La Tunica stracciata

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Caterina63
00giovedì 27 novembre 2008 09:07
L'Ecumenismo, il pensiero dell'Unità dei cristiani era un problema già reale nella Chiesa dei primi secoli...
l'unità dei Cristiani NON potrà mai essere nè opera degli uomini, nè frutto dei compromessi....essa è un DESIDERIO, UNA PREGHIERA DEL CRISTO, ed avverrà quando lo deciderà LUI.a noi il compito di SPIANARE LA STRADA non con i compromessi, ma con la COMPRENSIONE RECIPROCA, con la Preghiera, con la CROCE.
...
[SM=g27988]

Leggiamo come si esprimeva sull'unità sant'Agostino....

[Uno per tutti, perché l'unità è in tutti.]

4. Qualcuno si domanderà che cosa significhi la divisione delle vesti in quattro parti e il sorteggio della tunica. La veste del Signore Gesú Cristo, divisa in quattro parti, raffigura la sua Chiesa distribuita in quattro parti, cioè diffusa in tutto il mondo, che appunto consta di quattro parti e che gradualmente e concordemente realizza la sua presenza nelle singole parti. E' per questo motivo che, altrove, il Signore dice che invierà i suoi angeli per raccogliere gli eletti dai quattro venti (cf. Mt 24, 31), cioè dalle quattro parti del mondo: oriente, occidente, aquilone e mezzogiorno. Quanto alla tunica tirata a sorte, essa significa l'unità di tutte le parti, saldate insieme dal vincolo della carità.

E' della carità, infatti, che l'Apostolo dice: Voglio mostrarvi una via ancor più eccellente (1 Cor 12, 31); e altrove dice: e possiate conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (Ef 3, 19); e ancora: Al di sopra di tutte le cose rivestitevi della carità la quale è il vincolo della perfezione (Col 3, 14). Se dunque la carità è la via più eccellente, se essa sorpassa ogni conoscenza, ed è al di sopra di tutti i precetti, giustamente la veste che la raffigura, si dice che è tessuta dall'alto. Essa è senza cucitura, cosí che non si può dividere; e tende all'unità, perché raccoglie tutti in uno. Cosí quando il Signore interrogò gli Apostoli, che erano dodici, cioè tre volte quattro, Pietro rispose a nome di tutti: Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivente; e gli fu detto: A te darò le chiavi del regno dei cieli (Mt 16, 16 19), come se soltanto lui avesse ricevuto la potestà di legare e di sciogliere.

Ma siccome Pietro aveva parlato a nome di tutti, anche la potestà che ricevette, la ricevette unitamente a tutti, come rappresentante dell'unità stessa. Ricevette la potestà uno per tutti, perché l'unità è in tutti. Cosí anche qui l'evangelista, dopo aver detto che la tunica era tessuta dall'alto in basso, aggiunge: per intero. Se per intero lo riferiamo a ciò che la tunica significa, possiamo ben dire che nessuno è privo di questa unità, se appartiene al tutto. E' da questa totalità, indicata dal termine greco, che la Chiesa prende il nome di "cattolica".

La sorte poi che cosa sta a indicare se non la grazia di Dio? Cosí, in uno la grazia perviene a tutti, in quanto la sorte esprime il favore di tutti, dato che è nell'unità che la grazia perviene a tutti. E quando si tira a sorte non si tiene conto dei meriti delle singole persone, ma ci si affida all'occulto giudizio di Dio.5. Il fatto che tutto questo sia stato compiuto da uomini malvagi, non cioè dai seguaci di Cristo, ma dai suoi persecutori, non significa che non possa raffigurare qualcosa di buono. Che dire infatti della stessa croce, che anch'essa certamente venne fabbricata e inflitta a Cristo dai nemici e dagli empi?

E tuttavia bisogna ammettere che in essa vengono raffigurate le dimensioni di cui parla l'Apostolo: larghezza, lunghezza, altezza, profondità (Ef 3, 1Cool. E' larga nella trave orizzontale su cui si estendono le braccia del crocefisso, e significa le opere buone compiute nella larghezza della carità; è lunga nella trave verticale che discende fino a terra, sulla quale sono fissati i piedi e il dorso, e significa la perseveranza attraverso la lunghezza del tempo sino alla fine; è alta nella sommità che si eleva al di sopra della trave orizzontale, e significa il fine soprannaturale al quale sono ordinate tutte le opere, poiché tutto quanto noi facciamo in larghezza e lunghezza, cioè con amore e perseveranza, deve tendere all'altezza del premio divino.

E' profonda, infine, in quella parte della trave verticale che viene conficcata in terra; essa è nascosta e sottratta agli sguardi umani, ma tuttavia da essa sorge e si eleva verso il cielo la parte visibile della croce: significa che tutte le nostre buone azioni e tutti i beni scaturiscono dalla profondità della grazia di Dio, che sfugge alla nostra comprensione e al nostro giudizio. Ma anche se la croce di Cristo non significasse altro che quello che l'Apostolo dice: Coloro che appartengono a Cristo, hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri (Gal 5, 24), questo sarebbe già un bene immenso. E tutto questo non può che essere frutto dello spirito buono, che nutre desideri contrari a quelli della carne, cosí come la croce di Cristo è stata fabbricata dal nemico, cioè dallo spirito del male. E infine qual è il segno di Cristo, che tutti conoscono, se non la croce di Cristo?

Senza questo segno, che si pone sulla fronte dei credenti, che si traccia sull'acqua in cui vengono rigenerati o sull'olio della cresima con cui vengono unti o sul pane del sacrificio con cui vengono nutriti, nessuno di questi riti è valido. Perché allora non possiamo dire che anche le azioni dei malvagi possono rivestire un significato buono, dal momento che nella celebrazione dei misteri di Cristo ogni bene soprannaturale viene a noi attraverso il segno della sua croce, che fu opera di uomini malvagi? Con questo basta. Quello che segue, se Dio ci aiuterà, lo vedremo un'altra volta.

S.Agostino

OMELIA 118 cliccate qui per il testo intero.....
www.augustinus.it/italiano/comme ... ia_118.htm
Caterina63
00giovedì 27 novembre 2008 09:09
DISCORSO 146
di S.Agostino

DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (21, 15-17):
" SIMONE DI GIOVANNI, MI AMI TU? "



L'ufficio del pastore e delle pecore. La nostra eredità, Dio stesso.

1. Dalla lettura odierna la Carità vostra ha notato che cosa sia stato detto a Pietro dal Signore col domandargli: Mi ami? A lui quello rispondeva: Signore, tu sai che ti amo. Questo una seconda, questo una terza volta; ed alle singole frasi di quello che dava la risposta, il Signore diceva: Pasci i miei agnelli. Cristo, che pasceva anche Pietro, raccomandava a Pietro di pascere i suoi agnelli. Pietro infatti che prova poteva dare al Signore soprattutto ora che aveva immortale il corpo ed era sul punto di salire al cielo? Quasi a dirgli: Mi ami? Dimostra in questo che mi ami: Pasci le mie pecore (Gv 21, 15-17.). Perciò, fratelli, ascoltate con docilità che siete le pecore di Cristo, perché anche noi ascoltiamo con timore: Pasci le mie pecore.

Se noi guidiamo al pascolo e abbiamo timore per le pecore, le pecore stesse come devono temere per sé? Perciò a noi deve spettare la cura, a voi l'obbedienza; a noi la vigilanza pastorale, a voi l'umiltà del gregge. Quantunque anche noi, che ci troviamo a parlare da un luogo più alto sotto i vostri occhi, ci troviamo, con il timore, sotto i vostri piedi, dopo che sappiamo che rischio comporti rendere ragione di questa sede quasi eccelsa. Quindi, carissimi, germogli cattolici, membra di Cristo, considerate quale eredità vi sia promessa.

Non tale qual è sulla terra da non poter essere posseduta dai figli se non dopo la morte dei loro genitori. Nessuno infatti sulla terra possiede l'eredità del padre se questi non è morto. Noi, vivendo il nostro Padre, avremo ciò che donerà, perché il Padre nostro non potrà morire. Aggiungo di più, dico di più, e dico il vero: egli stesso, il Padre, sarà la nostra eredità.

Prescrive ai neo-battezzati di guardarsi dai cattivi Cristiani e dagli scismatici.

2. Vivete come si conviene, soprattutto voi, i biancovestiti di Cristo, novelli battezzati, appena rigenerati, così come vi ho ammonito in precedenza, ed ora ripeto e dichiaro la mia preoccupazione, perché la presente lettura dal Vangelo ha dato posto in me ad un timore più grande; badate a voi stessi, non imitate i cattivi Cristiani. Non dite: Lo farò perché molti credenti lo fanno.

Questo non è un disporsi a giustificare l'anima, ma un procurarsi compagni per l'inferno. Crescete in questa aia del Signore; in essa troverete i buoni, di cui anche voi potete essere contenti se anche da parte vostra sarete stati buoni. Non siete infatti il nostro guadagno? Eretici e scismatici si sono formati delle proprietà dai furti perpetrati al Signore ed hanno voluto pascere con i greggi di Cristo, ma i loro contro Cisto. Apertamente hanno imposto in nome di lui proprio alle loro refurtive, come per difendere le loro prede per mezzo del nome di colui che è potente.

Che fa Cristo quando si convertono dei tali che fuori della Chiesa hanno ricevuto il nome del suo Battesimo? Scaccia l'usurpatore, non cambia il nome ed entra in possesso della casa; infatti vi ha trovato il proprio nome. Che bisogno c'è che cambi il nome dato che è il suo? Badano forse a ciò che disse il Signore a Pietro: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore (Gv 21, 17.)? O che gli ha detto: Pasci i tuoi agnelli, o: Pasci le tue pecore? Ma, una volta esclusi, che ha detto alla Chiesa nel Cantico dei Cantici? Rivolgendosi alla sposa, lo sposo dice: Se non avrai riconosciuto te stessa, o bellissima tra le donne, esci tu (Ct 1, 7.).

Quasi a dire: Non sono io a farti uscire, esci tu, se non avrai riconosciuto te stessa, o bellissima tra le donne, se non avrai riconosciuto te nello specchio della divina Scrittura, se, o bellissima donna, non avrai fatto attenzione allo specchio che non t'inganna con falso splendore; se non avrai riconosciuto che cosa di te è stato detto: Su tutta la terra la tua gloria (Sal 46, 12.); che di te è stato detto: Ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra (Sal 2, 8.), ed altre innumerevoli testimonianze che raccomandano la Chiesa cattolica. In conseguenza, se non avrai riconosciuto, non hai parte, non puoi fare di te l'erede.


Perciò: Esci tu sulle orme dei greggi, non nella società del gregge: e pasci i tuoi capretti (Ct 1, 7.), non come è stato detto a Pietro: Le mie pecore. A Pietro fu detto: Le mie pecore; agli scismatici è detto: I tuoi capretti. Qui le pecore, là i capretti; qui le mie, là i tuoi. Ripensate alla destra e alla sinistra del nostro giudice; richiamate alla memoria dove staranno i capretti e dove le pecore (Mt 25, 33.), e vi si mostrerà evidente dov'è la destra, dove la sinistra, la candida e la scura, la luminosa e la tenebrosa, la bella e la deforme, quella che riceverà il regno e quella che incorrerà nella pena eterna.
Amen!

www.augustinus.it/index2.htm

Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 12:14
....amici, mi sono imbattuta in questo video da "La Storia siamo noi - il Collegio Russicum".... forse molti non conoscono le origini di questo Collegio o lo conoscono solo superficialmente....
Il video è ben fatto (scaricabile anche da emule e non credo che sia illegale visto che è un documentario televisivo), e ci fa scoprire veramente quanti SANTI E MARTIRI a noi sconosciuti il Signore ha suscitato sempre in tempi difficili.... i Martiri SILENZIOSI ma operanti ed operativi in un mondo chiassoso e a volte troppo rumoroso.....
Questa storia mi ha fatto innamorare ancora di più della Chiesa....



Russicum

È il 1929 e Papa Pio XI su suggerimento di padre Michel d’Herbigny, fonda il Collegium Russicum volto alla preparazione di giovani preti da inviare nell'URSS dove l'ideologia comunista aveva eliminato tutte le gerarchie ecclesiastiche.

www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1453


Anche se c'è chi ha creduto o pensato che Russicum fosse un "covo di spie" i fatti dimostrarono che esso fu fucina di MARTIRI.....

La Russia comunista

Nella Russia ortodossa dei primi del Novecento le Chiese di rito occidentale funzionanti sono quasi duemila, oltre duemila sono i sacerdoti cattolici e oltre cinque milioni i fedeli, ma con la Rivoluzione russa del 1917 la situazione per la Chiesa cattolica si fa sempre più difficile.

Dopo una prima fase costituzional-democratica frutto della “rivoluzione di febbraio” del 1905 che pone fine al regime zarista, infatti, l’insurrezione dei bolscevichi del 1917 porta a un regime dittatoriale e socialista fondato sul potere dei Soviet che prevede, tra l'altro, la ridistribuzione tra i contadini delle terre dei latifondisti e la totale negazione dell’esistenza di Dio.

E se nella nuova Costituzione varata nel luglio del 1918 si parla solamente di “separazione” fra Chiesa e Stato, di fatto i bolscevichi annullano ogni forma di religione all’interno del Paese: Lenin impone fin dall’inizio il compito di organizzare non solo una propaganda antireligiosa, ma anche l’ateismo militante contro la Chiesa ortodossa (l’istituzione più importante in Russia) e contro la Chiesa cattolica.

Con un decreto, i bolscevichi guidati da Lenin espropriano tutti i beni della Chiesa, dalle terre ai luoghi di culto, dai monasteri a tutti gli edifici sacri, e tolgono il diritto di voto ai sacerdoti che si vedono anche estromettere dalle parrocchie. Il leader del partito vuole che la Chiesa venga colpita con “tale forza da restare distrutta per almeno 50 anni”. Dopo questi primi provvedimenti nel 1919 arrivano anche i primi arresti che, usati inizialmente solo come semplici intimidazioni, iniziano a crescere esponenzialmente dal ’22 quando si comincia da accusare i sacerdoti di “attività controrivoluzionaria”.

Il primo processo collettivo ai cattolici avviene infatti proprio nel 1922, il secondo e il terzo tra il '28 e il '32. Con questi tre processi viene praticamente arrestato tutto il clero russo; di conseguenza tutta la comunità cattolica dell’Unione Sovietica rimane senza guide spirituali, elemento di grande preoccupazione per il Vaticano.

Come racconta lo scienziato Anatolij Krasikov «molti dei dirigenti dello Stato e del partito, erano ex allievi dei seminari ortodossi, e quindi nel loro nuovo ruolo avevano introdotto i ritratti dei membri dell’ufficio politico al posto delle icone, e trasformato i riti religiosi in riti politici».

Tra il '22 e '23, proprio nel periodo in cui avvengono i primi arresti e le prime deportazioni nei gulag destinati al clero, viene avviata una trattativa diplomatica tra il governo bolscevico e il Vaticano al fine di rendere meno tesi i rapporti: in questo periodo infatti l’Unione Sovietica è del tutto isolata politicamente e ha un vitale bisogno di riconoscimento internazionale, mentre il Vaticano è interessato al dialogo proprio perché mira alla ricostruzione di una gerarchia ecclesiastica in Unione Sovietica. Ma i canali diplomatici tra le due potenze non portano ai risultati sperati, e così già nel 1926 in Unione Sovietica non vi è più nemmeno un Vescovo.

Michel d'Herbigny e il Collegium Russicum

È il 1929 e Papa Pio XI, su suggerimento del gesuita francese, padre Michel d'Herbigny, fonda il Collegium Russicum la cui storia però risale a qualche anno prima e precisamente al 1912 quando padre Wlodimir Ledochowski, futuro generale dei gesuiti, scrive un documento in cui esprime la sua preoccupazione rispetto all' Unione Sovietica e alla necessità di preparare cattolici da inviare in quella terra dove, già dalla rivoluzione di febbraio, si stava facendo pressioni sempre maggiori sulla comunità cattolica.

Prima di fondare il Collegium Papa Pio XI manda padre d'Herbigny per due volte a Mosca; ma queste “spedizioni” sono ancora avvolte nel mistero in quanto molti dei documenti che le riguardano sono tuttora segreti. Quello che si sa lo racconta lo storico e giornalista padre Antoine Wenger: «Non c’erano più vescovi e per la chiesa cattolica non c’era modo di sopravvivere senza vescovi; il problema era capitale e fu in questa fase che monsignor d'Herbigny concepì il suo piano segreto: riuscì a convincere il Papa e il suo Segretario di Stato, Pietro Gasparri, a mandarlo a Mosca dopo essere stato segretamente nominato vescovo a Berlino. In questo modo avrebbe potuto consacrare nuovi vescovi in Russia senza destare sospetti. Non a caso Gasparri (Segretario di Stato del Vaticano, dal 1919 al 1930) gli diede come titolo quello di “Vescovo di Troia”; era una sorta di cavallo di Troia».

Dopo essere stato consacrato segretamente vescovo il 29 marzo del '26, il 21 aprile monsignor d'Herbigny arriva a Mosca e alloggia all’hotel Savoy (ancora oggi esistente). La mattina molto presto si reca nella chiesa di San Luigi dei Francesi e consacra a sua volta vescovo padre Eugène Neveu, il parroco francese di Makeevka, in un'atmosfera di grande semplicità e alla vista di pochissimi testimoni. In seguito consacrerà altri tre amministratori apostolici per le città di Leningrado, Minsk e Odessa.

Ma queste due brevi spedizioni non sono sufficienti a ridare corpo alle gerarchie ecclesiastiche, servono nuovi sacerdoti. Dunque nel 1929 viene fondato a Roma il Collegium Russicum al fine di formare nuovi sacerdoti con una duplice missione: diventare apostoli del Vangelo e andare incontro alle necessità spirituali della Russia. L’idea originale è quella di fare del collegio un centro per studenti di nazionalità russa e di rito bizantino - slavonico, ma trovare candidati russi che non siano di rito ortodosso è molto difficile, ben presto quindi il Russicum si riempie di candidati di varie nazionalità, ma uniti dallo stesso scopo: annunciare e predicare il vangelo in Russia, anche a costo della morte.

La storia di Pietro Leoni
Padre Pietro Leoni nasce a Premilcuore, in provincia di Forlì nel gennaio del 1909, ed è il quinto di sei fratelli di una modesta famiglia contadina. Entrato in seminario nel 1922 e poi nella compagnia di Gesù nel 1927 è tra coloro che vengono preparati all’interno del Collegium Russicum. Vi arriva nel 1934 e qui dopo cinque anni viene ordinato sacerdote in un clima di intenso fervore religioso: la preoccupazione per la sorte dei cristiani nell’Unione Sovietica è sempre più forte in seno al Vaticano e tra i fedeli, e questo non fa che dare maggiore forza alla vocazione del padre romagnolo.

Pietro Leoni parte per la Russia in veste di cappellano militare nel 1941. Tornato in Italia dopo la sconfitta del 1942, decide di ripartire per l'Unione Sovietica come parroco della comunità cattolica di Odessa, dove però viene arrestato il 29 aprile del ’45. La guerra è ormai finita, anzi vinta, e Stalin cancella quella poca tolleranza religiosa che si era imposto per rinsaldare lo spirito del popolo russo di fronte ai sacrifici inumani provocati dal conflitto.

Per Padre Leoni inizia un lungo calvario, a partire dall’inquisizione del KGB a cui risponde: «Io di crimini contro la potestà sovietica non ne ho commessi; lo spionaggio non so neppure come si fa. E dalla propaganda antisovietica mi sono sempre astenuto per non compromettere l’apostolato, a meno che per voi non sia propaganda antisovietica il predicare il vangelo…nel qual caso allora sì, sarei colpevole».

Dopo l'arresto viene trasferito a Mosca e poiché durante gli interrogatori si rifiuta di fare i nomi degli altri sacerdoti che operano in Russia e inoltre si oppone apertamente all governo bolscevico, affermando che nell’Unione Sovietica manca la democrazia e la libertà di parola e di stampa, la sua istruttoria viene chiusa con la condanna a dieci anni nei campi di rieducazione, tra cui il gulag dell’arcipelago delle Solovki.

Solovki, l’arcipelago gulag

Si dice che nel XVII secolo un monaco che era stato il confessore dello zar Pietro il Grande, arrivò a Solovki, l’arcipelago russo posto a 160 km dal circolo polare artico, e qui venne imprigionato in una fortezza dove una sera ebbe una visone: la madre di Dio gli annunciò che una collina di quell’isola sarebbe diventata il nuovo Golgota e quindi un luogo di grande sofferenza. Questa profezia si è avverata con l’avvento al potere dei bolscevichi, quando viene creato il primo gulag sovietico: nel 1923 il magnifico santuario ortodosso costruito su una delle isole dell’arcipelago viene trasformato in un campo di concentramento, in una sorta di accademia dell’orrore dove si studiano le violenze più scientifiche e le tecniche più adeguate di fucilazione.

I primi preti ad arrivare a Solovki sono gli ortodossi processati a Mosca nel ’24. Nel ’26 è la volta del primo sacerdote di rito latino e a questi ne seguiranno molti altri condannati per spionaggio e, in base all’articolo 58 del Codice penale della Repubblica Sovietica Federale Socialista, anche per attività controrivoluzionaria. È proprio grazie a questo articolo del codice penale russo che punisce “chiunque agisce in modo controrivoluzionario” che Stalin può liberarsi di qualunque suo oppositore, condannandolo alla fucilazione oppure alla deportazione nei gulag.

Le carte in tutto parlano di 1 milione di prigionieri finiti nel lager; di questi almeno 250mila hanno trovato la morte. A farne le spese sono intellettuali, scrittori, artisti, scienziati, uomini dello zar, militanti politici e tutti coloro che in qualche modo potevano essere di ostacolo al regime comunista. Tra questi anche i sacerdoti.

È Alexej Judin a spiegare perché i bolscevichi guardavano con tanto sospetto all’operato dei sacerdoti: «Certamente il regime comunista guardava a tutto ciò con occhi diversi, innanzitutto perché per loro la loro fede cristiana non aveva alcun valore: Dio non esiste e se Dio non esiste, questi preti missionari che vengono a fare se non per motivi di spionaggio politico e industriale?!».

Pietro Leoni viene liberato

Dopo nove anni dal giorno del suo arresto, il 5 ottobre del ’54, la sorella del sacerdote riceve una sua cartolina. La località è ignota, anche se porta il timbro di Mosca. “Carissima sorella è già le seconda volta che ti scrivo, ma dubito che la precedente cartolina ti sia giunta. La mia salute è deboluccia, a causa di disturbi di stomaco, ma il morale è sempre elevato, Gesù e Maria sono la mia fortezza…”.

Qualche mese dopo un prete, anche lui missionario in Russia, torna in Italia e riferisce ai familiari di aver conosciuto padre Leoni nell’isola di Solovski. I famigliari iniziano quindi le ricerche e si rivolgono al Ministero degli Esteri il quale entra in contatto con la Russia, nella quale ormai il potere era passato, brevemente, a Georgij Malenkov. Il KGB manda due foto e un referto medico: le foto mostrano il prete con un abito elegante, per dimostrare che sta bene, ma in seguito Pietro Leoni racconterà di aver cercato di mostrare delle corna con la mano nella foto, corna che però erano state prontamente tagliate!

Intanto in Unione Sovietica, il nuovo leader del partito, Nikita Chruscev opera una revisione critica dello stalinismo: si tratta del primo timido avvicinamento tra Unione Sovietica e Occidente. È in questo panorama politico che va collocato il ritorno in Italia, il 26 maggio del ’55, di Padre Leoni e padre Dante Ughetti, liberati dai Sovietici al fine di allentare le tensioni con l’Occidente.

Al suo ritorno Padre Leoni racconterà del suo silenzio di fronte ai militari bolscevichi e di essere stato condannato ai lavori forzati, dove ha fatto i lavori più disparati: dal minatore al calzolaio, dal sarto al muratore e allo “stufaro”. Racconterà di aver lottato contro la neve e il gelo, ed è molto difficile riuscire a immaginare il suo fisico così esile e minuto resistere in un gulag. Secondo la sua testimonianza a dargli forza è stato il suo ottimismo, nutrito dall’amore verso Dio.

Nel 1959 lascerà l’Italia per servire una comunità russa in Canada, dove morirà nel 1995.

I martiri

Il bilancio finale dell’operazione Russicum può forse essere definito un fallimento, perché troppi sono stati i missionari morti o finiti nei gulag, ma è anche vero che lo spirito del Collegium ha favorito l’incontro tra Unione Sovietica e Occidente.

Tra i martiri del Russicum, ricordiamo:

Paul Chalair deportato
Fabian Abrantowicz morto nei gulag
Jan kellner fucilato
Jerzy Moskwa fucilato
Jean Nicolas deportato
Pietro Leoni deportato
Vendelin Javorka deportato
Walter Ciszek deportato
Victor Novikov deportato
Teodor Romza assassinato


Una puntata di Amedeo Ricucci
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