La Chiesa in India tra mille difficoltà e la Speranza

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Caterina63
00martedì 19 maggio 2009 20:44
Testimonianza della leader del Dalit Panchayat Movement Jyothi Raj

Il dramma dei fuori casta in India
Un popolo dimenticato


di Alessandro Trentin

"C'è un intero popolo in Asia che è dimenticato e nei cui confronti si applica un barbaro razzismo":  esprime amarezza la testimonianza - raccolta da "L'Osservatore Romano" - della leader indiana del Dalit Panchayat Movement (Dpm), il movimento per la difesa dei diritti dei fuori casta, molti dei quali sono cristiani. La donna, Jyothi Raj, che fra l'altro collabora con il World Council of Churches, racconta l'angoscia del suo popolo e spiega che un'omertà diffusa tenta di nascondere la verità.

Nel continente asiatico i dalit sono oltre 250 milioni, la gran parte dei quali vivono in India in condizione di grave discriminazione. Si tratta perlopiù di braccianti schiavizzati dai latifondisti e di poveri emarginati. In India, dei circa 30 milioni di cristiani si stima che quasi il 70 per cento siano dalit (i cristiani rappresentano appena il 2,3 per cento dell'intera popolazione indiana che supera il miliardo di persone). Questi numeri danno l'ampiezza di un fenomeno sociale rilevante di cui soltanto negli ultimi anni si sta prendendo coscienza a livello di opinione pubblica. Nel Paese asiatico gli esclusi dalla scala gerarchica delle caste sono presenti in vari Stati e hanno nomi diversi:  pulayan, nel Kerala; pariah, nel Tamil Nadu; chamar in Madhya Pradesh, Uttar Pradesh e Bihar. Per sè stessi usano il termine dalit, che significa oppressi.

Innumerevoli sono - denuncia la donna - le aggressioni nei confronti dei dalit riferite dalle cronache locali, ma nonostante che la legge indiana punisca i razzisti, raramente si registrano condanne. I fuori casta sono oggetto di pesanti umiliazioni anche dal punto di vista religioso:  per esempio, l'accesso ai templi viene spesso negato e le persone vengono allontanate se scoperte a mendicare all'esterno degli edifici di culto. I fuori casta, inoltre, sono esclusi dal mercato del lavoro e dalle attività sociali. Quando poi è concesso loro di lavorare, vengono costretti a condizioni di semischiavitù. Forme di esclusione si registrano anche in campo educativo:  il 66 per cento dei dalit sono analfabeti.

La leader del Dpm sottolinea che "in India la violazione del diritto alla vita e alla dignità di ogni persona assume dimensioni barbariche all'interno del sistema delle caste. Mentre la violazione dei diritti umani in molti altri Paesi ha una dimensione individuale, nell'India - specifica - governata dai gruppi delle caste dominanti, è invece un intero popolo a cui vengono negati tali diritti".
 
Tutto questo, afferma la donna, accade pressoché in un clima di omertà, impedendo di fatto all'opinione pubblica di prendere coscienza della grave realtà. "Un discorso comune diffuso con zelo evangelico tra gli indiani - sottolinea - fa passare l'idea che la discriminazione basata sulle caste è una cosa del passato. Ma è una storia inventata ad arte che serve come autodifesa da parte delle fasce sociali dominanti. La realtà dell'India, come riflessa dai media, mostra invece che la discriminazione e le pratiche terroristiche legate a essa continuano anche oggi in forme crude che ripetono gli stessi comportamenti di secoli fa".

I cristiani dalit, in particolare, sono oppressi anche a causa della loro fede. I leader indù delle caste dominanti, spesso iscritti a movimenti nazionalisti, come per esempio il Bharatiya Janata Party, nutrono infatti nei loro confronti una forte avversione. Già discriminati in quanto appartenenti a una minoranza religiosa, i dalit cristiani sono ancor più penalizzati rispetto ai fuori casta affiliati ad altre religioni. Il Governo indiano, infatti, esclude i cristiani dalit dalle politiche sociali a favore dei fuori casta indù, sikh o buddisti, in virtù della loro conversione. I dalit non cristiani, in pratica, usufruiscono della  quota  di  posti  di  lavoro  riservata per legge ai gruppi sociali discriminati, mentre i cristiani non ne hanno diritto.

La Chiesa in India è da sempre sostenitrice dei diritti dei dalit e in varie occasioni, tramite i vescovi, ha fatto sentire la propria voce per affermare la necessità di assicurare il rispetto dei diritti e della dignità delle persone. Padre Cosmon Arokiaraj, segretario esecutivo della commissione per le minoranze della Catholic Bishops' Conference of India (Cbci), sottolinea che "la comunità cristiana in India deve rendersi conto che la questione dei dalit cristiani tocca l'intera comunità cristiana e non soltanto i dalit stessi".

La Cbci ha organizzato nel 2007, con il supporto del National Council of Churches in India, il "Dalit Liberation Sunday", una manifestazione di solidarietà cui hanno aderito migliaia di persone. Altre manifestazioni del genere e iniziative varie si sono susseguite nel tempo ma - come evidenzia padre Arokiaraj - "occorre ora concretizzare un lavoro di "lobbying" a livello regionale, perché il Governo centrale in India dipende sempre più dagli influssi dei partiti locali. I movimenti dei dalit cristiani devono esercitare maggiore pressione sui rappresentanti dei Parlamenti locali".



(©L'Osservatore Romano - 20 maggio 2009)

Caterina63
00sabato 7 novembre 2009 19:11
La replica della Chiesa

Cristiani in India
accusati di proselitismo


New Delhi, 7. La comunità cristiana in India continua a essere al centro degli attacchi dei fondamentalisti indù, in particolare quelli che aderiscono al Bharatiya Janata Party (Bjp), il cui presidente, Shri Rajnath Singh, ha recentemente affermato che le "conversioni illegali di massa condotte da forze straniere costituiscono una minaccia per la sicurezza interna del Paese".

Il leader politico, parlando durante una cerimonia a Bhopal, nello Stato del Madhya Pradesh, ha esplicitamente fatto riferimento ai missionari stranieri, accusandoli "di usare la religione per infiltrasi in India e corromperne la cultura". Il presidente del Bjp ha puntato l'indice soprattutto contro i cristiani che, a suo parere, "opererebbero proselitismo di massa specialmente nel nord-est della nazione" e avrebbero portato alla conversione "il 30 per cento della popolazione tribale in Chhattisgarh e in Jharkhand".

Il portavoce della Catholic Bishops' Conference  of India (Cbci), padre Babu Joseph Karakombil, ha replicato al leader indù definendo le sue affermazioni volte "a minare l'unicità del mosaico religioso e culturale dell'India". Per il portavoce della Cbci, inoltre, le parole del presidente del Bjp sono "prive di tatto e di cattivo gusto e la popolazione si aspetterebbe affermazioni più mature e responsabili da parte di un leader politico".
Il Bjp, il partito nazionalista indù, pur attualmente all'opposizione all'interno del Governo federale, guida alcuni Stati dell'India, portando avanti una politica aggressiva nei confronti delle minoranze.

Spesso, proprio le accuse di proselitismo rivolte ai cristiani sono state le spinte per innescare le violenze. Padre Anand Muttungal, portavoce della Chiesa cattolica in Madhya Pradesh e in Chhattisgarh, ha dichiarato che si tratta di accuse false e non provate. "Se ciò fosse vero - ha specificato il portavoce - sarebbe un brutto segnale per tutta la nazione e sarebbe interesse dell'intero Paese accertare fatti legati alle conversioni di massa. Occorrerebbe fare un rapporto alla polizia e deplorare tali conversioni".

Secondo padre Muttungal, il quale ha anche scritto una lettera al presidente del Bjp, in realtà dietro le accuse ci sarebbero "puri motivi elettorali per conquistare gli indù". Infatti, i consensi per il Bjp, in base ai risultati delle ultime elezioni, risultano in forte calo in Maharashtra, in Haryana e in Arunachal Pradesh. Il portavoce ha aggiunto che questa politica sta portando frutti di odio nei confronti della comunità cristiana:  "In Madhya Pradesh - ha spiegato - chiese, centri di preghiera, istituti religiosi e persone, sono oggetti di attacchi brutali da parte dei fondamentalisti e il Governo non fa nulla per fermarli".

Il tema delle conversioni è stato peraltro al centro delle riflessioni dei partecipanti al Congresso missionario, svoltosi in India nel mese di ottobre. Il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e vicepresidente della Cbci, aveva sottolineato per l'occasione che "la Chiesa cattolica non è un partito politico e non cerca potere e prestigio, né di aumentare il numero dei fedeli per esercitare maggiore influenza". Padre Muttungal, nella lettera inviata al presidente del Bjp, ha evidenziato che "la Chiesa cattolica in India serve la nazione con vasto impegno nel campo dell'istruzione, della salute e dello sviluppo umano".

Il portavoce, a tale proposito, ha puntualizzato che anche alcuni appartenenti al Bjp hanno ricevuto un'educazione in istituti cattolici. "Vorremmo ricordare al Bjp - ha concluso - che la Costituzione indiana garantisce libertà di religione, libertà di pensiero e libertà di espressione e ciò significa anche libertà di cambiare e abbracciare un'altra religione o ideologia".


(©L'Osservatore Romano - 8 novembre 2009)

Caterina63
00martedì 17 novembre 2009 15:05
Concluso presso l'ashram di Matridam l'annuale incontro dei Khrist Bhakta

Indiani di diverse tradizioni
pregano Cristo a Varanasi




Varanasi, 16. Si è concluso ieri a Varanasi in India l'annuale Satsang, l'incontro di preghiera dei seguaci del movimento dei Khrist Bhakta, i devoti di Cristo in lingua indù. Si tratta di uomini e donne che appartengono a diverse fedi ma trovano una nuova motivazione spirituale nella persona di Gesù e nei suoi insegnamenti.
Ad aprire il raduno di quest'anno presso l'ashram di Matridam - riporta l'agenzia AsiaNews - è stato monsignor Patrick Paul D'Souza, arcivescovo emerito di Varanasi, che da oltre un decennio segue le attività dei sacerdoti della Indian Missionary Society (Ims) che gestiscono il centro spirituale.

Al Satsang del 2009 hanno partecipato oltre quindicimila aderenti al movimento. L'incontro ha avuto due fasi: nei giorni 13 e 14 alcuni laici hanno reso testimonianza su come la loro vita è cambiata attraverso un nuovo approccio spirituale verso la religione grazie al messaggio di Gesù Cristo. Il giorno 15 è stato invece dedicato alla preghiera interreligiosa a cui hanno partecipato diversi leader cristiani, indù, buddisti, sikh e musulmani.
Padre Anil Dev, il sacerdote dell'Ims responsabile del movimento dei Khrist Bhakta, afferma che "l'intento di ogni annuale Satsang per i nostri seguaci è quello di riaffermare la loro fede. Le riflessioni svolte nel raduno di quest'anno hanno avuto per tema "Cristo, famiglia ed ecologia"".

La preghiera per la protezione del creato è tra le più ricorrenti tra i membri del Khrist Bhakta. Molti degli oltre trentamila seguaci vivono negli Stati indiani dell'Orissa, West Bengala, Jharkhand, Chattisgarh, Uttar Pradesh dove sono ricorrenti i tifoni monsonici che, a causa dei danni procurati all'ambiente dall'uomo, ogni anno provocano migliaia di vittime aggravando ulteriormente le condizioni di povertà in cui già vivono centinaia di migliaia di persone.
Uno dei principali motivi che spingono gli appartenenti di diverse religioni a divenire membri del movimento Khirst Bhakta è quello dei raduni di preghiera dove è possibile fraternizzare fra persone di diverse condizioni sociali superando così le barriere che persistono in vaste zone dell'India specie quelle più legate alla tradizione indù.

"I nostri seguaci trovano ispirazione nella persona di Gesù e nei suoi insegnamenti" afferma padre Anil Dev sottolineando che "l'esperienza della preghiera comune e delle invocazioni pubbliche che caratterizzano i nostri incontri non fanno parte della tradizione indù". Per il sacerdote, questo modo cristiano di rivolgersi a Dio "dà ai nostri membri un senso di liberazione e di contentezza. Molti devoti soffrono forme di oppressione sociale e di ostracismo. Il movimento dei Khrist Bhakta rappresenta invece la possibilità di avere un incontro diretto con un Dio vivente e personale. L'esperienza di un rapporto libero e non segnato dalla paura, con un Padre che ama i suoi figli in modo incondizionato, è per loro l'esatto contrario di un rapporto con divinità a cui ci si rivolge solo con cerimonie rituali per ottenerne beneficio".



(©L'Osservatore Romano - 16-17 novembre 2009)

Caterina63
00lunedì 23 novembre 2009 11:56
[SM=g1740733] padre Giovanni Scalese dal Blog Senza peli sulla lingua, racconta la sua esperienza....


Di ritorno dall'Asia

Vi avevo detto che ho terminato la mia esperienza missionaria in Asia e sono tornato in Italia. Vorrei riferirvi brevemente di questa esperienza, perché potrebbe essere interessante. Forse, chiamarla “missionaria” è un po’ eccessivo: il motivo per cui sono andato in Asia era principalmente la formazione dei nostri candidati alla vita religiosa. Soprattutto per motivi di comunicazione (e anche per altri motivi che vi dirò), non è che si potesse fare molto di piú.

Come sapete, ho trascorso cinque anni nelle Filippine, in due riprese: dal 2003 al 2005 e poi dal 2006 al 2009. Le Filippine, a rigor di termini, non sono “terra di missione”, essendo un paese (l’unico in Asia!) a stragrande maggioranza cattolico; ma i sacerdoti stranieri vengono comunemente (e anche legalmente) considerati “missionari”. Sono andato nelle Filippine, quando ero assistente generale dell’Ordine, per aprire lí il nostro seminario teologico. Come molti altri istituti religiosi, anche la nostra Congregazione si è recata nelle Filippine (quest’anno ricorreva il ventesimo anniversario di fondazione) per far fronte alla penuria di vocazioni. Il Signore ci ha benedetto con una grande abbondanza di seminaristi. Per diversi anni, questi, dopo il noviziato svolto in patria, venivano in Italia per lo studio della teologia; ma, a un certo punto, ci siamo resi conto che era meglio che svolgessero tutta la formazione nel loro paese (lo stesso si fece per i latinoamericani e gli africani). Per questo, nel 2003, decidemmo la costituzione di un nuovo studentato teologico, il “Saint Paul Scholasticate”, a Tagaytay, una città in un’incantevole posizione, a una cinquantina di chilometri a sud di Manila. In mancanza di personale disponibile, mi trasferii in loco per la realizzazione del progetto: avvio del seminario in una casa presa in affitto dai Verbiti; acquisto di un terreno; costruzione del nuovo studentato. Quando la nuova struttura fu conclusa, pochi giorni dopo la sua inaugurazione, il Padre Generale mi richiamò a Roma per la preparazione del Capitolo generale (2006). Dopo il Capitolo, ridiventato “privato cittadino”, mi fu chiesto di tornare nelle Filippine e riprendere la conduzione dello studentato, dove sono rimasto fino all’aprile di quest’anno. Attualmente esso è diretto da padri filippini e conta oltre venti studenti professi teologi (a essi vanno aggiunti una dozzina di novizi e una quarantina di aspiranti).

L’esperienza filippina è stata molto bella; non ho fatto alcuna fatica ad adattarmi. Le Filippine sono un ambiente assai accogliente, dove ci si sente a proprio agio. I filippini, li conoscete: sono persone riservate, rispettose, gentili e amabili. E poi sono cattolici, con uno spiccato senso religioso (che forse talvolta rischia di sconfinare nella superstizione). Hanno un grande rispetto per la Chiesa e, in particolare, per i sacerdoti. Tale rispetto si traduce pure in leggi particolarmente favorevoli alla Chiesa. Le Filippine sono un paese laico, ma di una laicità positiva, del tutto aliena dalle tendenze anticlericali presenti in Europa. L’unico problema per noi missionari stranieri è quello della lingua: l’inglese, pur essendo una delle lingue ufficiali, è parlato solo da un’élite; per comunicare con la gente bisognerebbe studiare le lingue locali (che per fortuna non sono affatto difficili), ma io non ho avuto abbastanza tempo per farlo (anche se celebravo la Messa in tagalog).

Quest’anno Padre Generale mi ha chiesto di trasferirmi in India, dove nel frattempo (due anni fa) la Congregazione aveva aperto una nuova fondazione.

Il mio predecessore era stato costretto a lasciare il paese, accusato di proselitismo. Finora non avevo rivelato la mia residenza, per evitare che si ripetesse la stessa avventura; che invece si è ripetuta anche per me; per cui, allo scadere del mio visto (turistico) semestrale, ho dovuto lasciare il paese. Ora c’è lí un sacerdote indiano con una dozzina di seminaristi (oltre quattro indiani che tanno facendo il noviziato nelle Filippine). La nostra fondazione è a Bangalore, capitale dello stato del Karnataka, nel sud del paese. Bangalore è una grande città, centro mondiale dell’informatica. È considerata una specie di “Vaticano” dell’India, perché vi sono presenti un po’ tutti gli istituti religiosi; ma nello stato i cristiani sono una infima minoranza e spesso perseguitati: ogni tanto viene ucciso qualche prete; spesso le chiese sono profanate; gli stranieri sono tenuti sotto controllo. C’è al potere il partito fondamentalista indú BJP (mentre a livello nazionale governa il Partito del Congresso di Sonia Gandhi).

L’esperienza in questo tipo di ambiente non è stata facile: come “turista” non potevo fare nulla; avrebbero voluto che neppure facessi lezione ai seminaristi (in casa) o addirittura che non predicassi durante la Messa. Eppure è stata un’esperienza importantissima per me, perché era la prima volta che mi trovavo a vivere in un paese non-cristiano. E lí ho potuto rendermi conto della vitalità della Chiesa e della forza del Cristianesimo. E mi par di capire che è proprio questo che provoca la reazione anticristiana: hanno paura che il Cristianesimo abbia il sopravvento. E hanno ragione ad aver paura, perché sono convinto che, prima o poi, l’India diventerà un paese cristiano: ci sono molti indú e musulmani che, pur non convertendosi per motivi di convenienza, sono intimamente convinti della verità del Cristianesimo (tanto per farvi un’idea, date un’occhiata a questa notizia dell’altro giorno su
AsiaNews).

A Bangalore c’è il piú importante santuario mariano, la Saint Mary’s Basilica, che sorge nel bel mezzo del quartiere musulmano, ed è frequentato da tutti: cristiani, induisti e musulmani. Tutti hanno un grande rispetto e devozione verso la Madonna. Nel nord del paese ci sono degli stati che stanno diventando completamente cristiani. Voi capite che tutto ciò crea inquietudine fra i fondamentalisti, che vorrebbero che l’India fosse un paese indú (non lo è mai stato, essendo sempre stato un paese multietnico e multireligioso, e cosí lo voleva Gandhi; ma la divisione con il Pakistan ha creato l’idea che questo dovesse essere uno stato islamico e l’India un paese indú).

Naturalmente, anche la Chiesa indiana ha i suoi problemi: soprattutto, le divisioni tra diversi riti (latino, malabarese e malankarese), diverse lingue (a Bangalore, la diocesi vuole che si usi la lingua locale, il kannada; ma la maggior parte dei cattolici sono tamil con consistenti minoranze di malayalee del Kerala; e lo stesso Arcivescovo è di lingua konkani, la lingua di Goa: potete immaginare che caos!) e diverse caste (ancora ufficialmente esistenti in alcuni stati). Eppure, nonostante le difficoltà, la Chiesa appare forte e in piena espansione: lí si ha la chiara riprova che la vitalità della Chiesa non dipende dai nostri sforzi umani, ma dalla grazia di Dio.

Ora torno alle mie consuete attività, ma con una coscienza piú viva dell’universalità della Chiesa, che mi aiuta a ridimensionare i nostri piccoli problemi di ogni giorno e ad affrontarli in una luce totalmente nuova.


[SM=g1740717] [SM=g1740720]
Caterina63
00martedì 24 novembre 2009 22:07
Celebrati i cinquant'anni dell'arcidiocesi di Delhi

La Chiesa in India
promuove la pacificazione



New Delhi, 24. Il ruolo della Chiesa cattolica come agente di pacificazione e di progresso per la società dell'India è stato messo in risalto dai media nazionali in occasione della grande cerimonia, tenutasi domenica scorsa presso il campus dell'istituto scolastico St Columba, in occasione del cinquantenario dell'arcidiocesi di Delhi.
Tra i presenti, c'era anche Lal Krishna Advani, il leader del Bharatiya Janata Party (Bjp), che ha partecipato al momento di preghiera interreligiosa successivo alla messa celebrata dall'arcivescovo di Delhi, monsignor Michael Vincent Concessao, insieme a cinque presuli e centocinquanta sacerdoti.

Interpellato da alcuni giornalisti al termine della cerimonia, Advani ha affermato che il suo partito, pur rappresentando il nazionalismo indù, non ha mai assunto posizioni anti-cristiane. Il leader ha dichiarato che in gioventù ha studiato in una scuola cristiana e che gli insegnamenti lì ricevuti hanno avuto un influsso positivo sulla sua formazione. Il leader del Bjp ha aggiunto di provare rispetto per Gesù: "Rispetto Cristo per il suo messaggio di pace universale, di amore e di fratellanza".

"L'India di oggi - ha sottolineato Advani - è caratterizzata da una diversità di fedi, lingue, usanze, apparenze e molte altre cose. Questo Paese ha comunque dimostrato nel corso della sua storia di essere capace di rispettare le diversità, d'integrarle e di renderle parte della sua unità. Questa capacità d'integrazione è parte della cultura nazionale".

Tuttavia in alcune regioni dell'India sono ancora in corso conflitti di carattere etnico-politico verso i quali i presuli cattolici sono impegnati nel portare avanti il processo di pacificazione. "I due attentati esplosivi che domenica scorsa hanno ucciso otto persone ferendone cinquantaquattro a Nalbari dimostrano che nel nostro Stato c'è un grave problema irrisolto" ha dichiarato ieri, al corrispondente di AsiaNews, Monsignor Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati, nello Stato indiano dell'Assam, posto sul confine settentrionale. Il presule ha fondato da diversi anni il Joint Peace Team, un gruppo pacifista attivo nell'opera di mediazione tra le popolazioni originarie dell'Assam, di fede indù, e i nuovi immigrati, in gran parte di fede musulmana, che ormai costituiscono la maggioranza della popolazione.

Per l'arcivescovo Menamparampil "gli attentati esplosivi servono ai gruppi di ribelli per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica". Tuttavia l'impegno del presule e del suo gruppo per la pace rimane costante. "C'è chi ci domanda con cinismo - dichiara monsignor Menamparampil - a cosa abbiano portato i nostri sforzi. Non mi stupisco più di questa domanda. Ogni volta che partecipo a colloqui di mediazione so che possono fallire. Ma ogni volta che otteniamo un contributo alla pace, siamo infinitamente grati".



(©L'Osservatore Romano - 25 novembre 2009)
Caterina63
00giovedì 25 febbraio 2010 23:07
l messaggio di saluto del cardinale Gracias all'episcopato riunito a Guwahati per l'assemblea

In India nuove iniziative
per la pastorale giovanile



Guwahati, 25. "L'India ha bisogno di nuove speranze ed energie fresche, ha bisogno di riscoprire i valori autentici per non cadere nel decadimento morale; l'India ha bisogno dei giovani, perché sono loro a poter fare la differenza":  lo ha sottolineato ieri, il vice presidente della Catholic Bishop's Conference of India (Cbci), il cardinale arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, nel messaggio di saluto rivolto ai partecipanti alla 29 assemblea dei vescovi, in corso di svolgimento a Guwahati, nello Stato di Assam.

Proprio sul tema delle nuove generazioni nel contesto dell'India emergente, si stanno accentrando le riflessioni dei presuli, chiamati a indicare i nuovi indirizzi alla pastorale. Il tema conduttore scelto per questa edizione dell'assemblea trova la sua origine dall'analisi del processo demografico della nazione, che vede una crescita notevole dei giovani:  infatti, secondo i dati presentati, si calcola che circa il 40 per cento della popolazione sia costituito da persone di età inferiore ai venti e tale numero è destinato ad aumentare ulteriormente.

Per la Chiesa cattolica, dunque, si aprono nuove esigenze in tema di pastorale giovanile:  "La comunità ecclesiale - ha evidenziato il cardinale Gracias - ha compreso la necessità di coinvolgere maggiormente le nuove generazioni nelle sue attività". In particolare, il porporato ha osservato che, con il loro talento e il loro entusiasmo, i giovani possono contribuire in maniera determinante a uno sviluppo più sano della società. Il cardinale, fra l'altro, ha espresso preoccupazione per la corruzione che ha invaso ampi settori della vita pubblica del Paese e ha indicato nelle nuove generazioni la chiave di volta per dare nuovo slancio al Paese dal punto di vista morale.

I giovani sono stati descritti come idealisti, pieni di talento, generosi e socialmente impegnati, ma tuttavia bisognosi di guide salde ai loro fianchi, capaci di indirizzarli su strade idonee di crescita, in particolare quella spirituale. Per questo, l'indicazione sulla quale stanno lavorando i vescovi è quella di una nuova pastorale che sappia valorizzare queste forze vitali. Il cardinale Gracias ha ribadito quindi che la Chiesa "vuole aiutare i giovani a tradurre gli ideali dei giovani in azioni".

Pochi giorni prima dell'inizio dell'assemblea, nella diocesi di Bongaigaon, sempre nello Stato di Assam, si era tenuto un altro incontro dedicato ai giovani, durante il quale il vescovo Thomas Pulloppillil aveva espresso parole di vivo compiacimento per l'impegno profuso dei fedeli nelle attività parrocchiali. In Assam, ma in generale in tutto il nord-est dell'India, da tempo si stanno sperimentando delle iniziative pastorali, soprattutto dedicate all'evangelizzazione nelle zone rurali. Ci sono quindi, emerge dalle riflessioni, comunità locali che si caratterizzano per il fermento e l'entusiamo e mostrano una risposta concreta ed efficace all'esigenza di portare nuova linfa nella vita della nazione.

Il segretario della Nunziatura apostolica in India, monsignor Chibuike Onyeaghala, ha quindi esortato a sviluppare ulteriormente queste iniziative, sottolineando che i giovani devono essere aiutati a scoprire Dio e devono anche essere maggiormente coinvolti nelle attività interreligiose". Monsignor Onyeaghala ha specificato che la Chiesa in India "deve incoraggiare le nuove generazioni a impegnarsi nel dialogo".

La pace è, infatti, un altro dei temi sui quali i presuli indiani sono chiamati a riflettere. Nel messaggio letto ieri durante la riunione, fra l'altro, sono stati ricordati i morti per le violenze in Orissa e in altri Stati. "Il pianto delle vittime in Orissa - si puntualizza - è una forte chiamata per tutti noi a sostenere i fratelli e le sorelle che soffrono". L'India è spesso al centro della cronache per gli attacchi alle comunità religiose di minoranza e per il terrorismo. Nei giorni scorsi, nello Stato del Punjab, tre chiese cristiane sono state profanate, dopo le polemiche scatenate per la pubblicazione di un'immagine blasfema da parte di una casa editrice di New Delhi.

In una nota dell'assemblea - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi fanno appello al Governo centrale "perché promuova, tuteli e difenda il rispetto dei simboli religiosi, di tutte le comunità dei credenti, nell'intera India". I vescovi, inoltre, sosterranno l'azione legale contro i responsabili dell'oltraggio. Nei giorni scorsi, inoltre, a Pune, si è svolta una marcia che ha coinvolto circa 3.000 cristiani per condannare un attentato terroristico nel quale sono morte quindici persone. Il vescovo di Poona, Thomas Dabre, fra gli altri, ha partecipato alla marcia:  "Il terrorismo - ha affermato - non distingue tra innocenti e colpevoli, perché non si nutre di moralità o di eticità".

Nei prossimi giorni, i vescovi riuniti nell'assemblea a Guwahati si focalizzeranno anche sulla discriminazione sociale dei dalit cristiani. Nel messaggio letto dal cardinale Gracias si indica infatti tra le necessità quella "di sradicare qualsiasi forma di discriminazione basata sulle caste". La Commissione nazionale sulle minoranze religiose e linguistiche ha presentato a dicembre, al Lok Sabha - la Camera bassa del Parlamento indiano - la proposta di modificare il cosiddetto Scheduled Castes Order del 1950, sulla base del quale alcune minoranze religiose nel Paese, tra cui i cristiani, sono ancora escluse dal godimento di alcuni diritti civili.

 "L'india - ha affermato l'arcivescovo di Delhi, Vincent Michael Concessao - non può pretendere di definirsi una nazione laica che sostiene la libertà religiosa, mentre mantiene una discriminazione dei dalit cristiani basata soltanto sulla fede che essi professano".


(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2010)
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