LE MANI DI DIO

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Anam_cara
00venerdì 13 marzo 2009 06:44


                                                                                                                                                                        







                                                                                        



LE MANI DI DIO

Un maestro
viaggiava con un discepolo incaricato di occuparsi del cammello.
Una sera, arrivati a una locanda, il discepolo era talmente stanco
che non legò l'animale.

"Mio Dio"
- pregò coricandosi -
prenditi cura del cammello: te lo affido".

Il mattino dopo il cammello era sparito.

"Dov'è il cammello?", chiese il maestro.

"Non lo so", rispose il discepolo. "Devi chiederlo a Dio!

Ieri sera ero così sfinito che gli ho affidato il nostro cammello.
Non è certo colpa mia se è scappato o è stato rubato.
Ho esplicitamente domandato a Dio di sorvegliarlo.

"Lui è il responsabile.
Tu mi esorti sempre ad avere la massima fiducia in Dio, no?".

"Abbi la più grande fiducia in Dio,
ma prima lega il tuo cammello",
rispose il maestro.


"Perché Dio non ha altre mani che le tue".


Cristo



Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza.

Dio solo può dare la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli.

Dio solo può dare l'amore,
tu, però, puoi insegnare all'altro ad amare.

Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l'unione.

Dio solo può dare la forza,

tu, però, puoi dare sostegno a uno scoraggiato.

Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri.

Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.

Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere negli altri
il desiderio di vivere
.

Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, potrai fare il possibile.

Dio solo basta a se stesso,
egli, però, preferisce contare su di te.


(Canto brasiliano)
(Autore: Bruno Ferrero)





  
                                          

:lovely by:l1 :oxoxAnam_cara/2009
                                                      
                                          










 
Caterina63
00giovedì 25 giugno 2009 07:54
Intervista al cardinale Dionigi Tettamanzi

Solidarietà, sobrietà, giustizia
I tre doveri in tempo di crisi


di Alberto Manzoni


O il futuro sarà abitato dalla solidarietà o per la comunità umana non ci sarà futuro. Ma la solidarietà non può crescere se non è accompagnata dalla giustizia, dalla sobrietà e dal rispetto della persona. In un'intervista a "L'Osservatore Romano", l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, parla del suo ultimo libro - Non c'è futuro senza solidarietà. La crisi economica e l'aiuto della Chiesa - e dell'iniziativa che lo ha fatto nascere, ovvero il Fondo famiglia-lavoro, annunciato in Duomo a Natale, durante la messa di mezzanotte.
Gli occhi della fede - scrive il porporato - ci fanno individuare il vero fondamento della solidarietà, anzi il fondatore, Gesù Cristo, rivelatoci nella Parola di Dio, dove la solidarietà è un filo conduttore che attraversa i libri storici, sapienziali e profetici. Oggi la solidarietà deve essere applicata al mondo dell'economia e della finanza e investire l'ambito familiare e il rapporto con i migranti, all'insegna della responsabilità, della giustizia, della carità.

Eminenza, nel libro dedica un intero capitolo al tema della sobrietà. Com'è possibile proporre questo valore all'uomo di oggi, immerso in una mentalità consumistica?

Giustizia, solidarietà e sobrietà formano una terna inscindibile. Benedetto XVI, nella sua omelia del 31 dicembre 2008, ha lanciato un appello:  la crisi "chiede a tutti più sobrietà e solidarietà per venire in aiuto specialmente delle persone e delle famiglie in più serie difficoltà". La sobrietà è virtù che nasce e cresce attraverso un sapiente e coraggioso discernimento, che la mantiene intimamente collegata con la sua finalità:  essere via privilegiata che conduce alla solidarietà, alla condivisione vera e concreta di tutto ciò che è necessario per vivere secondo la dignità umana, che è di tutti, senza alcuna discriminazione. È una sfida, quella che il Papa lancia, per cambiare in modo radicale una cultura degli stili di vita costruiti sul consumismo. La sobrietà è virtù non apprezzata, forse perché spesso fraintesa o applicata solo alla sfera economica. Sobrietà è confusa con un vissuto che sa di risparmio minuzioso, di astensione dai consumi.  Ma  la  sobrietà  autentica è tutt'altro, è uno stile di vita complessivo:  sobrietà nelle parole, nell'esibizione di sé, nell'esercizio del potere, nel vissuto quotidiano. La sobrietà intende guarire il nostro comportamento quotidiano dagli eccessi, riconducendolo alla "giusta misura".

Quindi c'è un rapporto molto stretto tra sobrietà e solidarietà?

Non si può essere solidali senza essere sobri:  altrimenti, si condividerebbe solo ciò che eccede alle personali necessità. Occorre dare ben più del superfluo, secondo l'esempio della "vedova povera" del capitolo 21 del Vangelo di Luca, che ha saputo condividere tutto. Solo da queste premesse è possibile intendere correttamente anche la solidarietà, che non è da confondere con un atteggiamento volontaristico o con la filantropia. La solidarietà trova la sua origine nell'essere tutti legati "in solido" dallo stesso legame che ci unisce nell'unico genere umano. E ne abbiamo una riprova dal fatto che la solidarietà è uno dei valori sui quali si fonda la Costituzione della Repubblica italiana, che all'articolo 2 la considera un "dovere inderogabile". Vivere la solidarietà  è  anzitutto e fondamentalmente un dovere di giustizia - ecco la terza parola - prima ancora che segno di virtù.

Come giudica, a oggi, l'andamento del fondo diocesano?

La raccolta diocesana ha superato i quattro milioni e mezzo di euro. Al milione di euro stanziato inizialmente e proveniente in parte dalla quota dell'otto per mille da destinare alle opere di carità, da offerte che mi erano già pervenute, si è aggiunto un milione di euro donato dalla Fondazione Cariplo. Da singole contribuzioni personali e dalle iniziative delle parrocchie sono giunti - al 15 giugno - altri due milioni e mezzo di euro. Una somma non da poco. Ma la diocesi è grande, la crisi è forte, i bisogni che si prospettano enormi. Mille famiglie ricevono già un sussidio grazie a questo fondo.

Al di là della congiuntura economica attuale, quale eredità di valori e di impegno potrebbe essere lasciata nei prossimi anni?

I soldi non sono l'unica e nemmeno la più grande parola che dobbiamo e possiamo portare. Le comunità cristiane, con la loro rete discreta, capillare e efficace possono intercettare e aiutare ben altri bisogni:  le solitudini, le angosce, i timori che questa crisi sta generando. La parola del Vangelo e la sua testimonianza viva sono una presenza di speranza che vale più di un sussidio economico. Potremo uscire da questa crisi purificati negli stili di vita se impareremo l'autentica virtù della sobrietà, e rafforzati se sapremo rinnovare il legame della solidarietà.


(©L'Osservatore Romano - 25 giugno 2009)
Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 08:49
A dimostrazione che le diversità non sono un handicap, ma con l'altro ci completiamo, abbiamo bisogno gli uni degli altri affinchè la coreografia delle nostre esistenze prendano forma e grazia...
Meraviglioso!
Grazie, fraternamente CaterinaLD





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Cattolico_Romano
00lunedì 29 giugno 2009 17:53
Re:
Caterina63, 29/06/2009 8.49:

A dimostrazione che le diversità non sono un handicap, ma con l'altro ci completiamo, abbiamo bisogno gli uni degli altri affinchè la coreografia delle nostre esistenze prendano forma e grazia...
Meraviglioso!
Grazie, fraternamente CaterinaLD





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Questo video ha davvero del meraviglioso!

[SM=g1740721]


Caterina63
00martedì 1 settembre 2009 12:56
Lettera a un bimbo
(Jean Guitton "Lettere aperte" - ed. Mondatori)

            Bimbo caro, siamo vicini vicini l'uno all'altro, tu che cominci la tua vita, io che la finisco. Si dice (ed è vero) che gli estremi si toccano. Quando ero piccolo come te mi si parlava in continuazione dei "grandi" . Provavo per i grandi un bizzarro sentimento,mescolanza di attrazione e di sfiducia. Mi pareva che il mondo dei grandi fosse un mondo diverso, vietato ai bambini.

            Adesso,quando la mia vita non può ricominciare, sento dire che l'infanzia è l'età della felicità perfetta. Ma è vero? Quando si è, come te, un bambino, non si gioisce dell'infanzia. E quando un adulto crede di rivivere la propria infanzia, evoca una condizione che non esisteva. Talvolta mi domando se l'infanzia non è un sogno degli adulti...

            Da vecchio ho imparato, troppo tardi, senza alcun dubbio, che ci si arricchisce vivendo con un bimbo. Soprattutto se si chiede al bimbo di fare delle domande. Ho fatto visita a un celebre filosofo tedesco che si chiama Heidegger. A quel tempo viveva in una baita da eremita e in mezzo a quella campagna coperta di neve, Heidegger mi diede questo consiglio: "Se vuol progredire, tanto in filosofia quanto in religione, si faccia porre domande da un bambino. Non potrà rispondergli sempre, ma le farà scoprire la verità: perché il Vero è sempre velato. Il bambino toglie il velo".

            Un giorno mi hai chiesto cosa fosse essere. E non ho saputo risponderti. Un altro giorno mi hai detto: "Abbiamo due occhi. Perché non vediamo due cose?" E, tornando dal catechismo: "Capisco cos'è il diavolo e so cos'è il buon Dio. Ma perché Dio che è onnipotente non uccide il diavolo?".

            Le domande che fai sono proprio quelle alle quali un filosofo non può rispondere...Di fronte al tuo faccino, di fronte ai tuoi "problemi", mi sento imbarazzato."Perché? Come?" non ti stanchi di ripetere. Napoleone a Sant'Elena affermava che il genio consiste nel porsi a qualsiasi proposito queste due domande.

Ma tu credi, piccolo mio, che a questo mondo tutto possa avere una spiegazione? A te,che per me sei solo mistero, forse manca ancora il senso del mistero...



 

            Ti guardo con tenerezza, con timore, con speranza. Perché io sono il passato e tu l'avvenire. Sarai forse tu, piccolo, a rinnovare la gioia della terra. Per questo dovresti rimanere "piccolo". Crescendo, dovresti rimanere bambino. Allora sarai un poeta, sarai un artista. Sarai fra coloro che la gente ammira perché hanno conservato il fascino dell'infanzia.

            Eccoti alcuni consigli per rimanere bambino. Innanzitutto, il mattino,quando ti svegli,sentiti tutto meravigliato, come se il sole stesse per sorgere per la prima volta, come se tu per la prima volta saltassi fuori dal tuo letto per vivere. Immagina che quanto tu ora stai vedendo, ieri non fosse esistito, come se stessi assistendo alla nascita del sole, al principio del mondo. A scuola fai i tuoi compiti e applicati. Impara a tracciare le linee, a non commettere errori.

Ti consiglierei di essere spesso un po' distratto; di avere una parte di te che presta attenzione alle linee, alla punteggiatura e a tutto ciò che ti insegnano i maestri, e un'altra parte che deve essere come un uccello, che vola lontano e non presta attenzione a nulla. Per rimanere un bimbo tutta la vita, è questa seconda parte di te stesso che dovrai coltivare. Diranno che sogni. Ma è il "sogno da sveglio" che regala il genio.

            I grandi ti insegneranno lo sforzo. Tu insegnerai loro l'atto dell'abbandono che si chiama grazia. Noi ti daremo le regole. Tu, in cambio,ci darai la tua fantasia, la tua innocenza.Ti imponiamo la nostra gravità, tu ci insegni l'allegria. Ti spieghiamo che tutto è più difficile di quanto tu creda. E tu insegni alle nostre fronti già coperte di rughe che tutto è più facile di quanto non si fosse creduto!

            Ecco,la giornata finisce. Cade la sera. Il sole cala e va, come te, a dormire fra fiotti di luce e di colori. E'il momento in cui entrerai in ciò che viene chiamato la notte. E' il momento in cui si costruiscono i sogni. E i sogni di un bimbo sono i sogni più belli...


Caterina63
00martedì 1 settembre 2009 13:00
IMPARIAMO DAI BAMBINI........

la Rivoluzione del Vangelo.......

alcune testimonianze dall'Italia, GranBretagna, Guatemala e Brasile....... dal sito dei focolari.org

Nella classe di P. (Gran Bretagna) ci sono due compagni che gli fanno sempre i dispetti. “Ho provato a non rispondere – dice a C., il suo amico più grande - ma loro continuano!”. “Chiediamo a Gesù che ti dia la forza di amarli ancora di più” – suggerisce C. Un giorno P. porta a scuola un grande vassoio di dolci per festeggiare il suo compleanno. La maestra gli propone di andare ad offrirli anche ai bambini delle altre classi: “Scegli due compagni che vengano con te!” gli dice. P. vorrebbe chiamare i suoi amichetti preferiti, ma poi…“ama il nemico”. “Possono venire T. e L.?” chiede alla maestra. Proprio i due compagni che gli fanno sempre i dispetti! P. racconta tutto a C.: “Hai visto? Gesù mi ha dato la forza, e… sai? Ora non mi fanno più i dispetti!”.

F. d. M. del Guatemala: “L’altro giorno papà e mamma hanno litigato. Ero triste. ’Come vorrei che fossero felici – ho pensato – cosa posso fare?’. Sono andata dai miei fratellini. Abbiamo preso una carta, abbiamo ritagliato dei cuori e dei fiori e li abbiamo attaccati sul muro. Papà e mamma stavano guardando la TV in silenzio. L’abbiamo spenta un momento e io ho cantato loro una canzone sull’amore fra noi. Papà e mamma si sono commossi e si sono chiesti scusa. Mamma piangeva dalla gioia. Ero felice. Tutti sono andati a letto contenti. Io ho detto a Gesù: ’Grazie’ ”.

E. di Trento, riceve tanti soldi dai nonni per i dentini che le sono caduti. Felice li vuole dare per i poveri che in tutto il movimento stiamo aiutando. “Tienine almeno una parte per comprarti le scarpe; ne hai bisogno!” le consiglia il papà. Non hanno infatti tante possibilità economiche. “Ma papà – risponde E. – i bambini poveri le scarpe non ce le hanno!” e lo convince. Poco dopo le arriva dagli zii un regalo: sono proprio le scarpe di cui aveva bisogno!

E. di 5 anni. E’ di San Paolo, la più grande città del Brasile. Il signor C. l’accompagna ogni giorno a scuola. Lui non crede in Dio e tanti dicono che è un tipo scontroso. Una mattina, mentre sono in auto, E. gli domanda: “Tu sai cos’è un atto d’amore?”. “No – risponde lui – cosa significa?”. “Significa vedere Gesù in tutti e fare a ciascuno quello che faresti a Gesù”. Il signor C. rimane serio e pensieroso. Alcuni giorni dopo, a tavola, il papà racconta che da qualche giorno il signor C. è diverso, che non si arrabbia più così tanto. "A chi gli ha chiesto, scherzando, cosa gli fosse successo – continua il papà – sapete cosa ha risposto? “Chiedetelo alla piccola E. Alle volte impariamo tante cose dai bambini!”.





Gabbianella1.
00martedì 8 settembre 2009 00:39
Belle!!!
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