Interessante e significativo reportage dalle Chiese di Parigi (di Daniele di Sorco)

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Caterina63
00lunedì 7 dicembre 2009 22:19

Reportage da Parigi

di Daniele Di Sorco



Quando, nel luglio scorso, mi sono recato in viaggio a Parigi, non avevo altra intenzione che quella di fare il turista. Non immaginavo neppure lontanamente che, al mio ritorno, avrei avuto nella macchina fotografica un piccolo reportage sulle chiese parigine e nella mente diverse considerazioni sull'attuale situazione della Chiesa cattolica in Francia. Sarà certamente una forma di "deformazione professionale" (sebbene il mio interesse per certe cose abbia carattere puramente "amatoriale"), ma non ho potuto fare a meno di documentare le trasformazioni cui sono andate incontro nel postconcilio le chiese della capitale francese.

Qualcuno si domanderà che cosa aggiunga la mia involontaria indagine a quanto già sappiamo. In realtà ho trovato le trasformazioni delle chiese parigine piuttosto diverse da quelle di cui ci lamentiamo in Italia. Sia nell'estensione che nel significato. A Parigi non ci sono state devastazioni, ma solo aggiunte. Può darsi che le belle arti abbiano esercitato una vigilanza maggiore, impedendo la distruzione di altari e presbiteri, ma è più probabile - almeno secondo l'idea che mi sono fatto - che sia stato il clero stesso a risparmiare i manufatti del passato, anche quelli di minor pregio artistico. Meno trasformazioni, quindi, rispetto all'Italia, ma anche rispetto ad un altro Paese di forte tradizione cattolica come la Spagna. La devastazione subita dal presbiterio della cattedrale di Barcellona, che è stato completamente sfatto e rifatto, sono semplicemente impensabili a Parigi. A Notre-Dame si potrebbe tornare al preconcilio dopo una sola notte di lavoro. Basta rimuovere le aggiunte e il gioco è fatto.

Tuttavia, se le trasformazioni francesi sono meno evidenti, non sono meno significative. Anzi, lo sono molto più che in Italia. Da questa parte delle Alpi si è cambiato di più, ma spesso per il puro gusto di cambiare. Il Concilio aveva ordinato di aggiornarsi e questo aggiornamento doveva risultare evidente anche nel nuovo assetto delle chiese. Ma per la maggior parte del clero si trattava di una metamorfosi soltanto esteriore, che non era destinata a toccare la sostanza. Per questo si sono devastati senza scrupoli chiese e presbiteri con la convinzione di fare la volontà della Santa Sede ma senza capirne bene i motivi. Le conseguenze ideologiche sono penetrate, per così dire, a posteriori, dopo anni di pratiche abusive e di indebolimento della preparazione dei pastori. La smania di novità, insomma, è stata in Italia una "passione senza oggetto" (Chateaubriand).

In Francia l'oggetto c'è stato eccome. Si tratta, cambiando l'aspetto delle chiese, di cambiare il volto della fede. Ecco che, allora, non importa rimuovere i retaggi del passato. Basta ignorarli. Ciò che si nota in molta teologia contemporanea è proprio questo: il passato non viene neppure preso in considerazione. Lo si passa sotto silenzio. E il silenzio è una forma di disprezzo maggiore della critica. L'indifferenza fa più danni dell'odio. Nelle chiese parigine è avvenuto lo stesso. La parte storica esiste ancora intatta, ma è dimenticata, inutilizzata, lasciata a se stessa. Si ha l'impressione, girando nelle chiese, che l'edificio sia diviso in due parti: un piccolo luogo di culto, ridotto al presbiterio ultramoderno e minimalista, e un grande museo, comprendente tutto il resto dell'edificio.

Si può facilmente immaginare come tutto ciò abbia influito sulla frequenza dei cattolici in chiesa. Non si può negare che il clero di Parigi abbia tentato qualche rimedio. Quale? Prima di tutto, spostare l'attenzione dall'elemento religioso all'elemento culturale. Ecco allora le chiese (consacrate e regolarmente officianti) riconvertite in spazi per installazioni di arte moderna o in sale per concerti di musica classica. Alla Maddalena sono andati oltre: hanno realizzato un unico cartellone in cui gli eventi culturali e le celebrazioni sacre sono messi insieme, senza soluzione di continuità. La domenica tal dei tali alle 11 c'è la Messa e la sera il concerto d'organo. Tra le due cose non c'è differenza apparente. Col risultato che il concerto è pieno (l'organo piace anche agli acattolici) e la Messa è vuota. O, se è piena, lo è di turisti che girano per la chiesa durante il rito. Certo, la cosa non è priva di riscontri economici (per i concerti spesso si paga salato) o di apparezzamenti da parte dei laicisti di laggiù. A chi dà fastidio una Chiesa ridotta a istituzione culturale?

In secondo luogo, si usano metodi pubblicitari per divulgare le attività della parrocchia. Un dépliant della diocesi invita i genitori a mandare i figli al catechismo, facendo leva non sull'esigenza di vivere in modo coerente la propria fede, ma sulla possibilità per i bambini di avere un'occasione "in più" di formazione. "In più" rispetto alla scuola (laica), alla lezione di pianoforte o al nuoto. Ancora una volta è l'elemento culturale che ha il sopravvento sull'elemento religioso. In un altro pieghevole si fa réclame a un corso di formazione cattolica il cui scopo sembra principalmente quello di instaurare un dialogo intellettuale tra i partecipanti. Il tutto, naturalmente, condito dalla solita melassa postconciliare di apertura, disponibilità, incontro. L'unica nota amara è il costo. Ma si sa: pecunia non olet.

Stesse caratteristiche si riscontrano in un giornalino parrocchiale, dove, accanto ai consueti articoli su campeggi, incontri e ritrovi (partecipati per lo più da donne di mezz'età, come si ricava dalle foto), si legge l'intervento del parroco a favore della Legge di Separazione del 1905, tanto deprecata da S. Pio X. Secondo il moderno curé, invece, quella legge - che ebbe per effetto, fra l'altro, di mettere fuori legge alcune istituzioni cattoliche per diversi anni - esprime alla perfezione il precetto evangelico del "Reddite quae sunt Caesaris Caesari". Gesù Cristo non solo voleva la laicità, ma la voleva per come la si intende oggi in Francia.

Per il resto, la situazione nelle parrocchie è disastrosa. Uno o due soli sacerdoti, sovente attempati. I laici poco organizzati, con le confraternite e le associazioni, che prima costituivano il fiore all'occhiello della Chiesa francese, ridotte o svanite del tutto. Si dirà che in Italia la situazione non è diversa. È vero, ma le parrocchie parigine sono gigantesche: non meno di 60.000 anime. Per fare un confronto col passato recente, ho avuto la fortuna di acquistare ad un chiosco di libri usati la Guide Paroissial di S. Pietro a Montrouge, risalente al 1934. Montrouge è un quartiere che all'epoca si trovava fuori dal centro: non si trattava quindi di una parrocchia di importanza eccezionale. Nonostante questo, era servita da dieci sacerdoti: un parroco e nove vicari. Aveva case religiose, scuole e centri di assistenza sanitaria gestiti dalla Chiesa. I laici erano organizzati in numerosissime associazioni, divise per categorie professionali o per finalità. C'era persino il "consiglio parrocchiale", costituito da laici nominati dal Vescovo. Che cosa resta oggi di tutto questo?

Nel frattempo la stampa liberale imperversa, come ho avuto modo di notare dalle vetrine delle edicole. Si parte da un numero speciale di Le monde dedicato al rapporto tra le religioni e il sesso. Questi i titoli dei servizi: "Dagli dèi libertini al culto della verginità". "Inchiesta sull'omosessualità". "Il piacere: dall'esaltazione alla repressione". Si continua con una rivista per omosessuali, la cui alta levatura culturale risalta dai titoli di copertina: un servizio sulle spiagge gay più chic e un'intervista al produttore di film pornografici. E si finisce con un giornale femminile, di cui non ricordo il titolo, che dedicava ampio spazio alla questione degli "integralisti". Domanda in copertina: "Da secoli i folli di Dio si oppongono allo spirito della luce. Perché?". Sotto un'immagine, con accanto un ebreo ortodosso, una donna in burqa e... dei frati cappuccini tonsurati.

L'importante, però, è che le riviste parrocchiali parlino di gite, di pranzi in comune, di incontri biblici, di condivisione, di cristianesimo sociale. In questo modo si offre un'indubbia alternativa allo spirito del secolo.

Un quadro del tutto negativo, quindi? Niente affatto. Le notizie positive le ho lasciate per ultime. Sembra proprio che, in mezzo a tanta devastazione, gli unici a tenere siano i "tradizionalisti". Le loro chiese non hanno subito devastazioni, le loro parrocchie non sono semplici centri di aggregazione in decadenza, le loro funzioni sono molto più frequentate delle altre. Un esempio? Ero convinto che a S. Eugenio dicessero la Messa tridentina tutti i giorni feriali. In realtà d'estate la dicono a giorni alterni. Per sbaglio, quindi, sono capitato alla Messa di Paolo VI in francese, peraltro celebrata molto correttamente e con la Comunione dei fedeli in ginocchio. Eravamo, oltre al sacerdote e al chierichetto, io, un altro ragazzo e un barbone. In quel momento ho pensato che la situazione fosse talmente compromessa che neppure in chiese "rigorose" come quella la frequenza potesse considerarsi accettabile. Ma il giorno dopo ho avuto una solenne smentita. Alla Messa in latino (sempre di giorno feriale) erano presenti 20-30 persone. Il che, considerata la stagione di vacanze, è un ottimo numero. Tra di essi, c'erano diversi miei coetanei. La funzione era seguita con percettibile devozione. Buoni risultati ho visto anche a Nostra Signora delle Vittorie (Messa novus ordo), col prete vestito in pianeta, la croce al centro dell'altare e le persone che genuflettevano al tabernacolo. Mi pare la prova più evidente che certe scelte hanno il loro effetto. E che invertire la tendenza non è impossibile, neppure in un contesto obiettivamente spersonalizzante, materialista e poco propizio alla fede come quello di una metropoli. C'è da sperare che anche i preti e i Vescovi lo capiscano.

Fatte le necessarie considerazioni preliminari, ecco il reportage fotografico che ho promesso all'inizio.


Chiesa della Maddalena

È stata invasa da uno sciame di installazioni di "arte" moderna che imperversano dappertutto: sul sagrato, davanti alle statue dei Santi, perfino sugli altari laterali. Tutta roba di qualità, senza dubbio. Come la croce realizzata con bottiglie di pastica e lucine al neon (a sinistra dell'altare maggiore). O la tenda semitrasparente e multicolore che copre l'altare laterale a destra. O il plastico della chiesa stessa fatto con scarti di rifiuti. Nulla da invidiare, insomma, alle gallerie più alla moda. Intanto l'esterno della chiesa, ricoperto dalla nera patina del tempo e del traffico, richiede urgenti lavori di restauro. Ma quelli sarebbero poco à la page.



A chi non riesce a spiegarsi come mai una chiesa regolarmente officiata sia stata trasformata in galleria d'arte risponde esaurientemente il cartellone affisso alla porta. Il titolo è eloquente: "celebrazioni liturgiche - manifestazioni culturali". Tutto insieme. Forse sono la stessa cosa.



continua........................

sempre da Rinascimento Sacro


Caterina63
00lunedì 7 dicembre 2009 22:21
Cattedrale di Nostra Signora

L'altare antico è ancora intatto in fondo al coro. Ma chi lo usa più? Adesso, tra il coro e la navata, è stato costruito il nuovo, "progressivo" presbiterio. Si caratterizza per un ributtante cassone di pietra, minuscolo (rispetto alle proporzioni della chiesa), più quadrato che rettangolare, ornato da figure che si vorrebbero umane ma risultano extraterrestri e coperto da una tovaglia invisibile (un adeguamento alla moda delle tovagliette americane?).


I candelieri dove sono? Non li hanno messi? Ah sì, eccoli: sono addossati alla parete della navata, sopra tre spilloni neri. Del resto, la rubrica non dice forse "sopra l'altare o in prossimità di esso"? Ognuno poi ha il concetto di prossimità che preferisce.


Ora che la Messa è stata avvicinata al popolo, bisogna far sì che tutti si sentano egualmente vicini. Basta con le discriminazioni! Perché la persona che si trova davanti all'altare deve vedere il rito meglio della persona che ha trovato posto a metà navata o in fondo? Tranquilli, a questo problema rimediano le moderne tecnologie. Ecco che allora, dai vetusti pilastri del tempio, spuntano avveniristici schermi al plasma. Che consentono di vedere tutto, proprio come se si avesse il prete davanti. Il prossimo aggiornamento quale sarà? Un distributore automatico di ostie per evitare che chi sta dietro faccia troppi passi in avanti?


La "chiesa" finisce qui: presbiterio nuovo e navata coi televisori. Il resto è "museo". Le cappelle laterali sono trascurate, sporche, umide. Certo, qualche eccezione c'è. L'altare della Vergine di Guadalupe è stato coperto con una specie di poncho messicano. E c'è da meravigliarsi che, per completare il quadretto folcloristico, non abbiano deposto sulla mensa una statuetta maya.


Altrove la cappella è stata trasformata in un deposito (debitamente chiuso da una parete di vetro trasparente) di casse di candele. Ce ne erano moltissime. Positivo retaggio di un'antica e pia tradizione? Forse. O forse una ghiotta occasione d'incasso, visto che un lumino di medie dimensioni costa 5 euro. E la cifra è riportata a caratteri cubitali, in modo che nessuno possa non vederla.


C'è anche il plastico della cattedrale. Dove? In una stanza adiacente? In un posticino appartato dietro a una colonna? No di certo. In una cappella del deambulatorio. Proprio davanti all'altare. Tanto l'altare chi lo usa più? In molti casi è stato anche privato della pietra sacra, restando così un monumento vuoto e privo di senso.


Il fondo dell'edificio è un negozio di souvenirs. Non solo di rosari e libri sacri (il che, nelle dovute forme, potrebbe essere accettabile), ma anche e soprattutto di guide turistiche, ricordini, portachiavi e simili cianfrusaglie. "Scriptum est: Quia domus mea domus orationis est. Vos autem fecistis illam speluncam latronum".


Un'ultima chicca. Dove si ricevono le confessioni in una chiesa parigina moderna? Nel confessionale?


Ma quello è out dappertutto. In sacrestia? Neppure. In una stanzetta apposta, fuori della chiesa? Siete sempre fuori strada. In Francia si è all'avanguardia anche sotto questo profilo. Le confessioni si ricevono in chiesa, sì, ma non in quella "bara" o "garitta da controriforma spagnola" (sono definizioni di una rivista liturgica italiana) che è il confessionale. Oggi le persone non vogliono più stare in ginocchio o sentirsi giudicate. Ci vuole un ambiente aperto, confortevole, conforme alla nuova concezione del sacramento come seduta psicologica. Come si è provveduto? Semplice. Sfruttando una delle numerossissime e inutilizzate cappelle laterali. La si trasforma in cabina, chiudendola con una parete di vetro trasparente. E all'interno si installa un moderno bureau con tutti i comforts. Sedie imbottite, lampada, ventilatore. In altre chiese ho visto anche un telefono. Probabilmente, tra un peccato e l'altro, si può anche ordinare un café au lait.




Basilica del Sacro Cuore

Anche qui un esempio della "riconversione" delle cappelle laterali. Plastico e cartelloni illustrativi. L'altare funge da semplice supporto.



S. Pietro a Montmartre

Una delle chiese più antiche e caratteristiche di Parigi. L'immagine del nuovo altare parla da sola.


La cappella del Santissimo. Altare senza tovaglia e tabernacolo decentrato. Soltanto la lampadina elettrica (con filo bene in vista) posta al di sopra della cassetta metallica ci avverte della Presenza di Nostro Signore. Sempre che a tale Presenza si creda ancora...


Di fronte alla cappella si trova questo crocifisso altamente espressivo. Avete presente il cavaliere senza testa?



S. Giovanni a Montmartre


Questa chiesa di fine Ottocento si trova ai piedi della collina. Le sue pareti, un tempo ornate di decorazioni pittoriche in stile neogotico sono oggi completamente ingrigite. Ma nessuno si preoccupa di restaurarle. I soldi sono stati spesi per dislocare il Santissimo in una cappelletta extra ecclesiam. Eccone la foto. Una scrivania di legno funge da altare (ovviamente senza tovaglia: la si mette solo in occasione della Messa, o almeno lo spero). Ma il tabernacolo dov'è? Non si vede. Ah, eccolo. Nell'angolo più sperduto della parete di fondo. Senza neppure un inginocchiatoio per fare adorazione. Le sedie sono rivolte al tavolino che fa da altare.



S. Giuliano il Povero

Neppure questa chiesa di rito cattolico orientale si è salvata dalla riconversione culturale. Davanti alla bella iconostasi sono pronti il pianoforte e i leggii per il prossimo evento.



S. Severino

Era già all'avanguardia alla fine degli anni Cinquanta, quando il nunzio Roncalli, assistendo alla Messa in questa chiesa, rimase scandalizzato dalla celebrazione face au peuple e dal canone detto ad alta voce. Oggi l'aggiornamento è andato avanti. Ecco la cappella del Santissimo, collocata naturalmente fuori dall'edificio principale. Ed ecco gli adoratori: un passante addormentato sulla sedia in fondo a destra.



S. Stefano al Monte

Sotto lo splendido jubé medievale, unico rimasto a Parigi, ha trovato posto il cubo che a Parigi sembra essere la forma preferita per l'altare postconciare. Se si guarda in fondo al coro, se ne vede un secondo, subito davanti all'altare antico. Non sia mai che capiti di celebrare su quello!



S. Germano dei Prati

La consueta cabina per le confessioni. Bellissime le poltrone in stile ottocentesco.


Il nuovo altare, su una superficie di moquette verde.



S. Sulpizio

L'unica grande chiesa parigina da me visitata che ha l'altare antico tra il coro e la navata, all'italiana (non a caso, l'architetto che la progettò era nostro connazionale). Questo rende ancora più stridente il contrasto tra il monumento antico e l'indegno tavolino da buffet che gli è stato posto davanti, con tanto di tovaglia dorata che lo ricopre fino ai piedi.


Prima e dopo. Cambiano i tempi e cambia il modo di ricevere le confessioni... A sinistra il prima, a destra il dopo.



S. Eustachio


Una cappella laterale completamente invasa da un ridicolo quadretto che rappresenta il trasferimento del vicino mercato da Les Halles a fuori Parigi, nel 1969. L'altare ne è completamente ricoperto. La parrocchia, infatti, deve risultare, anche visivamente, espressione dello spirito del quartiere. Lo si dice pure nel giornalino parrocchiale.



Ora qualche segno di speranza.


Nostra Signora delle Vittorie

Altare benedettiano, con croce al centro (peccato per i candelieri sul pavimento...). La Messa domenicale era ben frequentata, c'erano diverse famiglie, le suore erano vestite da suore, i fedeli genuflettevano al tabernacolo, il sacerdote era in pianeta ed era assistito da un chierichetto. Buona impressione mi ha fatto anche la bacheca in fondo alla chiesa.



Cappella dell'Istituto del Buon Pastore

È stata ricavata trasformando alla meno peggio il piano terra di un palazzo di uffici in cappella. L'Arcivescovo, a quanto si sa, non ha voluto concedere altro. Alle evidenti carenze estetiche supplisce la devozione dei presenti e la bellezza delle funzioni.




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