Il rischio di scindere l'amore dalla verità (Romano Amerio Il Filioque)

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Caterina63
00martedì 17 marzo 2009 19:23
Il rischio di scindere l'amore dalla verità in un inedito di Romano Amerio
Per nazismo e comunismo
in principio non è il Verbo ma l'azione

    Romano Amerio, il Vaticano II e le Variazioni nella Chiesa cattolica del xx secolo (Verona, Fede e Cultura, 2008, pagine 149, euro 20) è il titolo del volume che raccoglie gli atti dell'omonimo convegno tenuto ad Ancona il 9 novembre 2007 in occasione del decennale della morte del fine e discusso teologo luganese. La pubblicazione di questi atti è corredata da un inedito di cui pubblichiamo ampi stralci.
     
    Noto soprattutto per alcune sue posizioni critiche non prive di asperità nei confronti della teologia moderna e dello stesso concilio ecumenico Vaticano II, Amerio fu sempre fedele e rispettoso alla Chiesa istituzionale.

Ciò gli consentì di proporre un singolare contributo personale di pensiero e di meditazione avvalorato dall'umiltà e dallo spirito d'ubbidienza filiale che sempre dovrebbe connotare chi nella Chiesa si ponga in ricerca. Quello stesso spirito di ubbidienza che risalta, come già capitò di osservare, anche nelle posizioni di un personaggio in apparenza lontano da Amerio quale fu don Lorenzo Milani. In realtà la prossimità tra i due non si limita solo all'ubbidienza e al profondo senso dell'unità ecclesiale.

    In particolare proprio l'idea fondamentale di Romano Amerio del primato della verità sull'amore collima con quanto il priore di Barbiana scriveva nel 1958 al suo amico e neovescovo ausiliare di Lucca Enrico Bartoletti. Don Milani lo invitava ad anteporre le ragioni della verità a ogni altra cosa comprese le ragioni della carità, anche a costo di rendersi non solo poco diplomatico ma, se necessario, anche sgradevole o molesto. Può stupire solo in parte la prossimità della visione del "tradizionalista e anticonciliare" Amerio a quella del priore di Barbiana che nel marzo del 1965 plaudiva con trasporto al Vaticano II, compiaciuto che il suo Esperienze pastorali fosse stato "sorpassato a sinistra" da un Papa.

    Il fatto è che quando l'uomo riconosce il primato alla verità, il Lògos, essa attira e costringe a sé l'amore, la volontà e la libertà; richiede di conformarsi alla sua luce. Via obbligante, ma certo non obbligata, dal momento che l'uomo può scegliere lucidamente di aderire a essa come di dissentire, è nondimeno una strada su misura per gli umili; per chi sa credere come un bambino.

    È la strada della lex orandi - lex credendi:  come preghiamo così crediamo, esattamente perché è la Verità-Lògos che rende liberi. Ed è sempre e solo grazie alla verità che possiamo riconoscere e distinguere la carità, e anche la giustizia, da altre espressioni parziali o riduttive.

    Di Romano Amerio le edizioni Lindau di Torino si propongono di pubblicare l'intera produzione scientifica a cominciare dalla riedizione dell'opera fondamentale Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica che uscirà tra giugno e luglio 2009 a cura e con postfazione di Enrico Maria Radaelli, filosofo dell'estetica e discepolo di Amerio. (raffaele alessandrini)


   


di Romano Amerio

    La fede cattolica dice che l'amore procede dal Padre e dal Figlio. Difatti l'amore procede dalla conoscenza. Quando si dice che l'amore non procede dalla conoscenza si fa dell'amore un valore senza precedenti, invece c'è un valore che precede l'amore ed è la conoscenza. Quindi questo avvaloramento indiscreto dell'amore implica una distorsione del dogma trinitario.
    Bisogna dire che lo sviluppo dogmatico della Chiesa nei primi secoli fu fortemente influenzato dalle ragioni politiche:  a un certo momento tutta la cristianità era ariana, perché c'erano imperatori che sostenevano gli ariani; poi, quasi improvvisamente, la cristianità tornò al dogma trinitario corretto.

    Perché? Perché le opinioni degli imperatori erano mutate. In tutto lo svolgimento dottrinale c'è un grandissimo influsso politico; del resto:  erano gli imperatori che convocavano i concilii; non sottoscrivevano, perché non facevano parte del concilio; ma erano loro che ordinavano la convocazione, il trasferimento, la chiusura del concilio.

    E quindi, che per la prima volta il Filioque appaia a Gerusalemme in una certa comunità monastica, non mi fa alcuna impressione, perché il movimento progressivo del dogma è un fatto storico:  per secoli e secoli certi dogmi della Chiesa furono impugnati da certe correnti teologiche; per secoli e secoli ci furono correnti teologiche importanti che negavano l'Immacolata Concezione.

    San Tommaso medesimo nega l'Immacolata Concezione, perché i teologi ortodossi dicono che la Santa Vergine non aveva neanche "il debito" del peccato. Invece alcuni di questi sostenevano:  non ebbe il peccato originale ma aveva il debito del peccato originale, e questo dissenso tra maculatisti e immaculatisti durò per secoli. San Tommaso era tra i maculatisti; i Domenicani in genere erano contro l'Immacolata Concezione, i Francescani erano pro:  il grande maestro francescano che difese l'Immacolata Concezione è Duns Scoto, di poco susseguente a san Tommaso.

    Non bisogna stupire, perché il dato di fede è dato all'intelletto e la vita dell'intelletto è questo progresso. Bisogna però che questo progresso avvenga dentro i limiti del dato di fede.

    Credo, nel mio Iota Unum, di aver fatto questa osservazione:  noi, cristiani del secolo xx, ne sappiamo molto di più di quello che sapessero gli Apostoli, perché, ad esempio, gli Apostoli non sapevano niente dell'Immacolata Concezione:  perché il dogma procede non perché muti sostanza, non perché ad un certo momento dica una cosa e in un momento ulteriore ne dica un'altra, ma perché quella medesima cosa la dice più chiaramente, la intende più determinatamente.

    Questo del Filioque, che sembra un teorema di astratta teologia, è un atteggiamento formidabilmente pratico, perché il mondo è pervaso dall'idea che il valore vero sia l'azione, il dinamismo.
    Al contrario, sostituendo così, però fallacemente, la priorità della cognizione con quella dell'amore, si cade facilmente in un irenismo che vuole abbracciare ogni dottrina, ogni religione; questo abbraccio è possibile in quanto si prescinde dal Verbo, che è una verità, che è una legge.

    I nazisti erano contro il Filioque, i comunisti sono contro il Filioque, e il dinamismo moderno, che pone il valore soltanto nell'azione, nell'entusiasmo, nell'impeto, non vuole il Filioque.

Quando parlo dell'azione ho in mente l'enorme fenomeno del dinamismo, del tecnicismo, che è caratteristico del mondo moderno. I comunisti non sostengono il Filioque perché ripudiano la ragione:  il comunismo è un sistema che maneggia l'uomo senza aver riguardo alla natura dell'uomo:  ora, la natura dell'uomo è qualche cosa che si legge con la ragione. L'azione, in questi sistemi totalitari - nazismo e bolscevismo - non ha alcuna legge al di fuori di quella dell'azione stessa:  perché ripudia il Filioque. Essi dicono:  l'azione, l'amore, sono un valore che precede tutto; non "procede", ma soltanto "precede".

    E se l'amore - per converso - "procede", c'è qualcosa da cui esso procede e da cui riceve legge, riceve ordine. Quindi il Filioque è una questione intrinseca al problema del totalitarismo.

    Mi ricordo che c'è un'affermazione di Paolo VI, che io devo anche aver citato nel mio Iota unum:  Paolo VI, in un certo momento, ha detto:  "Noi siamo i soli a difendere il potere della ragione".

Quando la Chiesa cattolica difende la legge naturale, difende la ragione. I veri razionalisti sono gli uomini di Chiesa - allorché difendono la legge naturale, (n.d.c.) - perché pongono la ragione, cioè il Verbo, in fondo a ogni cosa e a principio di ogni cosa. Il pensiero moderno invece mette l'amore, mette una forza che non ha in sé nessuna direzione e nessuna destinazione, perché l'amore crea i figli dell'amore.

    Il pensiero moderno è un'implicita negazione della ragione:  questo lo si vede anche nell'imponente fenomeno della politica. Quali sono gli Stati che regolano la politica sulla ragione, o sulle ragioni? Gli Stati emanano delle ordinazioni a cui soggiace la vita umana; ma il motivo, la giustificazione di queste ordinazioni è l'ordinazione in sé. Tutta la nostra politica è un sistema di negazione della ragione, un sistema che nega che vi sia qualcosa di anteriore all'amore, alla volontà, alla forza dell'azione, perché è lo Stato che dà a se stesso il proprio destino e ogni destino che l'amore dà a se stesso è un destino plausibile, è un destino che diventa "dovere". Non perché ci sia un riferimento al Verbo, ma perché c'è un riferimento alla forza dello Stato, alla forza dell'amore.

    E poi c'è, definitivo, l'asserto dell'Evangelo di san Giovanni:  In Principio erat Verbum. E, nel Faust di Goethe, c'è una scena in cui il dottor Faust sta leggendo la Bibbia e trova:  "In Principio era il Verbo", e dice:  "No, non può essere il Verbo! Ma:  In Principio era l'Azione!".

Il dottor Faust di Goethe rifiuta il Filioque. Questa è una scena molto significativa del Faust, e qui è proprio affermato il principio moderno del dinamismo, dell'impeto, del moto, della filantropia, questa carità orbata della ragione a cui è ordinata.

    Vorrei quasi dire che al fondo del problema moderno c'è il Filioque, perché chi nega il Filioque concede il primato, indiscreto e assoluto, all'amore:  l'amore non ha limiti, non ha remore; qualunque azione tu faccia "con amore", quell'azione è buona.

    Separare l'amore, la carità, dalla verità, non è cattolico. Si dice che il "volere" non dipende dal "conoscere", ma che è un valore in sé, è l'azione per l'azione. E questo si vede anche nella teleologia, perché si dice che l'azione vale per se stessa:  le azioni non varrebbero per il fine per cui sono fatte, quello che vale è l'azione per se stessa, cioè l'azione separata da ogni principio razionale:  lo Spirito Santo senza il Verbo.

    E un nuovo accanimento contro il Cristo, appunto perché il Cristo è la Ragione:  il Cristo è la Ragione divina che, incarnata, è una individuata persona storica; il Cristo è la Ragione divina incarnata, individuata.
    Le cose che sembrano più astratte, più staccate dalla vita, sono le cose che si trovano proprio nel cuore della vita.

    Se si dice che l'azione vale per se stessa, che l'amore non ha nessuna regola, nessun precetto e nessuna precedenza, si tocca il punto più intimo della nostra esperienza umana, perché noi viviamo per una verità, questa:  il fine dell'uomo, secondo il nostro catechismo, è di "conoscere e amare Dio ". Ma prima c'è "il conoscere" e poi c'è "l'amare", ma il godimento in cosa consiste? In una intellezione, in una visione; alla quale visione solo segue l'atto d'amore.

    La carità che i beati hanno nella beatitudine del Cielo è l'effetto della visione, e in loro la carità cresce quanto cresce la visione. La carità, l'ardore dei beati, è proporzionale alla visione intellettiva, conoscitiva. Questa visione, poi, cresce per un lume soprannaturale, il lumen gloriae. Quindi, secondo la teologia cattolica, in specie in san Tommaso, la nostra beatitudine è commisurata alla nostra conoscenza:  Dio avvalora, innanzitutto, la nostra conoscenza e questa conoscenza, così avvalorata, si infiamma naturalmente.

    Questa dottrina classica, nella teologia cattolica, è stupendamente esposta da Dante in un canto del Paradiso, il xiv:  "Quando la carne, gloriosa e santa, sia rivestita, la nostra persona più lieta sia, per esser tutta quanta; perché s'accrescerà ciò che a ne dona di gratuito lume - conoscenza - il sommo Bene, lume che, a Lui veder, me condiziona". E quello che i teologi chiamano lume di gloria:  è un'aggiunta di conoscenza e di potenza conoscitiva, al di sopra della natura. Ma poi si dice:  "Perché la visione crescer conviene. E alla visione l'ardor s'accende". Cioè:  l'ardore, la carità, l'amore, si accende a seconda della visione. La visione dell'essenza divina è condizionata dal lume di gloria e quanto più cresce il lume di gloria, tanto più cresce la visione e conseguentemente tanto più cresce la carità:  la carità è in stretta dipendenza dalla visione, dalla conoscenza.

    La questione del Filioque è la radice, e questa inappropriata celebrazione dell'amore è una implicita distruzione del dogma della divina Monotriade:  lo Spirito Santo in tal modo non "procede" dal Verbo, ma lo "precede", anzi:  precede tutto. Questa opinione è diventata tanto popolare perché oggi non si dice: "L'azione è buona se è conforme alla regola del Verbo"; ma si dice:  "L'azione è buona se è fatta con amore". Anche nella vita odierna noi pecchiamo quando "vogliamo", atto volitivo, senza consultare la regola della conoscenza; noi diciamo:  "Prima il volere poi il sapere", sovvertendo l'ordine delle processioni.

    Io credo che nella fede cattolica lo Spirito Santo abbia sempre "proceduto":  difatti, nell'Evangelo, è il Verbo che dice:  "Vi manderò lo Spirito Santo". E il Cristo, è il Verbo, è la Seconda Persona che annuncia:  "Vi manderò lo Spirito Santo, il quale vi insegnerà ogni vero ". E, dopo la resurrezione del Signore, gli Apostoli aspettano lo Spirito Santo che è stato promesso dal Cristo e che è nato dal Cristo. Non è che lo Spirito Santo venga, proceda, dal Padre. No:  lo Spirito Santo è mandato alla Chiesa dal Verbo.



(©L'Osservatore Romano - 18 marzo 2009)
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