Messaggio di Benedetto XVI per la 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani

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Caterina63
00giovedì 14 ottobre 2010 20:22
Messaggio di Benedetto XVI per la 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani


Il bene comune costruisce
e qualifica la città degli uomini



"Il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica". È quanto afferma il Papa nel messaggio inviato al cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, in occasione della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani che si è aperta nel pomeriggio di giovedì 14 a Reggio Calabria.

Al Venerato Fratello
Card. Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana

Il primo pensiero, nel rivolgermi a Lei e ai Convegnisti riuniti a Reggio Calabria in occasione della celebrazione della 46 Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, è di profonda gratitudine per il contributo di riflessione e di confronto che, a nome della Chiesa in Italia, volete offrire al Paese.

Tale apporto è reso ancor più prezioso dall'ampio percorso preparatorio, che negli ultimi due anni ha coinvolto diocesi, aggregazioni ecclesiali e centri accademici:  le iniziative realizzate in vista di questo appuntamento evidenziano la diffusa disponibilità all'interno delle comunità cristiane a riconoscersi "cattolici nell'Italia di oggi", coltivando l'obiettivo di "un'agenda di speranza per il futuro del Paese", come recita il tema della presente Settimana Sociale.

Tutto ciò assume un rilievo maggiormente significativo nella congiuntura socio-economica che stiamo attraversando. A livello nazionale, la conseguenza più evidente della recente crisi finanziaria globale sta nel propagarsi della disoccupazione e della precarietà, che spesso impedisce ai giovani - specialmente nelle aree del Mezzogiorno - di radicarsi nel proprio territorio, quali protagonisti dello sviluppo. Per tutti, comunque, tali difficoltà costituiscono un ostacolo sul cammino della realizzazione dei propri ideali di vita, favorendo la tentazione del ripiegamento e del disorientamento. Facilmente la sfiducia si trasforma in rassegnazione, diffidenza, disaffezione e disimpegno, a scapito del legittimo investimento sul futuro.

A ben vedere, il problema non è soltanto economico, ma soprattutto culturale e trova riscontro in particolare nella crisi demografica, nella difficoltà a valorizzare appieno il ruolo delle donne, nella fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori.

A maggior ragione, bisogna riconoscere e sostenere con forza e fattivamente l'insostituibile funzione sociale della famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale, nonché luogo che più e meglio di tutti gli altri assicura aiuto, cura, solidarietà, capacità di trasmissione del patrimonio valoriale alle nuove generazioni. È perciò necessario che tutti i soggetti istituzionali e sociali si impegnino nell'assicurare alla famiglia efficaci misure di sostegno, dotandola di risorse adeguate e permettendo una giusta conciliazione con i tempi del lavoro.

Non manca certo ai cattolici la consapevolezza del fatto che tali aspettative debbano collocarsi oggi all'interno delle complesse e delicate trasformazioni che interessano l'intera umanità. Come ho avuto modo di rilevare nell'Enciclica Caritas in veritate, "il rischio del nostro tempo è che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini non corrisponda l'interazione delle coscienze e delle intelligenze" (n. 9). Ciò esige "una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali" (ibidem, n. 31) dello sviluppo.

Fare fronte ai problemi attuali, tutelando nel contempo la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale, difendendo la dignità della persona, salvaguardando l'ambiente e promuovendo la pace, non è compito facile, ma nemmeno impossibile, se resta ferma la fiducia nelle capacità dell'uomo, si allarga il concetto di ragione e del suo uso e ciascuno si assume le proprie responsabilità. Sarebbe, infatti, illusorio delegare la ricerca di soluzioni soltanto alle pubbliche autorità:  i soggetti politici, il mondo dell'impresa, le organizzazioni sindacali, gli operatori sociali e tutti i cittadini, in quanto singoli e in forma associata, sono chiamati a maturare una forte capacità di analisi, di lungimiranza e di partecipazione.

Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità comporta la disponibilità a uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo, per perseguire insieme il bene del Paese e dell'intera famiglia umana. La Chiesa, quando richiama l'orizzonte del bene comune - categoria portante della sua dottrina sociale - intende infatti riferirsi al "bene di quel noi-tutti", che "non è ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene" (ibidem, n. 7).

In altre parole, il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica, il fine dell'agire umano e del progresso; è "esigenza di giustizia e di carità" (ibidem), promozione del rispetto dei diritti degli individui e dei popoli, nonché di relazioni caratterizzate dalla logica del dono. Esso trova nei valori del cristianesimo l'"elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale" (ibidem, n. 4).

Per questa ragione, rinnovo l'appello perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell'attività politica senza complessi d'inferiorità. Tale presenza, certamente, non s'improvvisa; rimane, piuttosto, l'obiettivo a cui deve tendere un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all'uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno.

Per la Chiesa in Italia, che opportunamente ha assunto la sfida educativa come prioritaria nel presente decennio, si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature, cioè aliene dall'egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera e, invece, coerenti con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche con competenza professionale e spirito di servizio. L'impegno socio-politico, con le risorse spirituali e le attitudini che richiede, rimane una vocazione alta, a cui la Chiesa invita a rispondere con umiltà e determinazione.

La Settimana Sociale che state celebrando intende proporre "un'agenda di speranza per il futuro del Paese". Si tratta, indubbiamente, di un metodo di lavoro innovativo, che assume come punto di partenza le esperienze in atto, per riconoscere e valorizzare le potenzialità culturali, spirituali e morali inscritte nel nostro tempo, pur così complesso.

Uno dei vostri ambiti di approfondimento riguarda il fenomeno migratorio e, in particolare, la ricerca di strategie e di regole che favoriscano l'inclusione delle nuove presenze. È significativo che, esattamente cinquant'anni fa e nella stessa città, una Settimana Sociale sia stata dedicata interamente al tema delle migrazioni, specialmente a quelle che allora avvenivano all'interno del Paese. Ai nostri giorni il fenomeno ha assunto proporzioni imponenti:  superata la fase dell'emergenza, nella quale la Chiesa si è spesa con generosità per la prima accoglienza, è necessario passare a una seconda fase, che individui, nel pieno rispetto della legalità, i termini dell'integrazione.

Ai credenti, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, è chiesto di fare tutto il possibile per debellare quelle situazioni di ingiustizia, di miseria e di conflitto che costringono tanti uomini a intraprendere la via dell'esodo, promuovendo nel contempo le condizioni di un inserimento nelle nostre terre di quanti intendono, con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione contribuire alla costruzione di una società migliore di quella che hanno lasciato. Nel riconoscere il protagonismo degli immigrati, ci sentiamo chiamati a presentare loro il Vangelo, annuncio di salvezza e di vita piena per ogni uomo e ogni donna.

Del resto, la speranza con cui intendete costruire il futuro del Paese non si risolve nella pur legittima aspirazione a un futuro migliore. Nasce, piuttosto, dalla convinzione che la storia è guidata dalla Provvidenza divina e tende a un'alba che trascende gli orizzonti dell'operare umano. Questa "speranza affidabile" ha il volto di Cristo:  nel Verbo di Dio fatto uomo ciascuno di noi trova il coraggio della testimonianza e l'abnegazione nel servizio. Non manca certo, nella meravigliosa scia di luce che contraddistingue l'esperienza di fede del popolo italiano, la traccia gloriosa di tanti Santi e Sante - sacerdoti, consacrati e laici - che si sono consumati per il bene dei fratelli e si sono impegnati in campo sociale per promuovere condizioni più giuste ed eque per tutti, in primo luogo per i poveri.

In questa prospettiva, mentre auguro proficui giorni di lavoro e di incontro, vi incoraggio a sentirvi all'altezza della sfida che vi è posta innanzi:  la Chiesa cattolica ha un'eredità di valori che non sono cose del passato, ma costituiscono una realtà molto viva e attuale, capace di offrire un orientamento creativo per il futuro di una Nazione.

Alla vigilia del 15o° anniversario dell'Unità nazionale, da Reggio Calabria possa emergere un comune sentire, frutto di un'interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per un futuro che sia - per tutti - all'insegna del bene comune.

Ai partecipanti alla 46 Settimana Sociale dei Cattolici Italiani desidero assicurare il mio ricordo nella preghiera, che accompagno con una speciale Benedizione Apostolica.


Dal Vaticano, 12 ottobre 2010




Stemma Benedetto XVI

(©L'Osservatore Romano - 15 ottobre 2010)

Caterina63
00giovedì 14 ottobre 2010 20:25
La prolusione del cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana ai lavori di Reggio Calabria

Una nuova cultura della solidarietà tra società e Stato


In apertura della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani, il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana, dopo aver ringraziato Benedetto XVI per il suo messaggio ai partecipanti all'incontro e dopo aver rivolto un indirizzo di saluto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha tenuto una prolusione, della quale pubblichiamo ampi stralci.
 

di Angelo Bagnasco


L'immagine evangelica del "sale della terra e della luce del mondo" (cfr. Matteo 5, 13-14) è un riferimento significativo che guida la presenza dei cattolici nella società. Essere nel mondo richiama la logica del sale che s'immerge e condivide, mentre l'imperativo di non essere del mondo dice il modo per essere luce, città posta sul monte. Se i credenti, nei vari campi dell'esistere, conoscono solo le parole del mondo, non hanno parole diverse, sono omologati alla cultura dominante o creduta tale, saranno irrilevanti. Il punto non è la voglia di rilevanza, ma il desiderio di servire.

Nell'orizzonte della presenza della Chiesa nel mondo, emerge non di rado il discorso sulla laicità, che sembra sia di per sé incompatibile con ogni istanza di tipo religioso. In questa sede, come cattolici che amano il loro Paese, auspichiamo che la laicità si guardi sempre dal degrado del laicismo:  questo deve uscire dalla sua adolescenza e diventare una laicità vera e matura. Dovrebbe superare la sua autoreferenzialità e guardarsi attorno, alla realtà ampia del mondo, senza pregiudizi, presunzioni o paure. Non dovrebbe considerare con sospetto la religione, ma, al contrario, come una sorgente per il bene generale senza, per questo, cercare di usarla in modo strumentale riducendola a "religione civile". In Europa non è il cristianesimo che ostacola il progresso, la democrazia, la pace.

Non di rado si pensa che la vera laicità si riduca a rispetto per la religione, al benevolo riconoscimento del diritto di parola da parte della Chiesa. Questa posizione presenta elementi apprezzabili, ma è incompleta; infatti bisognerebbe aggiungere che la responsabilità politica per il bene comune non è incondizionata. Tanto il bene comune che la responsabilità politica includono la dimensione etica. Dispiace constatare che qualunque dichiarazione la Chiesa faccia a riguardo dei valori morali, sia bollata da qualcuno di confessionalismo, come se si volesse imporre alla società pluralista una morale cattolica.

Scopo della politica, infatti, è la giustizia che è un valore morale, un valore religioso. Ma anche la fede, nella sua missione salvifica ha a cuore la giustizia, quella giustizia che scende da Dio in Cristo e che rende l'uomo nuovo, capace di creare rapporti giusti e strutture eque nel mondo. Una visione dell'uomo che non sia aperta alla trascendenza, ma che cerchi di fondare se stessa, si rivela subito debole e fragile:  può l'immanenza fondare se stessa? Può garantirsi di fronte alla violenza codificata? Solamente l'Assoluto, solo l'Incondizionato può fondare e garantire ciò che è limitato e contingente.

Senza voler qui affrontare la questione, mi limito a ricordare quelli che Benedetto XVI ha voluto chiamare "valori non negoziabili" in quanto stanno nel Dna della natura umana e sono il ceppo vivo e vitale di ogni altro germoglio valoriale. Insieme alla vita, da accogliere dal concepimento fino al tramonto naturale, il Papa indica la famiglia come cellula fondamentale e ineguagliabile della società, formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, e pone anche la libertà religiosa e educativa. Non è un elenco casuale, ma fondativo della persona e di ogni altro diritto e valore:  senza un reale e non nominalistico rispetto e promozione di questi principi primi che costituiscono l'etica della vita è illusorio pensare a un'etica sociale che vuole promuovere l'uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti della maggiore fragilità.

Ogni forma di fragilità chiede alla società intera di essere presa in carica per sostenere in ogni modo il debole e l'incapace:  e questo "prendersi cura" nel segno della buona organizzazione, di efficienti strutture e della tenerezza relazionale, segna il grado umanistico e civile della compagine sociale. Ogni altro valore, necessario per il bene della persona e della società - come il lavoro, la casa, la salute, l'accoglienza, la sicurezza, le diverse provvidenze, la pace e l'ambiente... - germoglia e prende linfa da questi. Staccati dalla accoglienza radicale della vita, questi valori si inaridiscono e possono essere distorti da logiche e prospettive di parte.

Questi valori non sono divisivi, ma unitivi ed è precisamente questo il terreno dell'unità politica dei cattolici. È questa la loro peculiarità e l'apporto specifico di cui sono debitori per essere sale e lievito, ma anche luce e città posta sul monte, là dove sono. Su questa linea, infatti, si gioca il confine dell'umano. Su molte cose e questioni ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili, non sono quantificabili, pena essere negati.

Ed è anche questa la ragione per cui la Chiesa non cerca l'interesse di una parte di società - quella cattolica o che in essa comunque si riconosce - ma è attenta all'interesse generale. Proprio perché i valori fondamentali non sono solamente oggetto della Rivelazione, ma sono scritti nell'essere stesso della persona e sono leggibili dalla ragione libera da ideologie, condizionamenti e interessi di parte, la Chiesa ha a cuore il bene di tutti. Essa deve rispondere al suo Signore, non ad altre logiche, nella fedeltà esigente al mandato ricevuto. Inoltre, come Pastori, non possiamo tenere solo per noi l'incomparabile ricchezza che ci proviene dalla vicinanza concreta e quotidiana alla gente, cattolici o no, e che, direttamente e tramite i nostri sacerdoti, i consacrati, gli operatori laici, abbiamo la grazia di vivere. Le 25.000 parrocchie sparse per l'Italia, vero dono della bimillenaria storia cristiana, rappresentano la prossimità continua dell'amore di Dio per gli uomini là dove vivono, la condivisione della loro vita, la conoscenza discreta di angustie e speranze.

È stato detto e ripetuto non in modo retorico né casuale che è auspicabile una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. Ciò non vuol suonare come una parola di disistima o peggio per tutti coloro, e non sono pochi, che si dedicano con serietà, competenza e sacrificio alla politica diretta, forma alta e necessaria di servire gli altri. A loro rinnoviamo con rispetto l'invito a trovarsi come cristiani nella grazia della preghiera, a non scoraggiarsi mai, a non aver timore di apparire voci isolate. Nessuna parola vera resta senza frutto. Ma, nello stesso tempo, auspichiamo anche che generazioni nuove e giovani si preparino con una vita spirituale forte e una prassi coerente, con una conoscenza intelligente e organica della Dottrina sociale della Chiesa e del Magistero del Papa, con il confronto e il sostegno della comunità cristiana, con un paziente e tenace approccio alle diverse articolazioni amministrative. Tutto s'impara quando c'è convinzione e impegno.

È l'ora di una nuova cultura della solidarietà tra società e Stato. La solidarietà deve avvenire a tutti i livelli tra loro e ciascuno al proprio interno:  si può discutere e confrontarsi anche su cose gravi ma esiste un "confronto solidale" che è tale perché ha di mira non un interesse individuale o di parte, ma il bene armonico di tutti. In questa prospettiva, si potrà anche cedere, fare passi indietro, rettificare posizioni, ma non sarà mai perdere o sentirsi sconfitti, sarà sempre un andare avanti, perché andrà avanti il Paese. Il Signore Gesù Cristo, Via-Verità-Vita, illumini le menti e sostenga i passi nostri e di tutti.


(©L'Osservatore Romano - 15 ottobre 2010)
Caterina63
00domenica 17 ottobre 2010 19:05
Alla celebrazione per 6 nuovi santi l’invito del Papa a “pregare senza stancarsi”, all’Angelus l’appello alla ricerca del bene comune in politica



Pregare senza stancarsi: è l’invito di Benedetto XVI in questa domenica che ha definito “una festa della santità”. Il Papa infatti ha presieduto in Piazza San Pietro la celebrazione per la canonizzazione di 6 beati di 5 nazionalità. Decine di migliaia i fedeli provenienti da Spagna, Polonia, Canada, Australia e Italia. Al momento dell’Angelus, il saluto ai partecipanti alla 46esima Settimana sociale organizzata dalla CEI “ha tracciato un’agenda di speranza”, con l'appello alla politica perchè riceerchi il bene comune.

Il servizio, Radio Vaticana, di Fausta Speranza:

“Talvolta ci stanchiamo di pregare, abbiamo l’impressione che la preghiera non sia tanto utile per la vita”: con queste parole Benedetto XVI abbraccia la sfiducia che a volte prende ognuno di noi. Di più: fotografa una tentazione altrettanto comune: “Siamo tentati – dice - di dedicarci all’attività, di impiegare tutti i mezzi umani per raggiungere i nostri scopi, e non ricorriamo a Dio”. Eppure - afferma il Papa - con la parabola del giudice disonesto, nella liturgia di oggi, Gesù insegna: “se un giudice disonesto alla fine si lascia convincere dalla preghiera di una vedova, quanto più Dio, che è buono, esaudirà chi lo prega”.

“Dio infatti è la generosità in persona, è misericordioso, e quindi è sempre disposto ad ascoltare le preghiere. Pertanto, non dobbiamo mai disperare, ma insistere sempre nella preghiera.”

E’ chiaro – insegna il Papa – che “la preghiera dev’essere espressione di fede, altrimenti non è vera preghiera”. “Se uno non crede nella bontà di Dio, non può pregare in modo veramente adeguato”.

“La fede è essenziale come base dell’atteggiamento della preghiera. E’ quanto hanno fatto i sei nuovi Santi che oggi vengono proposti alla venerazione del
la Chiesa universale: Stanisław Sołtys, André Bessette, Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola, Mary of the Cross MacKillop, Giulia Salzano e Battista Camilla Varano.

Poi Benedetto XVI ricorda ognuno dei nuovi santi di 5 paesi:

Święty Stanisław Kazimierczyk, zakonnik z XV wieku, i dla nas może być przykładem i orędownikiem...”
San Stanisław Kazimierczyk, religioso
polacco del XV secolo, ha legato tutta la sua vita all’Eucaristia. La Comunione è stata “fonte e segno” della pratica dell’amore al prossimo.

“Frère André Bessette, originaire du Québec, au Canada, et religieux de la Congrégation de la Sainte-Croix, connut très tôt la souffrance et la pauvreté…”
Il religioso canadese della Congregazione della Santa Croce, che ha conosciuto sofferenza e povertà, ha vissuto la fede come scelta di “rimettersi liberamente e per amore alla volontà di Dio”.

“La Madre Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola…”
Della spagnola Madre Cándida María il Papa ricorda che “con la guida dei suoi padri spirituali gesuiti ha scelto di vivere solo per il Signore”.

“…the courageous and saintly example of zeal, perseverance and prayer of Mother Mary McKillop…”
“Il coraggioso e santo esempio di zelo, perseveranza e preghiera” dell’australiana madre Mary McKillop l’ha portata a dedicarsi, giovane donna, all’educazione dei poveri.

Poi il pensiero a Giulia Salzano maestra elementare nella seconda metà del secolo XIX, in Campania, nel sud dell’Italia:

“Madre Giulia comprese bene l’importanza della catechesi nella Chiesa, e, unendo la preparazione pedagogica al fervore spirituale, si dedicò ad essa con generosità e intelligenza, contribuendo alla formazione di persone di ogni età e ceto sociale".

E a Battista Camilla Varano, monaca clarissa del XV secolo che testimoniò fino in fondo il senso evangelico della vita, specialmente perseverando nella preghiera:

“In un tempo in cui la Chiesa pativa un rilassamento dei costumi, ella percorse con decisione la strada della penitenza e della preghiera, animata dall’ardente desiderio di rinnovamento del Corpo mistico di Cristo".

Al termine della solenne celebrazione, la preghiera mariana dell’Angelus. Il Papa ha rinnovato il saluto ai pellegrini giunti per la canonizzazione parlando nelle diverse lingue. In particolare in polacco un saluto al presidente della Repubblica Polacca, presente in piazza San Pietro e che Benedetto XVI ha ricevuto ieri. In italiano oltre al pensiero per le due nuove sante, un appello significativo in tema di azione sociale e politica: il Papa ha salutato i partecipanti alla 46a
Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si conclude oggi, collegati in diretta da Reggio Calabria, affermando che il convegno “ha tracciato un’agenda di speranza” e auspicando:

“…auspico che la ricerca del bene comune costituisca sempre il riferimento sicuro per l’impegno dei cattolici nell’azione sociale e politica”.



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