La Santa Sede, crocevia di diplomazia internazionale

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Caterina63
00mercoledì 5 maggio 2010 22:41
La Santa Sede e la diplomazia internazionale

Un luogo dove i popoli
possano sentirsi a casa


Il 6 maggio viene presentato a Madrid a cura del Centro Académico Romano Fundación il libro La diplomacia vaticana como servicio petrino y su participación en la organización de las Naciones Unidas (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 366, euro 23). L'autore ha sintetizzato in un articolo i temi della sua ricerca.

di Marcus Vinicius Brito de Macedo

Per la sua organizzazione trasnazionale, e per il fatto di avere un capo la cui elezione avviene in un conclave universale, la Chiesa cattolica è l'unica istituzione confessionale del mondo a poter stabilire relazioni diplomatiche e a interessarsi al Diritto internazionale.

Attualmente la figura del nunzio presenta due aspetti; come rappresentante della Santa Sede svolge una missione diplomatica con il governo, poiché è di fatto un diplomatico e come tale è inviato dal Papa e ricevuto dal governo del Paese al quale è stato destinato, ma si può anche dire che l'oggetto dell'attività diplomatica con il governo è la Chiesa locale, realtà che si trova all'interno del Paese con la sua vita e la sua missione.

È importante prestare attenzione alla crescita delle rappresentanze pontificie nell'ultimo secolo. All'inizio del XX secolo, nel 1902, i Paesi che intrattenevano relazioni diplomatiche con la Santa Sede erano quindici. In seguito sono passati a 107 e oggi sono 177. A questi bisogna aggiungere l'Ordine di Malta e la Missione speciale presso la Federazione russa e presso l'Organizzazione per la liberazione della Palestina.

La Santa Sede è stata pioniera nel mettere in moto una diplomazia che ha cercato la rappresentanza e il dialogo con i poteri politici fin dal basso impero romano e che fin dal Rinascimento è servita da modello per l'instaurazione del sistema diplomatico interstatale.


Questo tipo di relazioni ha rivestito particolare interesse nell'era contemporanea e si è rafforzato negli ultimi tempi, come confermano i numerosi viaggi dei Papi - a partire da Paolo vi - i testi dottrinali che promuovono la pace fra i popoli e gli Stati, e l'azione particolarmente dinamica rispetto ai mezzi di comunicazione, a volte a partire da quelli propri del Vaticano e altre volte grazie alla mediazione della stampa, la radio e la televisione di tutto il mondo.
Non è esagerato dire che, in questo ambito, la diplomazia pubblica e mediatica della Santa Sede risulta paradigmatica.

Proprio perché resta nei limiti della sua missione pastorale e religiosa, la Chiesa può aspirare a essere ascoltata da tutti e influire in modo particolare sulle coscienze, essendo l'annuncio della verità di Cristo e non solo un'istituzione educativa, e servire da esempio dell'autentica dignità della persona e del lavoro, promuovendo la creazione di una cultura che risponda veramente a tutti gli interrogativi dell'uomo.

La natura ecclesiale e pastorale della diplomazia pontificia s'intreccia con la natura ecclesiale e pastorale della dottrina sociale della Chiesa. Come afferma la Centesimus annus al numero 54, "la dottrina sociale ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione:  in quanto tale, annuncia Dio ed il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo". La motivazione della Diplomazia pontificia è la stessa.
La Chiesa nel suo lavoro diplomatico sottolinea l'azione solidale che le nazioni devono esercitare. Si utilizza abbastanza nella diplomazia "petrina" l'espressione "famiglia delle nazioni", senza dimenticarsi del "bene internazionale".

Con una lettura adeguata dei discorsi e delle dichiarazioni si può scoprire in essi una riflessione completa e articolata sulle nozioni di nazione, cultura, popolo e Stato, per non parlare della relazione fisiologica che esiste fra le realtà e la vita concreta delle persone e fra queste realtà e lo scenario internazionale.
La diplomazia pontificia ci porta a riflettere sulla nozione di sovranità partendo dalle sue origini morali e culturali, che appartengono ai popoli e alle nazioni e che affondano le proprie radici nella loro identità più profonda, nella storia che hanno vissuto e che ne ha fatto qualcosa di unico e di specifico.

Esistono "diritti delle nazioni" fondati sulla cultura omogenea dei popoli, "diritti della famiglia umana", in quanto l'umanità delle persone non conosce frontiere, e un "diritto degli Stati" alla loro integrità e sovranità. La Chiesa proclama che le relazioni internazionali devono cercare nel dialogo le risposte adeguate alla convivenza di questi tre livelli di diritto.

L'azione della Santa Sede crea un clima di maggiore fiducia fra i soggetti dello scenario internazionale, il che rende possibile affermare una nuova filosofia delle relazioni internazionali in cui si può prospettare una graduale diminuzione dello spazio militare, un disarmo efficiente, il rispetto delle culture e delle tradizioni religiose e una solidarietà con i paesi poveri, aiutandoli a essere artefici del proprio sviluppo.

Non si può considerare la collaborazione con gli Stati e le organizzazioni internazionali in termini di inclusione-esclusione, vale a dire che con alcuni si può collaborare e con altri è assolutamente impossibile. Il principio della Santa Sede è quello del discernimento. L'azione della Chiesa non ha come fine lo scontro con gli interlocutori, bensì quello di favorire la loro autentica crescita, essendo questa la ragione che motiva e il criterio che ispira gli interventi, sia quelli di denuncia sia quelli di biasimo.

Attraverso la sua presenza nei forum internazionali la Santa Sede, con la sua secolare diplomazia, compie grandi sforzi a favore della dignità umana, della pace e del bene comune universale:  è questo il significato ultimo del suo statuto internazionale.

Nelle Nazioni Unite la Santa Sede non è un potere temporale con una visione politica, ma un'autorità morale, giuridicamente un "osservatore", consapevole di possedere solamente il diritto di parola, per cui si può dire che la sua funzione è esclusivamente profetica.

Per la diplomazia pontificia, in seno alle Nazioni Unite, tutte le nazioni sono uguali, ovvero non sono né piccole né grandi. Tutte hanno una stessa dignità, con il diritto di salvaguardare e di difendere la propria indipendenza e identità culturale, e di seguire le proprie aspirazioni autonome.
Pertanto, per comprendere le relazioni con la comunità internazionale, in particolare per spiegare la partecipazione della Santa Sede all'Organizzazione delle Nazioni Unite, è fondamentale insistere su un punto sottolineato dal Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est:  la giustizia costituisce il punto d'incontro fra la fede e la politica.

Ne consegue che la Chiesa ha l'obbligo di offrire una formazione specifica, a partire da una purificazione della ragione e da una formazione etica, affinché una società giusta sia l'opera di una corretta politica e perché nelle relazioni internazionali le Nazioni Unite siano, con le parole di Giovanni Paolo ii, "il centro morale, nel quale tutte le nazioni del mondo si possano sentire a casa".


(©L'Osservatore Romano - 6 maggio 2010)
Caterina63
00sabato 15 maggio 2010 00:27
CW: Il Vaticano ribadisce continuamente che la Chiesa cattolica non persegue politiche di parte. Tuttavia, i leader della Chiesa – specialmente il Papa – intervengono frequentemente su temi caldi come l'aborto o i matrimoni gay. Per le Cronache Vaticane di questa settimana daremo uno sguardo a come il Vaticano lavora insieme ai governi di tutto il mondo. Sono Cindy Wooden, corrispondente da Roma del Catholic News Service.

CG: E io sono Carol Glatz. Il Vaticano intrattiene relazioni diplomatiche con più di 175 paesi, e scambia ambasciatori con ognuno di essi. Questa settimana 21 diplomatici dell'America Latina sono giunti a Roma per un corso di due settimane finalizzato a conoscere la politica internazionale del Vaticano e il ruolo della Chiesa sullo scenario mondiale. Il cardinale Jean-Louis Tauran, l'ex “ministro degli esteri” del Vaticano, ha tenuto il discorso inaugurale ed ha affermato che, pur non esistendo alcuna “politica cattolica”, la Chiesa interviene su questioni politiche e sociali per difendere il bene di ciascun essere umano.

CW: Il cardinale ha richiamato un punto su cui Benedetto XVI insiste spesso: la Chiesa cattolica non ha una piattaforma politica e non deve seguire nessuno schieramento politico. Tuttavia ha l'obbligo di aiutare gli uomini e le donne che hanno bisogno di libertà – inclusa la libertà religiosa – sicurezza, cibo, una casa, la cura sanitaria e, in modo speciale, il rispetto per la dignità umana in qualsiasi fase della vita. In sostanza, il Papa afferma che la Chiesa offre principi per aiutare le nazioni e gli individui a vivere meglio.

CG: Il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga ha detto agli allievi in carriera diplomatica che il coinvolgimento della Chiesa in politica è un "tabù" in America Latina, perché in passato la Chiesa è stata considerata parte della struttura di potere coloniale. Ma per vivere il messaggio cristiano, ha aggiunto, la Chiesa deve lottare contro la povertà e la disuguaglianza e promuovere la giustizia sociale. Il porporato ha sottolineato inoltre che tutti gli ambiti della vita umana dovrebbero essere trasformati dal Vangelo, inclusi l'economia, la giustizia, le aziende e la stessa politica.

CW: Questo è il quarto anno che si tiene il Corso per diplomatici. E oltre alle conferenze che si tengono alla Pontificia Università Gregoriana, la maggiore attrazione del Corso è rappresentata dal fatto che il Vaticano apre le sue porte agli studenti. I diplomatici hanno infatti la possibilità di dare una sbirciata ai meccanismi interni della Santa Sede poiché tascorrono una mattina intera alla Segreteria di Stato vaticana, incontrandosi con gli esperti della politica estera del Papa e visitando le sale e i corridoi affrescati normalmente chiusi al pubblico.

Hanno anche la possibilità di conoscere i loro futuri interlocutori vaticani alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, dove i sacerdoti studiano per diventare diplomatici a vita. I futuri nunzi apostolici – così sono chiamati gli …

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Caterina63
00giovedì 20 maggio 2010 18:58
l discorso di Benedetto XVI al primo ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede

La libertà di culto alla base dell'armonia sociale



Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di giovedì 20 maggio, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza la signora Hissa Abdulla Ahmed Al-Otaiba, primo ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede, la quale ha presentato le Lettere con cui viene accreditata nell'alto ufficio. L'ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori. Al ripiano degli ascensori, era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari. Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove il diplomatico veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata. Dopo la presentazione $\delle Credenziali da parte dell'ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Dopo l'udienza, nella Sala Clementina il diplomatico prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Al termine del colloquio l'ambasciatore discendeva nel Cortile di San Damaso, dove si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza. Questo è il testo del discorso del Papa.

Your Excellency,
I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the United Arab Emirates. On this notable occasion, I would ask you to convey my greetings to His Highness Sheikh Khalifa Bin Zayed Al Nahayan. Kindly assure him of my gratitude for the good wishes which you have just expressed on his behalf, and of my prayers for his well-being and that of all the people of the Emirates.
As diplomatic relations between the Holy See and the United Arab Emirates have only recently been established, your presence here today as your country's first Ambassador to the Holy See is a particularly auspicious event. During a joint ceremony with other Ambassadors on 15 April 2008, the President of the United Arab Emirates noted that the Papal Representative "exercises a particular mission, which is above all for the preservation of faith in God and the promotion of intercultural and interreligious dialogue". Faith in the Almighty cannot but lead to love for one's neighbour for, as I wrote recently, "love - caritas - is an extraordinary force which leads people to opt for courageous and generous engagement in the field of justice and peace" (Caritas in Veritate, 1).
Love of God and respect for the dignity of one's neighbour motivates the Holy See's diplomacy and shapes the Catholic Church's mission of service to the international community. The Church's action in the field of diplomatic relations promotes peace, human rights and integral development, and thus strives for the authentic progress of all, without regard for race, colour or creed. Indeed, it is towards men and women, understood as unique in their God-given nature, that all politics, culture, technology and development are directed. To reduce the aims of these human endeavours merely to profit or expediency would be to risk missing the centrality of the human person in his or her integrity as the primary good to be safeguarded and valued, for man is the source, the focus and the aim of all economic and social life (cf. Caritas in Veritate, 25). Thus, the Holy See and the Catholic Church take care to highlight the dignity of man in order to maintain a clear and authentic vision of humanity on the international stage and in order to muster new energy in the service of what is best for the development of peoples and nations.
Your Excellency, the United Arab Emirates, notwithstanding difficulties, have experienced notable economic growth in recent years. In this context, your country has welcomed many hundreds of thousands of foreigners coming to seek work and a more secure financial future for themselves and for their families. They enrich the State not only by their labour but by their very presence, which is an opportunity for a fruitful and positive encounter between the world's great religions, cultures and peoples. The openness of the United Arab Emirates towards those foreign workers requires constant efforts to strengthen the conditions necessary for peaceful coexistence and social progress, and is to be commended. I would like to note here with satisfaction that there are several Catholic churches built on lands donated by the public authorities. It is the Holy See's earnest wish that this cooperation may continue and indeed flourish, according to the growing pastoral necessities of the Catholic population living there. Freedom of worship contributes significantly to the common good and brings social harmony to all those societies where it is practised. I assure you of the desire of the Catholic Christians present in your country to contribute to the well-being of your society, to live God-fearing lives and to respect the dignity of all peoples and religions.
Madam Ambassador, in offering you my best wishes for the success of your mission, I assure you that the various departments of the Roman Curia are ready to provide help and support to you in the fulfilment of your duties. It is the sincere desire of the Holy See to strengthen the relations now happily established between it and the United Arab Emirates. Upon Your Excellency, your family and all the people of the Emirates, I cordially invoke abundant divine blessings.

Questa la traduzione del discorso del Papa all'ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti.

Eccellenza,
sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario degli Emirati Arabi Uniti. In questa importante occasione, le chiedo di trasmettere i miei saluti a Sua Altezza lo Sceicco Califfo Bin Zayed Nahayan. La prego di assicurarlo della mia gratitudine per i buoni auspici che lei, signora Ambasciatore, mi ha appena espresso a suo nome e delle mie preghiere per il suo benessere e per quello di tutto il popolo degli Emirati.

Poiché le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e gli Emirati Arabi Uniti sono state instaurate soltanto di recente, la sua presenza qui, oggi, quale primo Ambasciatore del suo Paese presso la Santa Sede è un evento particolarmente propizio.

Il 15 aprile 2008, durante una cerimonia congiunta con altri Ambasciatori, il Presidente degli Emirati Arabi Uniti ha osservato che il rappresentante pontificio "esercita una missione particolare, che è soprattutto volta alla tutela della fede in Dio e alla promozione del dialogo interculturale e interreligioso". La Fede in Dio Onnipotente non può non condurre all'amore per il proprio prossimo, come ho scritto di recente "l'amore, caritas, è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace" (Caritas in veritate, n. 1).

L'amore di Dio e il rispetto per la dignità del proprio prossimo motiva la diplomazia della Santa Sede e plasma la missione della Chiesa cattolica al servizio della comunità internazionale.

L'azione della Chiesa nel campo delle relazioni diplomatiche promuove pace, diritti umani e sviluppo integrale e quindi si adopera per il progresso autentico di tutti, indipendentemente dalla razza, dal colore o dal credo. Infatti, tutta la politica, la cultura, la tecnologia e lo sviluppo si rivolgono a uomini e donne, intesi come unici nella loro natura donata da Dio. Ridurre gli obiettivi di questi sforzi umani al solo profitto o alla mera convenienza significherebbe rischiare di perdere la centralità della persona umana nella sua integrità come bene primario da tutelare e stimare, perché l'uomo è la fonte, il centro e lo scopo di tutta la vita economica e sociale (cfr. Caritas in veritate, n. 25). Quindi, la Santa Sede e la Chiesa cattolica si preoccupano di evidenziare la dignità dell'uomo per mantenere una visione chiara e autentica dell'umanità a livello internazionale e per raccogliere nuova energia al servizio di ciò che è meglio per lo sviluppo di popoli e nazioni.

Eccellenza, gli Emirati Arabi Uniti, nonostante le difficoltà, hanno sperimentato una notevole crescita economica negli ultimi anni. In questo contesto, il suo Paese ha accolto molte centinaia di migliaia di stranieri giunti in cerca di lavoro e di un futuro economico più sicuro per se stessi e per le loro famiglie. Queste persone arricchiscono lo Stato non solo con il loro lavoro, ma anche con la loro stessa presenza, che è un'opportunità per un incontro fecondo e positivo fra le grandi religioni, culture e popolazioni del mondo.
 
L'apertura degli Emirati Arabi Uniti a questi lavoratori stranieri richiede sforzi costanti per rafforzare le condizioni necessarie a una coesistenza pacifica e al progresso sociale, e deve essere lodata. Desidero osservare qui, con soddisfazione, che esistono diverse chiese cattoliche edificate su terreni donati dalle autorità pubbliche. La Santa Sede desidera con fervore che questa cooperazione prosegua e, di fatto, prosperi, secondo le crescenti necessità pastorali della popolazione cattolica che vive lì.
La libertà di culto contribuisce in modo significativo al bene comune e reca armonia sociale a tutte quelle società nelle quali è praticata. La assicuro del desiderio dei cristiani cattolici nel suo Paese di contribuire al benessere della sua società, di condurre esistenze devote a Dio e di rispettare la dignità di tutte le popolazioni e religioni.

Signora Ambasciatore, nell'offrirle i miei migliori auspici per il successo della sua missione, la assicuro del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana sono pronti a prestarle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. La Santa Sede desidera sinceramente rafforzare le relazioni ora felicemente instaurate con gli Emirati Arabi Uniti. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo degli Emirati, invoco di cuore abbondanti benedizioni divine.




Benedetto XVI al nuovo ambasciatore di Mongolia presso la Santa Sede

Religione e cultura per la cooperazione tra i popoli



Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di giovedì 20 maggio, alle ore 11.15, in solenne udienza, Sua Eccellenza il signor Lnvsantseren Orgil, nuovo ambasciatore di Mongolia presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con cui viene accreditato nell'alto ufficio. L'ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 11 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori. Al ripiano degli ascensori, era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari. Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove l'ambasciatore veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata. Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Dopo l'udienza, nella Sala Clementina il diplomatico prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Al termine del colloquio l'ambasciatore discendeva nel Cortile di San Damaso, dove si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza. Questo è il testo del discorso del Papa.

Your Excellency,
I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of Mongolia to the Holy See. I am most grateful for the greetings which you have brought from President Tsakhia Elbegdorj, and I ask you to convey to him my own prayerful good wishes for him and for all your fellow-citizens. As your nation celebrates the twentieth anniversary of its passage to democracy, I express my confidence that the great progress made in these years will continue to bear fruit in the consolidation of a social order which promotes the common good of your citizens, while furthering their legitimate aspirations for the future.
I also take this occasion, Mr Ambassador, to express my solidarity and concern for the many individuals and families who suffered as a result of the harsh winter and the effects of last year's torrential rains and flooding. As you have rightly observed, environmental issues, particularly those related to climate change, are global issues and need to be addressed on a global level.
As Your Excellency has noted, the establishment of diplomatic relations between Mongolia and the Holy See, which took place after the great social and political changes of two decades ago, are a sign of your nation's commitment to an enriching interchange within the wider international community. Religion and culture, as interrelated expressions of the deepest spiritual aspirations of our common humanity, naturally serve as incentives for dialogue and cooperation between peoples in the service of peace and genuine development. Authentic human development, in effect, needs to take into consideration every dimension of the person, and thus aspire to those higher goods which respect man's spiritual nature and ultimate destiny (cf. Caritas in Veritate, 11). For this reason, I wish to express my appreciation for the constant support of the Government in ensuring religious liberty. The establishment of a commission, charged with the fair application of law and with protecting the rights of conscience and free exercise of religion, stands as a recognition of the importance of religious groups within the social fabric and their potential for promoting a future of harmony and prosperity.
Mr Ambassador, I take this occasion to assure you of the desire of Mongolia's Catholic citizens to contribute to the common good by sharing fully in the life of the nation. The Church's primary mission is to preach the Gospel of Jesus Christ. In fidelity to the liberating message of the Gospel, she seeks also to contribute to the advancement of the entire community. It is this that inspires the efforts of the Catholic community to cooperate with the Government and with people of good will by working to overcome all kinds of social problems. The Church is also concerned to play her proper part in the work of intellectual and human formation, above all by educating the young in the values of respect, solidarity and concern for the less fortunate. In this way, she strives to serve her Lord by showing charitable concern for the needy and for the good of the whole human family.
Mr Ambassador, I offer you my prayerful good wishes for your mission, and I assure you of the readiness of the offices of the Holy See to assist you in the fulfillment of your high responsibilities. I am confident that your representation will help to strengthen the good relations existing between the Holy See and Mongolia. Upon you and your family, and upon all the people of your nation, I cordially invoke abundant divine blessings.


Questa la traduzione del discorso di Benedetto XVI all'ambasciatore della Mongolia.

Eccellenza,
sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Mongolia presso la Santa Sede. Sono molto grato per i saluti che mi ha trasmesso da parte del Presidente Tsakhia Elbegdorj, e le chiedo di portargli i miei ferventi buoni auspici per lui e per tutti i vostri concittadini. Mentre la sua nazione celebra il ventesimo anniversario del suo passaggio alla democrazia, esprimo fiducia nel fatto che i grandi progressi compiuti in questi anni continuino a recare frutti nel consolidamento di un ordine sociale che promuova il bene comune dei cittadini, favorendo le loro legittime aspirazioni per il futuro.
 
Signor Ambasciatore, colgo questa occasione anche per esprimere la mia solidarietà e la mia sollecitudine per gli individui e le famiglie numerosi che, lo scorso anno, hanno sofferto a causa dell'inverno rigido e degli effetti delle piogge torrenziali e delle inondazioni. Come ha giustamente osservato, le questioni ambientali, in particolare quelle legate al cambiamento climatico, sono globali e devono essere affrontate a livello globale.

Come ha osservato, Eccellenza, l'instaurazione di relazioni diplomatiche fra la Mongolia e la Santa Sede, che ha avuto luogo dopo i grandi cambiamenti politici e sociali di due decenni fa, è un segno dell'impegno della sua nazione per un interscambio fecondo nell'ambito della più ampia comunità internazionale. La religione e la cultura, in quanto espressioni interrelate delle più profonde aspirazioni spirituali della nostra comune umanità, servono naturalmente come incentivi al dialogo e alla cooperazione fra i popoli al servizio della pace e dello sviluppo autentico.

Lo sviluppo umano autentico, in effetti, deve prendere in considerazione ogni dimensione della persona e quindi aspirare a quei beni superiori che rispettano la natura spirituale dell'uomo e il suo destino ultimo (cfr. Caritas in veritate, n. 11). Per questo motivo, desidero esprimere apprezzamento per il sostegno costante del Governo nel garantire la libertà religiosa. La creazione di una commissione incaricata della corretta applicazione del diritto e della tutela dei diritti di coscienza e di libero esercizio della religione, è un riconoscimento dell'importanza dei gruppi religiosi nel tessuto sociale e del loro potenziale per la promozione di un futuro di armonia e di prosperità.

Signor Ambasciatore, colgo questa occasione per assicurarla del desiderio dei cittadini cattolici della Mongolia di contribuire al bene comune partecipando pienamente alla vita della nazione. La principale missione della Chiesa è di predicare il Vangelo di Gesù Cristo. In fedeltà al messaggio liberatorio del Vangelo, essa cerca anche di contribuire al progresso di tutta la comunità. È questo che ispira gli sforzi della comunità cattolica a cooperare con il Governo e con le persone di buona volontà, operando per superare tutti i tipi di problemi sociali. La Chiesa è anche interessata a svolgere il proprio ruolo nell'opera di formazione intellettuale e umana, soprattutto educando i giovani ai valori del rispetto, della solidarietà e della sollecitudine per i meno fortunati. In questo modo, essa lotta per servire il suo Signore, mostrando sollecitudine caritatevole per i bisognosi e per il bene di tutta la famiglia umana.

Signor Ambasciatore, offro i miei buoni auspici ferventi per la sua missione e la assicuro della disponibilità degli uffici della Santa Sede ad assisterla nel compimento della sue alte responsabilità. Ho fiducia nel fatto che la sua rappresentanza contribuirà a rafforzare le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e la Mongolia. Su di Lei e sulla sua famiglia, su tutte le persone della sua nazione, invoco di cuore abbondanti benedizioni divine.






(©L'Osservatore Romano - 21 maggio 2010)
Caterina63
00sabato 22 maggio 2010 13:47
UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DELLA EX-REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA, IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI IN ONORE DEI SANTI CIRILLO E METODIO, 22.05.2010

Alle ore 11.30 di questa mattina, il Santo Padre riceve in Udienza S.E. il Sig. Trjako Veljanoski, Presidente del Parlamento della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, con una Delegazione, in occasione delle celebrazioni in onore dei Santi Cirillo e Metodio.

Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa rivolge ai presenti:

SALUTO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente del Parlamento,
Onorevoli Membri del Governo e distinte Autorità,
Venerati Fratelli della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica
!

Sono lieto di accogliervi e di esprimere al Signore, datore di ogni grazia, la gioia e la riconoscenza per questo momento che ci vede uniti nell’invocarLo per intercessione dei santi Cirillo e Metodio, celesti patroni del vostro popolo e dell’intera Europa, nell’annuale pellegrinaggio che realizzate a Roma per venerare le reliquie di san Cirillo.

Il mio amato predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Slavorum Apostoli, volle ricordare a tutti che, grazie all’insegnamento e ai frutti del Concilio Vaticano II, noi oggi possiamo guardare in modo nuovo l’opera dei due Santi Fratelli di Tessalonica, "dai quali ci separano ormai undici secoli, e leggere, altresì, nella loro vita e attività apostolica i contenuti che la sapiente Provvidenza divina vi inscrisse, affinché si svelassero in una nuova pienezza nella nostra epoca e portassero nuovi frutti" (n. 3). Davvero abbondanti furono, al loro tempo, i frutti dell’evangelizzazione di Cirillo e Metodio. Essi conobbero sofferenze, privazioni e ostilità, ma sopportarono tutto con incrollabile fede ed invincibile speranza in Dio. Fu con questa forza che si spesero per i popoli loro affidati, custodendo i testi della Scrittura, indispensabili alla celebrazione della sacra Liturgia, tradotti da loro in lingua paleoslava, scritti in un nuovo alfabeto e successivamente approvati dall’autorità della Chiesa.

Nelle prove e nelle gioie, essi si sentirono sempre accompagnati da Dio e sperimentarono quotidianamente il suo amore e quello dei fratelli.

Anche noi sempre più comprendiamo che quando ci sentiamo amati dal Signore e sappiamo corrispondere a questo amore, siamo avvolti e guidati dalla sua grazia in ogni nostra attività e in ogni nostra azione. Secondo l’effusione dei molteplici doni dello Spirito Santo, quanto più sappiamo amare e ci doniamo agli altri, tanto più lo stesso Spirito può venire in aiuto alla nostra debolezza, indicandoci vie nuove per il nostro agire.
Secondo la tradizione, Metodio rimase fino alla fine fedele alle parole che il fratello Cirillo gli aveva detto prima di morire: "Ecco, fratello, condividevamo la stessa sorte, premendo l’aratro sullo stesso solco; io ora cado sul campo al concludersi della mia giornata. Tu… non abbandonare la tua azione di insegnamento…" (ibid., n. 6). Cari fratelli e sorelle, insieme poniamo mano all’aratro e continuiamo a lavorare sullo stesso solco che Dio nella sua provvidenza ha indicato ai santi Cirillo e Metodio. Il Signore benedica il vostro lavoro al servizio del bene comune e dell’intera vostra Nazione, ed effonda con abbondanza su di essa i doni del suo Spirito di unità e di pace.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DELLA BULGARIA NELLA MEMORIA DEI SANTI CIRILLO E METODIO, 22.05.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza S.E. il Sig. Boïko Borissov, Primo Ministro della Repubblica di Bulgaria, con una Delegazione, in occasione della memoria liturgica dei Santi Cirillo e Metodio.
Riportiamo di seguito il saluto che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’Udienza:


SALUTO DEL SANTO PADRE

Signor Primo Ministro,
Onorevoli Membri del Governo e distinte Autorità,
Venerati Fratelli della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica
!

Sono lieto di poter porgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, onorevoli Membri della Delegazione Ufficiale, venuti a Roma nella felice circostanza della memoria liturgica dei Santi Cirillo e Metodio. La vostra presenza, che testimonia le radici cristiane del Popolo bulgaro, offre l’occasione propizia per confermare la mia stima verso codesta cara Nazione e ci permette di rinsaldare la nostra amicizia, avvalorata dalla devozione per i due santi Fratelli di Tessalonica.

Attraverso un’infaticabile opera di evangelizzazione, attuata con vero ardore apostolico, i santi Cirillo e Metodio hanno provvidenzialmente radicato il cristianesimo nell’animo del Popolo bulgaro, così che esso è ancorato a quei valori evangelici, che sempre rafforzano l’identità e arricchiscono la cultura di una nazione. Il Vangelo, infatti, non indebolisce quanto di autentico si trova nelle diverse tradizioni culturali; al contrario, proprio perché la fede in Gesù ci mostra lo splendore della Verità, essa dà all’uomo la capacità di riconoscere il vero bene e lo aiuta a realizzarlo nella propria vita e nel contesto sociale. Perciò, a ragione si può sostenere che i santi Cirillo e Metodio hanno significativamente contribuito a modellare l’umanità e la fisionomia spirituale del Popolo bulgaro, inserendolo nella comune tradizione culturale cristiana.

Nel cammino di piena integrazione con le altre Nazioni europee, la Bulgaria è dunque chiamata a promuovere e testimoniare quelle radici cristiane che discendono dagli insegnamenti dei santi Cirillo e Metodio, ancor oggi quanto mai attuali e necessari; è chiamata, cioè, a mantenersi fedele e custodire il prezioso patrimonio che unisce tra loro quanti, sia Ortodossi che Cattolici, professano la stessa fede degli Apostoli e sono uniti dal comune Battesimo. Come Cristiani, abbiamo il dovere di conservare e rinsaldare l’intrinseco legame che esiste tra il Vangelo e le nostre rispettive identità culturali; come discepoli del Signore, nel reciproco rispetto delle diverse tradizioni ecclesiali, siamo chiamati alla comune testimonianza della nostra fede in Gesù, nel nome del quale otteniamo la salvezza.

Auspico di cuore che questo nostro incontro possa essere per voi tutti, qui presenti, e per le realtà ecclesiali e civili che rappresentate, motivo di sempre più intensi rapporti fraterni e solidali. Con questi sentimenti, incoraggio il Popolo bulgaro a perseverare nel proposito di edificare una società fondata sulla giustizia e sulla pace; per questo assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza spirituale. Rinnovo a Lei, Signor Primo Ministro, e a ciascuno di voi, il mio benedicente saluto, con il quale intendo anche raggiungere tutti i cittadini del vostro amato Paese.
Caterina63
00venerdì 28 maggio 2010 23:14
Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Benin presso la Santa Sede

Fratellanza e giustizia
per l'equilibrio sociale


Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di venerdì 28 maggio, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza il Signor Comlanvi Théodore Loko, nuovo ambasciatore del Benin presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. L'ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori. Al ripiano degli ascensori, era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari.

Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove l'ambasciatore veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata. Dopo la presentazione delle Credenziali da parte del diplomatico avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Dopo l'udienza, nella Sala Clementina l'ambasciatore prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Al termine del colloquio il diplomatico discendeva nella basilica Vaticana:  ricevuto da una delegazione del Capitolo, si recava dapprima nella Cappella del Santissimo Sacramento per un breve atto di adorazione; passava poi a venerare l'immagine della Beatissima Vergine e, quindi, la tomba di San Pietro. Quindi prendeva congedo dalla delegazione del Capitolo e alla Porta della Preghiera, prima di lasciare la basilica, si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza. Questo è il testo del discorso del Papa.


Monsieur l'Ambassadeur,
c'est avec plaisir que je vous accueille au début de votre mission près le Saint-Siège et je vous remercie pour les paroles courtoises que vous venez de m'adresser. Je vous saurais gré en retour de bien vouloir transmettre à Son Excellence Monsieur Thomas Boni Yayi, dont je n'oublie pas la visite, les voeux que je forme pour sa personne et pour l'accomplissement de sa haute mission au service du peuple béninois. Vous le remercierez aussi d'avoir voulu que le Bénin ait un Ambassadeur près le Saint-Siège résidant à Rome. J'apprécie ce geste qui souligne l'excellence des relations qui existent entre la République du Bénin et le Saint-Siège et la grande considération que porte le peuple béninois à l'Eglise catholique. Mes voeux vont également au Gouvernement et aux autres Autorités de votre pays et à tous les Béninois.
Dans votre discours, vous venez d'évoquer le regretté Cardinal Bernardin Gantin. Décédé il y a deux ans déjà, cet homme d'Eglise remarquable n'a pas été uniquement un noble fils de votre nation, mais également un authentique constructeur de ponts entre les cultures et les continents. Je suis certain que sa figure sera un exemple pour de nombreux Béninois, en particulier pour les plus jeunes. Son ministère ecclésial, quant à lui, stimulera les hommes et les femmes d'Eglise à accomplir un service généreux et toujours plus compétent pour le plus grand bien de votre cher pays, qui fêtera l'an prochain le 150 anniversaire de son évangélisation.
Il y a vingt ans, en février 1990, s'est réunie la Conférence des Forces vives de la Nation. Cet événement majeur - qui n'était pas uniquement politique, mais témoignait également de la relation intime entre la foi et son expression dans la vie publique du Bénin - a déterminé votre avenir et continue d'inspirer votre présent. Je demande à Dieu de bénir les efforts de tous ceux qui travaillent à l'édification d'une société érigée sur la justice et la paix, dans la reconnaissance des droits de toutes les composantes de la nation. La réalisation d'un tel idéal nécessite l'union fraternelle, l'amour de la justice et la valorisation du travail.
Protagonistes de leur propre destin, les Béninois sont invités à promouvoir une authentique fraternité. Celle-ci est une condition primordiale pour la paix sociale et un facteur de promotion humaine intégrale. Elle est une perle précieuse qu'il faut savoir conserver et cultiver en bannissant les divisions qui peuvent porter atteinte à l'unité de la nation et à l'harmonie au sein même des familles. Face à de telles déstabilisations possibles, les valeurs puisées dans votre patrimoine culturel seront une aide précieuse pour affermir leur identité et leur vocation propre. Parmi ces valeurs, je voudrais souligner particulièrement le respect du caractère sacré de la vie, dont il est nécessaire de tirer les conséquences face à tout ce qui y porte atteinte, notamment dans le cadre des législations. Expression concrète de l'égale dignité de tous les citoyens, la fraternité est un principe fondamental et une vertu basilaire pour réaliser une société authentiquement épanouie, car elle permet de valoriser toutes les potentialités humaines et spirituelles. La fraternité doit aussi conduire à la recherche de la justice dont l'absence est toujours cause de tensions sociales et entraîne de nombreuses conséquences néfastes. "La paix est en danger quand l'homme se voit nier ce qui lui est dû en tant qu'homme, quand sa dignité n'est pas respectée et quand la coexistence n'est pas orientée vers le bien commun" (Compendium de la Doctrine sociale de l'Eglise, n. 494).
La recherche de l'intérêt personnel au détriment du bien commun sont un mal qui ronge lentement les institutions publiques, freinant ainsi le développement intégral de l'être humain. Les acteurs politiques, économiques et sociaux d'une nation sont comme sa "conscience vigilante" qui garantit la transparence dans ses structures et l'éthique qui anime la vie de toute société. Ils doivent être justes. La justice accompagne toujours la fraternité. Elle constitue un facteur d'efficacité et d'équilibre social permettant aux Béninois de participer aux ressources humaines et naturelles, de vivre dignement et d'assurer l'avenir de leurs enfants.
Dans le développement d'une société, le travail tient une place de premier ordre. En effet, il est co-existentiel à la condition humaine (cf. idem, n. 256), car l'être humain se réalise pleinement par son travail. L'amour du travail l'ennoblit et crée une vraie symbiose entre les personnes, ainsi qu'entre l'être humain et les autres éléments de la création. En mettant en valeur le travail, l'homme peut pourvoir à ses besoins vitaux et peut contribuer à la construction d'une société prospère, juste et fraternelle. La devise du Bénin, Fraternité - Justice - Travail, est donc comme un véritable compendium de la charte d'une nation aux idéaux hautement humains. Leur mise en oeuvre contribue aussi à élargir la solidarité aux autres nations. A cet égard, je désire adresser mes remerciements à tous les Béninois pour la fraternité active qu'ils ont démontrée pour le peuple haïtien lors du récent tremblement de terre.
Je désire saluer chaleureusement, par votre intermédiaire, la communauté catholique du Bénin et ses pasteurs. Je les encourage à être toujours davantage les témoins authentiques de la foi et de l'amour fraternel que le Christ nous enseigne. Je voudrais saluer aussi les efforts de tous, particulièrement des Autorités, pour consolider les relations de respect et d'estime réciproques entre les confessions religieuses de votre pays. La liberté religieuse ne peut que contribuer à enrichir la démocratie et à favoriser le développement.
Au moment où débute votre mission de premier Chef de Mission béninois, résidant à Rome, accrédité près le Saint-Siège, je vous offre, Monsieur l'Ambassadeur, mes voeux les meilleurs, vous assurant de la pleine disponibilité de mes collaborateurs pour vous apporter toute l'aide dont vous pourrez avoir besoin en vous acquittant de votre fonction. Je demande à Dieu de soutenir le peuple béninois et, bien volontiers, je vous accorde la Bénédiction apostolique, ainsi qu'à vos collaborateurs et à vos proches.

Questa la traduzione del discorso del Papa all'ambasciatore.

Signor Ambasciatore,

È con piacere che la ricevo all'inizio della sua missione presso la Santa Sede e la ringrazio per le cortesi parole che mi ha appena rivolto. Le sarei grato se potesse trasmettere in cambio a Sua Eccellenza il Signor Thomas Boni Yayi, la cui visita non dimentico, i voti che formulo per la sua persona e per il compimento della sua alta missione al servizio del popolo del Benin. Lo ringrazi anche per aver voluto che il Benin avesse un Ambasciatore presso la Santa Sede residente a Roma. Apprezzo questo gesto che sottolinea le eccellenti relazioni che esistono fra la Repubblica del Benin e la Santa Sede e la grande considerazione in cui il suo popolo tiene la Chiesa Cattolica. I miei voti vanno anche al Governo e alle altre Autorità del suo Paese e a tutti i suoi abitanti.

Nel suo discorso lei ha ricordato il compianto Cardinale Bernardin Gantin. Scomparso già da due anni, questo importante uomo di Chiesa non è stato solo un nobile figlio della sua nazione, ma anche un autentico costruttore di ponti fra le culture e fra i continenti. Sono certo che la sua figura sarà un esempio per molti abitanti del Benin, in particolare per i più giovani. Il suo ministero ecclesiale stimolerà gli uomini e le donne di Chiesa a svolgere un servizio generoso e sempre più competente per il bene più grande del suo amato Paese, che il prossimo anno festeggerà il centocinquentesimo anniversario della sua evangelizzazione.

Venti anni fa, nel febbraio 1990, si riuniva la Conferenza delle Forze vive della Nazione. Questo importante evento - che non era solo politico, ma che testimoniava anche la relazione intima fra la fede e la sua espressione nella vita pubblica del Benin - ha determinato il vostro futuro e continua a ispirare il vostro presente. Chiedo a Dio di benedire gli sforzi di tutti coloro che lavorano all'edificazione di una società fondata sulla giustizia e sulla pace, nel riconoscimento dei diritti di tutte le componenti della nazione. Per la realizzazione di un simile ideale occorrono unione fraterna, amore per la giustizia e valorizzazione del lavoro.

Protagonisti del loro destino, gli abitanti del Benin sono invitati a promuovere un'autentica fratellanza. Quest'ultima è una condizione fondamentale per la pace sociale e un fattore di promozione umana integrale. È una perla preziosa che bisogna saper conservare e coltivare bandendo le divisioni che possono costituire una minaccia per l'unità della nazione e per l'armonia all'interno stesso delle famiglie. Dinanzi a tali possibili fattori di destabilizzazione, i valori attinti dal vostro patrimonio culturale saranno un aiuto prezioso per affermare la loro identità e la loro vocazione. Fra questi valori, vorrei sottolineare in particolare il rispetto del carattere sacro della vita, di cui è necessario tener conto dinanzi a tutto ciò che lo minaccia, in particolare nell'ambito delle legislazioni.

Espressione concreta dell'uguale dignità di tutti i cittadini, la fratellanza è un principio fondamentale e una virtù basilare per costruire una società realmente sviluppata, poiché permette di valorizzare tutte le potenzialità umane e spirituali. La fratellanza deve anche condurre alla ricerca della giustizia, la cui assenza è sempre causa di tensioni sociali e comporta numerose conseguenze nefaste. "La pace è in pericolo quando all'uomo non è riconosciuto ciò che gli è dovuto in quanto uomo, quando non viene rispettata la sua dignità e quando la convivenza non è orientata verso il bene comune" (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 494).

La ricerca dell'interesse personale a detrimento del bene comune è un male che corrode lentamente le istituzioni, frenando così lo sviluppo integrale dell'essere umano. Gli attori politici, economici e sociali di una nazione sono la sua "coscienza che vigila", che garantisce la trasparenza nelle sue strutture e l'etica che anima la vita di ogni società. Essi devono essere giusti. La giustizia accompagna sempre la fratellanza. Costituisce un fattore di efficacia e di equilibrio sociale che permette agli abitanti del Benin di prendere parte alle risorse umane e naturali, di vivere degnamente e di assicurare il futuro dei propri figli.

Nello sviluppo di una società, il lavoro occupa un posto di prim'ordine. In effetti, è coesistenziale alla condizione umana (cfr. Ibidem, n. 256), poiché l'essere umano si realizza pienamente attraverso il lavoro. L'amore per il lavoro lo nobilita e crea una vera simbiosi fra le persone, come pure fra l'essere umano e gli altri elementi del creato. Valorizzando il lavoro, l'uomo può provvedere ai suoi bisogni vitali e può contribuire alla costruzione di una società prospera, giusta e fraterna. Il motto del Benin Fraternità - Giustizia - Lavoro, è dunque un vero compendio della carta di una nazione dagli alti ideali umani. La loro attuazione contribuisce anche ad estendere la solidarietà alle altre nazioni. A tale proposito, desidero porgere il mio ringraziamento a tutti gli abitanti del Benin per la fraternità attiva che hanno dimostrato per il popolo haitiano in occasione del recente terremoto.

Desidero salutare calorosamente, per mezzo di lei, la comunità cattolica del Benin e i suoi pastori. Li incoraggio a essere sempre più testimoni autentici della fede e dell'amore fraterno che Cristo ci insegna. Vorrei anche rendere omaggio agli sforzi di tutti, in particolare delle Autorità, per consolidare le relazioni di rispetto e di stima reciproche fra le confessioni religiose del vostro Paese. La libertà religiosa non può che contribuire ad arricchire la democrazia e a favorire lo sviluppo.
 
Nel momento in cui inizia la sua funzione di primo Capo Missione del Benin residente a Roma, accreditato presso la Santa Sede, formulo per lei, signor Ambasciatore, i miei voti migliori, assicurandola della piena disponibilità dei miei collaboratori a fornirle tutto l'aiuto di cui potrà aver bisogno nello svolgimento della sua funzione. Chiedo a Dio di sostenere il popolo del Benin e, di cuore, imparto la Benedizione Apostolica a lei, a suoi collaboratori e ai suoi familiari.


(©L'Osservatore Romano - 29 maggio 2010)
Caterina63
00lunedì 13 settembre 2010 21:57
Benedetto XVI al nuovo ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede

La Chiesa non può approvare
modelli alternativi di famiglia


Il Pontefice ricorda la testimonianza ecumenica di diversi sacerdoti martiri del regime nazista

Benedetto XVI ha ricevuto oggi, lunedì 13 settembre, alle ore 11, in solenne udienza nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, Sua Eccellenza il signor Walter Jürgen Schmid, nuovo Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. Rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, il diplomatico è giunto alle 10.45 al Cortile $\del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori.
Al ripiano degli ascensori l'Ambasciatore era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva al secondo piano, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari. Il corteo si dirigeva alla Sala degli Svizzeri, da dove l'Ambasciatore veniva accompagnato nella Sala dei Papi, dove veniva accolto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza di Benedetto XVI. Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'Ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Al termine dell'udienza l'Ambasciatore discendeva nel Cortile del Palazzo dove prendeva congedo dai dignitari che lo avevano accompagnato e si recava in Vaticano per l'incontro con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Questo è il testo del discorso del Papa.

Sehr geehrter Herr Botschafter,
sehr gerne nehme ich die feierliche Überreichung des Beglaubigungsschreibens, mit dem Sie heute als außerordentlicher und bevollmächtigter Botschafter der Bundesrepublik Deutschland beim Heiligen Stuhl akkreditiert werden, zum Anlaß, um Sie willkommen zu heißen und Ihnen meine besten Wünsche für Ihre hohe Mission auszusprechen. Einen herzlichen Dank sage ich Ihnen für die freundlichen Worte, die Sie auch im Namen des Herrn Bundespräsidenten Christian Wulff und der deutschen Bundesregierung an mich gerichtet haben. Gerne entbiete ich meinerseits dem Staatsoberhaupt, den Mitgliedern der Bundesregierung und allen Bürgerinnen und Bürgern Deutschlands meine Segensgrüße und verbinde damit die Hoffnung, daß die guten Beziehungen zwischen dem Heiligen Stuhl und der Bundesrepublik Deutschland in Zukunft fortdauern und sich weiter entwickeln werden.
Viele Christen in Deutschland blicken mit aufmerksamer Erwartung auf die bevorstehenden Seligsprechungen verschiedener Märtyrerpriester aus der Zeit des Naziregimes. An diesem Sonntag, dem 19. September, wird in Münster Gerhard Hirschfelder seliggesprochen. Im Laufe des nächsten Jahres werden die Feiern für Georg Häfner in Würzburg sowie für Johannes Prassek, Hermann Lange und Eduard Müller in Lübeck folgen. Mit den Lübecker Kaplänen wird auch des evangelischen Pastors Karl Friedrich Stellbrink gedacht werden. Die bezeugte Freundschaft der vier Geistlichen im Gefängnis ist ein eindrucksvolles Zeugnis der Ökumene des Gebets und des Leidens, wie sie vielerorts in jenen dunklen Tagen nationalsozialistischen Terrors unter Christen verschiedener Konfessionen aufgeblüht ist. Für unser gemeinsames Voranschreiten in der Ökumene dürfen wir diese Zeugen dankbar als leuchtende Wegmarken wahrnehmen.
An diesen Märtyrern wird exemplarisch deutlich, wie Menschen aus ihrer christlichen Überzeugung heraus für den Glauben, für das Recht der ungehinderten Religionsausübung und der freien Meinungsäußerung, für Frieden in Freiheit und für die Menschenwürde ihr Leben hinzugeben bereit sind. Heute leben wir glücklicherweise in einer freien und demokratischen Gesellschaft. Zugleich bemerken wir bei vielen Zeitgenossen eine weitaus geringere religiöse Bindung, als es bei diesen Glaubenszeugen der Fall war. Man mag sich fragen, ob es auch heute noch Christen gibt, die mit einer solchen Kompromißlosigkeit für ihren Glauben eintreten. Viele Menschen sind wohl eher geneigt, nachgiebigeren religiösen Auffassungen auch für sich selbst Raum zu geben. An die Stelle des personalen Gottes des Christentums, der sich in der Bibel offenbart, tritt ein geheimnisvolles und unbestimmtes Höchstes Wesen, das nur eine vage Beziehung zum persönlichen Leben des Menschen hat.
Diese Auffassungen prägen zunehmend den gesellschaftlichen Diskurs, die Rechtsprechung und die Gesetzgebung. Wenn man aber den Glauben an Gott als Person aufgibt, dann ist die Alternative ein "Gott", der nicht erkennt, nicht hört und nicht spricht. Und er hat erst recht keinen Willen. Wenn Gott keinen Willen hat, dann ist gut und böse letztlich nicht mehr zu unterscheiden. Gut und Böse stehen nicht mehr im Widerspruch zueinander, sondern sind nur ein Gegensatz, in dem beide Elemente komplementär sind. Den Menschen geht damit die moralische und geistige Kraft verloren, die für eine ganzheitliche personale Entwicklung notwendig ist. Das soziale Handeln wird mehr und mehr von privaten Interessen oder vom Machtkalkül bestimmt zum Schaden für die Gesellschaft. Wenn aber Gott Person ist - und die Schöpfungsordnung wie auch die Präsenz von vielen gläubigen Christen in der Gesellschaft ist ein Indiz dafür -, dann ist damit eine in Gott gegründete Werteordnung legitimiert. In jüngster Zeit gibt es Anzeichen, daß sich neue Beziehungen zwischen Staat und Religion jenseits der bisher bestimmenden großen christlichen Kirchen entwickeln. Den gläubigen Christen ist es in dieser Situation aufgetragen, diese Entwicklungen positiv und kritisch zu verfolgen und daher den Sinn zu schärfen für die fundamentale und bleibende Bedeutung des Christentums in der Grundlegung und Gestaltung unserer Kultur.
Mit Sorge sieht die Kirche allerdings die wachsende Verdrängung des christlichen Verständnisses von Ehe und Familie aus dem gesellschaftlichen Bewußtsein. Die Ehe entfaltet sich als dauerhafte Liebesverbindung eines Mannes und einer Frau, die immer auch auf die Weitergabe menschlichen Lebens ausgerichtet ist. Eine Voraussetzung ist dabei die Bereitschaft der Partner, sich für immer aufeinander einzulassen. Dafür bedarf es einer gewissen Reife der Persönlichkeit und einer existentiellen und sozialen Grundhaltung, der "Kultur der Person", wie es mein Vorgänger Papst Johannes Paul ii. einmal genannt hat. Das Bestehen dieser Kultur der Person hängt auch von gesellschaftlichen Entwicklungen ab. Es kann geschehen, daß die Kultur der Person in einer Gesellschaft absinkt; nicht selten folgt dies paradoxerweise aus einem Wachstum des Lebensstandards. In der Vorbereitung und Begleitung der Ehepartner ist es notwendig, Rahmenbedingungen zu schaffen, um die Kultur der Person anzuheben und zur Entfaltung zu bringen. Zugleich sollten wir uns bewußt sein, daß das Schicksal der Ehen von uns allen abhängt, von der Kultur der Person jedes einzelnen Mitbürgers. In diesem Sinne kann die Kirche den Gesetzesinitiativen, die eine Aufwertung von alternativen Partnerschafts- und Familienmodellen bedeuten, nicht zustimmen. Sie tragen zu einer Aufweichung naturrechtlicher Prinzipien und damit zur Relativierung der gesamten Gesetzgebung, aber auch zu einer Verschwommenheit der Wertvorstellungen in der Gesellschaft bei.
Es ist ein im Naturrecht verankerter Grundsatz des christlichen Glaubens, daß die menschliche Person gerade in der Situation der Schwäche zu schützen ist. Der Mensch hat immer Vorrang gegenüber anderen Zwecken. Die neuen Möglichkeiten von Biotechnologie und Medizin führen uns hier oft in komplexe Situationen, die einer Wanderung auf schmalem Grat gleichen. Wir haben die Pflicht, genau zu prüfen, wo solche Verfahren eine Hilfe für den Menschen sein können und wo es um Manipulation des Menschen, um eine Verletzung seiner Integrität und Würde geht. Wir können uns diesen Entwicklungen nicht verweigern, müssen aber sehr wachsam sein. Wenn man einmal damit beginnt, und oft geschieht dies schon im Mutterleib, zwischen lebenswertem und lebensunwertem Leben zu unterscheiden, wird keine andere Lebensphase ausgespart bleiben, gerade auch Alter und Krankheit nicht.
Der Aufbau einer menschlichen Gemeinschaft erfordert die Treue zur Wahrheit. In diesem Zusammenhang stimmen in jüngster Zeit gewisse Erscheinungen im Bereich der öffentlichen Medien bedenklich:  In einem immer härter werdenden Wettbewerb sehen sich die Medien gedrängt, möglichst viel Aufmerksamkeit zu erlangen. Zudem ist es der Kontrast, der in der Regel Aufsehen erregt, auch wenn dies auf Kosten des Wahrheitsgehalts der Meldung geht. Problematisch wird es besonders, wenn Verantwortungsträger öffentlich Stellung nehmen, ohne in der Lage zu sein, alle Aspekte adäquat zu prüfen. Das Bestreben der Bundesregierung ist zu begrüßen, in solchen Fällen nach Möglichkeit ausgleichend und Frieden stiftend zu wirken.
Herr Botschafter, meine guten Wünsche für Ihre Arbeit und für die Kontakte, die Sie mit den Vertretern der Römischen Kurie, mit dem Diplomatischen Corps und auch mit den in Rom lebenden Priestern, Ordensleuten und kirchlich engagierten Laien haben werden, begleiten Sie. Von Herzen erbitte ich Ihnen, Ihrer werten Gattin sowie den Mitarbeiterinnen und Mitarbeitern der Botschaft Gottes reichen Segen.

Questa la traduzione del discorso di Benedetto XVI all'ambasciatore della Repubblica Federale di Germania.

Signor Ambasciatore,
colgo molto volentieri l'occasione della solenne consegna delle Lettere Credenziali che L'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, per darLe il benvenuto e per esprimere i miei migliori auguri per la Sua alta missione. La ringrazio di cuore per le gentili parole che mi ha rivolto, anche a nome del Signor Presidente Federale Christian Wulff e del Governo Federale. Porgo volentieri il mio benedicente saluto al Capo dello Stato, ai membri del Governo e a tutti i cittadini della Germania, con la speranza che i buoni rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica Federale di Germania perdurino in futuro e possano ulteriormente svilupparsi.

Molti cristiani in Germania si volgono, pieni di attenzione, alle imminenti celebrazioni delle beatificazioni di diversi Sacerdoti martiri del tempo del regime nazista. Questa domenica, 19 settembre, verrà beatificato Gerhard Hirschfelder a Münster. Nel corso del prossimo anno seguiranno le cerimonie per Georg Häfner a Würzburg nonché per Johannes Prassek, Hermann Lange e Eduard Müller a Lübeck. Con i Cappellani di Lübeck si commemorerà anche il Pastore evangelico Karl Friedrich Stellbrink. L'attestata amicizia dei quattro ecclesiastici è una testimonianza impressionante dell'ecumenismo della preghiera e della sofferenza, fiorito in vari luoghi durante l'oscuro periodo del terrore nazista. Per il nostro comune cammino ecumenico possiamo vedere questi testimoni come luminose indicazioni.

Contemplando queste figure di martiri appare sempre più chiaro ed esemplare, come certi uomini, a partire dalla loro convinzione cristiana, siano disposti a dare la propria vita per la fede, per il diritto ad esercitare liberamente il proprio credo e per la libertà di parola, per la pace e la dignità umana. Oggi, per fortuna, viviamo in una società libera e democratica. Allo stesso tempo notiamo però, come presso molti nostri contemporanei, non vi sia un forte attaccamento alla religione, come nel caso di questi testimoni di fede. Ci si potrebbe domandare se vi siano ancora oggi dei cristiani che, senza compromessi, si fanno garanti della propria fede. Al contrario, molti uomini mostrano per lo più un'inclinazione verso concezioni religiose più permissive anche per se stessi. Al posto del Dio personale del cristianesimo, che si rivela nella Bibbia, subentra un essere supremo, misterioso e indeterminato, che ha solo una vaga relazione con la vita personale dell'essere umano.

Tali concezioni animano sempre di più la discussione all'interno della società, soprattutto circa l'ambito della giustizia e della legislazione. Se però uno abbandona la fede verso un Dio personale, sorge l'alternativa di un "dio" che non conosce, non sente e non parla. E, più che mai, non ha un volere. Se Dio non ha una propria volontà, il bene e il male alla fine non sono più distinguibili; il bene e il male non sono più in contraddizione fra di loro, ma sono in opposizione in cui l'uno sarebbe complementare all'altro. L'uomo perde così la sua forza morale e spirituale, necessaria per uno sviluppo complessivo della persona. L'agire sociale viene dominato sempre di più dall'interesse privato o dal calcolo del potere, a danno della società. Se invece Dio è una Persona - e l'ordine creaturale, come pure la presenza di tanti cristiani convinti nella società ne è un indizio - ne consegue che un ordine di valori è legittimato. Vi sono segnali, rintracciabili anche in tempi recenti, che attestano lo sviluppo di nuovi rapporti tra Stato e religione, anche al di là delle grandi Chiese cristiane finora determinanti. In tale situazione i cristiani hanno perciò il compito di seguire questo sviluppo in modo positivo e critico nonché di affinare i sensi per la fondamentale e permanente importanza del cristianesimo nel gettare le basi e formare le strutture della nostra cultura.

La Chiesa vede però, con preoccupazione, il crescente tentativo di eliminare il concetto cristiano di matrimonio e famiglia dalla coscienza della società.
Il matrimonio si manifesta come unione duratura d'amore tra un uomo e una donna, che è sempre tesa anche alla trasmissione della vita umana. Una sua condizione è la disposizione dei partner a rapportarsi l'uno con l'altro per sempre. Per questo è necessaria una certa maturità della persona e un fondamentale atteggiamento esistenziale e sociale:  una "cultura della persona" come ha detto una volta il mio predecessore Giovanni Paolo ii. L'esistenza di questa cultura della persona dipende anche da sviluppi sociali. Può verificarsi che in una società la cultura della persona si abbassi; non di rado questo deriva paradossalmente dalla crescita dello standard di vita. Nella preparazione e nell'accompagnamento dei coniugi occorre creare le condizioni di base per sollevare e sviluppare tale cultura. Contemporaneamente dobbiamo essere consapevoli che il buon esito dei matrimoni dipende da tutti noi e dalla cultura personale di ogni singolo cittadino.
 
In questo senso, la Chiesa non può approvare delle iniziative legislative che implichino una rivalutazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Esse contribuiscono all'indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione di tutta la legislazione e anche alla confusione circa i valori nella società.

È un principio della fede cristiana, ancorato al diritto naturale, che la persona umana vada protetta proprio nella situazione di debolezza. L'essere umano ha sempre la priorità rispetto ad altri scopi. Le nuove possibilità della biotecnologia e della medicina ci mettono spesso in situazioni difficili che rassomigliano a un camminare sulla punta della cresta. Noi abbiamo il dovere di studiare diligentemente fin dove questi metodi possono fungere d'aiuto per l'uomo e dove invece si tratta di manipolazione dell'uomo, di violazione della sua integrità e dignità. Non possiamo rifiutare questi sviluppi, ma dobbiamo essere molto vigilanti. Quando una volta si incomincia a distinguere - e spesso ciò accade già nel seno materno - tra vita degna e indegna di vivere, non sarà risparmiata nessun'altra fase della vita, ancor meno l'anzianità e l'infermità.

La costruzione di una società umana richiede la fedeltà alla verità. In questo contesto, ultimamente, fanno riflettere certi fenomeni operanti nell'ambito dei media pubblici:  essendo in concorrenza sempre più forte, i mezzi di comunicazione si credono spinti a suscitare la massima attenzione possibile. Inoltre, è il contrasto che fa notizia in genere, anche se va a scapito della veracità del racconto. La cosa diventa particolarmente problematica quando personaggi autorevoli prendono pubblicamente posizione al riguardo, senza essere in grado di verificare tutti gli aspetti in modo adeguato. Si accoglie con favore l'intento del Governo Federale di impegnarsi in tali casi, per quanto possibile, in modo compensatore e rappacificante.

Signor Ambasciatore, L'accompagnano i miei migliori auguri per il Suo lavoro e per i contatti che manterrà con i rappresentanti della Curia Romana, con il Corpo Diplomatico e anche con i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici impegnati nelle attività ecclesiali che vivono qui a Roma. Di cuore imploro per Lei, per la Sua gentile consorte, per i collaboratori e collaboratrici nell'Ambasciata l'abbondante benedizione divina.


(©L'Osservatore Romano - 13-14 settembre 2010)
Caterina63
00giovedì 2 dicembre 2010 20:02
Il discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede

L'Europa non sarebbe più Europa
se il matrimonio sparisse


Il Pontefice auspica che la nuova Costituzione del Paese sia ispirata ai valori cristiani

Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di giovedì 2 dicembre, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza il signor Gábor Gyoriványi, nuovo Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. Rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, il diplomatico è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori.
Al ripiano degli ascensori, l'Ambasciatore era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari. Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove l'Ambasciatore veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata.
Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'Ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato.
Dopo l'udienza nella Sala Clementina, l'Ambasciatore prendeva congedo dal prefetto $\della Casa Pontificia e discendeva nella Basilica Vaticana:  ricevuto da una delegazione del Capitolo, si recava dapprima nella Cappella del Santissimo Sacramento per un breve atto di adorazione; passava poi a venerare l'immagine della Beatissima Vergine e, quindi, la tomba di San Pietro.
Al termine della visita l'Ambasciatore prendeva congedo dalla delegazione del Capitolo, quindi, alla Porta della Preghiera, prima di lasciare la Basilica, si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza.

Questo è il testo del discorso del Papa.

Sehr geehrter Herr Botschafter!
Mit Freude heiße ich Sie zu diesem feierlichen Anlaß der Übergabe Ihres Beglaubigungsschreibens als außerordentlicher und bevollmächtigter Botschafter der Republik Ungarn beim Heiligen Stuhl willkommen und danke Ihnen für Ihre freundlichen Worte. Ich bedanke mich für die ehrerbietigen Grüße, die Sie mir im Namen des Herrn Präsidenten Dr. Pál Schmitt und der Regierung überbracht haben und die ich meinerseits gerne erwidere. Zugleich möchte ich Sie bitten, Ihre Landsleute meiner aufrichtigen Zuneigung und meines Wohlwollens zu versichern.
Nach der Wiederaufnahme diplomatischer Beziehungen zwischen dem Heiligen Stuhl und der Republik Ungarn im Jahre 1990 konnte sich neues Vertrauen für einen aktiven und konstruktiven Dialog mit der katholischen Kirche entwickeln. Damit verbinde ich die Hoffnung, daß die tiefen Wunden jenes materialistischen Menschenbildes, das fast 45 Jahre lang sich der Herzen und der Gemeinschaft der Bürgerinnen und Bürger Ihres Landes bemächtigte, in einem Klima des Friedens, der Freiheit und der Achtung der Menschenwürde weiter heilen mögen.
Der katholische Glaube gehört zweifelsohne zu den Grundpfeilern der Geschichte Ungarns. Als im fernen Jahr 1000 der junge ungarische Fürst Stephan die Königskrone empfing, die Papst Silvester ii. ihm gesandt hatte, war damit der Auftrag verbunden, dem Glauben an Jesus Christus im Land Raum und Heimat zu geben. Die Frömmigkeit, der Gerechtigkeitssinn und die menschlichen Tugenden dieses großen Königs sind ein hoher Maßstab, der für jeden, dem eine Regierungsgewalt oder eine ähnliche Verantwortung übertragen ist, heute wie damals Herausforderung und Verpflichtung ist. Sicher wird vom Staat nicht erwartet, eine bestimmte Religion vorzuschreiben; er soll vielmehr die Freiheit des Bekenntnisses und der Ausübung des Glaubens gewährleisten. Und doch berühren sich Politik und christlicher Glaube. Der Glaube hat gewiß sein eigenes Wesen als Begegnung mit dem lebendigen Gott, die uns neue Horizonte weit über den eigenen Bereich der Vernunft hinaus öffnet. Aber er ist zugleich eine reinigende Kraft für die Vernunft selbst dadurch, daß er der Vernunft ermöglicht, ihr eigenes Werk besser zu tun und das ihr Eigene besser zu sehen. Es geht nicht darum, Gebote und Verhaltensweisen denen aufzudrängen, die den Glauben nicht teilen. Es geht schlicht um die Reinigung der Vernunft, die dazu helfen soll, daß das, was gut und recht ist, jetzt und hier erkannt wird und dann auch ausgeführt werden kann (vgl. Enzyklika Deus caritas est, 28).
In den etwas mehr als zwanzig Jahren seit dem Fall des Eisernen Vorhangs, bei dem Ungarn eine nicht unwesentliche Rolle gespielt hat, hat Ihr Land einen wichtigen Platz in der Völkergemeinschaft eingenommen. Seit nunmehr sechs Jahren ist Ungarn auch Mitglied der Europäischen Union. Es bringt damit einen bedeutsamen Beitrag in den vielstimmigen Chor der Staaten Europas ein. Zu Beginn des nächsten Jahres wird Ihrem Land erstmals die verantwortungsvolle Aufgabe zuteil, den Vorsitz im Rat der Europäischen Union zu übernehmen. Ungarn ist in besonderer Hinsicht berufen, ein Vermittler zwischen Ost und West zu sein. Schon die heilige Krone als Vermächtnis des Königs Stephan zeigt in der Verbindung der ringförmigen corona graeca und der sie überwölbenden corona latina, die beide das Antlitz Christi tragen und durch das Zeichen des Kreuzes bekrönt werden, wie sich der Osten und der Westen aus ihrem geistig-kulturellen Erbe und dem lebendigen religiösen Bekenntnis heraus gegenseitig stützen und bereichern sollen. Dies dürfen wir auch als ein Leitmotiv für Ihr Land auffassen.
Die Bemühungen der politischen Verantwortungsträger, eine Änderung der Verfassung zu erarbeiten, werden vom Heiligen Stuhl mit Interesse zur Kenntnis genommen. Es wurde die Absicht geäußert, daß in der Präambel auf das Erbe des Christentums Bezug genommen wird. Ebenso wünschenswert ist, daß die neue Verfassung von den christlichen Werten inspiriert ist, insbesondere was die Stellung von Ehe und Familie in der Gesellschaft sowie den Schutz des Lebens betrifft.
Ehe und Familie bilden eine entscheidende Grundlage für eine gesunde Entwicklung der bürgerlichen Gesellschaft, der Länder und Völker. Die Ehe ist als grundlegende Ordnungsgestalt des Verhältnisses von Mann und Frau und zugleich als Zelle staatlicher Gemeinschaftsbildung vom biblischen Glauben her mitgeformt worden. So hat sie Europa sein besonderes Gesicht und seine Menschlichkeit gegeben, auch und gerade weil die damit vorgezeichnete Form von Treue und von Verzicht immer wieder eingeübt und errungen werden mußte. Europa wäre nicht mehr Europa, wenn diese Grundzelle seines sozialen Aufbaus verschwände oder wesentlich verändert würde. Wir alle wissen, wie sehr Ehe und Familie heute gefährdet sind - zum einen durch die Aushöhlung ihrer innersten Werte der Beständigkeit und Unauflöslichkeit aufgrund einer zunehmenden Liberalisierung des Scheidungsrechts und der sich immer mehr ausbreitenden Gewohnheit des Zusammenlebens von Mann und Frau ohne die rechtliche Form und den Schutz der Ehe, zum anderen durch verschiedene Arten von Lebensgemeinschaften, die kein Fundament in der Kultur- und Rechtsgeschichte Europas haben. Die Kirche kann Gesetzesinitiativen, die eine Aufwertung von alternativen Partnerschafts- und Familienmodellen bedeuten, nicht gutheißen. Sie tragen zu einer Aufweichung naturrechtlicher Prinzipien und damit zur Relativierung der gesamten Gesetzgebung wie auch des Wertbewußtseins in der Gesellschaft bei.
"Die zunehmend globalisierte Gesellschaft macht uns zu Nachbarn, aber nicht zu Geschwistern" (Enzyklika Caritas in veritate, 19). Unsere Vernunft ist imstande, die Gleichheit unter den Menschen zu gewährleisten und ein bürgerliches Zusammenleben zu gestalten, aber es gelingt ihr letztlich nicht, Brüderlichkeit zu schaffen. Diese hat ihren Ursprung in einer übernatürlichen Berufung durch Gott, der die Menschen aus Liebe erschaffen hat und uns in Jesus Christus lehrt, was geschwisterliche Liebe ist. Die Brüderlichkeit ist gewissermaßen die andere Seite der Freiheit und Gleichheit. Sie öffnet den Menschen für die Uneigennützigkeit, für den Gemeinsinn, für die Aufmerksamkeit gegenüber den anderen. Der Mensch gelangt erst wirklich zu sich selbst, wenn er das Anspruchsdenken überwindet und zu einer Haltung des ungeschuldeten Schenkens und echter Solidarität vordringt, die seiner Berufung zur Gemeinschaft viel besser entspricht.
Die katholische Kirche nimmt wie die anderen Religionsgemeinschaften eine nicht unbedeutende Rolle in der ungarischen Gesellschaft ein. In großem Maßstab engagiert sie sich mit ihren Einrichtungen im Bereich der schulischen Ausbildung und der Kultur wie auch der Wohlfahrt und trägt so zu dem sittlichen Aufbau bei, der Ihrem Land wirklich zugute kommt. Die Kirche vertraut darauf, diesen Dienst zum Wohl der Menschen und für die Entwicklung Ihres Landes mit der Unterstützung des Staates weiterhin auszuüben und zu verstärken. Möge die Zusammenarbeit von Staat und katholischer Kirche auf diesem Gebiet auch in Zukunft zunehmen und für alle Nutzen bringen.
Sehr geehrter Herr Botschafter, zu Beginn Ihres ehrenvollen Amtes wünsche ich Ihnen eine erfolgreiche Mission und versichere Ihnen zugleich das Entgegenkommen und die Unterstützung meiner Mitarbeiter. Möge Maria, die Magna Domina Hungarorum, ihre schützende Hand über Ihr Land halten. Ihnen, Herr Botschafter, Ihrer Familie, Ihren Mitarbeiterinnen und Mitarbeitern in der Botschaft und dem gesamten ungarischen Volk erbitte ich von Herzen Gottes reichen Segen.

Questa è la traduzione del discorso del Papa all'Ambasciatore di Ungheria.

Signor Ambasciatore,
con gioia Le do il benvenuto in questa solenne occasione della consegna delle Lettere Credenziali che L'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica d'Ungheria presso la Santa Sede, e La ringrazio per le Sue gentili parole. Sono grato per i deferenti saluti che mi ha presentato a nome del Signor Presidente Dott. Pál Schmitt e del Governo, e che ricambio volentieri. Allo stesso tempo vorrei pregarLa di assicurare i Suoi connazionali del mio sincero affetto e della mia benevolenza.

Dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica d'Ungheria nel 1990, si è potuta sviluppare nuova fiducia per un dialogo attivo e costruttivo con la Chiesa Cattolica. Nutro al contempo la speranza che le profonde ferite di quella visione materialistica dell'uomo, che si era impadronita dei cuori e della comunità dei cittadini del Suo Paese per quasi 45 anni, possano continuare a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell'uomo.

La fede cattolica fa senza dubbio parte dei pilastri fondamentali della storia dell'Ungheria. Quando, nel lontano anno 1000, il giovane principe ungherese Stefano ricevette la corona reale inviatagli da Papa Silvestro ii, a ciò era unito il mandato di dare alla fede in Gesù Cristo spazio e patria in quella terra. La pietà personale, il senso di giustizia e le virtù umane di questo grande re sono un alto punto di riferimento che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo di governo o un'analoga responsabilità. Certamente non ci si aspetta dallo Stato che venga imposta una determinata religione; esso dovrebbe piuttosto garantire la libertà di confessare e praticare la fede. Tuttavia, politica e fede cristiana si toccano. Senz'altro la fede ha la sua specifica natura quale incontro con il Dio vivente che ci apre nuovi orizzonti al di là dell'ambito proprio della ragione. Ma al contempo essa è una forza purificatrice per la ragione stessa, permettendole di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. Non si tratta di imporre norme o modi di comportamento a coloro che non condividono la fede. Si tratta semplicemente della purificazione della ragione, che vuole aiutare a far sì che ciò che è buono e giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato (cfr. Enciclica Deus caritas est, 28).

Negli ultimi anni, poco più di venti, dalla caduta della cortina di ferro, evento nel quale l'Ungheria ha svolto un ruolo di rilievo, il Suo Paese ha occupato un posto importante nella comunità dei popoli. Da ormai sei anni l'Ungheria è anche membro dell'Unione Europea. Con ciò apporta un contributo importante al coro a più voci degli Stati d'Europa. All'inizio del prossimo anno toccherà all'Ungheria, per la prima volta, assumere la Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea. L'Ungheria è chiamata in modo particolare ad essere mediatrice tra Oriente e Occidente. Già la Sacra Corona, eredità del re Stefano, nel collegamento della corona graeca circolare con la corona latina posta ad arco sopra di essa - ambedue recano il volto di Cristo e sono incoronate dalla croce - mostra come Oriente e Occidente dovrebbero sostenersi a vicenda e arricchirsi l'un l'altro a partire dal patrimonio spirituale e culturale e dalla viva professione di fede. Possiamo intendere ciò anche come un leitmotiv per il Suo Paese.
La Santa Sede prende atto con interesse degli sforzi delle autorità politiche nell'elaborare un cambiamento della Costituzione. Si è espressa l'intenzione di voler far riferimento, nel preambolo, all'eredità del Cristianesimo. È altrettanto auspicabile che la nuova Costituzione sia ispirata ai valori cristiani, in modo particolare per quanto concerne la posizione del matrimonio e della famiglia nella società e la protezione della vita.

Il matrimonio e la famiglia costituiscono un fondamento decisivo per un sano sviluppo della società civile, dei Paesi e dei popoli. Il matrimonio come forma di ordinamento basilare del rapporto tra uomo e donna e, allo stesso tempo, come cellula fondante della comunità statale è venuto plasmandosi anche a partire dalla fede biblica. In questo modo, il matrimonio ha dato all'Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo, anche e proprio perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente la caratteristica di fedeltà e di rinuncia tracciata da esso. L'Europa non sarebbe più Europa se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente trasformata. Sappiamo tutti quanto sono a rischio il matrimonio e la famiglia oggi - da un lato per l'erosione dei loro valori più intimi di stabilità e indissolubilità, a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio e dell'abitudine, sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica e la protezione del matrimonio, dall'altro lato per diversi generi di unione che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa. La Chiesa non può approvare iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi contribuiscono all'indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione della legislazione tutta, nonché della consapevolezza dei valori nella società.

"La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli" (Enciclica Caritas in veritate, 19). La ragione è in grado di garantire l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica, ma non riesce, alla fin fine, a fondare la fraternità. Questa ha origine in una vocazione soprannaturale di Dio, il quale ha creato gli uomini per amore e ci ha insegnato per mezzo di Gesù Cristo che cosa sia la carità fraterna. La fraternità è, in un certo senso, l'altro lato della libertà e dell'uguaglianza. Essa apre l'uomo all'altruismo, al senso civico, all'attenzione verso l'altro. La persona umana, infatti, trova se stessa solo quando supera la mentalità incentrata sulle proprie pretese e si proietta nell'atteggiamento del dono gratuito e della solidarietà autentica, che molto meglio risponde alla sua vocazione comunitaria.

La Chiesa Cattolica, come le altre comunità religiose, ha un ruolo non insignificante nella società ungherese. Essa si impegna su larga scala con le sue istituzioni nel campo dell'educazione scolastica e della cultura, nonché dell'assistenza sociale, e in tal modo contribuisce alla costruzione morale, davvero utile al Suo Paese. La Chiesa confida di poter continuare, con l'appoggio dello Stato, a svolgere e intensificare tale servizio per il bene degli uomini e per lo sviluppo del Suo Paese. La collaborazione tra Stato e Chiesa Cattolica in questo campo cresca anche in futuro e rechi giovamento per tutti.

Illustre Signor Ambasciatore, all'inizio del Suo nobile incarico auguro a Lei una missione colma di successo, e Le assicuro allo stesso tempo il sostegno e l'appoggio dei miei collaboratori. Maria Santissima, la Magna Domina Hungarorum, estenda la propria mano protettrice sul Suo Paese. Di cuore imploro per Lei, Signor Ambasciatore, per la Sua famiglia, per i Suoi collaboratori e collaboratrici nell'Ambasciata e per tutto il popolo ungherese l'abbondante benedizione divina.


(©L'Osservatore Romano - 3 dicembre 2010)
Caterina63
00giovedì 3 febbraio 2011 22:09
Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore dell'Austria presso la Santa Sede

Le fondamenta cristiane
della casa comune europea


Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di giovedì 3 febbraio, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza il Signor Alfons M. Kloss, nuovo Ambasciatore d'Austria presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. Rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, il diplomatico è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori. Al ripiano degli ascensori, l'Ambasciatore era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari.

Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove l'Ambasciatore veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata. Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'Ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Dopo l'udienza, nella Sala Clementina l'Ambasciatore prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Al termine del colloquio il diplomatico discendeva nella basilica Vaticana: ricevuto da una delegazione del Capitolo, si recava dapprima nella cappella del Santissimo Sacramento per un breve atto di adorazione; passava poi a venerare l'immagine della Beatissima Vergine e, quindi, la tomba di San Pietro. Al termine della visita l'Ambasciatore prendeva congedo dalla delegazione del Capitolo, quindi, alla Porta della Preghiera, prima di lasciare la basilica, si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza. Questo è il testo del discorso del Papa.


Carissimo Ambasciatore,

Con piacere accetto le Lettere con le quali il presidente della Repubblica d'Austria la ha accreditata quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario presso la Santa Sede. Nello stesso tempo la ringrazio per le parole cordiali con le quali ha espresso anche la vicinanza del presidente e del Governo al Successore di Pietro.

Da parte mia, porgo al presidente, al cancelliere e ai membri del Governo nonché a tutte le cittadine e a tutti i cittadini dell'Austria i miei saluti affettuosi ed esprimo volentieri la speranza che i rapporti fra la Santa Sede e l'Austria continuino a recare frutti in futuro.

La cultura, la storia e la vita quotidiana dell'Austria, la "terra delle cattedrali" (Inno nazionale) sono profondamente plasmate dalla fede cattolica. L'ho potuto constatare anche durante la mia visita pastorale nel suo Paese e durante il pellegrinaggio a Mariazell quattro anni fa. I fedeli, che ho potuto incontrare, rappresentano le migliaia di uomini e di donne in tutto il Paese, che con la loro vita di fede nella quotidianità e la disponibilità verso gli altri mostrano i tratti più nobili dell'uomo e diffondono l'amore di Cristo. Nello stesso tempo, l'Austria è anche un Paese nel quale la coesistenza pacifica delle varie religioni e culture ha una lunga tradizione. "Nell'armonia risiede la forza" recitava già il vecchio inno popolare del tempo della monarchia.

Questo vale in particolare per la dimensione religiosa che è radicata nel profondo della coscienza dell'uomo e perciò appartiene alla vita di ogni singolo individuo e alla convivenza della comunità. La patria spirituale, di cui hanno bisogno come appiglio personale molte persone che vivono una situazione lavorativa di sempre maggiore mobilità e costante mutamento, dovrebbe poter esistere pubblicamente e in un clima di convivenza pacifica con altre confessioni di fede.

In molti Paesi europei il rapporto fra Stato e religione sta affrontando una particolare tensione. Da una parte, le autorità politiche sono molto attente a non concedere spazi pubblici a religioni intese come idee di fede meramente individuali dei cittadini. Dall'altra, si cerca di applicare i criteri di una opinione pubblica secolare alle comunità religiose. Sembra che si voglia adattare il Vangelo alla cultura e, tuttavia, si cerca di impedire, in modo quasi imbarazzante, che la cultura venga plasmata dalla dimensione religiosa. Invece va sottolineato l'atteggiamento, soprattutto di alcuni Stati dell'Europa centrale e orientale, di dare spazio alle istanze fondamentali dell'uomo, alla fede dell'uomo in Dio e alla fede nella salvezza per mezzo Dio.

La Santa Sede ha potuto osservare con soddisfazione alcune attività del Governo austriaco in questo senso, non da ultima la posizione assunta relativamente alla cosiddetta "sentenza sul crocifisso" (Kreuzurteil) della Corte europea dei diritti dell'uomo o la proposta del ministro degli Affari esteri "che anche il nuovo servizio europeo per l'Azione esterna osservi la situazione della libertà di religione nel mondo, stili regolarmente un rapporto e lo presenti ai ministri degli Esteri dell'Unione europea" (Austria Presse Agentur del 10 dicembre 2010). Il riconoscimento della libertà religiosa permette alla comunità ecclesiale di svolgere le sue molteplici attività, dalle quali trae beneficio anche l'intera società. Si fa riferimento qui ai vari istituti di formazione e servizi caritativi gestiti dalla Chiesa, che Lei, signor Ambasciatore, ha citato. L'impegno della Chiesa per i bisognosi rende evidente il modo in cui la Chiesa, in un certo senso, si considera portavoce delle persone svantaggiate. Questo impegno ecclesiale, che nella società riceve ampio riconoscimento, non si può ridurre a mera beneficenza.

Le sue radici più profonde sono in Dio, nel Dio che è amore. Perciò è necessario rispettare pienamente l'azione propria della Chiesa, senza renderla uno dei tanti erogatori di prestazioni sociali. Bisogna vederla, invece, nella totalità della sua dimensione religiosa. Quindi è sempre necessario contrastare la tendenza all'isolamento egoistico. Tutte le forze sociali hanno il compito urgente e costante di garantire la dimensione morale della cultura, la dimensione di una cultura che sia degna dell'uomo e della sua vita in comunità. Per questo la Chiesa cattolica si impegnerà con tutte le forze per il bene della società.

Un'ulteriore importante istanza della Santa Sede è una politica equilibrata per la famiglia. La famiglia occupa uno spazio nella società che riguarda le fondamenta della vita umana. L'ordine sociale trova un sostegno essenziale nella unione sponsale di un uomo e di una donna, che è anche rivolta alla procreazione.

Perciò il matrimonio e la famiglia richiedono anche la tutela particolare dello Stato. Essi sono per tutti i loro membri una scuola di umanità con effetti positivi per gli individui nonché per la società. Infatti, la famiglia è chiamata a vivere e a tutelare l'amore reciproco e la verità, il rispetto e la giustizia, la fedeltà e la collaborazione, il servizio e la disponibilità verso gli altri, in particolare i più deboli. Tuttavia, la famiglia con molti figli è spesso svantaggiata. I problemi in tali famiglie, come per esempio un alto potenziale di conflittualità, livelli di vita bassi, difficoltoso accesso alla formazione, indebitamento e aumento dei divorzi, fanno pensare a cause più profonde che dovrebbero essere eliminate dalla società. Inoltre, bisogna lamentare che la vita dei nascituri non riceve una tutela sufficiente e che, anzi, al contrario, spesso viene loro riconosciuto soltanto un diritto di esistenza secondario rispetto alla libertà decisionale dei genitori.

L'edificazione della casa comune europea può sortire un buon esito soltanto se questo continente è consapevole delle proprie fondamenta cristiane e se i valori del Vangelo nonché della immagine cristiana dell'uomo saranno, anche in futuro, il fermento della civiltà europea. La fede vissuta in Cristo e l'amore attivo per il prossimo, improntato alla parola e alla vita di Cristo e anche all'esempio dei santi, pesano di più della cultura occidentale cristiana. Proprio i suoi connazionali proclamati santi di recente come Franz Jägerstätter, suor Restituta Kafka, Lasdislaus Batthyány-Strattman e Carlo d'Austria, ci possono schiudere prospettive più ampie.

Questi santi, lungo diversi cammini di vita, si sono posti con la stessa dedizione al servizio di Dio e del suo messaggio di amore per il prossimo. Così restano per noi immagini guida nella fede e testimoni dell'intesa fra i popoli.

Infine, signor Ambasciatore, desidero assicurarle che nello svolgimento dell'alta missione che le è stata affidata potrà contare sul sostegno mio e dei miei collaboratori. Affido volentieri Lei, la sua famiglia e tutti i membri dell'Ambasciata d'Austria presso la Santa Sede alla beata Vergine Maria, la Magna Mater Austriae, e imparto di cuore a Lei e a tutto l'amato popolo austriaco la Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 4 febbraio 2011)
Caterina63
00sabato 16 aprile 2011 20:00
l discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede

La Chiesa veglia sul diritto alla vita
e sui diritti della famiglia



La preoccupazione del Papa per le difficoltà economiche del Paese e per alcune forme di ostilità contro la fede

Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di sabato 16 aprile, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza la Signora María Jesús Figa López-Palop, nuovo Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. L'Ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori. Al ripiano degli ascensori, era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addettidi Anticamera e i Sediari. Dalla seconda Loggia l corteo si dirigeva alla Sala Clementina, doveil diplomatico veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata. Dopo la presentazionedelle Credenziali da parte dell'Ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato. Dopo l'udienza, nella Sala Clementina l'Ambasciatore prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. Al termine del colloquio il diplomatico discendeva nella Basilica Vaticana: ricevuto da una delegazione del Capitolo,si recava dapprima nella Cappella del Santissimo Sacramento per un breve atto di adorazione; passava poi a venerare l'immagine della Beatissima Vergine e, quindi, la tomba di San Pietro. Al terminedella visita l'Ambasciatore prendeva congedodalla delegazione del Capitolo, quindi,alla Porta della Preghiera, prima di lasciarela Basilica, si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza. Questo è il testo del discorso del Papa.

Questa la traduzione italianadel discorso del Papa.

Ambasciatore,

Nel ricevere le Lettere Credenziali che accreditano Vostra Eccellenza come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Spagna presso la Santa Sede, la ringrazio cordialmente per le parole che ha tenuto a rivolgermi, come pure per il deferente saluto che mi ha trasmesso da parte delle Loro Maestà il Re e la Regina, del Governo e del popolo spagnolo.

Contraccambio con piacere, formulando i miei migliori voti di pace, di prosperità e di bene spirituale per tutti loro, particolarmente presenti nel mio ricordo e nella mia preghiera. Riceva il più cordiale benvenuto nell'iniziare la sua importante attività in questa Missione diplomatica, che può contare su secoli di brillante storia e su tanti illustri suoi predecessori.
Ho visitato recentemente Santiago de Compostela e Barcellona, e ricordo con gratitudine le tante attenzioni e manifestazioni di vicinanza e di affetto al Successore di Pietro da parte degli spagnoli e delle loro Autorità.

Sono due luoghi emblematici, nei quali risaltano sia il fascino spirituale dell'Apostolo Giacomo sia la presenza di segni ammirevoli che invitano a guardare verso l'alto anche in un contesto plurale e complesso. Durante la mia visita ho percepito molte dimostrazioni della vivacità della fede cattolica in queste terre, che hanno visto nascere tanti santi e che sono disseminate di cattedrali, di centri di accoglienza e di cultura, ispirati dal fecondo attaccamento e dalla fedeltà degli abitanti alle loro credenze religiose. Ciò comporta anche la responsabilità di relazioni diplomatiche fra Spagna e Santa Sede che cerchino di promuovere sempre, nel reciproco rispetto e nella collaborazione, all'interno della legittima autonomia dei loro rispettivi campi, tutto ciò che può suscitare il bene delle persone e lo sviluppo autentico dei loro diritti e delle loro libertà, che includono l'espressione della propria fede e della proprio coscienza, nella sfera sia pubblica sia privata.

Per il suo significativo iter nell'attività diplomatica, lei, Eccellenza, sa bene che la Chiesa, nell'esercizio della sua missione, ricerca il bene integrale di ogni popolo e dei suoi cittadini, agendo nell'ambito delle sue competenze e rispettando pienamente l'autonomia delle autorità civili, che apprezza e per le quali chiede a Dio che esercitino con generosità, onestà, abilità e giustizia il loro servizio alla società. Questo ambito nel quale confluiscono la missione della Chiesa e la funzione dello Stato, è stato inoltre plasmato in accordi bilaterali fra Spagna e Santa Sede sui principali aspetti d'interesse comune, che forniscono il supporto giuridico e la stabilità necessaria affinché le rispettive azioni e iniziative beneficino tutti.

L'inizio della sua alta responsabilità, Ambasciatore, avviene in una situazione di grande difficoltà economica su scala mondiale che attanaglia anche la Spagna, con risultati veramente preoccupanti, soprattutto nel campo della disoccupazione, che genera sconforto e frustrazione soprattutto nei giovani e nelle famiglie meno favorite. Ricordo sempre tutti i cittadini e chiedo all'Onnipotente d'illuminare quanti hanno responsabilità pubbliche affinché cerchino strenuamente il cammino di una ripresa vantaggiosa per l'intera società. In tal senso, vorrei sottolineare con soddisfazione la benemerita azione che le istituzioni cattoliche stanno portando avanti per andare prontamente in aiuto dei più bisognosi, e allo stesso tempo formulo voti per una crescente disponibilità alla cooperazione da parte di tutti in questo impegno solidale.

Con ciò la Chiesa mostra una caratteristica essenziale del suo essere, forse la più visibile e apprezzata da molti, credenti e non credenti. Ma essa intende andare al di là del semplice aiuto esterno e materiale e puntare al cuore della carità cristiana, per la quale il prossimo è innanzitutto una persona, un figlio di Dio, sempre bisognoso di fratellanza, di rispetto e di accoglienza in qualsiasi situazione si trovi. In tal senso la Chiesa offre qualcosa che le è connaturale e che beneficia le persone e le nazioni: offre Cristo, speranza che incoraggia e rafforza, come un antidoto alla delusione di altre proposte fugaci e a un cuore carente di valori, che finisce con l'indurirsi al punto da non sapere percepire più l'autentico senso della vita e il perché delle cose. Questa speranza dà vita alla fiducia e alla collaborazione, cambiando così il cupo presente in forza d'animo per affrontare con speranza il futuro, sia della persona sia della famiglia e della società.

Malgrado ciò, come ho ricordato nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2011, invece di vivere e di organizzare la società in modo tale da favorire l'apertura alla trascendenza (cfr. n. 9), non mancano forme, spesso sofisticate, di ostilità alla fede, che "si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l'identità e la cultura della maggioranza dei cittadini" (n. 13). Che in certi ambienti si tenda a considerare la religione come un fattore socialmente insignificante, e addirittura molesto, non giustifica il fatto che si cerchi di emarginarla, a volte mediante la diffamazione, la beffa, la discriminazione e persino l'indifferenza dinanzi a episodi di chiara profanazione, poiché così si viola il diritto fondamentale alla libertà religiosa inerente alla dignità della persona umana, che "è un'arma autentica della pace, perché può cambiare e migliorare il mondo" (cfr. n. 15).

Nella sua preoccupazione per ogni essere umano, in modo concreto e in tutte le sue dimensioni, la Chiesa veglia sui suoi diritti fondamentali, in dialogo sincero con tutti coloro che contribuiscono a renderli effettivi e a non farli limitare. Veglia sul diritto alla vita umana dal suo inizio al suo termine naturale, poiché la vita è sacra e nessuno può disporre di essa arbitrariamente. Veglia sulla tutela e sull'aiuto alla famiglia, e sostiene misure economiche, sociali e giuridiche affinché l'uomo e la donna che contraggono matrimonio e formano una famiglia abbiano il sostegno necessario per compiere la loro vocazione di essere santuario dell'amore e della vita. Sostiene anche un'educazione che includa i valori morali e religiosi secondo le convinzioni dei genitori, come è loro diritto, e come si addice allo sviluppo integrale dei giovani. E, per lo stesso motivo, un'educazione che includa anche l'insegnamento della religione cattolica in tutti i centri per quanti la scelgono, come è stabilito nello stesso ordinamento giuridico.

Prima di concludere, desidero fare un riferimento alla mia nuova visita in Spagna per partecipare a Madrid, il prossimo mese di agosto, alla celebrazione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Mi unisco con gioia agli sforzi e alle preghiere dei suoi organizzatori, che stanno preparando con cura un così importante evento, con l'anelito che rechi abbondanti frutti spirituali per la gioventù e per la Spagna. Mi sono altresì noti la disponibilità, la cooperazione e l'aiuto generoso che sia il Governo della Nazione sia le Autorità autonome e locali stanno offrendo per il migliore esito possibile di un'iniziativa che attirerà l'attenzione di tutto il mondo e mostrerà ancora una volta la grandezza di cuore e di spirito degli spagnoli.

Ambasciatore, le formulo i miei voti migliori per lo svolgimento dell'alta missione che le è stata affidata, affinché le relazioni fra Spagna e la Santa Sede si consolidino e progrediscano, e allo stesso tempo l'assicuro della grande stima che il Papa nutre per il sempre amato popolo spagnolo. La prego anche di farsi interprete dei miei sentimenti presso i Reali di Spagna e le altre Autorità delle Nazione, e allo stesso tempo invoco abbondanti benedizioni dell'Altissimo su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia che oggi l'accompagna, come pure sui suoi collaboratori e sul nobile popolo spagnolo.



(©L'Osservatore Romano 17 aprile 2011)
Caterina63
00venerdì 10 giugno 2011 18:05
DIPLOMAZIA PONTIFICIA SERVIZIO PAPA
E COMUNIONE ECCLESIALE


CITTA' DEL VATICANO, 10 GIU. 2011 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto i Superiori ed Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, il cui Presidente è l'Arcivescovo Beniamino Stella.

  "La diplomazia pontificia, come viene comunemente chiamata" - ha detto il Papa nel suo discorso - "ha una lunghissima tradizione e la sua attività ha contribuito in maniera non irrilevante a plasmare, in età moderna, la fisionomia stessa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati".

  "Lealtà, coerenza, e profonda umanità sono le virtù fondamentali di qualsiasi inviato, il quale è chiamato a porre non solo il proprio lavoro e le proprie qualità, ma, in qualche modo, l'intera persona al servizio di una parola che non è sua".

  "Come si pongono, in tutto ciò, la persona e l'azione del diplomatico della Santa Sede, che, ovviamente, presenta aspetti del tutto particolari?
Egli, in primo luogo - (...) - è un sacerdote, un vescovo. (...) Egli è un servitore della Parola di Dio, è stato investito, come ogni sacerdote, di una missione che non può essere svolta a tempo parziale, ma che gli richiede di essere, con l'intera vita, una risonanza del messaggio che gli è affidato, quello del Vangelo
.
Ed è proprio sulla base di questa identità sacerdotale, ben chiara e vissuta in modo profondo,  che si viene ad inserire, con certa naturalezza, il compito specifico di farsi portatore della parola del Papa, dell'orizzonte universale del suo ministero e della sua carità pastorale, nei confronti delle Chiese particolari e di fronte alle istituzioni nelle quali viene legittimamente esercitata la sovranità nell'ambito statale o delle organizzazioni internazionali".

  "Ben si capisce come nell'esercizio di un ministero tanto delicato" - ha sottolineato il Pontefice - "la cura per la propria vita spirituale, la pratica delle virtù umane e la formazione di una solida cultura vadano di pari passo e si sostengano reciprocamente. Sono dimensioni che permettono di mantenere un profondo equilibrio interiore, in un lavoro che esige, fra l'altro, capacità di apertura all'altro, equanimità di giudizio, distanza critica dalle opinioni personali, sacrificio, pazienza, costanza e talora anche fermezza nel dialogo verso tutti".

  "D'altro canto" - ha concluso il Pontefice - "il servizio alla persona del Successore di Pietro, (...) consente di vivere in costante e profondo riferimento alla cattolicità della Chiesa. E laddove c'è apertura all'oggettività della cattolicità, lì c'è anche il principio di autentica personalizzazione: la vita spesa al servizio del Papa e della comunione ecclesiale è, sotto questo profilo, estremamente arricchente".
AC/
VIS 20110610 (410)

Benedetto XVI ribadisce il ruolo dei diplomatici pontifici

Al servizio del Papa
e della comunione ecclesiale

 

Compito specifico del diplomatico della Santa Sede è farsi portatore della parola del Papa nel mondo. Lo ha sottolineato Benedetto XVI rivolgendosi ai membri della Pontificia Accademia Ecclesiastica nell'udienza di venerdì 10 giugno, svoltasi nella Sala del Concistoro.

Venerato Fratello nell'Episcopato,
Cari Sacerdoti,

Sono lieto di incontrare anche quest'anno la comunità degli Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Saluto il Presidente, Mons. Beniamino Stella, e lo ringrazio per le gentili parole con cui ha interpretato anche i vostri sentimenti. Saluto con affetto tutti voi, che vi preparate a svolgere un particolare ministero nella Chiesa.

La diplomazia pontificia, come viene comunemente chiamata, ha una lunghissima tradizione e la sua attività ha contribuito in maniera non irrilevante a plasmare, in età moderna, la fisionomia stessa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati. Nella concezione tradizionale, già propria del mondo antico, l'inviato, l'ambasciatore, è essenzialmente colui che è stato investito dell'incarico di portare in maniera autorevole la parola del Sovrano e, per questo, può rappresentarlo e trattare in suo nome.

La solennità del cerimoniale, gli onori tradizionalmente resi alla persona dell'inviato, che assumevano anche tratti religiosi, sono, in realtà, un tributo reso a colui che rappresenta e al messaggio di cui si fa interprete. Il rispetto verso l'inviato costituisce una delle forme più alte di riconoscimento, da parte di un'autorità sovrana, del diritto ad esistere, su di un piano di pari dignità, di soggetti altri da sé. Accogliere, quindi, un inviato come interlocutore, riceverne la parola, significa porre le basi della possibilità di una coesistenza pacifica. Si tratta di un ruolo delicato, che richiede, da parte dell'inviato, la capacità di porgere tale parola in maniera al tempo stesso fedele, il più possibile rispettosa della sensibilità e dell'opinione altrui, ed efficace. Sta qui la vera abilità del diplomatico e non, come talora erroneamente si crede, nell'astuzia o in quegli atteggiamenti che rappresentano piuttosto delle degenerazioni della pratica diplomatica. Lealtà, coerenza, e profonda umanità sono le virtù fondamentali di qualsiasi inviato, il quale è chiamato a porre non solo il proprio lavoro e le proprie qualità, ma, in qualche modo, l'intera persona al servizio di una parola che non è sua.

Le rapide trasformazioni della nostra epoca hanno riconfigurato in maniera profonda la figura e il ruolo dei rappresentanti diplomatici; la loro missione rimane tuttavia essenzialmente la stessa: quella di essere il tramite di una corretta comunicazione tra coloro che esercitano la funzione del governo e, di conseguenza, strumento di costruzione della comunione possibile tra i popoli e del consolidarsi tra di essi di rapporti pacifici e solidali.

Come si pongono, in tutto ciò, la persona e l'azione del diplomatico della Santa Sede, che, ovviamente, presenta aspetti del tutto particolari? Egli, in primo luogo - come si è sottolineato più volte - è un sacerdote, un vescovo, un uomo, che ha già scelto di vivere al servizio di una Parola che non è la sua. Infatti, egli è un servitore della Parola di Dio, è stato investito, come ogni sacerdote, di una missione che non può essere svolta a tempo parziale, ma che gli richiede di essere, con l'intera vita, una risonanza del messaggio che gli è affidato, quello del Vangelo. Ed è proprio sulla base di questa identità sacerdotale, ben chiara e vissuta in modo profondo, che si viene ad inserire, con una certa naturalezza, il compito specifico di farsi portatore della parola del Papa, dell'orizzonte del suo ministero universale e della sua carità pastorale, nei confronti delle Chiese particolari e di fronte alle istituzioni nelle quali viene legittimamente esercitata la sovranità nell'ambito statale o delle organizzazioni internazionali.

Nello svolgimento di tale missione, il diplomatico della Santa Sede è chiamato a mettere a frutto tutte le proprie doti umane e soprannaturali. Ben si capisce come, nell'esercizio di un ministero tanto delicato, la cura per la propria vita spirituale, la pratica delle virtù umane e la formazione di una solida cultura vadano di pari passo e si sostengano reciprocamente. Sono dimensioni che permettono di mantenere un profondo equilibrio interiore, in un lavoro che esige, fra l'altro, capacità di apertura all'altro, equanimità di giudizio, distanza critica dalle opinioni personali, sacrificio, pazienza, costanza e talora anche fermezza nel dialogo verso tutti.

D'altro canto, il servizio alla persona del Successore di Pietro, che Cristo ha costituito quale principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione (cfr. CONC. VAT. I, Pastor Aeternus, Denz. 1821 (3051); CONC. VAT. II, Lumen Gentium, 18), consente di vivere in costante e profondo riferimento alla cattolicità della Chiesa. E laddove c'è apertura all'oggettività della cattolicità, lì c'è anche il principio di autentica personalizzazione: la vita spesa al servizio del Papa e della comunione ecclesiale è, sotto questo profilo, estremamente arricchente.

Cari Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, nel condividere con voi questi pensieri vi esorto ad impegnarvi a fondo nel cammino della vostra formazione; e, in questo momento, penso con particolare riconoscenza ai Nunzi, Delegati Apostolici, Osservatori Permanenti e a tutti coloro che prestano servizio nelle Rappresentanze Pontificie sparse per il mondo. Volentieri imparto su di voi, sul Presidente, sui suoi collaboratori e sulla comunità delle Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, la Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano 11 giugno 2011)

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