Maria e la passione e morte del Figlio
Seguiamo il racconto dell’intensa "com-passio matris" della Vergine nelle "rivelazioni apocrife" particolarmente significative de Il Vangelo segreto di Maria, opera già nota nei primi secoli.
Siamo giunti al sesto dei sette "quadri" individuati come componenti la narrazione apocrifa della vita della Madonna:
<*>origini e nascita di Maria
<*>Maria al tempio
<*>il matrimonio con Giuseppe
<*>l’Annunciazione
<*>Maria, Madre-vergine
<*>Maria nella passione e risurrezione di Gesù
<*>dormizione e Assunzione della Vergine.
Parleremo dunque ora della partecipazione di Maria alla passione, morte e risurrezione del Figlio, secondo alcuni scritti apocrifi.
Dei sette "quadri" sopra nominati, questo è il più povero di riferimenti; anzi, sarebbe più esatto affermare che l’apporto in notizie e contenuti su quella parte di vita della Madonna che va dall’episodio di Gesù dodicenne nel tempio (termine di tempo convenzionale nella narrazione dei cosiddetti "Vangeli dell’infanzia") ai fatti della passione e risurrezione inclusi, è praticamente inesistente.
Tuttavia, non mancano rari accenni agli eventi della passione, morte (e specialmente della risurrezione) del Signore; anche se si ha l’impressione che gli autori degli apocrifi trovino difficoltà a delineare la partecipazione di Maria e a confrontarla con i misteri del Figlio, pur non mancando qualche spunto teologicamente rilevante.
Del resto, i Vangeli canonici al riguardo non ci dicono molto di più.
I giorni della passione e morte di Gesù
Il Vangelo di Nicodemo (scritto presumibilmente intorno all’anno 100-150 e tramandato nella prima parte anche separatamente, sotto il titolo Atti di Pilato), descrive accuratamente il processo di Gesù di fronte a Ponzio Pilato e, più in breve, la crocifissione. Quando rievoca la presenza di Maria sotto la croce, impoverisce con una esegesi estrapolata sia Giovanni 19,25-28 (episodio che narra l’affidamento, da parte di Gesù morente, del discepolo prediletto alla madre e della madre al discepolo), sia i sinottici; così né Maria, che si domanda come potrà programmare il suo futuro, né Giovanni avvertono il significato spirituale e soteriologico delle parole di Gesù. Il dato positivo è, invece, il collegamento della passione globalmente intesa con la profezia di Simeone, riportata in Luca 2, 34-35 (cf Vangelo di Nicodemo, XI, 5).
Un altro apocrifo, nel "Transito colbertino" dello Pseudo-Clemente (cf II, 1), riesce ad accostare bene il nucleo del dialogo tra Gesù e Maria: «a Giovanni, perché vergine nel corpo, Gesù consegna la madre dicendo: "Ecco tua madre", e alla madre: "Ecco tuo figlio". Da quell’istante Maria divenne oggetto costante delle sollecitudini di Giovanni per tutta la sua vita».
Per trovare maggiori riferimenti alla parte avuta dalla Madre di Gesù nella passione e morte del Signore, dobbiamo cercare tra le "rivelazioni apocrife" di tempi a noi più vicini: pensiamo, per tutte, a Il Vangelo segreto di Maria (un manoscritto scoperto solo nel 1884, ma già citato dai primi Padri della Chiesa e conosciuto già nel IV secolo dalla monaca spagnola Egeria, nel quale sono narrati aspetti inediti della vita di Gesù e si raccolgono le esperienze più segrete della sua santa Madre).
Altre suggestive pagine "apocrife" sulla partecipazione di Maria alla passione e morte di Gesù sono contenute nell’opera maggiore della mistica Maria Valtorta (la cui prima edizione risale al 1959, ed oggi è pubblicata in dieci volumi con il titolo L’Evangelo come mi è stato rivelato).
Infine, nulla ci dice al riguardo la monaca stigmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick nella sua Vita della santa Vergine Maria dove, dopo averci narrato le vicende della Madonna dalla storia dei suoi progenitori fino al ritorno della santa Famiglia dall’Egitto (cap. I-VIII), passa direttamente a parlare di Maria ad Efeso (cap. IX).
La sofferenza della Vergine nella passione del Signore,
secondo Il Vangelo segreto di Maria
Riportiamo intanto alcuni stralci della narrazione de Il Vangelo segreto di Maria (San Paolo, 2001), riprendendoli dal capitolo "In piedi, accanto alla croce" (pp. 187-229). È Maria stessa che racconta all’apostolo Giovanni l’intensità drammatica con la quale ha vissuto i giorni della passione e morte di Gesù.
«La Passione di Gesù fu certo infinitamente più dura della mia. Egli era Dio e io non lo ero. Egli era l’Agnello che prendeva su di sé i peccati del mondo e io una semplice donna che aveva avuto l’enorme privilegio di essere sua madre. Ero proprio sua madre, e se c’era un momento in cui far valere la mia condizione privilegiata, era quello .
«Non mi ero appellata alla mia maternità quando, nei momenti di gloria, tutti lo esaltavano e si battevano per servirlo. Allora lui non aveva bisogno di me. Adesso, invece, proprio quando perfino voi , i compagni più vicini, dubitavate di lui, avevo il diritto di rivendicare il mio ruolo di madre. Del resto, il privilegio per chi ama è aiutare l’essere amato; non c’è ricompensa più grande.
«In nessun istante di quella notte , né del giorno seguente si interruppe la comunicazione fra noi. Non so se lui lo sentisse: lo saprò quando mi riunirò con lui in cielo che, come intuisco, avverrà presto. So solo che, a partire da un determinato momento, sentii che il mio spirito era unito al suo e che questa era una grazia che il Signore mi aveva concesso per recargli sollievo.
«Per questo, anch’io come lui nel Getsemani caddi in ginocchio e pregai con angoscia e terrore. Avvertivo la sua profonda solitudine, sentivo il sangue che scorreva sulla sua fronte. Con lui, mentre pregava nell’orto degli Ulivi, supplicai il Padre di allontanargli il calice senza farlo soffrire; ma gli dissi anche che, prima di tutto, fosse fatta la sua volontà. Potei quasi udire le grida di quelli che arrivavano armati di spade e bastoni. Sentii perfettamente un bacio miserabile, il bacio del traditore, sulla sua guancia e sulla mia; e tremai come mai lo avevo fatto prima, poiché per la prima volta avvertii il respiro del Maligno vicino al mio volto.
«E poi tutto il resto che tu, , già conosci e che fu la sua spaventosa passione <...>. Sì, quella notte seppi ciò che stava succedendo: il grande scontro fra il bene e il male. E quella notte seppi che il mio piede avrebbe schiacciato la testa del serpente, mentre questi, disperato per la sconfitta, mi mordeva inutilmente il tallone. La mia forza, quella forza che sa avere solo una donna che è madre, aiutò mio figlio a vincere il serpente, il Maligno <...>» (Il Vangelo secondo Maria, pp. 208-210).
La Madonna continua quindi a riferire a Giovanni l’infinita dolorosa partecipazione che lei ha vissuto, momento dopo momento, nel seguito della passione del figlio, fino al Calvario: «, stordite e senza sapere cosa fare, ci lasciammo guidare dalla gente e ci dirigemmo verso il monte del Teschio, fuori dalle mura della città. Ben presto si seppe cosa stava succedendo nel gran frastuono che si era creato tutt’intorno: la comitiva con il reo era uscita dalla Torre Antonia e si dirigeva verso il Calvario. Andavano tutti molto in fretta per evitare il temuto contraccolpo dei supposti seguaci di mio figlio; ma di questi seguaci non restava nemmeno l’ombra: sembrava che ci fossimo solo noi donne, confuse fra la gente, senza paura ma con il cuore che batteva forte forte <...>.
«A un certo punto vidi mio figlio Gesù quasi accanto. Non potemmo dirci nulla, ma solo guardarci. Fu sufficiente. Io vidi il suo dolore e lui il mio. Sentivo che si appoggiava a me e resistetti al peso di tutto un Dio che ha bisogno dell’aiuto di un essere umano, perché quel Dio è anche un uomo e quell’essere umano è sua madre. Temetti che il peso mi schiacciasse, ma mi afferrai a Dio Padre; e mentre lui mi sosteneva, io sostenevo Dio suo Figlio, come se attraverso di me la Divinità si mettesse in contatto con se stessa, ben decisa a mantenere fino alla fine questa dolorosa situazione che era necessaria perché mio figlio bevesse fino in fondo il calice dell’amarezza.
«Se lo portarono via subito; ed io non lo vidi cadere più volte, come poi mi hanno raccontato. Vidi però la donna che, impietosita, deterse il suo volto con un telo <...>.
La madre di Gesù presso la croce
«Arrivammo così ai piedi della roccia, detta del Teschio, dove venivano crocifissi i malfattori. C’erano già due uomini inchiodati sulle rispettive croci, e nel centro era ritto un palo verticale sopra il quale sarebbe stato appeso mio figlio <...>. Lo vidi quando cominciarono a sollevarlo. Si fece un gran silenzio intorno, finché finirono di inchiodarlo. Allora, improvvisamente, scoppiarono le grida: gli insulti erano terribili e gli stessi soldati dovettero intervenire per allontanare i suoi nemici più crudeli e accaniti. Io, nonostante mi aspettassi di tutto, non riuscivo a credere a ciò che vedevo e ascoltavo: vidi persino una donna del popolo proferire bestialità in atteggiamento minaccioso nei suoi confronti; e vidi un tale che, paralitico, era stato guarito da Gesù, sputargli addosso e maledirlo. Allora caddi a terra sfinita <...>.
«Quando poi tu, Giovanni, ed io potemmo raggiungere le prime file, ciò che vidi mi colpì nel corpo e nell’anima come se mi avessero inferto in una sola volta tutti i colpi che lui aveva ricevuto, poco prima, nel cortile della Torre Antonia. Questa volta, però, anche se non mi restava neppure un briciolo di forza, non crollai, poiché il suo sguardo mi trovò subito e tutti e due ci sostenemmo a vicenda.
«Non so se prima avesse detto qualcosa, poiché era sulla croce già da un po’ di tempo, quando riuscimmo ad avvicinarci a lui; ma ciò che tu ed io, insieme alle altre donne, potemmo ascoltare da Gesù morente non lo potrò mai dimenticare. Disse, con l’ultimo filo di voce: "Donna, ecco tuo figlio" – "Figlio, ecco tua madre".
«Perché quell’affidamento reciproco? Ci ho messo molto tempo a capirlo, perché era come se qualcuno avesse la pretesa di soppiantarlo nel mio cuore <...>. Ma, abituata come ero a trattare con Dio, imparai che era arrivato il momento dell’oblazione totale e che, quindi, anche il sentimento più profondo di una madre doveva essere offerto, perché solo Dio regnasse nel mio cuore, in modo assoluto. La mia opera, mio figlio, moriva; e Dio, che me lo aveva dato, me lo toglieva. Me lo toglieva e mi chiedeva di accettare un altro, degli altri, al suo posto e di amare questi altri, compresi gli assassini di mio figlio, come lui li amava. Per questo, mentre lui moriva, anch’io morivo; mentre lui sperimentava l’unione assoluta con il Padre, anch’io perdevo tutto perché, da quel momento, non mi restasse altro che un "solo Dio" che sulla croce si era portato via anche i legittimi sentimenti di una madre» (Il Vangelo di Maria, pp. 214-219).
Il seguito di questa commovente narrazione de Il Vangelo segreto di Maria alla prossima puntata (qui a seguire dopo l'immagine), insieme a pagine parimenti intense di altri autori di scritti apocrifi.
Simone Moreno
Fonte Madre di Dio 2007 n.7
La Vergine nella morte e risurrezione di Gesù
Tra i rari testi apocrifi che raccontano l’esperienza di Maria alla morte e risurrezione del suo figlio, occupa il primo posto la narrazione de Il Vangelo segreto di Maria, non privo di spunti teologici.
Dei sette quadri, che compongono la narrazione apocrifa della vita della Vergine, indubbiamente il sesto ("Maria nella passione e risurrezione di Gesù") è il più povero di riferimenti; più esattamente, l’apporto in notizie e contenuti sulla parte di vita della Madonna che riguarda i fatti della passione e morte del Signore è pressoché inesistente, mentre più consistenti sono gli accenni all’evento della risurrezione e ai giorni che seguirono, fino all’ascensione di Gesù al cielo.
Ma, del resto, i Vangeli canonici al riguardo non ci dicono molto di più.
Il dolore di Maria per la morte del figlio
Abbiamo ricordato, la scorsa volta, che, per trovare qualche riferimento alla parte avuta dalla madre di Gesù nella passione e morte del Signore, dobbiamo cercare tra le "rivelazioni apocrife" di tempi a noi più vicini: ossia a Il Vangelo segreto di Maria, di cui fu scoperto un manoscritto solo nel 1884, ma che era già noto ai primi Padri della Chiesa, nel quale sono narrati aspetti inediti della vita di Gesù e si raccolgono le esperienze più segrete della sua santa madre. Riportiamo un altro stralcio del racconto di questo libro tardo-apocrifo, dal capitolo "In piedi, accanto alla croce" (Il Vangelo segreto di Maria, pp. 187-229, San Paolo, 2001). È Maria stessa che narra all’apostolo Giovanni l’intensità drammatica con la quale ha vissuto i giorni della passione e morte di Gesù.
«Con quella sensibilità che mi proveniva dalla comunione piena con lui, avvertivo che qualsiasi cosa lo feriva, per cui gli dissi di sì , lo rassicurai che da quel momento saresti stato mio figlio e che non avrei mai smesso di amarti e di prendermi cura di te, come avevo fatto con lui. Glielo dissi senza parlare, ma lui lo capì immediatamente. Emise un profondo respiro, come sollevato. Era venuto per rendervi i suoi fratelli. Aveva già ottenuto che chiamaste "Padre" suo Padre. Tuttavia, perché la fratellanza fosse completa, era necessario che condivideste anche la madre. Pertanto, come il Padre vi accettava come figli, proprio attraverso il sacrificio volontario del suo unico figlio, altrettanto doveva fare la madre. Ed era il figlio adorato a chiederglielo <...>.
«Poco dopo, levò gli occhi al cielo e poi mi guardò. "Tutto è compiuto", mi disse. E, chinato il capo, affidò definitivamente il suo spirito nelle mani del Padre.
«Non so come spiegarti ciò che provai, Giovanni, perché io stessa ne rimasi stupita. Fu come se mi levassero un peso di dosso; un peso che non volevo perdere, perché quel peso era la sua vita, e senza la sua vita sicuramente non potevo continuare a vivere. Tuttavia, mi sentii completamente liberata da un carico. E, mentre voi eravate in preda allo sconforto e le mie compagne, soprattutto Maria Maddalena, cadevano a terra e gridavano torcendosi le mani per il dolore e si strappavano i capelli per la disperazione, io ero serena.
«Ero preoccupata e mi rimproveravo di non essere distrutta, disperata. Mio figlio era appena morto ed io ero triste, indubbiamente, ma non riuscivo a sentirmi in preda allo sconforto, non potevo. Per me era terribile vederlo lì appeso al legno, ridotto un cencio, sfigurato, torturato in modo indicibile, con la ferita della lancia che grondava ancora sangue e con la fronte e il volto sudici di fango e con i coaguli che, a goccioloni, cadevano dalle ferite prodotte sul capo dalla corona di spine. Ma non è che non soffrissi o non sentissi dolore; ma non potevo sprofondare nel pozzo senza fondo in cui tu e le mie compagne eravate sommersi <...>.
«E così ebbi di nuovo Gesù tra le mie braccia. Era morto. Abbracciavo il suo corpo e baciavo dolcemente il suo viso, ma non riuscivo ancora a piangere. Gli chiusi come potei gli occhi, quegli occhi che avevo aperto alla vita e posai un ultimo bacio sulle palpebre e sulla fronte <...>».
Dopo che ebbero deposto Gesù nel sepolcro, Nicodemo e sua moglie accompagnarono Maria con grande premura nella loro casa.
«Avvertii tuttavia che Dio si faceva presente in me, poco a poco, dolcemente. Con amore di sposo, mi tranquillizzava. Allora ricordai che mio figlio mi aveva ripetuto che sarebbe risuscitato e, quindi, doveva essere vivo in qualche luogo a me sconosciuto e che impediva che lo sentissi vicino a me come prima; ma era vivo, in qualche modo lo era ancora, perché non sentivo che era morto. E per questo, nonostante tutto ciò che avevo visto, non ero sprofondata in quell’abisso di dolore e di disperazione in cui eravate caduti tutti voi» (pp. 219-225).
Cristo risorto appare anzitutto alla madre
Segue quindi il racconto della Vergine che testimonia la prima apparizione di Gesù risorto a lei, prima ancora che alla Maddalena e ai suoi discepoli.
«Pregando e piangendo, in ginocchio accanto al letto, mi riaddormentai. Ricordo soltanto che, come trentaquattro anni prima , avvertii improvvisamente che c’era qualcuno nella stanza e mi svegliai di soprassalto. Era notte fonda e, tuttavia, avevo la sensazione che una luce straordinaria brillasse intorno a me, anche se tutto continuava ad essere al buio. Allora lo vidi. Non ebbi bisogno di chiedere chi fosse. Non ebbi il minimo dubbio. Era lì ed era lui, in attesa che mi destassi, vegliando il mio sonno. "Figlio!", gridai; e mi buttai tra le sue braccia. "Madre! – mi disse, mentre passava la mano sui miei capelli in disordine – sta’ tranquilla. È finito tutto. Sono di nuovo qui, con te". Allora mi baciò. Ti assicuro, Giovanni, che era lui, che erano le sue braccia, i suoi baci, la sua voce, il suo sguardo.
«"Abbiamo vinto, madre. Finalmente il Maligno è stato sconfitto. Finalmente la morte è stata eliminata. La vittoria è nostra ed è definitiva. Tu pure vi hai partecipato <...>, accanto alla croce, piena di fede e di speranza. Questo sarà il tuo compito eterno: essere madre di tutti, educatrice di tutti, consolatrice di tutti, mediatrice di tutti". "Di tutti, figlio?" ricordo che gli domandai un po’ stupita. "Sì, di tutti, – mi rispose – perché non sono venuto a salvare quelli che erano già salvi, ma coloro che erano perduti. Di tutti, compresi i miei peggiori nemici, di coloro che mi hanno ucciso. Sei madre di tutti, anche di coloro che non mi conoscono e di coloro che mi disprezzano. Sono morto per tutti, tutti amo e redimo. E tu non puoi escludere dal tuo cuore coloro che io accetto <...>".
«Restammo ancora insieme per molto tempo, seduti tutti e due sul letto, abbracciandoci e con le mani nelle mani. Quando già cominciava ad albeggiare, si congedò da me. "Vado da Maddalena e dalle altre" – mi disse –. E mi diede un lungo e definitivo abbraccio e un ultimo bacio. Poi se ne andò come era venuto, senza far rumore, senza essere notato» (pp. 227-229).
Nel capitolo successivo, intitolato: "L’ora dei miei figli", il racconto di Maria a Giovanni si sviluppa sullo schema della narrazione dei Vangeli canonici (Mt 28; Mc 16; Lc 24; Gv 20-21), mettendo in evidenza – a differenza dei Vangeli che lo ignorano – il fatto che la madre di Gesù fosse sempre presente alle apparizioni di Cristo ai suoi discepoli.
Maria ricorda di non essere stata invece presente al momento dell’ascensione del Signore; ricostruendo peraltro il momento dolcissimo del suo incontro con il figlio, prima che se ne andasse per sempre da questo mondo: «La sera prima della sua partenza , me ne stavo tranquilla nella casa , da sola, come cercavo sempre di fare, per raccogliermi in preghiera e godere della comunicazione spirituale con lui che ora non si interrompeva mai, quando notai che la sua vicinanza si intensificava e, aprendo gli occhi, lo vidi di nuovo accanto a me. Sorrideva, ma seppi subito che doveva darmi una triste notizia: "È arrivata l’ora di andare, madre, – mi disse –; ma non essere triste, torneremo a vederci presto. Vorrei portarti con me subito, ma hai una missione da compiere e per ora sei necessaria qui in terra"» (p. 235).
A ragione, alla voce "Apocrifi" del Nuovo Dizionario di Mariologia, Elio Peretto può scrivere che per i Vangeli apocrifi «non priva d’interesse teologico è l’alba del giorno della risurrezione». E spiega: «I Vangeli canonici non parlano di apparizioni di Gesù alla madre. Per visione oculare o per comunicazione orale sanno che Gesù è risorto Maria Maddalena, le altre donne recatesi al sepolcro, alcuni apostoli e poi alla sera tutto il gruppo dei discepoli. La Vergine non è ricordata tra questi privilegiati.
«Parlano invece dell’apparizione di Gesù alla madre il Vangelo di Bartolomeo e quello di Gamaliele in contesti dove cristologia ed ecclesiologia si intersecano e, nonostante le puntualizzazioni dei testi canonici (cf Gv 20, 1-18), a Maria è riconosciuto un ruolo superiore a quello di Pietro e della Maddalena. È lei la prima persona alla quale Gesù si manifesta dopo la risurrezione, e riceve l’invito di comunicare agli apostoli il prodigio (cf Vangelo di Bartolomeo, 8; Vangelo di Gamaliele VI, 17).
Inoltre, «con sorprendente chiarezza, da alcuni passaggi del Transito romano (ma come riflesso di At 1, 14) Maria è designata madre degli apostoli e della Chiesa nascente, là dove Giovanni la proclama sorella divenuta madre dei Dodici, madre dei salvati (cf capp. 16.18). La risposta della Madonna a tale apprezzamento ha il suo punto discriminante nella dichiarazione: "Ecco che si sono raccolti (gli Apostoli) ed io mi trovo in mezzo a loro come vite fruttifera, come quando ero con te e tu, <=Gesù>, eri quale vite in mezzo ai tuoi angeli" (cap. 29)».
Tale testo, «piuttosto tardivo, delinea con sufficiente precisione il ruolo di Maria in seno alla Chiesa nascente e la coscienza che ha di continuare l’opera del Figlio in veste di madre dei credenti. Tratto caratteristico del Vangelo di Bartolomeo è il rapporto confidenziale che si stabilisce, dopo un primo momento di esitazione, tra Maria e il gruppo dei discepoli» (Nuovo dizionario di mariologia, San Paolo 1986, p. 120s.).
Simone Moreno
FONTE: Madre di Dio, 2007, fasc. 8-9