Il Sacramento della Confessione-Riconciliazione

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Caterina63
00lunedì 5 gennaio 2009 18:32
Sia lodato Gesù Cristo![SM=g1740720]
 

Non apro questo forum per fare alcuna dottrina o qualche insegnamento, ma per proporre a tutti noi un Esame di Coscienza prima di approfondire il concetto dottrinale di questo sublime Sacramento[SM=g1740717]
 

- Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio all'infuori di me; non ti affiderai nè farai idoli che possano sostituire l'adorazione che devi a Me, perchè Io Sono Colui che ti ha Creato e che ti ama immensamente; Io Sono il solo che ha dato la vita per te, che ti ha preso in adozione come Figlio; Io Sono Colui che per mezzo del Verbo Incarnato ti ha riscattato pagando con il Sangue il tuo riscatto. Io Sono e Io TI AMO!
 

Meditazione:
 

Ho mancato alle Preghiere? Le assolvo con pigrizia? Mi vergogno di mostrarmi cristiano e cattolico con la scusa del < rispetto umano" ? Sono stato pigro nell'imparare mediante le Scritture di chi sono Figlio? Ho letto libri o riviste che offendono il mio spirito e quindi che offendono Dio?  Mi sono vergognato di difendere la mia fede se ho sentito qualcuno bestemmiare? Ho sostituito l'adorazione che devo a Dio soltanto con la superstizione di oggetti vari o con il danaro? Ho consultato maghi, carte, tarocchi, lettura della mano, ponendo in essi la fiducia che devo solo a Dio? Ho tentato Dio imponendogli di risolvermi i problemi quotidiani? Ho detto a Dio: Signore, io ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell'anima mia...?
 

- Esame di coscienza per valutare le mancanze contro la Fede, la Speranza e la Carità:
 

Meditazione:
 

Ho rifiutato consapevolmente una o più verità rivelate da Dio mediante l'insegnamento della Santa Chiesa? Ho rifiutato di studiare le prove che la Chiesa mi propone mediante il Magistero a beneficio della mia fede ricevuta come dono?
Ho mancato di fiducia verso la Provvidenza di Dio? Credo veramente nella speranza cristiana? Posso dire di aver testimoniato con eroismo e spirito di sacrificio questa speranza? Credo nella Preghiera quale unica e potente arma contro le forze del Male e a beneficio di quanti non credono?
Ho mancato di pregare per quanti non credono, non amano e non sperano?
Ho sprecato il mio tempo a pensare solo a me stesso senza donare la Carità al prossimo? Ho ecceduto nel materialismo sia materiale che intellettuale? Ho profanato in qualche modo i Sacramenti specialmente la Santa Eucarestia? Mi sono sforzato di comprendere che cosa vuol dire avere la Carità? Quanto esercito questa virtù? Riesco a vedere nel prossimo Gesù che mi ama e mi vuole salvare? Ho commesso oppure ho appoggiato o favorito in qualche modo un aborto? Ho disprezzato chi, nella fede, la pensa diversamente da me? Ho giudicato e condannato qualcuno ritenendomi superiore a lui? Ho prestato danaro o altro richiedendo un esoso guadagno?
 

- Non nominare il Nome di Dio invano; Santifichiamo le Feste; Onoriamo i genitori.
 

Meditazione:
 

Ho imprecato contro Dio ritenendolo colpevole dei miei guai? Ho violato, sono venuto meno ai giuramenti o le promesse fatte a Dio mediante il Battesimo? Ho mancato di rispetto verso Dio, i Santi e il Nome della SS.ma Madre?
Credo veramente nel valore della Santa Messa? Ho profanato il giorno dedicato al Signore con riunioni o divertimenti che offendono Dio? Mi sforzo di comprendere che durante la Messa non sono uno spettatore, ma -sacerdote- con il Sacerdote e che quindi con lui offro al Padre l'eterno sacrificio di Gesù? Come Figlio quanto ho mancato di rispetto ai miei genitori? Riesco ad applicarmi nell'esercizio dell'obbedienza e della sottomissione? Prego per loro? Ho disprezzato i loro consigli?
Come genitore: mi sono preoccupato di educare i figli secondo la dottrina cristiana? Ho mantenuto fede agli impegni Battesimali? Prego con loro? Li invito alla ricezione dei Sacramenti? Quanto tempo dedico a loro per parlare e per ascoltarli? Mi preoccupo di dare loro solo cose materiali o mi preoccupo dei beni spirituali? Ho ostacolato in qualche modo il loro desiderio verso la vocazione sacerdotale-religiosa? In casa riesco a creare un clima di agape fraterna-cristiana?
 

- Sposi (fidanzati); lavoratori; superiori
 

Meditazioni:
 

Ho anteposto i piaceri della carne e della lussuria alle cose dello Spirito? L'amore verso il coniuge include la Carità e la premura e il rispetto? Tratto il coniuge da essere inferiore, lo umilio in qualche modo?
Ho mancato di onestà sul posto di lavoro? Ho abusato della fiducia dei miei superiori? Ho rubato? Ho professato la mia fede cristiana o mi sono vergognato? Conduco discorsi degni della fede donata? Adopero la Carità anche quando un lavoro non mi piace?
Ho punito qualcuno in modo disonesto?
Ho vigilato con cura la moralità nell'ambiente che mi è stato affidato? Ho favorito la preghiera di quanti sono sottoposti a lavorare nel mio ambiente? Pratico l'onestà, la Carità, la pazienza, il perdono?
 

- Peccati Capitali: Orgoglio; Avarizia; Lussuria; Invidia; Gola; Ira; Accidia...
 

Meditazione:
 

La stima di me stesso supera l'adorazione che devo a Dio solo? Quanto orgoglio impongo al mio comportamento fra la gente? Mi compiaccio dei complimenti ?  Sono schiavo del < cosa penserà la gente di me >, o della moda, della vanità, della possessione di qualche cosa?
Quanto sono attaccato ai beni terreni? Il senso dell'elemosina mi commuove oppure è un atto d'abitudine? Pratico il gioco d'azzardo come avessi una malattia? Mi sono comportato da usuraio? Ho fatto soffrire qualcuno per un debito che mi doveva?
Mi vesto in modo provocatorio per attirare su di me l'attenzione? Deirdo la moralità e i costumi cristiani che la Chiesa mi insegna a mio beneficio? Ho scandalizzato qualcuno con i miei comportamenti rivolti alla lussuria?
Sono invidioso del successo degli altri? Mi compiaccio del male o di una malattia che ha colpito qualcuno che ritengo un -nemico-? Ho fatto del male a qualcuno a causa dell'invidia?
Riguardo alla gola, ho anteposto desiderio del cibo nei confronti dell'Eucarestia? Riesco a fare dei sacrifici di rinuncia per amore di qualcosa gradita a Dio?
Perdo spesso la pazienza? Sono una persona irosa? Ricerco i motivi dell'odio che vive in me? Ho dato cattivi consigli? Conservo sentimenti di odio per un male ricevuto? Medito la vendetta?
L'accidia è la pigrizia: pratico la mia fede con pigrizia? Sono pigro nei miei doveri quotidiani? Mi sforzo di correggere i miei difetti o mi soffermo a compiangerli o a criticare quelli degli altri?
Ho mancato di compiere gli obblighi sociali che la mia categoria lavoratrice mi impone per l'andamento della società? Come medico sono prodigo verso i malati? Li tratto amorevolmente? Come avvocato pratico la giustizia vera? Come giudice sono imparziale? Come professore insegno con pigrizia?
Mi accosto senza pigrizia al confessionale?
 

< Signore! Allontanati da me, perchè sono peccatore! Non son degno di essere chiamato -tuo figlio- ma io spero nella Tua misericordia e nella Tua bontà. Abbi pietà di me, perdonami e salvami! >
 

Quando avremmo ricevuto l'assoluzione dei nostri peccati, ricordiamoci di essere stati perdonati!
 
[SM=g1740750]


Parabola del Ricco  e di Lazzaro raccontata da Gesù...

...Avete notato un particolare in questa lettura? Ditemi come si chiama il ricco.....( a questo punto il gruppo dei ragazzi coinvolti ha risposto che il ricco NON HA UN NOME[SM=g7574] )....Lazzaro invece ha un nome proprio in ebraico Lazzaro si dice EL-AZAR che vuol dire DIO HA SALVATO...sapendo che nei Vangeli e nella Bibbia tutto ha un significato che va trovato dentro le parole, questo particolare dei nomi per noi diventa importante: il ricco della parabola assume e può assumere il nome di ognuno di noi...oppure abbiamo un altro modo di leggere il brano: ogni cosa conosciuta, creata e scoperta HA UN NOME.....in questo caso il ricco appare come un NON CONOSCIUTO DA DIO ed è uno che NON conosce Dio....La sua condanna non è legata ai suoi possedimenti, ma a questa non conoscenza di Dio che lo ha indotto ad usare malamente quanto possedeva elo ha portato egli stesso ad ESCLUDERSI dalla partecipazione con Dio attraverso Lazzaro, il povero.
La nostra ricchezza è alimentata continuamente dalla Provvidenza: se io sono un buon avvocato, per ottenere fama e benessere devo aver in qualche modo messo a servizio della professione le qualità che sono un dono di Dio. La ricchezza non è soltanto denaro, ma anche le doti che abbiamo che spesso ci portano a raggiungere anche una certa ricchezza materiale, un poeta è ricco anche se vive poveramente; l'artista ha una ricchezza dentro di sè che è dono di Dio, e così via tutti siamo in qualche modo ricchi, anche il povero di spirito è un ricco, ma quando si parla di Lazzaro povero sappiamo benissimo che cosa è accaduto.

Ricordiamo allora di questa parabola che il nome del ricco potrebbe diventare il nostro![SM=g7831]

L'accurato esame di coscienza che ci viene offerto di fare all'inizio della Messa, ci deve indurre a cambiare atteggiamento, come suggerisce lo stesso Abramo nella parabola: hanno i profeti CHE LI ASCOLTINO! Siamo invitati ad ascoltare per accogliere la Parola di Dio e per vivere di conseguenza....

Com'è allora il mio atteggiamento verso il Lazzaro del mio tempo? Come uso le doti che Dio mi ha dato? Che uso ne faccio della Provvidenza che mi ha messo in condizioni di vivere bene e meglio di altri? Quanto il mio egoismo mi impedisce di ringraziare e di essere provvidenza verso chi ha bisogno?
Quanto disprezzo le briciole della Mensa?

Vediamo qui che Lazzaro non disprezza il suo stato di povertà, ha imparato a convivere con uno stato che non si era scelto, ma ci si era ritrovato.....sperando da Dio una provvidenza continua....La Provvidenza si serve degli uomini, si serve di ognuno di noi.
Ecco...in questa settimana riflettiamo sul nostro comportamento rileggendo questa parabola e provando a metterci noi stessi in uno stato di riflessione che diventi un cambiamento là dove ci renderemo conto di non essere come Gesù ci chiede di essere....[SM=g1740717]


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27 Gennaio 2005 Udienza di Giovanni PaoloII
Il Signore ascolta
la preghiera dell’umile
 

 

1. Nel Salmo 114, che ora è stato proclamato, la voce del Salmista esprime amore riconoscente verso il Signore, dopo l’esaudimento di una intensa supplica: «Amo il Signore perché ascolta il grido della mia preghiera. Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo» (vv. 1-2). Subito dopo questa dichiarazione di amore si ha una viva descrizione dell’incubo mortale che ha attanagliato la vita dell’orante (cfr vv. 3-6).
Il dramma è raffigurato con i simboli abituali nei Salmi. Le funi che avvincono l’esistenza sono quelle della morte, i lacci che la angustiano sono le spire degli inferi, che vogliono attrarre a sé i viventi senza mai placarsi (cfr Prv 30,15-16).

2. L’immagine è quella di una preda caduta nella trappola di un inesorabile cacciatore. La morte è come una morsa che stringe (cfr Sal 114,3). Alle spalle dell’orante si trova, quindi, un rischio di morte, accompagnato da un’esperienza psichica dolorosa: «Mi opprimevano tristezza e angoscia» (v. 3). Ma da quell’abisso tragico un grido è stato lanciato verso l’unico che può stendere la mano e strappare l’orante angosciato da quel groviglio inestricabile: «Ti prego, Signore, salvami!» (v. 4).
È una preghiera breve ma intensa dell’uomo che, trovandosi in situazione disperata, si aggrappa all’unica tavola di salvezza. Così nel Vangelo gridarono i discepoli nella tempesta (cfr Mt 8,25), così implorò Pietro quando, camminando sul mare, cominciava ad affondare (cfr Mt 14,30).

3. Salvato, l’orante proclama che il Signore è «buono e giusto», anzi «misericordioso» (Sal 114,5). Quest’ultimo aggettivo, nell’originale ebraico, rimanda alla tenerezza della madre, di cui evoca le «viscere».
La fiducia autentica sente sempre Dio come amore, anche se in qualche momento è difficile intuire il percorso del suo agire. Rimane comunque certo che «il Signore protegge gli umili» (v. 6). Dunque, nella miseria e nell’abbandono si può sempre contare su di lui, «padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 67,6).

4. Inizia ora un dialogo del Salmista con la sua anima, che proseguirà nel successivo Salmo 115, da considerarsi un tutt’uno col nostro. È quanto ha fatto la tradizione giudaica, dando origine all’unico Salmo 116, secondo la numerazione ebraica del Salterio. Il Salmista invita la sua anima a ritrovare la pace serena dopo l’incubo mortale (cfr Sal 114,7).
Il Signore, invocato con fede, ha teso la mano, ha spezzato le funi che avvincevano l’orante, ha asciugato le lacrime dai suoi occhi, ha fermato la sua discesa precipitosa nell’abisso infernale (cfr v. 8). La svolta è ormai netta e il canto finisce con una scena di luce: l’orante ritorna «sulla terra dei viventi», ossia sulle strade del mondo, per camminare alla «presenza del Signore». Egli si unisce alla preghiera comunitaria nel tempio, anticipazione di quella comunione con Dio che l’attenderà alla fine della sua esistenza (cfr v. 9).

5. Vorremmo riprendere in finale i passi più importanti del Salmo, lasciandoci guidare da un grande scrittore cristiano del III sec., Origene, il cui commento in greco al Salmo 114 ci è giunto nella versione latina di san Girolamo.
Leggendo che il Signore «verso di me ha teso l’orecchio», egli osserva: «Noi siamo piccoli e bassi, né possiamo allungarci e sollevarci in alto, il Signore per questo china l’orecchio e si degna di ascoltarci. In fin dei conti, dato che siamo uomini e non possiamo divenire dèi, Dio si è fatto uomo e si è chinato, secondo quello che è scritto: "Chinò i cieli e discese" (Sal 17,10)».
Infatti, continua più innanzi il Salmo, «il Signore protegge gli umili» (Sal 114,6): «Se uno è grande, si esalta ed è superbo, costui il Signore non lo protegge; se uno si crede grande, di costui il Signore non ha misericordia; ma se uno si abbassa, il Signore ha misericordia di lui e lo protegge. Tanto che dice: "Ecco che io e i piccini che il Signore mi ha dato" (Is 8,18). E ancora: "Mi sono umiliato, ed egli mi ha salvato"».

Così colui che è piccolo e misero può tornare alla pace, al riposo, come dice il Salmo (cfr Sal 114,7) e come commenta lo stesso Origene: «Quando si dice: "Ritorna al tuo riposo", è segno che prima aveva il riposo, e poi l’ha perduto... Dio ci ha creati buoni e ci ha fatti arbitri delle nostre decisioni, e ci ha messi tutti nel paradiso, insieme con Adamo. Ma poiché, per nostra libera decisione, siamo precipitati da quella beatitudine, finendo in questa valle di lacrime, per questo il giusto esorta la propria anima a ritornare là di dov’è caduta... "Ritorna, anima mia, al tuo riposo: perché il Signore ti ha beneficato". Se tu, anima ritorni al paradiso, non è perché ne sia degna, ma perché è opera della misericordia di Dio. Se sei uscita dal paradiso, è stato per tua colpa; invece il farvi ritorno è opera della misericordia del Signore. Diciamo anche noi alla nostra anima: "Ritorna al tuo riposo". Il nostro riposo è Cristo, nostro Dio» (Origene-Gerolamo, 74 Omelie sul libro dei Salmi, Milano 1993, pp. 409.412-413).
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[SM=g1740771]
 
 

 

 
Caterina63
00lunedì 5 gennaio 2009 21:18
 
Amici...in un forum un amico ha proposto una domanda interessantissima....io l'ho spiegata con una mia esperienza personale che vi condivido con gioia...[SM=g1740717] .....
 
Uno la confessione non la farebbe neanche al suo migliore amico (figuriamoci al sacerdote)
?
A qualcuno di voi è mai capitato?
A me è capitato di tenermi sul generico...
in fin dei conti l'importante è dire l'essenziale
mica spulciare in profondità
uno ha anche una privacy
no?
Le cosiddette cose "inconfessabili" esistono o no?

 
LA MIA RISPOSTA[SM=g7799] :
 
Caro ****....sfondi una porta aperta, almeno per quanto riguarda la mia esperienza....[SM=g7574]
Anch'io la pensavo come te e come te...non dicevo tutto al sacerdote....mi tenevo sul generico...ILLUDENDOMI che tanto Gesù sapeva cosa gli volessi dire...in fondo nel confessionale ero entrata, ed anche l'intenzione del pentimento c'era....ma pian piano mi resi conto che la mia confessione non era mai completa...[SM=g7831]
Con amici sacerdoti che non si conoscono fra loro, indagai sui termini della confessione non parlando ovviamente di me stessa......ed entrambi pur dicendo cose diverse o aggirando anch'essi l'ostacolo, su una cosa erano all'unanimità: NON CI SI PRENDE GIOCO DI DIO...[SM=g7831] ...
Il pensare che entrando nel confessionale per quanto le intenzioni fossero buone, ma senza tener conto della responsabilità di dover dire tutto di ciò che almeno si conosce, diventa una presa in giro prima di tutto a noi stessi, eccola L'ILLUSIONE......e poi a Dio che se ne dispiace fortemente perchè......MANCHIAMO DI FIDUCIA.....
Capii allora che quel tacere non era una difesa giustificabile...ma era una mancanza di fiducia......
Durante questo cammino di comprensione della confessione, avvertivo un NON appagamento quando ne uscivo....MI MANCAVA SEMPRE QUALCOSA.....all'inizio attribuii questa carenza ad un dubbio verso l'efficacia del sacramento.....poi mi resi conto che era un ENNESIMO INGANNO della Scimmia di Dio......la carenza che avvertivo era la mia INCOMPLETEZZA...iniziai a pregare come non mai...avevo un peso sullo stomaco da tre mesi, come un cancro..illudendomi che tanto Dio l'avesse perdonato dal momento che comuque io ero veramente pentita e che effettivamente cambiai la rotta....ma non valse a nulla.....il peccato invece di essermi liberatorio dopo il pentimento, stava diventando un macigno....[SM=g7831] ...

Presi ad andare a Messa ogni mattina per chiedere l'aiuto......facevo anche l'Eucarestia.....ti faccio riflettere su questo strano fenomeno che avvertivo: dopo aver fatto la Comunione e iniziavo i lavori a casa avvertivo spesso un NODO ALLA BOCCA DELLO STOMACO che lentamente saliva alla gola per l'esofago.....e solo con alcuni sorsi d'acqua scompariva.....per poi ritornare sempre dopo fatta la Comunione.....E non credere....ho fatto anche L'ENDOSCOPIA per verificare che non avessi qualche ulcera (i sintomi erano quelli) , ma non risultò mai nulla......il fatto si verificò lungo tutto l'anno da quando avevo iniziato a chiarire la mia situazione nel confessionale...[SM=g7574]
La terza mattina di quella settimana di preghiera, dopo la Comunione avvertii dentro di me una potenza indescrivibile che mi spingeva verso il confessionale......avevo finito di piangere per l'amarezza che provavo...ricordo solo che non fui io con le mie sole forze ad avviarmi verso il sacerdote finita la Messa, era Qualcun altro che mi ci stava portando....
Entrata spiegai tutto dun fiato il mio calvario e finalmente tirai FUORI DAL CUORE QUEL CANCRO.......
Ricordo come fosse ora il viso sorridente del sacerdote che mi disse: < Ma tu guarda...questo piccolissimo cancro quanto disturbo ti recava!! Vedi spesso pensiamo a peccati enormi, agli omicidi, alle cose grandi, ma Gesù se ci ha abituati alle cose piccole vuol dire che anche i peccati piccoli possono diventare dannosi.....Non era in sè stesso il peccato che già ti era stato perdonato a tormentarti, ma IL DUBBIO CHE HAI AVUTO SULL'EFFICACIA DI RACCONTARE A GESU' TUTTA LA VERITA'....Non possiamo ingannare Dio! >
Uscita dal confessionale mi sembrava di volare.....il nodo allo stomaco era sparito....da allora non soffro più di quel dolore e nella Confessione ora sono un libro aperto, almeno per quanto riguarda ciò che so......andare a confessarmi da quel giorno è diventato per me UNA FESTA...[SM=g1740722] ..
Amico mio, rammenta...con Dio non può esistere nessuna privacy specialmente se vogliamo chiamarlo PADRE NOSTRO....[SM=g7560]
Egli indubbiamente ci rispetta e ci ASPETTA, e sa già TUTTO di noi, il dire TUTTA LA VERITA', che per altro divenne nella storia dell'Uomo anche LEGGE davanti ad un Tribunale...è un BENE PER NOI e ci libera da ogni peso....

[SM=g1740722]
Caterina63
00lunedì 16 febbraio 2009 19:26
All'Angelus il Papa riafferma il valore del sacramento della Penitenza nella vita cristiana

Gesù guarisce l'uomo
da ogni morte religiosa e civile


Il sacramento del Perdono "oggi va riscoperto ancor più nel suo valore e nella sua importanza per la nostra vita cristiana". Lo ha affermato Benedetto XVI all'Angelus di domenica 15 febbraio, nella riflessione con i fedeli in piazza San Pietro.

Cari fratelli e sorelle!
In queste domeniche, l'evangelista san Marco ha offerto alla nostra riflessione una sequenza di varie guarigioni miracolose. Oggi ce ne presenta una molto singolare, quella di un lebbroso sanato (cfr. Mc 1, 40-45), che si avvicinò a Gesù e, in ginocchio, lo supplicò:  "Se vuoi, puoi purificarmi!". Egli, commosso, stese la mano, lo toccò e gli disse:  "Lo voglio, sii purificato!". Istantanea si verificò la guarigione di quell'uomo, al quale Gesù domandò di non rivelare il fatto, e di presentarsi ai sacerdoti per offrire il sacrificio prescritto dalla legge mosaica. Quel lebbroso sanato, invece, non riuscì a tacere ed anzi proclamò a tutti ciò che gli era accaduto, così che - riferisce l'evangelista - ancor più numerosi i malati accorrevano da Gesù da ogni parte, sino a costringerlo a rimanere fuori delle città per  non  essere  assediato  dalla gente.
 
Disse Gesù al lebbroso:  "Sii purificato!". Secondo l'antica legge ebraica (cfr. Lv 13-14), la lebbra era considerata non solo una malattia, ma la più grave forma di "impurità" rituale. Spettava ai sacerdoti diagnosticarla e dichiarare immondo il malato, il quale doveva essere allontanato dalla comunità e stare fuori dall'abitato, fino all'eventuale e ben certificata guarigione.

La lebbra perciò costituiva una sorta di morte religiosa e civile, e la sua guarigione una specie di risurrezione. Nella lebbra è possibile intravedere un simbolo del peccato, che è la vera impurità del cuore, capace di allontanarci da Dio. Non è in effetti la malattia fisica della lebbra, come prevedevano le vecchie norme, a separarci da Lui, ma la colpa, il male spirituale e morale. Per questo il Salmista esclama:  "Beato l'uomo a cui è tolta la colpa / e coperto il peccato". E poi, rivolto a Dio:  "Ti ho fatto conoscere il mio peccato, / non ho coperto la mia colpa. / Ho detto:  Confesserò al Signore le mie iniquità, / e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato" (Sal 31/32, 1.5).

I peccati che commettiamo ci allontanano da Dio, e, se non vengono confessati umilmente confidando nella misericordia divina, giungono sino a produrre la morte dell'anima. Questo miracolo riveste allora una forte valenza simbolica. Gesù, come aveva profetizzato Isaia, è il Servo del Signore che "si è caricato delle nostre sofferenze, / si è addossato i nostri dolori" (Is 53, 4). Nella sua passione, diventerà come un lebbroso, reso impuro dai nostri peccati, separato da Dio:  tutto questo farà per amore, al fine di ottenerci la riconciliazione, il perdono e la salvezza. Nel Sacramento della Penitenza Cristo crocifisso e risorto, mediante i suoi ministri, ci purifica con la sua misericordia infinita, ci restituisce alla comunione con il Padre celeste e con i fratelli, ci fa dono del suo amore, della sua gioia e della sua pace.

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, che Dio ha preservato da ogni macchia di peccato, affinché ci aiuti ad evitare il peccato e a fare frequente ricorso al Sacramento della Confessione, il Sacramento del Perdono, che oggi va riscoperto ancor più nel suo valore e nella sua importanza per la nostra vita cristiana.


(©L'Osservatore Romano - 16-17 febbraio 2009)
Caterina63
00lunedì 16 marzo 2009 11:46
ATTENZIONE:

Messaggio del Papa: Il senso del peccato- Formazione delle coscienze




"Formare rettamente le coscienze" è una priorità pastorale di fronte a una società che sta smarrendo il senso del peccato:  lo scrive il Papa nel messaggio ai partecipanti al XX corso per il foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica.



Anzitutto, la catechesi. Come tutti i sacramenti, anche quello della Penitenza richiede una catechesi previa e una catechesi mistagogica per approfondire il sacramento "per ritus et preces", come ben sottolinea la Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium del Vaticano ii (cfr. n. 48). Una adeguata catechesi offre un contributo concreto all'educazione delle coscienze stimolandole a percepire sempre meglio il senso del peccato, oggi in parte sbiadito o peggio obnubilato da un modo di pensare e di vivere "etsi Deus non daretur", secondo la nota espressione di Grotius, tornata di grande attualità, e che denota un relativismo chiuso al vero senso della vita.

Alla catechesi va unito un sapiente utilizzo della predicazione, che nella storia della Chiesa ha conosciuto forme diverse secondo la mentalità e le necessità pastorali dei fedeli. Anche oggi, nelle nostre comunità si praticano vari stili di comunicazione che utilizzano sempre più i moderni strumenti telematici a nostra disposizione. In effetti, gli attuali media, se da un lato rappresentano una sfida con cui misurarsi, dall'altra offrono provvidenziali opportunità per annunciare in modo nuovo e più vicino alle sensibilità contemporanee la perenne ed immutabile Parola di verità che il divin Maestro ha affidato alla sua Chiesa.



[SM=g1740733]



(Gino61)
00martedì 16 giugno 2009 12:02
La confessione
Autore: Gianpaolo BARRA
 
Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "il Timone", ha tenuto a Radio Maria il 14 settembre 2002.
Conserviamo lo stile colloquiale e la suddivisione in· paragrafi utilizzata per i suoi appunti dall' autore.

1.
Affrontiamo un tema importante per la fede cattolica, anche se, dobbiamo dire, molti credenti fanno fatica a comprenderlo bene e altri, purtroppo, lo mettono adirittura in discussione. Parleremo del Sacramento della Confessione.
2. Molti si domandano per quale motivo dobbiamo confessare i nostri peccati a un sacerdote. Molti si chiedono se non sarebbe meglio, come fanno i protestanti, chiedere direttamente perdono a Dio delle proprie colpe. Senza il bisogno della mediazione della Chiesa e del sacerdote.
3. Alcuni vivono la Confessione con disagio, perché trovano qualche difficoltà a mettere a nudo le proprie miserie spirituali e accusarsene danti a un sacerdote.
4. I cristiani del mondo protestante ritengono che Gesù non abbia istituito questo sacramento e che la Chiesa lo abbia inventato.
5. Come rispondere a queste osservazioni? Certamente è indispensabile conoscere la dottrina cattolica, e quindi invito a studiare quegli articoli del Catechismo che trattano della Confessione.
6. Ma noi vogliamo interrogare la storia della Chiesa, e alla storia chiederemo di farci sapere come si comportavano i primi cristiani.
7. Credevano anch’essi che la Confessione è un sacramento istituito da gesù, oppure – pensano i Protestanti e i Testimoni di Geova – questa è una invenzione della Chiesa cattolica?
8. Come si comportavano i primi cristiani per ottenere da Dio il perdono dei loro peccati? Ricorrevano alla mediazione della Chiesa, oppure la Chiesa è intervenuta dopo, nel corso della sua storia, quando ha pensato che fosse necessario tenere sotto controllo i comportamenti e addirittura i pensieri dei suoi fedeli?
 La dottrina cattolica

9. Secondo la dottrina cattolica, soltanto Dio ha il potere di perdonare i peccati. Si legge nel Vangelo: “Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" (Mc 2,10) e Gesù esercita questo potere divino: “Ti sono rimessi i tuoi peccati", dice Gesù al paralitico (Mc2,5) e alla peccatrice (Lc 7,48).
10. Dio ha affidato l'esercizio di questo potere alla Chiesa e la Chiesa lo esercita nel Sacramento della Confessione. A Simon Pietro, Gesù ha detto: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16, 19). Il potere di “legare e sciogliere” è stato conferito da Gesù anche agli Apostoli, dunque alla Chiesa (Mt 18, 18).
11. Spiega il Catechismo: “Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio” (n. 1445)
12. Quindi, “legando” o “sciogliendo”, la Chiesa riconcilia il peccatore a Dio e a se stessa, secondala chiarissima volontà espressa da Gesù.
13. In un altro passo del Vangelo si legge che Gesù ha dato esplicitamente agli Apostoli il potere di "rimettere" o di "non rimettere" i peccati: "Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così anch'io mando voi. Dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 21-23).
14. Il verbo "rimettere", nel testo originale greco, vuoi dire: "liberare (da qualche cosa), mandar fuori, scacciare, prosciogliere, assolvere".
Ricordate quando Gesù dice al paralitico: "Abbi fede, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati" e gli scribi pensavano che avesse bestemmiato perché solo Dio poteva rimettere i peccati.
15. E qui gli scribi avevano ragione a pensare che solo Dio può rimettere i peccati, ma essi non credevano che Gesù fosse Dio. Ora, questo stesso potere, come abbiamo sentito dal passo biblico, è stato affidato da Gesù agli Apostoli.
16. Facciamo un passo avanti. Necessariamente, chi esercita questo potere, che è un "potere giudiziario" - cioè deve portare ad un giudizio di condanna o di assoluzione - deve prima conoscere i peccati, deve conoscere le disposizioni, le eventuali attenuanti, le circostanze, altrimenti non si capirebbe il senso delle parole di Gesù.
17. Da qui nasce la necessità di confessare il proprio peccato alla Chiesa, a chi nella Chiesa ha ricevuto questo potere da Gesù, prima che il peccato venga rimesso.
18. Per il Vangelo la "confessione a un prete" non è il semplice confessarsi a un uomo. Il potere del sacerdote si applica sì in terra, ma le conseguenze si verificheranno in cielo, e questo vuol dire che i giudizi del sacerdote sono approvati e confermati da Dio: "saranno rimessi... saranno ritenuti...".
19. E questo potere di rimettere i peccati non finisce con la morte degli Apostoli, ma deve durare fino alla fine dei tempi. Ecco perché questo potere viene esercitato dai successori degli apostoli, il Papa e i vescovi, e dai sacerdoti.
20. Mi pare che due questioni, più di altre, siano messe in discussione oggi. La prima: è vero che tocca alla Chiesa, al vescovo e ai sacerdoti, il compito di amministrare il sacramento della confessione? La seconda: è giusto confessare, cioè dire al vescovo, o ai sacerdoti, almeno i nostri peccati gravi?
21. La storia risponde alle nostre domande.
 La storia: intervento della Chiesa nella remissione del peccato

22. Affrontiamo la prima questione. Molti documenti dei primi secoli attesta no l'intervento della Chiesa nella remissione dei peccati.
23. Era compito dei vescovi e dei sacerdoti, dopo aver fatto un esame accurato, ammettere i peccatori alla penitenza, stabilire quanto tempo questa doveva durare e quando concedere la "pace", come si diceva allora, mediante l'imposizione delle mani.
24. Veniamo ad una prima traccia, antichissima, che ci svela una regola in uso nella Chiesa primitiva. Si trova nella Didachè (Didachè vuoi dire: insegnamento, dottrina), un'opera che sembra essere stata redatta addirittura nel I secolo, tra il 50 e il 70 dopo Cristo.
25. Vi troviamo una serie di insegnamenti che vengono attribuiti agli Apostoli e vi si legge: "Nella Chiesa confesserai i tuoi peccati, né andrai alla preghiera con una coscienza malvagia" (c. 14, 14).
26. Ecco un primo indizio antichissimo: i peccati vanno confessati "nella Chiesa" È un indizio, ma rivela che nel I secolo era opinione dei cristiani che il perdono dei peccati non fosse una questione privata, ma che c'entrasse la Chiesa.
27. Veniamo a una seconda traccia, anch'essa molto antica. A metà del terzo secolo scoppia una dura persecuzione nei confronti dei cristiani, scatenata dall'imperatore romano Decio (249-251). Molti sono i martiri che testimoniano la loro fede fino al dono della vita; ma molti sono anche i cristiani che cedono, tradiscono, abiurano. Essi si macchiano di un peccato gravissimo.
28. Prima ancora che terminasse la persecuzione, la massa degli apostati (i Lapsi) cerca di ottenere il perdono del loro peccato e quindi la riconciliazione con Dio e con la Chiesa.
29. Bene: questi cristiani ricorrono alla gerarchia della Chiesa perché vedono nei vescovi e nei sacerdoti i ministri della misericordia divina e perché sanno che essi hanno il potere di rimettere i peccati.
30. Dopo avere dato istruzioni ai sacerdoti ("procedere con calma, esigere penitenze", etc.), così san Cipriano (ca 205-2 vescovo di Cartagine, che martire durante la persecuzione di Valeriano, esorta i Lapsi: "Vi prego, o fratelli, di confessare ciascuno il proprio delitto, mentre chi ha peccato è ancora su questa terra, mentre è ancora possibile confessarsi, mentre la soddisfazione, come pure la remissione fatta per mezzo dei sacerdoti, è gradita al Signore" (De Lapsis, c. 29, PL 4, 503).
31. Questa testimonianza preziosa e antica merita attenzione. Siamo nel III secolo: San Cipriano dichiara che "bisogna confessare i peccati" e dichiara che il perdono si ottiene da Dio, evidentemente, per" mezzo dei sacerdoti"
32. Non solo: nella stessa opera egli afferma che ai peccatori" viene purgata la coscienza con la mano del sacerdote" (De Lapsis, c. 16: PL 4, 493).
33. Come possiamo vedere, fin dai primi tempi i cristiani sapevano che era necessario l'interevento della Chiesa per ottenere da Dio il perdono dei peccati. Ma andiamo avanti.
34. La storia ci ha lasciato un'altra traccia molto antica, che conosciamo con il nome di Didascalia Apostolorum. Si tratta di un'opera composta probabilmente· in una diocesi della Siria, nella seconda metà del III secolo. Quindi molto antica.
35. Vi leggiamo un'importante indicazione rivolta al vescovo, che riguarda la riconciliazione del peccatore: "Come battezzi il pagano e poi lo ricevi [nella Chiesa], così imporrai le mani a costui [il peccatore pentito], mentre tutto il popolo prega per lui; quindi lo introdurrai, facendolo partecipe della Chiesa. L'imposizione della mano sarà come un secondo Battesimo: infatti, tanto con l'imposizione della mano quanto col battesimo si riceve la partecipazione dello Spirito Santo" (Lib.lI, c.41, 1-2).
36. Come si vede, l'autore della Didascalia Apostolorum attribuiva al vescovo il potere di reintrodurre, con l'imposizione delle mani, i peccatori pentiti. Qui non si parla esattamente di confessione, anche se la si deve presupporre, ma resta il fatto che la riconciliazione con Dio avviene per mezzo della Chiesa. È la Chiesa che toglie il reato di concilia con Dio e conferisce la Grazia, indicata come un dono o una partecipazione dello Spirito
37. La Chiesa interveniva fin dai primissimi tempi nell'opera di riconciliazione del peccatore, riconciliazione con Dio e con la Chiesa stessa. E la Chiesa interveniva nella figura del vescovo e del sacerdote.
38. Che è esattamente quanto accade oggi, a distanza di molti secoli, nella nostra Chiesa cattolica.
39. Affrontiamo la seconda questione: dobbiamo dire al confessore i nostri peccati, almeno quelli gravi, mortali?
40. Vediamo come si comportavano i primi cristiani.
 La storia. Confessione al sacerdote.

41. Risaliamo nel tempo, e fermiamoci tra il II e il III secolo, quando incontriamo Origene (185-253/4). Commentando la resurrezione di Lazzaro, Origene osserva che “anche ora ci sono dei Lazzari i quali, dopo aver contratto l’amicizia con Gesù, caddero inermi e perirono”, ma poi chiamati dal Signore furono vivificati; poiché chiunque ascolta la sua voce risorge, “ma resta ancora legato e stretto dalle catene dei suoi peccati” ed è incapace di compiere qualsiasi opera soprannaturale “fino a quando non lo scioglieranno, per volere di Gesù, quelli  che ne hanno facoltà.
42. Dunque secondo Origene, vi sono nella Chiesa persone che hanno la facoltà, il potere di “sciogliere" dai peccati. Qui è chiaramente affermata la necessità dell'intervento sacerdotale.
43. Ma non si tratta di un intervento generico. È necessaria la confessione, l'accusa dei propri peccati. Anzi, Origene considera la confessione come atto proprio, specifico, del rito penitenziale, e in una sua omelia si legge che "if peccatore non arrossisce di indicare al sacerdote del Signore il suo peccato e richiederne la medicina" (In Leviticum hom. II, 4: PG 12, 418).
44. Sentiamo ancora Origene in un'altra omelia: "Se riveleremo i nostri Peccati non solo a Dio, ma anche a coloro che hanno il potere di curare le nostre infermità e le colpe, saranno tolti i nostri peccati da Colui che disse: - Ecco io spazzerò via le tue iniquità come una nube, i tuoi peccati come la caligine" (In Luc. Hom. XVII: PG 13, 1846).
45. Vedete come si è conservata nella storia la verità cattolica sul Sacramento della Confessione. È Dio che perdona, ma per ottenere il perdono di Dio è necessario l'intervento della Chiesa ed è necessario confessare i peccati dinanzi al sacerdote.
46. Chiediamo alla storia un'altra testimonianza. .
47. Il III secolo ci ha consegnato un’operetta di un anonimo che noi conosciamo con il titolo di “Contra Novatianum”, scritta contro l’eretico NOVAZIANO; VISSUTO NEL III secolo, che si oppose al Papa Cornelio.
48. Vi si legge: “Come l’uomo battezzato dall’uomo sacerdote viene illuminato dalla grazia dello Spirito Santo, così parimenti chi fa l’essomologesi in penitenza, ottiene per mezzo del sacerdote la remissione in grazia di Cristo”.
49. Che cos’è l’essomologesi? È l’atto con cui il penitente, dopo aver eseguito la penitenza, richiedeva e otteneva l a”pace”. A noi interessa però un dato: nel II secolo i cristiani erano convinti che si tornava in grazia di Dio “per mezzo del sacerdote”.
50. Andiamo avanti. Un grande santo della Chiesa, San Basilio (morto nel 379), vescovo di Cesarea di Cappadocia, parla espressamente dei "prepositi della Chiesa... che ricevono dai colpevoli la confessione dei loro segreti di cui non è stato testimonio alcuno tranne Dio" e quindi li riconciliano dopo congrua penitenza (In Isaiam, X, 19: PG 30, 548).
51. Veniamo a S. Metodio, vescovo di Olimpo nella Licia (morto nel 311), il quale scrive: "AI vescovo, sacerdote figlio del vero arcisacerdote, manifesti ognuno la sua propria piaga... a lui deve ricorrere per essere sanato chiunque ha l'anima ferita o lebbrosa" (Frammenti esegetici circa le prescrizioni del Levitico relative alla lebbra - rintracciati in un codice slavo)".
52. Il segretario di s. Ambrogio, san Paolino, racconta che il vescovo di Milano con grande compunzione riceveva le confessioni dei peccatori prima di imporre loro la penitenza, e ne parlava nei suoi colloqui con Dio.
53. Scrive san Paolino: "delle colpe che a lui [Ambrogio] venivano confessate non parlava ad alcuno se non a Dio solo presso cui intercedeva, dando così ai sacerdoti futuri il buon esempio di farsi intercessori presso Dio piuttosto che accusatori presso gli uomini" (Vita di S. Ambrogio, n. 39: PL 14,43).
54. San Giovanni Crisostomo (344/7 -407) insiste perché la confessione sia fatta in Chiesa, con la voce, perché i colpevoli non arrossiscano di svelare a Dio le proprie iniquità.
55. Sentiamolo: “Come mai ti vergogni ed arrossisci di dire i tuoi peccati?... A Colui che è il Signore,che pieno di sollecitudine per te, che è umano, che è medico, mostri le ferite! Né le ignora anche se gliele dirai”. E ancora: “Ti vergogni di confessare i peccati? Vergognati piuttosto di commetterli. Invece quando li facciamo, li affrontiamo audacemente e senza vergogna; quando poi dobbiamo confessarli, allora ce ne vergogniamo e differiamo la cosa, mentre dovremmo agire con animo premuroso; non è infatti un’ignomia accusare i peccati, ma un atto di giustizia e di virtù… ti vergognerai dunque di quell’opera con cui diverrai giusto?” (De Labaro, Hom. IV, 4 : PG 48, 1012).
 Conclusione
56. Credo che gli esempi fin qui portati possano bastare. In questa conversazione non abbiamo parlato della misericordia di Dio, della grandezza e bellezza del dono che Dio ci ha fatto istituendo il Sacramento della Riconciliazione.
57. Non è il nostro compito, anche se è la cosa più importante.
58. Mi viene in mente la parabola del “Figliol prodigo”. Qui si trovano tutte le condizioni necessarie per fare una buona confessione: “l’esame di coscienza”, il “pentimento per il peccato commesso”, la “confessione delle proprie colpe”, il “proposito di non commettere più quel peccato” e la decisione di sottoporsi alla “penitenza”, alla soddisfazione della colpa commessa.
59. Quella parabola ci svela come si comporta Dio quando vede un figlio peccatore che decide di confessare il suo peccato e di non commetterlo più:
60. E tenendo presente che Dio si comporta in questo modo, che Dio è pieno di misericordia, e consapevoli del dono che Dio ha fatto alla Chiesa istituendo il Sacramento della Riconciliazione, io credo che noi possiamo trovare quella determinazione, possiamo vincere quel disagio, quelle paure q fare qui il proposito di confessarci frequentemente.
61. Grazie.



IL TIMONE - Luglio/Agosto 2003 (pag.64-65-66)
Caterina63
00giovedì 18 giugno 2009 13:40

Chiesa/ Papa a preti: Confessionali deserti non vi scoraggino

"Disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento"


APCOM

Il Papa esorta i sacerdoti di tutto il mondo a non "rassegnarsi" di fronte ai confessionali deserti, sintomo di "disaffezione" nei confronti dei sacramenti e della pratica religiosa.
"I sacerdoti - scrive Benedetto XVI nella lettera stilata per l'avvio, domani, dell'anno sacerdotale - non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento". Richiamando la figura di Jean-Marie Vianney, Curato d'Ars in Francia dopo la Rivoluzione francese, Benedetto XVI sottolinea che alla sua epoca "la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un'esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo - ricorda Ratzinger - fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all'ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno".

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PAPA: PRETI NON RASSEGNATEVI AI CONFESSIONALI DESERTI

I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali ne' limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli verso il sacramento stesso della confessione.
Lo scrive papa Benedetto XVI nella lettera inviata ai tutti preti del mondo alla vigila dell'apertura dell'Anno sacerdotale. Benedetto XVI indica come modello ai preti il curato d'Ars, San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci e instancabile confessore, capace di rimanere fino a 16 ore al giorno in confessionale. Seguendo il suo esempio, papa Ratzinger esorta a ''mettere al centro delle nostre preoccupazioni pastorali'' il sacramento della confessione, imparando dal curato ''una inesauribile fiducia nel sacramento della penitenza''.

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Grazie alla nostra Lapis possiamo leggere questo importantissimo brano, tratto dal libro-intervista
"Rapporto sulla fede", il "colloquio" fra Joseph Ratzinger e Vittorio Messori.
L'allora cardinale ci parla del Sacramento della Confessione, argomento di scottante attualita' visto che e' annunciata l'uscita di una sorta di "vademecum".
Grazie ancora a Lapis :-))
R.

La condizione stessa del sacerdote è singolare, estranea alla società d’oggi.
Sembra incomprensibile una funzione, un ruolo che non si basino sul consenso della maggioranza, bensì sulla rappresentanza di un Altro che partecipa a un uomo la sua autorità.
In queste condizioni è grande la tentazione di passare da quella soprannaturale “autorità di rappresentanza" che contrassegna il sacerdozio cattolico a un ben più naturale “servizio di coordinamento del consenso”, cioè a una categoria comprensibile, perché solo umana e per di più omogenea alla cultura d’oggi.

Dunque, se ho ben capito, a suo avviso si eserciterebbe sul sacerdote una pressione culturale perché passi da un ruolo “sacrale” a un ruolo “sociale”, in linea con i meccanismi “democratici”, di consenso dal basso, che contrassegnano la società “laica , democratica, pluralista”.

Qualcosa del genere- conferma - Una tentazione di sfuggire dal mistero della struttura gerarchica fondata su Cristo verso il plausibile dell’organizzazione umana.

Per chiarire meglio il suo punto di vista ricorre a un esempio che è di grande attualità, il sacramento della riconciliazione, la confessione.

Ci sono sacerdoti che tendono a trasformarla quasi solo in un “colloquio”, in una sorta d' autoanalisi terapeutica tra due persone sullo stesso livello. Ciò sembra assai più umano, più personale, più adatto all’uomo di oggi.
Ma questo modo di confessarsi rischia di avere poco a che fare con la concezione cattolica del sacramento, dove non contano tanto le prestazioni, l’abilità di chi è investito dell’ufficio.
Occorre anzi che il prete accetti di mettersi in secondo piano, lasciando spazio al Cristo che solo può rimettere il peccato. Bisogna dunque anche qui tornare al concetto autentico del sacramento, dove uomini e mistero si incontrano.
Bisogna recuperare interamente il senso dello scandalo per cui un uomo può dire a un altro uomo “Io ti assolvo dai tuoi peccati”.
In quel momento - come del resto nella celebrazione di ogni altro sacramento - il prete non trae di certo la sua autorità dal consenso degli uomini, ma direttamente da Cristo.
L’”io” che dice “ti assolvo” non è quello di una creatura, ma è direttamente l’”Io” del Signore.

Eppure, dico, non sembrano infondate tante critiche al “vecchio” modo di confessarsi.

Replica subito: Mi sento sempre più a disagio quando sento definire con leggerezza “schematica”, “esteriore”, “anonima” la maniera un tempo diffusa di avvicinarsi al confessionale.
E mi suona sempre più amaro l’autoelogio di alcuni preti per i loro “colloqui penitenziali”, divenuti rari, ma “in compenso ben più personali”, come dicono.
A ben guardare, dietro la “schematicità” di certe confessioni di un tempo c’era anche la serietà dell’incontro tra due persone consapevoli di trovarsi davanti al mistero sconvolgente del perdono di Cristo che giunge attraverso le parole e il gesto di un uomo peccatore.
Senza dimenticare che in tanti “colloqui” divenuti sin troppo analitici è umano che si insinui una sorta di compiacenza, un’autoassoluzione che- nel profluvio delle spiegazioni – può non lasciare quasi più spazio al senso del peccato personale del quale, al di là di tutte le attenuanti, siamo sempre responsabili.

Un giudizio davvero severo, osservo: non rischia forse di essere troppo drastico?

Non voglio dire che non si potrebbe avere una riforma adeguata anche della celebrazione esteriore della confessione.
La storia mostra in proposito una tale ampiezza di sviluppi che sarebbe assurdo voler canonizzare per sempre una singola forma, quella attuale.
E’ indubbio che alcuni uomini, oggi, non riescono a trovare più nessuna accesso al tradizionale confessionale, mentre la forma colloquiale di confessione apre ad essi realmente una porta. Perciò non vorrei in nessun modo sottovalutare il significato di queste nuove possibilità e la benedizione che esse possono rappresentare per molti. Del resto, il problema fondamentale non è questo. Il punto decisivo della questione si trova ad un livello più profondo e ad esso volevo richiamare.
Tornando infatti alle radici in cui gli sembra di individuare la crisi del sacerdote, mi parla della tensione di ogni momento di un uomo, come è oggi il prete, chiamato ad andare assai spesso controcorrente.
Un uomo simile può alla fine stancarsi di opporsi, con le sue parole e ancor più con il suo stile di vita, alle ovvietà dell’apparenza così ragionevole che contrassegnano la nostra cultura.
Il prete - colui, cioè, attraverso il quale passa la forza del Signore - è stato sempre tentato di abituarsi alla grandezza, di farne una routine. Oggi la grandezza del Sacro potrebbe avvertirla come un peso, desiderare (magari inconsciamente) di liberarsene, abbassando il Mistero alla sua statura umana, piuttosto che abbandonarvisi con umiltà ma con fiducia per farsi elevare a quell’altezza.

(Rapporto sulla Fede, ed. San Paolo, cap. IV, pagg. 56-58).
Caterina63
00giovedì 18 giugno 2009 14:58
Così dice DIO:

Ezechiele cap.3

18 Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. 19 Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
20 Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l'avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. 21 Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato».

Giovanni cap. 20

21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

I peccati, per poter essere rimessi VANNO CONFESSATI.....ed occorre impegnarsi ALLA CONVERSIONE....

2Corinzi 5,20

Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

                          Confessione







Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa.
Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso.

Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono.

In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”.[20] “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo.[21] Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”.[22] “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.[23]

Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita”.[24]

Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere.
Il Curato d’Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.[25]
A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse “abominevole”: “Piango perché voi non piangete”,[26] diceva. “Se almeno il Signore non fosse così buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!”.[27]

Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: “Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello!”.[28] E insegnava loro a pregare: “Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.[29]

Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8).

(Benedetto XVI: Lettera ai Sacerdoti)

[Modificato da Caterina63 18/06/2009 14.56]
Caterina63
00martedì 11 agosto 2009 15:23

Un sacerdote risponde
stupendo aiuto per un vero esame di coscienza...

Una cosa soprattutto mi sta dando molta pena, tanti anni fa ho accompagnato mia sorella in ospedale per abortire

Quesito

Caro Padre Angelo,
oggi ho letto molte delle sue risposte, che ho trovato dirette e chiare, così vorrei approfittare della sua gentilezza e pazienza per esporle il mio “caso” .
Per una serie di motivi familiari a suo tempo non ho fatto la Prima Comunione, poi una volta adulta ho continuato ad essere lontana dalla Chiesa, anche se ho sempre sentito vicina la presenza di Gesù e pregato e letto il Vangelo.
Adesso mi sono riavvicinata alla Chiesa e sono seguita da un bravissimo e paziente sacerdote con il quale mi sto preparando per la Comunione e la Cresima.
Sono arrivata al suo sito perché stavo cercando chiarimenti sul peccato, le sue varie distinzioni e sulla Confessione e suoi effetti.
Io ancora non mi sono mai confessata, adesso mi sto preparando per questo passo che, data la mia età non giovanissima, sta comportando una revisione totale di tutto ciò che ho fatto fin’ora.
Sono partita pensando di non aver fatto mai grandi peccati, ma man mano che esamino la mia vita mi accorgo delle tante colpe commesse che adesso che vengono fuori tutte insieme mi fanno stare male, soprattutto pensando a quanto ero stupida e superficiale quando sono successi quei fatti, anche se non voglio farmi abbattere da tutta questa montagna di mancanze, ma desidero che vengano fuori proprio per cominciare una nuova vita, ho capito che la Confessione ed il desiderio di Riconciliazione sono un grande dono che ci può essere dato, se vogliamo.

Una cosa soprattutto mi sta dando molta pena, tanti anni fa ho accompagnato mia sorella in ospedale per abortire, eravamo tutte e due giovani e l’ho fatto per non lasciarla sola in quel momento in cui stava molto male ed era comunque decisa a fare quel passo, ho sofferto per questa sua decisione all’epoca, poi con il tempo, anche grazie la fatto che poi ha voluto ed avuto un bellissimo bambino che ama tantissimo, non ho più pensato a questo fatto. Adesso in questi giorni mi è tornato vivo e non faccio che pensarci e mi sto sentendo moralmente partecipe e colpevole perché onestamente non posso dire di aver fatto tutto ciò che potevo per convincerla a non fare quell’aborto.
Non so se questo è un peccato mortale, lo dirò comunque al momento della confessione, ma leggendo le sue risposte molto sagge e compassionevoli, le vorrei chiedere oltre ad un parere sul fatto in se, se pensa che ci potrebbe essere un verso per poter in qualche modo riparare questo male.
La ringrazio comunque per la sua rubrica che mi ha fatto riflettere su tanti aspetti della vita, e per l’attenzione che vorrà darmi e la saluto cordialmente



Risposta del sacerdote

Carissima,

1. sono contento che il Signore finalmente abbia fatto breccia nel tuo cuore. Avevi bisogno di Lui.
Capisco quello che stai provando a proposito della Confessione: man mano che ci si avvicina alla luce e a una Luce sempre più intensa si vedono meglio tutte le macchie.
Nella semioscurità tante cose sporche non sembrano poi così sporche!
Ma quando si fa luce...
È una grande grazia quella che ti sta dando il Signore: quella di capire i tuoi peccati e di piangerli.
Anche l’aver accompagnato tua sorella ad abortire è un grande peccato. Forse il più grande che hai commesso.

2. Mi chiedi che cosa puoi fare.

Faccio mie le parole di Giovanni Paolo II in Evangelium vitae. Sono molto belle, piene di vicinanza verso le donne che vivono il dramma di aver abortito:
“Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all'aborto.
La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s'è trattato d'una decisione sofferta, forse drammatica.
Probabilmente la ferita nel vostro animo non s'è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.
Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza.
Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità.
Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione.
Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore.
Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita.
Attraverso il vostro impegno per la vita, coronato eventualmente dalla nascita di nuove creature ed esercitato con l'accoglienza e l'attenzione verso chi è più bisognoso di vicinanza, sarete artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell'uomo” (EV 99).

Ti sono vicino con la preghiera.
Che il Signore affonda su di te la più ampia misericordia nella confessione che farai.
E in occasione della tua prima comunione ti conceda tutto quello che il tuo cuore desidera.
Ti benedico.


Un altro caso...

Senza parlarne al sacerdote, omettevo di fare la Comunione quando...

      Quesito

      Caro Padre, 

      ho letto in una sua risposta che un giovane Le ha parlato delle sue difficoltà nella purezza.
      Le posso portare la mia esperienza. Dopo eventuali cadute, non mi sentivo a posto e omettevo di fare la Comunione.
      Non avevo mai chiesto ad un sacerdote apertamente se fosse possibile farla, ma intuivo da solo che non era giusto farlo).


     

Risposta del sacerdote

      Carissimo,
      un documento del Magistero della Chiesa, la Dichiarazione “Persona humana” (29.XII.1975), quando pronuncia il giudizio morale sulla masturbazione dice:
      “Di fatto sia il Magistero della Chiesa - nella linea di una tradizione costante - sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato” (n. 9).
      Si notino le due espressioni “sia il senso morale dei fedeli” e “senza esitazione”.
      Qualsiasi persona, a meno che non sia del tutto depravata, riconosce che si tratta di qualcosa di sbagliato.

      Ti dirò che in confessione mi è capitato che alcuni abbiano cercato di difendere certi peccati. Non ho invece mai trovato nessuno che abbia cercato di difendere il proprio comportamento masturbatorio. Come ha detto un autore spirituale, si tratta di egoismo allo stato puro.
      Non mi stupisco che la tua coscienza ti parlasse e ti dicesse che quanto facevi non andava bene.
      E hai fatto bene a non fare la Santa Comunione senza esserti confessato.
     
      Ti saluto e ti benedico, 
     

Padre Angelo




Caterina63
00mercoledì 23 settembre 2009 00:09
1. IL VANGELO DELLA MISERICORDIA

Il sinodo ha voluto dire con forza alle nostre chiese l'urgenza di testimoniare il vangelo di misericordia. Tale vangelo è scritto nel cuore della missione affidataci da Cristo. Essa chiede di riascoltare e ripetere la Parola che dice un progetto di pace; di celebrare la memoria della pasqua, evento di riconciliazione; di farsi prossimo all'altro, accolto e cercato come fratello, in obbedienza al comando di Gesù; di dire a tutti: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio! (2Cor 5,20).
Non potevo evitare di constatare, ascoltando questo messaggio fondamentale del sinodo, quanto ne sarebbe uscita illuminata anche la nostra fatica diocesana di pellegrini «partiti da Emmaus» per farsi «testimoni del Risorto». Il memoriale della pasqua è il culmine della riconciliazione offerta da Dio all'uomo e diviene il punto di partenza, il criterio e la forza per ogni offerta di riconciliazione agli uomini di oggi.

2. L'ITINERARIO DELLA PENITENZA

Al sinodo è risuonato frequentemente l'invito a percorrere con lucidità e coraggio tutti i sentieri che possono far ritrovare l'unità al cuore dell'uomo spesso smarrito e diviso e alla società ferita da drammatiche spaccature.
Come aiutare l'uomo a riconoscere nella verità il proprio volto sfigurato o rattristato e il volto paterno di Dio che lo cerca? Come dare un nome e un giudizio alle proprie scelte sbagliate, alle proprie azioni scorrette e a ciò che di negativo ciascuno coltiva nel cuore?
Il compito pastorale della chiesa rispetto al peccato è di vasta portata. Chiede l'impegno a liberare la libertà dell'uomo dai mille condizionamenti che la imprigionano; chiede di ridire continuamente il vangelo di un Dio che è giudice della storia e padre di tutti; chiede di esprimere con maggiore evidenza gli aspetti positivi e costruttivi delle esigenze morali annunciate da Gesù e accolte nella tradizione viva della chiesa.
Pastori, catechisti, genitori, insegnanti, tutti siamo coinvolti in una coraggiosa ricerca di verità che restituisca all'uomo e alla società di oggi la libertà di conoscere e giudicare ciò che fa, le strutture che ha costruito, il sistema in cui vive, il futuro per cui si affatica.
Chi vive a fondo gli interrogativi e le speranze del momento presente non può non cogliere l'importanza di porsi in dialogo con queste interpellanze del sinodo.

3. IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

Emerge con forza dal complesso dei lavori sinodali la scelta di risignificare il valore e l'importanza del sacramento della penitenza attraverso il proseguimento di una capillare azione di rinnovamento della prassi pastorale e della mentalità teologica che l'ispira. Sono rimasto colpito dalla ricchezza degli interventi con cui i vescovi hanno approfondito, in prospettiva pastorale, il tema della celebrazione della penitenza. Se è vero, com'è stato ricordato da molti, che la pubblicazione di un nuovo rituale della penitenza nel 1974 non ha avuto un'accoglienza sufficientemente attenta, diverrà ancora più urgente dare un seguito coerente a un sinodo che, sul problema celebrativo della riconciliazione, ha voluto dare un forte impulso per un rinnovamento.
L'azione pastorale dovrà farsi attenta pertanto a riscattare la celebrazione della penitenza dal rischio della pratica insignificanza - radice non secondaria della sua crisi - in cui essa spesso viene posta. Il sinodo non è rimasto sul piano dell'esortazione astratta nel richiamare questo aspetto; lo ha accompagnato con degli orientamenti operativi assai concreti, di cui ne sottolineo alcuni.

- Far emergere con maggiore evidenza la connessione tra la richiesta di confessarsi e l'impegno di superare le divisioni (all'interno di se stessi, nel rapporto con gli altri e con la società).

- Illuminare l'evento di grazia celebrato nel sacramento della penitenza ponendolo in continuità tra il cammino di conversione della rigenerazione battesimale e la piena comunione significata e realizzata dalla cena eucaristica.

- Valorizzare concretamente, nei modi stabiliti dalla disciplina della chiesa, ciascuna delle forme celebrative previste dagli ordinamenti liturgici: da questa complementarietà uscirà arricchita tutta la pastorale della celebrazione.

- Farsi più attenti ai molteplici itinerari penitenziali, rapportati alla diversa situazione spirituale delle persone, (altra è ad esempio la domanda di chi ha rotto l'alleanza con Dio da quella di chi cerca una più delicata purificazione delle intenzioni del cuore) con i conseguenti adattamenti di carattere catechetico, celebrativo, formativo.

- Valorizzare le espressioni penitenziali che la tradizione cristiana consegna alla chiesa nei tempi dell'anno liturgico o nelle forme consuete del digiuno, dell'orazione, dell'elemosina, reinterpretandole anche alla luce del contesto contemporaneo.

Mi propongo di ritornare su questo tema in occasione della prossima quaresima con alcune indicazioni per i ministri del sacramento della penitenza.

(card. Martini - Lettera alla diocesi Milano, 1 dicembre 1983)

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LE LACRIME
DI SANT'AMBROGIO


Omelia del card. Martini
tenuta il 7 dicembre 1983

Vorrei prendere, come oggetto di questa mia omelia, un tema forse inconsueto a cui si potrebbe dare come titolo: le lacrime di sant'Ambrogio. È vero che, in connessione con il tema del recente sinodo mondiale dei vescovi, potremmo usare l'espressione: la penitenza di s. Ambrogio.

In realtà, il punto di partenza, il riferimento letterario e personale che il santo stesso ci dà è proprio il tema delle lacrime.

LA DUPLICE AFFLIZIONE DI AMBROGIO

La prima lettura liturgica che abbiamo ascoltato, descrivendo un atteggiamento abituale della vita del nostro grande patrono, ci ha ricordato: «... Godeva con chi era nella gioia, piangeva con chi era afflitto. Ogni volta che qualcuno gli confessava i suoi peccati per riceverne la penitenza, piangeva a tal punto da ridurre al pianto il penitente. Si considerava, infatti, peccatore con i peccatori».

In queste parole è possibile distinguere una duplice afflizione di s. Ambrogio.

La prima è quella generale della compassione, propria di ogni animo sensibile e, in lui, di un cuore affinato dalla grazia, di un cuore che ha la capacità di sentire al vivo, dentro di sé, le sofferenze altrui.

La seconda è l'afflizione del penitente, anzi del ministro della penitenza. È la capacità di sentire dentro di sé, in qualche modo come proprio, il peccato di altri e di piangerlo con lacrime di penitenza così da commuovere lo stesso peccatore.

Qui ci troviamo in presenza di un grande e raro dono interiore. Tuttavia non dovrebbe essere raro, almeno nelle sue forme espressive più generali: dovrebbe essere il dono specifico di ogni ministro della penitenza. Con le dovute proporzioni, anzi, dovrebbe essere il dono proprio di ogni persona che ha responsabilità di altri.

Penso ai genitori verso i figli, alla responsabilità comune dei coniugi l'uno verso l'altro, alla responsabilità degli educatori e dei docenti verso coloro che sono educati, alla responsabilità di chi ha cura sociale e politica verso coloro che gli sono affidati.

Per questo, vale la pena di approfondire l'atteggiamento di Ambrogio, anche in sintonia con le indicazioni del sinodo dei vescovi sulla riconciliazione e penitenza.

L'OFFERTA DELLA VITA

Può essere interessante per noi partire da un brano di omelia che san Carlo Borromeo tenne esattamente 400 anni fa, il 7 dicembre 1583, per la solennità di S. Ambrogio. Questa data, a meno di un anno dalla morte di san Carlo era anche la data della sua ordinazione episcopale: egli infatti fu ordinato il 7 dicembre 1563. Oggi è quindi giorno di anniversari importanti per la nostra chiesa ambrosiana: quello di s. Ambrogio, di s. Carlo e, come abbiamo ricordato ieri, dello stesso cardo Giovanni Colombo.

San Carlo, nell'omelia del 7 dicembre 1583, commentando il testo evangelico di Matteo: «Voi siete il sale della terra» (5,13), diceva tra l'altro: «E chi può dire quanto al vivo sentisse s. Ambrogio per gli altrui peccati, giacché si crede aver egli per questi domandato al Signore la morte, ed essere morto consumato d'una lunga febbre? Che cosa non faceva quando si trattava della salvezza di un'anima, quantunque non appartenesse al suo gregge?».

San Carlo non nomina espressamente le lacrime di Ambrogio, che pure erano a lui familiari perché quella del pianto era per lui una profonda esperienza spirituale. Tuttavia menziona qualcosa di ancor più significativo: la stessa offerta della vita per i penitenti, la febbre che consumò Ambrogio come derivante dalla sua viva partecipazione per i peccati degli uomini.

L'AMORE DI CRISTO PER IL PECCATORE

Cerchiamo allora di cogliere, dalle parole stesse di Ambrogio, ciò che viveva a questo proposito.

Nel Trattato sulla penitenza, nel libro secondo, richiamandosi all'episodio di Lazzaro, egli invoca che prima di tutto sia il suo Signore a piangere per lui e prega così: «Possa tu degnarti, Signore, di venire a questa mia tomba, di lavarmi con le tue lacrime, poiché nei miei occhi inariditi non ne ho tante da poter lavare le mie colpe!».

Ambrogio riconosce dunque che piangere i peccati, farne sincera penitenza, esserne pentiti profondamente nell'interno, è un dono di Dio. Egli non ha questo dono se per primo non è il Signore a venire a lui e a piangere per lui.

E continua: «Se piangerai per me sarò salvo. Se sarò degno delle tue lacrime, cancellerò il fetore di tutti i miei peccati. Se sarò degno che tu pianga qualche istante per me, mi chiamerai dalla tomba di questo corpo e dirai: Vieni fuori».

Ambrogio guarda a ciò che il Signore ha fatto per lui, all'iniziativa divina di salvezza, all'amore di Cristo per ogni uomo peccatore, alla forza di Cristo di piangere, per primo, per il penitente perché egli stesso possa entrare nella via della conversione.

E ancora: «Non permettere che si perda, ora che è vescovo, colui che, quando era perduto, hai chiamato all'episcopato, e concedimi anzitutto di essere capace di condividere con intima partecipazione il dolore dei peccatori».

Sente di dover chiedere, come vescovo e come responsabile, questa grazia al suo Signore che ha pianto per lui e lo ha chiamato alla penitenza. E dice addirittura che piangere il dolore dei peccatori, condividerlo, «è la virtù più alta».

«E ogni volta che si tratta del peccato di uno che è caduto, concedimi di provarne compassione e di non rimproverarlo altezzosamente, ma di gemere e di piangere, così che, mentre piango su un altro, io pianga su me stesso e dica: Tamar (la donna incestuosa della Bibbia) è più giusta di me!». Facendo poi passare altre categorie di peccati, Ambrogio conclude che sempre il vescovo che ascolta la confessione può dire: «Eppure costui che ha meno responsabilità di me, è più giusto di me!».

Pare quasi di risentire quella parte di colloquio tra il cardinal Federigo e don Abbondio, ricordato dal Manzoni, là dove il cardinale, dopo il suo acerbo rimprovero, aggiunge: «Tale è la misera e terribile nostra condizione. Dobbiamo esigere dagli altri quello che Dio sa se noi saremmo pronti a dare: dobbiamo giudicare, correggere, riprendere e Dio sa quel che faremmo noi nel caso stesso, quel che abbiamo fatto in casi somiglianti!».

S. Ambrogio conclude dicendo: «Non arrossiamo di riconoscere più grave il nostro peccato di quello che rimproveriamo agli altri... Non rallegriamoci del peccato di qualcuno ma piuttosto piangiamo... Rattristiamoci quando veniamo a sapere che è caduto un uomo per il quale è morto Cristo».

IL PIANTO DELLA CHIESA

Il santo vescovo non si accontenta però di chiedere che lui, e con lui ogni ministro della penitenza, pianga per il peccato di chi ha bisogno di perdono. Egli desidera che sia tutta la chiesa, tutta la comunità cristiana a piangere e a bagnare con le sue lacrime, cioè con la sua partecipazione affettuosa e dolorosa, il cammino del penitente.

Sempre nel Trattato sulla penitenza, invita il peccatore a chiedere che sia tutta la chiesa a pregare pubblicamente per lui: «Pianga per te la madre chiesa e con le sue lacrime lavi la tua colpa. Il Signore ama che molti preghino per uno solo: perciò nel vangelo, commosso dalle lacrime della vedova perché moltissimi piangevano per lei, ne risuscitò il figlio».

Queste parole di s. Ambrogio ci colpiscono particolarmente oggi che il sino do ci ha ricordato, da una parte il carattere comunitario della penitenza cristiana, dall'altra la comune responsabilità di ciascuno per il peccato del mondo.

Il sinodo, approfondendo le nozioni di peccato sociale, di peccato strutturale e di peccato collettivo, ha invitato ciascuno di noi a domandarci quanto noi siamo responsabili del peccato di altri e quanto il peccato dell'intera umanità, i peccati più. gravi dell'uomo, come il rifiuto di Dio e la violenza sul proprio fratello, non siano, in qualche modo, condivisi dalla negligenza, dalla povertà di amore, dalla povertà di giustizia che noi stessi viviamo.

IL NOSTRO CAMMINO PENITENZIALE

Ambrogio invita dunque tutti noi, oggi, a un profondo esame di coscienza:

Come vivo il cammino penitenziale?

Come mi lascio scuotere dall'intensità del cammino penitenziale di questo santo vescovo?

Come mi sento unito alle preghiere della chiesa per ogni peccato dell'uomo e per tutta l'umanità?

E, se sono prete, come vivo il ministero della penitenza?

Se ho responsabilità di altri, come aiuto le persone di cui sono responsabile?

S. Ambrogio ci conceda di prendere sul serio, in questo nostro tempo, il cammino della penitenza. Il mondo, come ci ricorda la Madonna a Lourdes e a Fatima, ha urgente bisogno di penitenza. Le catastrofi che ci minacciano esigono da ogni uomo, e prima di tutto da noi, di entrare in quel cammino penitenziale che il nostro patrono ha tracciato, con le sue parole e con la sua vita, per questa sua chiesa!

Omelia per la solennità di s. Ambrogio
Basilica di s. Ambrogio 7 dicembre 1983


Caterina63
00lunedì 8 marzo 2010 09:50

Corso in Vaticano sulla corretta amministrazione della Riconciliazione


Da lunedì 8 marzo presso il Palazzo della Cancelleria


ROMA, domenica, 7 marzo 2010 (ZENIT.org).- Da lunedì prossimo in Vaticano, presso il Palazzo della Cancelleria, avrà inizio un “Corso sul Foro interno” riguardante la corretta amministrazione del Sacramento della penitenza, organizzato dalla Penitenzieria Apostolica e rivolto in particolare ai giovani sacerdoti.

Al centro delle giornate di studio, presiedute dal Penitenziere maggiore, mons. Fortunato Balzelli, e in programma fino al 12 marzo, informa un comunicato, “saranno trattati temi morali e canonistici che interessano il ministero penitenziale, soprattutto quello delle Confessioni”.

Dopo l’introduzione del PenitenzieremMaggiore, il Reggente della Penitenzieria, mons. Gianfranco Girotti, O.F.M. Conv. e il Teologo della Penitenzieria, padre Ivan Fuček, S.J., parleranno rispettivamente di situazioni di particolare delicatezza che interessano ogni confessore.

Nei giorni successivi si alterneranno le relazioni di mons. Juan Ignacio Arrieta, del rev. Carlos Encina Commentz., di don Manlio Sodi, S.D.B. e di padre Giovanni Colombo, O.M.I.

Gli esperti, aggiunge il comunicato, “si soffermeranno ad illustrare la disciplina canonica e la sua retta applicazione riguardo ai delitti e alle pene e ai vari aspetti pratici”.

“Sarà privilegiata la parte relativa alla retta amministrazione del Sacramento della Penitenza e alla soluzione dei casi complessi e delicati che vengono sottoposti al giudizio e alla misericordia della Chiesa”.

“Saranno inoltre evidenziati i criteri nel trattare alcuni casi di morale coniugale e familiare e proposta la Confessione come strumento per l’educazione morale”.

Padre Donald Kos, OFM Conv., darà informazioni su come redigere le domande alla Penitenzieria, mentre mons. J.M. Gervais illustrerà la concessione e l’uso delle Indulgenze.

Ad ogni relazione seguirà un dibattito nel corso del quale verranno proposti quesiti di chiarimento e risoluzioni di dubbio a casi complessi e delicati.

Al termine delle giornate di studio è prevista l'udienza dal Santo Padre.


Caterina63
00giovedì 10 febbraio 2011 19:23

ATTENZIONE..... recentemente un Vescovo americano avrebbe dato il via ad un imprimatur per la confessione via iPOD e simili.... ebbene NON CASCATECI, QUELLA CONFESSIONE NON E' VALIDA ED E' UN ABUSO....

Ecco la Nota del portavoce della Santa Sede, padre Lombardi....


"Recentemente si è parlato di un’applicazione dell’iPhone da utilizzare per confessarsi: padre Lombardi ha spiegato, per evitare qualsiasi equivoco, che “è essenziale capire bene che il Sacramento della Penitenza richiede necessariamente il rapporto di dialogo personale fra il penitente e il confessore e l’assoluzione da parte del confessore presente.

Questo non può essere sostituito da nessuna applicazione informatica”.
Quindi “non si può parlare in nessun modo di ‘Confessione per iPhone’.

In un mondo in cui tuttavia molte persone usano supporti informatici per leggere e riflettere (ad esempio anche testi per pregare…)”, padre Lombardi ha sottolineato che “non si può escludere che qualcuno rifletta in preparazione alla Confessione aiutandosi con strumenti digitali, come in passato lo si faceva con testi e domande scritte su fogli di carta, che aiutavano ad esaminare la propria coscienza [i c.d. messalini o libretti di "preparazione alla S. Confessione", che avevamo citato sopra, n.d.r.].
In questo caso si tratterebbe di un sussidio pastorale digitale che qualcuno potrebbe trovare utile, pur sapendo bene che non è per nulla un sostituto del Sacramento. Naturalmente – ha osservato il portavoce vaticano - è anche importante che vi sia una vera utilità pastorale e non si tratti di un business alimentato da una realtà religiosa e spirituale importante come un Sacramento”.

padre Federico Lombardi



 ATTENTI AMICI!!!! NON CASCATECI! LA CONFESSIONE VIA iPOD E SIMILI NON E' VALIDA!!!!


qui a seguire il link con l'episodio sgradevole....



ATTENTI, SACERDOTI E FEDELI: NON CI SI PUO' CONFESSARE VIA iPOD o altro




Caterina63
00sabato 9 luglio 2011 14:52
[SM=g1740733] ATTENZIONE: SUSSIDIO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, PER I CONFESSORI E I DIRETTORI SPIRITUALI, OSSIA, PER TUTTI I SACERDOTI ....



Pubblicato, dunque, sul sito della Congregazione per il Clero il corposo "sussidio per confessori"

Bello, ma forse troppo lungo per molti sacerdoti indaffarati e che forse non leggeranno mai...., sicché solo i più diligenti lo leggeranno.....

Eppure il contenuto è davvero interessante e la finalità eccellente: rianimare il sacramento che più ha sofferto nella 'nuova ecclesiologia di comunione' postconciliare, ossia la Confessione.

Così il Prefetto della Congregazione per il Clero, il card. Piacenza , in obbedienza alle richieste del santo Padre, ha firmato questo Sussidio che tornerà utile anche ai Laici....nell'appendice riporta un'ispirato "esame di coscienza per sacerdoti" ma oserei dire anche per noi laici sempre pronti a pretendere dal sacerdote le mezze misure

LEGGERE L'ESAME DI COSCIENZA SUL ROSARIO al n.19

ESAME DI COSCIENZA PER I SACERDOTI

1. « Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità » (Gv 17,19)
Mi propongo seriamente la santità nel mio sacerdozio? Sono convinto
che la fecondità del mio ministero sacerdotale viene da Dio e che, con la
grazia dello Spirito Santo, devo identifi carmi con Cristo e dare la mia vita
per la salvezza del mondo?

2. « Questo è il mio corpo » (Mt 26,26)
Il Santo Sacrifi cio della Messa è il centro della mia vita interiore? Mi preparo
bene, celebro devotamente e dopo, mi raccolgo in ringraziamento?
La Messa costituisce il punto di riferimento abituale nella mia giornata per
lodare Dio, ringraziarlo dei suoi benefi ci, ricorrere alla sua benevolenza e
riparare per i miei peccati e per quelli di tutti gli uomini?

3. « Lo zelo per la tua casa mi divora » (Gv 2,17)
Celebro la Messa secondo i riti e le norme stabilite, con autentica motivazione,
con i libri liturgici approvati? Sono attento alle sacre specie conservate
nel tabernacolo, rinnovandole periodicamente? Conservo con cura
i vasi sacri? Porto con dignità tutte le vesti sacre prescritte dalla Chiesa,
tenendo presente che agisco in persona Christi Capitis?

4. « Rimanete nel mio amore » (Gv 15,9)
Mi procura gioia rimanere davanti a Gesù Cristo presente nel Santissimo
Sacramento, nella mia meditazione e silenziosa adorazione? Sono fedele
alla visita quotidiana al Santissimo Sacramento? Il mio tesoro è nel tabernacolo?

5. « Spiegaci la parabola » (Mt 13,36)
Faccio ogni giorno la mia meditazione con attenzione, cercando di superare
qualsiasi tipo di distrazione che mi separi da Dio, cercando la luce del
Signore che servo? Medito assiduamente la Sacra Scrittura? Recito con
attenzione le mie preghiere abituali?

6. È necessario « pregare sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1)
Celebro quotidianamente la Liturgia delle Ore integralmente, degnamente,
attentamente e devotamente? Sono fedele al mio impegno con Cristo
in questa dimensione importante del mio ministero, pregando a nome di
tutta la Chiesa?

7. « Vieni e seguimi » (Mt 19,21)
È, nostro Signore Gesù Cristo, il vero amore della mia vita? Osservo con
gioia l’impegno del mio amore verso Dio nella continenza celibataria?
Mi sono soffermato coscientemente su pensieri, desideri o atti impuri;
ho tenuto conversazioni sconvenienti? Mi sono messo nell’occasione
prossima di peccare contro la castità? Ho custodito il mio sguardo? Sono
stato prudente nel trattare con le varie categorie di persone? La mia vita
rappresenta, per i fedeli, una testimonianza del fatto che la purezza è
qualcosa di possibile, di fecondo e di lieto?

8. « Chi sei Tu? » (Gv 1,20)
Nella mia condotta abituale, trovo elementi di debolezza, di pigrizia, di
fi acchezza? Le mie conversazioni sono conformi al senso umano e soprannaturale
che un sacerdote deve avere? Sono attento a far sì che nella
mia vita non si introducano particolari superfi ciali o frivoli? In tutte le
mie azioni sono coerente con la mia condizione di sacerdote?

9. « Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo » (Mt 8,20)
Amo la povertà cristiana? Ripongo il mio cuore in Dio e sono distaccato,
interiormente, da tutto il resto? Sono disposto a rinunciare, per servire
meglio Dio, alle mie comodità attuali, ai miei progetti personali, ai miei
legittimi affetti? Possiedo cose superfl ue, ho fatto spese non necessarie
o mi lascio prendere dall’ansia del consumismo? Faccio il possibile per
vivere i momenti di riposo e di vacanza alla presenza di Dio, ricordando
che sono sempre e in ogni luogo sacerdote, anche in quei momenti?

10. « Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli
» (Mt 11,25)
Ci sono nella mia vita peccati di superbia: diffi coltà interiori, suscettibilità,
irritazione, resistenza a perdonare, tendenza allo scoraggiamento,
ecc.? Chiedo a Dio la virtù dell’umiltà?

11. « E subito ne uscì sangue e acqua » (Gv 19,34)
Ho la convinzione che, nell’agire « nella persona di Cristo », sono direttamente
coinvolto nel medesimo Corpo di Cristo, la Chiesa? Posso dire
sinceramente che amo la Chiesa e che servo con gioia la sua crescita, le
sue cause, ciascuno dei suoi membri, tutta l’umanità?

12. « Tu sei Pietro » (Mt 16,18)
Nihil sine Episcopo – niente senza il Vescovo – diceva Sant’Ignazio di Antiochia:
queste parole sono alla base del mio ministero sacerdotale? Ho
ricevuto docilmente comandi, consigli o correzioni dal mio Ordinario?
Prego specialmente per il Santo Padre, in piena unione con i suoi insegnamenti
e intenzioni?

13. « Che vi amiate gli uni gli altri » (Gv 13,34)
Ho vissuto con diligenza la carità nel trattare con i miei fratelli sacerdoti
o, al contrario, mi sono disinteressato di loro per egoismo, apatia o noncuranza?
Ho criticato i miei fratelli nel sacerdozio? Sono stato accanto a
quanti soffrono per la malattia fi sica o il dolore morale? Vivo la fraternità
affi nché nessuno sia solo? Tratto tutti i miei fratelli sacerdoti e anche i
fedeli laici con la stessa carità e pazienza di Cristo?

14. « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14,6)
Conosco in profondità gli insegnamenti della Chiesa? Li assimilo e li
trasmetto fedelmente? Sono consapevole del fatto che insegnare ciò che
non corrisponde al Magistero, sia solenne che ordinario, costituisce un
grave abuso, che reca danno alle anime?

15. « Va’ e d’ora in poi non peccare più » (Gv 8,11)
L’annuncio della Parola di Dio porta i fedeli ai sacramenti. Mi confesso
con regolarità e con frequenza, conformemente al mio stato e alle cose
sante che tratto? Celebro con generosità il sacramento della riconciliazione?
Sono ampiamente disponibile alla direzione spirituale dei fedeli
dedicandovi un tempo specifi co? Preparo con cura la predicazione e la
catechesi? Predico con zelo e con amore di Dio?

16. « Chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui » (Mc 3,13)
Sono attento a scorgere i germi di vocazione al sacerdozio e alla vita
consacrata? Mi preoccupo di diffondere tra tutti i fedeli una maggiore
coscienza della chiamata universale alla santità? Chiedo ai fedeli di pregare
per le vocazioni e per la santifi cazione del clero?

17. « Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire » (Mt 20,28)
Ho cercato di donarmi agli altri nel quotidiano, servendo evangelicamente?
Manifesto la carità del Signore anche attraverso le opere? Vedo nella
Croce la presenza di Gesù Cristo e il trionfo dell’amore? Impronto la mia
quotidianità allo spirito di servizio? Considero anche l’esercizio dell’autorità
legata all’uffi cio una forma imprescindibile di servizio?

18. « Ho sete » (Gv 19,28)
Ho pregato e mi sono sacrifi cato veramente e con generosità per le anime
che Dio mi ha affi dato? Compio i miei doveri pastorali? Ho sollecitudine
anche per le anime dei fedeli defunti?

19. « Ecco il tuo fi glio! Ecco la tua madre! » (Gv 19,26-27)
Ricorro pieno di speranza alla Santa Vergine, Madre dei sacerdoti, per
amare e far amare di più suo Figlio Gesù? Coltivo la pietà mariana? Riservo
uno spazio in ogni giornata per il Santo Rosario? Ricorro alla Sua
materna intercessione nella lotta contro il demonio, la concupiscenza e la
mondanità?

20. « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito » (Lc 23,44)
Sono sollecito nell’assistere ed amministrare i sacramenti ai moribondi?
Considero nella mia meditazione personale, nella catechesi e nella ordinaria
predicazione la dottrina della Chiesa sui Novissimi? Chiedo la
grazia della perseveranza fi nale ed invito i fedeli a fare altrettanto? Offro
frequentemente e con devozione i suffragi per le anime dei defunti?


VIVA LA CHIESA, VIVA IL PAPA, VIVA "I SACERDOTI -ZELANTI... che danno origine a tanti santi -!!" (cfr san Padre Pio lo diceva ai suoi frati )

In questo breve video
www.gloria.tv/?media=173585
vi diamo un sunto che ci appare interessante non solo per i Sacerdoti, ma anche per noi Laici, onde evitare di pretendere da loro le "assoluzioni" facili.....
Vi invitiamo così a prendere tutto il Sussidio integralmente, leggerlo e meditarlo, farlo proprio e farne anche dono ai nostri Parroci....


SCARICATELO DAL COLLEGAMENTO LINKATO NEL TITOLO DI QUESTO POST....

 [SM=g1740722]




Caterina63
00giovedì 2 agosto 2012 22:46

L'azione liberatrice della confessione


Il fondatore dei Francescani dell'Immacolata spiega come il sacrificio di Gesù ha liberato l'umanità dal peccato


di padre Stefano Maria Manelli*

ROMA, giovedì, 2 agosto 2012 (ZENIT.org) - Gesù nell’orto degli ulivi fece l’esame di coscienza dell’umanità. Tutte le colpe degli uomini di ogni tempo, tutte le brutture, le vergogne, le nefandezze e tutte le sofferenze, i dolori e gli strazi per pagare i delitti dell’umanità: questo fu l’esame di coscienza del genere umano, da Gesù sofferto con tale angoscia mortale da sudare sangue fino a bagnarsi il corpo e la terra.

Contemplando Gesù che suda sangue nell’orto degli ulivi, noi dovremmo aprire gli occhi sulla realtà del peccato per inorridire e per piangere lagrime di sangue, così come piangeva san Francesco d’Assisi.

Ricordiamo il grido materno della Madonna a Fatima: «Non offendano più Dio Nostro Signore». Il peccato è la sofferenza di Gesù. I suoi strazi e le gocce di sangue sono tutti i nostri peccati. Se ci pensassimo sul serio, non saremmo così indifferenti né diventeremmo così facilmente schiavi del peccato.

Una volta la piccola Giacinta di Fatima, guardando un Crocifisso, chiese a Lucia:

«Perché il Signore è così, inchiodato su una croce?».

«Perché è morto per noi».

«Raccontami come è stato».

Lucia raccontò a Giacinta tutta la Passione e Morte di Gesù. E «al sentir raccontare le sofferenze del Signore, la piccolina si commosse e pianse... Piangeva amaramente, e diceva: - Povero Gesù! Io non farò nessun peccato! Non voglio che il Signore soffra più».

Il dolore e il proposito di Giacinta sono il frutto del vero esame di coscienza. Il sincero dolore spinge a non fare più peccati per non colpire Gesù e non farlo soffrire.

D’altra parte il peccato è anche la causa dei molti castighi e travagli che affliggono l’umanità. Ricordiamo Gesù che dice al paralitico dopo averlo guarito: «Va’ e non peccare più, perché non ti accada di peggio» (Gv 5,14).

Ricordiamo Lucia di Fatima che nella seconda apparizione chiese alla Madonna la guarigione di una persona ammalata, e la Madonna le rispose: «Se si convertirà sarà guarita quest’anno». Difetti e peccati sono la causa dei nostri mali e castighi. Anche nella terza apparizione la Madonna disse: «Se gli uomini non cesseranno di offendere Dio, scoppierà un’altra e più terribile guerra ... Dio ... punirà il mondo per i suoi crimini con la guerra, la fame, la persecuzione della Chiesa e del Santo Padre».

I peccati sono la rovina del mondo. Se vogliamo bene all’umanità, finiamola con i peccati. Dobbiamo lottare contro ogni peccato, usando in particolare la penitenza, e specialmente la penitenza sacramentale, ossia la Confessione.

La Confessione, infatti, è il Sacramento del perdono che distrugge i nostri peccati. Chi odia il peccato ama molto la Confessione, perché sa bene che con la Confessione viene cancellata anche l’ombra del peccato nell’anima. Anzi, sa bene che la Confessione rende l’anima pura e splendente, carissima a Gesù.

Nella vita di sant’Antonio di Padova si legge che un giorno si presentò a lui un gran peccatore per confessarsi. Il pentimento sincero, però, faceva piangere il peccatore in modo così irrefrenabile che egli non riusciva neppure a dire i suoi peccati.

Il Santo allora gli disse: «Senti, va’ a scrivere i tuoi peccati e poi ritorna a leggermeli». Il penitente obbedì e andò a scrivere i suoi peccati su di un foglio. Tornò quindi dal Santo, si inginocchiò ai suoi piedi e iniziò a leggere la lista dei peccati. Ma quale non fu la sua sorpresa nell’accorgersi che, terminata la lettura e ricevuta l’assoluzione sacramentale, il foglio su cui aveva scritto i peccati ritornò bianco candido!

Questo, infatti, è il frutto della confessione sincera dei peccati: l’anima viene purificata dal Sangue divino di Gesù e ritorna luminosa di grazia. Per questo san Francesco d’Assisi si confessava tre volte la settimana, e molti altri Santi si confessavano anche ogni giorno.

Per noi, oltre la Confessione ad ogni primo sabato del mese, non dobbiamo dimenticare la Confessione ogni settimana, secondo la norma più sana e saggia della vera vita cristiana. Se non si ritorna alla Confessione frequente (ogni settimana), non maturerà mai in noi il dolore dei peccati e la crescita nell’amore puro per essere di conforto a Gesù sofferente e al Cuore Immacolato di Maria circondato di spine.

Virtù da praticare: Dolore dei peccati.

Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

* Padre Stefano Manelli, fondatore dell'ordine religioso dei Frati Francescani dell'Immacolata, è un degli autori cattolici che ha venduto più libri. I suoi scritti sono stati stampati in milioni di copie, ed alcuni sono stati anche tradotti in altre lingue straniere. Tra quelli con la maggiore tiratura “La devozione alla Madonna”, “Gesù Eucaristico Amore” e “Maggio, il mese di Maria”.








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Caterina63
00domenica 19 agosto 2012 11:22

Circa i peccati e le tre censure ecclesiastiche.

 
 

La Chiesa è Madre, e ha il dovere di educare nella fede e nell’amore in Dio per aiutare tutti a conseguire la Salvezza Eterna dell’Anima, i Sacramenti istituiti da Cristo stesso e depositati nella Chiesa, sono in ordine a tale scopo.

 
Quindi, la Chiesa nella sua Eterna Sapienza stabilisce che per ricevere la Santissima Eucaristia o Comunione bisogna essere in grazia di Dio, cioè non avere commesso peccati gravi o mortali dopo l’ultima confessione ben fatta.
 
Normalmente il buon cristiano si confessa ogni mese. Ma certamente una volta all’anno.
 
 
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC)
 
CCC 1458 Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui.
 
 
Quali sono i peccato gravi/mortali?
 
Cosa è il peccato:
 
CCC 1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E' stato definito "una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna" [Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6].
 
CCC 1850 Il peccato è un'offesa a Dio: "Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto" ( Sal 51,6 ). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare "come Dio" ( Gen 3,5 ), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è "amore di sé fino al disprezzo di Dio" [Sant'Agostino, De civitate Dei, 14, 28]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf Fil 2,6-9 ].
 
CCC 1851 E' proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell'ora delle tenebre e del Principe di questo mondo, [Cf Gv 14,30 ] il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati.
 
Una breve distinzione tratta dal Compendio (CCCC) circa il peccato mortale ed il peccato veniale:
 
CCCC 395. Quando si commette il peccato mortale?
 
CCC 1855-1861; 1874
 
Si commette il peccato mortale quando ci sono nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso. Questo peccato distrugge in noi la carità, ci priva della grazia santificante, ci conduce alla morte eterna dell'inferno se non ci si pente. Viene perdonato in via ordinaria mediante i Sacramenti del Battesimo e della Penitenza o Riconciliazione.
 
CCCC 396. Quando si commette il peccato veniale?
 
CCC 1862-1864; 1875
 
Il peccato veniale, che si differenzia essenzialmente dal peccato mortale, si commette quando si ha materia leggera, oppure anche grave, ma senza piena consapevolezza o totale consenso. Esso non rompe l'alleanza con Dio, ma indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per i beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene purificatorie temporali.

Venendo ai peccati mortali in modo più specifico
 
Tenendo conto di quanto detto, possiamo affermare che si commette un peccato mortale quando si infrangono (alle condizioni precedentemente esposte nel Compendio) i Dieci Comandamenti:
 
1. Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori che Me
 
2. Non nominare il Nome di Dio invano
 
3. Ricordati di santificare le feste
 
4. Onora il padre e la madre
 
5. Non uccidere
 
6. Non commettere atti impuri
 
7. Non rubare
 
8. Non dire falsa testimonianza
 
9. Non desiderare la donna d’altri
 
10. Non desiderare la roba d’altri
 
 
Si veda sul Catechismo della Chiesa Cattolica con precisione i vari tipi di azioni che costituiscono, se realizzate con piena avvertenza e deliberato consenso, peccato grave.
 
Se volessimo fare un elenco non esaustivo potremmo dire che sono peccati gravi/mortali i seguenti atti: 
 
Idolatria, magia, stregoneria, occultismo, ateismo, astrologia, avversione e persecuzione e diffamazione verso la Chiesa Cattolica (questi puniti con la scomunica latae sententiae), spergiurare su Dio, omicidio, suicidio assistito, eutanasia, suicidio, aborto (questo punito con la scomunica latae sententiae), violenza sessuale sui minori, e cultura pedofila in genere, atti sessuali fuori dal Matrimonio Cattolico, convivenzamore uxorio, atti sessuali disordinati all’interno del Matrimonio Cattolico, adulterio, contraccezione, prostituzione, atti omosessuali, visione e detenzione di materiale pornografico, masturbazione, furto (tale peccato viene assolto solo con la restituzione del mal tolto), diffamazione, odio, mancanza di perdono, bugia dannosa, calunnia, riduzione in schiavitù.
 
***
 
Circa il dare la Santissima Eucaristia a coloro che dopo la separazione o il divorzio dal Matrimonio Cattolico, convivono more uxorio con un altro partner (anche se risposati civilmente).
 
La Chiesa è Madre e ha il dovere di educare nella fede, pur avendo a cuore questi fratelli che vivono la lacerante sofferenza dell’essere vittime di un matrimonio fallito. Questi nostri fratelli e sorelle fanno parte della Chiesa, e sono invitati a ritrovare il loro rapporto, attraverso la preghiera con il Signore e a partecipare alla Santa Messa, ma il viverestabilmente e irremovibilmente nello stato di convivenza more uxorio non da loro la possibilità di ricevere l’Assoluzione Sacramentane (perché impenitenti) e quindi nel ricevere la Comunione a meno che o decidono di separarsi o si impegnano davanti a Dio a cambiare il loro stato di convivenza (si sforzano a vivere come fratello e sorella).
 
***
 
Le tre censure ecclesiastiche: la scomunica, l'interdetto e lasospensione a divinis
 
 
La scomunica è una delle tre censure ecclesiastiche previste dal diritto canonico: La scomunica può essere inflitta solo ad una persona fisica, laica od ecclesiastica, non ad enti e confraternite, e cessa con l'assoluzione che può e deve essere data (con le dovute licenze) non appena lo scomunicato si pente sinceramente della colpa commessa. Le altre censure sonol'interdetto e la sospensione a divinis (quest'ultima può essere inflitta solo ai sacerdoti).
 
 
Scomunica latae sententiae è una pena gravissima e la Chiesa vi ricorre come estremo tentativo per riportare un fedele sulla retta via.
 
 
Le scomuniche si definiscono latae sententiae se scaturiscono da un comportamento delittuoso in quanto tale e non è necessario che vengano esplicitamente comminate da un ente ecclesiastico: chi compie un certo atto si trova ad essere scomunicato ipso facto. Si definiscono invece ferendae sententiae se non sono automatiche, ma devono essere inflitte da un organismo ecclesiale.
 
 
Esistono anche le scomuniche "riservate": infatti in genere una scomunica può essere tolta dal Sacerdote durante una normale confessione; se però la scomunica è riservata al vescovo, può essere tolta solo da un vescovo o da un suo delegato; se è riservata alla Santa Sede, può essere tolta sempre da un Sacerdote ma solo quando questo sia ricorso in via riservata e assolutamente anonima al competente Ufficio della Curia Romana, cioè la Penitenzieria Apostolica, la quale in tempi rapidissimi deciderà circa l'Assoluzione e la Penitenza. Naturalmente le scomuniche "riservate" sono quelle associate ai delitti più gravi.
 
Le scomuniche sono disciplinate dal Codice di diritto canonico ai canoni 1331 e 1364-1398.
 
 
I. SCOMUNICHE latae sententiae riservate alla Santa Sede
 
Viene scomunicato ipso facto e deve ricorrere alla Santa Sede:
 
1. Chiunque profana le specie consacrate (ostie) dell'Eucaristia, oppure le asporta dalla riserva eucaristica o le conserva a scopo sacrilego (can. 1367).
 
2. Chiunque usa violenza fisica contro il Santo Padre, il Papa (can. 1370 §1).
 
3. Il Sacerdote che in confessione assolve il proprio complice nel peccato contro il sesto dei dieci comandamenti, cioè assolve la persona con cui egli stesso ha avuto rapporti sessuali (can. 1378). Questa assoluzione, inoltre, è anche invalida (can. 977).
 
4. Il Vescovo che consacra un altro Vescovo senza mandato pontificio (can. 1382)
 
5. Il Sacerdote che viola direttamente il sigillo sacramentale della Confessione, cioè rende pubblica l'identità di un fedele e i suoi peccati (can. 1388)
 
 
II. SCOMUNICHE latae sententiae non riservate alla Santa Sede.
 
Viene scomunicato ipso facto:
 
1. Chi ricorre all'aborto ottenendo l'effetto voluto e chi procura tale aborto e chi ne è complice (es. chi incoraggia e chi accompagna all’ospedale) (can. 1398); attualmente questascomunica è stata riservata al vescovo, il quale può decidere se e quali sacerdoti hanno l'autorizzazione per rimettere tale scomunica.
 
2. Chi si macchia del delitto di Apostasia, Eresia e Scisma (can. 1364 §1).
 
3. Anche la Simonia o altri accordi condizionanti l'elezione del papa nel conclave, come stabilito dalla Costituzione Apostolica Universi dominici gregis, fanno incorrere nella scomunica latae sententiae.
 
 
 
III. L'INTERDETTO è una punizione rivolta ad un singolo individuo. È come una scomunica in quanto la persona non può ricevere i Sacramenti e partecipare al culto pubblico se è Diacono. Il laico o il Dicono interdetto non potrà mai più accedere al Sacramento dell’Ordine (o del secondo grado dell’Ordine, se è Dicono).
 
Sono quindi interdetti chi:
 
Ø Fa violenza fisica contro un vescovo.
 
Ø Tenta di presiedere o concelebrare una Santa Messa, essendo un diacono o un laico.
 
Ø Ascolta e/o assolve le Confessioni, essendo un diacono o un laico.
 
Ø Accusa falsamente un Sacerdote di incitare il penitente contro il sesto comandamento durante la Confessione.
 
Ø Tentare di sposarsi avendo fatto voto di castità perpetua.
 
 
IV. LA SOSPENSIONE è un provvedimento disciplinare gravissimo della Chiesa Cattolica. Tale provvedimento, è rivolto verso un ecclesiastico che va in modo assoluto, certo e grave contro la Fede e la Morale. Il Sacerdote è quindi sospeso "a divinis" e ridotto allo stato laicale. Per lo stesso è proibito di esercitare il suo ufficio sacerdotale e celebrare i sacramenti. 
 
Accade quando:
 
Ø C’è violenza fisica contro un Vescovo da parte di un Sacerdote (can. 1370).
 
Ø Quando il Sacerdote con i suoi atti va contro la Fede della Chiesa Cattolica in modo da nuocere e diffamare la Chiesa Cattolica Stessa.
 
Ø C’è attentato al matrimonio, anche solo civilmente, da parte di un Sacerdote (can. 1394 §1).
 
Ø Il Sacerdote abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo. (can. 1395).
 
***
L’APOSTASIA
 
Si tratta di una totale negazione della fede: è il caso di chi nega Cristo dopo averlo conosciuto. Chi aderisce a credenze Magiche come la stessa Magia la Cartomanzia (lettura delle carte), l’Astrologia (lettura degli oroscopi) e tutte le pratiche Esoteriche; e si converte ad altre fedi religiose es.: la Massoneria, i Rosacroce, l’Islam, le Chiese cristiane protestanti e o separate dalla Chiesa Cattolica, Testimoni di Geova, I Mormoni, Scientology, Religioni e filosofie Orientali (induismo, buddismo), Credenze Occulte Diaboliche Idolatriche ecc.
 
Ma è anche il caso di chi, cresciuto all’interno della Chiesa Cattolica, non abbia mai accettato né Cristo nella propria vita né la fede Cattolica nella sua interezza contestando o perseguitando la Chiesa Cattolica pubblicamente anche se abbia comunque compreso il Vangelo e anche se sia rimasto formalmente nella Chiesa Cattolica stessa (Apostasia silenziosa). 
 
L’ERESIA
 
A differenza dell’apostasia, l’eresia è una negazione parzialedelle Verità Fede. E’ il caso di chi accoglie la rivelazione biblica solo in quelle parti che gli piacciono, riservandosi di escludere quelle spiacevoli o non conformi alle sue aspettative.
 
 
LO SCISMA
 
Il termine, (dal greco schìsma: lacerazione, divisione) designa la formale separazione dalla Chiesa di un gruppo di fedeli originata da dissensi di carattere disciplinare, ma non necessariamente su verità di fede (elemento, questo, che distingue lo scisma dall'eresia).
 
 
SIMONIA
 
Il termine viene utilizzato per definire l'acquisizione di beni spirituali in cambio di denaro, e deriva dal nome di Simon Mago, taumaturgo samaritano convertito al cristianesimo, che propose a San Pietro di vendergli il potere di conferirgli i doni dello Spirito Santo.

Un atto simoniaco è per esempio il mercimonio delle Reliquie dei Santi.
 
fonte: Maranathà

Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/#ixzz23ywclcU6

Caterina63
00sabato 17 novembre 2012 14:44

confessione


Un sacerdote risponde

Un sacerdote ha dato l'assoluzione collettiva senza previa confessione dei peccati ai ragazzi della prima Comunione

Quesito

Carissimo Padre,
approfitto ancora una volta del servizio posto sul vostro sito, e della chiarezza delle sue risposte, che leggo oramai quotidianamente e che tanto mi aiutano a rendere saldi i fondamenti della mia fede, in un cammino sempre più forte verso Gesù.
Ieri parlavo con una conoscente della S. Messa di Prima Comunione del suo bambino. Questa donna mi ha detto parlando, anche in passato, di non essere praticante, ma di credere molto 'a modo suo'. Affermazione che ho già sentito tante volte, ma che grazie allo splendido 'tergicristallo' che sono la Parola di Dio, l'Eucarestia e l'amore per la Chiesa, so essere banali, in quanto fanno di Dio una nostra proiezione, senza alcuna profondità; è insomma 'un'ignoranza di fede' farsi un 'Dio a modo mio'...comunque mi sto dilungando, mi scusi. Io non sono mai intervenuta con risposte brusche, in quanto trovo la donna in questione una di quelle persone che sono comunque alla ricerca...prego per lei, come per tante persone nella stessa situazione.
Mi ha descritto la Prima Comunione del figlio come una celebrazione bellissima, e soprattutto breve ("Pensa che bello, in 40 minuti era già finita...."). Ma la cosa che più mi ha scioccata è che mi ha detto che il Parroco della Parrocchia che frequenta (!) non ha fatto celebrare ai bambini la Prima Confessione (o Festa del Perdono che dir si voglia), ma che hanno fatto una Riconciliazione Comunitaria, senza colloquio personale con il sacerdote.
Poi aggiunge che anche lei, dopo tanti anni, ora si accosta alla Comunione, visto che questo Parroco non confessa, dice di dire i peccati direttamente a Dio. E aggiunge 'non sai che liberazione sentirsi accolti così, con un prete che segue la mia stessa filosofia di fede. Adesso non mi sento più in colpa per non confessarmi mai, non serve...'. Se io non fossi stata in un luogo pubblico penso mi sarei messa a piangere per la tristezza. Io spero tanto che questa donna abbia frainteso lo parole del Parroco - con il quale non le nego, sono stata tentata di chiedere un confronto, perchè queste affermazioni a me sembrano impossibili . So che molti 'fedeli' mettono in bocca ai sacerdoti parole che non hanno mai detto, proprio perchè abituati alla fede a modo proprio. Anche io in passato ho avuto a che fare con sacerdoti che dicono che basta confessarsi due volte l'anno...o che dicono che quelli che accusiamo noi non sono i veri peccati...ma così mi sembra davvero troppo! Io ho riscoperto il valore altissimo della Riconciliazione, e so quali grandi grazie porta, lo vivo nella mia vita. E sento anche quanto il peccato schiaccia l'anima, e come dicono molti Suoi interlocutori, non fa sentire liberi....Cosa pensa Padre di questo fatto?
La ricordo oggi nella recita del Santo Rosario, e le chiedo una preghiera per me e la mia famiglia.
Grazie
E.





Risposta del sacerdote

Carissima E.,
1. purtroppo siamo ad un punto in cui non ci si meraviglia di niente.
Dispiace sentire di arbìtri nei confronti della Confessione sacramentale.
Ci si domanda perché i Vescovi non intervengano.
Probabilmente non sono al corrente di quello che succede.

2. Tuttavia il dispiacere più grosso è per questi ragazzi che non vengono iniziati alla confessione sacramentale.
È un’occasione quasi unica per istruirli e introdurli. E invece niente.
Mi chiedo: si domandano questi sacerdoti quando questi ragazzi impareranno a confessarsi individualmente?
Mi pare un atteggiamento disfattista all’interno della Chiesa stessa.
Vengono in mente le parole di Benedetto XVI: “I mali di cui la Chiesa oggi soffre maggiormente provengono dal suo interno”.

3. Ma c’è dell’altro.
Giovanni Paolo II nell’enciclica programmatoria del suo pontificato Redemptor hominis aveva scritto: “Benché la comunità fraterna dei fedeli, partecipanti alla celebrazione penitenziale, giovi grandemente all'atto della conversione personale, tuttavia, in definitiva, è necessario che in questo atto si pronunci l'individuo stesso, con tutta la profondità della sua coscienza, con tutto il senso della sua colpevolezza e della sua fiducia in Dio, mettendosi davanti a Lui, come il Salmista, per confessare: "Contro di te ho peccato".
La Chiesa, quindi, osservando fedelmente la plurisecolare prassi del sacramento della Penitenza - la pratica della confessione individuale, unita all'atto personale di dolore e al proposito di correggersi e di soddisfare - difende il diritto particolare dell'anima umana. E' il diritto ad un più personale incontro dell'uomo con Cristo crocifisso che perdona, con Cristo che dice, per mezzo del ministro del sacramento della Riconciliazione: "Ti sono rimessi i tuoi peccati"; "Va', e d'ora in poi non peccare più".
Come è evidente, questo è nello stesso tempo il diritto di Cristo stesso verso ogni uomo da lui redento. E' il diritto ad incontrarsi con ciascuno di noi in quel momento-chiave della vita dell'anima, che è quello della conversione e del perdono” (RH 20).
Pertanto si tratta di un’ingiustizia compiuta nei confronti dei ragazzi e di un’ingiustizia compiuta nei confronti di Cristo.

4. Dal momento poi che per assolvere i peccati è necessario il potere di giurisdizione dato dal Codice di diritto canonico o dal vescovo, né l’uno né l’altro prevedono l’assoluzione collettiva senza previa confessione personale dei propri peccati se non in casi estremi (come ad esempio pericolo di morte). Sicché questa assoluzione sarebbe non solo illecita, ma anche invalida. E con questo il sacerdote stesso si sarebbe caricato di un peccato grave.

5. Non entro a commentare altre espressioni dolorose della tua email.
Ti ringrazio molto del S. Rosario che hai recitato per me.
Ricambio per te e per i ragazzi nella mia preghiera.
Ti auguro una fruttuosa festa di Pentecoste e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 14.11.2012


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Un sacerdote risponde

Perché chi è consapevole di essere in peccato mortale, per quanto pentito, non può fare la Santa Comunione, ma deve premettere la Confessione

Quesito

Caro Padre Angelo,
mi capita di andare a messa in peccato mortale, perché per un motivo o l’altro non mi sono potuto confessare (per mancanza di un sacerdote e di tempo nei giorni prima della celebrazione…). Cerco di non partecipare alla comunione in quanto non confessato e non degno, ma alcune volte non ci riesco! Tutto ciò che ascolto durante la messa mi spingono infatti ad accostarmi al Signore, l’Agnello di Dio che toglie, appunto, tutti i peccati del mondo! Sono pienamente d’accordo che nostro Signore Gesù Cristo rimette i nostri peccati tramite voi stimati confessori. Ascolto infatti con sincero pentimento l’inizio della messa, quando il celebrante ci invita all'atto penitenziale. Durante il quale nella breve pausa di silenzio recito l’atto di dolore e in seguito ascolto fiduciosamente l'assoluzione del sacerdote! Tuttavia mi domando se quest’assoluzione abbia lo stesso valore del sacramento della Penitenza? Lei cosa pensa durante le parole di questo momento molto solenne, parole recitate in veste di Gesù? Lei ha assolto i miei peccati, o solo di quelli che ha confessato nei giorni precedenti? Confido in Dio durante il Vangelo ed il Credo, supplico la sua Misericordia! Recito il Padre nostro con il sacerdote, l’assemblea e con Gesù stesso, presente ormai anche fisicamente nell’Eucarestia (in Cristo, con Cristo, per Cristo). "Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato"! Ecco, ormai è difficile trattenermi… Di Parole in nome di Gesù, durante la messa, si è colmato l’anima mia, è difficile ormai rinunciare alla comunione con il Corpo di Cristo offerto a tutti dal Sacerdote O non a tutti? Lei che cosa pensa in questo momento… l’Agnello purificatore è offerto solamente a quelli che ne sono degni, in quanto confessati? Dopo la messa esco più sereno, come se il mio spirito per un momento, per un attimo, si fosse rivestito di bianco!
Consapevole di non essere in grado di resistere alle nuove tentazione, mi propongo comunque di andarmi a confessare il più presto possibile, per ricevere un aiuto più tangibile per divenire come il Cristo, nelle mie scelte future e nei miei sentimenti! Sperando tuttavia di non aver commesso un altro peccato di superbia e vanagloria…
Ti ringrazio di cuore per ogni breve Parola che mi puoi donare in questo mio sincero dubbio! Faccio bene o male ad accogliere Gesù, alcune volte, anche se non confessato?
Cordiali saluti e un caloroso abbraccio fraterno,
Giuseppe


Risposta del sacerdote

Caro Giuseppe,
1. l’atto penitenziale che si compie all’inizio della Messa non è un sacramento, ma un riconoscimento dei nostri peccati ed è una supplica collettiva fatta a Dio perché ci purifichi da ogni colpa.
Quando il sacerdote dice: “Dio onnipotente abbia misericordia di Dio, perdoni i nostri peccati…” eleva una supplica, ma non dà l’assoluzione dei peccati.

2. Per il sacramento della Confessione, oltre al pentimento, è necessaria per istituzione divina l’accusa dei peccati, che qui all’inizio della Messa evidentemente non c’è.

3. Questa preghiera può avere l’efficacia di perdonare i peccati, perché suscitata da un sincero pentimento.
D’altra parte la Chiesa ha sempre ritenuto che la remissione dei peccati si può ottenere anche prima di accedere al sacramento della Confessione, ma non senza il proposito di confessarsi.

4. Questo atto penitenziale è importante, perché se uno arriva a Messa in peccato mortale, in forza di questo atto ricupera la grazia e la sua partecipazione alla Messa diventa soprannaturalmente meritoria per la vita eterna.

5. Anche la Parola del Signore che ascoltiamo nelle letture può ottenere questa purificazione.

6. Molto di più la si ottiene nel momento in cui si compie il memoriale della passione e della morte del Signore (consacrazione).
La passione e la morte del Signore sono il sacrificio di espiazione dei peccati che Cristo ha compiuto per noi.
La celebrazione della Messa produce gli stessi effetti del sacrificio della croce, perché è lo stesso sacrificio della croce che viene perpetuato a nostro beneficio sui nostri altari.
Sarebbe strano che la partecipazione al sacrificio di espiazione non ci ottenesse l’effetto dell’espiazione effettiva dei peccati.

7. La partecipazione alla Messa, dunque, se viene fatta con le dovute disposizioni attua la purificazione dell’anima, la santifica e la rinforza.

8. Ma non è sufficiente per darci il via libera per poter fare la Santa Comunione se uno non ha ancora confessato i peccati mortali.
Come sai, la Chiesa chiede di premettere sempre e in maniera doverosa la Confessione.
Riporto ancora un volta un testo di Giovanni Paolo II: “A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».
In questa linea giustamente il CCC (n. 1385)stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (Ecclesia de Eucharistia 36).

9. È vero che domandare il perdono a Cristo e pensare di riceverlo è già una cosa grande, ma questo è solo l’inizio della riconciliazione.
Ti porto un esempio: se andando per strada ti tamponassi e sfasciassi la tua macchina e scendendo dalla mia vettura ti chiedessi scusa perché ero sovrapensiero, tu vedendomi così umiliato e confuso, sebbene rattristato, mi daresti il tuo perdono. Ma le cose non si concluderebbero così.
Rimane necessaria la riparazione dei danni. Solo allora la riconciliazione sarà piena.
Ebbene, il perdono ricevuto durante la Messa è paragonabile al primo atto, Ma rimane ancora la parte più importante: la riparazione. E questa viene attuata quando il sangue di Cristo viene versato sulla tua anima dalle mani del sacerdote incaricato da Cristo per la remissione dei peccati nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione o Penitenza.

10. Senti che cosa dice Sant’Agostino a proposito di quelli che pensavano che fosse sufficiente la riconciliazione interiore senza sacramento della Penitenza: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3).
Sono parole forti e persuasive quelle di Sant’Agostino: per qual fine Gesù avrebbe istituito il sacramento della confessione se si potesse fare la S. Comunione anche senza di esso?
E poi, se uno non trova il confessore, per quante volte potrebbe fare la Comunione?
Capisci bene che qui uno continuerebbe a commettere i suoi peccati mortali, domanderebbe perdono a Dio nella Messa e poi si confesserebbe ogni morte di Papa!
Sarebbe serietà questa o non si tratterebbe di uno svuotamento, come dice Sant’Agostino, delle parole del Signore?

11- Pertanto la Comunione fatta senza essere confessati è mal fatta, per quanto uno pensi di essere perdonato.
Hai sentito le parole di Giovanni Paolo II che riprende quelle di San Giovanni Cristostomo: “Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi”.
Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in 1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.
L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile”.

11. Pertanto ti esorto a non fare più la Santa Comunione se prima della Messa hai coscienza di essere in peccato grave.
Anzi, nella prossima confessione dirai al sacerdote che hai fatto ugualmente la Santa Comunione senza essere confessato.

Ti ringrazio del quesito, la cui risposta porterà luce non solo in te ma anche in tanti altri visitatori.
Ti saluto anch’io con caloroso abbraccio fraterno, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 12.10.2012




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Caterina63
00martedì 22 gennaio 2013 12:49
21.01.2013 13:44

 

Potere clericale modernista nel Confessionale

 

Senza perdere tempo con provocazioni sterili, vogliamo entrare nel vivo di alcune affermazioni che da dopo il Concilio sono diventate quasi una nuova normativa, persino dottrinale, nella Chiesa.

Non è raro sentire affermare da certi relatori, presbiteri o laici, in varie occasioni di incontri diocesani, catechetici o parrocchiani, che il concetto di "peccato mortale" è venuto meno, non esiste più, che tutti i peccati sono uguali o, nella peggiore dei casi, che tutti i peccati sono uguali e quindi tutti veniali, tutti perdonabili senza il necessario ricorso al confessionale, che è sufficiente confessarsi solo una volta all'anno e che in qualsiasi condizione è possibile ricevere l'Eucaristia avendo partecipato all'atto penitenziale: l'importante è credere, avere fede in Dio buono e misericordioso che tutto perdona. Una coscienza pentita è già una coscienza perdonata.

Naturalmente le gravi conseguenze di queste idee si ripercuotono poi su tutta un'altra serie di situazioni quali, ad esempio, i divorziati risposati, o chi ha persino abortito, limitando tali colpe a piccoli peccati veniali dei quali basta pentirsi per essere a posto con la coscienza, pur rimanendo nello stato di peccato riguardo agli adulteri e non riparando il danno fatto con l'aborto, e ricevere ugualmente l'Eucaristia.

Vi ricordiamo che fu il Protestantesimo a mettere in dubbio il Sacramento della Confessione e ad eliminarlo quando soppresse il Sacerdozio ministeriale.

 

Perché parliamo di "potere clericale modernista"?

Al di là della santa provocazione, una volta il Sacerdote nel Confessionale non esprimeva le proprie opinioni a riguardo delle materie da assolvere o ritenere, della penitenza da dare, del peso di una scomunica (ipso-facto) quale è ancora oggi, per esempio, quella che grava su chi ha abortito o favorito o addirittura fatto materialmente in quanto medico convinto che abortire non sia un peccato mortale.

Così come quella che grava sui divorziati risposati ai quali non pochi sacerdoti danno la Comunione perché convinti che ciò sia un bene: da non confondere con i separati o divorziati non risposati e non conviventi i quali, se appunto vivono soli perché consapevoli della loro situazione anomala e non responsabili del divorzio, ma che lo hanno subito, e che dunque vivono la propria vita nei Dieci Comandamenti, nell'autentico sacro timor di Dio (che è uno dei sette doni dello Spirito Santo) e nella gratuità di un amore che prevede anche la solitudine, possono ricevere la Comunione.

Oggi, invece, certo potere modernista ha spinto non pochi Sacerdoti ad usare il Confessionale quale mezzo per esprimere le proprie opinioni in campo etico e morale e su queste opinioni stabilire l'assoluzione. Una assoluzione basata sulla fede del fai da te e non più sui Comandamenti, non più sulla sana dottrina oppure, anche se i Comandamenti vengono usati, questi sono interpretati a seconda del pensiero del mondo, delle maggioranze, democraticamente, o con il politicamente "corretto". E' in questo senso che parliamo di un "potere clericale" inaccettabile.

Questi Sacerdoti non si pongono neppure il dubbio se ciò che fanno è bene o male, ma hanno proprio scambiato il male per un bene, così come ci aveva ammonito il Profeta Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (5,20). Nessun Sacerdote ha il diritto di stravolgere la Verità usando il Confessionale, Essi sono chiamati a giudicare il peccato (non il peccatore) non in base alle loro opinioni ma sulla base dei Comandamenti, del Vangelo quando Gesù dice all'adultera: "và e non peccare più!", in base alle Norme della Chiesa dalla quale hanno ricevuto il mandato.

Trattandosi di Sacerdoti mandati non per esprimere le proprie opinioni ma i comandi divini, si chiama abuso di potere, come ebbe a dire Giovanni Paolo II quando denunciava l'esplosione dei cosiddetti "atti penitenziali" in sostituzione delle confessioni personali.

Ed è un "potere modernista" che certo Clero usa oggi gettando non soltanto nella confusione il fedele, ma stravolgendo la dottrina della Chiesa che non è mai mutata, rovinando migliaia di anime che sono morte, muoiono, o stanno morendo in un grave stato di peccato mortale spaventoso, nel silenzio compiacente di questi Giuda!

Certo, sappiamo che la misericordia di Dio è superiore a tutto e legge i cuori delle persone, ma sappiamo anche che Egli è Giudice e che se ci saranno anime dannate per queste inadempienze, coloro che si sono resi responsabili di tale situazione, pagheranno assai più duramente il loro tradimento o silenzi (cfr, Ez. 3,18-21).

L'Atto penitenziale, con il quale si comincia la Messa e attraverso il quale si fanno degli incontri con i fedeli in alcuni Tempi forti liturgici come l'Avvento, la Quaresima o nella Settimana Santa, è sufficiente solo per i peccati veniali ma non sostituisce l'assoluzione se uno non ha ancora confessato i peccati mortali, semmai prepara il fedele proprio alla vera e piena Confessione.

La Confessione è strettamente associata alla ricezione della Comunione Eucaristica, troppi nel Clero oggi dimostrano non soltanto di non conoscere una adeguata preparazione di teologia morale corretta, ma dimostrano piuttosto una avanzata e superba pretesa di poter officiare a tale ministero a seconda delle proprie convinzioni, agendo liberamente e con perversa coscienza ben sapendo di agire contro la dottrina della Chiesa, assumendo l'orgogliosa pretesa di essere "più buoni della Chiesa" stessa, e di assolvere così tutti, a prescindere dalle colpe personali e dal loro peso.

Così esordiva Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica: "San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».

In questa linea giustamente il CCC (n. 1385) stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».

Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»”

(Giovanni Paolo II da Ecclesia de Eucharistia 36).

Leggiamo da un bravo sacerdote questo breve:

"Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in 1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.

L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile” ".

 

Quindi, se uno è inconscio di essere in uno stato di peccato mortale che deve fare? Cosa succede?

Intanto se questa persona non va al confessionale a dire i suoi peccati, come potrà essere in grado di comprendere se si trova in uno stato di peccato mortale o meno?

Dice Giovanni Paolo II nell'Enciclica sopra citata:

"Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico".

Ecco una delle grandi responsabilità di Sacerdoti impreparati o persino traditori del proprio ministero loro affidato. Devono essere loro per primi a sollecitare i fedeli con le catechesi, le omelie domenicali, persino il dialogo e l'amicizia, a fare ricorso al confessionale, devono essere loro per primi a fare l'elenco dei peccati mortali che si trovano nel Catechismo e in tutto il Magistero della Chiesa.

E' difficile dire poi che la persona che frequenta la Chiesa e va alla Messa e magari pretende anche l'Eucaristia non sia cosciente di trovarsi, più o meno, in un grave stato di peccato mortale, basta leggere i Dieci Comandamenti la cui disobbedienza ed ostinata ribellione ad uno solo di questi, conduce in uno stato grave di allontanamento da Dio (= allontanamento da Dio: peccato = stato grave: mortale), qui si rileva semmai il silenzio dei Sacerdoti sul valore di questi Comandamenti e l'ignoranza di quei fedeli che non solo non li conoscono, ma spesso ne ignorano il senso o vi attribuiscono interpretazioni blande, mischiate a certa informazione mediatica, o spesso anche contro le dichiarazioni del Sommo Pontefice.

L'ignoranza poi non è affatto una giustificazione né una scusante e le parole di San Paolo sono chiare:

"È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Lo si deduce dal fatto che quando si parla poi a questi fedeli o Sacerdoti dell'esistenza del peccato mortale, dell'Inferno eterno, di un Giudizio divino, non stanno ad ascoltare, ma si ribellano, rifiutano la vera interpretazione e si ostinano a perseguire ciò che a loro piace di sentirsi dire, attribuendo il tutto al Concilio quale nuovo magistero che avrebbe modificato così tutte le dottrine.

Dice Sant’Agostino a proposito di quelli che pensavano che fosse sufficiente la riconciliazione interiore (Atto penitenziale) senza Sacramento della Penitenza: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3).

Nel n. 212 del Compendio del CC, alla domanda: In che cosa consiste l'inferno?

leggiamo la seguente risposta:

"Consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale".

E al n. 291 alla domanda: Che cosa si richiede per ricevere la santa Comunione?

leggiamo:

"Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione...."

Non è alla leggera che la Madre Chiesa insegna che normalmente il buon cristiano si confessa ogni mese (i Santi consigliano anche una volta la settimana o ogni 15 gg. specialmente se si è seguiti da un buon Confessore e si sta percorrendo un cammino di conversione). Ma certamente una volta all’anno.

Meno di questo cosa si pretende?

Per una breve distinzione tratta dal Compendio (C.CCC) circa il peccato mortale ed il peccato veniale, si legga qui: http://www.maranatha.it/rituale/23page.htm

Si veda sul Catechismo della Chiesa Cattolica con precisione i vari tipi di azioni che costituiscono, se realizzate con piena avvertenza e deliberato consenso, peccato grave.

Se volessimo fare un elenco non esaustivo potremmo dire che sono peccati gravi/mortali i seguenti atti:

idolatria, magia, stregoneria, occultismo, ateismo, astrologia, avversione e persecuzione e diffamazione verso la Chiesa Cattolica (questi puniti con la scomunica latae sententiae), spergiurare su Dio, omicidio, suicidio assistito, eutanasia, suicidio, aborto (questo punito con la scomunica latae sententiae), violenza sessuale sui minori, e cultura pedofila in genere, atti sessuali fuori dal Matrimonio Cattolico, convivenza more uxorio, atti sessuali disordinati all’interno del Matrimonio Cattolico, adulterio, contraccezione, prostituzione, atti omosessuali, visione e detenzione di materiale pornografico, masturbazione, furto (tale peccato viene assolto solo con la restituzione del mal tolto), diffamazione, odio, mancanza di perdono, bugia dannosa, calunnia, riduzione in schiavitù.

 

***

"Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo". (Benedetto XVI Messaggio per la Quaresima 2012)

Ma diverse sono le obiezioni scatenate dal Protestantesimo che fu il primo ad attaccare i Sacramenti della Chiesa e in specie la Confessione. L'accusa Protestante partiva dal falso concetto che la Confessione servisse alla Chiesa per tenere sotto schiavitù le anime ignoranti, sotto come ad un ricatto morale essendo il Sacerdote venuto a conoscenza dei suoi peccati più oscuri. Dunque la Chiesa avrebbe inventato questo Sacramento per scopo di lucro.

Rispondiamo brevemente per un dovere verso i lettori e della verità:

che il Divino Redentore abbia dato alla Sua Santa Chiesa il "potere" di rimettere i peccati, dando l'avvio così a ciò che è chiamato Sacramento, lo dicono le Sacre Scritture, lo conferma la S. Tradizione e la Chiesa da sempre lo insegna.

Ogni perdono poteva venire solo da Dio attraverso il sacrificio espiatorio, lo ribadisce la Scrittura: "Ego, ego sum ipse, qui deleo iniquitates tuas propter me et peccatorum tuorum non recordabor. / Io, io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati." (Is.43,25), tale remissione è la necessità che Dio stesso avverte come urgente "per riguardo a Lui stesso", ma per essere "rimessi", poiché nessuno può toglierseli da se stesso, è necessario che questi peccati vengano confessati, pronunciati, riconosciuti dal penitente e da lui deve essere richiesta la rimozione, poi il Signore Dio nella Sua infinita misericordia e "per riguardo a Se stesso", si prodigherà alla remissione per mezzo dei Suoi Ministri e del Sacrificio espiatorio che è la Santa Messa.

Le accuse o le obiezioni rivolte alla Chiesa furono, per la verità, già rivolte a Nostro Signore, agli occhi degli scribi infatti, attribuirsi un tale potere di rimettere i peccati, era una gravissima bestemmia, che doveva essere punita con la pena capitale (come dicono Levitico 24,11 e Numeri 15,30), ma Gesù risponde adeguatamente all'accusa, con una dimostrazione tipica del modo di pensare giudaico e ben descritto nel Vangelo di S. Marco capitolo 1 vv.17-45 ed anche nel capitolo 2.

"Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua" (Mc.2,9-11).

Questo potere il Signore consegna, comanda ai Suoi Apostoli:

" Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv.20,21-23), è la "potestà" in terra di rimettere i peccati a cominciare dal Battesimo che è una prima remissione, per poi continuare ad insegnare tutto ciò che Lui ha comandato di fare, compresa questa remissione: " docentes eos servare omnia, quaecumque mandavi vobis / insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt.28,20), e poiché è compresa questa remissione dei peccati, e che essi ebbero dal loro Maestro la facoltà non solo di rimettere ma pur anche di ritenere, risulta con tutta verità che Gesù conferì loro la potestà di giudicare dei peccati, evidenziarne la gravità e perdonarli, rimetterli, o persino di "ritenerli non rimessi", secondo le disposizioni d'animo dei peccatori, ossia il rifiuto al pentimento e l'ostinazione a voler continuare a commetterli, e questo proprio "per riguardo a Se stesso" e quindi all'uomo del quale ha voluto assumerne l'umanità per redimerla.

La potestà non è altro che l'atto solenne della insufflazione dello Spirito Santo che rende pratico, vivo e vero ogni Sacramento affidato però alla Chiesa e non a chiunque, non a tutti i battezzati, ma solo agli "amministratori dei misteri di Dio" (1Cor.4); quel "creare di nuovo" che avviene per mezzo dello Spirito Santo, Gesù infatti non ha solo il potere di rivelare il male o ciò che è male, ma Egli si rivela quale Redentore dell'uomo malato, Salvatore e Medico delle Anime, e di questa Redenzione abilita gli Apostoli raccomandando: "Et si quis audierit verba mea et non custodierit, ego non iudico eum; non enim veni, ut iudicem mundum, sed ut salvificem mundum. / Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo"(Gv.12,47), la Confessione è dunque necessaria, fondamentale, indispensabile a coloro che vogliono salvarsi, chi non vuole salvarsi non va al confessionale e non cerca il perdono di Dio, si esclude dalla salvezza. Per questo è necessaria l'evangelizzazione, per questo sono necessari Sacerdoti obbedienti e che non usino il Confessionale per le loro opinioni: sono le parole di Gesù e la Parola nei Dieci Comandamenti che devono essere trasmessi ed usati per stabilire la conoscenza del male che conduce al peccato!

In tutta la S. Scrittura il concetto di "condanna" deriva dalla scelta dell'uomo quando accetta il risanamento, e allora è salvo, oppure lo rifiuta e allora si condanna da sé. Non c'è bisogno che Gesù lo condanni, egli si esclude dalla Salvezza. Per condannare l'uomo, infatti, non c'era bisogno che il Divin Verbo s'Incarnasse, l'uomo si era già condannato con il primo Adamo. Per salvare l'uomo era necessario, invece, l'intervento di Dio non potendosi, l'uomo, risollevarsi da solo dal grave peccato. "Dio infatti – scrive S. Giovanni – non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17).

Così ammonisce S. Paolo esprimendo la misericordia della remissione e l'avvertimento del "ritenere": " L'ho detto prima e lo ripeto ora, allora presente per la seconda volta e ora assente, a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò più, dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi" (2Cor.13,2-3) è così che la reticenza e l'essere reprobi è una debolezza imperdonabile.

Quanto ai Santi Padri e Dottori della Chiesa, di tutti i tempi, fanno testimonianza in tutti gli insegnamenti della potestà data da Gesù Cristo alla sua Chiesa di giudicare dei peccati e giammai le persone in quanto schiavi delle debolezze.

S. Clemente Romano, già discepolo e compagno di S. Paolo, esorta quelli che avevano promosso i disordini nella chiesa di Corinto, di ravvedersi e di rimanere soggetti ai presbiteri, ed a venir corretti per mezzo della penitenza (Epist. ad Cor. S. Clem. Rom. n.57). E via a seguire con S. Ireneo, Vescovo di Lione nel secondo secolo, S. Cipriano, che ha sviluppato ampiamente, il sistema della penitenza, fino ad arrivare al Concilio di Trento in cui la Chiesa definì che la Penitenza è un vero Sacramento istituito da Gesù Cristo e che le parole del Redentore sopra riportate di S. Matteo cap. 28, sono da intendersi della potestà di rimettere e di ritenere i peccati nel Sacramento stesso della Penitenza o Riconciliazione (S.Conc. Thrid. Sess.XIV can.1).

In definitiva, affinché i peccati possano essere rimossi dalla penitenza, è necessario che il peccatore, il penitente, li detesti facendosi aiutare dai seguenti passaggi che costituiscono la "forma" del Sacramento:

a. contrizione: per mezzo della quale il peccatore si assoggetta all'azione del Sacramento e non alle opinioni personali del Sacerdote;

b. confessione: che per quanto sta al peccatore ripari al male che ha fatto senza omettere alcun peccato, specialmente se mortale;

c. soddisfazione: che è la materia prossima del Sacramento, dopo aver fatto la contrizione e la confessione, è necessaria la soddisfazione, la riparazione del danno fatto.

Detto in parole brevi:

- La Contrizione:

detestare non se stessi ma i peccati commessi, significa proprio aver compreso ciò che ci separava da Dio, e contristarsi per questa separazione e così poter ritornare a Dio.

- La Confessione:

la Confessione è una conseguenza necessaria della potestà concessa da Nostro Signore Gesù Cristo agli Apostoli di giudicare dei peccati, perché per sapere quali potevano essere rimessi e quelli che non potevano essere rimessi subito, dovevano necessariamente conoscerli, né era possibile altrimenti che il peccatore fosse in grado di riconoscerli e confessarli.

- La Soddisfazione (delle pene colla penitenza):

per comprendere che cosa significa questa Soddisfazione, basta sapere che nel Sacramento del Battesimo si rimettono tutte le colpe e tutte le pene in maniera che, pei peccati commessi prima di riceverlo, nessuno è obbligato a soddisfare, non così nel Sacramento della Penitenza perché se è vero che il Signore Dio nella Sua infinita misericordia rimette la colpa ed apre al peccatore la via del perdono, la Divina Giustizia esige che, com'egli colla sua attività personale, peccaminosa, distrusse l'opera della Redenzione, così colla sua personale attività dovrà concorrere al suo ristabilimento, assaporando anch'egli il "calice amaro della passione" che il Divino Redentore bevve per la nostra salvezza.

Questa è la Soddisfazione tanto che, i Santi Padri della Chiesa e gli stessi grandi Santi, parlano di penitenza come ad un "battesimo travagliato" e lo considerano come assolutamente necessario per ottenere il totale perdono dei peccati.

S. Gerolamo la chiama: " la seconda tavola dopo il naufragio, a cui deve appigliarsi il peccatore per lavare con amare lagrime assieme con Pietro le macchie della primiera bruttura" (Epist. 130 ad Demetr.), e ancora, sempre S. Gerolamo: " Nessuna cosa è ripugnante a Dio quanto un cuore pigro ed impenitente, questo è un delitto che non ottiene alcun perdono" (Epist. 147 ad Sabinian.).

Del Santo Curato d’Ars (JeanMarie Vianney, 1786-1859) si conoscono poche cose e, spesso, superficialmente: il fatto che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno; il fatto che combatteva con un diavolo da lui stesso soprannominato Grappino; il fatto che fosse ignorante e che, per questo, non lo volessero far prete… Ma, come spesso accade, dietro l’intonaco sta il muro che regge una vita e un senso: il Curato d’Ars, patrono dei parroci, era soprattutto un prete e un uomo di fede.

In questo libro il lettore sarà condotto soprattutto a conoscere il cuore di un prete che «parlò di Dio con tutta la sua vita», attraverso stralci delle sue omelie abbinati ai brani del Vangelo che commentava, ve ne offriamo un passo:

«E confidiamo nella nostra Madre, Maria. Vi ho detto che dobbiamo avere una confidenza cieca in Gesù Cristo, perché siamo sicuri che non mancherà mai di venirci in aiuto in ogni nostra pena, purché andiamo da lui come figli dal padre. Vi dico anche che dobbiamo avere una grande fiducia verso la sua santa Madre, che è così buona, che desidera tanto aiutarci in ogni nostra necessità terrena, ma specialmente quando vogliamo ritornare al buon Dio. Se abbiamo qualche peccato che ci vergogniamo di confessare, gettiamoci ai suoi piedi: siamo sicuri che lei ci otterrà la grazia di confessarci bene e, nello stesso tempo, non mancherà di domandare il perdono per noi (…).

Diciamo pure che la virtù della speranza ci fa compiere tutte le nostre azioni con l’unico scopo di piacere a Dio, e non al mondo. Dobbiamo cominciare a praticare questa bella virtù quando ci svegliamo, offrendo il nostro cuore a Dio con amore, pensando quanto sarà grande la ricompensa della nostra giornata se tutto quello che facciamo lo faremo bene, col solo obiettivo di piacere al buon Dio »(pag.103 - IL VANGELO DEL CURATO D ’ARS - C.Travaglino, San Paolo 2009, pp.192, € 12,00).

Per concludere:

"..... e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Invitiamo i Sacerdoti innanzi tutto a fare essi stessi ricorso al Confessionale, frequentemente, dando l'esempio per poi abbandonare quel "potere" perverso e pervertitore attraverso il quale hanno sposato l'eresia che porta a cancellare l'esistenza del peccato mortale e dell'Inferno, e induce i fedeli al rischio di una dannazione eterna con loro. L'ignoranza non cancella il peccato grave, a volte lo aggrava ancora di più, quando per esempio si rigetta e si rifiuta la verità.

Vogliamo agire come gli incoscienti Pinocchio e Lucignolo che lasciano la scuola per andare nel paese dei balocchi convinti di trovare l'eterna felicità? Non c'è altra via che il Calvario per raggiungere l'eterna beatitudine, anche con digiuni e penitenze per correggere le nostre debolezze, come insegna la Vergine Santissima in tutte le Apparizioni ufficiali e riconosciute dalla Chiesa.

Su questa via Dolorosa che è anche questa "valle di lacrime" cadremo non una, non due, non tre volte, ma anche dieci o mille, non importa, l'importante è rialzarsi (=confessarsi) è riprendere questa via e restarci, fino al Golgota, fino alla Croce con Cristo. Diversamente ci trasformeremo lentamente in ciuchini che invece di raggiungere la felicità agognata, dovranno restare schiavi di una felicità falsa, deprimente e distruttiva.

 

***

Caterina63
00domenica 29 settembre 2013 09:55

Dio dice: "Io ti perdono perché tu ti converta".
Qualche appunto sul perdono e la confessione.

 
 
Seguo da anni un bellissimo Blog e vorrei condividere con voi questo  interessante articolo che chiarisce i concetti espressi dal Papa così tante volte strumentalmente manipolati. Buona lettura.
 
 
 
Oggi tutti ricordano che nel giorno di san Matteo, 21 settembre di 60 anni fa, la vita di un ragazzo cambiò, a partire da una sosta al confessionale. Protagonista di quella confessione fu il giovane Jorge Mario Bergoglio e quella confessione fu l'inizio della chiamata di colui che oggi è Papa di Roma.

Proprio oggi leggo anche un articolo sull'"aria nuova" che ora tira nei confessionali; vi si discetta su cosa dev'essere e cosa non dev'essere la confessione. Con toni un po' "pontificali" si inneggia al Papa che finalmente "non giudica" (strizzando l'occhio a far intendere: mica come quelli di prima....), si sottolinea che la confessione è ora misericordia, ascolto di tutti, anche dei non credenti (!)... Certo, direte, sono cose che si scrivono sul giornale per attirare attenzione e farsi leggere... Eppure c'è del vero in tutto questo. Che la gente affolli i confessionali, dove trova un prete ad ascoltare (perché più spesso li trova vuoti....) è verità inoppugnabile. Ma che parecchi di quelli che vengono al confessionale (o spingono altri ad andarci....) cerchino il sacramento della riconciliazione con Dio, questo - dalla mia esperienza - spesso non è vero. E parlo come prete che nel confessionale ci resta seduto svariate ore di fila.
Mi spiego. Come ben fanno emergere i sacerdoti intervistati nell'articolo linkato, oggi il sacramento della riconciliazione viene percepito sovente come un "dialogo", come un modo per "star bene", recuperare "la propria serenità interiore", "sentirsi in pace con se stessi". Riconciliarsi con sè e con la propria vita: e Dio "deve" essere utile a questo. Se si cerca tutto ciò dalla confessione, è logico che il prete deve giocare la parte della spalla su cui piangere o il sostegno che toglie sensi di colpa, dicendo: "ma no, non ti preoccupare, tu sei buono, va tutto bene...". Ma il confessionale, che non è una sala delle torture, non è nemmeno la lavanderia (dice il papa) o il salone di bellezza, dove si mascherano le rughe o si coprono con il cerone della misericordia le macchie della pelle intrisa di peccati. 

Non sentirsi condannati per il peccato, ma anzi perdonati, non significa - nel linguaggio cristiano - che con la confessione tutto torna "magicamente" a posto. Dio non dice "beh facciamo finta che non sia successo niente!". Questo non sarebbe perdono, ma ipocrisia. Dio condanna il peccato mentre salva il peccatore. Mettiamocelo bene in testa: nessun Papa va frainteso su questo punto fondamentale. Il male va rimosso, mentre la persona va accolta. 

Se è vero, come dice il teologo intervistato: Basta con il ricatto (“io ti perdono se tu ti converti”), non possiamo tuttavia sostenere che dentro le persone ci sia solo "la bellezza di Dio". Altrimenti non servirebbe un sacramento per la remissione dei peccati, da non confondersi con una seduta psicologica! La confessione rimane un sacramento della fede, non una tecnica di aiuto per sentirsi "tirare su".Sant'Antonio di Padova - che a me piace chiamare Dottore del Confessionale - in linea con Papa Francesco spiega che siccome il mio peccato è una malattia, devo andare dal medico delle anime perché mi aiuti a liberarmene. Il peccato è la bruttura dell'anima che il Signore vuole eliminare, in modo da far tornare a risplendere la bellezza della sua immagine in me (dalla dissomiglianza alla somiglianza, dice Antonio).

Noi cattolici non ci sentiamo a nostro agio col motto luterano "simul iustus et peccator", quando si intenda che l'uomo rimane nei propri peccati anche dopo il perdono di Dio, e sarebbe solo lo sguardo di Dio a cambiare e a vederlo "bello e giusto" per mezzo di un perdono "imputato". Se si lascia la metafora giudiziale e si ragiona invece secondo la metafora della salute, come ci indica Papa Francesco, diventa ovvio che non si può essere contemporaneamente "sani e malati": si può essere tuttavia "convalescenti", malati in via di guarigione, cioè - appunto - "penitenti". Comunque "non fermi", ma in cammino verso il completo risanamento.

Per questo Dio non dice: "io ti perdono se tu ti converti", ma afferma piuttosto "io ti perdono PERCHE' tu ti converta", ovvero "ti do il perdono, medicina dell'anima, perché in forza di esso tu cambi vita, esca dal peccato, viva respirando la grazia che ti è stata data". Come dire: ti curo, perché tu stia bene ed esca dalla tua malattia. Gesù dice all'adultera: "Neanche io ti condanno, va e d'ora in poi non peccare più" (Gv 8,11).

Nessuno può convertirsi senza grazia (cioè senza la misericordia di Dio), ma nessuno può pretendere di rimanere quello che è nonostante la grazia. Il "mettersi in cammino" che il Papa tante volte propone è proprio questo esodo, biblicamente inteso, dal peccato alla santità. Non inganniamo le persone: questo cammino rimane faticoso, doloroso, richiede tagli e sacrifici, forse è anche pieno di ricadute. Ma ridona la salute a chi lo compie e non se ne sta fermo aspettando la fine.
Allora, per favore, non lasciamoci trasportare da trovate giornalistiche che scovano ogni giorno opposizioni al recente passato, aperture, cambiamenti, svolte, come se solo da domani i sacerdoti in confessionale debbano iniziare a distribuire la misericordia di Dio, perché fino ad oggi hanno solo amministrato il suo tremendo giudizio con castighi inumani! 

Il Papa ha ribadito che la Chiesa è un ospedale da campo dopo la battaglia. Andiamo fino in fondo a questa metafora: nell'ospedale da campo si tratta di salvare vite umane, tamponando emorragie, ricucendo ferite laceranti, ma anche amputando membra in cancrena e a volte, riconoscendo la propria impotenza, accompagnando le persone cercando solo di alleviarne i dolori. Questo fa il sacerdote-chirurgo ogni volta che siede al suo posto, nel pronto soccorso della misericordia.

La "penitenza", parola dimenticata e non alla moda, è una tappa necessaria al sacramento. Essa consiste nella riparazione, nella doverosa riabilitazione di colui che uscito dal pericolo di "morte spirituale", ma ora ha davanti un lungo cammino per poter riprendere in pieno le sue funzioni. I sacerdoti che fanno finta di essere misericordiosi e non danno la penitenza, perché è fuori moda, sono come medici che curano il cancro con l'aspirina invece che con la chemioterapia, e dicono al malato "non ti preoccupare, tutto va bene"! 

Certo che è desiderio e diritto del "paziente" trovare un medico comprensivo e accogliente, ma è dovere del dottore non essere "medico pietoso" quello che il proverbio dice "fa la piaga verminosa",Il bravo confessore, pur dotato di tanta umanità e necessaria accoglienza, dovrà dire la verità, anche quando fa male, e chiamare i peccati con il loro nome: carità non fa rima con dissimulazione.

Francesco, il santo di Assisi, abbracciò il lebbroso, ma non si limitò a dare un abbraccio per far sentire il lebbroso "accettato" o "a posto" lasciandolo così com'era. Francesco si mise a servirli, i lebbrosi, a lavarne le piaghe e, anche se non poteva umanamente sanarli, andò a vivere con loro per farli uscire dall'isolamento. Se dal prete in confessionale cerco "l'assoluzione facile", quella "da lavanderia automatica a gettone", che deve essere quasi "un 6 politico", allora sbaglio indirizzo. La clinica delle anime è sempre aperta, ma qui non si pratica "chirurgia estetica" spirituale: si punta alla riabilitazione delle gambe spirituali di chi era paralizzato dal peccato e incapace di muoversi verso il Regno di Dio. Guai al prete se perde la pazienza (anche se tante volte è umanamente difficile mantenerla).

Il ministro di Dio deve accompagnare il passo zoppicante di chi ricomincia a camminare, ma sempre e comunque ha l'incarico di parlare a nome di Gesù, non a nome proprio: senza rigorismo ma pure senza lassismo, come dice Papa Francesco (nell'intervista a Spadaro):
 
Il confessore corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate.
A proposito: l'ambulatorio-confessionale accanto al mio è vuoto. Se qualche giovane desidera un lavoro che è una missione per salvare la vita (eterna) delle persone, gli ricordo che i seminari hanno posto (non sono sovraffollati come le facoltà di medicina....).

Testo preso da: http://www.cantualeantonianum.com


Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/2013/09/dio-dice-io-ti-perdono-perche-tu-ti.html#ixzz2gGYreflf


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Caterina63
00mercoledì 20 novembre 2013 14:38


  DIMENSIONE COMUNITARIA DEL PERDONO DEI PECCATI

Città del Vaticano, 20 novembre 2013 (VIS). La remissione dei peccati, in riferimento al cosiddetto "potere delle chiavi", simbolo biblico della missione che Gesù ha dato agli Apostoli, è stato il tema della catechesi del Papa per l'Udienza Generale del mercoledì, tenutasi in Piazza San Pietro.

"Protagonista del perdono dei peccati è lo Spirito Santo. - ha detto Papa Francesco spiegando che: "Nella sua prima apparizione agli Apostoli, nel cenacolo, Gesù risorto fece il gesto di soffiare su di loro dicendo: 'Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi'. Gesù, trasfigurato nel suo corpo, ormai è l’uomo nuovo, che offre i doni pasquali frutto della sua morte e risurrezione. Quali sono questi doni? La pace, la gioia, il perdono dei peccati, la missione, ma soprattutto dona lo Spirito Santo che di tutto questo è la sorgente. Il soffio di Gesù (...) indica il trasmettere la vita, la vita nuova rigenerata dal perdono. Ma prima di fare il gesto di soffiare e donare lo Spirito, Gesù mostra le sue piaghe, nelle mani e nel costato: queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio 'passando attraverso' le piaghe di Gesù".

A sua volta la Chiesa è "depositaria del potere delle chiavi, di aprire o chiudere al perdono. Dio perdona ogni uomo nella sua sovrana misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità (...). In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria. (...) La Chiesa (...) accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita. La Chiesa non è padrona del potere delle chiavi, ma è serva del ministero della misericordia".

"Tante persone - ha affermato il Pontefice - forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre l’individualismo (...). Certo, Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. Per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale. Questo dobbiamo valorizzarlo (...). Io vado dal fratello sacerdote e dico: 'Padre, ho fatto questo...'. E lui risponde: 'Ma io ti perdono; Dio ti perdona'. In quel momento, io sono sicuro che Dio mi ha perdonato!".

"Infine, un ultimo punto: il sacerdote strumento per il perdono dei peccati. (...) Il sacerdote; anche lui un uomo che come noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci l’amore senza limiti di Dio Padre. (...) A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio…. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono, a nome della Chiesa".

"Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati è molto delicato ed esige che il suo cuore sia in pace (...); che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso; che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della Riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse. Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto, tutti i fedeli hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio".

"Non dimentichiamo che Dio - ha concluso il Pontefice - non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: rialzarci continuamente e riprendere il cammino".


 

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CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Mercoledì scorso ho parlato della remissione dei peccati, riferita in modo particolare al Battesimo. Oggi proseguiamo sul tema della remissione dei peccati, ma in riferimento al cosiddetto "potere delle chiavi", che è un simbolo biblico della missione che Gesù ha dato agli Apostoli.

Anzitutto dobbiamo ricordare che il protagonista del perdono dei peccati è lo Spirito Santo. Nella sua prima apparizione agli Apostoli, nel cenacolo, Gesù risorto fece il gesto di soffiare su di loro dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23). Gesù, trasfigurato nel suo corpo, ormai è l’uomo nuovo, che offre i doni pasquali frutto della sua morte e risurrezione. Quali sono questi doni? La pace, la gioia, il perdono dei peccati, la missione, ma soprattutto dona lo Spirito Santo che di tutto questo è la sorgente. Il soffio di Gesù, accompagnato dalle parole con le quali comunica lo Spirito, indica il trasmettere la vita, la vita nuova rigenerata dal perdono.

Ma prima di fare il gesto di soffiare e donare lo Spirito, Gesù mostra le sue piaghe, nelle mani e nel costato: queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio "passando attraverso" le piaghe di Gesù. Queste piaghe che Lui ha voluto conservare; anche in questo momento Lui in Cielo fa vedere al Padre le piaghe con le quali ci ha riscattato. Per la forza di queste piaghe, i nostri peccati sono perdonati: così Gesù ha dato la sua vita per la nostra pace, per la nostra gioia, per il dono della grazia nella nostra anima, per il perdono dei nostri peccati. È molto bello guardare così a Gesù!

E veniamo al secondo elemento: Gesù dà agli Apostoli il potere di perdonare i peccati. È un po’ difficile capire come un uomo può perdonare i peccati, ma Gesù dà questo potere. La Chiesa è depositaria del potere delle chiavi, di aprire o chiudere al perdono. Dio perdona ogni uomo nella sua sovrana misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. Attraverso il ministero apostolico la misericordia di Dio mi raggiunge, le mie colpe sono perdonate e mi è donata la gioia. In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria. E questo è molto bello. La Chiesa, che è santa e insieme bisognosa di penitenza, accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita. La Chiesa non è padrona del potere delle chiavi, ma è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino.

Tante persone forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre l’individualismo, il soggettivismo, e anche noi cristiani ne risentiamo. Certo, Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. Per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale. Questo dobbiamo valorizzarlo; è un dono, una cura, una protezione e anche è la sicurezza che Dio mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico: «Padre, ho fatto questo…». E lui risponde:«Ma io ti perdono; Dio ti perdona». In quel momento, io sono sicuro che Dio mi ha perdonato! E questo è bello, questo è avere la sicurezza che Dio ci perdona sempre, non si stanca di perdonare. E non dobbiamo stancarci di andare a chiedere perdono. Si può provare vergogna a dire i peccati, ma le nostre mamme e le nostre nonne dicevano che è meglio diventare rosso una volta che non giallo mille volte. Si diventa rossi una volta, ma ci vengono perdonati i peccati e si va avanti.

Infine, un ultimo punto: il sacerdote strumento per il perdono dei peccati. Il perdono di Dio che ci viene dato nella Chiesa, ci viene trasmesso per mezzo del ministero di un nostro fratello, il sacerdote; anche lui un uomo che come noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci l’amore senza limiti di Dio Padre. Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i Vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché anche il Papa è un peccatore. E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono. A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio…. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono, a nome della Chiesa.

Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati è molto delicato ed esige che il suo cuore sia in pace, che il sacerdote abbia il cuore in pace; che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso; che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della Riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse. Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto, tutti i fedeli hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio.

Cari fratelli, come membri della Chiesa siamo consapevoli della bellezza di questo dono che ci offre Dio stesso? Sentiamo la gioia di questa cura, di questa attenzione materna che la Chiesa ha verso di noi? Sappiamo valorizzarla con semplicità e assiduità? Non dimentichiamo che Dio non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: rialzarci continuamente e riprendere il cammino.


 


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