Il suo nome è Oscar Elias Biscet, un cattolico, per questo forse nessuno si muove per chiedere la sua liberazione

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Caterina63
00giovedì 9 settembre 2010 17:51

 Attenzione....per leggere l'articolo integralmente che descrive la storia vera di Che Guevara, CLICCATE QUI

qui a seguire il resto dell'articolo che ci riguarda soprattutto per la persona da ricordare...


Il fallimento dell’ ideologia comunista è ormai sotto gli occhi di tutti, in tutti i paesi ex comunisti ed anche a Cuba (si veda anche intervista ad Alina Castro, figlia ribelle di Fidel fuggita da Cuba, su Corriere 17/11/2006). E’ dunque ancora possibile portare la maglietta del Che? E’ ancora lecito considerarlo un eroe ed un modello, come fecero anche le Br italiane, dopo che persino uno scrittore graniticamente comunista, e amico di Castro, come Josè Saramago, dopo la durissima e sommaria condanna di 79 dissidenti cubani, ebbe a dichiarare: “Fino a qui sono arrivato. D'ora in poi Cuba seguirà la sua strada e io la mia” (la Repubblica, 17/4/2003)?

Forse è il caso di rimuovere un idolo. Di rivisitare una mitologia.

Ma soprattutto di tributare onore e ammirazione ad altri, che della rivoluzione cubana del Che e di Castro sono, ancora oggi, le vittime! Il nostro eroe, allora, che vogliamo ricordare nella preghiera e sulle magliette, non è un guerrigliero, né un fanatico dell’ideologia. E’ un cattolico, un nero, un medico che crede nella dignità della persona: per tutti questi motivi, è un perseguitato.

Il suo nome è Oscar Elias Biscet. Per Amnesty International, Human rights first, Freddom now, per migliaia e migliaia di cubani, è un “prigioniero di coscienza” e un vero eroe.

                                          Oscar



 Biscet è nato all’Avana, nel 1961. Nel 1985 si è laureato in medicina, per poi creare, nel 1997, la fondazione Lawton per i diritti umani: tra questi egli pone, al primo posto, il diritto alla Vita. Diritto alla vita violato costantemente in un paese in cui esistono la pena di morte per i nemici politici; in cui organismi governativi sostengono la liceità della clonazione umana cosiddetta “terapeutica”, contro l' “atteggiamento oscurantista”, a loro dire, di chi si oppone; in cui esiste l’aborto forzato, per motivi di ricerca medica, e il tasso di abortività è circa 5 volte quello italiano; in cui l’uso del farmaco Rivanol come abortivo determina il fatto che nel caso di fallimento, cioè in un’alta percentuale, il bambino viene ucciso (infanticidio) per soffocamento, per emorragia, tagliando il cordone ombelicale, o lasciandolo morire senza assistenza; in cui il turismo sessuale, anche pedofilo, che è per molti cubani e cubane l’unico modo per sopravvivere, porta ad una tasso altissimo di aborti e di aborti su giovanissime!

In un paese in cui embrioni e feti sono spesso utilizzati e uccisi a scopo di ricerca, nel più perfetto stile nazi-comunista, a vantaggio di persone provenenti dai paesi più ricchi (il turismo medico, accanto a quello sessuale; vedi le testimonianze di medici cubani come Hilda Molina, Julian Alvarez, José Luis García Paneque…).

Per la sua battaglia “contra del aborto, eutanasia y el fusilamiento”, cioè a favore della vita dei più piccoli, contro il degrado umano, contro la pena di morte e la tortura per i dissidenti e contro l’eutanasia, praticata su malati poveri, che si rivelano un peso economico, Biscet è stato aggredito, picchiato, additato come pazzo. Poi allontanato dal suo lavoro, rinchiuso in galera dal 3 novembre 1999 e al 31 ottobre 2002 con l’accusa, fasulla, di “insulti ai simboli della patria”, “pubblico disordine” e “incitamento a commettere crimine”.

Nel 2003 Biscet è stato nuovamente condannato, questa volta a 25 anni di prigione: oggi giace nella stessa isola in cui sorge Guantanamo, in condizioni terrificanti e disumane (ben descritte da prigionieri cubani come Armando Valladares, autore di Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe dal fondo delle carceri di Fidel Castro, SugarCo 1985, Spirali 2007, e Pierre Golendorf, autore di Un comunista nelle prigioni di Fidel Castro, SugarCo 1978).

 Prigioni in cui, secondo le Nazioni Unite, avvengono: “Isolamenti in stanze fredde; perdita del controllo di tempo e spazio; immersione in pozzi neri; intimidazioni coi cani; simulazioni di esecuzioni; botte ai reclusi; lavori forzati; confinamento per anni in prigioni chiamate ‘cassetti’; uso di altoparlanti con rumori assordanti durante gli scioperi della fame; spersonalizzazione del detenuto mediante totale nudità in celle di castigo; soppressione di acqua ai prigionieri dichiarati in sciopero della fame; presentazione del recluso nudo davanti ai familiari per obbligarli ad accettare il piano di riabilitazione politica…”.

Secondo Human rights first, Oscar Biscet soffre di “gastriti croniche e ipertensione”, e ciononostante è confinato in celle solitarie, talora sotterranee, o con “violenti criminali”. Inoltre è privato per lunghi periodi della possibilità di comunicare, di ricevere visite o medicazioni. La sua cella è senza finestre, senza bagno, umida, sporca, infestata dai vermi e senz’acqua. La sua salute è rovinata. Ha perso quasi tutti i denti, ma non il coraggio. Manda a dire ai suoi sostenitori: “La mia coscienza e il mio spirito stanno bene”. Biscet è forse, vista la lunghezza della sua pena, il massimo prigioniero di coscienza oggi al mondo.

Lo chiamano anche il “negro olvidado” (il “negro dimenticato”).

 Noi, invece, vogliamo ricordarlo e chiederne la liberazione.

La maglietta è disponibile sul sito www.fedecultura.com

Per contatti: biscetlibero@tiscali.it

Firmatari:

Francesco Agnoli, presidente Medv (Movimento Europeo Difesa Vita); Luigi Amicone, direttore del settimanale “Tempi”; Elena Baldini, Assistente Pastorale per la Vita; Giampaolo Barra, direttore del mensile Il Timone; Toni Brandi, presidente Laogai Research Foundation Italia; Carlos Carralero, rifugiato politico cubano, ha fondato "L'Unione per le Libertà a Cuba"; Giovanni Ceroni,  responsabile Giovani Federvita Piemonte; Pucci Cipriani, giornalista; Roberto de Mattei, storico, presidente della Fondazione Lepanto; Renato Farina, scrittore; Giuliano Ferrara, direttore del quotidiano Il Foglio; Giuseppe Garrone, fondatore del numero verde SOS Vita (8008/13000 begin_of_the_skype_highlighting              8008/13000      end_of_the_skype_highlighting),
cofondatore del Progetto Gemma e riscopritore della Ruota degli esposti (1992);
Antonio Gaspari, direttore editoriale L'Ottimista; Silvio Ghielmi, cofondatore e per anni gestore del Progetto Gemma del MpV; Federico Iadicicco, consigliere provincia di Roma; Mario Mauro, presidente PPE al Parlamento Europeo; Giorgia Meloni, ministro della Gioventù; Andrea Morigi, giornalista; Mario Palmaro, filosofo del diritto e giornalista; Massimo Pandolfi, giornalista e scrittore; Luca Teofili, presidente associazione romana Archè; Giovanni Zenone, direttore di Fede & Cultura


      


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