La Passione di Cristo secondo il chirugo Pierre Barbet

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(Teofilo)
00lunedì 21 settembre 2009 21:58
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Consiglia  Messaggio 1 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 27/12/2003 12.52

Quella che segue è un' interessantissima ricostruzione della Passione, scritta dal chirurgo Pierre Barbet, il quale studiando a fondo la Sindone, ponendo come altamente probabile che questo Telo abbia avvolto il corpo del Signore, ha messo in luce tanti particolari che non molti conoscono e che spingono ad una meditazione ancora più profonda su quanto il Signore Gesù ha effettivamente sofferto per redimerci.

Si tratta di alcune pagine del suo libro intitolato "PASSIONE DI N.SIGNORE secondo il chirurgo" che possono dare la possibilità a chi lo desidera, di scoprire ancor più profondamente i Suoi dolori sofferti per noi nella carne (a prescindere da quelli sofferti nella sua anima) e di capire un tantino di più di quanto Egli ci ami.



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Consiglia  Messaggio 2 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.53

La passione corporale di Gesù

Ho scritto queste considerazioni il giorno della Circoncisione del 1940.

Se esiste una leggenda radicata negli animi, essa è quella della durezza di cuore dei chirurghi : si dice che l'assuefazione affievolisce le sensazioni e che questa abitudine, sorretta dalla necessità d'un male per un bene, ci riduce in uno stato di serena insensibilità. Nulla di più falso. Se ci irrigidiamo contro l'emozione che non deve manifestarsi e, neppure interiormente, turbare l'atto chirurgico (come il pugile, istintivamente, contrae l'epigastrio dove attende il colpo), la pietà rimane in noi sempre viva ed anzi si affina con l'età. Quando ci si è chinati per anni sulla sofferenza altrui, quando la si è provata in noi stessi, si è certo più vicini alla compassione che all'indifferenza, poiché si capisce meglio il dolore e se ne conoscono meglio le cause e gli effetti.

Così un chirurgo, quando ha meditato sulle sofferenze della Passione, ne ha analizzato i tempi e le circostanze fisiologiche e si è sforzato di ricostruire metodicamente tutte le tappe di questo martirio di una notte e di un giorno, può, meglio del più eloquente predicatore, meglio del più santo degli asceti (a parte coloro che ne ebbero la visione diretta, e ne furono annientati), prender parte alle sofferenze del Cristo. Vi assicuro che è abominevole: per parte mia, sono giunto a non più osare di pensarvi. Sarà viltà, senza dubbio, ma ritengo che si debba avere una virtù eroica o non capire, che si debba essere santi o incoscienti, per poter fare una « Via Crucis ».

Quanto a me, non lo posso fare più.

Ed è tuttavia questa « Via Crucis » che sono stato pregato di scrivere : ed io non voglio rifiutarmi, certo che essa farà del bene. O bone et fluidissime Jesu aiutatemi. Voi che le avete sopportate, fate che io sia in grado di descrivere queste Vostre sofferenze. Forse, sforzandomi di rimanere obiettivo, opponendo all'emozione la mia « insensibilità » di chirurgo, potrò giungere sino in fondo. Se singhiozzerò prima della fine, mio povero amico che leggi, fa come me senza vergogna; vorrà soltanto dire che avrai capito. Seguimi dunque : abbiamo per guida i testi sacri e la Santa Sindone, il cui studio scientifico me ne ha dimostrato l'autenticità.

In realtà la Passione inizia alla Natività, poiché Gesù, nella Sua onniscienza, ha sempre saputo, visto e voluto le sofferenze che attendevano la Sua Umanità. Il primo sangue fu versato per noi nella Circoncisione, otto giorni dopo la nascita. Si può già immaginare che cosa dev'essere per un uomo la previsione esatta del suo martirio.

Di fatto è nel Getsemani che incomincierà l'olocausto. "Gesù, dopo aver dato ai Suoi la Sua carne da mangiare ed il Suo sangue da bere, li conduce con sè di notte, come al solito, nell'orto degli olivi. Li lascia sdraiare presso l'ingresso, conduce un po' più lontano i Suoi tre intimi e si allontana da loro di un tiro di sasso per prepararsi pregando. Sa che la Sua ora è venuta. Egli stesso ha mandato il traditore di Karioth : « quod facis^ fac citius » (ciò che devi, fallo presto -Giov., XIII, 27). Ha fretta di farla finita e lo vuole. Ma poiché ha rivestito, incarnandosi, quella forma di schiavitù che è la nostra umanità, questa si ribella ed inizia la tragedia della lotta tra la Sua volontà e la natura. « Coepit parere et taedere » (Incominciò ad atterrirsi ed attristarsi - marco 14, 33).

Quella coppa che Egli deve bere contiene due amarezze : anzitutto i peccati degli uomini di cui deve caricarsi, Egli il giusto, per redimere i Suoi fratelli, e questa è senza dubbio la prova più dura, una prova che non possiamo immaginare poiché i più santi di noi sono coloro che più vivamente sentono la loro indegnità e la loro infamia. Forse, comprendiamo meglio il prevedere, il soffrire in anticipo le torture fisiche, che Egli subisce già nel pensiero : eppure non abbiamo provato che il brivido retrospettivo delle sofferenze passate. Dev'essere qualcosa di indicibile : « Padre, se vuoi, allontana da me questo calice; però non si faccia la mia ma la tua volontà. - luca, 22, 42). E' qui la Sua Umanità che parla... e che si sottomette, poiché la Sua Divinità sa ciò che vuole da tutta l'eternità : l'Uomo si trova in un punto morto. I Suoi tre fedeli sono addormentati -per la tristezza - dice S. Luca (22, 45). Poveretti!


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.54

La lotta è spaventosa : un angelo scende per confortarLo, ma nello stesso tempo per raccogliere, sembra, la Sua accettazione. -Ed entrato in agonia, pregava più intensamente : e diede in un sudore, come di grumi di sangue che cadevano sino a terra. -luca, 22, 44). Si tratta del sudor di sangue che alcuni esegeti razionalisti, subodorando qualche miracolo, hanno interpretato come simbolico. E' curioso constatare quante bestialità questi materialisti moderni possono dire in materia scientifica. Sottolineiamo che il solo Evangelista che riporta il fatto è un medico. Ed il nostro venerato collega Luca, medìcus carissimus, (Epist. di S. Paolo ai Colossesì), lo fa con la precisione e concisione d'un buon clinico. L'ematoidrosi è un fenomeno rarissimo ma esattamente descritto. Essa si produce, come scrive il Dott. Le Bec, « in condizioni particolissime: una spossatezza fisica accompagnata da una scossa morale, conseguenza di una profonda emozione, di una grande paura » (Le supplice de la d'oix, Parigi, 1925, loc. cit.) (« et coepit pavere et taedere). Il terrore, lo spavento e la scossa morale sono qui al massimo grado. E' ciò che Luca chiama « agonia » che, in greco, significa lotta ed ansietà. « E diede in un sudore, come di grumi di sangue, che cadevano sino a terra ».

A che serve spiegare il fenomeno? Una intensa vasodilatazione dei capillari sottocutanei che si rompono a contatto dei cul di sacco dei milioni di ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola al sudore e si coagula sulla pelle, dopo essudazione. Ed è questo insieme di sudore e di grumi, che si raccoglie e discende per tutto il corpo in quantità sufficiente per cadere al suolo. Da notare che questa emorragia microscopica si produce in tutta la pelle, la quale è in tal modo già lesa nel suo insieme, per così dire indolenzita e resa fragile per tutti i colpi futuri. Ma andiamo avanti.

Ecco Giuda ed i servi del Sinedrio, armati di spade e di bastoni e recanti corde e lanterne. Vi è pure la coorte dei soldati del Tempio comandati dal loro tribuno. Ci si è ben guardati dall'avvisare i Romani e la coorte della torre Antonia. Il loro turno non verrà che quando gli Ebrei, dopo aver pronunziato la loro sentenza, cercheranno di farla ratificare dal procuratore. Gesù si fa avanti: una Sua parola basta a far cadere a terra i Suoi aggressori, ultima manifestazione del Suo potere, prima di abbandonarsi alla volontà divina. Il bravo Pietro ne ha approfittato per mozzare l'orecchia di Malco e, ultimo miracolo, Gesù l'ha riattaccata.

Ma la turba urlante s'è ripresa, ha legato il Cristo e lo conduce, senza riguardi, lo si può credere, non curandosi dei personaggi di secondo piano. E' l'abbandono, almeno apparente. Gesù sa che Pietro e Giovanni lo seguono di lontano marco, 15, 54; Giov., 19, 15) e che Marco non scamperà all'arresto se non fuggendosene nudo, dopo aver lasciato nelle mani delle guardie la « sindone » che lo copriva.

Ed eccoli davanti a Caifa ed al Sinedrio. E' notte fonda: non può trattarsi che di una istruttoria preliminare. Gesù rifiuta di rispondere : ha predicato apertamente la Sua dottrina. Caifa è disorientato, furioso ed una delle sue guardie, traducendo questo sdegno, da uno schiaffo all'imputato : così rispondi al sommo sacerdote ? - Giov. 18, 22).

Ma questo non è nulla : bisogna attendere il mattino, per poter udire i testimoni. Gesù è trascinato fuori della sala; nel cortile vede Pietro che l'ha rinnegato tre volte e con uno sguardo lo perdona. Lo si trascina in qualche sala sotterranea e la canaglia dei servi se la spasserà sulle spalle di questo falso profeta (debitamente legato), che ancora poco fa li ha gettati a terra con non si sa quale stregoneria. Lo si tempesta di schiaffi, di pugni, gli si sputa sul viso, e poiché non c'è modo di dormire, si cerca di divertircisi un poco. E, velatoGli il volto, ciascuno lo colpisce : gli schiaffi risuonano e questi bruti hanno la mano pesante : « Profetizza : dicci, Cristo, chi ti ha percosso ». Il Suo corpo è già tutto un dolore, la Sua testa rintrona come una campana; Egli è colto da vertigini... e tace. Con una sola parola, potrebbe annientarli « e non aprì bocca -Isaia, 53,7). Questa plebaglia finisce per stancarsi e Gesù attende.

Alle prime luci del giorno, seconda udienza, sfilata pietosa di falsi testimoni che non provano nulla. Bisogna che Egli stesso si condanni, affermando la Sua filiazione divina, e quel volgare istrione di Caifa proclama la bestemmia strappandosi le vesti. Oh, rassicuratevi: questi buoni Giudei prudenti ed avari hanno un abito preparato e ricucito leggermente che può servire un gran numero di volte ! Non resta che ottenere da Roma la condanna a morte che essa ha arrogato a sé in questo paese di protettorato.


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Consiglia  Messaggio 4 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.54

Gesù, già spossato per la fatica ed indolenzito per i colpi, verrà trascinato all'altro capo di Gerusalemme, nella città alta, alla torre Antonia, specie di cittadella di dove la maestà romana assicura l'ordine nella città troppo agitata per i suoi gusti. La gloria di Roma è rappresentata da un disgraziato funzionario, piccolo romano della classe dei cavalieri, un « arrivato » ben felice di esercitare il comando, tuttavia difficile, su un popolo fanatico, ostile ed ipocrita. Pilato è preoccupato di conservare il suo posto, ma si trova preso tra gli ordini imperativi di Roma e le mene sornione di questi Ebrei, spesso molto in favore presso gli imperatori. Ingomma, si tratta di un pover'nomo. Non ha che una rè ligione, se ne lia una, quella del Divus Caesar. E' il prodotto mediocre della barbara civiltà, della cultura materialista. Ma come prendersela con lui? E' come l'hanno fatto: la vita di un uomo ha per lui poco valore, soprattutto se non si tratta di un cittadino romano. La pietà non gli è stata insegnata e non conosce che un dovere : mantenere l'ordine. (A Roma s'immaginano che sia facile!). Tutti questi Ebrei litigiosi, mentitori e superstiziosi, con tutti i loro « tabù » e la loro manìa di lavarsi per nulla, la loro servilità e la loro insolenzà e le vigliacche denunce al ministero contro un amministratore coloniale che fa del suo meglio, tutto ciò lo disgusta. Egli lì disprezza... e li teme.

Gesù invece (eppure in quale stato gli compare dinanzi, coperto di ecchimosi e di sputi!), Gesù gli si impone e gli è simpatico; ed egli farà tutto quanto sarà in suo potere per strapparlo alle unghie di questi energumeni : « e cercava di liberarlo - Giov.19, 12).

« Gesù - egli dice - è Galileo : passiamolo a quella vecchia canaglia di Erode che recita la parte del reuccio negro e crede d'essere chi sa chi ». Ma Gesù disprezza quella volpe e non gli risponde verbo. Ed eccolo di ritorno con la turba urlante e quegli insopportabili farisei che schiamazzano in tono acutissimo, agitando le loro barbette. « Odiose queste chiacchiere ! Che restino fuori, visto che si sentirebbero contaminati se entrassero in un pretorio romano! ».

Ponzio interroga questo pover'uomo che lo interessa. E Gesù non lo disprezza. Ha pietà della sua invincibile ignoranza, gli risponde con dolcezza e tenta persino di istruirlo. « Ah - pensa Pilato - se non ci fosse questa canaglia che urla qui fuori, una buona sortita della coorte farebbe in fretta « cum gladio » (spada alla mano) a far tacere i più schiamazzanti e a disperdere gli altri. Non è molto che ho fatto massacrare nel Tempio qualche galileo troppo agitato. Sì, ma questi sornioni uomini del Sinedrio incominciano ad insinuare che non sono amico di Cesare e con questo non c'è da scherzare! E poi «per Èrcole » che cosa significano tutte queste storie di Rè dei Giudei, Figlio dì Dio, Messia? » Se Pilato avesse letto le Scritture, forse sarebbe stato un altro Nicodemo, poiché anche Nicodemo è un vile ; ma sarà la viltà a rompere gli argini. « Quest'uomo è giusto; io lo faccio flagellare (oh, la logica romana ) ; forse questi bruti ne avranno pietà ».

Ma anch'io sono un vile : perché se mi attardo a difendere questo "Quirite lamentevole^ è soltanto per ritardare il mio dolore. « Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare - Giov.,19, 1).

I soldati di guardia conducono Gesù nell'atrio del Pretorio e chiamano alla riscossa tutta la coorte : le distrazioni sono rare in questo paese di occupazione. Tuttavia il Signore ha dimostrato spesso una speciale simpatia per i militari. Come ha ammirato la confidenza e l'umiltà di quel centurione e la sua affettuosa premura per il suo servo che Egli ha guarito ! (Nulla mi toglierà la convinzione che si trattava dell'attendente di quell'ufficiale di fanteria coloniale). E fra poco, il centurione di guardia al Calvario per primo proclamerà la Sua divinità. La coorte sembra presa da un delirio collettivo, che Pilato non ha previsto. Satana è là, a suggerire loro l'odio. Ma basta. Non più parole: soltanto colpi; e procuriamo

di andare sino alla tino. Essi lo spogliano e, del tutto nudo, lo legano per i polsi a una colonna dell'atrio, con le braccia sollevate in alto.

La flagellazione si effettua con delle striscio di cuoio multiple, su cui sono fissate, a qualche distanza dall'estremità libera, due palle di piombo o degli ossicini. (E' almeno a questo genere di flagrum che corrispondono le impronte della Sindone). Il numero dei colpi è fissato a 39 dalla legge ebraica. Ma i carnefici sono legionari scatenati, che andranno sino al limite della sincope. Infatti le tracce sulla Sindone sono innumerevoli e la maggior parte sulla impronta posteriore (la parte anteriore del corpo è contro la colonna) ; si vedono sulle spalle, sulla schiena, sulla regione lombare e anche sul petto. I colpi di flagello scendono sulle cosce, sui polpacci: e là, l'estremità delle striscie, oltre le pallottole di piombo, avvolge l'arto e lascia il suo solco fin sulla faccia anteriore delle gambe.

I carnefici sono due, uno da ciascun lato, e sono di ineguale corporatura (come si deduce dall'orientamento delle impronte sulla Sindone). Essi colpiscono accanitamente, con grande sforzo. Ai primi colpi le corregge lasciano delle lunghe tracce livide, delle lunghe ecchimosì bluastre sottocutanee. Si ricordi che la pelle è già stata alterata, resa più sensibile dai milioni di piccole emorragie intradermiche del sudor di sangue. Le palle di piombo determinano maggiori contusioni. Poi la pelle, infiltrata di sangue e resa più fragile, si apre sotto nuovi colpi. Il sangue zampilla; lembi di pelle si distaccano e restano pendenti. Tutta la parte pò steriore non è più che una superficie rossa su cui risaltano grandi solchi marezzati; e qua e là, le piaghe profonde dovute alle palle di piombo. Queste piaghe in forma di manubrio (le due palle e le striscie tra di loro) s'imprimeranno sulla Sindone.

Ad ogni colpo, il corpo trasale in un doloroso soprassalto. Ma Egli non apre bocca e questo mutismo raddoppia la furia satanica dei Suoi camitici. .Non è più la fredda esecuzione di un ordine giudiziario; è uno scatenarsi di demoni. Il sangue scorre dalle spalle tino a terra (le larghe lastre del pavimento ne sono coperte) e si sparge in pioggia, dai flagelli sollevati, fin sulle rosse clamidi degli spettatori. Ma ben presto le forze del suppliziato vengon meno : un sudor freddo inonda la Sua fronte, la testa Gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corron lungo la schiena. Le gambe cedono ed Egli, se non fosse legato molto in alto per i polsi, cadrebbe nella pozza di sangue. « Ha avuto quanto gli spettava, anche se non abbiamo contato. Dopo tutto, non abbiamo ricevuto l'ordine di ucciderlo a frustate. Lasciamo che si rimetta; possiamo ancora divertirci ».

« Ah ! questo scemo pretende di essere Rè, come se ce ne fossero sotto le aquile romane, e Rè dei Giudei ancora ; è il colmo del ridicolo. Ha delle noie con i suoi sudditi? Non ci pensi: noi saremo suoi fidi. Presto, un manto ed uno scettro». Lo hanno fatto sedere su una base di colonna (non è molto solida la Maestà!). La vecchia clamide d'un legionario sulle spalle nude Gli fa le veci della porpora regale ; una grossa canna nella destra e sarebbe perfetto, se non vi mancasse una corona : qualcosa di originale ! (Tra 19 secoli, contribuirà a farlo riconoscere questa corona, che nessun crocifisso ha portato). In un angolo, una fascina di quegli arbusti che abbondano nei cespugli del sobborgo. Sono flessibili e forniti di lunghe spine, molto più lunghe, più acute e più dure di quelle dell'acacia. Se ne intreccia con precauzione (poiché pungono) una specie di fondo di canestro che Gli si applica sul capo. Se ne ribattono i bordi e con una fascia di giunchi ritorti si serra la testa tra la nuca e la fronte.

Le spine penetrano nel cuoio capelluto ed esso sanguina. (Noi chirurghi sappiamo quanto sanguini il cuoio capelluto). Già il capo è tutto invischiato di grumi; lunghi rìvoli di sangue sono colati sulla fronte, sotto la fascia di giunchi,

hanno inondato i lunghi capelli arruffati ed hanno riempito la barba.

La commedia dell'adorazione ha avuto inizio. A turno ciascuno piega le ginocchia davanti a Lui, con una smorfia spaventosa, seguita da un forte schiaffo : « Salve, Rè dei Giudei! )). Ma Egli non risponde. Il Suo povero viso, straziato ed impallidito, non ha un movimento. Davvero non è divertente !

(Teofilo)
00lunedì 21 settembre 2009 22:00
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Consiglia  Messaggio 5 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.55

Esasperati, i fedeli sudditi Gli sputano sul viso. « Non sai tenere il tuo scettro, via! ». E giù un gran colpo sul cappello di spine, che si affonda ancor di più ; ed ecco che piovono altri schiaffi. Non mi ricordo più : è stato uno di questi legionari o l'ha ricevuto da qualcuno del Sinedrio? Ma ora vedo che un forte colpo di bastone dato obliquamente Gli ha lasciato sulla guancia, destra un'orribile piaga contusa e che il Suo grande naso semitico, così nobile, è deformato da una frattura dell'ala cartilaginea. Il sangue cola dalle narici sui baffi. Basta, mio Dio !

Ma ecco ritornare Pilato, un po' inquieto sulla sorte del prigioniero : « Che cosa ne avranno fatto quei bruti? Ah ! l'hanno ridotto in ben malo modo ! Se i Giudei non sono contenti ! ». E lo mostra dal balcone del Pretorio nella Sua divisa regale meravigliato egli stesso di sentire un po' dì pietà per quello straccio d'uomo. Ma egli ha fatto i conti senza l'odio : « Tolle. crucifige! » (A morte, crocifiggilo! - Giov.21, 15). Ah! i demoni! E l'argomento terribile per lui: «Egli s'è fatto rè; se tu l'assolvi non sei amico di Cesare ». Allora il vile cede e si lava le mani. Ma, come scriverà S. Agostino (Tr. super psalmos, Ps. 63), « non sei tu, Pilato, che L'hai ucciso ; ma i Giudei con le loro lingue taglienti ; in confronto a loro, tu sei molto più innocente ».

Gli strappano la clamide che già ha aderito a tutte le Sue ferite, ed il sangue riprende a scorrere : Egli ha un gran brivido. Gli rimettono le Sue vesti che si tingono dì rosso. La croce è pronta ed Egli stesso si carica il legno sulla spalla destra. Per quale miracolo di energia Egli può stare in piedi sotto tale peso? Non è, veramente, tutta la croce, ma solo il grosso braccio orizzontale, il «patibulum », che Egli dovrà portare fino al Golgota; ma esso pesa ancora una cinquantina di chili. Il palo verticale, lo « stipes », è già piantato sul Calvario.

Ed il cammino incomincia, a piedi nudi, per strade dal fondo irregolare cosparso di ciottoli. I soldati Lo tirano con le corde che Lo legano, ansiosi di sapere se giungerà fino in cima. Due ladroni Lo seguono, nella stessa guisa. Il percorso fortunatamente non è molto lungo, circa 600 metri; ed il colle del Calvario o poco fuori di porta Efraim. Ma il tragitto è molto accidentato, anche nell'interno dei bastioni. Gesù, penosamente, mette un piede davanti all'altro e spesso si accascia e cade sulle ginocchia che non sono ben presto che una piaga. I soldati di scorta Lo sollevano, senza trattarlo troppo brutalmente; sentono che Egli potrebbe benissimo morire per via.

E' sempre quella trave, in equilìbrio sulla spalla, che lo ammacca con le sue asperità e che sembra volervi penetrare di forza. Io so di che cosa si tratta : ho trasportato una volta al V° Genio, delle traverse di ferrovia, ben piallate, e conosco questa sensazione di penetrazione in una spalla ferma e sana. Ma la Sua spalla è coperta di piaghe che si riaprono, si allungano, si approfondiscono ad ogni pie' sospinto. E' spossato. Sulla Sua tunica inconsutile una enorme macchia di sangue va sempre più allargandosi e si estende poi fin sulla schiena. Egli cade ancora e questa volta lungo disteso ; la trave Gli sfugge e Gli scortica il dorso. Potrà rialzarsi? Fortunatamente passa di là un uomo di ritorno dai campi, quel Simone di Cirene che, come i suoi figli Alessandro e Rufo, sarà presto buon cristiano. I soldati lo costringono a portare quella trave; il buon uomo non rifiuta. Oh! come lo farei volentieri anch'io! Non c'è più da salire, finalmente, che il pendio del Golgota e faticosamente si giunge in cima. Gesù si accascia al suolo e la crocifissione ha inizio.

Oh! non c'è nulla di complicato: i carnefici sanno il loro mestiere. Bisogna anzitutto denudarlo. Per le vesti esterne è ancor facile ; ma la tunica aderisce intimamente alle Sue Piaghe, per così dire a tutto il corpo, e il toglierla è semplicemente atroce. Non avete mai tolto la prima medicazione già disseccata da una larga piaga contusa? o non avete sofferto voi stessi questa prova che richiede talvolta l'anestesia generale? In tal caso, potete in parte rendervi conto di che cosa si tratta. Ogni filo di lana aderisce alla superficie scoperta e quando lo si solleva strappa una delle in numerevoli terminazioni nervose messe a nudo nella piaga. Queste migliala di chocs dolorosi s'addizionano e si moltiplicano, ciascuno aumentando via via la sensibilità del sistema nervoso.

Ora, qui non si tratta di una lesione locale, ma di quasi tutta la superficie del corpo e soprattutto di questa schiena ridotta in stato deplorevole. I carnefici frettolosi non hanno ne modo ne misura. Forse è meglio così, ma come mai questo dolore acuto, atroce, non provoca una sincope? Come è evidente che, da un capo all'altro, Egli domina e dirige la Sua Passione !

Il sangue riprende a scorrere; Lo distendono sul dorso. Gli hanno lasciato la stretta cintola che il pudore dei Giudei conserva ai giustiziati? Confesso di non saperlo. Ciò ha d'altronde poca importanza ; comunque nella Sua Sindone Egli sarà nudo. Le piaghe del Suo dorso, delle cosce, dei polpacci, s'incrostano di polvere e di ghìaietta. Lo hanno messo ai piedi dello stipes, con le spalle distese sul patibulum. I carnefici prendono le misure. Un giro di succhiello nel legno per facilitare la penetrazione dei chiodi e l'orribile supplizio ha inizio. Il carnefice prende un chiodo (un lungo chiodo appuntito e quadrato che in corrispondenza della testa è largo 8 mm.), lo appoggia sul polso, in quella piega anteriore che conosce per esperienza, fu solo colpo del grosso martello : il chiodo è già piantato nel legno, ove qualche colpo energico lo fìssa saldamente.

Gesù non ha gridato, però il Suo viso si è spaventosamente contratto. Ma soprattutto ho visto nello stesso istante il Suo pollice, con un movimento violento, prepotente, mettersi in opposizione nel palmo : il Suo nervo mediano è stato leso. Allora mi rendo conto di ciò che Egli ha provato : un dolore indicibile, folgorante, che si è diffuso nelle Sue dita, è «zampillato », come una lingua di fuoco, fino alla spalla, è esploso nel Suo cervello. E' il dolore più insopportabile che un uomo possa provare, quello dato dalla ferita dei grossi tronchi nervosi. Quasi sempre esso provoca una sincope ed è un bene. Gesù non ha voluto perdere conoscenza. Almeno, il nervo fosse stato tagliato di netto I Invece (ed io stesso l'ho constatato sperimentalmente) esso non è stato distrutto che in parte : la lesione del tronco nervoso rimane in contatto con quel chiodo e su di esso, tra poco, quando il corpo sarà sospeso, si tenderà fortemente come una corda di violino sul suo ponticello, e vibrerà ad ogni scossa, ad ogni movimento, risvegliando il terribile dolore. Ed Egli ne ha per tre ore I


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Consiglia  Messaggio 6 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.56

L'altro braccio è allungato dall'aiutante; gli stessi gesti si ripetono e gli stessi dolori. Ma questa volta - pensateci - Egli sa ciò che l'attende. Ora è inchiodato sul patibulum, a cui aderisce perfettamente con le spalle e le braccia. Ha già forma di croce: quanto e grande!

«Andiamo, in piedi!». Il carnefice ed il suo aiutante impugnano le estremità della trave e rialzano il condannato. dapprima seduto e poi in piedi; quindi facendolo camminare all'indietro, lo addossano al palo verticale. Ma questo avviene esercitando trazione sulle due mani inchiodate. Con un grande sforzo, a braccia tese (ma Io stipes non è molto alto), rapidamente, perché è molto pesante, essi incastrano con abile gesto il patibulum all'alto dello stipes. Alla sua sommità, con alcuni chiodi, è fissato il titulus scritto in tre lingue. Il corpo, stirando le braccia, che si allungano obliquamente, è un po' disceso. Le spalle ferite dalle fustigazioni e dal trasporto della croce, hanno strisciato dolorosamente sul legno ruvido. La nuca, che sovrasta il patibulum, l'ha urtato passando, per arrestarsi in corrispondenza della sommità del palo verticale. Le punte taglienti del grande cappello di spine hanno lacerato ancor più profondamente il cranio. La povera testa è inclinata in avanti, poiché lo spessore della corona le impedisce di riposare sul legno ; ed ogni volta che Egli la solleva, ne risveglia le punture.

Il corpo appeso è sostenuto soltanto dai chiodi piantati nei due carpi. E potrebbe bastare. Esso non cade in avanti. Ma è regola inchiodare anche i piedi. Per questo, non c'è bisogno di mensola ; basta piegare le ginocchia e stendere i piedi a piatto sul legno dello stipes. Perché, dal momento che non è necessario, dare lavoro ad un falegname? Non certo per alleviare le pene del crocifisso. Il piede sinistro è messo a piatto sulla croce e con un solo colpo di martello il chiodo penetra nella sua parte di mezzo, tra il secondo ed il terzo osso metatarsale. L'aiutante piega anche l'altro ginocchio ed il carnefice, riportando il piede sinistro davanti al destro tenuto piatto dall'aiutante, con un secondo colpo perfora questo piede nello stesso punto. Quest'operazione è facile; e poi a grandi colpi il chiodo è spinto nel legno. Qui, grazie a Dio, nulla più di un banale dolore ; ma il supplizio ha appena avuto inizio. Con due uomini, tutto il lavoro non è durato più di due minuti e le ferite hanno sanguinato pochissimo. Ci si affacenda allora attorno ai due ladroni ; e i tre patiboli sono approntati di fronte alla città deicida.

Non ascoltiamo tutti questi Giudei trionfanti che insultano il Suo dolore. Egli ha già perdonato « poiché non •sanno quel che si fanno ». Gesù a tutta prima si è accasciato. Dopo tante torture, per un corpo sfinito questa immobilità costituisce quasi un riposo, coincidendo con una diminuzione della sua capacità vitale. Ma Egli ha sete. Oh ! non l'ha ancora detto. Prima di distendersi sulla croce ha rifiutato la pozione analgesica, vino mescolato con mirra e fiele, che preparano le pie donne di Gerusalemme. La Sua sofferenza, la vuole completa; sa che la dominerà. Ha sete. Sì, « la mia lingua ha aderito al mio palato - Salmo XXI, 6). Non ha bevuto nulla ne mangiato da ieri sera. E' mezzogiorno. Il sudore del Getsemani, tutte le fatiche, la grave emorragia al Pretorio e quelle successive ed anche un po' di questo sangue che esce dalle piaghe, Gli hanno sottratto una gran parte della Sua massa sanguigna. Ha sete. I lineamenti sono tirati, il volto pallido è solcato di sangue che si coagula dappertutto. La bocca è semiaperta ed il labbro inferiore già comincia a pendere. Un filo di saliva scende dalla barba, mescolato al sangue che esce dal naso schiacciato. La gola è secca ed infuocata, ma Egli non può deglutire. Ha sete. In questo volto tumefatto, sanguinante e deformato, come sì potrebbe riconoscere il più bello dei figli degli uomini? (Salmo XXI, 6).

Sarebbe spaventoso, se non Vi si vedesse, malgrado tutto, risplendere la serena maestà del Dio che vuoi salvare i Suoi fratelli. Ha sete. E tra poco lo dirà, perché si adempiano le Scritture. Ed uno stupido soldato, nascondendo la sua compassione sotto lo scherno, Gli tenderà sulla punta d'una canna una spugna imbevuta nella sua acidula « posca » (« acetum » dicono i Vangeli).

Ne berrà anche solo una goccia? Si è detto che il fatto di bere determina in questi poveri suppliziati una sincope mortale. Come, dopo aver bevuto, potrà dunque parlare ancora due o tre volte? No, no : morirà alla Sua ora. Ha sete,

E tutto è appena incominciato. Ma dopo un attimo uno strano fenomeno si produce. I muscoli delle braccia si irrigidiscono spontaneamente, in una contrattura che andrà accentuandosi : i deltoidi, i bicipiti sono tesi e rilevati, le dita si incurvano. Si tratta di crampi!

Tutti, poco o tanto, abbiamo sofferto questo dolore, progressivo ed acuto, in un polpaccio, tra due coste, un po' dappertutto. Bisogna distendere, allungandolo, questo muscolo contratto. Ma guardiamo! Ecco, ora, alle coscie ed alle gambe gli stessi rilievi mostruosi rigidi e le dita dei piedi che s'incurvano. Si direbbe un ferito colpito da tetano, in preda a quelle orribili crisi che non si possono dimenticare. E' ciò che noi chiamiamo tetania, quando i crampi si generalizzano : ed ecco che questo avviene. I muscoli dell'addome si irrigidiscono in onde immobili ; poi quelli intercostali, quelli del collo e quelli respiratori. Il respiro si è fatto a poco a poco più corto e superficiale. Le coste, già sollevate per la trazione delle braccia, si sono ancora più sopraelevate; l'epigastrio si incava ed anche le infossature al di sopra delle clavlcole. L'aria entra fischiando ma non riesce quasi ad uscire. Egli respira con l'apice dei polmoni, inspira un po' ma non può più espirare. Ha sete d'aria ; come un enfisematoso in piena crisi d'asma: il suo volto pallido a poco a poco diventa rosso, poi passa al violetto purpureo e poi al cianotico. Colpito da asfissia, soffoca. I polmoni gonfi d'aria non possono più svuotarsi. La fronte è coperta di sudore^ gli occhi escono fuori dell'orbita. Quale atroce dolore deve martellare il suo cranio! Sta per morire! Ebbene, tanto meglio. Non ha dunque sofferto abbastanza?

No, la Sua ora non è ancora giunta.

Nè la sete, nè l'emorragia, nè l'asfissia, nè il dolore avranno ragione di Dio Salvatore e, se muore con questi sintomi, morirà veramente solo perché lo vuole, « avendo il potere di deporre la Sua vita e di riprenderla. - S. agostino^ Trattato sui Salmi. Salmo 63, vers. 3). Ed è così che risusciterà!

Che cosa avviene? Lentamente con uno sforzo sovrumano, ha preso punto d'appoggio sul chiodo dei piedi, sì, sulle Sue piaghe. Il collo dei piedi e le ginocchia si distendono a poco a poco ed il corpo, a piccoli colpi, risale alleggerendo la trazione sulle braccia (questa trazione, che era superiore ai novanta chili su ciascuna mano). Allora ecco che spontaneamente il fenomeno diminuisce, regredisce la tetania, i muscoli si distendono, almeno quelli del torace. La respirazione diventa più ampia e profonda, i polmoni si svuotano e ben presto il volto ha ripreso il suo primitivo pallore.

Perché tutto questo sforzo? Perché vuole parlarci: «Padre, perdona loro - Luca, 23, 34). Oh! sì, che Egli ci perdoni, noi che siamo i Suoi carnefici. Ma dopo un istante, il Corpo incomincia a riafflosciarsi e la tetania riprenderà. Ed ogni volta che parlerà (e sono state tramandate almeno sette delle Sue frasi), ogni volta che vorrà respirare, dovrà risollevarsi per ritrovare il respiro, tenendosi ritto sul chiodo dei piedi. Ed ogni movimento si ripercuote nelle Sue mani, in indicibili dolori. L'asfissia periodica dell'infelice che viene strozzato ed a cui si lascia riprender vita per soffocarlo più volte. A questa asfissia, Egli non può sfuggire per un istante, se non a prezzo di sofferenze atroci e con un atto di volontà. E questo durerà tre ore!


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Consiglia  Messaggio 7 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.57

Il Centurione, un po' in disparte, osserva con un'attenzione già piena di rispetto. Tra un accesso e l'altro di asfissia, Egli si solleva e parla : « Figlio, ecco tua Madre ». - Un po' più tardi quel povero diavolo di ladrone s'è fatto promettere il Paradiso. Ma, quando dunque morrete, Signore? !

Lo so, Pasqua Vi attende ed il Vostro Corpo non imputridirà come il nostro. Sta scritto : Non permetterai che il tuo Santo conosca la corruzione. - Salmo XV, 10. Ma, mio povero Gesù , tutte le Vostre Piaghe sono infette: esse lo sarebbero d'altronde anche per meno. Vedo distintamente gemere da esse una linfa chiara e trasparente che si raccoglie nel punto declive in una crosta cerea. Sulle meno recenti già si formano false membrane che secernono un siero purulento. Sta pure scritto : «le mie piaghe si sono infettate ed hanno suppurato - Salmo 37, 5).>

Uno sciame di mosche orrende, di grosse mosche verdi e blu, come se ne vedono nei mattatoi e nei carnai, ronza attorno al Suo Corpo: ed improvvisamente piomba sull'una o sull'altra piaga per suggerne il succo e depositarvi le uova. Esse si accanniscono sul viso : non si può scacciarle. Fortunatamente dopo un po' il cielo si oscura, il sole si nasconde ; d'un tratto la temperatura s'abbassa. E queste figlie di Belzebù a poco a poco se ne vanno.

Fra poco saranno le tre. Finalmente ! Gesù lotta sempre ; di quando in quando si risolleva. Tutti i Suoi dolori, la sete, i crampi, l'asfissia, le vibrazioni dei suoi nervi mediani, non Gli hanno strappato un lamento. Ma se i Suoi amici sono presenti, il Padre (ed è l'ultima prova) sembra averLo abbandonato: « Eli, Eli, lammo sabachtani? » (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? - matteo 27, 46; marco, 16, 34; Salmo 21, 1).

Sa che è giunta l'ora. E grida: « Tutto è compiuto)) (Giov., XIX, 30). La coppa è vuota, l'opera è completa. Poi sollevandosi di nuovo e come per farci capire che muore di Sua volontà « di nuovo gridando con gran voce - Matteo, 27, 50) : « Padre - dice - nelle tue mani raccomando il mio spirito )) (Luca 23, 46). E' morto quando ha voluto. E non mi si parli più di teorie fìsiologiche!

«

Laudato si, mi Signore, per sora nostra morte corporale!)) Oh sì, Signore, siate lodato per aver finalmente voluto morire. Poiché non ne potevamo più. Ora tutto va bene. In un ultimo respiro, la Vostra testa s'è inclinata lentamente verso di me, diritta davanti a 'Voi, col mento sullo sterno. Vedo ora distintamente il Vostro Voli-o disteso, rasserenato, illuminato (nonostante tanti lividi spaventosi) dalla dolcis sima Maestà di Dio che è sempre presente. Ho piegato le mie ginoccbia davanti a Voi ed ho baciato i Vostri piedi trafitti, dove il sangue scende ancora coagulandosi verso le punte. La rigidità cadaverica Vi ha colto bruscamente, come il cervo forzato alla corsa. Le vostre gambe sono dure come l'acciaio... e bruciano. Quale temperatura inaudita Vi ha dato questa tetania?

La terra ha tremato ed il sole si è eclissato. Giuseppe è andato a reclamare il Vostro corpo a Pilato, che non lo rifiuterà. Egli odia i Giudei che l'hanno costretto ad uc-ciderVi : la scritta sul Vostro capo proclama alto il suo risentimento : « Gesù Rè dei Giudei e crocifisso come uno schiavo ! Il Centurione è andato a fare il suo rapporto dopo averVi proclamato vero Figlio di Dìo. Tra poco Vi deporremo e non sarà difficile, una volta schiodati i piedi. Giuseppe e Nicodemo staccheranno il patibulum dallo stipes. Giovanni, Ìl Vostro prediletto, Vi reggerà i piedi : e noi, in due con un lenzuolo attorcigliato Vi sosterremo per le reni. La Sindone è pronta sulla pietra qui vicina, dirimpetto al sepolcro ; e là, a nostro agio, schioderemo le Vostre mani.

Ma, che accade? Ah! sì, i Giudei hanno dovuto chiedere a Pilato che si liberi il colle da questi patiboli che offendono la vista e contaminerebbero la festa di domani. Razza di vipere che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello! Alcuni soldati spezzano a colpi di sbarre di ferro le gambe dei ladroni. Essi pendono ora miseramente e, poiché non possono più sollevarsi sulle gambe, la tetania e la asfissia li uniranno ben presto.

Ma non c'è nulla da fare per voi! « Os non comminuetis ex co » (non romperete nessuna delle Sue ossa - Giov., XIX, 36; esodo, XII, ^6; numeri, IX, 12). Lasciateci dunque in pace: non vedete che è morto? - Senza dubbio, rispondono. Ma che idea è venuta ad uno di loro? Con un gesto tragico e preciso ha sollevato l'asta della lancia e con un sol colpo gliela immerge profondamente nel fianco destro. Oh! perché? « E subito dalia piaga uscì sangue ed acqua » (Giov., XIX, 34). Giovanni l'ha visto, ed io pure : e non sapremmo mentire ; un abbondante fiotto di sangue liquido e nero, che è zampillato sul soldato e a poco a poco scende sul petto coagulandosi in strati successivi. Ma nello stesso tempo, visibile soprattutto ai bordi, è colato un liquido limpido e chiaro come acqua. Vediamo ; la piaga è al di sotto e al di fuori del capezzolo (V spazio intercostale), il colpo è obliquo. E' dunque il sangue dell'orecchietta destra e l'acqua esce dal pericardio. Ma allora, mio povero Gesù, il Vostro cuore era compresso da questo liquido e Voi avevate, oltre a tutto, quel dolore angoscioso e crudele del cuore serrato in una morsa.

Non bastava quanto avevamo visto? Ed era perché lo sapessimo, che quest'uomo ha commesso la sua strana aggressione? Forse i Giudei avrebbero preteso che Voi non eravate morto, ma svenuto ; la Vostra risurrezione domandava dunque questa testimonianza. Grazie, Longino : tu morirai un giorno martire cristiano.

Ed ora, lettore, ringraziamo Iddio che mi ha dato la forza di giungere sino alla line : non senza lacrime ! Tutti questi orrendi dolori, che abbiamo visto in Lui, Egli li ha durante tutta la sua vita previsti, premeditati, voluti nel Suo amore per redimere tutte le nostre colpe. « E' stato sacrificato perché lo ha voluto - isaia, 53, 7). Ha diretto tutta la Sua Passione senza evitare una tortura ; accettandone le conseguenze fisiologiche, ma senza esserne dominato. Egli, è morto quando, come e perché ha voluto,

Gesù è in agonia sino alla fine dei tempi. E' giusto, è bene soffrire con Lui e, quando ci invia il dolore, ringraziarLo di poterci associare al Suo.

Bisogna completare, come diceva S.Paolo, ciò che manca ai patimenti di Cristo, e con Maria, sua Madre e Madre nostra , accettare con gioia, fraternamente la nostra "con-passione".

O Gesù che non avete avuto pietà di Voi stesso che siete Dio, abbiate pietà di noi che siamo peccatori.

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