini con le regioni straniere e pagane. Tanto grande e nobile Betlemme, quanto piccolo punto in geografia e stima Nazaret!

    In questa geografia, come linea d’orizzonte, si è mosso Gesù. Una prima volta nel seno di sua madre, da Nazaret fino a Betlemme, quasi alla periferia di Gerusalemme, la città del tempio (Lc 2, 22) e della festa annuale di pasqua (Lc 2, 41), città della nostalgia (Sal 137, 1ss) e delle ascensioni dei pellegrini (Sal 120-134).

    L’itinerario annuale di Pasqua da Nazaret a Gerusalemme corrisponde quasi all’intero asse longitudinale della Palestina, a congiunzione di due luoghi distintivi della vita del Signore: Nazaret con la sua casa (Lc 2, 51s) e Gerusalemme, meta del suo viaggio definitivo (Lc 9, 53).

    Se è vero che i tessuti oftalmici e le fibre cerebrali restano impressionati dalle sollecitazioni visive provenienti dall’esterno, sotto forma di immagini con qualità e durata variabili, dobbiamo concludere che il giorno dell’ascensione al cielo, quando fu elevato in alto (At 1, 9) e sottratto agli occhi fissi degli uomini di Galilea (At 1, 11), l’uomo Gesù portava con sé le immagini di questa terra: Galilea, Samaria, Giudea, perché da uomo non attraversò altra terra che questa, nessun’altra geografia che quella della Palestina, terra dei padri e della promessa (Gen 12, 1).

    Gesù non fu un missionario internazionale. La sua appartenenza territoriale era chiara e gli fu tanto cara da farlo piangere di fronte alla grandezza tradita della città «unita e compatta» (Sal 122, 3ss), di Gerusalemme (Lc 19, 41-44).

    Quella che noi chiamiamo Terra Santa non è semplicemente una realtà geografica. Come territorio somiglia ad un trapezoide i cui lati sono ad occidente la costa mediterranea, a nord una linea che da Tiro raggiunge le falde meridionali dell’Hermon, ad est il deserto arabico, a sud un confine che dalla sponda meridionale del Mar Morto tocca il Mediterraneo presso la frontiera egiziana.

    L’altezza del trapezoide è di circa 255 chilometri, la larghezza massima, a sud, è di 120 chilometri, la minima, a nord, di 70 chilometri, con un’area di circa 25.000 chilometri quadrati: meno della Sicilia, un po’ più della Sardegna.

    Anche sotto l’aspetto geografico la Palestina è uno dei paesi più straordinari: in tanto poco spazio racchiude la più profonda depressione della terra con il livello del Mar Morto che è quasi di 400 metri sotto il Mediterraneo, e la più grande varietà di clima, fauna e flora.

    In questa piccola superficie, stretta tra mare e deserto, si svolsero anche i circa 2000 anni di storia del popolo ebreo, dalla venuta di Abramo fino alla dinastia degli Asmonei nel II secolo a.C., e, successivamente , la vicenda umana del Figlio di Dio fatto uomo e dei suoi discepoli ed apostoli.

    Passando dall’Antico al Nuovo Testamento, non abbiamo la sensazione di cambiare paese. La prima pagina del Nuovo Testamento è una genealogia che registra persone, richiamando storie pubbliche e private, come anche luoghi e territorio, contrade e città. Il paese è lo stesso, è medesima l’atmosfera, anche se si respira aria diversa.

    Nell’Antico Testamento è tangibile una gradualità della rivelazione, un affinamento della religiosità, una linea di progrediente innalzamento della fede e dei costumi operato da Dio attraverso uomini scelti, quali i profeti e finalmente il Figlio suo, nato da donna (Gal 4, 4), originario di Nazaret.

    Terra Santa e Sinodo

    Il sinodo si occuperà di tutto il Medio Oriente, dall’Asia Minore all’Iraq, e di questa vasta ed eterogenea area la Terra Santa è parte geografica, storicamente non secondaria, civilmente non trascurabile, spiritualmente eminente. Le tre religioni monoteiste infatti trovano in essa, specificamente a Gerusalemme, in modo proprio a ciascuna, radici e vincoli vitali.

    Gerusalemme è città sacra per gli ebrei, per i cristiani, per i musulmani: tre religioni monoteiste, sorte in area medio orientale in epoche diverse. Posta su di un’altura -una santa montagna- per gli ebrei Gerusalemme è "il centro della terra"; mentre il centro di questa città è il "Santo dei Santi", il luogo più sacro dell’unico tempio per il culto divino, del quale, distrutto nel 70 d. C. e mai più ricostruito, rimane il Muro del pianto.

    Per i cristiani è il luogo della crocifissione, risurrezione e ascensione al cielo di Gesù, che significa "Salvatore": luoghi tutti monumentalizzati da Costantino Magno († 337), che costruì l’Anàstasis, il Martyrion e altri santuari; ma è anche una città dalla valenza mistica: è infatti modello e anticipazione della "Gerusalemme celeste", il regno di Dio cui appartengono i credenti, la Chiesa sposa del Cristo, composta di angeli e di salvati (S. Agostino, Contra Faustum, XV, 11).



    Anche i musulmani considerano Gerusalemme città santa perché legata a Maometto (†632) fondatore dell’islam. Quivi, stando alla sura 17 del Corano (sura del viaggio notturno), Maometto fu trasportato dall’arcangelo Gabriele (in una notte del 619); mentre dalla roccia di Moriah -luogo destinato al sacrificio di Isacco- il Profeta intraprese un’ascesa ai cieli sul cavallo antroponfalo al-Burag e fu portato in paradiso, dinanzi al trono di Allah. Dai suoi seguaci questo luogo, in cui si erano verificati detti eventi, fu identificato con la spianata del tempio di Erode e, una trentina di anni dopo la presa della città da parte del califfo ‘Umar, vi fu eretta una moschea.

    Questi vincoli vitali interessano direttamente la fase originaria delle tre religioni, storiche, ma ci si domanda se l’appartenenza a questa porzione del territorio mediorientale possa fomentare la coscienza dell’autenticità e della purezza delle fede e della prassi religiosa. Inoltre ci si interroga se la comune terra di origine e di convivenza possa favorire la reciprocità nel riconoscimento e nel rispetto fino ad influenzare positivamente le relazioni nell’intera area mediorientale.

    Per quanto impegnative siano le risposte a tali quesiti, si possono trovare osservazioni pertinenti nel documento che oggi si presenta, i Lineamenta per l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, dal titolo «La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32)».

    Esso esamina lucidamente condizionamenti e problemi direttamente connessi con quelle domande, che di volta in volta si affacciano nel viver quotidiano in quell’area, nella grande società come anche nella concreta convivenza di persone e di gruppi.

    I Pastori della Chiesa in Medio Oriente, concludendo nei Lineamenta l’esposizione degli elementi caratteristici della situazione attuale delle loro Chiese particolari, delle sfide, della comunione ecclesiale e della testimonianza cristiana, guardano al futuro e scrivono: «La nostra situazione attuale, di presenza piuttosto ridotta, è una conseguenza della storia. Ma noi, con il nostro comportamento, possiamo migliorare il nostro presente e anche il futuro. Da una parte, le politiche mondiali sono un fattore che influirà sulla nostra decisione di restare nei nostri Paesi o di emigrare. Dall’altra, l’accettazione della nostra vocazione di cristiani nelle e per le nostre società sarà un fattore principale della nostra presenza e testimonianza nei nostri Paesi» (n. 87).

    E infine si affidano ad un auspicio: «La speranza, nata in Terra Santa, anima tutti i popoli e le persone in difficoltà del mondo da 2000 anni. Nel mezzo delle difficoltà e delle sfide, essa resta una fonte inesauribile di fede, carità e gioia per formare i testimoni del Signore risorto, sempre presente tra la comunità dei suoi discepoli. In tutti i nostri Paesi, questa speranza ci sostiene, con la parola di Gesù: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12, 32)» (n. 89).






    Caterina63
    00lunedì 8 marzo 2010 18:59
    Lettera della Congregazione per le Chiese Orientali in occasione della tradizionale colletta

    Sostegno di tutta la Chiesa
    ai cristiani di Terra Santa


    In occasione dell'annuale Colletta per la Terra Santa, la Congregazione per le Chiese Orientali ha indirizzato in questo tempo di Quaresima una lettera ai vescovi di tutto il mondo. Il documento - firmato dal cardinale prefetto Leonardo Sandri e dall'arcivescovo segretario Cyril Vasil' - raccomanda il sostegno della Chiesa universale ai cristiani d'Oriente, che portano la responsabilità di custodire i luoghi delle origini della nostra fede.

    Eccellenza Reverendissima,
    Con la preparazione alla Pasqua del Signore torna l'appello ai Pastori della Chiesa Universale affinché sostengano la Terra Santa, offrendo la preghiera, la partecipazione vigilante e la concretezza della generosità.

    Nel "noi" della Chiesa trova motivazione la sensibilità per le necessità della Chiesa di Gerusalemme e del Medio Oriente. Sensibilità che si fa soccorso, come quello inviato ai fratelli della Giudea (At 11, 29-30); ricordo, come l'invito di San Paolo nella lettera ai Galati (2, 10), e colletta, che risponde a precise indicazioni pratiche (1 Cor 16, 1-6) ed è definita grazia di prendere parte al servizio a favore dei santi (2 Cor 8-9 e Rm 15).

    Il nostro appello quest'anno trae ispirazione dal pellegrinaggio compiuto "sulle orme storiche di Gesù" dal Santo Padre Benedetto XVI nel maggio scorso.
    Ho avuto l'onore di accompagnarLo e di condividere l'ansia pastorale, ecumenica e interreligiosa che ne hanno animato le parole e i gesti.

    Insieme alla comunità ecclesiale di Israele e Palestina ho ascoltato "una voce" di fraternità e di pace.

    Sottolineando fortemente il problema incessante dell'emigrazione, Sua Santità ha ricordato che "nella Terra Santa c'è posto per tutti"! Ed ha esortato le autorità a sostenere la presenza cristiana, ma nel contempo ha assicurato ai cristiani di quella Terra la solidarietà della Chiesa.

    Nella Santa Messa a Betlemme, Egli ha poi incoraggiato i battezzati ad essere "un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell'edificare una cultura di pace che superi l'attuale stallo della paura, dell'aggressione e della frustrazione", perché le Chiese locali siano "laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica".

    L'anno sacerdotale impegna a favore dei Luoghi Santi, insieme ai rispettivi Vescovi, i carissimi presbiteri e seminaristi di tutta la Chiesa. Torniamo, perciò, col cuore al Cenacolo di Gerusalemme, dove il Maestro e Signore "ci amò sino alla fine"; a quel luogo dove gli Apostoli con la Santa Madre del Crocifisso Risorto vissero la prima Pentecoste. Crediamo fermamente nel "fuoco mai spento" dello Spirito Santo, che il Vivente effonde in abbondanza. E prodighiamoci instancabilmente per garantire un futuro ai cristiani là dove apparvero "la benignità e l'umanità" del Nostro Dio e Padre.

    Il Papa ha affidato alla Congregazione per le Chiese Orientali il compito di tenere vivo l'interesse per quella Terra benedetta. A Suo nome esorto tutti a confermare la solidarietà finora mostrata. I cristiani d'Oriente portano, infatti, una responsabilità che spetta alla Chiesa universale, quella cioè di custodire le "origini cristiane", i luoghi e le persone che ne sono il segno, perché quelle origini siano sempre il riferimento della missione cristiana, la misura del futuro ecclesiale e la sua sicurezza. Essi meritano, pertanto, l'appoggio di tutta la Chiesa.

    Unisco un documento informativo, che illustra le opere compiute dalla Custodia di Terra Santa con la Colletta 2009 (ne sintetizziamo a parte i contenuti n.d.r.). E ricordo che diversi interventi vengono realizzati dal Patriarcato Latino di Gerusalemme e dalle Chiese Orientali Cattoliche in Israele e Palestina sempre grazie all'annuale Colletta.

    Prego il Signore perché sia largo nella ricompensa verso quanti amano la Terra che Gli diede i natali:  essa deve rimanere, grazie alla "Chiesa viva e giovane" che vi opera, la testimone nei secoli delle grandi opere della salvezza.

    In comunione con i pastori e i cristiani di Terra Santa, auguro una Pasqua colma delle benedizioni divine.


    (©L'Osservatore Romano - 8-9 marzo 2010)
    Caterina63
    00lunedì 26 aprile 2010 13:14

    Nomine per il Sinodo Speciale per il Medio Oriente


    In programma dal 10 al 24 ottobre in Vaticano


    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 25 aprile 2010 (ZENIT.org).- In vista dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 10 al 24 ottobre sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola' (At 4,32)”, Benedetto XVI ha effettuato alcune nomine, come ha reso noto questo sabato la Sala Stampa della Santa Sede.

    Il Papa, ricorda il comunicato vaticano, ha nominato sia il Cardinale Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano), che il Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei (Iraq), Presidente Delegato ad honorem.

    Allo stesso modo, ha nominato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano), Presidenti Delegati.

    Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto), è stato poi nominato Relatore Generale, mentre monsignor Joseph Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (Cipro), è stato nominato Segretario Speciale.

    Questo sabato la Santa Sede ha reso nota anche la nomina a Capo Ufficio nella Congregazione per i Vescovi di monsignor Fabio Fabene, finora Aiutante di Studio nello stesso dicastero.

    Caterina63
    00giovedì 3 giugno 2010 18:16
    A colloquio con l'arcivescovo Nikola Eterovic

    Le comunità locali
    nella preparazione del Sinodo


    Quaranta pagine suddivise in tre capitoli e quattordici sottotitoli che seguono punto dopo punto lo schema dei Lineamenta, arricchito dalle risposte e dalle proposte richieste ai duecento rappresentanti della comunità ecclesiale del Medio Oriente cui sono stati inviati. È il testo dell'Instrumentum laboris per la celebrazione dell'assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Il Papa lo consegnerà domenica prossima, 6 giugno, ai sette patriarchi, ai due presidenti delle Conferenze episcopali cattoliche dell'Iraq e della Turchia in rappresentanza delle Chiese in Medio Oriente, oltreché ai cardinali Kasper, Sandri e Tauran. La consegna avverrà al termine della messa che Benedetto XVI celebrerà a Nicosia nell'ultima giornata del suo viaggio apostolico a Cipro. Ne abbiamo parlato con l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

    Qual è il significato del nuovo stile inaugurato dal Papa nel consegnare personalmente l'Instrumentum laboris durante i suoi viaggi apostolici?

    È un chiaro segno dell'attenzione che egli riserva alla collegialità episcopale, della quale il Sinodo è strumento privilegiato. Ne è il presidente, ne segue in prima persona i preparativi, partecipa attivamente ai lavori. Anche per questo il Sinodo si volge in Vaticano. Il Papa però consegnando l'Instrumentum laboris di volta in volta in Paesi rappresentativi intende dimostrare il suo rispetto per i vescovi di tutto il mondo. È anche un riconoscimento per il fattivo contributo che i vescovi locali hanno dato e danno per la stesura dell'Instrumentum laboris.

    Perché è stata scelta l'isola di Cipro per la consegna?

    Il Papa è stato in Turchia, in Giordania, in Israele e nei Territori Palestinesi, tutti Paesi estremamente rappresentativi della situazione del Medio Oriente. Avendo convocato l'assemblea speciale ha voluto cogliere l'occasione della programmata visita a Cipro per consegnare l'Instrumentum laboris ai vescovi del Medio Oriente.

    A chi sono stati inviati i Lineamenta?

    Ne abbiamo spediti circa duecento. Innanzitutto ai rappresentanti delle diverse Chiese cattoliche d'Oriente, alle conferenze episcopali, a molte comunità religiose. Prima di Pasqua avevamo già ricevuto le risposte di tutti. Ci sono stati molti vescovi e molti religiosi che hanno voluto rispondere anche singolarmente. È stato un contributo eccezionale che lascia intuire quanta attesa vi sia per questo evento. Non a caso hanno tutti assicurato la preghiera personale e comunitaria per il buon esito dell'assemblea. È una testimonianza molto importante perché significa che su questa assemblea si concentrerà sicuramente tanta energia positiva. La situazione in questa parte di mondo è molto difficile per i cristiani. I vescovi hanno messo a nudo, nelle loro risposte, i dolori e le sofferenze che segnano la vita delle loro comunità. Questioni che determinano la pesante situazione di instabilità che grava su tutta la regione, per allargarsi poi pericolosamente sul resto del mondo. Si capisce allora sino in fondo l'importanza dell'assemblea convocata da Benedetto XVI. Anche se nessuno si aspetta soluzioni a tutta la questione mediorientale se non altro ne verranno indicazioni alla comunità cattolica, ma certamente possibili per tutti gli uomini di buona volontà.

    Dalle risposte è possibile avere un quadro della Chiesa in Medio Oriente?

    Una cosa va prima di tutto segnalata. La totalità dei patriarchi, dei vescovi, dei religiosi e delle religiose che hanno risposto concordano sulla felice intuizione del Papa nel proporre per l'assemblea il tema "La Chiesa cattolica nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza". Consente, secondo le opinioni espresse, di riflettere su una realtà concreta ma è anche un richiamo alla comunione e alla testimonianza. Due momenti essenziali per la Chiesa in questa parte di mondo. Il Sinodo sarà anche occasione per riflettere insieme sull'effettività della comunione. Si tratta di Chiese sui iuris, cattoliche, dunque in comunione tra di loro e con il Papa, il capo visibile. Dovremo riflettere sull'arricchimento reciproco in uno scambio di doni che porti all'effettiva collaborazione per la promozione del bene comune, coinvolgendo anche le altre Chiese. Quanto alla testimonianza ci auguriamo che dal Sinodo risalti la necessità della presenza cattolica in queste terre d'oriente, come elemento fondamentale per la missione della Chiesa.

    Quali sono le situazioni più critiche denunciate?

    Ciò che causa maggiori sofferenze è l'emigrazione dei cristiani. È un problema che si ripropone da tanto tempo ma che in questo ultimo periodo sta assumendo dimensioni che non esitiamo a definire drammatiche. Legata a questo fenomeno c'è poi la delicata questione dei rapporti con le altre religioni, islam e ebraismo in particolare. Molte volte i cristiani soffrono per questioni essenziali per la loro vita sociale, spesso oggetto di vere e proprie discriminazioni. Alcuni vescovi per esempio denunciano pressioni esercitate nei confronti di cristiani che chiedono un lavoro:  gli è assicurato solo se accettano di cambiare religione. È una grave forma di proselitismo. Le comunità che si trovano in condizioni di minoranza assoluta corrono così un grave pericolo di sopravvivenza.

    I fedeli delle altre Chiese hanno percezione della presenza dei cristiani?

    Hanno tutti un'ottima impressione. Li stimano, li apprezzano per il contributo che danno con le loro opere sociali, e il più delle volte non solo non giustificano ma neppure riescono a spiegarsi il perché delle esplosioni di violenza estremista contro i cristiani. Numerose risposte evidenziano discrete manifestazioni di solidarietà in questi casi. Altri informano di tanti gesti di solidarietà accompagnati dall'auspicio del normalizzarsi della situazione per consentire il ritorno di quanti emigrano.

    A cosa è dovuto secondo lei?

    Credo che in gran parte sia dovuto al fatto che i cristiani rappresentano comunque un elemento di moderazione nel confronto tra gli estremismi ebraici e islamici. Del resto è il messaggio del Vangelo:  "Chiedere perdono e perdonare". Potrebbe essere la soluzione ai tanti problemi che devastano questa area. Per uscire dal circolo vizioso che scuote la regione è necessario rispettare la giustizia, ma bisogna anche essere pronti a perdonare e a chiedere perdono per riconciliarsi e costruire un futuro migliore nel quale ciascuno potrà dare il proprio contributo. Sono convinto che la pace e la stabilità di questa parte di mondo hanno bisogno dell'armonia tra le religioni.

    La crisi vissuta in questo periodo dalla Chiesa in Occidente ha avuto riscontri o riflessi nelle risposte pervenute?

    Quella nel Medio Oriente è una Chiesa in sofferenza per tanti motivi. Soffre per le persecuzioni, soffre per le discriminazioni, soffre per la continua emorragia di fedeli. È impegnata in un'opera di testimonianza cristiana che comporta anche immensi sacrifici. È in continuo dialogo con le altre religioni per trovare strade comuni che possano condurre alla pace e alla convivenza. Sperimenta la grandezza del Vangelo e resiste fin quando è possibile sino allo stremo. È una Chiesa forte della consapevolezza di dover assicurare la sua presenza affinché la Terra Santa non si riduca semplicemente a un luogo archeologico da visitare per curiosità, ma privo di vita. (mario ponzi)


    (©L'Osservatore Romano - 3 giugno 2010)

    ATTENZIONE, SE VUOI SEGUIRE LA VISITA DEL PAPA A CRIPRO CLICCA QUI:

    Benedetto XVI primo Pontefice a visitare Cipro dal 4 al 6 giugno 2010

    Caterina63
    00lunedì 7 giugno 2010 19:01
     

    I contenuti del documento


    Quaranta pagine compongono il documento per il lavoro dell'assemblea sinodale, pubblicato in arabo, francese, inglese e italiano.

    Dopo la prefazione del segretario generale e l'introduzione, il primo capitolo parla della Chiesa cattolica in Medio Oriente, che è unica e presente in varie tradizioni:  oltre a quella latina vi sono, infatti, sei Patriarcati, ciascuno con il proprio patrimonio spirituale, teologico e liturgico. Il secondo tratta della comunione ecclesiale, che si manifesta mediante i segni del battesimo e dell'Eucaristia nella comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità.

    Il terzo capitolo, il più corposo, affronta il tema della testimonianza cristiana, ribadendo l'importanza della catechesi e l'auspicio per "uno sforzo di rinnovamento" nella liturgia. Si riafferma l'urgenza dell'ecumenismo, attraverso la collaborazione per "l'unificazione delle feste cristiane (Natale e Pasqua) e la gestione comune dei Luoghi di Terra Santa". Si condanna il proselitismo e si rilanciano i rapporti con l'ebraismo, che hanno "nel Concilio Vaticano ii un punto di riferimento fondamentale".

    Il dialogo con gli ebrei è "essenziale, benché non facile", risentendo del conflitto israelo-palestinese. La Chiesa ritiene che "ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri e riconosciuti".

    Ferma è la condanna dell'antisemitismo, mentre "gli attuali atteggiamenti negativi tra popoli arabi e popolo ebreo sembrano piuttosto di carattere politico".

    Per le relazioni con i musulmani si cita Benedetto XVI per il quale "il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi a una scelta stagionale. Esso è una necessità vitale, da cui dipende il nostro futuro". Si aggiunge che "è importante avere i dialoghi bilaterali - con gli ebrei e con l'Islam - e anche il dialogo trilaterale". Le relazioni tra cristiani e musulmani sono difficili - si legge nel documento - soprattutto perché questi ultimi non distinguono tra religione e politica; il che mette i primi nella delicata situazione di non-cittadini di questi Paesi, mentre lo sono già da ben prima dell'arrivo dell'Islam.

    "Cristiani e musulmani sono chiamati a lavorare assieme per promuovere la giustizia sociale, la pace e la libertà, e difendere i diritti umani e i valori della vita e della famiglia" liberi da pregiudizi e stereotipi. Nella situazione conflittuale della regione i cristiani sono esortati a promuovere "la pedagogia della pace" contro il "terrorismo mondiale più radicale". Il loro contributo "che esige molto coraggio, è indispensabile" anche se "spesso" i Paesi mediorientali "identificano l'Occidente con il cristianesimo".

    Il documento analizza anche l'impatto della modernità che al musulmano credente "si presenta con un volto ateo e immorale" e "come un'invasione culturale". Ma "la modernità è anche un rischio per i cristiani":  le società della regione sono infatti "minacciate dall'assenza di Dio, dall'ateismo e dal materialismo, dal relativismo e dall'indifferentismo".

    Rischi che "possono facilmente distruggere famiglie, società e Chiese". Da questo punto di vista "musulmani e cristiani devono percorrere un cammino comune". I cristiani, da parte loro, devono essere consapevoli di appartenere al Medio Oriente e di esserne "una componente essenziale come cittadini":  per essere "stati i pionieri della rinascita della Nazione araba", anche se "con la crescita dell'integralismo, aumentano ovunque gli attacchi contro di loro".

    Il documento affronta quindi il tema dell'evangelizzazione, che nella società musulmana può avvenire solo attraverso la testimonianza. Perciò l'attività caritativa delle comunità cattoliche "verso i poveri e gli esclusi rappresenta il modo più evidente della diffusione dell'insegnamento cristiano".

    Nella conclusione, infine, l'Instrumentum laboris sottolinea "le difficoltà del presente, ma, al contempo, la speranza, fondata sulla fede". La mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto dei diritti e l'egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato la regione e imposto alle popolazioni violenza e disperazione. Ne consegue l'emigrazione massiccia dei cristiani, che sono esortati, sostenuti dalla comunità internazionale, a rimanere nelle loro terre.


    (©L'Osservatore Romano - 7-8 giugno 2010)








     







    SINTESI DELL'"INSTRUMENTUM LABORIS"
     
    CITTA' DEL VATICANO, 6 GIU. 2010 (VIS). Di seguito riportiamo un ampio estratto della sintesi dell' "Instrumentum Laboris" dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
     
      Nella prefazione, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Arcivescovo Nikola Eterovic sottolinea che "la situazione attuale nel Medio Oriente è per non pochi versi simile a quella vissuta dalla primitiva comunità cristiana in Terra Santa, in mezzo a difficoltà e persecuzioni".
      Nell'Introduzione si ricordano i due obiettivi principali del Sinodo: innanzitutto, quello di "confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti"; in secondo luogo quello di "ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese 'sui iuris', affinché possano offrire una testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa e attraente".
     
      Il Primo capitolo tratta della Chiesa cattolica in Medio Oriente ricordando che tutte le Chiese del mondo "risalgono alla Chiesa di Gerusalemme". Si ricorda che le Chiese del Medio Oriente sono di origine apostolica e "che sarebbe una perdita per la Chiesa universale se il Cristianesimo dovesse affievolirsi o scomparire proprio là dove è nato". C'è dunque la "grave responsabilità" di "mantenere la fede cristiana in queste terre sante". Si afferma quindi che i cristiani, nonostante il loro "numero esiguo", "appartengono a pieno titolo al tessuto sociale e all'identità stessa" di questi Paesi. La loro scomparsa rappresenterebbe una perdita per il pluralismo del Medio Oriente. I cattolici sono chiamati a promuovere il concetto di "laicità positiva" dello Stato per "alleviare il carattere teocratico del governo" e permettere "più uguaglianza tra i cittadini di religioni differenti favorendo così la promozione di una democrazia sana, positivamente laica, che riconosca pienamente il ruolo della religione, anche nella vita pubblica, nel pieno rispetto della distinzione tra gli ordini religioso e temporale". Il documento sottolinea quindi che i conflitti regionali rendono ancora più fragile la situazione dei cristiani. "L'occupazione israeliana dei territori Palestinesi rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l'economia e la vita sociale e religiosa (accesso ai Luoghi Santi, condizionato da permessi militari accordati agli uni e rifiutati agli altri, per ragioni di sicurezza). I cristiani sono tra le principali vittime della guerra in Iraq. "In Libano, i cristiani sono divisi sul piano politico e confessionale". "In Egitto, la crescita dell'Islam politico, da una parte, e il disimpegno, in parte forzato, dei cristiani nei confronti della società civile, dall'altra, rendono la loro vita esposta a serie difficoltà". "In altri Paesi, l'autoritarismo, cioè la dittatura, spinge la popolazione, compresi i cristiani, a sopportare tutto in silenzio per salvare l'essenziale. In Turchia, il concetto attuale di laicità pone ancora problemi alla piena libertà religiosa del Paese". I cristiani sono esortati a non tralasciare il loro impegno nella società nonostante le tentazioni allo scoraggiamento". "In Oriente - si rileva - libertà di religione vuol dire solitamente libertà di culto", non dunque "libertà di coscienza, cioè della libertà di credere o non credere, di praticare una religione da soli o in pubblico senza alcun impedimento, e dunque della libertà di cambiare religione. In Oriente, la religione è, in generale, una scelta sociale e perfino nazionale, non individuale. Cambiare religione è ritenuto un tradimento verso la società, la cultura e la Nazione costruita principalmente su una tradizione religiosa". Per questo "la conversione alla fede cristiana è vista come il frutto di un proselitismo interessato, non di una convinzione religiosa autentica. Per il musulmano, essa è spesso vietata dalle leggi dello Stato". L'estremismo islamico, nel frattempo, continua a crescere in tutta l'area costituendo "una minaccia per tutti, cristiani, ebrei e musulmani". In questo contesto di conflittualità, difficoltà economiche e limitazioni politiche e religiose, i cristiani continuano ad emigrare: "nel gioco delle politiche internazionali - si sottolinea - si ignora spesso l'esistenza dei cristiani, i quali ne sono le prime vittime; questa è una delle cause principali dell'emigrazione".
     
    Il Secondo capitolo è dedicato alla comunione ecclesiale. "Questa comunione in seno alla Chiesa cattolica - leggiamo nel testo - si manifesta mediante due segni principali: il battesimo e l'Eucaristia nella comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, corifeo degli apostoli, 'principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione'". "Per promuovere l'unità nella diversità, occorre superare il confessionalismo in ciò che può avere di limitato o esagerato, incoraggiare lo spirito di cooperazione tra le varie comunità, coordinare l'attività pastorale e stimolare l'emulazione spirituale e non la rivalità". "La comunione tra i vari membri di una stessa Chiesa o Patriarcato - si legge nell''Instrumentum laboris' - avviene sul modello della comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro, il Vescovo di Roma. A livello della Chiesa Patriarcale, la comunione si esprime mediante il sinodo che riunisce i Vescovi di tutta una comunità attorno al Patriarca, Padre e capo della sua Chiesa. I cristiani sono invitati a sentirsi "membri della Chiesa Cattolica in Medio Oriente, e non soltanto membri di una Chiesa particolare".
     
      Il Terzo capitolo affronta il tema della testimonianza cristiana. Si ribadisce innanzitutto "l'importanza della catechesi per conoscere e trasmettere la fede". Si ribadisce l'urgenza dell'ecumenismo, superando pregiudizi e diffidenze attraverso il dialogo e la collaborazione. Si condanna "decisamente il proselitismo che usa mezzi non conformi al Vangelo". Si passano in rassegna quindi i rapporti con l'ebraismo che trovano "nel Concilio Vaticano II un punto di riferimento fondamentale". Il dialogo con gli ebrei è definito "essenziale, benché non facile" risentendo del conflitto israelo-palestinese. La Chiesa auspica che "ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti". Si ribadisce la ferma condanna dell'antisemitismo, sottolineando che "gli attuali atteggiamenti negativi tra popoli arabi e popolo ebreo sembrano piuttosto di carattere politico" e dunque estranei ad ogni discorso ecclesiale. I cristiani sono chiamati "a portare uno spirito di riconciliazione basata sulla giustizia e l'equità per le due parti. D'altra parte, le Chiese nel Medio Oriente invitano a mantenere la distinzione tra la realtà religiosa e quella politica". Anche le relazioni della Chiesa Cattolica con i musulmani hanno fondamento nel Concilio Vaticano II.  "Le relazioni tra cristiani e musulmani sono, più o meno spesso, difficili - si legge nel documento - soprattutto per il fatto che i musulmani non fanno distinzione tra religione e politica, il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini, mentre essi sono cittadini di questi Paesi già da ben prima dell'arrivo dell'Islam. La chiave del successo della coesistenza tra cristiani e musulmani dipende dal riconoscere la libertà religiosa e i diritti dell'uomo". "I cristiani sono chiamati ... a non isolarsi in ghetti, in atteggiamenti difensivi e di ripiegamento su di sé tipici delle minoranze. Nella situazione conflittuale della regione i cristiani sono esortati a promuovere "la pedagogia della pace": si tratta di una via "realistica, anche se rischia di essere respinta dai più; essa ha anche più possibilità di essere accolta, visto che la violenza tanto dei forti quanto dei deboli ha condotto, nella regione del Medio Oriente, unicamente a fallimenti e a uno stallo generale". Si tratta di una situazione "sfruttata dal terrorismo mondiale più radicale". Il contributo dei cristiani, "che esige molto coraggio, è indispensabile" anche se "troppo spesso" i Paesi mediorientali "identificano l'Occidente con il Cristianesimo" recando grande danno alle Chiese cristiane. Il documento analizza anche il forte impatto della modernità che al musulmano credente "si presenta con un volto ateo e immorale. Egli la vive come un'invasione culturale che lo minaccia, turbando il suo sistema di valori". "La modernità, del resto, è anche lotta per la giustizia e l'uguaglianza, difesa dei diritti".
     
     "Il cristiano ha un contributo speciale da apportare nell'ambito della giustizia e della pace"; ha il dovere di "denunciare con coraggio la violenza da qualunque parte essa provenga, e suggerire una soluzione, che non può passare che per il dialogo", la riconciliazione e il perdono. Tuttavia i cristiani devono "esigere con mezzi pacifici" che anche i loro diritti "siano riconosciuti dalle autorità civili". Il documento affronta quindi il tema dell'evangelizzazione in una società musulmana che può avvenire solo attraverso la testimonianza: ma "si chiede che essa sia garantita anche da opportuni interventi esterni". Ad ogni modo l'attività caritativa delle comunità cattoliche "verso i più poveri e gli esclusi, senza discriminazione, rappresenta il modo più evidente della diffusione dell'insegnamento cristiano".
     
      Nella Conclusione, il documento rileva "la preoccupazione per le difficoltà del momento presente, ma, al contempo, la speranza, fondata sulla fede cristiana". "Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l'egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l'equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione. La conseguenza di tutto ciò è l'emigrazione, specialmente dei cristiani. Di fronte a questa sfida e sostenuto dalla comunità cristiana universale, il cristiano del Medio Oriente è chiamato ad accettare la propria vocazione, al servizio della società".
     
      "Ai cristiani del Medio Oriente - conclude l''Instrumentum laboris' - si può ripetere ancora oggi: 'Non temere, piccolo gregge' (Lc 12, 32), tu hai una missione, da te dipenderà la crescita del tuo Paese e la vitalità della tua Chiesa, e ciò avverrà solo con la pace, la giustizia e l'uguaglianza di tutti i suoi cittadini!".
     

    SE/                                                                                             VIS 20100606 (1540






    Caterina63
    00lunedì 9 agosto 2010 20:14
    A colloquio con il Patriarca Antonios Naguib
    sul cammino verso il sinodo speciale per il Medio Oriente

    Unità tra le comunità cattoliche
    per guardare al futuro con ottimismo


    di Mario Ponzi

    C'è bisogno di tanto ottimismo per alimentare di nuova linfa le Chiese del medio oriente. Tuttavia "nonostante le apparenze lascino pensare ad un futuro fosco - dice in questa intervista al nostro giornale sua beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, uno dei patriarchi che ricevette a Nicosia, nel giugno scorso dalle mani del Papa, l'Instrumentum laboris della prossima assemblea speciale per il Medio Oriente del sinodo dei Vescovi - le nostre Chiese hanno la possibilità di cambiare le cose. A patto che riscoprano la necessità di restare unite tra di loro".

    Da questo punto di vista quanto influirà, secondo lei, la testimonianza offerta dal Papa il giugno scorso a Cipro?

    È stata una testimonianza di grandissima importanza non solo per i cattolici dell'isola, ma sicuramente lo è stata per quelli dell'intera regione del Medio Oriente. La consegna dell'Instrumentum laboris del prossimo sinodo ai patriarchi e agli altri capi delle Chiese cattoliche orientali, che erano tutti lì presenti, tranne naturalmente il povero monsignor Padovese, è stato un messaggio molto chiaro, una vera chiamata all'unità tra di noi ancor prima di andare a cercarla con gli altri.

    E come giudica il documento che Benedetto XVI le ha consegnato?

    È stato formulato con le proposte giunte da tutte le nostre Chiese, dunque rispondente alla realtà. Le posso dire che ha suscitato grande entusiasmo e molte aspettative nel clero, nei religiosi e nelle religiose delle nostre Chiese cattoliche in Egitto. Naturalmente ha attirato anche l'attenzione di tutti gli altri fedeli. Anche se devo confessare che la maggior parte di essi non segue da vicino il processo di avvicinamento al sinodo. Qui i mass media ignorano completamente questo evento per noi fondamentale. Dunque è difficile farne capire il senso ai fedeli cattolici, una minoranza sparsa a macchia di leopardo in tutta la nazione. Noi cerchiamo di "catturare" la loro attenzione con i pochi mezzi mediatici di cui disponiamo. Naturalmente cerchiamo di attivarci anche con altri mezzi per raggiungere il più vasto numero possibile di persone. Recentemente per esempio, durante incontro assembleare che annualmente vede riunita la gerarchia della Chiesa cattolica che è in Egitto, è stato deciso di avviare una serie di interventi tematici da parte dei vescovi e degli altri membri, in modo tale da garantire la diffusione del contenuto, possibilmente cercando soprattutto di metterne in luce i significati più profondi. Dovremo far capire ai nostri fedeli che si parlerà anche e soprattutto della loro dignità, del loro futuro, della loro vita.

    Secondo lei in quale modo il prossimo evento sinodale potrà aiutare a risolvere le sfide più urgenti che si pongono alla Chiesa nella regione?

    Le sfide urgenti per le nostre Chiese cattoliche in Egitto sono molte. Devo citare in primo luogo la formazione iniziale e permanente dei responsabili religiosi:  seminaristi, sacerdoti, religiosi, religiose, persone consacrate e leader laici. Da ciò dipende la formazione religiosa dei nostri fedeli laici, che comporta un grande sforzo per la preparazione del materiale, il coordinamento fra le Chiese e gli istituti, e la creatività nell'uso dei media. Dobbiamo anche affrontare la sfida dei due dialoghi ecumenici e interreligiosi. I nostri fedeli si aspettano dalle nostre Chiese un intervento in tutte le sfere della loro vita:  personale, familiare, economica e civile. I nostri mezzi sono molto limitati e ci sentiamo spesso incapaci di rispondere alle loro aspettative. Fortunatamente tutto ciò è compensato da una vicinanza molto stretta ai fedeli nella loro vita quotidiana, soprattutto nei momenti più importanti.

    Come il sinodo potrà migliorare questo stato di fatto?

    Ciò che mi aspetto maggiormente è che possa favorire uno scambio sincero e positivo sulla situazione delle nostre Chiese. Spero che possa suscitare maggiore ottimismo rispetto al presente e al futuro, nonostante tutte le apparenze contrarie. D'altro canto è questo uno dei grandi meriti del testo del documento conciliare, interamente inserito in questa prospettiva. Mi aspetto anche un rafforzamento del nostro sentimento di appartenenza alla famiglia delle Chiese cattoliche d'Oriente, unite in un solo corpo alla grande famiglia della Chiesa cattolica, fortemente legata al Papa e alla Santa Sede. Noi abbiamo anche bisogno di vivere insieme, per incontrarci e ascoltarci reciprocamente, per rafforzare l'unità e la coesione fra le nostre Chiese nei nostri Paesi e nella nostra regione. Tutto ciò si può applicare anche all'approfondimento e al rafforzamento delle nostre convinzioni riguardo al nostro ruolo nel Paese, al nostro impegno di dialogo e alla nostra partecipazione convinta ed efficace alla costruzione dei nostri Paesi, nella fratellanza, nella giustizia, nella pace e nella collaborazione pratica. Alla base di tutto ciò, e come obiettivo principale, c'è la chiamata a un rinnovamento spirituale, ecclesiale, pastorale e apostolico. La preghiera è molto importante per una buona preparazione al sinodo e soprattutto per la successiva applicazione dei suoi risultati.

    Cosa le è rimasto più impresso dell'esperienza vissuta accanto al Papa a Nicosia?

    Due fattori mi hanno profondamente colpito:  in primo luogo il suo atteggiamento cordiale, semplice e radioso; e poi i suoi discorsi, caratterizzati dalla chiarezza della esposizione di quella che è la posizione della Santa Siede riguardo al delicato problema politico dell'isola e anche dalla conoscenza del contesto religioso pluralistico dei cristiani del Paese e della regione. Le sue parole erano pervase da un senso di sicurezza, d'incoraggiamento e di speranza che ha molto impressionato. Ogni discorso è stato perfettamente adattato alla circostanza e al pubblico presente. I contatti ecumenici e interreligiosi sono stati molto ricchi e incisivi. E poi il Papa conosce tante lingue e ha pronunciato anche alcune parole in arabo, cosa che ha fatto molto piacere a tutti. Per quanto riguarda i fedeli di altre religioni non si può dire che abbiano seguito con interesse l'evento. Anche perché i mass media egiziani non hanno fatto alcuna menzione della visita del Papa a Cipro, né prima, né dopo. Tanto meno hanno mai parlato della celebrazione della prossima assemblea speciale del sinodo per il Medio Oriente. Solo qualche sito internet, non cristiano, si è occupato dell'Instrumentum laboris. Ma come era da aspettarsi, ne ha dato un'immagine distorta, falsata.



    (©L'Osservatore Romano - 9-10 agosto 2010)
    Caterina63
    00venerdì 13 agosto 2010 20:51
    Il Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti

    I vescovi del Medio Oriente
    siano testimoni di coraggio e di ottimismo


    di Mario Ponzi

    "Non bisogna perdere di vista il fatto che noi siamo la Chiesa dei martiri e della risurrezione. Tutti gli apostoli sono stati martiri. Gesù ce lo ripete con insistenza:  "Non abbiate paura". Dobbiamo dare al nostro popolo coraggio e ottimismo. A creare questo clima potrà contribuire in modo decisivo il sinodo del prossimo ottobre"
     

    Non ha dubbi Sua Beatitudine Gregorios iii Laham, Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, nel fotografare la situazione delle Chiese particolari del Medio Oriente:  sono comunità che devono confrontarsi con gli stessi ostacoli posti ai primi evangelizzatori, martirio compreso. "La testimonianza più recente - dice nell'intervista rilasciata al nostro giornale - è il tragico assassinio di monsignor Padovese", il vicario apostolico di Anatolia ucciso il 3 giugno scorso. Per questo chiama a raccolta tutti i fedeli cattolici e tutti i vescovi e ripete che solo l'unità potrà dare a queste comunità la forza per continuare a dare la loro necessaria testimonianza. E confida nella prossima riunione sinodale come "vera occasione di rilancio per il nostro cammino comune". Già da tempo ha cominciato a preparare la Chiesa affidata alla sua cura pastorale a cogliere questa che ritiene una grande opportunità.

    Come si prepara la comunità greco-melkita di Antiochia a celebrare l'evento sinodale?

    Ho ricevuto l'Instrumentum laboris dalle mani del Papa al termine della messa da lui celebrata a Nicosia il 6 giugno scorso. Appena rientrato l'ho inviato subito a tutti i membri del nostro Santo Sinodo con una lettera per invitarli a leggere il documento con molta attenzione. Successivamente, durante la riunione annuale del nostro Santo Sinodo, al quale hanno partecipato trenta membri della gerarchia, dal 21 al 26 giugno scorso, abbiamo approfondito insieme l'Istrumentum laboris. Già dal giorno successivo alla conclusione della nostra riunione, ogni membro del Santo Sinodo ha iniziato a preparare il proprio intervento per l'assemblea speciale che si terrà a ottobre prossimo. Anch'io sto preparando diversi testi e sto organizzando una riunione di vescovi, sacerdoti e laici per coordinare i media che seguiranno l'evento, nella fase di preparazione e durante il suo svolgimento. C'è una grande attenzione.

    Quali sono, secondo lei, le sfide più urgenti da affrontare in Medio Oriente?

    Le sfide sono quelle opportunamente indicate nell'Istrumentum laboris, soprattutto l'emigrazione, la continuità della presenza cristiana, la pacifica convivenza con l'islam. Dobbiamo cercare di affrontare tutto ciò insieme, cristiani e musulmani, per preservare e difendere i valori comuni a tutti i credenti. Ma la cosa più urgente è la soluzione del conflitto israelo-palestinese, che è la causa principale dei problemi, delle crisi e dei pericoli che minacciano la presenza cristiana in Medio Oriente.

    Lei ritiene che dalla riunione sinodale possano venire indicazioni nuove per affrontare queste sfide?

    I temi fondamentali proposti per l'assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente non costituiscono una novità per le nostre Chiese. Del resto a formulare le tematiche da sviluppare sono stati soprattutto i responsabili delle Chiese in Medio Oriente. Si tratta di argomenti dunque che sono stati affrontati nelle lettere del Consiglio dei patriarchi cattolici d'Oriente dagli anni Novanta dello scorso secolo. Sono stati esaminati anche nel primo congresso dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Vicino Oriente, i cui 260 membri si sono riuniti in Libano nel maggio 1999. I temi di questa assemblea speciale sono perciò oggetto della nostra costante sollecitudine pastorale. Tuttavia ritengo che questa assemblea possa essere l'occasione per un nuovo esame di coscienza, per un nuovo approfondimento di temi a noi molto familiari, e anche uno strumento per far sì che i nostri fedeli prendano coscienza della loro missione e del loro ruolo nel mondo arabo a maggioranza musulmana, e per esortarli anche a non emigrare. Di fatto abbiamo bisogno di rafforzare considerevolmente la collaborazione fra i cattolici, e poi con tutti i cristiani, soprattutto sul piano della pastorale dei giovani, della famiglia e delle vocazioni. Abbiamo bisogno di celebrare la Pasqua tutti insieme, come si fa già in Egitto (dal 1967, per iniziativa della Chiesa greco-melchita cattolica), in Giordania, nel nord della Cisgiordania, nei Territori palestinesi e in alcuni villaggi in Galilea, Siria e Libano. Personalmente mi sto impegnando molto in tal senso, soprattutto in vista della celebrazione della Pasqua secondo il calendario giuliano in Siria e poi in Libano.

    Come è stata interpretata la visita del Papa a Cipro?

    Nei nostri Paesi i fedeli greco-melkiti cattolici si sono rallegrati molto per la visita di Benedetto XVI a Cipro. Ora però si aspettano che si rechi anche in Libano.

    Cosa l'ha colpita di più dell'esperienza vissuta in quell'occasione accanto al Pontefice?

    Mi ha fatto soprattutto piacere vedere che il Papa era felice, vicino ai fedeli, impressionato dal loro entusiasmo e dalla pietà popolare maronita. Era anche contento dell'accoglienza degli ortodossi, soprattutto di Sua Beatitudine l'arcivescovo di Cipro, così disponibile, nonostante l'opposizione di alcuni membri della gerarchia della sua Chiesa alla visita papale. È stata per me una bella esperienza anche se macchiata dalla tragedia dell'omicidio del vescovo Luigi Padovese. Sarebbe dovuto essere con noi a Cipro, poiché era membro del Consiglio pre-sinodale incaricato della preparazione dell'assemblea speciale in quanto rappresentante della Conferenza episcopale di Turchia, di cui era il presidente. Siamo stati tutti colpiti e sconvolti da questa tragedia. L'assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente dovrà operare molto per far sì che certe cose non si ripetano più. Per questo io dico che i pastori devono essere apostoli di ottimismo.



    (©L'Osservatore Romano - 14 agosto 2010)
    Caterina63
    00martedì 31 agosto 2010 18:51
    Il cardinale Sandri e il contributo della Chiesa melkita al prossimo sinodo per il Medio Oriente

    Un appello alla comunione e all'unità


    Riscoprire e valorizzare il contributo peculiare che la Chiesa melkita è chiamata ad offrire nel prossimo sinodo. È l'invito rivolto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ai vescovi melkiti cattolici della diaspora presenti in Argentina, durante la celebrazione eucaristica svoltasi martedì 31 agosto a Córdoba, alla presenza del Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, Gregorios iii Laham, monsignor Abdo Arbach, esarca apostolico dei melkiti d'Argentina, dell'arcivescovo di Córdoba con i presuli latini della provincia ecclesiastica.
     
    "Sono già pervenuti apporti di rilievo da parte della vostra Chiesa nella fase di preparazione - ha detto il porporato - e sono confluiti nello stesso Instrumentum laboris. Il tema, che è in nuce il vero obiettivo del sinodo, va costantemente tenuto presente:  "la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un'anima sola". È chiaro che è l'imperativo di ogni comunità cristiana, in ogni luogo e in ogni tempo della storia cristiana. Ma non va ritenuto scontato. Deve piuttosto rappresentare uno stimolo al quale non possiamo sottrarci".

    Il cardinale ha poi ribadito che è indispensabile la comunione ecclesiale per sostenere la missione evangelica. ""Un cuor solo e un'anima sola" - ha aggiunto il porporato - devono sempre cercare di essere i sinodi episcopali perché lo siano le singole comunità attorno al proprio vescovo e le parrocchie attorno al proprio sacerdote. È una responsabilità grave che vi affido in spirito di episcopale fraternità e collegialità.
     
    Noi vescovi davanti ai nostri fedeli, per l'adesione che giorno per giorno che ci è chiesto di rinnovare a Cristo pastore, non possiamo sottrarci a questo mandato:  il mandato della comunione interna alla Chiesa, perché essa si espanda sempre più decisamente". Certamente, ha messo in evidenza il cardinale, l'unità parte sempre da Cristo, ma "esige la nostra personale conversione all'unità. La conversione alla comunione è una quotidiana croce da portare perché la Chiesa sia lievito di unità per tutto il genere umano".

    Dopo aver ricordato che manca poco più di un mese all'apertura del sinodo, il cardinale prefetto ha sottolineato come i melkiti cattolici "sono tanto radicati nel mondo orientale ma anche "tradizionalmente" legati alla Sede petrina, alla quale riconoscono la responsabilità che le è propria:  quella della comunione".

    Il porporato ha poi invitato i vescovi melkiti cattolici a mantenere viva la fisionomia della Chiesa nella diaspora, affinché non vengano dimenticate le sue radici spirituali. "Penso allo sforzo spirituale richiesto - ha detto - per mantenere la seconda e terza generazione melkita in America nella autentica identità orientale, specie a livello liturgico, non mancando di adottare nel contempo la necessaria apertura al nuovo contesto ecclesiale e sociale. È perciò urgente il rinnovamento della pastorale familiare, giovanile e vocazionale anche in seno alla vostra Chiesa". Si tratta di settori - ha precisato Sandri - "da affrontare congiuntamente, anche con una catechesi incisiva, completa, attenta alla situazione reale dei fedeli".

    Questo impegno per una catechesi più efficace è urgente soprattutto "per fronteggiare il problema grave delle sette e di talune forme di religiosità", ma va unito alla formazione adeguata dei sacerdoti, "quali educatori del popolo di Dio, affinché abbiano adeguata conoscenza dottrinale e siano sostenuti da solida spiritualità e da buona maturità umana. Il discernimento vocazionale e la formazione dei candidati agli ordini sacri, come pure la formazione permanente dei presbiteri, costituiscono ovunque una priorità inderogabile".

    Il porporato ha anche messo in luce la fraternità e l'accoglienza riservate dal popolo e dalla Chiesa argentina ai melkiti cattolici presenti nel Paese. La solidarietà dimostrata dai fedeli è indispensabile per costruire un futuro di speranza per quanti hanno abbandonato la madrepatria alla ricerca di sicurezza e dignità materiale e spirituale.
     
    "Le sfide del nostro tempo - ha affermato il cardinale - necessitano della solidarietà di tutte le componenti della comunità cattolica e degli altri cristiani, come pure delle altre religioni, per incidere nel tessuto sociale, che conosce mutazioni tanto evidenti nella stessa patria argentina. Non voglio addentrarmi in questo ambito particolarmente delicato. Ma non posso mancare di chiedere alla Chiesa melkita e agli orientali cattolici, tanto convinti del bene sommo costituito dalla famiglia - prima cellula della società e della Chiesa - di continuare a dare un efficace contributo perché essa sia rispettata e perché l'unione dell'uomo e della donna, col vincolo sacro del matrimonio sacramento, sia difesa, specie quando è ferita gravemente".

    Il cardinale ha concluso ricordando alla Chiesa melkita cattolica la vocazione a mantenersi ponte di comunione tra Oriente e Occidente. La preghiera per il Medio Oriente e per il sinodo era anche stata chiesta dal cardinale ad Altagracia, nella parrochia dell'Addolorata, dove aveva celebrato la tradizionale festa di santa Rosa da Lima.


    (©L'Osservatore Romano - 1 settembre 2010)

    Caterina63
    00martedì 5 ottobre 2010 19:28

    Nostre Informazioni


    Il Santo Padre ha nominato Membri dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza.

    "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un'anima sola" (At 4, 32)": 

    - l'Eminentissimo Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio (Città del Vaticano);
    - Sua Beatitudine Eminentissima il Cardinale Lubomyr Husar, dei Monaci Studiti Ucraini, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyc (Ucraina);
    - l'Eminentissimo Cardinale Walter Kasper, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (Città del Vaticano);
    - l'Eminentissimo Cardinale John Patrick Foley, Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (Città del Vaticano);
    - Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini (Gerusalemme);
    - Sua Beatitudine Baselios Cleemis Thottunkal, Arcivescovo Maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Edmond Farhat, Arcivescovo titolare di Biblo, Nunzio Apostolico (Italia);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Riccardo  Fontana,  Arcivescovo di Arezzo - Cortona - San Sepolcro (Italia);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Mounged El-Hachem, Arcivescovo titolare di Darni, Nunzio Apostolico (Libano);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Cyril Vasil', s.i., Arcivescovo titolare di Tolemaide di Libia, Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali (Città del Vaticano);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Virgil Bercea, Vescovo di Oradea Mare, Gran Varadino dei Romeni (Romania);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Bohdan Dzyurakh, c.ss.r., Vescovo titolare di Vagada, Vescovo di Curia di Kyiv-Halyc (Ucraina);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Dimitrios Salachas, Vescovo titolare di Carcabia, Esarca Apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia (Grecia);
    - l'Eccellentissimo Monsignore Bosco Puthur, Vescovo titolare di Foratiana, Vescovo di Curia di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi (India);
    - il Reverendo Monsignore Archimandrita Robert L. Stern, Segretario Generale della "Catholic Near East Welfare Association" c.n.e.w.a. (Stati Uniti d'America);
    - il Reverendo Monsignore Mikael Antoine Mouradian, Vicario Patriarcale per l'Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar (Libano);
    - il Reverendo Padre David Neuhaus, s.i., Vicario Patriarcale di Gerusalemme dei Latini per la pastorale dei cattolici di lingua ebraica (Gerusalemme).



    (©L'Osservatore Romano - 6 ottobre 2010)
    Caterina63
    00sabato 9 ottobre 2010 12:33

    Sinodo del Medio Oriente: novità e numeri


    Presentato in Sala Stampa vaticana da mons. Nikola Eterovic


    ROMA, venerdì, 8 ottobre 2010 (ZENIT.org).- L'Assemblea speciale per il Medio Oriente riunirà per la prima volta attorno al Vescovo di Roma quasi tutti gli Ordinari cattolici del Medio Oriente. E' questo uno degli aspetti di maggior rilievo legati a questo evento ecclesiale che avrà luogo in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza”.

    Per la prima volta, inoltre, il Sinodo avrà come lingua ufficiale anche l’arabo e vedrà due Presidenti delegati nominati dal Papa ad honorem, ovvero il Cardinale Nasrallah Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti in Libano, e Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, in Iraq.

    A presentare questo evento ecclesiale è stato venerdì mattina nella Sala Stampa della Santa Sede, monsignor Nikola Eterovic, Segretario generale del Sinodo di Vescovi.

    Questa Assemblea sinodale sarà la più breve mai celebrata finora: durerà solo 14 giorni a causa del numero ridotto di partecipanti, della semplificazione della metodologia dei lavori sinodali, e poiché essendo i cattolici una minoranza in Medio Oriente, la Santa Sede non ha voluto tenero lontani per troppo tempo i Pastori dai loro fedeli.

    La Chiesa in Medio Oriente abbraccia ben 16 Paesi - Arabia Saudita, Bahrein, Cipro, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Siria, Turchia, Territori Palestinesi e Yemen – coprendo una regione che si estende su 7.180.912 kmq in cui vivono 356.174.000 persone, di cui 5.707.000 cattolici, che rappresentano l’l,6 % della popolazione (il numero approssimativo dei cristiani sarebbe di circa 20.000.000 di persone e cioè il 5,62 % della popolazione).

    All'Assemblea Speciale per il Medio Oriente parteciperanno 185 padri sinodali 159 dei quali ex oficio. Tra di loro vi sono 101 ordinari delle circoscrizioni ecclesiastiche del Medio Oriente, come pure 23 della Diaspora, che hanno cura dei fedeli delle Chiese orientali cattoliche emigrati dal Medio Oriente in varie parti del mondo, come Francia, Italia, Canada, Stati Uniti e Brasile.

    Bisogna inoltre rilevare la presenza di 19 Vescovi dai Paesi limitrofi dell’Africa del Nord e dell’Est, come pure dai Paesi con consistenti comunità cristiane provenienti dal Medio Oriente, in particolare nell’Europa e nel continente americano

    All’Assise sinodale partecipano anche capi di 14 Dicasteri della Curia Romana, più connessi con la vita della Chiesa nel Medio Oriente. Inoltre, Benedetto XVI ha nominato 17 Padri sinodali. Vi sono poi 10 rappresentanti dell’Unione dei Superiori Generali.

    Tra i Padri sinodali vi sono 9 Patriarchi (7 dei quali in esercizio), 19 Cardinali, 65 Arcivescovi, 10 Arcivescovi titolari, 53 Vescovi, 21 Vescovi ausiliari, 87 religiosi di cui 4 eletti dall’Unione dei Superiori Generali.

    Per quanto riguarda gli uffici svolti, vi sono 9 Capi dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese orientali cattoliche sui iuris, 5 Presidenti delle Riunioni Internazionali delle Conferenze Episcopali, 6 Presidenti di Conferenze Episcopali, 1 Arcivescovo coadiutore, 4 emeriti, di cui 2 Cardinali, il Patriarca latino emerito di Gerusalemme e 1 Vicario Patriarcale.

    Parteciperanno anche 36 esperti e 34 uditori, donne e uomini. Contando anche i membri della Segreteria generale, i traduttori e gli assistenti, come pure altre persone che svolgeranno servizi tecnici, all’Assise sinodale parteciperanno in tutto circa 330 persone.

    Saranno presenti rappresentanti di altre 6 Chiese orientali cattoliche: etiopica, greca, romena, siro-malabarese, siro-malankarese e ucraina.

    Su 185 Padri sinodali, 140 saranno di tradizioni orientali cattoliche. Pertanto, i Vescovi di tradizione latina saranno 45, di cui 14 quelli del Medio Oriente (nell’Assemblea speciale per il Libano erano presenti 53 Vescovi di tradizioni orientali cattoliche e 16 di tradizione latina).

    Sono previste 14 congregazioni generali e 6 sessioni dei circoli minori. L'informazione sull'attività sinodale sarà assicurata da quattro addetti nelle lingue araba, francese, inglese e italiana che incontreranno i giornalisti ogni giorno, eccetto lunedì 11, lunedì 18 e sabato 23 ottobre quando sono previste invece le conferenze stampa con la partecipazione dei padri sinodali.

    Caterina63
    00domenica 10 ottobre 2010 14:57


    CAPPELLA PAPALE PER L’APERTURA DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI, 10.10.2010

                                   A bishop wears his mitre during a mass, celebrated by Pope Benedict XVI, marking the opening of the Synod of bishops from the Middle Eastern region in St. Peter's Basilica at the Vatican October 10, 2010.

    Alle ore 9.30 di questa mattina, XXVIII Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Celebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali, in occasione dell’apertura dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4, 32)».
    Concelebrano con il Papa 177 Padri sinodali e 69 Presbiteri collaboratori del Sinodo a vario titolo.
    Per la Preghiera Eucaristica, salgono all’altare i Presidenti delegati: Sua Beatitudine Em.ma il Card. Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano), Presidente delegato ad honorem; Sua Beatitudine Em.ma il Card. Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei (Iraq), Presidente delegato ad honorem; l’Em.mo Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; Sua Beatitudine Rev.ma Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano); il Relatore generale: Sua Beatitudine Rev.ma Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto); il Segretario generale: S.E. Mons. Nikola Eterović, Arcivescovo titolare di Cibale, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi; il Segretario speciale: S.E. Mons. Joseph Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (Cipro).
    Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:


    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Venerati Fratelli,
    illustri Signori e Signore,
    cari fratelli e sorelle!


    La Celebrazione eucaristica, rendimento di grazie a Dio per eccellenza, è segnata oggi per noi, radunati presso il Sepolcro di San Pietro, da un motivo straordinario: la grazia di vedere riuniti per la prima volta in
    un’Assemblea Sinodale, intorno al Vescovo di Roma e Pastore Universale, i Vescovi della regione mediorientale. Tale singolare evento dimostra l’interesse dell’intera Chiesa per la preziosa e amata porzione del Popolo di Dio che vive in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente.

    Anzitutto eleviamo il nostro ringraziamento al Signore della storia, perché ha permesso che, nonostante vicende spesso difficili e tormentate, il Medio Oriente vedesse sempre, dai tempi di Gesù fino ad oggi, la continuità della presenza dei cristiani. In quelle terre l’unica Chiesa di Cristo si esprime nella varietà di Tradizioni liturgiche, spirituali, culturali e disciplinari delle sei venerande Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, come pure nella Tradizione latina. Il fraterno saluto, che rivolgo con grande affetto ai Patriarchi di ognuna di esse, vuole estendersi in questo momento a tutti i fedeli affidati alle loro cure pastorali nei rispettivi Paesi e anche nella diaspora.

    In questa Domenica 28.ma del Tempo per annum, la Parola di Dio offre un tema di meditazione che si accosta in modo significativo all’evento sinodale che oggi inauguriamo. La lettura continua del Vangelo di Luca ci conduce all’episodio della guarigione dei dieci lebbrosi, dei quali uno solo, un samaritano, torna indietro a ringraziare Gesù. In connessione con questo testo, la prima lettura, tratta dal Secondo Libro dei Re, racconta la guarigione di Naaman, capo dell’esercito arameo, anch’egli lebbroso, che viene guarito immergendosi sette volte nelle acque del fiume Giordano, secondo l’ordine del profeta Eliseo. Anche Naaman ritorna dal profeta e, riconoscendo in lui il mediatore di Dio, professa la fede nell’unico Signore. Dunque, due malati di lebbra, due non ebrei, che guariscono perché credono alla parola dell’inviato di Dio. Guariscono nel corpo, ma si aprono alla fede, e questa li guarisce nell’anima, cioè li salva.

    Il Salmo responsoriale canta questa realtà: "Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. / Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà alla casa d’Israele" (Sal 98,2-3). Ecco allora il tema: la salvezza è universale, ma passa attraverso una mediazione determinata, storica: la mediazione del popolo di Israele, che diventa poi quella di Gesù Cristo e della Chiesa. La porta della vita è aperta per tutti, ma, appunto, è una "porta", cioè un passaggio definito e necessario. Lo afferma sinteticamente la formula paolina che abbiamo ascoltato nella Seconda Lettera a Timoteo: "la salvezza che è in Cristo Gesù" (2 Tm 2,10). E’ il mistero dell’universalità della salvezza e al tempo stesso del suo necessario legame con la mediazione storica di Gesù Cristo, preceduta da quella del popolo di Israele e prolungata da quella della Chiesa. Dio è amore e vuole che tutti gli uomini abbiano parte alla sua vita; per realizzare questo disegno Egli, che è Uno e Trino, crea nel mondo un mistero di comunione umano e divino, storico e trascendente: lo crea con il "metodo" – per così dire – dell’alleanza, legandosi con amore fedele e inesauribile agli uomini, formandosi un popolo santo, che diventi una benedizione per tutte le famiglie della terra (cfr Gen 12,3). Si rivela così come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (cfr Es 3,6), che vuole condurre il suo popolo alla "terra" della libertà e della pace. Questa "terra" non è di questo mondo; tutto il disegno divino eccede la storia, ma il Signore lo vuole costruire con gli uomini, per gli uomini e negli uomini, a partire dalle coordinate di spazio e di tempo in cui essi vivono e che Lui stesso ha dato.

    Di tali coordinate fa parte, con una sua specificità, quello che noi chiamiamo il "Medio Oriente". Anche questa regione del mondo Dio la vede da una prospettiva diversa, si direbbe "dall’alto": è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; la terra dell’esodo e del ritorno dall’esilio; la terra del tempio e dei profeti; la terra in cui il Figlio Unigenito è nato da Maria, dove ha vissuto, è morto ed è risorto; la culla della Chiesa, costituita per portare il Vangelo di Cristo sino ai confini del mondo. E noi pure, come credenti, guardiamo al Medio Oriente con questo sguardo, nella prospettiva della storia della salvezza.

    E’ l’ottica interiore che mi ha guidato nei viaggi apostolici in
    Turchia, nella Terra Santa - Giordania, Israele, Palestina - e a Cipro, dove ho potuto conoscere da vicino le gioie e le preoccupazioni delle comunità cristiane. Anche per questo ho accolto volentieri la proposta di Patriarchi e Vescovi di convocare un’Assemblea sinodale per riflettere insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione della Chiesa, sul presente e sul futuro dei fedeli e delle popolazioni del Medio Oriente.

    Guardare quella parte del mondo nella prospettiva di Dio significa riconoscere in essa la "culla" di un disegno universale di salvezza nell’amore, un mistero di comunione che si attua nella libertà e perciò chiede agli uomini una risposta. Abramo, i profeti, la Vergine Maria sono i protagonisti di questa risposta, che però ha il suo compimento in Gesù Cristo, figlio di quella stessa terra, ma disceso dal Cielo.

    Da Lui, dal suo Cuore e dal suo Spirito, è nata la Chiesa, che è pellegrina in questo mondo, ma gli appartiene. La Chiesa è costituita per essere, in mezzo agli uomini, segno e strumento dell’unico e universale progetto salvifico di Dio; essa adempie questa missione semplicemente essendo se stessa, cioè "comunione e testimonianza", come recita il tema dell’Assemblea sinodale che oggi si apre, e che fa riferimento alla celebre definizione lucana della prima comunità cristiana: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola" (At 4,32).

    Senza comunione non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è proprio la vita di comunione. Lo disse chiaramente Gesù: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). Questa comunione è la vita stessa di Dio che si comunica nello Spirito Santo, mediante Gesù Cristo. E’ dunque un dono, non qualcosa che dobbiamo anzitutto costruire noi con le nostre forze. Ed è proprio per questo che interpella la nostra libertà e attende la nostra risposta: la comunione ci chiede sempre conversione, come dono che va sempre meglio accolto e realizzato.

    I primi cristiani, a Gerusalemme, erano pochi. Nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che poi è accaduto. E la Chiesa vive sempre di quella medesima forza che l’ha fatta partire e crescere. La Pentecoste è l’evento originario ma è anche un dinamismo permanente, e il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato in cui si può rinnovare nel cammino della Chiesa la grazia della Pentecoste, affinché la Buona Novella sia annunciata con franchezza e possa essere accolta da tutte le genti.

    Pertanto, lo scopo di questa Assise sinodale è prevalentemente pastorale. Pur non potendo ignorare la delicata e a volte drammatica situazione sociale e politica di alcuni Paesi, i Pastori delle Chiese in Medio Oriente desiderano concentrarsi sugli aspetti propri della loro missione.

    Al riguardo, l’Instrumentum laboris, elaborato da un Consiglio Presinodale i cui Membri ringrazio vivamente per il lavoro svolto, ha sottolineato questa finalità ecclesiale dell’Assemblea, rilevando che essa intende, sotto la guida dello Spirito Santo, ravvivare la comunione della Chiesa Cattolica in Medio Oriente.

    Anzitutto all’interno di ciascuna Chiesa, tra tutti i suoi membri: Patriarca, Vescovi, sacerdoti, religiosi, persone di vita consacrata e laici. E, quindi, nei rapporti con le altre Chiese. La vita ecclesiale, così corroborata, vedrà svilupparsi frutti assai positivi nel cammino ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti in Medio Oriente. Questa occasione è poi propizia per proseguire costruttivamente il dialogo con gli ebrei, ai quali ci lega in modo indissolubile la lunga storia dell’Alleanza, come pure con i musulmani.

    I lavori dell’Assise sinodale sono, inoltre, orientati alla testimonianza dei cristiani a livello personale, familiare e sociale. Questo richiede di rafforzare la loro identità cristiana mediante la Parola di Dio e i Sacramenti.

    Tutti auspichiamo che i fedeli sentano la gioia di vivere in Terra Santa, terra benedetta dalla presenza e dal glorioso mistero pasquale del Signore Gesù Cristo. Lungo i secoli quei Luoghi hanno attirato moltitudini di pellegrini ed anche comunità religiose maschili e femminili, che hanno considerato un grande privilegio il poter vivere e rendere testimonianza nella Terra di Gesù.

    Nonostante le difficoltà, i cristiani di Terra Santa sono chiamati a ravvivare la coscienza di essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso i Luoghi santi della nostra salvezza. Ma quello di vivere dignitosamente nella propria patria è anzitutto un diritto umano fondamentale: perciò occorre favorire condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno sviluppo armonioso di tutti gli abitanti della regione.

    Tutti dunque sono chiamati a dare il proprio contributo: la comunità internazionale, sostenendo un cammino affidabile, leale e costruttivo verso la pace; le religioni maggiormente presenti nella regione, nel promuovere i valori spirituali e culturali che uniscono gli uomini ed escludono ogni espressione di violenza. I cristiani continueranno a dare il loro contributo non soltanto con le opere di promozione sociale, quali gli istituti di educazione e di sanità, ma soprattutto con lo spirito delle Beatitudini evangeliche, che anima la pratica del perdono e della riconciliazione. In tale impegno essi avranno sempre l’appoggio di tutta la Chiesa, come attesta solennemente la presenza qui dei Delegati degli Episcopati di altri continenti.

    Cari amici, affidiamo i lavori dell’Assemblea sinodale per il Medio Oriente ai numerosi Santi e Sante di quella terra benedetta; invochiamo su di essa la costante protezione della Beata Vergine Maria, affinché le prossime giornate di preghiera, di riflessione e di comunione fraterna siano portatrici di buoni frutti per il presente e il futuro delle care popolazioni mediorientali. Ad esse rivolgiamo con tutto il cuore il saluto augurale: "Pace a te e pace alla tua casa e pace a quanto ti appartiene!" (1Sam 25,6).



    Bishops look at Pope Benedict XVI at a mass marking the opening of the Synod of bishops from the Middle Eastern region in St. Peter's Basilica at the Vatican October 10, 2010.

    Pope Benedict XVI leaves after leading mass on the opening of the Synod on the Middle East on October 10, 2010 at St Peter's basilica at the Vatican. Christianity, Islam and Judaism should work for Middle East peace, Pope Benedict XVI said today, opening a Vatican conference set to include senior Muslim and Jewish leaders for the first time.

    Pope Benedict XVI celebrates a mass marking the opening of the Synod of bishops from the Middle Eastern region in St. Peter's Basilica at the Vatican October 10, 2010.

     Pope Benedict XVI blesses pilgrims as he leads a mass on the opening of the Synod on the Middle East on October 10, 2010 at St Peter's basilica at the Vatican.A member of the clergy prays during a mass lead by Pope Benedict XVI on the opening of the Synod on the Middle East on October 10, 2010 at St Peter's basilica at the Vatican.




    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 10.10.2010

    Conclusa nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali in occasione dell’apertura dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Vengo or ora dalla Basilica di San Pietro dove ho presieduto la
    Messa di apertura dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
    Questa straordinaria assise sinodale, che durerà due settimane, vede riuniti in Vaticano i Pastori della Chiesa che vive nella regione mediorientale, una realtà quanto mai variegata: in quelle terre, infatti, l’unica Chiesa di Cristo si esprime in tutta la ricchezza delle sue antiche Tradizioni.
    Il tema su cui rifletteremo è il seguente: "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza".
    Infatti, in quei Paesi, purtroppo segnati da profonde divisioni e lacerati da annosi conflitti, la Chiesa è chiamata ad essere segno e strumento di unità e di riconciliazione, sul modello della prima comunità di Gerusalemme, nella quale "la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4,32) come dice San Luca.

    Questo compito è arduo, dal momento che i cristiani del Medio Oriente si trovano spesso a sopportare condizioni di vita difficili, sia a livello personale che familiare e di comunità. Ma ciò non deve scoraggiare: è proprio in quel contesto che risuona ancora più necessario e urgente il perenne messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15).

    Nella mia recente
    visita a Cipro ho consegnato lo Strumento di Lavoro di questa Assemblea sinodale; ora che essa è iniziata, invito tutti a pregare invocando da Dio un’abbondante effusione dei doni dello Spirito Santo.

    Il mese di ottobre è detto il mese del Rosario. Si tratta, per così dire, di un’«intonazione spirituale» data dalla memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, che si celebra il giorno 7. Siamo dunque invitati a lasciarci guidare da Maria in questa preghiera antica e sempre nuova, che a Lei è specialmente cara perché ci conduce direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi. Sulle orme del Venerabile Giovanni Paolo II (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae), vorrei ricordare che il Rosario è preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura. E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’"Ave Maria" orienta il pensiero e l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica fiduciosa alla Madre sua e nostra. E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza.

    Cari amici, sappiamo quanto la Vergine Maria sia amata e venerata dai nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente. Tutti guardano a Lei quale Madre premurosa, vicina ad ogni sofferenza, e quale Stella di speranza. Alla sua intercessione affidiamo l’Assemblea sinodale che oggi si apre, affinché i cristiani di quella regione si rafforzino nella comunione e diano a tutti testimonianza del Vangelo dell’amore e della pace.


    Caterina63
    00lunedì 11 ottobre 2010 15:32

    PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE
     
                           Pope Benedict XVI (C) delivers an address during the opening of a synod on the Middle East on October 11, 2010 at The Vatican. A senior Iranian cleric and a Jewish rabbi are among some of the guests invited by Pope Benedict XVI to attend the synod running from October 10 to 24 to discuss the Middle East.

    CITTA' DEL VATICANO, 11 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina, nell'Aula del Sinodo, si è svolta la prima Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, presieduta dal Santo Padre.
     
      Benedetto XVI ha ricordato all'inizio che oggi, 11 ottobre, si ricorda il Beato Giovanni XXIII, che in un giorno come quello di oggi del 1962, ha aperto ufficialmente il Concilio Ecumenico Vaticano II.
     
      Il Presidente Delegato di turno, il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha pronunciato un breve discorso all'inizio della sessione mattutina.
     
      Poi il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, l'Arcivescovo Nikola Eterovic, ha parlato della preparazione di questa Assemblea Speciale, di cui Benedetto XVI ha annunciato la convocazione il 19 settembre 2009, durante l'incontro con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche "sui iuris".
     
      Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto), Relatore Generale del Sinodo, ha letto la "Relatio ante disceptationem" (relazione che precede la discussione). Offriamo un riassunto del suo intervento:
     
    A. OBIETTIVO DEL SINODO
     
    Il duplice obiettivo del Sinodo è stato ben recepito e apprezzato dalle nostre Chiese:
     
    1) Confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità, grazie alla Parola di Dio e ai Sacramenti.
    2) Rinnovare la comunione ecclesiale fra le Chiese "sui iuris", affinché possano offrire una testimonianza di vita autentica ed efficace. Nel contesto in cui viviamo, la dimensione ecumenica, il dialogo interreligioso e l'aspetto missionario sono parte integrante di questa testimonianza.
     
    I. LA CHIESA CATTOLICA IN MEDIO ORIENTE
     
    A. SITUAZIONE DEI CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE
     
    1. Breve excursus storico: unità nella molteplicità
     
      "La conoscenza della storia del cristianesimo in Medio Oriente è importante sia per noi che per tutto il mondo cristiano".
     
    2. Apostolicità e vocazione missionaria
     
      "Le nostre Chiese, benedette dalla presenza di Cristo e degli Apostoli, sono state la culla del cristianesimo e delle prime generazioni cristiane. Proprio per questo hanno la vocazione di mantenere viva in loro la memoria delle origini, di consolidare la fede dei propri fedeli e di vivificare in essi lo spirito del Vangelo affinché guidi la loro vita e i loro rapporti con gli altri, cristiani e non cristiani".
     
    3. Ruolo dei cristiani nella società, nonostante il loro numero esiguo
     
      "I cristiani sono, nei loro Paesi, dei 'cittadini nativi', membri a pieno diritto della loro comunità civile. Sono a casa loro, e spesso da molto tempo. La loro presenza e partecipazione alla vita del Paese sono una ricchezza preziosa, da proteggere e da mantenere. Una laicità positiva permetterebbe alla Chiesa di dare un contributo efficace e fruttuoso e aiuterebbe a rafforzare lo status di cittadino di tutti i membri del Paese, sulla base dell'uguaglianza e della democrazia".
     
      "Con la presentazione della Dottrina Sociale della Chiesa, le nostre comunità offrono un valido contributo alla costruzione della società. La promozione della famiglia e la difesa della vita dovrebbero avere un posto primario nell'insegnamento e nella missione delle nostre Chiese. L'educazione è un campo privilegiato della nostra azione ed un investimento essenziale".
     
    B. LE SFIDE CHE I CRISTIANI DEVONO AFFRONTARE
     
      "Le situazioni politico-sociali dei nostri Paesi hanno una ripercussione diretta sui cristiani, che risentono più fortemente delle conseguenze negative. Nei 'Territori Palestinesi' la vita è molto difficile e, spesso, insostenibile. La posizione dei cristiani arabi è molto delicata. Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Ascoltare la voce dei cristiani del luogo potrà aiutare a capire meglio la situazione. Lo statuto di Gerusalemme dovrebbe tener conto della sua importanza per le tre religioni: cristiana, musulmana ed ebrea".
     
      "È triste che la politica mondiale non tenga sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze. In Libano, una maggiore unità fra i cristiani contribuirebbe ad assicurare una maggiore stabilità nel Paese. In Egitto le Chiese avrebbero molto da guadagnare se coordinassero i loro sforzi allo scopo di confermare nella fede i loro fedeli e realizzare opere comuni per il bene del Paese. In base alle possibilità presenti in ogni Paese, i cristiani devono favorire la democrazia, la giustizia e la pace, la laicità positiva nella distinzione fra religione e Stato e il rispetto di ogni religione. Un atteggiamento di impegno positivo nella società è la risposta costruttiva sia per la società sia per la Chiesa".
     
      "La promozione dei diritti umani ha bisogno di pace, giustizia e stabilità. La libertà religiosa è una componente essenziale dei diritti dell'uomo. La libertà di culto non è che un aspetto della libertà religiosa. Nella maggior parte dei nostri Paesi, essa è garantita dalle costituzioni. Ma anche qui, in alcuni Paesi, certe leggi o pratiche ne limitano l'applicazione. L'altro aspetto è la libertà di coscienza, basata sulla libera scelta della persona. La mancanza di questa ostacola la libera scelta di quanti avrebbero voluto aderire al Vangelo, che temono anche misure vessatorie nei loro confronti e nei confronti delle loro famiglie".
     
      "Essa può esistere e svilupparsi solo in misura della crescita del rispetto dei diritti dell'uomo nella loro totalità e nella loro integralità. L'educazione, in questo senso, è un apporto prezioso al progresso culturale del Paese, per una maggiore giustizia e uguaglianza davanti al diritto. La Chiesa cattolica condanna fermamente ogni tipo di proselitismo. Sarebbe bene discutere serenamente tali questioni nelle istituzioni e istanze di dialogo, in primo luogo all'interno di ogni Paese. I numerosi istituti di istruzione di cui le nostre Chiese dispongono sono uno strumento privilegiato per favorire questa educazione. I centri ospedalieri e di servizi sociali costituiscono anch'essi una testimonianza eloquente dell'amore per il prossimo, senza alcuna distinzione né discriminazione. La valorizzazione di giornate, eventi e celebrazioni locali e internazionali dedicati a questi temi, aiutano a diffondere e a rafforzare questa cultura. I mass media devono essere utilizzati per diffondere questo spirito".
     
      "Attualmente, nei nostri Paesi, l'emigrazione si è accentuata. Le cause principali sono il conflitto israelo-palestinese, la guerra in Iraq, le situazioni politiche ed economiche, l'avanzata del fondamentalismo musulmano, la restrizione delle libertà e dell'uguaglianza. A partire, sono soprattutto i giovani, le persone istruite e le persone agiate, privando la Chiesa e il Paese delle risorse più valide".
     
      "L'emigrazione rappresenta un sostegno notevole ai Paesi e alle Chiese. La Chiesa del Paese d'origine deve trovare i mezzi per mantenere stretti legami con i suoi fedeli emigrati e assicurare loro l'assistenza spirituale. È indispensabile assicurare la Liturgia, nel loro rito, ai fedeli delle Chiese orientali che si trovano in un territorio latino. (...) Le comunità della Diaspora hanno il ruolo di incoraggiare e consolidare la presenza cristiana in Oriente in vista di renderne più forte la testimonianza e sostenerne le cause, per il bene del Paese. Una pastorale adeguata deve prendersi cura dell'emigrazione all'interno del Paese".
     
    C. RISPOSTE DEI CRISTIANI NELLA LORO VITA QUOTIDIANA
     
    II. LA COMUNIONE ECCLESIALE
     
      "La diversità nella Chiesa cattolica, lungi dal nuocere alla sua unità, ansi la valorizza".
     
    A. COMUNIONE NELLA CHIESA CATTOLICA E TRA LE DIVERSE CHIESE
     
      "I segni principali che manifestano la comunione nella Chiesa cattolica sono: il Battesimo, l'Eucaristia e la comunione con il Vescovo di Roma, Corifeo degli Apostoli (hâmat ar-Rusul). Il C.C.E.O. regola gli aspetti canonici di questa comunione, accompagnata e assistita dalla Congregazione per le Chiese Orientali e dai diversi Dicasteri romani".
     
      "Fra le Chiese cattoliche in Medio Oriente, la comunione è espressa dal Consiglio dei Patriarchi Cattolici d'Oriente (C.P.C.O.)".
     
    III. LA TESTIMONIANZA CRISTIANA
     
    A. TESTIMONIARE NELLA CHIESA: LA CATECHESI
     
      "L'attività catechetica non può limitarsi oggi alla sola trasmissione orale. I metodi attivi sono indispensabili. (...) I nuovi media sono molto efficaci per annunciare il Vangelo e testimoniarlo. Le nostre Chiese hanno bisogno di persone esperte in questo campo. (...) La catechesi deve prendere in considerazione il contesto conflittuale dei Paesi della regione. Essa deve rafforzare i fedeli nella fede, formarli a vivere il comandamento dell'amore e ad essere artefici di pace, di giustizia e di perdono. L'impegno nella vita pubblica è un dovere che la testimonianza e la missione di edificare il Regno di Dio impongono. Tutto questo richiede una formazione volta a superare il confessionalismo, il settarismo e le ostilità interne per vedere il volto di Dio in ogni persona e collaborare assieme per costruire un futuro di pace, di stabilità e di benessere".
     
    B. UNA LITURGIA RINNOVATA E FEDELE ALLA TRADIZIONE
     
    Nelle nostre Chiese orientali, la Divina Liturgia è al centro della vita religiosa. Essa svolge un ruolo importante nel conservare l'identità cristiana, rafforzare l'appartenenza alla Chiesa, vivificare la vita di fede e suscitare l'attenzione di quanti sono lontani e anche di coloro che non credono. Essa costituisce dunque un annuncio e una testimonianza importanti di una Chiesa che prega e non soltanto che agisce".
     
    C. L'ECUMENISMO
     
    L'azione ecumenica necessita di comportamenti adeguati: la preghiera, la conversione, la santificazione e lo scambio reciproco dei doni, in uno spirito di rispetto, amicizia, carità reciproca, solidarietà e collaborazione. Bisogna coltivare e incoraggiare tali atteggiamenti attraverso l'insegnamento e i vari media. Il dialogo è uno strumento essenziale dell'ecumenismo. Esso richiede un atteggiamento positivo di comprensione, di ascolto e di apertura all'altro. Ciò aiuterà a superare le diffidenze e a lavorare insieme per sviluppare i valori religiosi e collaborare ai progetti di utilità sociale. I problemi comuni devono essere affrontati insieme".
     
    D. RAPPORTI CON L'EBRAISMO
     
    2. Magistero attuale della Chiesa
     
    Il conflitto israelo-palestinese ha le sue ripercussioni nei rapporti tra cristiani ed ebrei. A più riprese, la Santa Sede ha chiaramente espresso la sua posizione, soprattutto in occasione della visita di Sua Santità il Papa Benedetto XVI in Terra Santa nel 2009".
     
      "Le nostre Chiese rifiutano l'antisemitismo e l'antiebraismo. Le difficoltà dei rapporti fra i popoli arabi e il popolo ebreo sono dovute piuttosto alla situazione politica conflittuale. Noi distinguiamo tra realtà religiosa e realtà politica. (...) La lettura dell'Antico Testamento e l'approfondimento della tradizione dell'ebraismo aiutano a conoscere meglio la religione ebraica. Offrono un terreno comune a studi seri e contribuiscono a conoscere meglio il Nuovo Testamento e le Tradizioni orientali. Nella realtà attuale sono presenti altre forme di collaborazione".
     
    E. RAPPORTI CON I MUSULMANI
     
      "Le ragioni per intrecciare rapporti tra cristiani e musulmani sono molteplici. Tutti sono connazionali, condividono la stessa lingua e la stessa cultura, come pure le gioie e le sofferenze. Inoltre, i cristiani hanno la missione di vivere come testimoni di Cristo nelle loro società. Fin dalla sua nascita, l'Islam ha trovato radici comuni con il Cristianesimo e l'Ebraismo, come ha detto il Santo Padre. Deve essere maggiormente valorizzata la letteratura arabo-cristiana".
      "L'Islam non è uniforme, esso presenta una diversità confessionale, culturale e ideologica. Alcune difficoltà nei rapporti tra cristiani e musulmani derivano dal fatto che in generale i musulmani non fanno distinzione fra religione e politica. Deriva da qui il disagio dei cristiani per cui si sentono in una situazione di non-cittadini, benché siano a casa loro nel proprio paese, molto tempo prima dell'Islam. Abbiamo bisogno di un riconoscimento che passi dalla tolleranza alla giustizia e all'uguaglianza, basate sulla cittadinanza, la libertà religiosa e i diritti dell'uomo. Questa è la base e la garanzia per una buona coesistenza".
     
      "È necessario purificare i libri scolastici da qualsiasi pregiudizio sull'altro e da qualsiasi offesa o deformazione. Si cercherà piuttosto di comprendere il punto di vista dell'altro, pur rispettando le diversità di fede e di pratiche".
     
    F. LA TESTIMONIANZA NELLA CITTÀ
     
      "Tutti i cittadini dei nostri paesi devono affrontare insieme due sfide principali: la pace e la violenza. Le situazioni di guerre e conflitti che viviamo generano la violenza e vengono sfruttate dal terrorismo mondiale. L'Occidente viene identificato con il Cristianesimo e le scelte degli Stati vengono attribuite alla Chiesa. Oggi, invece, i governi occidentali sono laici e sempre più in contrasto con i principi della fede cristiana. È importante spiegare questa realtà e il senso di una laicità positiva, che distingue il politico dal religioso".
     
    1. Ambiguità della modernità
     
      "Nelle nostre società, l'influenza della modernizzazione, della globalizzazione e del laicismo si ripercuotono sui nostri cristiani. (...) Tutte le Costituzioni affermano l'uguaglianza dei cittadini. Ma negli stati a maggioranza musulmana, a parte qualche eccezione, l'Islam è la religione di Stato e la 'sharia' è la fonte principale della legislazione. In alcuni Paesi o parte di questi, viene applicata a tutti i cittadini. (...) Viene riconosciuta la libertà di culto, ma non la libertà di coscienza. Con l'avanzata dell'integralismo, aumentano gli attacchi contro i cristiani."
     
    G. CONTRIBUTO SPECIFICO E INSOSTITUIBILE DEL CRISTIANO
     
      "Il contributo specifico del cristiano alla propria società è insostituibile. Con la sua testimonianza e la sua azione, la arricchisce dei valori che Cristo ha portato all'umanità. Molti di questi valori sono comuni a quelli dei musulmani, per cui c'è la possibilità e l'interesse a promuoverli insieme. La catechesi deve formare credenti che siano cittadini attivi. L'impegno sociale e politico privo dei valori del Vangelo è una contro-testimonianza".
     
      "L'elemento che contraddistingue la nostra identità di cristiani è il servizio degli altri e non l'appartenenza confessionale. Il nostro primo compito è quello di vivere la fede, lasciar parlare le nostre azioni, vivere la verità e proclamarla nella carità, con coraggio, e praticare la solidarietà nelle nostre istituzioni. Dobbiamo vivere una fede adulta, non superficiale, sostenuta e vivificata dalla preghiera. La nostra credibilità esige la concordia all'interno della Chiesa, la promozione dell'unità fra i cristiani, una vita religiosa convinta e tradotta nella vita. Questa testimonianza eloquente richiede un'educazione e un accompagnamento permanenti, con i bambini, i giovani e gli adulti".
    CONCLUSIONE
     
    A. QUALE FUTURO PER I CRISTIANI DEL MEDIO ORIENTE?
      "I contesti attuali sono fonte di difficoltà e di preoccupazione. Animati dallo Spirito Santo e guidati dal Vangelo, li affrontiamo nella speranza e nella fiducia filiale nella Divina Provvidenza. Siamo oggi un 'piccolo resto', ma il nostro comportamento e la nostra testimonianza possono fare di noi una presenza che conta. (...) Davanti alla tentazione dello scoraggiamento, dobbiamo ricordare che siamo discepoli del Cristo risorto, vincitore del peccato e della morte".
     
    B. LA SPERANZA
     
      "Le nostre Chiese hanno bisogno di credenti-testimoni, sia a livello di Pastori sia a livello di fedeli. L'annuncio della Buona Novella può essere fruttuoso solo se i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici sono infiammati dall'amore di Cristo e ardono dallo zelo di farlo conoscere e amare. Abbiamo fiducia che questo Sinodo non sarà solo un avvenimento passeggero, ma permetterà realmente allo Spirito di far muovere le nostre Chiese".


    Pope Benedict XVI (C) sdelivers an address during the opening of a the synod on the Middle East on October 11, 2010 at The Vatican. A senior Iranian cleric and a Jewish rabbi are among some of the guests invited by Pope Benedict XVI to attend the synod running from October 10 to 24 to discuss the Middle East.

    Exarch of Greece, Faithful of Eastern Rite (Byzantine), Bishop Dimitrios Salachas (R) chats with an unidentified bishop during the opening of a synod on the Middle East on October 11, 2010 at The Vatican. A senior Iranian cleric and a Jewish rabbi are among some of the guests invited by Pope Benedict XVI to attend the synod running from October 10 to 24 to discuss the Middle East.



    La meditazione del Papa all'inizio dei lavori del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente

    La caduta degli dei e la fede dei semplici



    Nella mattina di lunedì 11 ottobre, durante la celebrazione dell'Ora Terza che ha aperto i lavori della prima congregazione generale dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, il Papa ha pronunciato a braccio la seguente meditazione.


    Cari fratelli e sorelle,
    l'11 ottobre 1962, quarantotto anni fa, Papa Giovanni XXIII inaugurava il Concilio Vaticano II. Si celebrava allora l'11 ottobre la festa della Maternità divina di Maria, e, con questo gesto, con questa data, Papa Giovanni voleva affidare tutto il Concilio alle mani materne, al cuore materno della Madonna. Anche noi cominciamo l'11 ottobre, anche noi vogliamo affidare questo Sinodo, con tutti i problemi, con tutte le sfide, con tutte le speranze, al cuore materno della Madonna, della Madre di Dio.

    Pio XI, nel 1931, aveva introdotto questa festa, millecinquecento anni dopo il Concilio di Efeso, il quale aveva legittimato, per Maria, il titolo Theotókos, Dei Genitrix. In questa grande parola Dei Genitrix, Theotókos, il Concilio di Efeso aveva riassunto tutta la dottrina di Cristo, di Maria, tutta la dottrina della redenzione. E così vale la pena riflettere un po', un momento, su ciò di cui parla il Concilio di Efeso, ciò di cui parla questo giorno.

    In realtà, Theotókos è un titolo audace. Una donna è Madre di Dio. Si potrebbe dire:  come è possibile? Dio è eterno, è il Creatore. Noi siamo creature, siamo nel tempo:  come potrebbe una persona umana essere Madre di Dio, dell'Eterno, dato che noi siamo tutti nel tempo, siamo tutti creature?
    Perciò si capisce che c'era forte opposizione, in parte, contro questa parola.

    I nestoriani dicevano:  si può parlare di Christotókos, sì, ma di Theotókos no:  Theós, Dio, è oltre, sopra gli avvenimenti della storia. Ma il Concilio ha deciso questo, e proprio così ha messo in luce l'avventura di Dio, la grandezza di quanto ha fatto per noi.
     Dio non è rimasto in sé:  è uscito da sé, si è unito talmente, così radicalmente con quest'uomo, Gesù, che quest'uomo Gesù è Dio, e se parliamo di Lui, possiamo sempre anche parlare di Dio. Non è nato solo un uomo che aveva a che fare con Dio, ma in Lui è nato Dio sulla terra. Dio è uscito da sé. Ma possiamo anche dire il contrario:  Dio ci ha attirato in se stesso, così che non siamo più fuori di Dio, ma siamo nell'intimo, nell'intimità di Dio stesso.

    La filosofia aristotelica, lo sappiamo bene, ci dice che tra Dio e l'uomo esiste solo una relazione non reciproca. L'uomo si riferisce a Dio, ma Dio, l'Eterno, è in sé, non cambia:  non può avere oggi questa e domani un'altra relazione. Sta in sé, non ha relazione ad extra. È una parola molto logica, ma è una parola che ci fa disperare:  quindi Dio stesso non ha relazione con me.

    Con l'incarnazione, con l'avvenimento della Theotókos, questo è cambiato radicalmente, perché Dio ci ha attirato in se stesso e Dio in se stesso è relazione e ci fa partecipare nella sua relazione interiore. Così siamo nel suo essere Padre, Figlio e Spirito Santo, siamo nell'interno del suo essere in relazione, siamo in relazione con Lui e Lui realmente ha creato relazione con noi. In quel momento Dio voleva essere nato da una donna ed essere sempre se stesso:  questo è il grande avvenimento. E così possiamo capire la profondità dell'atto di Papa Giovanni, che affidò l'Assise conciliare, sinodale, al mistero centrale, alla Madre di Dio che è attirata dal Signore in Lui stesso, e così noi tutti con Lei.

    Il Concilio ha cominciato con l'icona della Theotókos. Alla fine Papa Paolo vi riconosce alla stessa Madonna il titolo Mater Ecclesiae. E queste due icone, che iniziano e concludono il Concilio, sono intrinsecamente collegate, sono, alla fine, un'icona sola. Perché Cristo non è nato come un individuo tra altri. È nato per crearsi un corpo:  è nato - come dice Giovanni al capitolo 12 del suo Vangelo - per attirare tutti a sé e in sé. È nato - come dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini - per ricapitolare tutto il mondo, è nato come primogenito di molti fratelli, è nato per riunire il cosmo in sé, cosicché Lui è il Capo di un grande Corpo. Dove nasce Cristo, inizia il movimento della ricapitolazione, inizia il momento della chiamata, della costruzione del suo Corpo, della santa Chiesa.

    La Madre di Theós, la Madre di Dio, è Madre della Chiesa, perché Madre di Colui che è venuto per  riunirci  tutti  nel  suo  Corpo risorto.

    San Luca ci fa capire questo nel parallelismo tra il primo capitolo del suo Vangelo e il primo capitolo degli Atti degli Apostoli, che ripetono su due livelli lo stesso mistero. Nel primo capitolo del Vangelo lo Spirito Santo viene su Maria e così partorisce e ci dona il Figlio di Dio. Nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli Maria è al centro dei discepoli di Gesù che pregano tutti insieme, implorando la nube dello Spirito Santo. E così dalla Chiesa credente, con Maria nel centro, nasce la Chiesa, il Corpo di Cristo. Questa duplice nascita è l'unica nascita del Christus totus, del Cristo che abbraccia il mondo e noi tutti.

    Nascita a Betlemme, nascita nel Cenacolo. Nascita di Gesù Bambino, nascita del Corpo di Cristo, della Chiesa. Sono due avvenimenti o un unico avvenimento. Ma tra i due stanno realmente la Croce e la Risurrezione. E solo tramite la Croce avviene il cammino verso la totalità del Cristo, verso il suo Corpo risorto, verso l'universalizzazione del suo essere nell'unità della Chiesa. E così, tenendo presente che solo dal grano caduto in terra nasce poi il grande raccolto, dal Signore trafitto sulla Croce viene l'universalità dei suoi discepoli riuniti in questo suo Corpo, morto e risorto.

    Tenendo conto di questo nesso tra Theotókos e Mater Ecclesiae, il nostro sguardo va verso l'ultimo libro della Sacra Scrittura, l'Apocalisse, dove, nel capitolo 12, appare proprio questa sintesi. La donna vestita di sole, con dodici stelle sul capo e la luna sotto i piedi, partorisce. E partorisce con un grido di dolore, partorisce con grande dolore. Qui il mistero mariano è il mistero di Betlemme allargato al mistero cosmico. Cristo nasce sempre di nuovo in tutte le generazioni e così assume, raccoglie l'umanità in se stesso. E questa nascita cosmica si realizza nel grido della Croce, nel dolore della Passione. E a questo grido della Croce appartiene il sangue dei martiri.
     
    Così, in questo momento, possiamo gettare uno sguardo sul secondo Salmo di questa Ora Media, il Salmo 81, dove si vede una parte di questo processo. Dio sta tra gli dei - ancora sono considerati in Israele come dei. In questo Salmo, in un concentramento grande, in una visione profetica, si vede il depotenziamento degli dei. Quelli che apparivano dei non sono dei e perdono il carattere divino, cadono a terra. Dii estis et moriemini sicut nomine (cfr. Sal 81, 6-7):  il depotenziamento, la caduta delle divinità.

    Questo processo che si realizza nel lungo cammino della fede di Israele, e che qui è riassunto in un'unica visione, è un processo vero della storia della religione:  la caduta degli dei. E così la trasformazione del mondo, la conoscenza del vero Dio, il depotenziamento delle forze che dominano la terra, è un processo di dolore. Nella storia di Israele vediamo come questo liberarsi dal politeismo, questo riconoscimento - "solo Lui è Dio" - si realizza in tanti dolori, cominciando dal cammino di Abramo, l'esilio, i Maccabei, fino a Cristo. E nella storia continua questo processo del depotenziamento, del quale parla l'Apocalisse al capitolo 12; parla della caduta degli angeli, che non sono angeli, non sono divinità sulla terra. E si realizza realmente, proprio nel tempo della Chiesa nascente, dove vediamo come col sangue dei martiri vengono depotenziate le divinità, cominciando dall'imperatore divino, da tutte queste divinità. È il sangue dei martiri, il dolore, il grido della Madre Chiesa che le fa cadere e trasforma così il mondo.

    Questa caduta non è solo la conoscenza che esse non sono Dio; è il processo di trasformazione del mondo, che costa il sangue, costa la sofferenza dei testimoni di Cristo. E, se guardiamo bene, vediamo che questo processo non è mai finito. Si realizza nei diversi periodi della storia in modi sempre nuovi; anche oggi, in questo momento, in cui Cristo, l'unico Figlio di Dio, deve nascere per il mondo con la caduta degli dei, con il dolore, il martirio dei testimoni. Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l'uomo, che non sono più cosa dell'uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo. E poi il potere delle ideologie terroristiche.

    Apparentemente in nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio:  sono false divinità, che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tutte le parti della terra e distrugge:  è una divinità, ma una divinità falsa, che deve cadere.
    O anche il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica:  oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non è più una virtù, e così via.
     
    Queste ideologie che dominano, così che si impongono con forza, sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Madre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere queste divinità, deve realizzarsi quanto dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini:  le dominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico Signore Gesù Cristo.

    Di questa lotta nella quale noi stiamo, di questo depotenziamento di dio, di questa caduta dei falsi dei, che cadono perché non sono divinità, ma poteri che distruggono il mondo, parla l'Apocalisse al capitolo 12, anche con un'immagine misteriosa, per la quale, mi pare, ci sono tuttavia diverse belle interpretazioni.


    Viene detto che il dragone mette un grande fiume di acqua contro la donna in fuga per travolgerla. E sembra inevitabile che la donna venga annegata in questo fiume. Ma la buona terra assorbe questo fiume ed esso non può nuocere. Io penso che il fiume sia facilmente interpretabile:  sono queste correnti che dominano tutti e che vogliono far scomparire la fede della Chiesa, la quale non sembra più avere posto davanti alla forza di queste correnti che si impongono come l'unica razionalità, come l'unico modo di vivere.
    E la terra che assorbe queste correnti è la fede dei semplici, che non si lascia travolgere da questi fiumi e salva la Madre e salva il Figlio. Perciò il Salmo dice - il primo salmo dell'Ora Media - la fede dei semplici è la vera saggezza (cfr. Sal 118, 130). Questa saggezza vera della fede semplice, che non si lascia divorare dalle acque, è la forza della Chiesa. E siamo ritornati al mistero mariano.

    E c'è anche un'ultima parola nel Salmo 81, "movebuntur omnia fundamenta terrae" (Sal 81, 5), vacillano le fondamenta della terra. Lo vediamo oggi, con i problemi climatici, come sono minacciate le fondamenta della terra, ma sono minacciate dal nostro comportamento. Vacillano le fondamenta esteriori perché vacillano le fondamenta interiori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il retto modo di vivere. E sappiamo che la fede è il fondamento, e, in definitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane ferma la fede, la vera saggezza.

    E poi il Salmo dice:  "Alzati, Signore, e giudica la terra" (Sal 81, 8). Così diciamo anche noi al Signore:  "Alzati in questo momento, prendi la terra tra le tue mani, proteggi la tua Chiesa, proteggi l'umanità, proteggi la terra". E affidiamoci di nuovo alla Madre di Dio, a Maria, e preghiamo:  "Tu, la grande credente, tu che hai aperto la terra al cielo, aiutaci, apri anche oggi le porte, perché sia vincitrice la verità, la volontà di Dio, che è il vero bene, la vera salvezza del mondo". Amen.



    (©L'Osservatore Romano - 11-12 ottobre 2010)




    Caterina63
    00martedì 12 ottobre 2010 17:55
    [SM=g1740733] la Catechesi del Papa in video da scaricare sia in video che in audio...

    it.gloria.tv/?media=102973




    [SM=g1740717]


    Caterina63
    00martedì 12 ottobre 2010 18:30
    I padri sinodali in ascolto

    Quello che lo Spirito
    dice alle Chiese


    di Frédéric Manns
    Studium Biblicum Franciscanum (Gerusalemme)

    "Chi è costei che sale dal deserto profumata d'incenso?":  durante il sinodo forse molti si faranno la domanda che si legge nel Cantico dei cantici (3, 6), quando vedranno i patriarchi e i vescovi d'Oriente rivestiti di tiare e di copricapi strani. Nel ii secolo Erma paragonava volentieri la Chiesa a una donna anziana, perché era stata creata agli inizi dei tempi. Questa donna anziana accompagnata da vergini numerose viene quest'anno dal deserto di Giuda e di Arabia.

    È vero che la Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica, ma deve respirare con due polmoni. I grandi concili ecumenici hanno inculturato il messaggio evangelico nel mondo ellenistico e romano. Ma la Chiesa non può dimenticare la patristica orientale, specialmente quella siriaca, che ha cercato di tradurre questo messaggio per il mondo semitico. E anche il mondo arabo ha una sua patrologia e le sue lettres de noblesse.

    Dall'Oriente viene la luce (ex oriente lux) dicevano gli antichi. Ed è questo messaggio di luce che le Chiese orientali hanno mantenuto e che vogliono condividere con la Chiesa di Roma. Luce che è Cristo nel suo mistero di trasfigurazione. Luce che è lo Spirito diffuso nella liturgia divina. La Chiesa è la sposa di luce che vuole vincere le tenebre di un mondo dove l'intolleranza e il dubbio hanno seminato la violenza. Maria vergine e madre di tutti i popoli è l'icona di questa Chiesa.

    "Chi ha orecchi, ascolti quello che lo Spirito dice alle Chiese". Il ritornello del veggente di Patmos alle Chiese dell'Apocalisse ha il merito di ricordare che esse sono opera dello Spirito Santo. Gli uomini non riusciranno a distruggerla. Rimarrà un piccolo resto, ma sarà sempre un segno della vittoria di Dio sul mondo. I discepoli sono nel mondo ma non sono del mondo. In Oriente, più che in Occidente, è il carisma dell'apostolo Giovanni che viene meditato.

    L'Oriente è vitalmente propenso alla meditazione e alla contemplazione. La sua liturgia ha mantenuto la dimensione del mistero. Il messaggio dell'apostolo Giovanni, che si riassume nel comandamento dell'amore, potrà portare la comunione tra le Chiese e dare loro la forza di rendere testimonianza in mezzo ai musulmani e agli ebrei. Il mondo violento nel quale vivono i cristiani orientali potrà sdrammatizzarsi con il comandamento dell'amore.

    Il Deuteronomio ricorda che l'unico comandamento fondamentale è di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. La tradizione ebraica ha interpretato questo comandamento come esigenza di amare Dio con le due tendenze che sono nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è il teatro di una lotta interiore tra il bene e il male.

    Amare Dio con l'anima significa essere pronto ad amare Dio con il sangue, sede della nephesh, in caso di persecuzione. E in Oriente non mancano i martiri. Molti furono e sono i cristiani che hanno amato Dio con tutta l'anima.

    San Luca nella sua descrizione della Chiesa primitiva ricordava che la moltitudine dei credenti aveva un cuore solo, una anima sola e metteva in comune i beni materiali. In altre parole la Chiesa di Gerusalemme continuava a vivere l'ideale dello shema Israel, perché Gesù stesso aveva risposto alla domanda su quale fosse il primo comandamento citando lo shema Israel (Marco, 12, 29).

    La preparazione del grande giubileo del 2000 aveva permesso di radunare a Gerusalemme molti capi delle Chiese orientali nella riflessione sul Padre, sullo Spirito e sul Figlio. Durante l'anno dello Spirito una serie impressionante di conferenze ripeteva costantemente la stessa teologia orientale dello Spirito. Nella tavola rotonda che seguì, uno dei partecipanti pose la domanda:  "Abbiamo tutti la stessa teologia dello Spirito, perché siamo divisi?". E un silenzio cadde sull'assemblea.

    Durante le celebrazioni eucaristiche i padri sinodali si daranno il segno della pace. Questo gesto ricorderà a tutti il detto (lògion) di Gesù:  "Quando presenti la tua offerta sull'altare va prima a riconciliarti con il tuo fratello". Il gesto di riconciliazione - che si riallaccia all'usanza ebraica nel giorno precedente il Kippur - dovrà essere ripreso da tutti i fedeli delle Chiese orientali in spirito e verità.

    Anche in Oriente si parla di nuova evangelizzazione. Questo nuovo annuncio di Cristo - al quale si aprono anche le strade nuove di internet - non si potrà fare se i cristiani dimostrano nei fatti il contrario di quello che proclamano nelle Scritture. I cristiani sono destinati a unirsi o a scomparire dall'Oriente.



    La questione capitale al centro dei lavori del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente

    Essere cristiani o non esserlo più



    di Manuel Nin

    Al rientro del suo pellegrinaggio in Terra Santa, Benedetto XVI nel settembre 2009, alla presenza dei patriarchi e dei capi delle diverse Chiese orientali cattoliche, e accogliendo la loro richiesta, convocò il Sinodo per il Vicino Oriente. La vita concreta delle Chiese cristiane orientali cattoliche, le loro sfide, le loro speranze, i loro timori portarono i loro pastori a proporre al vescovo di Roma d'indire la celebrazione di questo strumento della vita ecclesiale. L'uso e il significato della parola sinodo, termine forse più nuovo in Occidente, non lo è per l'Oriente, e molto meno per quell'Oriente cristiano, che chiamiamo appunto "prossimo" e che raccoglie la sua eredità multiforme soprattutto dall'antichissima sede di Antiochia.

    Mentre lungo i primi secoli dell'era cristiana l'altra grande sede episcopale dell'Oriente cristiano, quella di Alessandria, ebbe nell'episcopato stesso e nella scuola teologica della città il luogo di riflessione sia teologica che ecclesiologica, e che si manifestò nelle grandi figure che vanno da un Origene (ii-iii secolo) a un Cirillo di Alessandria (v secolo); la Chiesa antiochena lungo la sua storia bimillenaria, ebbe invece nell'istituzione sinodale lo strumento fondamentale per affrontare e risolvere i problemi sia di carattere teologico che ecclesiologico.

    Dalla seconda metà del iii secolo fino al vi secolo ben inoltrato, Antiochia fu sede di diversi sinodi che affrontarono temi dottrinali ed ecclesiologici molto importanti:  la questione attorno a Paolo di Samosata nel sinodo del 268; nei decenni dopo il concilio di Nicea del 325 tutti i diversi sinodi antiocheni che coinvolsero i vescovi della regione nell'accettazione o meno del credo niceno, e che furono sinodi soprattutto di carattere dottrinale; quindi attorno alla figura di Melezio di Antiochia eletto vescovo nel 360, tutti sinodi che affrontarono questioni di carattere fortemente ecclesiologico e che coinvolsero anche la sede romana e le grandi figure episcopali di Basilio di Cesarea e Damaso di Roma.

    Quella città dove i cristiani furono per prima volta chiamati con tale appellativo (cfr Atti degli Apostoli, 11, 26) è la culla di una buona parte delle tradizioni culturali, linguistiche, liturgiche e teologiche dell'Oriente cristiano. In modo speciale Antiochia è il grembo di tre grandi tradizioni liturgiche che ancora oggi conformano la vita teologica, liturgica e spirituale di diverse Chiese orientali:  la tradizione siro orientale; quella  siro  occidentale  e  quella  bizantina.

    Nell'ormai lontano 1977 uno dei migliori conoscitori e amatori del Vicino Oriente cristiano, padre Jean Corbon (1924-2001) pubblicava L'Eglise des Arabes, un libro illuminante e indispensabile nel suo genere, in cui l'autore analizza e approfondisce la presenza della Chiesa nell'area mediorientale a partire dalla realtà cristiana della città di Antiochia. All'inizio della sua opera Corbon si chiede quali siano i modi per conoscere e per vivere "una" e "in una" Chiesa. E ne elenca tre. In primo luogo, la necessaria conoscenza "dell'umanità di Cristo che è ogni Chiesa, qua e adesso, da un punto di vista geografico a quello sociologico e anche linguistico". In secondo, luogo la necessaria conoscenza "di quello che oggi succede in ognuna delle Chiese a partire dalla sua storia, dai fatti che l'hanno configurata e travagliata lungo i secoli. La sensibilità per sentire l'armonia della storia" nella vita di quella Chiesa. In terzo luogo, la necessaria conoscenza "della fede, cioè della Chiesa vista e vissuta come mistero di fede, e come mistero di fede che coinvolge e investe la vita di ognuno dei fedeli".

    Lungo la sua opera, Corbon analizza nella prima parte la storia cristiana della città di Antiochia, e parlando di questa città lo sguardo dell'autore va a tutto il Vicino Oriente cristiano, sottolineando un fatto che mai potremmo ignorare per capire la realtà, di ieri e di oggi, di queste terre:  il processo di inculturazione araba che, al di là delle varianti anche confessionali tra le diverse Chiese cristiane, creerà un forte senso di comunione tra di loro. Fatto, però, che non toglierà la presenza di due altre realtà culturali e linguistiche importanti:   quella  greca  e  quella  siriaca.

    Nella seconda parte dell'opera, Corbon fa un'analisi accurata della situazione attuale della Chiesa antiochena - leggiamo di tutto il Vicino Oriente - e propone dei punti su cui riflettere per capirne i veri problemi. In primo luogo, la problematica delle realtà ecclesiali provenienti dall'Occidente, sia di ambito cattolico latino che riformato, e insiste sulla necessità vitale di rifiutare qualsiasi forma di proselitismo sia di carattere ecclesiologico che liturgico - evitando forme oggi diremmo di sincretismo e di ibridismo liturgico tra diverse tradizioni che hanno ognuna un patrimonio unico e intangibile. In secondo luogo, Corbon accenna alla realtà delle Chiese orientali cattoliche in ambito antiocheno:  armeno cattolica, greco cattolica, siro cattolica e caldea, e al loro rapporto con le Chiese sorelle di comunione ortodossa.

    L'autore insiste "sull'asse attorno al quale tutte le questioni si unificano e si chiariscono, cioè la comunione nella carità tra le Chiese. È attorno a questo asse che tutte le altre questioni possono essere abbordate, senza per niente minimizzarle".

    All'inizio della celebrazione del Sinodo, l'opera di Jean Corbon diventa dunque sicuramente profetica in molti aspetti e in qualche modo si potrebbe proporre quasi come un secondo Instrumentum laboris per le riflessioni dei padri sinodali che in queste due settimane sono chiamati sì a radunarsi, incontrarsi, pregare insieme, ma soprattutto chiamati a mettere sul tavolo con schiettezza non disgiunta da grande carità, i problemi dei cristiani oggi nel Vicino Oriente. In quella realtà multiculturale e multietnica che è il bacino orientale del Mediterraneo e dei paesi che lo circondano.

    Vescovi di diversi Paesi, di diverse lingue, di tradizioni liturgiche e anche spirituali diverse si incontra per riflettere sui problemi pastorali e soprattutto sulla vita delle Chiese, sulla situazione ogni giorno più precaria in vista alla continuità di una presenza cristiana autoctona in quelle terre dove il cristianesimo nacque e si sviluppò come Chiesa.

    Corbon conclude la sua opera citando la frase del Patriarca Atenagora e che potrebbe essere anche uno dei fili conduttori delle riflessioni dei padri sinodali:  "La questione dell'unità tra i cristiani non è più una questione su quello o quell'altro modo di essere oggi Chiesa, ma la questione di essere cristiani o non esserlo più".





     


    (©L'Osservatore Romano - 13 ottobre 2010)
    Caterina63
    00martedì 12 ottobre 2010 22:59
     
     Seconda congregazione generale
     
    CITTA' DEL VATICANO, 11 OTT. 2010 (VIS). La Seconda Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio nel pomeriggio di oggi alle 16:30 nell'Aula del Sinodo. Nel corso della sessione pomeridiana sono state presentate cinque relazioni per continente.
     
      Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Alla sessione erano presenti 163 Padri Sinodali.
     
    AFRICA: CARDINALE. POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SALAAM, PRESIDENTE DEL "SYMPOSIUM OF EPISCOPAL CONFERENCES OF AFRICA AND MADAGASCAR" (S.E.C.A.M.) (TANZANIA). "Il Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar ha un legame intrinseco con la Chiesa in Medio Oriente, soprattutto grazie alla Chiesa in Egitto, che fa parte sia dell'Africa che del Medio Oriente. (...) I cristiani emigrano dal Medio Oriente a causa di quelle che possono essere considerate situazioni di oppressione contro la fede cristiana in alcuni paesi del Medio Oriente. (...) Oggi nessun cristiano della costa dell'Africa orientale avverte l'obbligo di nascondere la propria identità cristiana, nonostante il fatto che l'Islam continui a essere la religione della maggioranza della popolazione. E anche gli insediamenti cristiani separati non sono più necessari. (...) Una collaborazione più stretta tra la Chiesa sub-Sahariana e la Chiesa nel Nord Africa e nel Medio Oriente resta e resterà sempre di importanza fondamentale per la sopravvivenza del Cristianesimo in entrambi i luoghi. Il SECAM rappresenta un eccellente strumento per tale cooperazione".
     
    NORD AMERICA: CARDINALE ROGER MICHAEL MAHONY, ARCIVESCOVO DI LOS ANGELES (STATI UNITI D'AMERICA). "Pur riconoscendo la loro unione con Roma, dovrebbero essere incoraggiate le relazioni interecclesiali non solo tra le Chiese 'sui iuris' in Medio Oriente, ma specialmente nella diaspora (IL par. 55). Constatando l'emorragia di cristiani dal Medio Oriente in Europa, in Australia e nelle Americhe, abbiamo cercato in vari modi di trasformare l'emigrazione in una nuova opportunità per sostenere questi cristiani, mentre si stabiliscono nella diaspora. (...) La sfida maggiore che affrontiamo con i nostri immigrati - siano essi cattolici medio orientali o cattolici vietnamiti fuggiti dal loro Paese per il Sud California, o cubani fuggiti da Cuba verso le coste di Miami - non è quella di aiutarli a vivere il mistero della 'communio' fra i cristiani e le varie Chiese cristiane. La sfida più grande è di aiutarli a rispondere alla grazia di dare testimonianza al Vangelo perdonando quei nemici che spesso sono la causa principale dell'aver lasciato la loro patria per trovare pace e giustizia sulle nostre coste".
     
    ASIA: ARCIVESCOVO ORLANDO B. QUEVEDO, O.M.I., DI COTABATO, SEGRETARIO GENERALE DELLA "FEDERATION OF ASIAN BISHOPS' CONFERENCES" (F.A.B.C.) (FILIPPINE). "In Asia noi siamo un 'piccolo gregge', meno del 3% su oltre tre miliardi di asiatici. Alla luce delle crescenti diffidenze religiose e degli estremismi religiosi che talvolta sfociano in violenza e morte, potremmo certamente diventare paurosi o timidi. Ma siamo fortificati e incoraggiati dalle parole del Signore, 'Non temere, piccolo gregge'. (...) Tale testimonianza sprona noi vescovi in comunione con il Santo Padre e tra di noi, ad affrontare seriamente le grandi sfide pastorali che abbiamo di fronte in Asia, vale a dire il fenomeno della migrazione, che viene talvolta chiamato la nuova schiavitù, l'impatto negativo della globalizzazione economica e culturale, la questione dei cambiamenti climatici, le istanze dell'estremismo religioso, dell'ingiustizia e della violenza, la libertà religiosa e i problemi biogenetici che minacciano la vita umana nel grembo materno dal concepimento fino alla morte naturale".
     
    EUROPA: CARDINALE PÉTER ERDO, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, PRESIDENTE DEL "CONSILIUM CONFERENTIARUM EPISCOPORUM EUROPAE" (C.C.E.E.) (UNGHERIA). "L'Europa è debitore del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. (...) Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce e quell'entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo? Nei nostri tempi, quando i profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa dai diversi Paesi del Medio Oriente qual'è la nostra reazione? Siamo abbastanza attenti alla cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio di fronte ad una grande sfida. (...) Sappiamo esprimere in modo efficace il nostro sostegno ai cristiani del Medio Oriente? (...) I cristiani che arrivano dal Medio Oriente bussano alla porta dei nostri cuori e risvegliano la nostra coscienza cristiana".
     
    OCEANIA: ARCIVESCOVO JOHN ATCHERLEY DEW, DI WELLINGTON, PRESIDENTE DELLA "FEDERATION OF CATHOLIC BISHOPS' CONFERENCES OF OCEANIA" (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA). "Tra i cinque milioni di cattolici in Australia un numero piccolo ma importante fa parte delle Chiese cattoliche orientali. Le due principali Chiese cattoliche orientali in Australia sono la Maronita e la Melchita (...) Oltre a queste Chiese cattoliche orientali, vi sono anche la Caldea, Sira, Siro-Malabarese e Copta. Le eparchie maronita, melchita e caldea si estendono in Nuova Zelanda offrendo servizi pastorali e liturgici anche alle comunità lì residenti. Il Medio Oriente è presente in Oceania attraverso i migranti e i rifugiati che si sono stabiliti nella regione: ebrei europei sin dagli inizi dell'insediamento in Australia e Nuova Zelanda, nonché rifugiati dalla Germania degli anni intorno al 1930 e sopravvissuti alla Shoah; libanesi, palestinesi, egiziani; iracheni, cristiani e musulmani; e, in tempi più recenti, rifugiati curdi dall'Iraq, dall'Iran e dalla Turchia. I nostri legami storici sono fortemente caratterizzati dalla guerra e dalla pace. (...) Questi legami vengono cementati oggi attraverso la presenza di numerosi pellegrini dell'Oceania che visitano la Terra Santa, attraverso il reinsediamento dei rifugiati, i programmi di aiuto allo sviluppo di Caritas Internationalis; la presenza di ordini religiosi internazionali che si dedicano al lavoro educativo o al sostegno dei luoghi sacri".
     
    AMERICA LATINA: ARCIVESCOVO RAYMUNDO DAMASCENO ASSIS, DI APARECIDA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO (C.E.L.AM.) (BRASILE). "Nei nostri paesi latino-americani e dei Caraibi abbiamo molti emigranti mediorientali - di prima e seconda generazione - la maggior parte dei quali sono cristiani. Molti sono entrati a far parte della Chiesa latina e ci sono piccoli gruppi con le proprie eparchie. Il nostro desiderio è che si cresca ancora di più nella coscienza della nostra comune fede cattolica e che ci si avvicini maggiormente a un'azione missionaria condivisa. In questo momento stiamo realizzando in tutte le nostre Chiese la cosiddetta 'Missione Continentale', frutto della Conferenza Generale di Aparecida. Sarebbe una splendida testimonianza poterci unire in questo sforzo evangelizzatore. Da ultimo, vogliamo condividere con voi la preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese. Anche in questo siamo in comunione con il Santo Padre nel suo sforzo di trovare una soluzione al conflitto. Che sia ristabilita nella terra di Gesù la pace fra questi due popoli!".
     
    ARCIVESCOVO ELIAS CHACOUR, DI AKKA, SAN GIOVANNI D'ACRI, TOLEMAIDE DEI GRECO-MELKITI (ISRAELE). "Negli ultimi venti secoli è stato come se i nostri cristiani di Terra Santa fossero condannati e avessero il privilegio di condividere l'oppressione, la persecuzione e la sofferenza con Cristo. (...) Come arcivescovo della comunità cattolica più grande in Terra Santa, la Chiesa cattolica melkita, vi invito qui, e chiedo al Santo Padre, di dedicare sempre più attenzione alle pietre vive della Terra Santa. (...) Siamo in Galilea da tempi immemori. Ora siamo in Israele. Vogliamo restare dove siamo e abbiamo bisogno della vostra amicizia più che dei vostri soldi".
     
    ARCIVESCOVO BOUTROS MARAYATI, DI ALEP DEGLI ARMENI (SIRIA).  "Se vogliamo che questa Assemblea speciale sia feconda, dobbiamo pensare a una conferenza speciale per ciascun paese, avente un aspetto ecumenico, dove poter discutere delle questioni a seconda delle situazioni locali. Indubbiamente le sfide sono le stesse, ma ogni paese ha una situazione propria. (...) Negli ultimi 100 anni l'emigrazione o la deportazione violenta hanno continuato a verificarsi in Oriente. (...) Stiamo forse aspettando il giorno in cui il mondo come spettatore e l'indifferenza delle Chiese occidentali rimarranno fermi ad osservare la 'morte dei Cristiani d'Oriente? Malgrado le crisi e le difficoltà che si presentano alla nostra vista cristiana e alle nostre relazioni ecumeniche, noi continuiamo a 'credere, sperando contro ogni speranza".

     
    TERZA CONGREGAZIONE GENERALE
     
    CITTÀ DEL VATICANO, 12 OTT 2010 (VIS). - La terza Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio questa mattina alle 9:00 nell'Aula del Sinodo, in presenza del Santo Padre e di 165 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine l'Arcivescovo Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano), e Capo del Sinodo della Chiesa Siro Cattolica.
     
    PADRE DAVID NEUHAUS S.I., VICARIO DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME DEI LATINI PER LA PASTORALE DEI CATTOLICI DI LINGUA EBRAICA (GERUSALEMME). "L'ebraico è anche la lingua della Chiesa cattolica in Medio Oriente. Centinaia di cattolici israeliani esprimono tutti gli aspetti della loro vita in ebraico, inculturando la loro fede in una società definita dalla tradizione ebraica.(...) Si tratta oggi di una grande sfida per il Vicariato di lingua ebraica. Infine, il Vicariato cattolico di lingua ebraica si sforza di fare da ponte tra la Chiesa, prevalentemente di lingua araba, e la società israeliana ebraica, al fine di promuovere l'insegnamento del rispetto per il popolo dell'Antica Alleanza e la sensibilità verso il grido di giustizia e di pace per gli ebrei e i palestinesi. Insieme, i cattolici di lingua araba e quelli di lingua ebraica devono rendere testimonianza e lavorare in comunione per la Chiesa nella terra dove essa è nata".
     
    ARCIVESCOVO LOUIS SAKO, DI KIRKUK DEI CALDEI, AMMINISTRATORE PATRIARCALE DI SULAIMANIYA DEI CALDEI (IRAK). "Il mortale esodo che affligge le nostre Chiese non si potrà evitare. L'emigrazione è la più grande sfida che minaccia la nostra presenza. Le cifre sono preoccupanti. Le Chiese Orientali, ma anche la Chiesa universale, devono assumersi le proprie responsabilità e operare con la comunità internazionale e le autorità locali scelte comuni che rispettino la dignità della persona umana. Scelte che siano basate sull'uguaglianza e sulla piena cittadinanza, con impegni di associazione e di protezione. La forza di uno Stato si deve basare sulla credibilità nell'applicazione delle leggi al servizio dei cittadini, senza discriminazione tra maggioranza e minoranza. Vogliamo vivere in pace e libertà invece di sopravvivere".
     
    ARCIVESCOVO YOUSSEF BÉCHARA, DI ANTELIAS DEI MARONITI (LIBANO). "Dato che la stragrande maggioranza dei paesi del Medio Oriente sono musulmani e rifiutano quindi la laicità, sarebbe meglio utilizzare invece per il nostro Sinodo il termine cittadinanza o stato civico perché si tratta di un termine più accettato e che si riferisce alle stesse realtà (...). Ma affinché la realtà della cittadinanza venga ammessa, generalizzata e integrata a livello delle costituzioni e soprattutto delle mentalità, occorre un duplice lavoro: a livello societario popolare, i mezzi di comunicazione sociale possono essere di grande aiuto poiché si tratta di radicare nelle masse i principi che la cittadinanza comporta, soprattutto l'uguaglianza di tutti e l'accettazione della diversità religiosa e culturale; a livello educativo (...), la nozione di cittadinanza può essere approfondita durante gli anni della formazione. Occorre un lavoro di risanamento dei programmi per eliminarne le discriminazioni. Questo duplice lavoro è necessario se si vuol andare oltre le classi alte - per le quali la cittadinanza, il dialogo e anche la libertà sono ammesse -per raggiungere le masse che possono essere manipolate e abbandonarsi a ogni tipo di estremismo".
     
    VESCOVO SALIM SAYEGH, AUSILIARE DI GERUSALEMME DEI LATINI, VICARIO PATRIARCALE DI GERUSALEMME DEI LATINI PER LA GIORDANIA (GERUSALEMME). "Fra i problemi che la Chiesa in Medio Oriente deve affrontare, si deve menzionare il problema delle sette, causa di grande confusione dottrinale. (...) Cosa si può fare per salvaguardare il tesoro della fede e limitare la crescente influenza delle sette? (...) Si chiede con insistenza ai sacerdoti e ai pastori di anime di visitare le famiglie e di assumersi la responsabilità di spiegare, difendere, diffondere, vivere ed aiutare a vivere la fede cattolica. Occuparsi seriamente della formazione cristiana degli adulti. (...) Sensibilizzare le scuole cattoliche sulla loro missione cattolica. (...) Avere il coraggio di rivedere i testi del catechismo così che essi possano esprimere con chiarezza la fede e la dottrina della Chiesa cattolica".
     
    ARCIVESCOVO VINCENT LANDEL, S.C.I. DE BETH., DI RABAT, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE DELL'AFRICA SETTENTRIONALE (C.E.R.N.A.) (MAROCCO). "La nostra responsabilità come Chiesa è aiutare i cristiani ad accettare le differenze con i loro amici musulmani, (...) ad avere un atteggiamento umile e fiducioso nei confronti di chi è diverso da noi. (...) La nostra responsabilità come Chiesa è aiutare i cristiani di passaggio a capire meglio che si può vivere la fede cristiana con allegria ed entusiasmo in una società totalmente musulmana. Ciò li aiuterà a ritornare nel loro Paese con un'altra idea dei musulmani che hanno incontrato, e a eliminare i pregiudizi che rischiano di far imputridire il mondo".
     
    ARCIVESCOVO PAUL YOUSSEF MATAR, DI BEIRUT, BEIRUT DEI MARONITI (LIBANO). "La responsabilità delle potenze occidentali: hanno commesso ingiustizie ed errori storici nell'incontro con il Medio Oriente. Inoltre dovrebbero riparare le ingiustizie che soffrono popoli interi, specialmente quello palestinese. I cristiani di questa regione, che furono ingiustamente identificati con quelli, trarrebbero beneficio da queste riparazioni grazie ad una coesione con i loro fratelli.(...) La responsabilità dei cristiani occidentali e del mondo: devono conoscere meglio i loro fratelli e sorelle del Medio Oriente per essere più solidali con le loro cause. Inoltre dovrebbero esercitare pressione sull'opinione pubblica,  come i loro governanti, per ristabilire la giustizia nelle relazioni con il Medio Oriente e l'Islam, e aiutare a liberare il mondo dal fondamentalismo e guidarlo verso la moderazione".

    Caterina63
    00giovedì 14 ottobre 2010 09:57
    QUARTA CONGREGAZIONE GENERALE

    CITTA' DEL VATICANO, 12 OTT. 2010 (VIS). Nel pomeriggio di oggi ha avuto luogo la Quarta Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano). Erano presenti 161 Padri Sinodali. Il Papa ha assistito agli interventi liberi al termine della sessione.

    Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi:

    SUA BEATITUDINE GREGORIOS III LAHAM, B.S., PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI GRECO-MELKITI, ARCIVESCOVO DI DAMASCO DEI GRECO-MELKITI (SIRIA) "La presenza cristiana nel mondo arabo è minacciata dai cicli di guerre che si abbattono su questa regione culla del cristianesimo. La causa principale è il conflitto israelo-palestinese: i movimenti fondamentalisti, il movimento Hamas, Hezbollah sono le conseguenze di questo conflitto come le discordie esterne, la lentezza nello sviluppo, il sorgere dell'odio, la perdita della speranza nei giovani che sono il 60% della popolazione dei paesi arabi. (...) Fra le conseguenze più pericolose del conflitto israelo-palestinese: l'emigrazione che farà della società araba una società di un solo colore, unicamente musulmana di fronte ad una società europea detta cristiana. Se questo accadesse e l'Oriente dovesse svuotarsi dei suoi cristiani, ciò vorrebbe dire che ogni occasione sarebbe propizia per un nuovo scontro delle culture, delle civiltà e anche delle religioni, uno scontro distruttivo fra l'Oriente arabo musulmano e l'Occidente cristiano".

    CARDINALE JOHN PATRICK FOLEY, GRAN MAESTRO DELL'ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME (CITTÀ DEL VATICANO). "Mentre molti, compresa la Santa Sede, hanno suggerito una soluzione a due della crisi israelo-palestinese, più passa il tempo più una tale soluzione diventa difficile, poiché la realizzazione di insediamenti israeliani e di infrastrutture sotto il controllo israeliano a Gerusalemme Est e in altre parti della Cisgiordania rendono sempre più arduo lo sviluppo di uno stato palestinese possibile e integrale. Durante lo storico pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa dello scorso anno, ho avuto la possibilità di intrattenere brevi conversazioni con leader politici ai massimi livelli in Giordania, Israele e Palestina. Tutti loro hanno parlato del grande contributo alla comprensione reciproca dato dalle scuole cattoliche in quelle aree. Poiché le scuole cattoliche sono aperte a tutti e non solo ai cattolici e agli altri cristiani, vi vengono iscritti molti bambini musulmani e perfino alcuni bambini ebrei. Gli effetti sono evidenti e illuminanti. Si è generato un mutuo rispetto che, speriamo, porterà alla riconciliazione e perfino all'amore reciproco".

    SUA BEATITUDINE FOUAD TWAL, PATRIARCA DI GERUSALEMME DEI LATINI (GERUSALEMME). "La Chiesa Madre di Gerusalemme (...) custodisce per tutta la Chiesa i Luoghi Santi dei patriarchi, dei profeti, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e degli apostoli. (...) La Chiesa Madre di Gerusalemme deve dunque essere oggetto dell'amore, della preghiera e dell'attenzione di tutta la Chiesa, di tutti i vescovi, sacerdoti e fedeli del Popolo di Dio. Essere solidali con la Chiesa di Gerusalemme, vivere la comunione e la testimonianza di cui parla questo Sinodo deriva dai nostri doveri di pastori e dalla collegialità episcopale. Amare la Terra Santa implica la visita dei Luoghi Santi e l'incontro con la comunità locale. Amare la Terra Santa significa anche servirla: non lasciate la vostra Chiesa Madre sola e isolata. Aiutatela con le vostre preghiere, il vostro amore e la vostra solidarietà, evitando che diventi un grande museo a cielo aperto. Tacere per paura dinanzi alla situazione drammatica che conoscete sarebbe un peccato di omissione. D'altro canto, siamo molto riconoscenti alla Santa Sede, ai vescovi, ai sacerdoti e a tutti gli amici della Terra Santa per quanto fanno con generosità al fine di sostenerci spiritualmente e materialmente. (...) La comunità cristiana in Terra Santa (appena il 2% della popolazione) soffre per la violenza e l'instabilità. È una Chiesa del Calvario. Ha la grande responsabilità di perpetuare il messaggio di pace e di riconciliazione. Malgrado le difficoltà che sembrano insormontabili, crediamo in Dio, Signore della storia".

    ARCIVESCOVO BASILE GEORGES CASMOUSSA, DI MOSUL DEI SIRI (IRAQ). "Nei nostri paesi del Medio Oriente siamo delle piccolissime minoranze, già notevolmente devastate dai seguenti fattori: L'emigrazione galoppante, dove i cristiani perdono sempre più fiducia nei propri paesi storici. Le ondate di terrorismo, ispirate da ideologie religiose, intendere islamiche, o totalitarie, che negano il principio stesso della parità, a vantaggio di un negazionismo fondamentale che schiaccia le minoranze, delle quali i cristiani sono l'anello più debole. La preoccupante diminuzione delle nascite tra i cristiani dinanzi a una natalità sempre più alta tra i musulmani. L'ingiusta accusa mossa contro i cristiani di essere delle truppe assoldate o guidate da e per l'Occidente sedicente 'cristiano', considerati quindi come un corpo parassita della Nazione. (...) Ciò che accade oggi in Iraq ci ricorda quanto è accaduto in Turchia nella Prima Guerra Mondiale. È allarmante!".

    VESCOVO DIMITRIOS SALACHAS, ESARCA APOSTOLICO PER I CATTOLICI DI RITO BIZANTINO RESIDENTI IN GRECIA (GRECIA). "Il Codice orientale enuncia un principio generale, secondo il quale i fedeli delle Chiese orientali, anche se affidati (commissi) alla cura pastorale di un vescovo o del parroco di un'altra Chiesa 'sui iuris', inclusa qui anche la Chiesa latina, rimangono tuttavia sempre ascritti alla propria Chiesa, tenuti ad osservare ovunque nel mondo il proprio rito, inteso come patrimonio liturgico, spirituale e disciplinare proprio. (...) Il supremo legislatore ha dotato la Chiesa cattolica di due normative canoniche, cioè di due Codici, uno per la Chiesa latina e uno per le Chiese orientali, di cui si è celebrato in questi giorni il 20° anniversario della promulgazione. L'emigrazione perciò crea nuove urgenti necessità pastorali che richiedono una, anche se sommaria, conoscenza di questa normativa, cioè che i vescovi orientali conoscano la legislazione latina, e i vescovi latini la legislazione orientale. Il Vaticano II (OE) insegna che, salva restando l'unità della fede e l'unica divina costituzione della Chiesa universale, le Chiese d'oriente e le Chiese d'occidente hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline, più adatte al bene delle anime dei propri fedeli".

    PADRE JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, O.F.M., MINISTRO GENERALE DELL'ORDINE FRANCESCANO DEI FRATI MINORI (ITALIA). "Di fronte al triste spettacolo di tanti conflitti in Terra Santa e contro l'idea così diffusa che le religioni siano alla base di essi, noi cristiani siamo chiamati a mostrare al mondo che le religioni, vissute in autenticità, sono al servizio della comprensione tra diversi, al servizio della pace, e che forgiano cuori riconciliati e riconciliatori. (...) Nel contesto della nuova evangelizzazione vi sono quattro proposte: si elabori un catechismo unico per tutti i cattolici del Medio Oriente; si prendano iniziative concrete per una formazione adeguata alle esigenze della nuova evangelizzazione, e della situazione particolare del Medio Oriente, di tutti gli agenti di pastorale: sacerdoti, religiosi e laici; in continuità con l'Anno Paolino, si celebri un anno giovanneo in tutte le Chiese del Medio Oriente, se possibile con i fratelli delle Chiese non cattoliche; si potenzino gli studi biblici, specialmente attraverso i tre Istituti Biblici già presenti a Gerusalemme: la facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia dei francescani, l'Ecole Biblique dei domenicani, e l'Istituto biblico, dei Gesuiti. Inoltre, mi auguro che, davanti alla costante diminuzione dei Cristiani in Terra Santa, esca da questo Sinodo una parola di conforto per le comunità cristiane e particolarmente cattoliche che vivono in quelle terre. Sia il Sinodo un'occasione propizia per potenziare con forza il dialogo ecumenico ed interreligioso".
    SE/ VIS 20101013 (1220)

    I PADRI SINODALI SI RIUNISCONO NEI CIRCOLI MINORI

    CITTA' DEL VATICANO, 13 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina, mentre il Papa teneva l'Udienza Generale in Piazza San Pietro, i Padri Sinodali si sono riuniti in Circoli Minori o Gruppi Linguistici per scegliere i moderatori e i relatori e dare inizio al dibattito sulla "Relatio ante disceptationem".

    La quinta Congregazione Generale si terrà questo pomeriggio nell'Aula del Sinodo.


    Caterina63
    00giovedì 14 ottobre 2010 15:01
    Quinta congregazione generale

    CITTA' DEL VATICANO, 13 OTT. 2010 (VIS). La Quinta Congregazione Generale si è tenuta questo pomeriggio nell'Aula del Sinodo, con gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Successivamente hanno avuto luogo gli interventi liberi in presenza del Santo Padre.


    SUA BEATITUDINE NERSES BEDROS XIX TARMOUNI, PATRIARCA DI CILICIA DEGLI ARMENI, ARCIVESCOVO DI BEIRUT DEGLI ARMENI (LIBANO). "Il ritorno alla prima comunità cristiana ci mostra che i primi cristiani non hanno avuto una vita facile, esente dalle difficoltà e dalle avversità; al contrario, hanno subito oltraggi e persecuzioni. Ma questo non ha impedito loro di proclamare integralmente l'insegnamento di Gesù e di perdonare. Troviamo situazioni simili nel contesto attuale. I cristiani non illuminati dallo Spirito Santo credono di dover essere risparmiati dalle difficoltà. Si tratta di un fatto importante da sottolineare; in questo senso occorre rievangelizzare i nostri fedeli proponendo loro la fede vissuta nei primi secoli del cristianesimo. Ciò non significa che non sia necessario lottare per ristabilire la giustizia e la pace in Medio Oriente. Ma sarebbe sbagliato sostenere che, senza questa giustizia e questa pace, il cristiano non può vivere pienamente la sua fede o che deve emigrare. Peraltro, nessuno emigra per la ricerca di una vita cristiana migliore. Il cristiano convinto di essere chiamato, per il battesimo, a testimoniare la sua fede e che conduce una vita cristiana in comunità non ha come prima preoccupazione la ricerca del benessere materiale o della pace e neppure la fuga dai problemi per la tranquillità sua e dei suo cari. Anzi, prendendo esempio dalla testimonianza dei suoi antenati del Medio Oriente, lavora in gruppo con altri confratelli cristiani, per testimoniare con la vita e con l'esempio, per rendere più convincente il messaggio d'amore di Gesù".

    VESCOVO PAUL HINDER, O.F.M. CAP., VICARIO APOSTOLICO DI ARABIA (EMIRATI ARABI UNITI). "I due Vicariati della Penisola arabica, comprendenti Kuwait, Bahrein, Quatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen e Arabia Saudita, non hanno cristiani nativi. I 3 milioni di cattolici su una popolazione di 65 milioni di abitanti sono tutti lavoratori migranti provenienti da un centinaio di Nazioni, per la maggior parte dalle Filippine e dall'India. Circa l'80% sono di rito latino, gli altri appartengono alle Chiese Cattoliche Orientali. Entrambi i Vicari Apostolici sono di rito latino; l'Ordine dei Frati Minori Cappuccini ha lo 'ius commissionis' per il territorio; i due terzi degli 80 sacerdoti sono Frati Cappuccini di India, Filippine, Europa e America, appartenenti a differenti riti. (...) Presenza cattolica nei Paesi arabi con l'Islam come religione di stato: leggi severe sull'immigrazione (restrizione del numero dei sacerdoti) e sistema di sicurezza. Diritti individuali e assistenza sociale molto limitati. Nessuna libertà di religione (nessun musulmano può convertirsi, ma i cristiani sono benvenuti nell'Islam), limitata libertà di culto in luoghi designati, concessi da governanti benevoli (eccetto in Arabia Saudita)".

    ARCIVESCOVO ELIE BÉCHARA HADDAD, B.S., DI SIDONE DEI GRECO-MELKITI (LIBANO). "La vendita dei terreni dei cristiani in Libano sta diventando un fenomeno pericoloso che rischia di minacciare la presenza cristiana fino ad annientarla nei prossimi anni. Per porre rimedio a questo fenomeno, proponiamo di: creare una strategia di solidarietà tra le Chiese legate alla Santa Sede; modificare il discorso della Chiesa nei confronti dell'Islam al fine di distinguere nettamente tra Islam e fondamentalismo. Ciò favorisce il nostro dialogo con i musulmani in modo da aiutarci a perseverare nella nostra terra; passare dal concetto di aiuto ai cristiani d'Oriente al concetto di sviluppo per radicarli nelle proprie terre e trovare loro un lavoro. La nostra esperienza nella Diocesi di Saïda è emblematica in questo senso".

    VESCOVO ANTOINE AUDO, S.I., DI ALEP DEI CALDEI (SIRIA). "Nonostante la diminuzione del numero delle vocazioni, occorre mettere alla prova i candidati prima di ammetterli in seminario. Formare i seminaristi al significato profondo di ciascuna liturgia ed essere capaci di apertura all'universalità della Chiesa. Nella teologia, basarsi sul Vaticano II, rispondere alle questioni della modernità nel contesto arabo-musulmano, prestando particolare attenzione all'uso corretto della lingua araba. Infine, seguendo e sulla base dei suggerimenti di Benedetto XVI, dare importanza a una formazione dottrinale solida e viva, che si traduca nella vita quotidiana. (...) Imparare a pregare, insegnare il catechismo, seguire le famiglie, ascoltare le confessioni sono elementi vitali di questa formazione. Accompagnamento pastorale e spirituale durante l'esercizio del ministero sacerdotale. (...) Considerare con obiettività le necessità dei sacerdoti ed arrivare a una compatibilità trasparente della diocesi che aiuti a sviluppare la fiducia fra i sacerdoti e i fedeli. Che la Congregazione per le Chiese Orientali aiuti ogni patriarcato e diocesi a creare un sistema di assicurazione per la malattia e la vecchiaia. Le risorse ci sono, mancano le competenze e il rigore".

    ARCIVESCOVO BERHANEYESUS DEMEREW SOURAPHIEL, C.M., DI ADDIS ABEBA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLA CHIESA ETIOPICA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (ETIOPIA E ERITREA) (ETIOPIA). "L'Etiopia ha circa 80 milioni di abitanti, metà dei quali di età inferiore ai 25 anni. La grande sfida che il Paese affronta è la povertà con le sue conseguenze, quali la disoccupazione. Molti giovani, desiderosi di fuggire la povertà, cercano con ogni mezzo di emigrare. Quelli che emigrano nel Medio Oriente sono per lo più giovani donne che vanno, legalmente o illegalmente, in cerca di un impiego come lavoratrici domestiche, perché la maggior parte di esse non ha alcuna formazione professionale. Per poter facilitare il viaggio, i cristiani cambiano i loro nomi cristiani in nomi musulmani e si vestono come musulmani, in modo da facilitare la procedura dei loro visti. In questo modo i cristiani sono indirettamente forzati a rinnegare le loro radici e la loro eredità cristiane. (...) Anche se ci sono casi eccezionali in cui i lavoratori sono trattati bene e con gentilezza, la grande maggioranza è vittima di sfruttamento e abusi. (...) Sembra che ai cristiani che muoiono in Arabia Saudita non sia permesso di esservi seppelliti; i loro corpi sono trasportati in volo in Etiopia per la sepoltura. Si potrebbe chiedere alle autorità saudite di concedere un cimitero per i cristiani dell'Arabia Saudita? Molti etiopici si rivolgono alle Chiese cattoliche del Medio Oriente per aiuto e assistenza. Desidero ringraziare le gerarchie cattoliche del Medio Oriente che stanno facendo del loro meglio per assistere le vittime di abuso e sfruttamento. Siamo grati, per esempio, per il grande lavoro della Caritas del Libano. La moderna emigrazione è considerata come una 'moderna schiavitù'. Ma ricordiamo che gli emigrati di oggi saranno domani cittadini e leader nei Paesi ospiti o nella loro patria".

    Successivamente il Presidente Delegato di turno ha dato la parola all'Invitato Speciale, Rabbino David Rosen, Consigliere del Gran Rabbinato di Israele, Direttore del "Dipartimento per gli Affari Interreligiosi del Comitato Ebraico- Americano e dell'Istituto Heilbrunn per la Comprensione Interreligiosa Internazionale" (Israele), che ha parlato su: "Rapporti Ebrei-Cristiani e Medio Oriente".

    Di seguito riportiamo alcuni estratti del discorso:


    "Oggi il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico vive una fortunata trasformazione - si potrebbe affermare senza precedenti storici. Nelle sue parole nella Grande Sinagoga di Roma il gennaio scorso, Sua Santità Papa Benedetto XVI ha ricordato l'insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II come un "punto fermo a cui riferirsi costantemente nel nostro atteggiamento e nei nostri rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa".

    (...) "Fino a poco tempo fa la maggior parte della società israeliana è stata alquanto inconsapevole dei profondi cambiamenti dei rapporti fra cattolici e ebrei. Tuttavia questa situazione ha cominciato a cambiare in modo significativo nell'ultimo decennio per diversi motivi, di cui due sono specialmente degni di nota. Il primo è l'impatto della visita del compianto Papa Giovanni Paolo II nell'anno 2000, a seguito dello stabilimento di rapporti diplomatici bilaterali tra Israele e la Santa Sede sei anni prima. (...) Il potere delle immagini, il significato delle quali Papa Giovanni Paolo II comprendeva bene, ha rivelato chiaramente alla maggioranza della società israeliana la trasformazione che aveva avuto luogo negli atteggiamenti dei cristiani riguardo al popolo ebraico, con il quale il Papa aveva mantenuto e avrebbe continuato a mantenere mutua amicizia e rispetto. Per Israele vedere il Papa al Muro del Pianto, ciò che era rimasto del Secondo Tempio, stare in piedi nel rispetto della tradizione ebraica, porvi il testo che aveva composto per una liturgia di perdono che aveva avuto luogo due settimane prima qui a, San Pietro, impetrando il perdono Divino per i peccati commessi contro gli Ebrei nei secoli, ha avuto un effetto straordinario e commovente. Gli ebrei israeliani hanno ancora molta strada da fare per superare la negatività del passato, ma non c'è dubbio che gli atteggiamenti sono mutati da quella storica visita".

    "L'altro importante fattore è l'influsso di altri cristiani che hanno raddoppiato l'assetto demografico della popolazione cristiana in Israele. Mi riferisco prima di tutto ai circa cinquantamila cristiani praticanti immigrati in Israele negli ultimi venti anni dall'ex Unione Sovietica. (...) Tuttavia c'è una terza significativa popolazione cristiana in Israele la cui permanenza legale è alle volte problematica. Si tratta di migliaia di cristiani praticanti su quasi un quarto di milione di lavoratori immigrati provenienti dalle Filippine, dall'Europa Orientale, dall'America Latina e dall'Africa Sub-Sahariana. Molti di loro sono ospiti nel Paese legalmente e temporaneamente. (...) La ragguardevole presenza cristiana in questa popolazione mantiene una vita religiosa viva e costituisce una significativa terza dimensione della realtà cristiana nell'Israele di oggi. Questi fattori hanno contribuito, fra gli altri, ad una crescente familiarità in Israele con il cristianesimo odierno".

    "I cristiani in Israele sono ovviamente in una situazione molto diversa rispetto alle altre comunità sorelle in Terra Santa, parte integrante della società palestinese che lotta per la propria indipendenza, inevitabilmente e quotidianamente coinvolti nel conflitto israelo-palestinese. (...) È giusto e opportuno che questi cristiani palestinesi esprimano le loro sofferenze e speranze sulla situazione. (...) La condizione dei Palestinesi in generale e dei Palestinesi cristiani in particolare dovrebbe essere di grande preoccupazione per gli Ebrei di Israele e della Diaspora. Per cominciare, specialmente l'ebraismo ha portato il riconoscimento al mondo che ogni persona umana è creata a immagine di Dio. (...) Noi abbiamo una speciale responsabilità in particolare per il nostro prossimo che soffre. Questa responsabilità è ancora maggiore quando le sofferenze derivano da un conflitto del quale noi siamo una parte e paradossalmente precisamente dove abbiamo il dovere morale e religioso di proteggerci e difenderci. (...) La responsabilità ebraica di assicurare che le comunità cristiane fioriscano fra di noi, nel rispetto del fatto che la Terra Santa è la terra della nascita della Cristianità e dei Luoghi Santi, è rafforzato dalla nostra riscoperta e crescente fraternità".

    "Tuttavia anche oltre la nostra particolare relazione, i cristiani come minoranza, nel contesto ebraico e musulmano, ricoprono un ruolo speciale per le nostre società. La situazione delle minoranze è sempre una profonda riflessione della condizione sociale e morale di una società nel suo complesso. Il benessere delle comunità cristiane in Medio Oriente è una specie di barometro delle condizioni morali dei nostri paesi. Il grado di diritti civili e religiosi e della libertà dei cristiani, certifica la salute o l'infermità delle rispettive società nel Medio Oriente. Inoltre come ho già indicato, i cristiani ricoprono un ruolo chiave nel promuovere la comprensione interreligiosa e la cooperazione nel Paese. Suggerirei che questa è precisamente la missione cristiana, contribuire a superare il pregiudizio e i fraintendimenti che agitano la Terra Santa".

    (...) "L'Instrumentum Laboris' cita le parole di Benedetto XVI: 'È importante da una parte avere dialoghi bilaterli - con gli Ebrei e con l'Islam - e anche un dialogo trilaterale' . Quest'anno, per la prima volta, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e la Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo hanno ospitato insieme con il Comitato Internazionale Ebraico per le Consultazioni Interreligiose (IJCIC) e la fondazione per le Tre Culture in Siviglia, Spagna, il nostro primo dialogo trilaterale. Questa è stata una grande gioia per me, (....) e spero con fervore che questo sia solo l'inizio di un dialogo trilaterale più esteso, per superare il sospetto, il pregiudizio e il fraintendimento, così che possiamo essere in grado di individuare i valori condivisi nella famiglia di Abramo per il benessere dell'umanità".
    SE/ VIS 20101014 (2040)

    SESTA CONGREGAZIONE GENERALE

    CITTÀ DEL VATICANO, 14 OTT 2010 (VIS). Questa mattina si è svolta la Sesta Congregazione Generale, alla presenza del Papa e di 167 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano).

    Riportiamo di seguito estratti di alcuni interventi:

    SUA BEATITUDINE IGNACE YOUSSEF III YOUNAN, PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI SIRI (LIBANO). "Da duemila anni, e in particolare negli ultimi quattordici secoli, i cristiani, divenuti minoranza nei loro paesi, sono stati duramente provati nella loro testimonianza di fede fino al martirio. Il nostro amato Salvatore, prima della sua ultima offerta, difese la Verità, sinonimo del diritto inalienabile della persona alla libertà, offrendo la Sua salvezza per tutti, anche per coloro che si opponevano al suo messaggio d'amore incomparabile e universale. La nostra salvezza è aderire coraggiosamente al suo messaggio e proclamare, senza alcun timore la Verità nella vera carità. I nostri fedeli che nella regione tormentata del Medio Oriente hanno diritto a sperare, si aspettano molto da questo Sinodo. Sta a noi dare loro le ragioni della loro fede inseparabile dalla speranza nel nostro amato Salvatore, che ci rassicurati: 'non temere, piccolo gregge'".

    ARCIVESCOVO CLAUDIO MARIA CELLI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI (CITTÀ DEL VATICANO). "La cultura digitale è presente anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente e nelle Chiese locali attraverso le TV, le radio, il cinema, i siti web e le reti sociali. Tutto questo spazio mediatico incide sulla vita quotidiana. (...) È necessaria la formazione degli agenti di pastorale. Certo, dei laici e in particolare dei giornalisti, ma non solo. È urgente la formazione dei seminaristi, non tanto alla tecnologia, che sanno gestire molto meglio di noi, ma alla comunicazione, alla comunione in questa cultura in veloce sviluppo. Senza dei sacerdoti ‑ e poi dei vescovi ‑ che capiscano la cultura odierna, ci sarà ancora un divario comunicativo che non favorisce la trasmissione della fede ai giovani nella Chiesa. Non basta costruire dei siti web; ci vuole una presenza che riesca a creare vincoli di comunicazione autentica, che apra dei 'luoghi' di aggregazione per la testimonianza della fede e del rispetto dell'altro. Ovviamente, ciò non significa trascurare l'incontro personale e la vita comunitaria presenziale; non si tratta di azioni alternative. Sono ormai, tutte e due, indispensabili per l'estensione del Regno di Dio".

    VESCOVO JEAN TEYROUZ, AUSILIARE DI CILICIA DEGLI ARMENI (LIBANO). "Il Papa Giovanni Paolo II chiede di mantenere e intensificare i rapporti tra le comunità cattoliche della diaspora e i diversi patriarcati. (...) Le Chiese ortodosse godono di maggiori poteri in tutte le questioni riguardanti il loro patriarcato. In una prospettiva ecumenica, il non concedere alle Chiese orientali cattoliche maggiori poteri giurisdizionali costituisce un ostacolo e rischia di farle scomparire un giorno. Non pianificare il futuro significa votarsi alla sconfitta. La vita ha il suo modo di punire i ritardatari. Invece, il fatto che queste Chiese abbiano maggiore giurisdizione, non è uno stimolo che favorisce l'unità delle Chiese? Concludendo, non è forse auspicabile che la Chiesa cattolica conceda maggiori poteri giurisdizionali ai patriarchi delle Chiese "sui iuris" per il bene di tutte le Chiese cattoliche e ortodosse?".

    ARCIVESCOVO GEORGES BOU-JAOUDÉ C.M., DI TRIPOLI DEI MARONITI (LIBANO). "L'"Instrumentum Laboris" ha fatto appena allusione al ruolo dei laici nella Chiesa e al loro rapporto con il clero e i Vescovi. Nella Chiesa maronita i laici hanno sempre partecipato alla vita della Chiesa attraverso le confraternite mariane. Allo stesso modo, alcuni laici sono sempre stati incaricati della gestione dei beni e delle proprietà della Chiesa; altri, ordinati sotto-diaconi, aiutavano nelle relazioni con l'autorità civile. Sono nati nuovi movimenti ispirati a quelli fondati in Occidente. Alcuni si sono inculturati all'interno delle Chiese orientali, altri non ancora. Le giornate mondiali della gioventù hanno dato vita a gruppi e commissioni di giovani nelle diocesi. Nel 1997 in Libano, si è svolto un congresso di laici, convocato dal Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici a Roma. Attualmente se ne sta preparando un altro su decisione dei Patriarchi cattolici d'Oriente".

    VESCOVO CAMILLO BALLIN, M.C.C.J., VICARIO APOSTOLICO DEL KUWAIT (KUWAIT). "Nella tradizione musulmana, il Golfo è la terra sacra del profeta dell'Islam, Maometto, e nessun'altra religione dovrebbe esistere lì. Come possiamo conciliare questa affermazione con la realtà delle nostre Chiese nel Golfo, in cui vivono circa tre milioni di cattolici? Essi provengono dai paesi asiatici e non solo. La realtà della loro presenza, che non può essere nascosta, mette in discussione l'affermazione musulmana. Non possiamo ridurre la nostra assistenza a questi fedeli unicamente alla celebrazione della messa della domenica, o anche quotidiana, e alle nostre omelie. Occorre recuperare l'aspetto missionario della Chiesa. Infatti, una Chiesa che non ha uno spirito missionario e che si ripiega su se stessa, sulle proprie devozioni e tradizioni, è destinata a vivere una vita che non è la vita 'in abbondanza' voluta dal Signore. In questo, le Congregazioni missionarie latine hanno un ruolo fondamentale da svolgere. È urgente accogliere i carismi, le nuove realtà ecclesiali riconosciute dalla Santa Sede anche se sono spesso considerate adatte solo per la Chiesa latina e poco o per niente adatte alle Chiese orientali. È importante formare i cristiani delle nostre Chiese a uno spirito veramente cattolico e universale, capace di spezzare il giogo del provincialismo (anche religioso), del nazionalismo (etnocentrico) e del razzismo (latente). Voglio rassicurare le loro Beatitudini i Patriarchi e tutti i nostri fratelli Vescovi che nel Golfo stiamo facendo tutto quanto è nelle nostre possibilità e che se foste voi stessi là non potreste fare di più. Chiediamo ai nostri fratelli musulmani di darci gli spazi necessari per poter pregare adeguatamente".

    ARCIVESCOVO PAUL NABIL EL-SAYAH, ESARCA PATRIARCALE DI ANTIOCHIA DEI MARONITI, DI HAIFA E TERRA SANTA, ESARCA PATRIARCALE A GERUSALEMME, IN PALESTINA E GIORDANIA (ISRAELE). "La questione ecumenica in Medio Oriente, in generale, e in Terra Santa, in particolare, è diventata una sfida di estrema importanza per tutta la Chiesa, dalla base al vertice del sua struttura. Abbiamo 13 Chiese principali a Gerusalemme, con confini fisici e psicologici assai ben delineati, le cui tradizioni e memorie sono più temprate che in qualsiasi altra parte del mondo. Lo scandalo delle nostre divisioni viene spesso trasmesso in diretta mondiale, soprattutto quando i conflitti scoppiano presso il Santo Sepolcro il Venerdì Santo, o nella chiesa della Natività, la mattina di Natale, sotto gli occhi dei mezzi di comunicazione internazionali. (...) La nostra identità di cristiani sarà sempre deficitaria se non ci sforziamo seriamente di rispettare l'agenda ecumenica. (...) La testimonianza non può essere data in modo autentico se le nostre chiese non sono insieme e non lavorano insieme. Affrontare le sfide ecumeniche non è un'opzione, per noi, bensì una necessità assoluta. (...) Vorrei esortare le nostre Chiese a fare i passi necessari per salvare il Consiglio delle Chiese Mediorientali che sembra essere sul punto di disintegrarsi. Esso è l'unico ombrello sotto cui possono ripararsi tutte insieme le nostre Chiese. Sarebbe una gran perdita per la causa ecumenica".


    Caterina63
    00venerdì 15 ottobre 2010 00:25

    RIFORMATORI AL LAVORO NEL SINODO DEI VESCOVI PER IL MEDIO ORIENTE

    Liturgia di una chiesa cattolica di rito bizantino

    di Francesco Colafemmina

    Tutti hanno parlato delle fortissime parole pronunciate a braccio da Papa Benedetto nell'ambito del Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali. Una testimonianza in più di come il Papa spesso senta l'esigenza di uscire dall'astruso meccanismo degli scribi curiali, per donarci parole autentiche e personali.
    Nessuno però ha ancora parlato di quello che i relatori - specie quelli più influenti - stanno affermando nel corso del Sinodo. Mi riferisco in particolare alle questioni riguardanti la liturgia, la catechesi e l'ecumenismo.

    Partiamo dai Lineamenta del Sinodo, presentati nel dicembre dello scorso anno. Qui l'accenno alla riforma liturgica (avete capito bene!) dei riti orientali è breve e aspecifico: "60. C’è un ambito che meriterebbe una collaborazione su base regolare tra cattolici ed ortodossi: è quello della liturgia. Sarebbe auspicabile uno sforzo di rinnovamento, radicato nella tradizione e che tenga conto della sensibilità moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali. Tale lavoro dovrebbe essere realizzato, per quanto possibile, congiuntamente."

    Nell'Instrumentum Laboris ultimato nel giugno del 2010, invece, il riferimento diventa dettagliato. Al paragrafo 70 e seguenti, dopo un'evocazione del Vaticano II, si afferma: "in modo particolare, in tutte le Chiese orientali la divina liturgia esprime la sua centralità, tra l’altro, attraverso un’ampia e ricca varietà rituale. La ricerca dell’armonia dei riti, che il Concilio Vaticano II raccomanda vivamente, può illuminare l’attenta considerazione di questo tema così importante nell’Oriente cristiano."

    Si tratterebbe quindi di "armonizzare" i riti orientali. Ma a quale scopo? Perché "non può sottovalutarsi oggi la capacità (del rito) di mantenere viva la fede dei credenti e anche di attirare l’interesse di coloro che si sono allontanati o addirittura di quelli che non credono."

    Dunque è chiara l'intenzione di riformare i riti orientali per attrarre i non credenti o i cristiani non praticanti: quasi che l' "attrazione" del "pubblico" dei fedeli si basi soltanto sull'incontro fra la liturgia e le esigenze del mondo contemporaneo. Una visione che sembra voler sostituire alla viva tradizione della Chiesa e agli elementi identitari e particolari dei singoli usi liturgici delle Chiese Orientali, una omologazione liturgica che se compiutamente attuata, rischia di minare l'esistenza stessa delle suddette Chiese, aggregandole così definitivamente ed uniformando anche i loro sacramenti.

    Andiamo avanti. Come dev'essere attuata questa riforma, questo "rinnovamento"? L'Instrumentum Laboris risponde: "non poche risposte auspicano uno sforzo di rinnovamento, che, pur rimanendo fermamente radicato nella tradizione, tenga conto della sensibilità moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali. Altre risposte presentano qualche caso di tale rinnovamento attraverso l’istituzione di una commissione di specialisti per la riforma della liturgia."

    Commissione per la riforma della liturgia! Ecco la soluzione. E cosa dovrebbe fare questa commissione? "L’aspetto più rilevante del rinnovamento liturgico finora portato avanti consiste nella traduzione in lingua vernacola, principalmente in arabo, dei testi liturgici e delle preghiere devozionali perché il popolo possa ritrovarsi nella partecipazione alla celebrazione dei misteri della fede."

    Traduzioni in lingua vernacola per garantire l'actuosa partecipatio. L'Instrumentum aggiunge, quasi per spegnere sul nascere i riottosi tradizionalisti orientali: "a questo proposito è doveroso segnalare che mentre sono pochi coloro che preferiscono mantenere la lingua originale, la stragrande maggioranza è dell’idea di aggiungere alla lingua originale quella vernacola."

    Ma non è finita qui. Si parla anche di "necessità d’impegnarsi, in un secondo momento, in un lavoro di adattamento dei testi liturgici che dovrebbero essere usati per le celebrazioni con giovani e bambini. In questo senso, lo scopo sarebbe quello di semplificare il vocabolario adeguandolo convenientemente al mondo e alle immagini di queste categorie di fedeli. Perciò, si tratterebbe non semplicemente di tradurre i testi antichi ma di ispirarsi ad essi per riformularli secondo una profonda conoscenza del patrimonio cultuale ricevuto, tenendo conto di un’aggiornata visione del mondo attuale. Come opportunamente viene segnalato, questo compito dovrebbe essere assolto da un gruppo interdisciplinare al quale siano convocati liturgisti, teologi, sociologi, pastori e laici impegnati nella pastorale liturgica."

    Quindi abbiamo il rito ad personam. Quello per i bimbi e quello per gli adulti.

    Ancora una volta le innovazioni non finiscono qui. Demolita la liturgia, bisogna passare a demolire le devozioni popolari, grande ostacolo nei Paesi meridionali non protestantizzati: "Le opinioni in favore del rinnovamento liturgico si estendono anche all’ambito della pietà popolare. Infatti, alcune risposte avvertono la convenienza di rivedere le preghiere devozionali in modo tale da arricchirle con testi teologici e biblici, sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento. In questo senso potrebbe essere di grande aiuto la ricca esperienza e lo sforzo compiuto al riguardo nella Chiesa latina."

    Sarà finita qui? No, manca l'ecumenismo: "Infine, un’eventuale riforma della liturgia dovrebbe tener conto della dimensione ecumenica. In questo senso, come accennato da diverse risposte che fanno eco al testo dei Lineamenta, la liturgia potrebbe diventare un fecondo luogo di collaborazione su base regolare tra cattolici ed ortodossi. In particolare, sulla spinosa questione della communicatio in sacris, qualche risposta suggerisce la formazione di una commissione mista cattolico-ortodossa per cercare una via di soluzione."

    Detto questo, vorrei sottoporvi l'analisi di alcuni importanti passaggi dei discorsi che si svolgono nell'assemblea sinodale.

    Si parte dalla sintesi di Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti, in apertura della Prima Congregazione Generale dell'11 ottobre. Naguib ribadisce le esigenze di una riforma e di un rinnovamento liturgico "ampiamente auspicato".
    Passiamo quindi ai due "pezzi forti". L'intervento del Cardinal Sodano e quello del Cardinal Rylko.
    Sodano, in qualità di Decano del Collegio Cardinalizio, si sente in dovere di rammentare che non bisogna resistere ai rinnovamenti, ma tutto va omogeneizzato in un mix fra passato e futuro. Per giustificare meglio la sua posizione estrapola un brano di un discorso di Papa Benedetto, preparato dalla Congregazione dei Vescovi e pronunciato dal Papa il 13 settembre scorso.

    Sentiamo Sodano:
    "Talora le discussioni nelle nostre comunità nascono anche da diversi atteggiamenti pastorali, fra l'uno che preferisce privilegiare la custodia dell' eredità del passato e l'altro che richiama maggiormente alla necessità del rinnovamento. Sappiamo però che, alla fine, occorrerà sempre tener presente il criterio datoci da Gesù, il criterio del "nova et vetera" (Mt 13,52), e cioè del nuovo e del vecchio da estrarre dal tesoro della Chiesa. Lo ricordava pure recentemente il nostro amato Santo Padre Benedetto XVI, parlando ad un gruppo di Vescovi di recente nomina, dicendo loro: "Il concetto di custodire non vuole dire soltanto conservare ciò che è stato stabilito - benché tale elemento non debba mai mancare, - ma richiede nella sua essenza anche l'aspetto dinamico, cioè una concreta tendenza al perfezionamento, in piena armonia e continuo adeguamento delle esigenze nuove sorte dallo sviluppo e del progresso di quell 'organismo vivente che è la comunità"".

    Il culmine lo si raggiunge però con l'intervento del Cardinale Neocatecumenale Rylko. L'intervento di Rylko mette un dito in una piaga presente in Terrasanta che si chiama Cammino Neocatecumenale. A dire il vero potremmo definirla una piaga dell'intero cattolicesimo vista la sua eccentricità teologica, liturgica, ecclesiologica e catechetica.

    Dice Rylko: "Nella nostra epoca, uno dei grandi segni di speranza per la Chiesa è la “nuova stagione aggregativa dei fedeli” (Christifideles laici n. 29), che, dopo il Concilio Vaticano II, vede la nascita di tanti movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un vero dono dello Spirito Santo! Questi nuovi carismi danno origine ad itinerari pedagogici di straordinaria efficacia per la formazione umana e cristiana dei giovani e degli adulti, e sprigionano in loro uno stupefacente slancio missionario di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno. Queste nuove comunità non sono, ovviamente, un'alternativa alla parrocchia, ma piuttosto un sostegno prezioso e indispensabile nella sua missione. In spirito di comunione ecclesiale, aiutano e stimolano le comunità cristiane a passare da una logica di mera conservazione ad una logica missionaria. Papa Benedetto XVI, in continuità con il servo di Dio Giovanni Paolo II, non si stanca di sollecitare una sempre maggiore apertura dei Pastori a queste nuove realtà ecclesiali. Nel 2006, il Papa, rivolgendosi ai vescovi in visita ad limina, ha affermato: “Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amore. Qua e là devono essere corretti, inseriti nell'insieme della parrocchia o della diocesi. Dobbiamo però rispettare lo specifico carattere dei loro carismi ed essere lieti che nascano forme di fede in cui la parola di Dio diventa vita” (L'Osservatore Romano, 19 novembre 2006). È, dunque, davvero auspicabile che le Chiese del Medio Oriente si aprano con crescente fiducia a queste nuove realtà aggregative. Non dobbiamo aver paura di quella novità di metodo e di stile di annuncio che portano: è una "provocazione" salutare che aiuta a vincere la routine pastorale che è sempre in agguato e rischia di compromettere la nostra missione (cfr. Instrumentum laboris n. 61). Il futuro della Chiesa in questa regione del mondo dipende proprio dalla nostra capacità di dare un ascolto docile a ciò che lo Spirito dice alla Chiesa oggi, anche mediante queste nuove realtà aggregative."

    Il Cardinal Rylko, ricorrendo ad un linguaggio tipicamente "carismatico", fa del suo intervento una esortazione alle Chiese Orientali, perché accettino al loro interno la penetrazione di "comunità che danno origine ad itinerari pedagogici". E' evidente che Rylko si riferisce al Cammino Neocatecumenale. Esorta pertanto i Vescovi a non guardare (ai neocatecumeni) come ad "alternative alle parrocchie" (i membri del Cammino infatti sono soliti costituire gruppi a se stanti), ma a percepirli come un "sostegno prezioso" nella missione parrocchiale. Aggiunge che (i neocatecumeni) non hanno una visione "conservativa", ma "missionaria".

    Si intrufolano infatti in ogni diocesi, in particolare in Terrasanta. Lì sono presenti con almeno 30 comunità. E come attestato da Kiko Arguello lo scorso maggio 2009 (nella solita adunata che organizza il giorno successivo alle partenze del Papa dai luoghi in cui si reca in visita apostolica - consiglio di guardare tutto il filmato presente nel link), il Cammino Neocatecumenale in Medio Oriente costituisce un elemento di comunione ecumenica.

    Rylko conclude ribadendo - quasi fosse una minaccia - che il futuro della Chiesa in Medio Oriente dipende dall'obbedienza dei Vescovi allo Spirito Santo (ossia alla diffusione delle comunità Neocatecumenali)!

    Il 12 ottobre l'intervento del Ministro Generale dei Cappuccini ha aggiunto altra carne al fuoco, con alcune proposte tra le quali spicca quella di elaborare:
    "un catechismo unico per tutti i cattolici del Medio Oriente."
    S
    periamo che Padre Carballo non abbia in mente il catechismo neocatecumenale! D'altra parte come potrebbe? Di quel catechismo non v'è traccia. Giace ancora in qualche ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede.
    E come sempre si ripropone il quesito: come può Roma auspicare riforme liturgiche nelle chiese orientali, se continua a tollerare le aberrazioni liturgiche neocatecumenali?
    E come può consigliare l'adozione di nuove prassi catechetiche, se accetta un "cammino di iniziazione cristiana" il cui fondamento catechetico non è nè noto nè approvato?

    Ma Carballo è andato oltre. Ha addirittura proposto l'indizione di un "anno giovanneo" analogo a quello paolino da estendere "se possibile, anche alle altre Chiese non cattoliche". A questo punto è chiaro che le preoccupazioni più insistenti di eminenti padri sinodali, riguardo alle azioni di Israele e le crescenti conflittualità esterne alle comunità cristiane del Medio Oriente che finiscono per ritorcersi proprio contro tali minoranze, sembrano passare in secondo piano rispetto all'agenda dei riformatori curiali. E probabilmente questi ultimi hanno ragione.
    Senza le decime e le masse dei Neocatecumenali le Chiese Orientali del Medio Oriente rischiano di scomparire. La nuova evangelizzazione neocatecumenale passa però attraverso l'uniformità dei riti. Finora l'unico a difendere l'indipendenza liturgica delle Chiese Orientali è stato Mons. Dimitri Salachas, Esarca dei Cattolici di rito greco-bizantino.

    Solo 3 anni fa, però, tutti i Vescovi Cattolici di Terrasanta, stufi di sopportare abusi liturgici e colonizzazioni parrocchiali, si erano rivolti così ai Neocatecumenali:
    "
    II principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la nostra azione pastorale dovrebbe essere "una parrocchia e una Eucaristia". II vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche nelle quali sono cresciuti da generazioni.
    In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni. E' la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie."

    Parole forti che sembrano contraddire gli auspici di riforma liturgica, aggiornamento pastorale e inclusione di comunità e gruppi carismatici allogeni, che emergono prepotentemente dal Sinodo.

    Caterina63
    00venerdì 15 ottobre 2010 15:12
    SETTIMA CONGREGAZIONE GENERALE
     
    CITTA' DEL VATICANO, 14 OTT. 2010 (VIS). Nel pomeriggio di oggi si è tenuta nell'Aula del Sinodo la Settima Congregazione Generale, nel corso della quale sono continuati gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano). Gli interventi liberi si sono svolti in presenza del Santo Padre.
     
    CARDINALE PETER KODWO APPIAH TURKSON, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (CITTÀ DEL VATICANO). "Si potrebbe favorire la conoscenza del sito del PCGP come strumento al servizio delle Chiese locali per l'approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa. A questo proposito, il PCGP si impegna di completare la traduzione in Arabo del 'Compendium della Dottrina Sociale della Chiesa'. Inoltre, si potrebbe, visto l'intento del PCGP di istituire una 'summer school presso questo Dicastero, pensare di invitare e coinvolgere anche sacerdoti provenienti dal Medio Oriente (...). Le Chiese e le religioni di minoranza in Medio‑Oriente non devono subire discriminazio­ne, violenza, propaganda diffamatoria (anti‑cristiana), la negazione di permessi di costruire edifici di culto, e di organizzare funzioni pubbliche. Infatti, la promozione delle 'Risoluzioni contro Diffamazione' delle Religioni nel quadro dell' Organizzazione delle Nazioni Unite non deve limitarsi a Islam (Islamofobia) nel mondo occidentale. Essa deve includere Cristianesimo (Cristianofobia: la religione e le comunità dei credenti) nel mondo Islamico. Si può pure promuovere l'adozione, sempre nel quadro dell' ONU, di una risoluzione sulla libertà religiosa come alternativa alla risoluzione sulla 'Diffamazione delle Religioni'".
     
    REVERENDO RAYMOND MOUSSALLI, PROTOSINCELLO DEL PATRIARCATO DI BABILONIA DEI CALDEI (GIORDANIA). "Noi siamo parte della storia e della cultura di questa regione medio‑orientale, e se saremo costretti ad abbandonarla perderemo la nostra identità nella prossima generazione. Per questo spero che dal Sinodo emerga la necessità di una più stretta collaborazione tra i capi delle varie Chiese nel dialogo reciproco con i fratelli musulmani moderati. Come sappiamo le nostre chiese con il clero in Iraq vengono attaccate. C'è una deliberata campagna per cacciare i cristiani al di fuori del paese. Ci sono piani satanici dei gruppi fondamentali estremisti che non sono solo contro i cristiani iracheni in Iraq, ma i cristiani in tutto il Medio Oriente. (...) Vogliamo sensibilizzare la comunità internazionale che non può restare in silenzio davanti al massacro dei cristiani in Iraq, i Paesi di tradizione cattolica, affinché facciano qualcosa per i cristiani iracheni, a cominciare dalla pressione sul Governo locale. Stiamo attraversando un tempo catastrofico per l'emigrazione delle famiglie e la perdita del nostro popolo che parla ancora la lingua aramaica pronunciata da nostro Signore Gesù Cristo".
     
    ARCIVESCOVO EDMOND FARHAT, NUNZIO APOSTOLICO (LIBANO). La situazione del Medio Oriente oggi è come un organo vivente che ha subito un trapianto che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti che la curassero. Come ultima risorsa l'Oriente arabo musulmano ha guardato alla Chiesa credendo, come dentro di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia. Non è stato così. È deluso, ha paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione. È caduto in una crisi profonda. (...) Oggi, la Chiesa subisce ingiustizie e calunnie. Come nel Vangelo molti partono, altri si stancano, o fuggono. I frustrati e i disperati si vendicano sugli innocenti. Dietro alle uccisioni materiali e alle sconfitte più cocenti c'è il peccato. (...) L'azione di Dio continua nella storia. La Chiesa in Medio Oriente vive attualmente il suo cammino di croce e di purificazione, che porta al rinnovamento e alla risurrezione. Le sofferenze e le angustie del presente sono i gemiti di una nuova nascita. Se durano è perché questo genere di demoni che tormentano la nostra società si scacciano solo con la preghiera. Forse non abbiamo pregato abbastanza!".
     
    ARCIVESCOVO RUGGERO FRANCESCHINI, O.F.M. CAP., DI IZMIR, AMMINISTRATORE APOSTOLICO DEL VICARIATO APOSTOLICO DELL'ANATOLIA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI TURCHIA (TURCHIA). "La piccola Chiesa di Turchia, a volte ignorata, ha avuto il sue triste momento di fama con il brutale assassinio del Presidente della Conferenza Episcopale Turca, Monsignor Luigi Padovese. In breve, voglio chiudere questa spiacevole parentesi cancellando insopportabili calunnie fatte circolare dagli stessi organizzatori del delitto. Perché di questo si tratta: omicidio premeditato, dagli stessi poteri occulti che il povero Luigi aveva, pochi mesi prima, indicato come responsabili dell'assassinio di Don Andrea Santoro, del giornalista armeno Dink e dei quattro protestanti di Malatya; cioè un' oscura trama di complicità tra ultranazionalisti e fanatici religiosi, esperti in strategia della tensione. La situazione pastorale e amministrativa del Vicariato dell' Anatolia è grave. (...) Cosa chiediamo alla Chiesa? Semplicemente quello che ora ci manca: un Pastore, qualcuno che lo aiuti, i mezzi per farlo, e tutto questo con ragionevole urgenza. (...) La Chiesa di Anatolia è a rischio di sopravvivenza (...). Voglio tuttavia rassicurare le Chiese vicine, in particolare quelle che soffrono persecuzione e vedono i propri fedeli trasformarsi in profughi, che come Conferenza Episcopale Turca saremo ancora disponibili all'accoglienza e all'aiuto fraterno, anche oltre le nostre possibilità; così come siamo aperti ad ogni collaborazione pastorale con le Chiese sorelle e con i musulmani di una laicità positiva, per il bene dei cristiani che vivono in Turchia, e per il bene dei poveri e dei profughi numerosi in Turchia".
     
      Successivamente sono intervenuti diversi Uditori. Di seguito riportiamo la sintesi di alcuni interventi.
     
    PROFESSOR MARCO IMPAGLIAZZO, ORDINARIO DI STORIA CONTEMPORANEA PRESSO L'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI PER STRANIERI DI PERUGIA, PRESIDENTE DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO (ITALIA). "È nell'interesse delle società musulmane che le comunità cristiane siano vive e attive nel mondo mediorientale. Un Medio Oriente senza cristiani significherebbe la perdita di una presenza interna alla cultura araba, capace di rivendicare il pluralismo rispetto all'islam politico e all'islamizzazione. Senza di loro l'Islam sarebbe più solo e fondamentalista. I cristiani rappresentano una forma di resistenza a un 'totalitarismo' islamizzante. La loro permanenza in Medio Oriente è nell'interesse generale delle società della regione e dell'Islam. (...) In Medio Oriente non c'è solo da difendere un passato cristiano, ma anche da affermare una visione del futuro, partendo dalla convinzione che i cristiani hanno in questo una vocazione storica: comunicare il nome di Gesù, viverlo e, in tal modo lavorare per costruire in modo creativo una civiltà del vivere insieme di cui il mondo intero ha bisogno. C'è qui il dovere del dialogo. (...) Le Chiese in Medio Oriente possono essere artefici di una civiltà del vivere insieme, esemplare a livello mondiale, nella misura in cui reintegrano e rivendicano con voce alta e forte il senso della loro missione".
     
    SIGNORA PILAR LARA ALÉN, PRESIDENTE DALLA FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE DELLA CULTURA (SPAGNA). "Attualmente la Fondazione è presente in 41 Paesi e in 4 continenti. Nei 5 Paesi del Medio Oriente, la nostra zona prioritaria, abbiamo gestito più di 98 programmi con un giro di affari di oltre 60 milioni di euro. Dopo questi anni di esperienza sul campo, vorrei fare alcuni commenti sulla situazione; in Medio Oriente assistiamo alla scomparsa di intere comunità cristiane, nell'indifferenza del mondo intero, specialmente dell'Europa. Allo stesso tempo la guerra fa parte della vita quotidiana; la povertà non è affatto l'unica causa dei conflitti, lo è piuttosto il fattore religioso. Infine, i cristiani continuano a vivere attorno alle loro Chiese, anche se, a volte, si tratta di un semplice formalismo sociale. La conclusione è che la presenza dei cristiani è fondamentale per la pace e la riconciliazione, ma essi dovrebbero operare senza escludere la religione dalla vita pubblica, come è successo in Europa, perché questo non è affatto utile allo sviluppo. I valori religiosi ci permettono di progredire contemporaneamente sul piano sociale e personale. Di conseguenza i cristiani devono adeguare i loro comportamenti al loro credo, superare l'odio e i rancori e ricercare il perdono. Essi non dovrebbero affatto predicare, a parole, il messaggio evangelico e, nei fatti, la vendetta e la lotta armata. Ciascuno ha l'obbligo di procurarsi una formazione che gli permetta di acquisire le condizioni adatte a progredire nella vita professionale e cristiana".
     
      Alle 18.30 il presidente delegato ha dato la parola ai rappresentanti dell'Islam: il Signor Muhammad al-Sammak, Consigliere politico del Gran Muftí del Libano, e all'Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, Professore presso la Facoltà di Diritto della Shahid Beheshti University di Teheran e Membro dell'Accademia Iraniana delle Scienze.
     
    MUHAMMAD AL-SAMMAK (LIBANO). "Due aspetti negativi sono la causa del problema dei cristiani d'Oriente: il primo riguarda la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi. Il secondo riguarda l'incomprensione dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani che il Sacro Corano ha definito "i più predisposti a amare i credenti" e ha giustificato questo amore affermando "che ci sono tra di loro sacerdoti e monaci e che essi non si riempiono d'orgoglio".
     
      "Questi due aspetti negativi, in tutto ciò che comportano come contenuti intellettuali e politici negativi, e in tutto ciò che implicano come atteggiamenti relativi agli accordi e alla loro applicazione  e che provocano come azioni preoccupanti e nocive, fanno del male a tutti - cristiani e musulmani - e ci offendono tutti nella nostra vita e nel nostro destino comuni. Per questo, siamo chiamati, in quanto cristiani e musulmani, a lavorare insieme per trasformare questi due aspetti negativi in aspetti positivi: in primo luogo, attraverso il rispetto dei fondamenti e delle regole della cittadinanza che opera l'uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri. In secondo luogo, ostacolando la cultura dell'esagerazione e dell'estremismo nel suo rifiuto dell'altro e nel suo desiderio di avere il monopolio esclusivo della verità, e rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell'amore e del perdono, in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d'Oriente sono messi alla prova, ma non sono soli".
     
    "La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l'Oriente, ma anche per il mondo intero. Il pericolo di un calo di questa presenza a livello quantitativo e qualitativo è una preoccupazione sia cristiana che islamica, non solo per i musulmani d'Oriente, ma anche per tutti i musulmani del mondo. Non solo, io posso vivere il mio Islam con qualunque altro musulmano di ogni stato ed etnia, ma in quanto arabo orientale, non posso vivere la mia essenza di arabo senza il cristiano arabo orientale. L'emigrazione del cristiano è un impoverimento dell'identità araba, della sua cultura e della sua autenticità".
     
      "È per questo che sottolineo ancora una volta qui, dalla tribuna del Vaticano, ciò che ho già detto alla venerabile Mecca, ossia che sono preoccupato per il futuro dei musulmani d'Oriente a causa  dell'emigrazione dei cristiani d'Oriente. Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché un comune dovere cristiano. I cristiani d'oriente non sono una minoranza casuale. Essi sono all'origine della presenza dell'Oriente prima dell'Islam. Sono parte integrante della formazione culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica".
     
    AYATOLLAH SEYED MOSTAFA MOHAGHEGH AHMADABADI (IRAN). "Nel corso degli ultimi decenni, le religioni si sono trovate di fronte a nuove situazioni. L'aspetto più importante di questo fatto è la diffusa confusione dei loro discepoli nel contesto reale della vita sociale, come pure nelle arene nazionali e internazionali. Prima della Seconda Guerra Mondiale, e nonostante gli sviluppi tecnologici, i seguaci delle diverse religioni vivevano di solito all'interno dei propri confini nazionali. Non esisteva l'enorme problema dell'immigrazione né la vasta espansione della comunicazione che unisce gruppi sociali tanto differenti tra loro". (...) Ma oggi siamo testimoni dei grandi cambiamenti occorsi dalla metà del secolo scorso e tale trasformazione prosegue a un ritmo incredibile. Ciò non ha avuto soltanto un effetto qualitativo sui rapporti tra le religioni, ma ha altresì condizionato i rapporti tra i diversi segmenti delle religioni e perfino tra i loro seguaci. È indubbio che nessuna religione può rimanere indifferente di fronte a questa situazione di rapidi cambiamenti".
     
      "Nelle società in cui sono esistiti diversi gruppi etnici con le proprie lingue e religioni, per il bene della stabilità sociale e della "sanità etnica", occorre che ognuno rispetti la loro presenza e i loro diritti. La concordanza di interessi e il benessere sociale a livello nazionale e internazionale sono tali che nessun gruppo o paese può essere trascurato. E questa è la realtà del nostro tempo".
     
      "Non dobbiamo forse considerare inoltre quale sia la situazione ideale per i credenti e i seguaci? Qual è la migliore condizione raggiunta? Sembra che il mondo ideale sia uno stato in cui i credenti di ogni religione, liberamente e senza preoccupazioni, timori o obblighi, possano vivere secondo i principi fondamentali e le usanze dei propri costumi e tradizioni. Tale diritto universalmente riconosciuto dovrebbe essere messo effettivamente in pratica dagli stati e dalle comunità".
    SE/                                                                                             VIS 20101015 (2120)
     
    OTTAVA CONGREGAZIONE GENERALE
     
    CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina, in presenza del Santo Padre e di 168 Padri Sinodali, si è tenuta l'Ottava Congregazione Generale dell'Assemblea Generale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
     
      Di seguito riportiamo gli interventi di un Delegato fraterno, dei Padri Sinodali e degli Uditori.
     
    VESCOVO SHAHAN SARKISSIAN, DI ALEPPO, PRIMATE DEGLI ARMENI IN SIRIA. "Dobbiamo manifestare più concretamente e più chiaramente l'Unità delle Chiese, che costituisce, oggi più che mai, un imperativo per il Medio Oriente. (...) Il rispetto e la comprensione reciproca costituiscono le basi del dialogo e della coesistenza islamico - cristiana. Approfondire la convivenza con l'Islam, rimanendo fedeli alla missione e all'identità cristiana. (...) Si considera una priorità, rilanciare e promuovere l'educazione cristiana, il rinnovamento spirituale e la diaconia, l'evangelizzazione interna e la trasmissione di valori cristiani ai giovani, la partecipazione attiva dei laici alla vita e vocazione della Chiesa. Sottolineare l'importanza della collaborazione ecumenica istituzionale e il dialogo teologico bilaterale. La riforma e la riorganizzazione del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente costituiscono oggi una priorità fondamentale, alla quale già si dedicano le Chiese membri del Consiglio".
     
    CARDINALE  JEAN-LOUIS TAURAN, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO "L'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi rappresenta una opportunità e una sfida: 1) una opportunità perché deve permettere di comprendere meglio che i conflitti non risolti della regione non sono causati da motivi religiosi, come testimonia la presenza fra noi di rappresentanti del Giudaismo e dell'Islam. L'urgenza di una riflessione trilaterale (ebrei, cristiani e musulmani) sul ruolo delle religioni nelle società medio orientali. 2) Una sfida è quella di offrire ai cristiani del Medio Oriente orientamenti concreti: non dobbiamo essere timidi nel reclamare non solo la libertà di culto, ma anche la libertà religiosa. La società e la Chiesa non devono né forzare una persona ad agire contro la sua coscienza, né impedirle di agire secondo la sua coscienza.  Investiamo di più in favore delle nostre scuole e università, frequentate da cristiani e musulmani: sono laboratori indispensabili per vivere insieme. Domandiamoci se facciamo abbastanza, a livello delle chiese locali, per incoraggiare i nostri cristiani a rimanere sul posto, alloggi, costi per l'istruzione, assistenza sanitaria. Non si può aspettare tutto dagli altri".
     
    VESCOVO GIACINTO-BOULOS MARCUZZO, AUSILIARE DI GERUSALEMME DEI LATINI, VICARIO PATRIARCALE DI GERUSALEMMEI DEI LATINI PER ISRAELE. "La formazione è in assoluto la più grande necessità della Chiesa in Medio Oriente. È la priorità pastorale che il l'Assemblea Speciale per il Medio Oriente dovrebbe avere. (...) Il miglior metodo da seguire per questa operazione pastorale di fede e di Chiesa, sono convinto che sia il tradizionale e sempre attuale: "Osservare, giudicare, attuare. (...) Osservare la realtà, i cambiamenti e i 'segni dei tempi'; giudicare la realtà alla luce della Parola di Dio e della fede e fare discernimento; in ultimo, passare alla vita, programmando piani d'azione e di compromesso. (...) Oggi in Terra Santa tutte le Chiese cattoliche hanno compiuto un'altra grande mediazione culturale e hanno realizzato l'esperienza di un Sinodo pastorale diocesano, il quale ha veramente ravvivato e rinnovato la nostra fede, e ci ha dato un 'Piano generale pastorale' comune per questo tempo. (...) Dal momento che è il miglior metodo nei momenti di novità e cambiamento, la mediazione culturale della fede è anche la più indicata per la nostra situazione in Israele, dove vi sono due grandi novità storiche nella Chiesa: una Comunità arabo-palestinese che vive in minoranza in mezzo alla maggioranza ebraica; la nascita di una 'Comunità cattolica di espressione ebraica'".
     
    PROFESSORE AGOSTINO BORROMEO, GOVERNATORE GENERALE DELL'ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME (ITALIA). "Oltre ai tradizionali aiuti alle Chiese, si potrebbe tuttavia cercare di porre in essere nuove strategie miranti a creare migliori condizioni di vita a favore dei cristiani. Cito alcuni esempi: 1) costruzione di alloggi sociali; 2) la creazione di ambulatori medici nelle località distanti dai centri ospedalieri; 3) la concessione di microcrediti, soprattutto per finanziare attività che creino nuove fonti di redditi o aumentino quelli già percepiti; 4) l'elaborazione di un sistema di microassicurazioni, con particolare riferimento al settore delle assicurazioni sanitarie; 5) contatti con imprese occidentali al fine di verificare se possano essere interessate a trasferire alcune fasi dei processi produttivi in Medio Oriente. Naturalmente, queste iniziative dovranno essere poste in opera in stretta collaborazione con le autorità ecclesiastiche locali e sotto il controllo delle singole Chiese. Anche se i risultati potrebbero essere modesti, essi rappresenterebbero comunque una testimonianza concreta della vicinanza dei cristiani di tutto il mondo ai problemi e alle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente".
     
    MADAME JOCELYNE KHOUEIRY, MEMBRO FONDATORE E PRESIDENTE DEL MOVIMENTO MARIANO: "LA LIBANEISE FEMME DU 31 MAI". "Nella nostra Chiesa dobbiamo offrire la possibilità alle donne, ai giovani, alle coppie, alle famiglie e, soprattutto, alle persone disabili, di poter compiere scelte di vita coerenti con il Vangelo, e di scoprire la loro propria missione nella Chiesa e nella società araba e medio orientale. (...)  L'integrazione della preparazione remota al matrimonio e ai valori familiari deve costituire una priorità nei nostri programmi educativi e pastorali, per contribuire ad affrontare con coscienza  e responsabilità le deviazioni della società del consumo. (...) Se la donna cristiana può esprimersi e testimoniare la bellezza della fede e del vero senso della dignità e della libertà, ciò costituisce una testimonianza urgente che interpella la donna musulmana e apre nuovi cammini al dialogo. Non è secondario, di fronte alla continua minaccia dell'emigrazione,  che le nostre famiglie possano appoggiarsi ed essere accompagnate dalla loro Chiesa, madre ed educatrice, affinché siano realmente santuari aperti al dono della vita, soprattutto quando questa è segnata dalla disabilità o da difficoltà socio-economiche".


    Caterina63
    00sabato 16 ottobre 2010 18:48
    I lavori della nona e decima congregazione generale

    Presentata la bozza
    del Messaggio ai padri sinodali


    Presentata ai padri sinodali la prima bozza del Nuntius e già iniziata la discussione.

    È la sintesi dei lavori della decima congregazione generale - presidente delegato il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif iii Younan - svoltasi nella mattina di sabato 16 ottobre. A dare lettura del testo in arabo e in francese, le due lingue utilizzate per la stesura, sono stati il presidente della Commissione per il Messaggio, Cyrille Salim Bustros, vescovo di Newton dei Greco-Melkiti, e il vice presidente, William Hanna Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini.

    In dodici paragrafi, comprese introduzione e conclusione, il Messaggio si rivolge naturalmente in modo particolare ai fedeli della Chiesa cattolica nel Medio Oriente, senza dimenticare i figli della "diaspora" (quello dell'emigrazione è uno dei temi più trattati dall'assemblea), sottolineando sfide e preoccupazioni, aspettative e attese.

    Il Nuntius si indirizza però anche ai musulmani e agli ebrei nella speranza di poter iniziare un cammino comune, così come si rivolge alle Conferenze episcopali e a tutte le altre Chiese cristiane, ai Governi e ai responsabili politici per una maggiore presa di coscienza delle problematiche vissute in questa regione da parte di tutta la comunità internazionale. Numerosi gli interventi dei padri sinodali - erano centossessantadue questa mattina - nella discussione seguita alla lettura. Molte le proposte di emendamenti al testo. Questa mattina ha avuto luogo anche il primo turno della Suffragatio pro Consilio, l'elezione dei membri del Consiglio. La seconda votazione è prevista nel pomeriggio di venerdì 22 ottobre.

    Gli interventi alla nona congregazione, svoltasi venerdì pomeriggio 15 ottobre, hanno completato quelli previsti per tutti i vescovi che hanno chiesto di parlare. Ha suscitato l'applauso dei centosessanta presenti in aula la conferma, da parte dell'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che c'è una "corsia preferenziale" per le cause di beatificazione e di canonizzazione del Medio Oriente. Al momento sono allo studio ventitré cause proposte dal Medio Oriente e dalla diaspora.

    I lavori di venerdì pomeriggio, che si sono svolti sotto la presidenza del cardinale Sandri, hanno mostrato come Roma guardi a Oriente:  lo hanno confermato, insieme a monsignor Amato, il cardinale Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'arcivescovo Koch, presidente del Pontificio Consiglio della Promozione dell'Unità dei Cristiani e l'arcivescovo Vasil', segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.

    Rifacendosi alla Dei verbum, il cardinale Levada ha anche incoraggiato la testimonianza vitale dei cattolici in Medio Oriente sulla scia della tradizione apostolica, facendo il punto del lavoro che sta svolgendo la Congregazione per la Dottrina della Fede.

    A sua volta l'arcivescovo Koch ha indicato nella comunione e nella testimonianza "due concetti chiave dell'ecumenismo". "L'ecumenismo - ha detto - può essere inteso come processo in cui la vita ecclesiale cresce verso la comunione; ciò significa che la comunione di vita nella propria Chiesa diventa testimonianza concreta e s'irradia nella più ampia comunione ecumenica".

    Monsignor Koch ha ricordato poi che le Chiese orientali hanno una particolare vocazione ecumenica. E su questo tema ha fatto eco l'arcivescovo Vasil' che ha infatti ribadito come il concilio Vaticano ii abbia affidato agli orientali la "specifica missione di promuovere l'unità", "con scrupolosa fedeltà" alle loro "antiche tradizioni". Invitando a una maggiore sinodalità, anche nel meccanismo della scelta dei candidati all'episcopato, monsignor Vasil' ha suggerito "di aprire un primo ciclo di studi teologici qui a Roma, in una facoltà teologica orientale". Quindi ha indicato come prioritario il fenomeno delle migrazioni, che continua a essere uno dei temi più trattati dai padri, e ha invitato a indossare paramenti liturgici orientali.

    Venerdì pomeriggio sono stati diciannove gli interventi ordinari. Speranza e dialogo sono concetti sui quali i padri sinodali sono tornati con insistenza. Quindi monsignor Mouradian, libanese, ha affermato che per una pastorale vocazionale serve prima una pastorale familiare:  ha riconosciuto che esiste una crisi di vocazioni ma ha messo in guardia dal privilegiare la quantità rispetto alla qualità.

    Anche il vescovo siriano Abrass ha puntato sulla necessità di migliorare la formazione dei seminaristi. Sulla stessa linea il vescovo egiziano Bakar ha chiesto che l'educazione si basi sulla libertà per una convivenza pacifica. L'arcivescovo cipriota Soueif, segretario speciale del sinodo, ha insistito sull'urgenza di cambiare mentalità, educando ad accettare le diversità per rendere possibile la costruzione di una cultura di pace che faccia coesistere tutte le religioni, nonostante le ferite del passato. Un concetto riaffermato anche dal vescovo egiziano Coussa.

    Il rettore del Babel college di Baghdad, monsignor Ishaq, ha acceso i riflettori sulle istituzioni accademiche cattoliche mediorientali, suggerendo più coordinemento, mentre l'ecumenismo è stato il tema degli interventi del vescovo libanese Atallah e dell'arcivescovo siriano Chahda.

    La proposta che tutti i vescovi del mondo si impegnino a organizzare un pellegrinaggio annuale in Terra Santa è venuta dall'arcivescovo iracheno Dabbaghian, certo che questo afflusso aiuterebbe la pace e anche il rientro in patria degli emigrati. Sempre dall'Iraq l'arcivescovo Matoka ha presentato il drammatico quadro di vita dei cristiani che stanno pagando un prezzo molto alto:  dal 2003 ha lasciato il Paese circa il cinquanta per cento della comunità, passata da ottocentomila a quattrocentomila persone. E l'emorragia continua tra uccisioni, aggressioni, distruzioni, rapimenti e minacce.

    Una denuncia dettagliata, ripresa anche in alcuni dei tredici interventi liberi svolti alla presenza del Papa, giunto in aula alle ore 18. Sono state infatti raccontate approfonditamente le tragedie dei campi profughi e dei cristiani iracheni ed è stata lanciata l'idea di incoraggiare la corrente moderata musulmana. Da parte cattolica, però, ci vuole più comunione interna a tutti i livelli, anche per opporsi all'aggressività delle sette, unita alla capacità di vivere la liturgia come segno di unità, di incoraggiare la vita consacrata e di sostenere concretamente le famiglie, le donne, i giovani. Tra le proposte presentate, una maggiore attenzione al catechismo con specialisti che non facciano perdere sapore, spiritualità e tradizioni orientali credendo migliore tutto ciò che viene dall'estero.



    (©L'Osservatore Romano - 17 ottobre 2010)

    Caterina63
    00lunedì 18 ottobre 2010 18:30
    UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE
     
    CITTÀ DEL VATICANO, 18 OTT 2010 (VIS). Questa mattina si è svolta, alla presenza del Santo Padre, l'undicesima Congregazione Generale  per la "Relatio post disceptationem" (Relazione dopo la discussione). Il presidente delegato di turno è stato il cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
     
      Offriamo di seguito un ampio estratto della "Relatio post disceptationem", letta dal relatore generale, Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto).
     
    I. LA PRESENZA CRISTIANA IN MEDIO ORIENTE
     
    "L'annuncio del Vangelo e l'annuncio di Cristo a tutti i popoli è un dovere supremo delle nostre Chiese e di tutte le Chiese. Le nostre Chiese hanno bisogno di una conversione missionaria per vivificare in noi il senso, l'ardore, lo slancio e il dinamismo missionario.(...) La formazione missionaria dei nostri fedeli, e soprattutto dei nostri responsabili della vita della Chiesa, è indispensabile".
     
      "La religione non deve essere politicizzata né lo Stato prevalere sulla religione. (...) I moderni media (sms, website, internet, televisione, radio) hanno un ruolo importante in questo campo. Essi offrono uno strumento potente e prezioso per diffondere il messaggio cristiano, affrontare le sfide che si oppongono a questo messaggio e comunicare con i fedeli della diaspora. A tale scopo bisogna formare dei quadri specializzati. I cristiani orientali devono impegnarsi per il bene comune, in tutti i suoi aspetti, come hanno sempre fatto".
     
      "Le situazioni politico-sociali dei nostri Paesi hanno una ripercussione diretta sui cristiani, che risentono più fortemente delle conseguenze negative. Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Chiediamo alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze".
     
      "La libertà religiosa è una componente essenziale dei diritti dell'uomo. La mancanza di libertà religiosa è quasi sempre associata alla privazione dei diritti fondamentali. La libertà di culto, che è un aspetto della libertà religiosa, nella maggior parte dei nostri Paesi, è garantita dalle costituzioni. Ma anche qui, in alcuni Paesi, certe leggi o pratiche ne limitano l'applicazione. (...) La libertà religiosa non è un relativismo che considera uguali tutti le fedi religiose. Essa è la conseguenza del dovere che ciascuno ha di aderire alla verità, in base ad una convinta scelta di coscienza e nel rispetto della dignità di ogni persona.(...)La libertà religiosa comporta anche il diritto all'annuncio della propria fede, che è un diritto e un dovere di ogni religione".
     
      "L'emigrazione è una delle grandi sfide che minacciano la presenza dei cristiani in alcuni Paesi del Medio Oriente. (...) Le cause principali di questo preoccupante fenomeno sono le situazioni economiche e politiche, l'avanzata del fondamentalismo e la restrizione delle libertà e dell'uguaglianza, fortemente aggravate dal conflitto israelo-palestinese e dalla guerra in Iraq. (...) L'emigrazione è un diritto naturale lasciato alla libera scelta delle persone e delle famiglie, soprattutto per coloro che si trovano in condizioni difficili. Ma la Chiesa ha il dovere d'incoraggiare i suoi fedeli a rimanere come testimoni, apostoli, e costruttori di pace e di benessere nel loro Paese".
     
      "Il pericolo che minaccia i cristiani del Medio Oriente non deriva soltanto dalla loro situazione di minoranza né da minacce esterne, ma soprattutto dal loro allontanamento dalla verità del Vangelo, dalla loro fede e dalla loro missione. La duplicità della vita, per il cristianesimo, è più pericolosa di qualsiasi altra minaccia. Il vero dramma dell'uomo non è il fatto che soffra a causa della sua missione, ma che non abbia più una missione, per cui perde il senso e lo scopo della propria vita".
     
    II. LA COMUNIONE ECCLESIALE 

      "Abbiamo bisogno di valorizzare meglio, comprendere meglio, e praticare meglio l'unità della Chiesa. È indispensabile insegnare la Chiesa come Acomunione@, nella catechesi, nelle omelie, nella formazione del clero, dei religiosi e delle religiose, e dei laici. La comunione è chiamata ad essere innanzitutto affettiva, prima di diventare effettiva. È importante coltivare un senso profondo della comunione spirituale, dell'appartenenza ad una stessa Chiesa".
     
      "La "comunione" fra le Chiese è il primo obiettivo e il primo compito di questo Sinodo.(...) I Pastori devono aiutare i fedeli a conoscere, apprezzare, amare e vivere la bellezza della varietà plurale della Chiesa, nell'unità e nella carità. (...) Devono essere incoraggiate le relazioni inter-ecclesiali, non solo fra le Chiese sui iuris del Medio Oriente, ma anche con le Chiese Orientali e con la Chiesa latina della Diaspora, in stretta unione con il Santo Padre, la Santa Sede e i Rappresentanti Pontifici".
     
      "È di fondamentale importanza la valorizzazione del ruolo dei laici, uomini e donne, e della loro partecipazione nella vita e nella missione della Chiesa. Che questo Sinodo sia per loro e per tutta la Chiesa una vera primavera spirituale, pastorale e sociale. Abbiamo bisogno di rafforzare l'impegno dei laici nella pastorale comune della Chiesa. La donna, consacrata e laica, dovrebbe trovarvi il posto e la missione adeguati".
     
      "La missione e l'ecumenismo sono strettamente correlate. Le Chiese cattoliche e ortodosse hanno molto in comune. (...) Occorre uno sforzo sincero per superare i pregiudizi, per capirsi meglio e puntare alla pienezza di comunione nella fede, nei sacramenti e nel servizio gerarchico. Questo Sinodo dovrebbe favorire la comunione e l'unità con le Chiese sorelle ortodosse e le comunità ecclesiali".
     
      "Abbiamo constatato che l'ecumenismo sta attraversando attualmente una crisi. (...) Occorre che l'ecumenismo diventi un obiettivo fondamentale nelle Assemblee e nelle Conferenze Episcopali. È stata proposta la creazione di una commissione ecumenica nel Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente. Si dovranno utilizzare i media per rafforzare e vivificare l'ecumenismo".
     
    III. LA TESTIMONIANZA CRISTIANA. TESTIMONI DELLA RESURREZIONE E DELL'AMORE
     
      "Dobbiamo incoraggiare tutti i fedeli, ma soprattutto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le persone consacrate e i responsabili della pastorale e dell'apostolato, a seguire l'insegnamento della Chiesa e a studiare i documenti del magistero, preferibilmente mediante uno studio comunitario".
     
      "Un'attenzione speciale deve essere riservata alla famiglia, che rischia di essere indebolita e minata dalla visione relativista occidentale e dalla visione non cristiana dominante nella nostra regione. Le famiglie di religione mista devono essere oggetto di particolare cura pastorale. I manuali di catechismo devono completare le lacune e correggere gli errori che si trovano altrove".
     
      "È stato suggerito di formare una commissione per l'impulso e il coordinamento dei mezzi di comunicazione in Medio Oriente. (...) I media e la comunicazione sono un potente mezzo per consolidare la comunione".
     
      "Nelle nostre Chiese orientali, la Divina Liturgia è al centro della vita religiosa. Essa svolge un ruolo importante nel conservare l'identità cristiana, rafforzare l'appartenenza alla Chiesa, vivificare la vita di fede. Dobbiamo conservare e coltivare il senso del sacro, dei simboli e della religiosità popolare purificata e approfondita".
     
      "Il conflitto israelo-palestinese si ripercuote sui rapporti tra cristiani ed ebrei. A più riprese, la Santa Sede ha chiaramente espresso la sua posizione, auspicando che i due popoli possano vivere in pace, ognuno nella sua patria, con confini sicuri, internazionalmente riconosciuti. (...) La preghiera per la pace è di fondamentale importanza. (...) Le nostre Chiese rifiutano l'antisemitismo e l'antiebraismo".
     
      "Per un dialogo proficuo, cristiani e musulmani devono conoscersi meglio. (...) Musulmani e cristiani condividono l'essenza dei 5 pilastri dell'Islam. Numerose iniziative dimostrano la possibilità di incontro e di lavoro fondato sui valori comuni (pace, solidarietà, non violenza). (...) Le Chiese orientali sono le più adatte a promuovere il dialogo interreligioso con l'Islam. È un dovere che spetta loro per la natura della loro storia, della loro presenza e della loro missione. (...) Occorre evitare ogni azione provocatoria, offensiva, umiliante e ogni atteggiamento anti-islamico. (...) Per essere autentico, il dialogo deve realizzarsi nella verità".
     
      "L'Occidente viene identificato con il Cristianesimo e le scelte degli Stati vengono attribuite alla Chiesa. Oggi, invece, i governi occidentali sono laici e sempre più in contrasto con i principi della fede cristiana. È importante spiegare questa realtà e il senso di una laicità positiva, che distingue il politico dal religioso. In questo contesto, il cristiano ha il dovere e la missione di presentare e vivere i valori evangelici. (...) Dobbiamo in ogni momento dare testimonianza con la vita, senza sincretismo né relativismo, con umiltà, rispetto, sincerità e amore".
     
    CONCLUSIONE
     
      Quale futuro per i cristiani del Medio Oriente? "Non temere, piccolo gregge!" (Lc 12, 32).
     
      "Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare una nuova alba in Medio Oriente. Siamo sostenuti dalla preghiera, dalla comprensione e dall'amore di tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo. Non siamo soli. Questo Sinodo ce l'ha fatto sentire molto chiaramente".


    La votazione del messaggio e delle "proposizioni"

    Verso la conclusione il Sinodo per il Medio Oriente



    Dopo due settimane di riflessione e di discussione il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente si prepara a chiudere i battenti. Tra questo pomeriggio, venerdì 22, e domani mattina, sabato 23 - con le votazioni del messaggio finale e dell'elenco unico delle "proposizioni" da consegnare al Papa - i padri sinodali concluderanno i lavori dell'assemblea speciale. La pubblicazione dei due documenti consentirà così di valutare ancor più compiutamente il senso e le prospettive di questi quindici giorni di confronto.

    Sono state due settimane intense, segnate - soprattutto nella prima parte - da interventi ampi, articolati, e da un dibattito a tratti anche serrato. Oltre 150 tra padri sinodali, uditori e uditrici hanno preso la parola nella discussione programmata. A loro si sono aggiunti i contributi degli invitati speciali - un ebreo e due musulmani - e dei delegati fraterni. Senza contare, peraltro, tutti coloro che hanno parlato durante il dibattito libero svoltosi in chiusura delle singole giornate:  a conferma del clima aperto e disponibile nel quale ogni padre ha avuto la possibilità di raccontare le realtà, i problemi e le aspettative del popolo dei credenti della variegata regione del Medio Oriente.

    Sono state anche giornate vissute in un clima di effettiva comunione tra i rappresentanti di Chiese cattoliche sui iuris chiamate ad affrontare quotidianamente sfide comuni. Le aspettative in questo senso erano tante, anche perché sull'assemblea sono stati puntati gli occhi non solo della comunità mediorientale ma dell'intera Chiesa e del mondo. Un impegno, quello della comunione, al quale si intreccia strettamente il compito della testimonianza.

    Anche e soprattutto in direzione della ricerca dell'unità con le altre Chiese cristiane e dello sforzo per alimentare il dialogo con le altre religioni. Missione compiuta, a giudizio del relatore generale del sinodo, il patriarca egiziano di Alessandria dei Copti Antonios Naguib - uno dei ventiquattro presuli che saranno nominati cardinali durante il concistoro del prossimo 20 novembre - che in un'intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della conclusione dell'assemblea assicura la volontà dei padri sinodali di cancellare dal "vocabolario" delle Chiese cattoliche in Medio Oriente parole come paura, disperazione, solitudine, timidezza, per sostituirle con termini come coraggio, speranza, comunione, testimonianza. "Prima di entrare in quest'aula - racconta Naguib - molti di noi si chiedevano come avremmo potuto e dovuto guardare al nostro avvenire, a quello delle nostre Chiese.

    Ora, quando usciremo da quest'aula, saremo certi almeno di una cosa:  dobbiamo guardare al futuro senza più timori ma pieni di speranza". Nell'intervista il patriarca illustra per sommi capi l'elenco delle "proposizioni" che saranno sottoposte all'approvazione della quattordicesima e ultima congregazione generale, per poi essere consegnate al Papa in vista della stesura dell'esortazione post-sinodale.




    (©L'Osservatore Romano - 23 ottobre 2010)




    Caterina63
    00sabato 23 ottobre 2010 18:09
    Presentate le Proposizioni finali del Sinodo: pace, speranza e comunione per i cristiani in Medio Oriente

    Pace, speranza, comunione: il
    Sinodo per il Medio Oriente basa su questi tre princìpi le sue 44 Proposizioni finali, presentate e votate stamani alla presenza del Papa, durante l’ultima Congregazione generale. Normalmente, si tratta di un documento riservato esclusivamente al Pontefice, ma Benedetto XVI ne ha autorizzato la pubblicazione di una bozza. Al termine dei lavori, i Padri sinodali hanno condiviso l’agape fraterna con il Santo Padre, mentre domani alle 9.30, in San Pietro, prenderanno parte alla Messa conclusiva del Sinodo, presieduta da Benedetto XVI. Il servizio di Isabella Piro.

    Parla con un’unica voce il Medio Oriente, un’unica voce articolata nelle 44 Proposizioni finali. Un documento tecnico e programmatico, ma scritto con un tono vivo che richiama più volte la pace, la speranza, la comunione. Divise in tre gruppi – presenza cristiana in Medio Oriente, comunione ecclesiale e testimonianza cristiana - le Proposizioni ripercorrono i temi discussi in Aula, dall’importanza della Parola di Dio, la cui lettura e meditazione va incoraggiata, con il suggerimento di indire un Anno Biblico, alla denuncia delle persecuzioni e delle violenze contro i cristiani in Medio Oriente, che talvolta giungono al martirio. Centrali l’impegno per la pace, con i governi chiamati in causa perché applichino le risoluzioni Onu, la promozione di una pastorale per le vocazioni e di una per le migrazioni, perché emigrati ed immigranti siano tutelati nei loro diritti a prescindere da nazionalità e religione, ricevano aiuto giuridico ed umanitario e non perdano i legami con i Paesi d’origine. Quanto alla comunione, sia esterna che interna alla Chiesa, il Sinodo ribadisce il principio che la varietà non nuoce all’unità, richiede una maggiore collaborazione tra le gerarchie ecclesiali, sostiene i nuovi movimenti, dono dello Spirito alla Chiesa intera, ad operare in unione con i vescovi. E ancora: il Sinodo ascolta i giovani, li incoraggia a non rinunciare ai loro sogni, a guardare a Cristo come modello per costruire ponti di dialogo.

    L’attenzione dell’Aula si volge anche alle donne, ai bambini, alla famiglia: tutti da sostenere, tutelare e difendere nella dignità e nei diritti. Si chiamano poi i laici all’evangelizzazione, si ricorda ai mass media e alle istituzioni educative cattoliche di promuovere il messaggio di Cristo, ponendo attenzione anche ai più poveri e ai disabili. Spazio, poi, al dialogo, sia ecumenico che interreligioso che deve essere lontano da confessionalismo, estremismo, antisemitismo, puntando al mutuo rispetto per promuovere giustizia, pace, e i diritti fondamentali come quello alla libertà religiosa, di culto e di coscienza. Religione e politica siano distinte, auspica il Sinodo, ci sia uguaglianza tra diritti e doveri e il pluralismo religioso venga rispettato. L’Aula del Sinodo sottolinea anche l’importanza che i religiosi diano il buon esempio con coerenza tra vita e parole, la necessità di diffondere la Dottrina Sociale della Chiesa, di salvaguardare il Creato, di approfondire la preparazione dei catechisti perché il Vangelo sia proposto senza timidezza né provocazione, e di rinnovare la liturgia, dove necessario, guardando al contesto attuale. Proposizioni specifiche, inoltre, suggeriscono di lavorare per l’unificazione del Natale e della Pasqua, di istituire una festa dei martiri dell’Oriente, di promuovere l’uso della lingua araba nelle istituzioni della Santa Sede, di adottando anche una traduzione araba comune del Padre Nostro. Pensato poi uno studio su due possibilità: estendere la giurisdizione dei Patriarchi anche al di fuori dei loro territori e permettere ai preti sposati di operare oltre i confini dei Patriarcati.

    Molti di questi temi, naturalmente, si ritrovano anche nel Messaggio finale del Sinodo, votato ieri pomeriggio e indirizzato al popolo di Dio. Quello che cambia è il tono: più divulgativo, il Messaggio parla con voce appassionata e definisce “una svolta storica” il contesto contemporaneo mediorientale, in cui tutti sono chiamati a portare avanti il messaggio di Cristo con coraggio, verità ed obiettività. Riguardo all’aspetto politico, il Messaggio chiama in causa i governi locali e la comunità internazionale, perché tutelino il diritto di cittadinanza, la libertà di coscienza e di culto. Per il conflitto israelo-palestinese, la soluzione dei due Stati diventi una realtà e non rimanga un sogno, afferma il Messaggio, e l’Iraq veda la fine di una guerra assassina. In questo contesto, violenza, terrorismo, razzismo, vengono condannati, insieme ad antisemitismo, anticristianesimo ed islamofobia. Infine, sia il Messaggio che le Proposizioni finali affidano alla protezione Vergine Maria il futuro degli uomini. Così, con la Madre di Dio, il Sinodo chiude i battenti. Tocca ora al mondo non dimenticare la sua voce.
    Al termine della mattinata, incontrando i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, il Patriarca Naguib, Relatore generale dell’Assise, ha così riassunto il significato del Sinodo:

    “Questo Sinodo ci ha dato l’occasione di parlare delle nostre realtà e di esprimere anche le nostre speranze e la nostra volontà di collaborare con tutti per il bene delle nostre Chiese e delle nostre società”.

    Dal suo canto, mons. Soueif, segretario speciale del Sinodo, ha ribadito l’importanza del dialogo interreligioso, definendolo così:

    “E' un segno di questa testimonianza di amore, dei valori del Vangelo e dei valori umani. Quindi, è partendo dalla fraternità, dal rispetto, dalla libertà, dai valori spirituali e umani che si fa il dialogo”.

     Radio Vaticana


    Al termine dei lavori Benedetto XVI ringrazia i padri sinodali e sottolinea la ricchezza della pluralità nella Chiesa cattolica del Medio Oriente

    La polifonia dell'unica fede



    La polifonia dell'unica fede. È ricorso a una metafora musicale Benedetto XVI per descrivere le due settimane di lavori sinodali vissuti con i vescovi del Medio Oriente durante l'ormai tradizionale pranzo al termine dei lavori sinodali, svoltosi sabato 23 ottobre, nell'atrio dell'Aula Paolo vi.

    Domani, domenica 24, con la messa conclusiva presieduta dal Papa nella basilica Vaticana, si chiuderà quest'assemblea speciale dedicata a quella terra benedetta da Dio - ha detto il Pontefice - che è culla del cristianesimo, una fede non rinchiusa in se stessa, ma aperta al dialogo ecumenico e a quello con i fratelli musulmani ed ebrei.

    Parlando dell'esperienza di comunione vissuta durante le giornate del sinodo - da domenica 10 a sabato 23 - e durante il pranzo, il Papa ha poi invitato i presenti a partecipare l'indomani alla liturgia domenicale:  momento di convivialità con il Signore nell'Eucaristia, dove Cristo viene con noi, ci mette in movimento, in sinodo, appunto; in un cammino comune.

    In precedenza Benedetto XVI aveva ricordato come la tradizione del pranzo a conclusione dei lavori sinodali fosse stata inaugurata da Giovanni Paolo ii - di cui ieri si celebrava il trentaduesimo anniversario di inizio del ministero petrino - e aveva ringraziato la presidenza e la segreteria di questo sinodo per il Medio Oriente, rievocando le fatiche sperimentate in prima persona quando, da cardinale, fu relatore al sinodo sulla famiglia del 1980.

    Riferendosi al tema dei lavori, il Papa ha spiegato come sia stata vissuta una vera comunione e testimonianza, mostrando al mondo la ricchezza della diversità nell'unità di sette Chiese, con i loro vari riti, ricca di culture, ma accomunate dall'unica fede in Gesù Cristo. Quella fede - ha aggiunto - che solo il Signore può dare e che mette in collegamento tutte le Chiese cattoliche orientali.

    All'inizio dell'incontro conviviale il segretario generale del Sinodo, arcivescovo Nikola Eterovic, ha presentato al Papa i dati principali dei lavori, ai quali hanno partecipato 173 padri sui 184 invitati, poiché undici non sono potuti venire a Roma per vari motivi. Si sono tenute 14 congregazioni generali (con la prima che detiene il record di presenze, 170) e sei riunioni di circoli minori; sono state offerte dieci tra meditazioni e omelie; ci sono stati 125 interventi più cinque consegnati per iscritto. Nonostante i tempi ristretti - di solito le assemblee sinodali durano tre settimane - sono inoltre intervenuti dodici delegati fraterni e sono state svolte dodici relazioni. Soprattutto monsignor Eterovic ha messo in evidenza i 111 interventi liberi tenuti alla presenza del Papa che li ha voluti:  una dimensione - ha commentato - che si va sviluppando.

    Quindi ha reso noto che i padri hanno voluto donare a Benedetto XVI un ritratto, esposto all'entrata dell'atrio, realizzato da un'artista greco-cattolico ucraino, che studia a San Pietroburgo:  una scuola realista - ha spiegato - attenta ai dettagli, ma anche alla dimensione spirituale. Successivamente, dopo una parentesi canora - con il classico napoletano O sole mio intonato da un giovane assistente del segretario speciale e un canto di ringraziamento al Papa eseguito in francese e in arabo sull'aria musicale dell'Ave Maria di Lourdes - ha parlato il patriarca dei Siri Ignace Youssif iii Younan, presidente delegato. Ha ringraziato il Pontefice per l'opportunità offerta alle Chiese del Medio Oriente di far sentire la loro voce, assicurando che i pastori presenti torneranno nelle loro terre, nelle loro comunità, senza timore di proclamare il Vangelo nella carità e nella verità e di viverlo ogni giorno. Infine il patriarca greco-melkita, Gregorios iii Laham, ha donato al Papa uno splendido indumento liturgico orientale.



    (©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2010)
    Caterina63
    00sabato 23 ottobre 2010 18:12

    Il messaggio del Sinodo


    Pubblichiamo il testo italiano del messaggio del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, approvato durante la tredicesima congregazione generale di venerdì pomeriggio, 22 ottobre.
    "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un'anima sola" (At 4, 32)


    Ai nostri fratelli presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, alle persone consacrate e a tutti i nostri amatissimi fedeli laici e a ogni persona di buona volontà.

    Introduzione

    1. La grazia di Gesù nostro Signore, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con voi.
    Il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato per noi una novella Pentecoste. "La Pentecoste è l'avvenimento originario, ma anche un dinamismo permanente. Il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato nel quale può rinnovarsi il cammino della Chiesa e la grazia della Pentecoste" (Benedetto XVI, Omelia della Messa d'apertura del Sinodo, 10.10.2010).
    Siamo venuti a Roma, noi Patriarchi e vescovi delle Chiese cattoliche in Oriente con tutti i nostri patrimoni spirituali, liturgici, culturali e canonici, portando nei nostri cuori le preoccupazioni dei nostri popoli e le loro attese.
    Per la prima volta ci siamo riuniti in Sinodo intorno a Sua Santità il Papa Benedetto XVI con i cardinali e gli arcivescovi responsabili dei Dicasteri romani, i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo toccate dalle questioni del Medio Oriente, e con rappresentanti delle Chiese ortodosse e comunità evangeliche, e con invitati ebrei e musulmani.
    A Sua Santità Benedetto XVI esprimiamo la nostra gratitudine per la sollecitudine e per gli insegnamenti che illuminano il cammino della Chiesa in generale e quello delle nostre Chiese orientali in particolare, soprattutto per la questione della giustizia e della pace. Ringraziamo le Conferenze episcopali per la loro solidarietà, la presenza tra noi durante i pellegrinaggi ai Luoghi santi e la loro visita alle nostre comunità. Li ringraziamo per l'accompagnamento delle nostre Chiese nei differenti aspetti della nostra vita. Ringraziamo le organizzazioni ecclesiali che ci sostengono con il loro aiuto efficace.

    Abbiamo riflettuto insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della viva Tradizione, sul presente e l'avvenire dei cristiani e dei popoli del Medio Oriente. Abbiamo meditato sulle questioni di questa parte del mondo che Dio, nel mistero del suo amore, ha voluto fosse la culla del suo piano universale di salvezza. Da là, di fatto, è partita la vocazione di Abramo. Là, la Parola di Dio si è incarnata nella Vergine Maria per l'azione dello Spirito Santo. Là, Gesù ha proclamato il Vangelo della vita e del regno. Là, egli è morto per riscattare il genere umano e liberarlo dal peccato. Là è risuscitato dai morti per donare la vita nuova a ogni uomo. Là, è nata la Chiesa che da là è partita per proclamare il Vangelo fino alle estremità della terra.

    Il primo scopo del Sinodo è di ordine pastorale. È per questo che abbiamo portato nei cuori la vita, le sofferenze e le speranze dei nostri popoli e le sfide che si devono affrontare ogni giorno, convinti che "la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5, 5). È per questo che vi rivolgiamo questo messaggio, amatissimi fratelli e sorelle, e vogliamo che sia un appello alla fermezza della fede, fondata sulla Parola di Dio, alla collaborazione nell'unità e alla comunione nella testimonianza dell'amore in tutti gli ambiti della vita.
    i. La Chiesa nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza attraverso la storia


    Cammino della fede in Oriente

    2. In Oriente è nata la prima comunità cristiana. Dall'Oriente partirono gli Apostoli dopo la Pentecoste per evangelizzare il mondo intero. Là è vissuta la prima comunità cristiana in mezzo a tensioni e persecuzioni, "perseverante nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere" (At 2, 42). Là i primi martiri hanno irrorato con il loro sangue le fondamenta della Chiesa nascente. Alla loro sequela gli anacoreti hanno riempito i deserti col profumo della loro santità e della loro fede. Là vissero i Padri della Chiesa orientale che continuano a nutrire con i loro insegnamenti la Chiesa d'Oriente e d'Occidente. Dalle nostre Chiese partirono, nei primi secoli e nei secoli seguenti, i missionari verso l'estremo Oriente e verso l'Occidente portando la luce di Cristo. Noi ne siamo gli eredi e dobbiamo continuare a trasmettere il loro messaggio alle generazioni future.

    Le nostre Chiese non hanno smesso di donare santi, preti, consacrati e di servire in maniera efficace in numerose istituzioni che contribuiscono alla costruzione delle nostre società e dei nostri paesi, sacrificandosi per l'uomo creato all'immagine di Dio e portatore della sua immagine. Alcune delle nostre Chiese non cessano ancora oggi di mandare missionari, portatori della Parola di Cristo nei differenti angoli del mondo. Il lavoro pastorale, apostolico e missionario ci domanda oggi di pensare una pastorale per promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose e assicurare la Chiesa di domani.
    Ci troviamo oggi davanti a una svolta storica:  Dio che ci ha donato la fede nel nostro Oriente da 2000 anni, ci chiama a perseverare con coraggio, assiduità e forza, a portare il messaggio di Cristo e la testimonianza al suo Vangelo che è un Vangelo di amore e di pace.


    Sfide e attese

    3.1. Oggi siamo di fronte a numerose sfide. La prima viene da noi stessi e dalle nostre Chiese. Ciò che Cristo ci domanda è di accettare la nostra fede e di viverla in ogni ambito della vita. Ciò che egli domanda alle nostre Chiese è di rafforzare la comunione all'interno di ciascuna Chiesa sui iuris e tra le Chiese cattoliche di diversa tradizione, inoltre di fare tutto il possibile nella preghiera e nella carità per raggiungere l'unità di tutti i cristiani e realizzare così la preghiera di Cristo:  "perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17, 21).
    3.2. La seconda sfida viene dall'esterno, dalle condizioni politiche e dalla sicurezza nei nostri paesi e dal pluralismo religioso.
    Abbiamo analizzato quanto concerne la situazione sociale e la sicurezza nei nostri paesi del Medio Oriente. Abbiamo avuto coscienza dell'impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell'occupazione israeliana:  la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita economica e sociale e le migliaia di rifugiati. Abbiamo riflettuto sulla sofferenza e l'insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani. Abbiamo meditato sulla situazione di Gerusalemme, la Città Santa. Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto. Di fronte a tutto questo, vediamo che una pace giusta e definitiva è l'unico mezzo di salvezza per tutti, per il bene della regione e dei suoi popoli.
    3.3. Nelle nostre riunioni e nelle nostre preghiere abbiamo riflettuto sulle sofferenze cruente del popolo iracheno. Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria.
    I padri sinodali hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e le Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza.
    3.4. Abbiamo riflettuto sulle relazioni tra concittadini, cristiani e musulmani. Vorremmo qui affermare, nella nostra visione cristiana delle cose, un principio primordiale che dovrebbe governare queste relazioni:  Dio vuole che noi siamo cristiani nel e per le nostre società del Medio Oriente. Il fatto di vivere insieme cristiani e musulmani è il piano di Dio su di noi ed è la nostra missione e la nostra vocazione. In questo ambito ci comporteremo con la guida del comandamento dell'amore e con la forza dello Spirito in noi.
    Il secondo principio che governa queste relazioni è il fatto che noi siamo parte integrale delle nostre società. La nostra missione basata sulla nostra fede e il nostro dovere verso le nostre patrie ci obbligano a contribuire alla costruzione dei nostri paesi insieme con tutti i cittadini musulmani, ebrei e cristiani.
    ii. Comunione e testimonianza all'interno delle Chiese cattoliche del Medio Oriente

    Ai fedeli delle nostre Chiese

    4.1. Gesù ci dice:  "Voi siete il sale della terra, la luce del mondo" (Mt 5, 13.14). La vostra missione, amatissimi fedeli, è di essere per mezzo della fede, della speranza e dell'amore nelle vostre società, come il "sale" che dona sapore e senso alla vita, come la "luce" che illumina le tenebre e come il "lievito" che trasforma i cuori e le intelligenze. I primi cristiani a Gerusalemme erano poco numerosi. Nonostante ciò, essi hanno potuto portare il Vangelo fino alle estremità della terra, con la grazia del "Signore che agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano " (Mc 16, 20).
    4.2. Vi salutiamo, cristiani del Medio Oriente, e vi ringraziamo per tutto ciò che voi avete realizzato nelle vostre famiglie e nelle vostre società, nelle vostre Chiese e nelle vostre nazioni. Salutiamo la vostra perseveranza nelle difficoltà, pene e angosce.
    4.3. Cari sacerdoti, nostri collaboratori nella missione catechetica, liturgica e pastorale, vi rinnoviamo la nostra amicizia e la nostra fiducia. Continuate a trasmettere ai vostri fedeli con zelo e perseveranza il Vangelo della vita e la Tradizione della Chiesa attraverso la predicazione, la catechesi, la direzione spirituale e il buon esempio. Consolidate la fede del popolo di Dio perché essa si trasformi in una civiltà dell'amore. Dategli i sacramenti della Chiesa perché aspiri al rinnovamento della vita. Radunatelo nell'unità e nella carità con il dono dello Spirito Santo.
    Cari religiosi, religiose e consacrati nel mondo, vi esprimiamo la nostra gratitudine e ringraziamo Dio insieme con voi per il dono dei consigli evangelici - della castità consacrata, della povertà e dell'obbedienza - con i quali avete fatto dono di voi stessi, al seguito del Cristo cui desiderate testimoniare il vostro amore e predilezione. Grazie alle vostre iniziative apostoliche diversificate, siete il vero tesoro e la ricchezza delle nostre Chiese e un'oasi spirituale nelle nostre parrocchie, diocesi e missioni.
    Ci uniamo in spirito agli eremiti, ai monaci e alle monache che hanno consacrato la loro vita alla preghiera nei monasteri contemplativi, santificando le ore del giorno e della notte, portando nella loro preghiera le preoccupazioni e i bisogni della Chiesa. Con la testimonianza della vostra vita voi offrite al mondo un segno di speranza.

    4.4. Fedeli laici, noi vi esprimiamo la nostra stima e la nostra amicizia. Apprezziamo quanto fate per le vostre famiglie e le vostre società, le vostre Chiese e le vostre patrie. State saldi in mezzo alle prove e alle difficoltà. Siamo pieni di gratitudine verso il Signore per i carismi e i talenti di cui vi ha colmato e con i quali voi partecipate per la forza del Battesimo e della Cresima al lavoro apostolico e alla missione della Chiesa, impregnando l'ambito delle cose temporali con lo spirito e i valori del Vangelo. Vi invitiamo alla testimonianza di una vita cristiana autentica, a una pratica religiosa cosciente e ai buoni costumi. Abbiate il coraggio di dire la verità con obbiettività.
    Portiamo nelle nostre preghiere voi, sofferenti nel corpo, nell'anima e nello spirito, voi oppressi, espatriati, perseguitati, prigionieri e detenuti. Unite le vostre sofferenze a quelle di Cristo Redentore e cercate nella sua croce la pazienza e la forza. Con il merito delle vostre sofferenze, voi ottenete per il mondo l'amore misericordioso di Dio.

    Salutiamo ciascuna delle nostre famiglie cristiane e guardiamo con stima la vocazione e la missione della famiglia, in quanto cellula viva della società, scuola naturale delle virtù e dei valori etici e umani, e chiesa domestica che educa alla preghiera e alla fede di generazione in generazione. Ringraziamo i genitori e i nonni per l'educazione dei loro figli e dei loro nipoti, sull'esempio del fanciullo Gesù che "cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2, 52). Ci impegniamo a proteggere la famiglia con una pastorale familiare grazie ai corsi di preparazione al matrimonio e ai centri d'accoglienza e di consultazione aperti a tutti e soprattutto alle coppie in difficoltà e con le nostre rivendicazioni dei diritti fondamentali della famiglia.
    Ci rivolgiamo ora in modo speciale alle donne. Esprimiamo la nostra stima per quanto voi siete nei diversi stati di vita:  come ragazze, educatrici, madri, consacrate e operatrici nella vita pubblica. Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin dall'inizio, offrendole cura e affetto. Dio vi ha donato una sensibilità particolare per tutto ciò che riguarda l'educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica. Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una più grande  responsabilità  nella  vita  pubblica.

    Guardiamo a voi con amicizia, ragazzi e ragazze, come ha fatto Cristo con il giovane del Vangelo (cfr. Mc 10, 21). Voi siete l'avvenire delle nostre Chiese, delle nostre comunità, dei nostri paesi, il loro potenziale e la loro forza rinnovatrice. Progettate la vostra vita sotto lo sguardo amorevole di Cristo. Siate cittadini responsabili e credenti sinceri. La Chiesa si unisce a voi nelle vostre preoccupazioni di trovare un lavoro in funzione delle vostre competenze; ciò contribuirà a stimolare la vostra creatività e ad assicurare l'avvenire e la formazione di una famiglia credente. Superate la tentazione del materialismo e del consumismo. Siate saldi nei vostri valori cristiani.
    Salutiamo i capi delle istituzioni educative cattoliche. Nell'insegnamento e nell'educazione ricercate l'eccellenza e lo spirito cristiano. Abbiate come scopo il consolidamento della cultura della convivialità, la preoccupazione dei poveri e dei portatori di handicap. Malgrado le sfide e le difficoltà di cui soffrono le vostre istituzioni, vi invitiamo a mantenerle vive per assicurare la missione educatrice della Chiesa e promuovere lo sviluppo e il bene delle nostre società.

    Ci rivolgiamo con grande stima a quanti lavorano nel settore sociale. Nelle vostre istituzioni siate al servizio della carità. Noi vi incoraggiamo e sosteniamo in questa missione di sviluppo, che è guidata dal ricco insegnamento sociale della Chiesa. Attraverso il vostro lavoro, voi rafforzate i legami di fraternità tra gli uomini, servendo senza discriminazione i poveri, i marginalizzati, i malati, i rifugiati e i prigionieri. Voi siete guidati dalla parola del Signore Gesù:  "tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40).

    Guardiamo con speranza i gruppi di preghiera e i movimenti apostolici. Sono scuole di approfondimento della fede per viverla nella famiglia e nella società. Apprezziamo le loro attività nelle parrocchie e nelle diocesi e il loro sostegno ai pastori in conformità con le direttive della Chiesa
    . Ringraziamo Dio per questi gruppi e questi movimenti, cellule attive della parrocchia e vivai per le vocazioni sacerdotali e religiose.

    Apprezziamo il ruolo dei mezzi di comunicazione scritta e audio-visiva. Ringraziamo voi, giornalisti, per la vostra collaborazione con la Chiesa per la diffusione dei suoi insegnamenti e delle sue attività, e in questi giorni per aver diffuso le notizie dell'Assemblea del Sinodo sul Medio Oriente in tutte le parti del mondo.
    Ci felicitiamo del contributo dei media internazionali e cattolici. Per il Medio Oriente merita una menzione particolare il canale Télé Lumière-Noursat. Speriamo che possa continuare il suo servizio di informazione e di formazione alla fede, il suo lavoro per l'unità dei cristiani, il consolidamento della presenza cristiana in Oriente, il rafforzamento del dialogo inter-religioso e la comunione tra gli orientali sparsi in tutti i continenti.

    Ai nostri fedeli nella diaspora

    5. L'emigrazione è divenuta un fenomeno generale. Il cristiano, il musulmano e l'ebreo emigrano e per le stesse cause derivate dall'instabilità politica ed economica. Il cristiano, inoltre, comincia a sentire l'insicurezza, benché a diversi gradi, nei paesi del Medio Oriente. I cristiani abbiano fiducia nell'avvenire e continuino a vivere nei loro cari paesi.
    Vi salutiamo amatissimi fedeli nei vostri differenti paesi della diaspora. Chiediamo a Dio di benedirvi. Noi vi domandiamo di conservare vivo nei vostri cuori e nelle vostre preoccupazioni il ricordo delle vostre patrie e delle vostre Chiese. Voi potete contribuire alla loro evoluzione e alla loro crescita con le vostre preghiere, i vostri pensieri, le vostre visite e con diversi mezzi, anche se ne siete lontani.

    Conservate i beni e le terre che avete in patria; non affrettatevi ad abbandonarli e a venderli. Custodite tali proprietà come un patrimonio per voi e una porzione di quella patria alla quale rimanete attaccati e che voi amate e sostenete. La terra fa parte dell'identità della persona e della sua missione; essa è uno spazio vitale per quelli che vi restano e per quelli che, un giorno, vi ritorneranno. La terra è un bene pubblico, un bene della comunità, un patrimonio comune. Non può essere ridotta a interessi individuali da parte di chi la possiede e che da solo decide a proprio piacimento di tenerla o di abbandonarla.

    Vi accompagniamo con le nostre preghiere, voi figli delle nostre Chiese e dei nostri Paesi, forzati a emigrare. Portate con voi la vostra fede, la vostra cultura e il vostro patrimonio per arricchire le vostre nuove patrie che vi procurano pace, libertà e lavoro. Guardate all'avvenire con fiducia e gioia, restate sempre attaccati ai vostri valori spirituali, alle vostre tradizioni culturali e al vostro patrimonio nazionale per offrire ai paesi che vi hanno accolto il meglio di voi stessi e il meglio di ciò che avete. Ringraziamo le Chiese dei paesi della diaspora che hanno accolto i nostri fedeli e che non cessano di collaborare con noi per assicurare loro il servizio pastorale necessario.

    Ai migranti nei nostri paesi e nelle nostre Chiese

    6. Salutiamo tutti gli immigrati delle diverse nazionalità, venuti nei nostri paesi per ragioni di lavoro.
    Noi vi accogliamo, amatissimi fedeli, e vediamo nella vostra fede un arricchimento e un sostegno per la fede dei nostri fedeli. È con gioia che vi forniremo ogni aiuto spirituale di cui voi avete bisogno.
    Noi domandiamo alle nostre Chiese di prestare un'attenzione speciale a questi fratelli e sorelle e alle loro difficoltà, qualunque sia la loro religione, soprattutto quando sono esposti ad attentati ai loro diritti e alla loro dignità. Essi vengono da noi non soltanto per trovare mezzi per vivere, ma per procurare dei servizi di cui i nostri paesi hanno bisogno. Essi ricevono da Dio la loro dignità e, come ogni persona umana, hanno dei diritti che è necessario rispettare. Non è permesso a nessuno di attentare a tali dignità e diritti. È per questo che invitiamo i governi dei paesi di accoglienza a rispettare e difendere i loro diritti.

    iii. Comunione e testimonianza con le Chiese ortodosse e le Comunità evangeliche nel Medio Oriente
    7. Salutiamo le Chiese ortodosse e le Comunità evangeliche nei nostri paesi. Lavoriamo insieme per il bene dei cristiani, perché essi restino, crescano e prosperino. Siamo sulla stessa strada. Le nostre sfide sono le stesse e il nostro avvenire è lo stesso. Vogliamo portare insieme la testimonianza di discepoli di Cristo. Soltanto con la nostra unità possiamo compiere la missione che Dio ha affidato a tutti, malgrado la diversità delle nostre Chiese. La preghiera di Cristo è il nostro sostegno, ed è il comandamento dell'amore che ci unisce, anche se la strada verso la piena comunione è ancora lunga davanti a noi.

    Abbiamo camminato insieme nel Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e vogliamo continuare questo cammino con la grazia di Dio e promuovere la sua azione, avendo come scopo ultimo la testimonianza comune alla nostra fede, il servizio dei nostri fedeli e di tutti i nostri paesi.
    Salutiamo e incoraggiamo tutte le istanze di dialogo ecumenico in ciascuno dei nostri paesi.
    Esprimiamo la nostra gratitudine al Consiglio Mondiale delle Chiese e alle diverse organizzazioni ecumeniche, che lavorano per l'unità della Chiesa, per il loro sostegno.
    iv. Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini ebrei
    8. La stessa Scrittura santa ci unisce, l'Antico Testamento che è la Parola di Dio per voi e per noi. Noi crediamo in tutto quanto Dio ha rivelato, da quando ha chiamato Abramo, nostro padre comune nella fede, padre degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani. Crediamo nelle promesse e nell'alleanza che Dio ha affidato a lui. Noi crediamo che la Parola di Dio è eterna.

    Il Concilio Vaticano ii ha pubblicato il documento Nostra aetate, riguardante il dialogo con le religioni, con l'ebraismo, l'islam e le altre religioni. Altri documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni con l'ebraismo. C'è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell'ebraismo. Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi.
    È tempo di impegnarci insieme per una pace sincera, giusta e definitiva. Tutti noi siamo interpellati dalla Parola di Dio. Essa ci invita ad ascoltare la voce di Dio "che parla di pace":  "ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:  egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore" (Sal 85, 9). Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell'altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi.

    v. Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini musulmani

    9. Siamo uniti dalla fede in un Dio unico e dal comandamento che dice:  fa' il bene ed evita il male. Le parole del Concilio Vaticano ii sul rapporto con le religioni pongono le basi delle relazioni tra la Chiesa Cattolica e i musulmani:  "La Chiesa guarda con stima i musulmani che adorano il Dio uno, vivente [...] misericordioso e onnipotente, che ha parlato agli uomini" (Nostra aetate, 3).
    Diciamo ai nostri concittadini musulmani:  siamo fratelli e Dio ci vuole insieme, uniti nella fede in Dio e nel duplice comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla libertà religiosa e sulla libertà di coscienza. Insieme noi lavoreremo per promuovere la giustizia, la pace, i diritti dell'uomo, i valori della vita e della famiglia. La nostra responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie. Noi vogliamo offrire all'Oriente e all'Occidente un modello di convivenza tra le differenti religioni e di collaborazione positiva tra diverse civiltà, per il bene delle nostre patrie e quello di tutta l'umanità.
    Dalla comparsa dell'islam nel vii secolo fino ad oggi, abbiamo vissuto insieme e abbiamo collaborato alla creazione della nostra civiltà comune. È capitato nel passato, come capita ancor'oggi, qualche squilibrio nei nostri rapporti. Attraverso il dialogo noi dobbiamo eliminare ogni squilibrio o malinteso. Il Papa Benedetto XVI ci dice che il nostro dialogo non può essere una realtà passeggera. È piuttosto una necessità vitale da cui dipende il nostro avvenire (cfr. Discorso ai rappresentanti delle comunità musulmane a Colonia, 20.08.2005). È nostro dovere, dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all'accettazione del pluralismo, al rispetto e alla stima reciproca.

    vi. La nostra partecipazione alla vita pubblica:  appelli ai governi e ai responsabili pubblici dei nostri paesi
    10. Apprezziamo gli sforzi che dispiegate per il bene comune e il servizio delle nostre società. Vi accompagniamo con le nostre preghiere e domandiamo a Dio di guidare i vostri passi. Ci rivolgiamo a voi a riguardo dell'importanza dell'uguaglianza tra i cittadini. I cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell'insegnamento e dell'educazione e nell'uso dei mezzi di comunicazione.
    Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti. È questo che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l'emorragia dell'emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive. La pace è un dono prezioso che Dio ha affidato agli uomini e sono gli "operatori di pace [che] saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5, 9).
    vii. Appello alla comunità internazionale

    11. I cittadini dei paesi del Medio Oriente interpellano la comunità internazionale, in particolare l'Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l'applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l'adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all'Occupazione dei differenti territori arabi.
    Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d'Israele potrà godere della pace e della sicurezza all'interno delle frontiere internazionalmente riconosciute. La Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno.
    L'Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali, religiose e nazionali.
    Il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare l'unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la promozione delle libertà pubbliche.

    Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l'antisemitismo, l'anticristianesimo e l'islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero.
    Conclusione:  continuare a testimoniare la vita divina che ci è apparsa nella persona di Gesù
    12. In conclusione, fratelli e sorelle, noi vi diciamo con l'apostolo san Giovanni nella sua prima lettera:  "Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo" (1Gv 1, 1-3).

    Questa Vita divina che è apparsa agli apostoli 2000 anni fa nella persona del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, della quale la Chiesa è vissuta e alla quale essa ha dato testimonianza in tutto il corso della sua storia, rimarrà sempre la vita delle nostre Chiese nel Medio Oriente e l'oggetto della nostra testimonianza.
    Sostenuti dalla promessa del Signore:  "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20), proseguiamo insieme il nostro cammino nella speranza, e "la speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5, 5).
    Confessiamo che non abbiamo fatto fino ad ora tutto ciò che era in nostra possibilità per vivere meglio la comunione tra le nostre comunità. Non abbiamo operato a sufficienza per confermarvi nella fede e darvi il nutrimento spirituale di cui avete bisogno nelle vostre difficoltà. Il Signore ci invita ad una conversione personale e collettiva.
    Oggi torniamo a voi pieni di speranza, di forza e di risolutezza, portando con noi il messaggio del Sinodo e le sue raccomandazioni per studiarle insieme e metterci ad applicarle nelle nostre Chiese, ciascuno secondo il suo stato. Speriamo anche che questo sforzo nuovo sia ecumenico.
    Noi vi rivolgiamo questo umile e sincero appello perché insieme condividiamo un cammino di conversione per lasciarci rinnovare dalla grazia dello Spirito Santo e ritornare a Dio.

    Alla Santissima Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della pace, sotto la cui protezione abbiamo messo i lavori sinodali, affidiamo il nostro cammino verso nuovi orizzonti cristiani e umani, nella fede in Cristo e con la forza della sua parola:  "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21, 5).


    (©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2010)

    Caterina63
    00sabato 23 ottobre 2010 23:48

    Un vescovo libanese critica l’islam. E la segreteria di stato lo purga

    moschea

    Qui sotto è riprodotto il testo integrale dell’intervento al sinodo per il Medio Oriente consegnato per iscritto dal vescovo libanese di Antiochia dei siri Raboula Antoine Beylouni, così come è apparso sul bollettino italiano n. 21 del 21 ottobre. L’originale è in francese e si trova nel bollettino in questa lingua.

    Il 22 ottobre, anche “L’Osservatore Romano” ha stampato l’intervento del vescovo. Ma con notevoli tagli, ordinati dalla segreteria di stato.

    Le parti tagliate sono quelle evidenziate in neretto. Il titolo è quello del giornale della Santa Sede.

    *

    LA MADRE DI DIO E L’ISLAM

    di Raboula Antoine Beylouni

    In Libano abbiamo un comitato nazionale per il dialogo islamo-cristiano da diversi anni. Esisteva anche una commissione episcopale, istituita in seguito all’assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici in Libano, incaricata del dialogo islamo-cristiano. È stata soppressa ultimamente per conferire maggiore importanza all’altro comitato; per di più non aveva ottenuto risultati tangibili.

    Talvolta vengono portati avanti in diversi luoghi vari dialoghi nei paesi arabi, come ad esempio quello del Qatar in cui l’emiro stesso invita, a sue spese, personalità di diversi paesi delle tre religioni: cristiana, musulmana ed ebraica. In Libano, alcuni canali televisivi come “Télé-lumière” e “Noursat” trasmettono programmi sul dialogo islamo-cristiano. Spesso viene scelto un tema e ogni parte lo spiega e lo interpreta secondo la sua religione. Queste trasmissioni sono di solito molto istruttive.

    Vorrei con questo intervento richiamare l’attenzione sui punti che rendono difficili e spesso inefficaci questi incontri o dialoghi. Ovviamente non si discute sui dogmi, ma anche gli altri temi d’ordine pratico e sociale sono difficilmente affrontabili quando sono inseriti nel Corano o nella Sunna.

    Ecco le difficoltà con cui ci confrontiamo.

    Il Corano inculca al musulmano l’orgoglio di possedere la sola religione vera e completa, religione insegnata dal più grande profeta, poiché è l’ultimo venuto. Il musulmano fa parte della nazione privilegiata e parla la lingua di Dio, la lingua del paradiso, l’arabo. Per questo affronta il dialogo con questa superiorità e con la certezza della vittoria.

    Il Corano, che si suppone scritto da Dio stesso da cima a fondo, dà lo stesso valore a tutto ciò che vi è scritto: il dogma come qualunque altra legge o pratica.

    Nel Corano non c’è uguaglianza tra uomo e donna, né nel matrimonio stesso in cui l’uomo può avere più donne e divorziare a suo piacimento, né nell’eredità in cui l’uomo ha diritto a una doppia parte, né nella testimonianza davanti ai giudici in cui la voce dell’uomo equivale a quella di due donne ecc.

    Il Corano permette al musulmano di nascondere la verità al cristiano e di parlare e agire in contrasto con ciò che pensa e crede.

    Nel Corano vi sono versetti contraddittori e versetti annullati da altri, cosa che permette al musulmano di usare l’uno o l’altro a suo vantaggio; così può considerare il cristiano umile, pio e credente in Dio ma anche considerarlo empio, rinnegato e idolatra.

    Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad (guerra santa). Ordina di imporre la religione con la forza, con la spada. La storia delle invasioni lo testimonia. Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa, né per loro né per gli altri. Non stupisce vedere tutti i paesi arabi e musulmani rifiutarsi di applicare integralmente i “Diritti umani” sanciti dalle Nazioni Unite.

    Di fronte a tutti questi divieti e simili argomenti dobbiamo eliminare il dialogo? No, sicuramente no. Ma occorre scegliere i temi da affrontare e gli interlocutori cristiani capaci e ben formati, coraggiosi e pii, saggi e prudenti, che dicano la verità con chiarezza e convinzione.

    Deploriamo talvolta alcuni dialoghi in televisione in cui l’interlocutore cristiano non è all’altezza del compito e non riesce a esprimere tutta la bellezza e la spiritualità della religione cristiana, cosa che scandalizza gli ascoltatori. Peggio ancora, talvolta ci sono interlocutori del clero che, nel dialogo, per guadagnarsi la simpatia del musulmano chiamano Maometto profeta e aggiungono la famosa invocazione musulmana spesso ripetuta “Salla lahou alayhi wa sallam” (che la pace e la benedizione di Dio siano su di lui).

    Per concludere suggerisco quanto segue.

    Dato che il Corano ha parlato bene della Vergine Maria, insistendo sulla verginità perpetua e sulla sua concezione miracolosa e unica, che ci ha dato Cristo, e dato che i musulmani la considerano molto e chiedono la sua intercessione, dobbiamo ricorrere a lei in ogni dialogo e in ogni incontro con i musulmani. Essendo la Madre di tutti, Ella ci guiderà nei nostri rapporti con i musulmani per mostrare loro il vero volto di suo Figlio Gesù, Redentore del genere umano.

    Voglia Dio che la festa dell’Annunciazione, dichiarata in Libano festa nazionale per i cristiani e i musulmani, divenga festa nazionale anche negli altri paesi arabi.

    <<<  >>>

    NOTA BENE !

    Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al più importante sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister, che offre a un pubblico internazionale notizie, analisi e documenti sulla Chiesa cattolica, in italiano, inglese, francese e spagnolo.

    Gli ultimi tre servizi di “www.chiesa”:

    22.10.2010
    > Ventiquattro nuovi cardinali su misura del papa
    Koch, Ravasi, Burke, Amato, Ranjith… tutti molto in linea con Benedetto XVI. Che ad onore della grande musica sacra dà la porpora anche al maestro Bartolucci. Con un pensiero segreto, forse, per il fratello Georg

    19.10.2010
    > Cristiani nel Medio Oriente. Schiacciati tra l’islam e Israele
    Il dramma della Chiesa nelle sue terre d’origine analizzato da un sinodo a Roma. I punti critici. Le proposte di cambiamento. Ma c’è ancora chi vede nello stato ebraico la causa di tutti i mali

    14.10.2010
    > I più bravi allievi di Ratzinger sono in Sri Lanka e Kazakhstan
    Sono i vescovi Ranjith e Schneider. Seguono l’esempio del papa in campo liturgico più e meglio di tanti loro colleghi in Italia e in Europa. Un test rivelatore: il modo di dare la comunione nella messa

    11.10.2010
    > “È la fede dei semplici che abbatte i falsi dei”
    La trascrizione integrale dell’omelia a braccio del papa nella prima sessione del sinodo speciale sul Medio Oriente. Capitali finanziari, terrorismo, droga, ideologie dominanti. L’ascesa e caduta delle potenze di questo mondo, interpretate alla luce dell’Apocalisse


    ****************************************************************************

      Breve riflessione:


    I "tagli" - o censura - fatti dalla Segreteria di Stato hanno una "loro  ragione" d'essere....nel falso Ecumenismo e di conseguenza anche nel dialogo interreligioso, il capro espiatorio è ricaduto spesso sulla MADRE DI DIO, LA THEOTOKOS....non a caso Benedetto XVI ha tenuto, a braccio, il suo stupendo intervento all'apertura del Sinodo proprio sulla Theotokos ripercorrendo le strade dai Padri della Chiesa e quando la Chiesa parlava con un Cuor solo e l'Islam era appena nato....  
     
    Maometto "venerava" la Madre di Dio...c'è il famoso episodio di quando fuggì dalla Mecca per andare a Medina, all'epoca era già in atto la questione dell'iconoclastia e Maometto, iconoclasta, impediva la venerazione delle immagini, ma quando dovette fuggire si racconta che salvò una icona a lui cara, dono di alcuni amici monaci cristiani, che ritraeva la Vergine Maria con un Bambino.... fuggì portandola sotto il mantello....  
     
    Vero o falso che sia l'episodio, ci rammenta che la vera battaglia contro la Madre di Dio si sviluppa con il PROTESTANTESIMO...  
    venendo ai giorni nostri e da dopo il Concilio, si vietò di discutere della Madre di Dio in campo Ecumenico perchè la mariologia - definita MARIOLATRIA dai protestanti moderni - divideva... solo con l'incontro di Dombes la matassa è andata dipanandosi e negli incontri Ecumenici è accettato in esclusiva pregare con il MAGINIFICAT....  
    La stessa spinta data da Giovanni Paolo II sia con l'Anno Mariano prima, che con l'Anno del Rosario successivamente, intendevano appunto portare al centro dei dialoghi anche la Madre di Dio.....  
     
    Il Cardinale Kasper però fece esattamente l'opposto, continuando a tenere lontana la mariologia dai dialoghi e relegandola esclisvamente a gruppi minori....e che soprattutto NON avessero MAI un carattere ufficiale ne impegnativo da ambo le parti....  
    Occorre riconoscere che la spinta maggiore, in positivo, fu data dagli ambienti ANGLICANI di stampo TRADIZIONALE.... Wink  
    a loro si deve un libro in chiave ecumenica sulla reale devozione mariana CHE UNISCE I CRISTIANI E CHE MARIA NON PUò MAI ESSERE USATA PER DIVIDERE LE COMUNITA'....  
     
    Oggi tocca al successore di Kasper, il neo cardinale Koch spronare I GRUPPI ECUMENICI CATTOLICI a parlare serenamente della Theotokos SENZA VERGOGNARSENE....  
    Se dunque dalla Santa Sede si riuscirà a far cambiar rotta all'Ecumenismo e al dialogo Interreligioso, evitando, come dice a ragione il Vescovo di mandare gente a parlare in pubblico che NON sa come rispondere alle domande e che si "cala le braghe", il discorso di questo Vescovo CORAGGIOSO porterà molti buoni frutti.... al centro della nostra vittoria C'E' SEMPRE L'IMMACOLATA VERGINE MARIA, MADRE DIO E IL TRIONFO DEL SUO CUORE IMMACOLATO....chiunque tiene fuori Maria-Theotokos da questi Dialoghi è anticattolico ed anticristico!



                              Pope Benedict XVI (3rd L) addresses the audience on the last day of a synod for Middle East bishops at the Vatican October 23, 2010. The photograph was taken with a fish eye lens.


    PAROLE PRONUNCIATE DAL SANTO PADRE AL TERMINE DEL PRANZO CON I PADRI SINODALI (23 OTTOBRE 2010), 24.10.2010

    Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato ieri, sabato 23 ottobre, al termine del pranzo con i Padri sinodali nell’Atrio dell’Aula Paolo VI:


    PAROLE DEL SANTO PADRE

    Cari amici,

    secondo una bella tradizione creata da Papa Giovanni Paolo II, i Sinodi si concludono con un pranzo, un atto conviviale che si iscrive bene anche nel clima di questo Sinodo, che parla della comunione: non solo ne ha parlato, ma ci ha fatto realizzare la comunione.

    Questo per me è il momento di dire grazie. Grazie al Segretario generale del Sinodo e al suo staff, che hanno preparato e stanno preparando anche il seguito dei lavori. Grazie ai Presidenti delegati, grazie soprattutto al Relatore e al Segretario aggiunto, che hanno fatto un lavoro incredibile. Grazie! Anch’io una volta sono stato relatore nel Sinodo sulla famiglia e posso un po’ immaginare quale lavoro avete fatto. Grazie pure a tutti i Padri che hanno presentato la voce della Chiesa in Oriente, agli Uditori, ai Delegati fraterni, a tutti!

    Comunione e testimonianza. In questo momento ringraziamo il Signore per la comunione che ci ha donato e ci dona. Abbiamo visto la ricchezza, la diversità di questa comunione. Siete Chiese di riti diversi, che formano, tuttavia, insieme con tutti gli altri riti, l’unica Chiesa cattolica. E’ bello vedere questa vera cattolicità, che è così ricca di diversità, così ricca di possibilità, di culture diverse; e, tuttavia, proprio così cresce la polifonia di un’unica fede, di una vera comunione dei cuori, che solo il Signore può dare. Per questa esperienza della comunione ringraziamo il Signore, ringrazio tutti voi. Mi sembra forse questo il dono più importante del Sinodo che abbiamo vissuto e realizzato: la comunione che ci collega a tutti e che è anche in sé testimonianza.

    Comunione. La comunione cattolica, cristiana, è una comunione aperta, dialogale. Così eravamo anche in permanente dialogo, interiormente ed esteriormente, con i fratelli ortodossi, con le altre Comunità ecclesiali. E abbiamo sentito che proprio in questo siamo uniti - anche se ci sono divisioni esteriori: abbiamo sentito la profonda comunione nel Signore, nel dono della sua Parola, della sua vita, e speriamo che il Signore ci guidi per avanzare in questa comunione profonda.

    Noi siamo uniti col Signore e così - possiamo dire - siamo "trovati" dalla verità. E questa verità non chiude, non pone confini, ma apre. Perciò eravamo anche in dialogo franco e aperto con i fratelli musulmani, con i fratelli ebrei, tutti insieme responsabili per il dono della pace, per la pace proprio in questa parte della terra benedetta dal Signore, culla del cristianesimo e anche delle due altre religioni. Vogliamo continuare in questo cammino con forza, tenerezza e umiltà, e con il coraggio della verità che è amore e che nell’amore si apre.

    Ho detto che concludiamo questo Sinodo con il pranzo. Ma la vera conclusione domani è la convivialità col Signore, la celebrazione dell’Eucaristia. L’Eucaristia, in realtà, non è una conclusione ma un’apertura. Il Signore cammina con noi, è con noi, il Signore ci mette in movimento. E così, in questo senso, siamo in Sinodo, cioè in un cammino che continua anche dispersi: siamo in Sinodo, in un cammino comune. Preghiamo il Signore che ci aiuti. E grazie a voi tutti!


              Pope Benedict XVI (L) shakes hands with Antonios Naguib, Egypt's Coptic Catholic Patriarch of Alexandria, on the last day of a synod for Middle East bishops at the Vatican October 23, 2010.Pope Benedict XVI (C) addresses the audience during the last day of a synod for Middle East bishops at the Vatican October 23, 2010.





    Caterina63
    00domenica 24 ottobre 2010 16:20
    CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI, 24.10.2010

    Alle ore 9.30 di questa mattina, XXX Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali, in occasione della Conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola". (At 4,32)»
    Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:


    OMELIA DEL SANTO PADRE


                Pope Benedict XVI is pictured in St.Peter's Basilica at the Vatican on October 24, 2010. The Holy father urged all sides in the Middle East not to give up on peace and appealed for religious freedom to be respected as he wrapped up a two-week synod of bishops from the middle eastern region.Pope Benedict XVI  leads a procession by 180 members of the clergy from the Middle East in St.Peter's Basilica at the Vatican on October 24, 2010. The Holy father urged all sides in the Middle East not to give up on peace and appealed for religious freedom to be respected as he wrapped up a two-week synod of bishops from the middle eastern region.

    Venerati Fratelli,
    illustri Signori e Signore,
    cari fratelli e sorelle!


    A distanza di due settimane dalla Celebrazione di apertura, ci siamo radunati nuovamente nel giorno del Signore, intorno all’Altare della Confessione della Basilica di San Pietro, per concludere
    l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Nei nostri cuori c’è una profonda gratitudine a Dio che ci ha donato questa esperienza davvero straordinaria, non solo per noi, ma per il bene della Chiesa, del Popolo di Dio che vive nelle terre tra il Mediterraneo e la Mesopotamia. Come Vescovo di Roma, desidero partecipare questa riconoscenza a voi, venerati Padri sinodali: Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi. Ringrazio in particolare il Segretario Generale, i quattro Presidenti Delegati, il Relatore Generale, il Segretario Speciale e tutti i collaboratori, che in questi giorni hanno lavorato senza risparmio.

    Stamani abbiamo lasciato l’Aula del Sinodo e siamo venuti "al tempio per pregare"; per questo, ci riguarda direttamente la parabola del fariseo e del pubblicano raccontata da Gesù e riportata dall’evangelista san Luca (cfr 18,9-14). Anche noi potremmo essere tentati, come il fariseo, di ricordare a Dio i nostri meriti, magari pensando all’impegno di queste giornate. Ma, per salire al Cielo, la preghiera deve partire da un cuore umile, povero. E quindi anche noi, al termine di questo evento ecclesiale, vogliamo anzitutto rendere grazie a Dio, non per i nostri meriti, ma per il dono che Lui ci ha fatto. Ci riconosciamo piccoli e bisognosi di salvezza, di misericordia; riconosciamo che tutto viene da Lui e che solo con la sua Grazia si realizzerà quanto lo Spirito Santo ci ha detto. Solo così potremo "tornare a casa" veramente arricchiti, resi più giusti e più capaci di camminare nelle vie del Signore.

    La prima lettura e il Salmo responsoriale insistono sul tema della preghiera, sottolineando che essa è tanto più potente presso il cuore di Dio quanto più chi prega è in condizione di bisogno e di afflizione. "La preghiera del povero attraversa le nubi", afferma il Siracide (35,21); e il salmista aggiunge: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti" (34,19). Il pensiero va a tanti fratelli e sorelle che vivono nella regione mediorientale e che si trovano in situazioni difficili, a volte molto pesanti, sia per i disagi materiali, sia per lo scoraggiamento, lo stato di tensione e talvolta di paura. La Parola di Dio oggi ci offre anche una luce di speranza consolante, là dove presenta la preghiera, personificata, che "non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità" (Sir 35,21-22). Anche questo legame tra preghiera e giustizia ci fa pensare a tante situazioni nel mondo, in particolare nel Medio Oriente. Il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata in Dio, che vuole intervenire per aprire una via di uscita, per restituire un futuro di libertà, un orizzonte di speranza.

    Questa fiducia nel Dio vicino, che libera i suoi amici, è quella che testimonia l’apostolo Paolo nell’epistola odierna, tratta dalla Seconda Lettera a Timoteo. Vedendo ormai prossima la fine della vita terrena, Paolo traccia un bilancio: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede" (2 Tm 4,7). Per ognuno di noi, cari fratelli nell’episcopato, questo è un modello da imitare: ci conceda la Bontà divina di fare nostro un simile consuntivo! "Il Signore – prosegue san Paolo – mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero" (2 Tm 4,16-17). E’ una parola che risuona con particolare forza in questa domenica in cui celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale! Comunione con Gesù crocifisso e risorto, testimonianza del suo amore. L’esperienza dell’Apostolo è paradigmatica per ogni cristiano, specialmente per noi Pastori. Abbiamo condiviso un momento forte di comunione ecclesiale. Ora ci lasciamo per tornare ciascuno alla propria missione, ma sappiamo che rimaniamo uniti, rimaniamo nel suo amore.

    L’Assemblea sinodale che oggi si chiude ha tenuto sempre presente l’icona della prima comunità cristiana, descritta negli Atti degli Apostoli: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola" (At 4,32). E’ una realtà sperimentata nei giorni scorsi, in cui abbiamo condiviso le gioie e i dolori, le preoccupazioni e le speranze dei cristiani del Medio Oriente. Abbiamo vissuto l’unità della Chiesa nella varietà delle Chiese presenti in quella Regione.

    Guidati dallo Spirito Santo, siamo diventati "un cuore solo e un’anima sola" nella fede, nella speranza e nella carità, soprattutto durante le Celebrazioni eucaristiche, fonte e culmine della comunione ecclesiale, come pure nella Liturgia delle Ore, celebrata ogni mattina in uno dei 7 Riti cattolici del Medio Oriente. Abbiamo così valorizzato la ricchezza liturgica, spirituale e teologica delle Chiese Orientali Cattoliche, oltre che della Chiesa Latina. Si è trattato di uno scambio di doni preziosi, di cui hanno beneficiato tutti i Padri sinodali. E’ auspicabile che tale esperienza positiva si ripeta anche nelle rispettive comunità del Medio Oriente, favorendo la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche degli altri Riti cattolici e quindi ad aprirsi alle dimensioni della Chiesa universale.

    La preghiera comune ci ha aiutato anche ad affrontare le sfide della Chiesa Cattolica nel Medio Oriente. Una di esse è la comunione all’interno di ogni Chiesa sui iuris, come pure nei rapporti tra le varie Chiese Cattoliche di diverse tradizioni. Come ci ha ricordato l’odierna pagina del Vangelo (cfr Lc 18,9-14), abbiamo bisogno di umiltà, per riconoscere i nostri limiti, i nostri errori ed omissioni, per poter veramente formare "un cuore solo e un’anima sola". Una più piena comunione all’interno della Chiesa Cattolica favorisce anche il dialogo ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali. La Chiesa Cattolica ha ribadito anche in quest’Assise sinodale la sua profonda convinzione di proseguire tale dialogo, affinché si realizzi compiutamente la preghiera del Signore Gesù "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17,21).

    Ai cristiani nel Medio Oriente si possono applicare le parole del Signore Gesù: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12,32). Infatti, anche se poco numerosi, essi sono portatori della Buona Notizia dell’amore di Dio per l’uomo, amore che si è rivelato proprio in Terra Santa nella persona di Gesù Cristo. Questa Parola di salvezza, rafforzata con la grazia dei Sacramenti, risuona con particolare efficacia nei luoghi in cui, per divina Provvidenza, è stata scritta, ed è l’unica Parola in grado di rompere il circolo vizioso della vendetta, dell’odio, della violenza. Da un cuore purificato, in pace con Dio e con il prossimo, possono nascere propositi ed iniziative di pace a livello locale, nazionale ed internazionale. In tale opera, alla cui realizzazione è chiamata tutta la comunità internazionale, i cristiani, cittadini a pieno titolo, possono e debbono dare il loro contributo con lo spirito delle beatitudini, diventando costruttori di pace ed apostoli di riconciliazione a beneficio di tutta la società.

    Da troppo tempo nel Medio Oriente perdurano i conflitti, le guerre, la violenza, il terrorismo. La pace, che è dono di Dio, è anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali ed internazionali, in particolare degli Stati più coinvolti nella ricerca della soluzione dei conflitti.

    Non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente. "Chiedete pace per Gerusalemme" – ci dice il Salmo (122,6). Preghiamo per la pace in Terra Santa. Preghiamo per la pace nel Medio Oriente, impegnandoci affinché tale dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà si diffonda nel mondo intero.

    Un altro contributo che i cristiani possono apportare alla società è la promozione di un’autentica libertà religiosa e di coscienza, uno dei diritti fondamentali della persona umana che ogni Stato dovrebbe sempre rispettare.

    In numerosi Paesi del Medio Oriente esiste la libertà di culto, mentre lo spazio della libertà religiosa non poche volte è assai limitato. Allargare questo spazio di libertà diventa un’esigenza per garantire a tutti gli appartenenti alle varie comunità religiose la vera libertà di vivere e professare la propria fede. Tale argomento potrebbe diventare oggetto di dialogo tra i cristiani e i musulmani, dialogo la cui urgenza ed utilità è stata ribadita dai Padri sinodali.

    Durante i lavori dell’Assemblea è stata spesso sottolineata la necessità di riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono allontanate dalla Chiesa. Spesso è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente. Si tratta di un tema assai diffuso, soprattutto nei Paesi di antica cristianizzazione. Anche la recente creazione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione risponde a questa profonda esigenza.

    Per questo, dopo aver consultato l’episcopato del mondo intero e dopo aver sentito il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, ho deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nel 2012, al seguente tema: "Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".


    Cari fratelli e sorelle del Medio Oriente! L’esperienza di questi giorni vi assicuri che non siete mai soli, che vi accompagnano sempre la Santa Sede e tutta la Chiesa, la quale, nata a Gerusalemme, si è diffusa nel Medio Oriente e in seguito nel mondo intero. Affidiamo l’applicazione dei risultati dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente, come pure la preparazione di quella Generale Ordinaria, all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della Pace. Amen.




                    Pope Benedict XVI waves after celebrating a mass marking the conclusion of the synod of bishops from the Middle East in St. Peter's Basilica at the Vatican October 24, 2010. Pope Benedict called on Islamic countries in the Middle East on Sunday to guarantee freedom of worship to non-Muslims and said peace in the region was the best remedy for a worrying exodus of Christians.

               Pope Benedict XVI blesses a child at the end of a Mass concluding the synod of bishops from the Middle East, in St. Peter's Basilica at the Vatican, Sunday, Oct. 24,  2010.




    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 24.10.2010

    Al termine della Santa Messa celebrata questa mattina nella Basilica Vaticana per la conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Con la
    solenne Celebrazione di questa mattina nella Basilica Vaticana si è conclusa l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, sul tema: "La Chiesa Cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza".
    In questa domenica, inoltre, ricorre la Giornata Missionaria Mondiale, che ha per motto: "La costruzione della comunione ecclesiale è la chiave della missione".
    Colpisce la somiglianza tra i temi di questi due eventi ecclesiali. Entrambi invitano a guardare alla Chiesa come mistero di comunione che, per sua natura, è destinato a tutto l’uomo e a tutti gli uomini. Il Servo di Dio Papa Paolo VI così affermava: "La Chiesa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione" (Esort. Ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, 14: AAS 68, [1976], p. 13).

    Per questo la prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nel 2012, sarà dedicata al tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". In ogni tempo e in ogni luogo – anche oggi nel Medio Oriente – la Chiesa è presente e opera per accogliere ogni uomo e offrirgli in Cristo la pienezza della vita. Come scriveva il teologo italo-tedesco Romano Guardini: "La realtà «Chiesa» implica tutta la pienezza dell’essere cristiano che si sviluppa nella storia, in quanto essa abbraccia la pienezza dell’umano che è in rapporto con Dio" (Formazione liturgica, Brescia 2008, 106-107).

    Cari amici, nella Liturgia odierna si legge la testimonianza di san Paolo riguardo al premio finale che il Signore consegnerà "a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione" (2 Tm 4,8).

    Non si tratta di un’attesa inoperosa o solitaria, al contrario! L’Apostolo ha vissuto in comunione con Cristo risorto per "portare a compimento l’annuncio del Vangelo" così che "tutte le genti lo ascoltassero" (2 Tm 4,17).

    Il compito missionario non è rivoluzionare il mondo, ma trasfigurarlo, attingendo la forza da Gesù Cristo che "ci convoca alla mensa della sua Parola e dell’Eucaristia, per gustare il dono della sua Presenza, formarci alla sua scuola e vivere sempre più consapevolmente uniti a Lui, Maestro e Signore" (
    Messaggio per la 84.ma Giornata Missionaria Mondiale). Anche i cristiani di oggi – come è scritto nella lettera A Diogneto – "mostrano come sia meravigliosa e … straordinaria la loro vita associata. Trascorrono l’esistenza sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere oltrepassano le leggi … Sono condannati a morte, e da essa traggono vita. Pur facendo il bene, sono … perseguitati e crescono di numero ogni giorno». (V, 4.9.12.16; VI, 9 [SC 33], Paris 1951, 62-66).

    Alla Vergine Maria, che da Gesù Crocifisso ha ricevuto la nuova missione di essere Madre di tutti coloro che vogliono credere in Lui e seguirlo, affidiamo le comunità cristiane del Medio Oriente e tutti i missionari del Vangelo.

    DOPO L’ANGELUS

    Sono lieto di ricordare che ieri, a Vercelli, è stata proclamata beata Suor Alfonsa Clerici, della Congregazione del Preziosissimo Sangue di Monza, nata a Lainate, presso Milano, nel 1860, e morta a Vercelli nel 1930. Rendiamo grazie a Dio per questa nostra Sorella, che Egli ha guidato alla perfetta carità.

    (...)

    Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare quelli che hanno preso parte all’iniziativa "Le Vie di Roma nel Lazio", per valorizzare gli antichi itinerari di pellegrinaggio verso Roma. Saluto le Suore di Carità dell’Assunzione con un gruppo della Fraternità di Comunione e Liberazione, e i partecipanti all’Ecorally San Marino-Città del Vaticano. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie.

                                Pope Benedict XVI (C) celebrates a mass marking the conclusion of the synod of bishops from the Middle East in St. Peter's Basilica at the Vatican October 24, 2010. Pope Benedict called on Islamic countries in the Middle East on Sunday to guarantee freedom of worship to non-Muslims and said peace in the region was the best remedy for a worrying exodus of Christians.
    Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
    Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:41.
    Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com