Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2011 e qui Meditazioni e Preghiera per questo Tempo Liturgico

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Caterina63
00martedì 22 febbraio 2011 12:34
Amici.... secondo il Calendario Liturgico del Messale detto san Pio V, è cominciato il periodo "pre"-quaresimale, con il quale ci uniremo nella Quaresima dal Mercoledì delle Ceneri.... mentre per il Calendario Romano riformato da Paolo VI la Quaresima comincerà quest'anno il 9 Marzo con le imposizioni delle Ceneri....

In questo thread, a partire dal Messaggio offerto a noi dal Pontefice, verranno inserite nuove Meditazioni per affrontare insieme questo Tempo Propizio in preparazione della Pasqua.....
Ogni Tempo, Liturgico, è buono per convertirci! ma questo lo è maggiormente.... LASCIAMOCI RICONCILIARE CON CRISTO ED IN CRISTO E PER CRISTO....

Nel suo Messaggio il Santo Padre ci anticipa, per una profonda meditazione, i temi trattati dal Vangelo di queste Domeniche quaresimali....ascoltiamolo!!

Vi ricordiamo i seguenti collegamenti passati ma sempre utili per rispolverare le nostre necessità spirituali:

PER UNA SANTA QUARESIMA 2010 NEL SUO TEMPO LITURGICO DI MEDITAZIONI

Sanctum Rosarium in latino, con la Meditazione dei Misteri e il Credo Mariano 

Benedetto XVI: SILENZIO E CONTEMPLAZIONE

L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati!

ATTO DI RIPARAZIONE CONTRO IL DELITTO DELL'ABORTO  

La Pia Pratica della VIA CRUCIS (storia e Preghiera)

Novena (e Tridui) a san Domenico e ad altri Santi   L'Ave Maria e la Preghiera del Cuore

Litanie Domenicane, Lauretane, al Cuore di Gesù, ecc...   

Spirito Santo, Terza Persona della SS.ma Trinità (Novena e Preghiere)

Settimana Santa, Triduo Pasquale (Meditazioni)  

Settimana Santa: Triduo Pasquale (meditazioni fino alla Pasqua) Anno 2010

Preghiera PER LA NOTTE di padre Alfredo Pallotta, passionista ed esorcista (raccomandabile)

19 Marzo Festa di San Giuseppe, Sposo Casto di Maria Santissima e Custode della Santa Chiesa

Con particolare attenzione a questo argomento:

Riflettiamo sul DIGIUNO QUARESIMALE e le ipocrisie della modernità (da Fides et Forma)




                                           


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2011, 22.02.2011

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2011 sul tema:

"Con Cristo siete sepolti nel Battesimo,
con lui siete anche risorti"
 (cfr Col 2,12):


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

"Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti" (cfr Col 2,12)

Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima, che ci conduce alla celebrazione della Santa Pasqua, è per la Chiesa un tempo liturgico assai prezioso e importante, in vista del quale sono lieto di rivolgere una parola specifica perché sia vissuto con il dovuto impegno. Mentre guarda all’incontro definitivo con il suo Sposo nella Pasqua eterna, la Comunità ecclesiale, assidua nella preghiera e nella carità operosa, intensifica il suo cammino di purificazione nello spirito, per attingere con maggiore abbondanza al Mistero della redenzione la vita nuova in Cristo Signore (cfr Prefazio I di Quaresima).

1. Questa stessa vita ci è già stata trasmessa nel giorno del nostro Battesimo, quando, "divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo", è iniziata per noi "l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo" (Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 10 gennaio 2010). San Paolo, nelle sue Lettere, insiste ripetutamente sulla singolare comunione con il Figlio di Dio realizzata in questo lavacro. Il fatto che nella maggioranza dei casi il Battesimo si riceva da bambini mette in evidenza che si tratta di un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze. La misericordia di Dio, che cancella il peccato e permette di vivere nella propria esistenza "gli stessi sentimenti di Cristo Gesù" (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente.

L’Apostolo delle genti, nella Lettera ai Filippesi, esprime il senso della trasformazione che si attua con la partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo, indicandone la meta: che "io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Fil 3,10-11). Il Battesimo, quindi, non è un rito del passato, ma l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezzato, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, avviata e sostenuta dalla Grazia, che lo porti a raggiungere la statura adulta del Cristo.

Un nesso particolare lega il Battesimo alla Quaresima come momento favorevole per sperimentare la Grazia che salva. I Padri del Concilio Vaticano II hanno richiamato tutti i Pastori della Chiesa ad utilizzare "più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale" (Cost. Sacrosanctum Concilium, 109). Da sempre, infatti, la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo: in questo Sacramento si realizza quel grande mistero per cui l’uomo muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo stesso Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Questo dono gratuito deve essere sempre ravvivato in ciascuno di noi e la Quaresima ci offre un percorso analogo al catecumenato, che per i cristiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d’oggi, è una scuola insostituibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesimo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza.

2. Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore - la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico - che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui.

La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su questa terra. Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta "contro i dominatori di questo mondo tenebroso" (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.

Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. La comunità cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, "in disparte, su un alto monte" (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo, quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: "Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo" (v. 5). E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno, una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male (cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore.

La domanda di Gesù alla Samaritana: "Dammi da bere" (Gv 4,7), che viene proposta nella liturgia della terza domenica, esprime la passione di Dio per ogni uomo e vuole suscitare nel nostro cuore il desiderio del dono dell’ "acqua che zampilla per la vita eterna" (v. 14): è il dono dello Spirito Santo, che fa dei cristiani "veri adoratori" in grado di pregare il Padre "in spirito e verità" (v. 23). Solo quest’acqua può estinguere la nostra sete di bene, di verità e di bellezza! Solo quest’acqua, donataci dal Figlio, irriga i deserti dell’anima inquieta e insoddisfatta, "finché non riposa in Dio", secondo le celebri parole di sant’Agostino.

La "domenica del cieco nato" presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella ciascuno di noi: "Tu, credi nel Figlio dell’uomo?". "Credo, Signore!" (Gv 9,35.38), afferma con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da "figlio della luce".

Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: "Io sono la risurrezione e la vita… Credi questo?" (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo" (v. 27). La comunione con Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza.

Il percorso quaresimale trova il suo compimento nel Triduo Pasquale, particolarmente nella Grande Veglia nella Notte Santa: rinnovando le promesse battesimali, riaffermiamo che Cristo è il Signore della nostra vita, quella vita che Dio ci ha comunicato quando siamo rinati "dall’acqua e dallo Spirito Santo", e riconfermiamo il nostro fermo impegno di corrispondere all’azione della Grazia per essere suoi discepoli.

3. Il nostro immergerci nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo, ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali, da un legame egoistico con la "terra", che ci impoverisce e ci impedisce di essere disponibili e aperti a Dio e al prossimo. In Cristo, Dio si è rivelato come Amore (cfr 1Gv 4,7-10). La Croce di Cristo, la "parola della Croce" manifesta la potenza salvifica di Dio (cfr 1Cor 1,18), che si dona per rialzare l’uomo e portargli la salvezza: amore nella sua forma più radicale (cfr Enc. Deus caritas est, 12). Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, espressioni dell’impegno di conversione, la Quaresima educa a vivere in modo sempre più radicale l’amore di Cristo. Il digiuno, che può avere diverse motivazioni, acquista per il cristiano un significato profondamente religioso: rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore; sopportando la privazione di qualche cosa - e non solo di superfluo - impariamo a distogliere lo sguardo dal nostro "io", per scoprire Qualcuno accanto a noi e riconoscere Dio nei volti di tanti nostri fratelli. Per il cristiano il digiuno non ha nulla di intimistico, ma apre maggiormente a Dio e alle necessità degli uomini, e fa sì che l’amore per Dio sia anche amore per il prossimo (cfr Mc 12,31).

Nel nostro cammino ci troviamo di fronte anche alla tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro, che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte; per questo la Chiesa, specialmente nel tempo quaresimale, richiama alla pratica dell’elemosina, alla capacità, cioè, di condivisione. L’idolatria dei beni, invece, non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro? La tentazione è quella di pensare, come il ricco della parabola: "Anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni…". Conosciamo il giudizio del Signore: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita…" (Lc 12,19-20). La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per riscoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia.

In tutto il periodo quaresimale, la Chiesa ci offre con particolare abbondanza la Parola di Dio. Meditandola ed interiorizzandola per viverla quotidianamente, impariamo una forma preziosa e insostituibile di preghiera, perché l’ascolto attento di Dio, che continua a parlare al nostro cuore, alimenta il cammino di fede che abbiamo iniziato nel giorno del Battesimo. La preghiera ci permette anche di acquisire una nuova concezione del tempo: senza la prospettiva dell’eternità e della trascendenza, infatti, esso scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro. Nella preghiera troviamo, invece, tempo per Dio, per conoscere che "le sue parole non passeranno" (cfr Mc 13,31), per entrare in quell’intima comunione con Lui "che nessuno potrà toglierci" (cfr Gv 16,22) e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna.

In sintesi, l’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è "farsi conformi alla morte di Cristo" (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo. Il periodo quaresimale è momento favorevole per riconoscere la nostra debolezza, accogliere, con una sincera revisione di vita, la Grazia rinnovatrice del Sacramento della Penitenza e camminare con decisione verso Cristo.

Cari fratelli e sorelle, mediante l’incontro personale col nostro Redentore e attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera, il cammino di conversione verso la Pasqua ci conduce a riscoprire il nostro Battesimo. Rinnoviamo in questa Quaresima l’accoglienza della Grazia che Dio ci ha donato in quel momento, perché illumini e guidi tutte le nostre azioni. Quanto il Sacramento significa e realizza, siamo chiamati a viverlo ogni giorno in una sequela di Cristo sempre più generosa e autentica. In questo nostro itinerario, ci affidiamo alla Vergine Maria, che ha generato il Verbo di Dio nella fede e nella carne, per immergerci come Lei nella morte e risurrezione del suo Figlio Gesù ed avere la vita eterna.

Dal Vaticano, 4 novembre 2010

BENEDICTUS PP XVI


                           Pope Benedict XVI looks on as he leads his weekly audience in Paul VI's hall at the Vatican February 16, 2011.

Caterina63
00sabato 26 febbraio 2011 22:35
Le domeniche prequaresimali nella tradizione bizantina

Dammi tu una parola
o Parola del Padre

 

di MANUEL NIN


La prima delle domeniche si chiama del Fariseo e del pubblicano, dalla pericope di Luca, 18, 10-14. Nell'ufficiatura del mattutino, il canone di questa domenica è attribuito a Giuseppe di Nicomedia (IX secolo). Dall'inizio l'autore fa notare come le parabole di Cristo sono tutte un'esortazione del Signore stesso alla conversione: "Il Cristo, inducendo tutti con le sue parabole a correggere la propria vita, solleva il pubblicano dalla sua umiliazione, umiliando il fariseo che si era innalzato".

Cristo stesso è modello di umiltà nella sua incarnazione: "Perfetta via di elevazione ha reso il Verbo l'umiltà, umiliando se stesso sino ad assumere forma di servo. Sempre guidandoci alla divina elevazione, il Salvatore e Sovrano, come mezzo per elevarci, ci ha indicato l'umiltà: egli ha infatti lavato con le proprie mani i piedi dei discepoli". Tutto il testo liturgico è una esortazione all'umiltà presentata come la prima delle virtù con cui iniziare il periodo dei digiuni: "Vedendo che dall'umiliazione viene una ricompensa che eleva, mentre dall'innalzarsi, una tremenda caduta, emula quanto ha di bello il pubblicano e detesta la malizia farisaica. Dalla temerità vien svuotato ogni bene, mentre dall'umiltà vien purificato ogni male: abbracciamola dunque, o fedeli". Il canone è pervaso dal movimento tra l'alterigia che abbassa e l'umiltà che innalza: "L'umiltà ha sollevato il pubblicano che, mesto e confuso per i suoi peccati, gridava al Creatore il suo "Sii propizio".

L'alterigia ha invece fatto decadere dalla giustizia lo sciagurato fariseo millantatore: emuliamo dunque il bene, astenendoci dal male. Imitiamo il pubblicano dunque, tutti noi che siamo caduti nelle profondità del male; gridiamo al Salvatore dal profondo del cuore".

La seconda delle domeniche prende il nome di domenica del Figliol prodigo, dalla pericope di Luca, 15, 11-32. Il canone del mattutino è attribuito a Giuseppe l'Innografo (+886). A partire dalla parabola del Figliol prodigo, il canone sottolinea la misericordia e l'amore di Dio che accoglie come padre il peccatore che ritorna a lui: "La divina ricchezza che un tempo mi avevi dato, l'ho malamente dissipata: mi sono allontanato da te, vivendo da dissoluto, o Padre pietoso: accogli dunque anche me convertito. Apri dunque le tue braccia paterne, e accogli anche me, Signore, come il figliol prodigo". Cristo stesso, in diverse strofe viene presentato come padre che accoglie nella misericordia: "Totalmente uscito da me stesso, accoglimi, o Cristo, come il figliol prodigo. Aprendo compassionevole le braccia, accoglimi, o Cristo, ora che torno dalla regione lontana del peccato e delle passioni".
La misericordia di Cristo viene elargita anche per le preghiere e l'intercessione dei santi per il peccatore: "Per le preghiere degli apostoli, o Signore, dei profeti, dei monaci, dei martiri venerabili e dei giusti, perdonami tutte le colpe con le quali ho mosso a sdegno la tua bontà, o Cristo: affinché a te io inneggi e a te io renda gloria per tutti i secoli". L'autore mette in un parallelo quasi contrastante la povertà di Cristo nel suo uscire dal seno paterno per la sua incarnazione, e quella del figliol prodigo nel suo allontanarsi dalla casa paterna: "Gemi dunque, infelicissima anima mia, e grida a Cristo: O tu che volontariamente per me ti sei fatto povero, arricchiscimi, Signore, ora che sono divenuto povero di ogni opera buona, con abbondanza di beni, perché tu solo sei buono e pieno di misericordia".

La terza delle domeniche si chiama del Giudizio finale, dalla pericope di Matteo, 25, 31-46. Le odi del mattutino sono composte da Teodoro Studita (IX secolo) e in modo molto insistente e ripetitivo mettono in evidenza da una parte l'immagine quasi paurosa del giorno del giudizio, e dall'altra la richiesta di misericordia e di perdono presso Dio: "Tremo pensando al giorno tremendo della tua arcana parusia, con timore già vedo questo giorno in cui ti siederai per giudicare i vivi e i morti, o mio Dio onnipotente. Quando verrai, o Dio, con miriadi e migliaia di celesti principati angelici, concedi anche a me infelice, o Cristo, di venirti incontro sulle nubi. Possa anch'io misero udire la tua voce desiderata che chiama i tuoi santi alla gioia".

La quarta delle domeniche invece viene chiamata dei Latticini, dal fatto che indica l'inizio del grande digiuno, con l'astinenza anche dei latticini. Si legge la pericope Matteo, 6, 14-21. Il canone del mattutino è un testo anonimo, e si sofferma nella contemplazione dell'espulsione di Adamo ed Eva dal paradiso e del loro cammino di ritorno ad esso, cammino che diventa modello e immagine di quello quaresimale verso la Pasqua di Cristo. È sempre Adamo che parla in prima persona, piangendo il proprio peccato ed evocando le delizie del paradiso da cui è stato allontanato: "Su, misera anima mia, piangi ciò che hai fatto, ricordando oggi come nell'Eden ti sei lasciata spogliare e sei stata perciò cacciata dalle delizie e dalla gioia senza fine". Lungo il canone, l'Eden è sempre cantato come dono dell'amore e della condiscendenza di Dio verso l'uomo: "Per il tuo grande amore e la tua pietà, o Artefice del creato e Creatore di tutti, dalla polvere un tempo mi desti la vita, e poi mi comandasti di cantarti insieme ai tuoi angeli.

Per la tua sovrabbondante bontà, o Artefice e Signore, tu pianti in Eden il delizioso paradiso, per farmi godere dei suoi frutti splendidi". Diverse delle odi personificano il paradiso che assieme ad Adamo piange con delle lacrime di pentimento, e il suono delle sue foglie diventa preghiera: "Prato beato, alberi da Dio piantati, soavità del paradiso, su di me dalle foglie, come da occhi, stillate lacrime perché sono nudo ed estraniato dalla gloria di Dio. Non ti vedo piú, non godo piú del tuo soavissimo e divino fulgore, o paradiso preziosissimo. Partecipa, o paradiso, al dolore del padrone divenuto povero, e col fruscio delle tue foglie supplica il Creatore che non mi chiuda fuori. O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!".

Infine, il testo si conclude con un parallelo tra l'Eden chiuso dopo il peccato di Adamo e il costato aperto di Cristo sulla croce:

"Vedo il cherubino con la spada di fuoco che ha avuto l'ordine di custodire l'ingresso dell'Eden inaccessibile a tutti i trasgressori, ma tu, o Salvatore, togli per me ogni ostacolo. Confido nell'abbondanza della tua misericordia, o Cristo Salvatore, e nel sangue del tuo fianco divino, col quale hai santificato la natura dei mortali e hai aperto a quanti ti servono, o buono, le porte del paradiso, chiuse un tempo da Adamo". Tutto il testo è pervaso dalla piena fiducia nella misericordia divina: "Guida di sapienza, elargitore di prudenza, educatore degli stolti e protettore dei poveri, conferma, ammaestra il mio cuore, dammi tu una parola, o Parola del Padre, poiché, ecco, io non trattengo le mie labbra dal gridare: O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!".



(©L'Osservatore Romano - 27 febbraio 2011)

Caterina63
00sabato 26 febbraio 2011 22:38

Matteo 20

1 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2 Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati 4 e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. 5 Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? 7 Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. 9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. 11 Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: 12 Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. 13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. 15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? 16 Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

e da Matteo 22....

14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 Predica di Padre Konrad del 20.2.2011 (Messa e Calendario Liturgico nella Forma detta straordinaria, ossia di sempre)


In nomine Patris, et Filii, et Spiritu Sancti.

"Mi circondarono flutti di morte, mi avvolgevano i lacci degli inferi, nell'angoscia gridai al mio Dio", così preghiamo al Signore della nostra salute nell'Introito adesso che, avendo percorso il primo ciclo dell'Anno Liturgico, quello di Natale, iniziamo oggi il secondo ciclo che ci condurrà, attraverso le sofferenze di Cristo + espresse nei paramenti viola, sino alla Sua gloriosa Risurrezione di Pasqua.
Un'eco lontana delle Sue sofferenze sono le nostre sofferenze in questa vita rappresentate nel Vangelo dal peso del giorno e dal gran calore del lavoro nella vigna.

Cos'è questa vigna? Questa vigna  è la Chiesa, secondo i Padri della Chiesa, il Padrone della vigna  è nostro Signore Gesù Cristo + che ci chiama alla Chiesa; la giornata passata nella vigna è la nostra vita nella Chiesa; le ore diverse, quando gli operai entrano nella vigna, rappresentano le tappe diverse della vita, quando ognuno entra nella Chiesa, o si converte; l'infanzia, una età avanzata; o la vecchiaia; la sera quando il Padrone fa distribuire la ricompensa, è la fine della vita, e il denaro è la beatitudine eterna, ricompensa del nostro lavoro nella Chiesa in collaborazione con la grazia divina.

Questa parabola ci parla chiaramente della misericordia di Dio. Dio è il Padrone della vigna, è descritto come padre di famiglia, Pater Familias, è il nostro Padre, ci tratta come suoi figli e ci chiama nel Suo Amore paterno, alla Sua vigna, vigna sua, la Sua Chiesa. La Chiesa è la Sua, non abbiamo diritto, nessuno, ad appartenerci, ma il Padre ci chiama ad Essa perchè ci ama. Ed infatti chiama cinque volte gli operai alla Sua Chiesa molto presto alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque di sera, e coloro che non hanno lavorato che per l'ultima parte della giornata, ricevono tanto quanto coloro che hanno lavorato dall'inizio.

Carissimi fedeli tutto, si può dire, è misericordia; la nostra creazione, la nostra fede, la nostra salvezza, il perdono dei nostri peggiori peccati, la ricompensa del nostro lavoro che è la Vita Eterna. E noi dobbiamo ringraziare il Signore per questo, dobbiamo guardare la nostra miseria, malizia, e la nostra indegnità, di tutto ciò che Egli ci dà e vedere che tutto è gratuito, è tutto  misericordia. E se conduciamo una vita abbastanza buona da qualche tempo, non siamo invidiosi, non abbiamo un occhio cattivo dicendo "questi non ha condotto una buona vita, io ho meritato molto di più", poichè questo Vangelo ci dice esplicitamente che non è la lunghezza del nostro servizio che conta!
 
Cosa conta? la collaborazione nostra con la Sua misericordia, la nostra fedeltà alla Sua grazia, il nostro cuore, conta il cuore, l'intensità del cuore, l'intensità dell'amore, così coloro che sono entrati nella vigna alle cinque di sera, coloro che si sono convertiti alla fine della loro vita, sono forse coloro che l'amano più intensamente, che lavorano per Lui con tutto il cuore e tutte le forze del loro animo, e Dio che è sia misericordioso, sia giusto, gli darà la loro ricompensa giusta, come darà la loro ricompensa giusta a coloro che hanno lavorato più a lungo ma forse con meno amore: "quello che è giusto, ve lo darò", Gli dice.
Proviamo, dunque, a lavorare per Lui con tutto il cuore e con tutte le forze della nostra anima, e questo lavoro comprende tutte le faccende, azioni, e tutti i doveri della nostra vita.

Facciamo questo senza guardare gli altri, ma solo Lui, nostro Padrone, nostro Padre e la nostra ricompensa eterna. E consapevoli della Sua predilezione per gli ultimi, siamo noi gli ultimi, nel senso che cominciamo questo stesso giorno a applicarci bene al nostro lavoro nella Chiesa e per la Chiesa, anche se l'ora è tardiva, siamo gli ultimi nella scelta dell'ultimo posto alla tavola, nella nostra umiltà, siamo ultimi nel prepararci per essere strinati e considerati come gli ultimi per amore di Lui, e siamo ultimi nel perseverare sino alla fine, sino alla sera della nostra vita quando il Padrone tornerà e ci darà la nostra ricompensa, la Vita Eterna che Egli stesso è, Nostro Signore Gesù Cristo + Iddio Trino ed Uno a cui sia ogni lode, gloria ed onore, nei secoli dei secoli.
Amen!


In nomine Patris, et Filii, et Spiritu Sancti.

 

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E' giunta oggi la tremenda notizia del ritrovamento del corpo di Yara ....

Vogliamo stringerci alla Famiglia e in questo "silenzio-pre-quaresimale" vogliamo implorare Dio che parli Lui stesso al cuore di questi straziati Genitori....


Caterina63
00martedì 1 marzo 2011 12:23

"la santità, la penitenza, la vera povertà, il distacco dal mondo hanno sempre dato fastidio e continuano a darlo" Card. Giuseppe Siri

Il grande Cardinale Siri contro la storiografia progressista

Per i colti il progressismo ha un modo suo di rivelarsi a proposito di storia; sono progressista se giustifico Giordano Bruno, sono conservatore se lodo l’austero San Pier Damiani. Tutto qui! Ripetiamo che si parla di storiografia nell’area della produzione, che vorrebbe chiamarsi «cattolica». Dell’altro qui non ci interessiamo. La parte maggiore della produzione — ci sono, è vero, nobili e importanti eccezioni — pare obbedisca, per essere in sintonia col progresso, ai seguenti canoni:

— la società ecclesiastica è la prima causa dei guai, che hanno colpito i popoli;

— la Chiesa — detta per l’occasione postcostantiniana — avrebbe fatto con continui voltafaccia, alleanza coi potentati di questo mondo per mantenersi una posizione di privilegio e di comodità;

— le intenzioni impure, le più recondite e malevole, vengono attribuite a personaggi fino a ieri ritenuti degni di ammirazione. Per questo sistema di giudizio alcuni Papi sono stati quasi radiati dalla Storia, non si sa con quale motivazione;

tutta la storia ecclesiastica fino al 1972 è stata panegirica, unilaterale, concepita con costante pregiudizio laudatorio, mentre non è che un accumulo di pleonasmi i quali hanno alterato il volto di Cristo. Questa conclusione — tutti lo vedono — costituisce il fondamento per distruggere il più possibile nella Chiesa e ridurla ad un meschino ricalco del Protestantesimo. San Tommaso Moro, Martire, è stato messo addirittura sul piano di Lutero;

— le vite dei Santi vanno riportate a dimensioni «umane» con difetti, peccati, persino delitti, mentre gli aspetti soprannaturali tendono ad essere relegati nel solaio dei miti;

il valore della Tradizione e delle tradizioni è del tutto irriso, con evidente oltraggio alla obiettività storica, perché, se non sempre, le tradizioni che attraversano senza inquinamenti i secoli hanno sempre una causa che le ha generate.

Si potrebbe continuare.

Ma non si può tacere il rovescio della medaglia: i personaggi vengono magnificati perché si sono rivoltati, perché hanno messo a posto la legittima Autorità, perché hanno avuto il coraggio di distruggere quello che altri hanno edificato, hanno rivendicato la «libertà» dell’uomo con la indipendenza del loro pensiero, incurante della verità. Gli eretici diventano vittime, mezzi galantuomini... qualcuno ha osato parlare di una canonizzazione di Lutero. È condannevole chi ha difeso la libertà della Chiesa, la libertà della scuola cattolica, chi ha imposto ai renitenti la disciplina ecclesiastica. Tutti sanno la sorte riservata a coloro che ancora osano salvaguardarla! Si capisce benissimo la logica interna di questo andazzo della storiografia: la santità, la penitenza, la vera povertà, il distacco dal mondo hanno sempre dato fastidio e continuano a darlo dalle tombe, come se queste non potessero mai essere chiuse. È difficile sia accolto nel club progressista chi dice bene del passato!

[Pensiero del Cardinale Giuseppe Siri tratto dalla "Rivista Diocesana Genovese" del gennaio 1975]

Pubblicato da cordialiter
Caterina63
00venerdì 4 marzo 2011 15:16
Mercoledì delle Ceneri: santa Messa presieduta dal Papa a Santa Sabina
 
CITTA' DEL VATICANO, 4 MAR. 2011 (VIS). Il 9 marzo prossimo, Mercoledì delle Ceneri e giorno di inizio della Quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI presiederà, alle ore 16:30, nella Chiesa di Sant'Anselmo all'Aventino, un momento di preghiera, cui farà seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina, alla quale prenderanno parte i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monaci Benedettini di Sant'Anselmo, i Padri Domenicani di Santa Sabina ed alcuni fedeli.
 
  Al termine della processione, il Santo Padre presiederà, nella Basilica di Santa Sabina, la Celebrazione Eucaristica con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri.

Qui a seguire sarà inserita l'Omelia del Santo Padre e la Catechesi del Mercoledì....nell'attesa vi informiamo che:



Venerdì di Quaresima a Ferrara: Adorazione Eucaristica con p. Tomas Tyn

Per iniziativa di S.E. Rev.ma Mons. Paolo Rabitti, Arcivescovo, e di Padre Riccardo Linares OCR, che ospita per la S. Messa Gregoriana domenicalee festiva, tutti i venerdì di Quaresima nella stessa chiesa dei Teatinisi saranno celebrate le Giornate Eucaristiche di Adorazione al Santissimo Sacramento che sarà esposto per l'intera giornata.

*

il Coordinamento
"pro Summorum Pontificum" Servo di Dio Padre Tomas Tyn O.P. - Ferrara
organizza una:
.ORA DI ADORAZIONE
.
tutti i Venerdì di Quaresimadalle ore 11:00 alle ore 12:00
.
nella chiesa dei PP. Teatini
Corso Giovecca in Ferrara
.con lettura delle omelie/conferenze
del Servo di Dio Padre Tomas Tyn O.P.
*

Le ore saranno divise in quattro quarti d'ora, in ciascuno dei quali verrà dapprima letto un testo del Servo di Dio. Seguirà una pausa di silenzio per la meditazione personale e comunitaria che sarà ogni volta conclusa con la recita di un Pater, Ave e Gloria in latino (e/o di altre preghiere), secondo il carisma del nostro sodalizio.

.
Chiunque sia interessato e possa essere libero in quell'orario (scelto proprio per far compagnia al Signore in un momento in cui pensiamo non sia facile fornire una presenza massiccia) è invitato a partecipare e a diffondere la notizia.
.Fonte:
quotidiano Estense





Caterina63
00sabato 5 marzo 2011 10:59

preparatio ad Missam: Domnica di Quinquagesma


La vocazione di Abramo.
L'argomento che presenta oggi la Chiesa da meditare è la vocazione di Abramo.

Scomparse le acque del diluvio, la terra cominciò di nuovo a riempirsi di uomini; ma insieme comparve la corruzione, e l'idolatria venne a colmare la misura dei disordini. Ora prevedendo il Signore nella sua divina sapienza, la defezione dei popoli, volle costituire una nazione che gli sarebbe stata particolarmente devota, e nella quale si sarebbero conservate le sacre verità destinate a diffondersi fra i Gentili. Questo nuovo popolo doveva cominciare da un solo uomo, padre e tipo dei credenti, Abramo. Pieno di fede e di obbedienza verso il Signore, egli era chiamato ad essere il padre dei figli di Dio, il capo di quella generazione spirituale, alla quale appartennero ed apparterranno fino alla fine dei tempi tutti gli eletti, sia dell'Antico Testamento che della Chiesa Cristiana.

Dobbiamo dunque conoscere Abramo, nostro capo e modello, la cui vita è tutta sintetizzata nella fedeltà a Dio, nell'osservanza dei suoi comandamenti e nel sacrificio e nella rinuncia ad ogni cosa in ossequio alla volontà di Dio; in queste virtù appunto si riconosce il vero carattere del cristiano. Siamo dunque molto diligenti ad attingere dalla vita di questo grande personaggio tutti gl'insegnamenti che contiene per noi.

Il testo del Genesi che qui citiamo, e che la Chiesa legge al Mattutino, formerà la base di tutto ciò che dobbiamo dire intorno a lui.

Dal libro del Genesi
E il Signore disse ad Abramo: "Parti dalla tua terra, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, e vieni nel paese che io ti mostrerò. Io poi farò di te una grande nazione, ti benedirò e farò grande il tuo nome, e tu sarai una benedizione. Io benedirò chi ti benedice e maledirò chi ti maledice, e in te saranno benedette tutte le nazioni della terra". Partì dunque Abramo secondo l'ordine del Signore, e Lot andò con lui. Abramo aveva settantacinque anni quando partì da Haran. Egli prese con sé la sua moglie Sarai, e Lot figlio di suo fratello, e tutto quello che possedevano, e le persone che avevano acquistate in Haran, e partirono per andare nella terra di Canaan. E giunti colà, Abramo attraversò il paese fino al luogo di Sichem, fino alla valle famosa. Erano allora in quella terra i Cananei. Là il Signore apparve ad Abramo e gli disse: "Alla tua progenie io darò questa terra". Ed egli edificò in quel luogo un altare al Signore, che gli era apparso. E di lì, procedendo verso il monte ad oriente di Betel, vi tese la sua tenda, avendo Betel a occidente ed Ai ad oriente; e anche lì edificò un altare al Signore e ne invocò il nome. (Gen 12,1-9)

Santità di Abramo.

Quale più viva immagine poteva darci del discepolo di Gesù Cristo questo Patriarca, così docile e generoso a seguire la voce di Dio? E con quale ammirazione non dobbiamo ripetere la parola dei santi Padri: "Oh, uomo veramente cristiano prima della venuta di Cristo! uomo evangelico prima del Vangelo! uomo apostolico prima degli apostoli!".

Il Signore lo chiama ed egli abbandona tutto, patria, famiglia, casa paterna, e s'incammina verso un ignoto paese. Gli basta che Dio lo conduca, e si sente sicuro, e non guarda indietro. Non hanno fatto così gli Apostoli? Ma guardate la ricompensa: Saranno in lui benedette tutte le nazioni della terra . Questo Caldeo, che porta nelle vene il sangue che salverà il mondo, doveva tuttavia morire prima di vedere sorgere il giorno, in cui un suo discendente avrebbe riscattato tutte le generazioni passate, presenti e future. Un giorno il Redentore aprirà il cielo, e i nostri progenitori, con Mosè, Noè e David, in una parola tutti i giusti, andranno a riposarsi nel seno di Abramo (Lc 16,22), immagine dell'eterna beatitudine. Così Dio onorò l'amore e la fedeltà di questa sua creatura.

La posterità spirituale di Abramo.

Al compiersi dei tempi il Figlio di Dio e di Abramo rivelò la potenza del Padre, che s'apprestava a far nascere una nuova generazione di figli di Abramo dalle pietre della gentilità. Siamo noi, cristiani, questa nuova generazione: ma siamo degni di tale padre? Ecco come ne parla l'Apostolo delle Genti: "Per la fede, colui ch'è chiamato Abramo ubbidì per andare alla terra che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andasse. Per la fede dimorò nella terra promessa, perché aspettava quella città ben fondata, della quale Dio è architetto e costruttore" (Ebr 11,8-10).

Se dunque siamo figli di Abramo, in questo tempo di Settuagesima dobbiamo considerarci dei viaggiatori sulla terra, desiderosi di vivere, nello spirito, in quell'unica nostra patria donde fummo esiliati, ma alla quale ci avvicineremo ogni giorno più, se, come Abramo, saremo fedeli a guadagnare le diverse tappe che il Signore c'indicherà. Egli vuole che usiamo di questo mondo come se non ne usassimo (1Cor 7,31), perché non è quaggiù la nostra dimora permanente (Ebr 13,14); e dimenticare che la morte ci separerà da tutte le cose che passano, sarebbe la nostra più grande sventura.

La vita cristiana e il divertimento.

Come sono lontani dall'essere veri figli di Abramo quei cristiani, che oggi e nei due prossimi giorni, s'abbandonano all'intemperanza e ai divertimenti peccaminosi, col pretesto che sta per cominciare la santa Quaresima. L'ingenuità dei costumi dei nostri primi padri poteva più facilmente conciliare la gravità cristiana con gli addii ad una vita più dolce che la Quaresima stava per interrompere, alla stessa maniera che la gioia dei loro pasti testimoniava, nella solennità della Pasqua, la stretta osservanza delle prescrizioni della Chiesa. È sempre possibile conciliare le due cose. Ma spesso avviene che l'idea cristiana dell'austerità si imbatte con le seduzioni della natura corrotta, e così la prima intenzione d'una semplice familiare allegria finisce per svanire in un lontano ricordo. Che cosa, per esempio, possono avere in comune con le gioie permesse dalla Chiesa nelle case dei suoi figli, quelli che lasceranno passare l'intera Quaresima senza accostarsi ai Sacramenti? E quegli altri che si preoccuperanno di ricorrere alle dispense, per mettersi più o meno al coperto dalle imposizioni della Chiesa, come potranno preludere alla festa di Pasqua con tante festicciole, in periodo durante il quale il peso dei loro peccati, lungi dall'alleggerirsi, diventerà ancora più pesante?
Potessero queste illusioni avere minore influenza sulle anime, e potessero queste ritornare per quanto riguarda i legami della carne e del sangue, alla libertà dei Figli di Dio che sola può restituire all'uomo la sua prima dignità! I veri cristiani non devono mai dimenticare, che nel tempo quaresimale la Chiesa si priva perfino dei suoi canti di letizia spirituale, per farci intendere più sensibilmente la durezza del giogo che Babilonia fa pesare su di noi, e rinnovarci nello spirito cristiano tanto facile ad affievolirsi. Se doverose convenienze trascineranno, in questi giorni, i seguaci di Cristo nel vortice dei profani divertimenti, vi portino almeno un cuore retto e sempre preoccupato delle massime del Vangelo. Come fece santa Cecilia, quando risuoneranno nelle loro orecchie le note d'una musica mondana, cantino a Dio nei loro cuori dicendo "Custoditesi puri, o Signore, e che niente alteri la santità e la dignità della vostra abitazione in noi". Evitino soprattutto di autorizzare, partecipandovi, le danze, dove fa naufragio il pudore; esse saranno materia di più severo giudizio per quelli e quelle che le promuovono. Infine meditino le energiche considerazioni di san Francesco di Sales: "Mentre la folle ubriachezza dei divertimenti mondani sembrava aver cancellato ogni altro sentimento che non fosse quello di un piacere futile e troppo spesso pericoloso, innumerevoli anime continuavano ad espiare eternamente, nel fuoco dell'inferno, le colpe commesse in simili occasioni; in quelle stesse ore, servi e serve di Dio sacrificavano il sonno per andare a cantare le sue lodi ed implorare la sua misericordia sopra di voi; migliaia di vostri simili morivano d'angoscia e di tristezza nel loro misero giaciglio; Dio e i suoi Angeli vi guardavano attentamente dal cielo; e il tempo della vita passava, e la morte s'avvicinava a voi con un passo che non retrocede" ( Introduzione alla Vita devota , III parte, c. 33).

L'adorazione delle Quarantore.

Per tutto questo giustamente conveniva, che i tre ultimi giorni ancora esenti dal rigore quaresimale, non passassero senza offrire un adeguato alimento al bisogno di emozioni che tormenta tante anime. E ci ha pensato con materno intuito la Chiesa, ma non secondo i desideri di frivoli passatempi e di vane soddisfazioni: ai suoi figlioli devoti essa prepara un diversivo potente, che è nello stesso tempo un mezzo per placare lo sdegno di Dio provocato da tali eccessi.

Durante questi tre giorni viene esposto sugli altari l'Agnello, che dall'alto del suo trono di misericordia riceve gli omaggi degli adoratori che lo riconoscono per loro re; accetta il pentimento di coloro che rimpiangono ai suoi piedi d'aver servito, in passato, un altro signore; si offre al Padre per gli altri peccatori che, non contenti di trascurare i suoi benefici, sembrano di aver deciso di oltraggiarlo in questi giorni più che in qualsiasi altro tempo dell'anno.
L'idea di offrire una riparazione alla divina Maestà per i peccati degli uomini, proprio nel momento che se ne commettono di più, e di opporre all'ira del divin Padre il proprio Figliolo, mediatore fra il cielo e la terra, fu ispirata fin dal XVI secolo al cardinale Gabriele Paleotti, Arcivescovo di Bologna, contemporaneo di san Carlo Borromeo ed emulo del suo zelo pastorale. Quest'ultimo adottò subito nella sua diocesi e provincia una pratica così salutare. Nel XVIII secolo, Prospero Lambertini, volle continuare le tradizioni del Paleotti, suo predecessore, ed esortò il popolo alla devozione al Ss. Sacramento nei tre giorni di Carnevale. Salito poi sulla cattedra di san Pietro col nome di Benedetto XIV, arricchì il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che, durante tali giorni, avrebbero visitato Nostro Signore nel mistero del suo amore ed implorato il perdono dei peccati. Tale favore, prima limitato alle chiese dello Stato Romano, fu da Clemente XIII, nel 1765, esteso a tutto il mondo; e così la devozione comunemente chiamata delle Quarantore , divenne una delle più solenni manifestazioni della pietà cattolica.
Siamo dunque molto solleciti ad approfittarne. Allontaniamoci, come Abramo, dalle profane influenze che ci assediano e cerchiamo il Signore Dio Nostro: riposandoci un po' dalle libere dissipazioni del mondo, veniamo a meritare, ai piedi del Salvatore, la grazia di passare attraverso quelle che sono inevitabili senza attaccarvi il cuore.

I misteri di questo giorno.

Consideriamo ora gli altri misteri della Domenica di Quinquagesima. Il passo evangelico contiene la predizione del Signore agli Apostoli della Passione che doveva fra poco soffrire a Gerusalemme. Un tale solenne annuncio prelude ai dolori della Settimana Santa. Accogliamo questa parola nelle nostre anime con ogni tenerezza e riconoscenza, e decidiamoci a metterci a disposizione del Signore, come fece Abramo.
Gli antichi liturgisti segnalavano inoltre la guarigione del cieco di Gerico come simbolo dell'accecamento dei peccatori. Il cieco riacquistò la vista perché sentiva il suo male e desiderava guarire. La santa Chiesa vuole che sentiamo lo stesso desiderio e ci assicura che sarà esaudito.

Messa

La Stazione è nella Basilica Vaticana di S. Pietro.

Questa scelta pare risalire all'epoca in cui si leggeva ancora in questa domenica la narrazione della Legge data a Mosè, considerato dai primi cristiani di Roma il tipo di san Pietro. Avendo poi la Chiesa rimandata la lettura dell'Esodo nel periodo della Quaresima, e sostituendo quel racconto col mistero della vocazione di Abramo, la Stazione romana restò nella Basilica del Principe degli Apostoli, che fu pure figurato da Abramo nella qualità di Padre dei credenti .

Epistola: Fratres: Si línguis hóminum loquar, et angelórum, caritátem áutem non hábeam, factus sum velut æs sonans, aut cymbalum tínniens. Et si habúero prophetíam, et nóverim mystéria ómnia et omnem sciéntiam: et si habúero omnem fidem ita ut montes tránsferam, caritátem áutem non habúero, nihil sum. Et si distribúero in cibos páuperum omnes facultátes meas, et si tradídero corpus meum, ita ut árdeam, caritátem áutem non habúero, nihil mihi prodest. Cáritas pátiens est, benígna est. Cáritas non æmulátur, non agit pérperam, non inflátur, non est ambitiósa, non quærit quæ sua sunt, non irritátur, non cógitat malum, non gáudet super iniquitáte, congáudet áutem veritáti: ómnia suffert, ómnia credit, ómnia sperat, ómnia sústinet. Cáritas núnquam éxcidit: sive prophetíæ evacuabúntur, sive línguæ cessábunt, sive sciéntia destruétur. Ex parte enim cognóscimus, ex parte prophetámus. Cum áutem vénerit quod perféctum est, evacuábitur quod ex parte est. Cum essem párvulus, loquébar ut párvulus, sapiébam ut párvulus, cogitábam ut párvulus. Quando áutem factus sum vir, evacuávi quæ erant parvúli. Vidémus nunc per spéculum in ænígmate: tunc áutem fácie ad fáciem. Nunc cognósco ex parte: tunc áutem cognóscam sicut et cógnitus sum. Nunc áutem manent, fides, spes, cáritas, tria hæc: máior áutem horum est cáritas.

Fratelli: quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli, se non ho la carità, sono come un bronzo che suona e un cembalo che squilla. E quando avessi la profezia, e conoscessi tutti i misteri ed ogni scienza, e quando avessi tutta la fede, fino a trasportare i monti, se non ho la carità, sono un niente. E quando distribuissi tutto il mio per nutrire i poveri e sacrificassi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità, nulla mi giova. La carità è paziente, è benefica; la carità, non è invidiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non s'irrita, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non verrà mai meno. Le profezie passeranno, cesseranno le lingue, la scienza avrà fine: perché imperfettamente conosciamo e imperfettamente profetiamo; e quando sarà venuta la perfezione ciò ch'è imperfetto dovrà sparire. Quando ero bambino parlavo da bambino, avevo gusti da bambino, pensavo da bambino; ma fatto uomo non ho smesso le cose che eran da bambino. Ora noi vediamo come in uno specchio in modo enigmatico; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco parzialmente, ma allora conoscerò come io sono conosciuto. Rimangono per ora tutte e tre: fede, speranza e carità, ma la più grande di queste tre virtù è la carità. (1Cor 13,1-13)

Elogio della carità.

Oggi la Chiesa ci fa leggere il magnifico elogio che fa san Paolo della carità, la virtù che insieme racchiude l'amor di Dio e del prossimo, ed è luce delle anime nostre. Se esse ne sono prive, vivono nelle tenebre, e tutte le loro opere sono impregnate di sterilità. Lo stesso potere dei miracoli non potrebbe garantire la salvezza a chi non ha la carità, senza di cui le opere apparentemente più eroiche potrebbero da se stesse costituire un'insidia.
Chiediamo al Signore questa luce; per quanto ci venga accordata anche quaggiù, ci è riservata senza misura nell'eternità. I giorni più splendenti che possiamo godere in questo mondo non sono che tenebre in paragone degli eterni splendori, dove, in presenza della realtà per sempre contemplata svanirà la fede; nell'istante che cominceremo a godere di quel possesso la speranza verrà a mancare del suo oggetto; solo regnerà l'amore; ed è questo il motivo della sua sovraeccellenza sulle altre due virtù teologali.
Ora, se il destino dell'uomo redento e illuminato da Gesù Cristo sta tutto qui, nel regno della carità, dobbiamo meravigliarci che egli debba lasciar tutto per seguire un tale Maestro? Purtroppo vi sono cristiani, battezzati in questa fede e in questa speranza, e che ricevettero le primizie di quest'amore, i quali s'ingolfano in questi giorni nei più grossolani disordini, anche se possono apparire raffinati e delicati. Si direbbe che abbiano fatto un patto con le tenebre tanto si sforzano d'oscurare l'ultimo raggio della luce divina che sta in loro.
La Carità, se regna in noi, ci deve rendere sensibili all'oltraggio che fanno a Dio questi nostri ciechi fratelli, e portarci nello stesso tempo a sollecitare si di loro la sua misericordia.

Vangelo: In illo témpore: Assúmpsit Iesus duódecim, et ait illis: Ecce ascéndimus Ierosólymam, et comsummabúntur ómnia, quæ scripta sunt per prophétas de Fílio hóminis. Tradétur enim géntibus, et illudétur, et flagellábitur, et conspuétur: et póstquam flagelláverint, occídent eum, et tértia die resúrget. Et ipsi nihil horum intellexérunt, et erat verbum istud abscónditum ab eis, et non intelligébant quæ dicebántur. Factum est áutem, cum appropinquáret Iéricho, cæcus quídam sedébat secus viam, mendícans. Et cum audíret turbam prætereúntem, interrogábat quid hoc esset. Dixérunt áutem ei, quod Iesus Nazarénus transíret. Et clamávit, dicens: Iesu, fili David, miserére mei. Et qui præíbant, increpábant eum ut tacéret. Ipse vero multo magis clamábat: Fili David, miserére mei. Stans áutem Iesus iússit illum addúci ad se. Et, cum appropinquásset, interrogávit illum, dicens: Quid tibi vis fáciam? At ille dixit: Dómine, ut vídeam. Et Iesus dixit illi: Réspice, fides tua te salvum fecit. Et conféstim vidit et sequebátur illum: magníficans Deum. Et omnis plebs ut vidit, dedit láudem Deo.

In quel tempo: Gesù, presi in disparte i dodici, disse loro: Ecco noi ascendiamo a Gerusalemme e s'adempiranno tutte le cose predette dai Profeti riguardo al Figlio dell'uomo; egli sarà dato nelle mani dei gentili, sarà schernito e flagellato e coperto di sputi. E, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma risorgerà il terzo giorno. E quelli nulla compresero di tutte quelle cose, ed il senso di esse era loro nascosto e non afferravano quanto veniva loro detto. Or avvenne che mentre egli s'avvicinava a Gerico, un cieco stava seduto lungo la strada a mendicare; e sentendo passare la folla, domandò che cosa fosse. Gli dissero che passava Gesù Nazareno. Allora egli gridò: Gesù, figlio di David, abbi pietà di me. E quelli che precedevano gli gridavano di tacere. Ma lui a gridar più forte che mai: Figlio di David abbi pietà di me. Allora Gesù, fermatosi, comandò che gli fosse menato. E quando gli fu vicino, gli domandò: Che vuoi ch'io ti faccia? E quello: Signore, esclamò, che ci veda. E Gesù gli disse: Guarda, la tua fede ti ha salvato. E subito ci vide e gli andava dietro glorificando Dio. E tutto il popolo, visto il miracolo, lodò Dio. (Lc 18,31-43)

Cecità e luce spirituale.

Abbiamo sentita la voce di Cristo annunciante la Passione, la stessa voce che sentirono gli Apostoli, i quali accolsero la confidenza del loro Maestro, ma senza comprendere nulla perché essendo ancora imbevuti dei pregiudizi del loro popolo contro le sofferenze del Messia, non potevano comprendere il vero senso della sua missione di Salvatore. Tuttavia non lo lasciano e continuano a seguirlo.

Adoriamo con amore la divina misericordia, che ci volle separare, come Abramo, da quel popolo abbandonato; seguiamo l'esempio del cieco di Gerico, alzando la voce al Signore, perché c'illumini sempre di più: Signore, fate che io veda ; ecco la sua preghiera. Già ci concesse la sua luce: ma ci gioverà ben poco, se essa non risvegliasse in noi il desiderio di vederci sempre di più. Dio promise ad Abramo di mostrargli la terra a lui destinata: che si degni mostrare anche a noi la terra dei viventi. Soprattutto preghiamolo, secondo la bella espressione di sant'Agostino, che si mostri a noi affinché lo amiamo e di mostrare noi a noi stessi perché cessiamo d'amarci.

Orazione: Preces nostras, quæsumus, Dómine, cleménter exáudi: atque a peccatórum vínculis absolútos, ab omni nos adversitáte custódi.

Esaudisci con clemenza, o Signore, le nostre preghiere e, dopo averci sciolti dai lacci dei peccati, preservaci da ogni avversità.

http://venezia.fssp.it/pages/intro.php 

Caterina63
00sabato 5 marzo 2011 18:12
[SM=g1740717] 12PORTE - 3 marzo 2011: La quaresima è anche il tempo di preparazione immediata ai sacramenti per gli adulti che hanno chiesto il battesimo. Il servizio da Bologna.

it.gloria.tv/?media=135067






[SM=g1740738]



[SM=g1740733] 12PORTE - 3 marzo 2011:

Dopo il carnevale, la quaresima, tempo penitenziale ed ecclesiale di conversione e purificazione, in preparazione alla Pasqua. Mercoledì prossimo 9 marzo è il giorno delle ceneri: in tutte le Chiese, durante la Messa verrà imposto il segno austero delle ceneri sul capo dei fedeli, per ricordarci la necessità del pentimento e del distacco dal male.

Il mercoledì delle ceneri è giorno di digiuno e di astinenza, un dovere religioso di precetto nella Chiesa cattolica, che impegna gravemente tutti i fedeli dai 14 ai 60 anni: La legge del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di fare una seconda refezione leggera. La legge dell'astinenza proibisce di consumare, oltre alla carne, cibi e bevande particolarmente ricercati o costosi. L'astinenza è prescritta anche in ogni venerdì di quaresima, eccetto il 25 marzo in cade la solennità dell'Annunciazione del Signore. Il Cardinale Arcivescovi presiederà la celebrazione delle ceneri in cattedrale, alle 17.30.

it.gloria.tv/?media=135060




[SM=g1740717]



[SM=g1740734] Preparazione alla Santa Quaresima

Mercoledì comincia la Quaresima, per questa dobbiamo fare un proponimento e, possiamo chiederci, o quanto alla Carità possiamo chiederci, se possiamo aiutare qualcuno. La Carità non significa dare soldi alle persone per strada, ma in primo luogo significa l'Amore Divino che Dio ha per se stesso e, anche dopo, significa l'amore che Dio ha per noi e noi per Dio e del nostro prossimo (come dopo dirò nella predica).

Dunque, la Carità, possiamo chiederci, se posso aiutare qualche persona che forse vive da solo, o che ha bisogno di una parola anche al telefono, talvolta, o qualcuno nella nostra famiglia con cui possiamo riconciliarci, per esempio, o possiamo chiederci se c'è un peccato mortale in cui siamo fissi, per così dire, e combattere questo peccato, se non troviamo niente combattiamo un vizio e facendo uno sforzo ogni giorno; anche c'è tutto il campo della Preghiera e possiamo chiederci se preghiamo solo, per esempio, quando ci stiamo addormentando la sera, o preghiamo solo poco e male: una visita al Santissimo Sacramento nella Chiesa, sarebbe un buon proponimento, ma pensiamo già oggi, altrimenti ci troviamo già nel Tempo di Quaresima senza aver deciso niente....



[SM=g1740717] [SM=g1740720] Martyres Christi

di Gianfranco Amato


Il 2 marzo 2011 Clement Shahbaz Bhatti ha coronato il suo amore per Cristo con la palma del martirio. Non si tratta di un religioso, ma di un comune laico, un semplice cristiano coinvolto in quell’esperienza terrena chiamata politica. Per essere precisi, si tratta del quarantaduenne ministro cattolico per le Minoranze del Pakistan, l’unico cristiano presente nell’esecutivo di quel Paese musulmano. Un ministro che non si vergognava di riconoscere pubblicamente Gesù Cristo come il «nucleus of my life», il centro ed il significato ultimo della sua esistenza, e che amava ricordare a tutti quanto la vita non appartenga a nessuno, ma sia semplicemente data in prestito («borrowed»). Il 2 marzo 2011 quel prezioso prestito viene restituito. Si tratta, però, di una morte annunciata. Tre mesi fa, infatti, Shahbaz Bhatti aveva previsto la sua fine in un video testamento realizzato a futura memoria, e destinato a circolare solo dopo il tragico evento.
La mano assassina del fanatismo talebano, ponendo fine alla vita terrena del ministro pakistano, ha mostrato al mondo quale sia il vero significato di concetti come testimonianza e servizio, e ha costretto alla vergogna tanti politici cattolici occidentali, nella cui bocca (sazia e sicura) tali concetti rischiano di apparire verba vacua.
Il testamento spirituale di questo ultimo martire cristiano non ha bisogno di commenti, e merita di essere riportato integralmente [lo avevamo già riportato in questo blog, ma merita anche d'essere riletto]:


«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna».


Così offrono la propria vita i Martyres Christi!
Ora Shahbaz, nella gloriosa schiera dei Santi, può contemplare da vicino (e davvero senza vergogna) il volto di quel Cristo che ha riconosciuto come centro e significato della propria esistenza.
Di fronte alla testimonianza di una sequela della croce vissuta usque ad effusionem sanguinis, tanti tiepidi cristiani, ripensando alla propria pavida fede compromissoria, farebbero bene a riflettere. O, meglio, ad arrossire.


segue l' Intervista (in italiano) al fratello del Martire






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Caterina63
00mercoledì 9 marzo 2011 12:31

"Memento homo...

...quia pulvis es...
... et...

...in pulverem...

...reverteris!"

*



Ricordati che sei polvere....
e che polvere ritornerai.....

**********************

Santa Quaresima a tutti....



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L’UDIENZA GENERALE, 09.03.2011

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

Oggi, segnati dall’austero simbolo delle Ceneri, entriamo nel Tempo di Quaresima, iniziando un itinerario spirituale che ci prepara a celebrare degnamente i misteri pasquali. La cenere benedetta imposta sul nostro capo è un segno che ci ricorda la nostra condizione di creature, ci invita alla penitenza e ad intensificare l’impegno di conversione per seguire sempre di più il Signore.

La Quaresima è un cammino, è accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione, morte e risurrezione; ci ricorda che la vita cristiana è una “via” da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo, da incontrare, da accogliere, da seguire.

Gesù, infatti, ci dice: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23). Ci dice, cioè, che per giungere con Lui alla luce e alla gioia della risurrezione, alla vittoria della vita, dell’amore, del bene, anche noi dobbiamo prendere la croce di ogni giorno, come ci esorta una bella pagina dell’Imitazione di Cristo: “Prendi, dunque, la tua croce e segui Cristo; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto per te, affinché anche tu portassi la tua croce e desiderassi di essere anche tu crocifisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagno anche nella gloria” (L. 2, c. 12, n. 2). Nella Santa Messa della Prima Domenica di Quaresima pregheremo: “O Dio nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi ai tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita” (Colletta). E’ un’invocazione che rivolgiamo a Dio perché sappiamo che solo Lui può convertire il nostro cuore. Ed è soprattutto nella Liturgia, nella partecipazione ai santi misteri, che noi siamo condotti a percorrere questo cammino con il Signore; è un metterci alla scuola di Gesù, ripercorrere gli eventi che ci hanno portato la salvezza, ma non come una semplice commemorazione, un ricordo di fatti passati. Nelle azioni liturgiche, Cristo si rende presente attraverso l’opera dello Spirito Santo, quegli avvenimenti salvifici diventano attuali. C’è una parola-chiave che ricorre spesso nella Liturgia per indicare questo: la parola “oggi”; ed essa va intesa in senso originario e concreto, non metaforico. Oggi Dio rivela la sua legge e a noi è dato di scegliere oggi tra il bene e il male, tra la vita e la morte (cfr Dt 30,19); oggi “il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15); oggi il Cristo è morto sul Calvario ed è risuscitato dai morti; è salito al cielo e siede alla destra del Padre; oggi ci è dato lo Spirito Santo; oggi è il tempo favorevole. Partecipare alla Liturgia significa allora immergere la propria vita nel mistero di Cristo, la sua permanente presenza, percorrere un cammino in cui entriamo nella sua morte e risurrezione per avere la vita.

Nelle domeniche di Quaresima, in modo del tutto particolare in quest’anno del ciclo A, siamo introdotti a vivere un itinerario battesimale, quasi a ripercorrere il cammino dei catecumeni, di coloro che si preparano a ricevere il Battesimo, per ravvivare in noi questo dono e far in modo che la nostra vita recuperi le esigenze e gli impegni di questo Sacramento, che è alla base della nostra vita cristiana.

Nel Messaggio che ho inviato per questa Quaresima, ho voluto richiamare il nesso particolare che lega il Tempo quaresimale e il Battesimo. Da sempre la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo: in esso si realizza quel grande mistero per cui l’uomo, morto al peccato, è reso partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Le Letture che ascolteremo nelle prossime domeniche e alle quali vi invito a prestare speciale attenzione, sono riprese proprio dalla tradizione antica, che accompagnava il catecumeno nella scoperta del Battesimo: sono il grande annuncio di ciò che Dio opera in questo Sacramento, una stupenda catechesi battesimale rivolta a ciascuno di noi. La Prima Domenica, chiamata Domenica della tentazione, perché presenta le tentazioni di Gesù nel deserto, ci invita a rinnovare la nostra decisione definitiva per Dio e ad affrontare con coraggio la lotta che ci attende per rimanergli fedeli. La Seconda Domenica è detta di Abramo e della Trasfigurazione. Il Battesimo è il sacramento della fede e della figliolanza divina; come Abramo, padre dei credenti, anche noi siamo invitati a partire, ad uscire dalla nostra terra, a lasciare le sicurezze che ci siano costruite, per riporre la nostra fiducia in Dio; la meta si intravede nella trasfigurazione di Cristo, il Figlio amato, nel quale anche noi diventiamo “figli di Dio”. Nelle Domeniche successive viene presentato il Battesimo nelle immagini dell’acqua, della luce e della vita. La Terza ci fa incontrare la Samaritana (cfr Gv 4,5-42). Come Israele nell’Esodo, anche noi nel Battesimo abbiamo ricevuto l’acqua che salva; Gesù, come dice alla Samaritana, ha un’acqua di vita, che estingue ogni sete; quest’acqua è il suo stesso Spirito. La Chiesa in questa Domenica celebra il primo scrutinio dei catecumeni e durante la settimana consegna loro il Simbolo, la professione della fede: il Credo. La Quarta Domenica ci fa riflettere sull’esperienza del “Cieco nato” (cfr Gv 9,1-41). Nel Battesimo veniamo liberati dalle tenebre del male e riceviamo la luce di Cristo per vivere da figli della luce. Nel cammino dei catecumeni si celebra il secondo scrutinio. Infine, la Quinta Domenica ci presenta la risurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11,1-45). Nel Battesimo noi siamo passati dalla morte alla vita e siamo resi capaci di piacere a Dio, di far morire l’uomo vecchio per vivere dello Spirito del Risorto. Per i catecumeni, si celebra il terzo scrutinio e durate la settimana viene consegnata loro l’orazione del Signore: il Padre nostro.

Questo itinerario che siamo invitati a percorre anche noi è caratterizzato, nella tradizione della Chiesa, da alcune pratiche: il digiuno, l’elemosina e la preghiera. Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprende altre forme di privazione per una vita più sobria. Tutto questo però non è ancora la realtà piena del digiuno: è il segno esterno - il digiuno - di una realtà interiore, del nostro impegno, con l’aiuto di Dio, di astenerci dal male e di vivere del Vangelo. Non digiuna veramente chi non sa nutrirsi della Parola di Dio.

Il digiuno, nella tradizione, è legato poi strettamente all’elemosina. San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: “Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell’astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati. A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di ‘misericordia’ abbraccia molte opere buone. Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l’elemosina, ma anche quelli di condizione modesta e povera. Così, disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell’anima” (Discorso 6 sulla Quaresima, 2: PL 54, 286). San Gregorio Magno ricordava, nella sua Regola Pastorale, che il digiuno è reso santo dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, da ogni gesto di generosità, che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una nostra privazione (cfr 19,10-11).

La Quaresima, inoltre, è un tempo privilegiato per la preghiera. Sant’Agostino dice che il digiuno e l’elemosina sono “le due ali della preghiera”, che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. Egli afferma: “In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell’elemosina, nella temperanza e nel perdono delle offese, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace ci ha preceduto” (Sermone 206, 3 sulla Quaresima: PL 38,1042). La Chiesa sa che, per la nostra debolezza, è faticoso fare silenzio per mettersi davanti a Dio, e prendere consapevolezza della nostra condizione di creature che dipendono da Lui e di peccatori bisognosi del suo amore; per questo, in Quaresima, invita ad una preghiera più fedele ed intensa e ad una prolungata meditazione sulla Parola di Dio. San Giovanni Crisostomo esorta: “Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza” (Omelia 6 sulla Preghiera: PG 64,466).

Cari amici, in questo cammino quaresimale siamo attenti a cogliere l’invito di Cristo a seguirlo in modo più deciso e coerente, rinnovando la grazia e gli impegni del nostro Battesimo, per abbandonare l’uomo vecchio che è in noi e rivestirci di Cristo, per giungere rinnovati alla Pasqua e poter dire con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Buon cammino quaresimale a tutti!



  Ceneri 2010

                               Ceneri 2010



Caterina63
00mercoledì 9 marzo 2011 18:55
SANTA MESSA DELLE CENERI 9.3.2011

OMELIA DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,

iniziamo oggi il tempo liturgico della Quaresima con il suggestivo rito dell’imposizione delle ceneri, attraverso il quale vogliamo assumere l'impegno di convertire il nostro cuore verso gli orizzonti della Grazia.

In genere, nell’opinione comune, questo tempo rischia di essere connotato dalla tristezza, dal grigiore della vita. Invece essa è dono prezioso di Dio, è tempo forte e denso di significati nel cammino della Chiesa, è l’itinerario verso la Pasqua del Signore. Le Letture bibliche dell’odierna celebrazione ci offrono indicazioni per vivere in pienezza questa esperienza spirituale.

«Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12).

Nella prima Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele, abbiamo ascoltato queste parole con cui Dio invita il popolo ebraico ad un pentimento sincero e non apparente. Non si tratta di una conversione superficiale e transitoria, bensì di un itinerario spirituale che riguarda in profondità gli atteggiamenti della coscienza e suppone un sincero proposito di ravvedimento. Il profeta prende spunto dalla piaga dell’invasione delle cavallette che si era abbattuta sul popolo distruggendo i raccolti, per invitare ad una penitenza interiore, a lacerarsi il cuore e non le vesti (cfr 2,13). Si tratta, cioè, di porre in atto un atteggiamento di conversione autentica a Dio - ritornare a Lui -, riconoscendo la sua santità, la sua potenza, la sua maestà. E questa conversione è possibile perché Dio è ricco di misericordia e grande nell’amore. La sua è una misericordia rigeneratrice, che crea in noi un cuore puro, rinnova nell'intimo uno spirito fermo, restituendoci la gioia della salvezza (cfr Sal 50,14).

Dio, infatti, non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 33,11). Così il profeta Gioele ordina, a nome del Signore, che si crei un propizio ambiente penitenziale: bisogna suonare la tromba, convocare l'adunanza, risvegliare le coscienze.

Il periodo quaresimale ci propone questo ambito liturgico e penitenziale: un cammino di quaranta giorni dove sperimentare in modo efficace l'amore misericordioso di Dio. Oggi risuona per noi l’appello «Ritornate a me con tutto il cuore»; oggi siamo noi ad essere chiamati a convertire il nostro cuore a Dio, consapevoli sempre di non poter realizzare la nostra conversione da soli, con le nostre sole forze, perché è Dio che ci converte. Egli ci offre ancora il suo perdono, invitandoci a tornare a Lui per donarci un cuore nuovo, purificato dal male che lo opprime, per farci prendere parte alla sua gioia. Il nostro mondo ha bisogno di essere convertito da Dio, ha bisogno del suo perdono, del suo amore, ha bisogno di un cuore nuovo.

«Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Nella seconda Lettura san Paolo ci offre un altro elemento nel cammino della conversione. L’Apostolo invita a distogliere lo sguardo su di lui e a rivolgere invece l’attenzione su chi l’ha inviato e sul contenuto del messaggio che porta: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (ibid.).

Un ambasciatore ripete quello che ha sentito pronunciare dal suo Signore e parla con l’autorità e dentro i limiti che ha ricevuto. Chi svolge l’ufficio di ambasciatore non deve attirare l’interesse su se stesso, ma deve mettersi al servizio del messaggio da trasmettere e di chi l’ha mandato. Così agisce san Paolo nell’assolvere il suo ministero di predicatore della Parola di Dio e di Apostolo di Gesù Cristo.

Egli non si tira indietro di fronte al compito ricevuto, ma lo assolve con totale dedizione, invitando ad aprirsi alla Grazia, a lasciare che Dio ci converta: «Poiché siamo suoi collaboratori, - scrive - vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (2Cor 6,1). «L'appello di Cristo alla conversione - ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica - continua a risuonare nella vita dei cristiani. […] è un impegno continuo per tutta la Chiesa che "comprende nel suo seno i peccatori" e che, "santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento". Questo sforzo di conversione non è soltanto un'opera umana. È il dinamismo del "cuore contrito" (Sal 51,19), attratto e mosso dalla grazia a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo» (n. 1428). San Paolo parla ai cristiani di Corinto, ma attraverso di loro intende rivolgersi a tutti gli uomini. Tutti infatti hanno bisogno della grazia di Dio, che illumini la mente e il cuore. E l’Apostolo incalza: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2).

Tutti possono aprirsi all’azione di Dio, al suo amore; con la nostra testimonianza evangelica, noi cristiani dobbiamo essere un messaggio vivente, anzi, in molti casi siamo l’unico Vangelo che gli uomini di oggi leggono ancora. Ecco la nostra responsabilità sulle orme di san Paolo, ecco un motivo in più per vivere bene la Quaresima: offrire la testimonianza della fede vissuta ad un mondo in difficoltà che ha bisogno di ritornare a Dio, che ha bisogno di conversione.

«Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro» (Mt 6,1). Gesù, nel Vangelo di oggi, rilegge le tre opere fondamentali di pietà previste dalla legge mosaica. L’elemosina, la preghiera e il digiuno caratterizzano l’ebreo osservante della legge.

Nel corso del tempo, queste prescrizioni erano state intaccate dalla ruggine del formalismo esteriore, o addirittura si erano mutate in un segno di superiorità. Gesù mette in evidenza in queste tre opere di pietà una tentazione comune. Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce il desiderio di essere stimati e ammirati per la buona azione, di avere cioè una soddisfazione.

E questo, da una parte rinchiude in se stessi, dall’altra porta fuori da se stessi, perché si vive proiettati verso quello che gli altri pensano di noi e ammirano in noi. Nel riproporre queste prescrizioni, il Signore Gesù non chiede un rispetto formale ad una legge estranea all'uomo, imposta da un legislatore severo come fardello pesante, ma invita a riscoprire queste tre opere di pietà vivendole in modo più profondo, non per amore proprio, ma per amore di Dio, come mezzi nel cammino di conversione a Lui.

Elemosina, preghiera e digiuno: è il tracciato della pedagogia divina che ci accompagna, non solo in Quaresima, verso l’incontro con il Signore Risorto; un tracciato da percorrere senza ostentazione, nella certezza che il Padre celeste sa leggere e vedere anche nel segreto del nostro cuore.

Cari fratelli e sorelle, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Quaranta giorni ci separano dalla Pasqua; questo tempo «forte» dell’anno liturgico è un tempo propizio che ci è donato per attendere, con maggiore impegno, alla nostra conversione, per intensificare l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera e la penitenza, aprendo il cuore alla docile accoglienza della volontà divina, per una pratica più generosa della mortificazione, grazie alla quale andare più largamente in aiuto del prossimo bisognoso: un itinerario spirituale che ci prepara a rivivere il Mistero Pasquale.

Maria, nostra guida nel cammino quaresimale, ci conduca ad una conoscenza sempre più profonda di Cristo, morto e risorto, ci aiuti nel combattimento spirituale contro il peccato, ci sostenga nell’invocare con forza: «Converte nos, Deus salutaris noster» – «Convertici a Te, o Dio, nostra salvezza».
Amen!




      Pope Benedict XVI walks in a procession from Sant'Anselmo basilica to Santa Sabina basilica before leading the Ash Wednesday service on March 9, 2011 in Rome. Ash Wednesday opens the liturgical 40 day period of Lent.ROME, ITALY - MARCH 9: Pope Benedict XVI leads the Ash Wednesday service at the Santa Sabina Basilica on March 9, 2011 in Rome, Italy. Ash Wednesday opens the liturgical 40-day period of Lent, a period of prayer, fasting, penitence and alms giving leading up to Easter.


Esercizi spirituali in Vaticano: Giovanni Paolo II e la teologia dei santi


Dal 13 al 19 marzo, le meditazioni saranno di padre François-Marie Léthel


ROMA, martedì, 8 marzo 2011 (ZENIT.org).- Da domenica 13 fino a sabato 19 marzo, si terranno in Vaticano, gli Esercizi spirituali alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI e della Curia romana. Le meditazioni saranno proposte dal Padre François-Marie Léthel, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, professore alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum, Prelato Segretario della Pontificia Accademia di Teologia, sul tema: “La luce di Cristo nel cuore della Chiesa – Giovanni Paolo II e la Teologia dei Santi”. 

Gli Esercizi iniziano alle ore 18.00 nella Cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico, con la Celebrazione dei Vespri, la meditazione introduttiva, l’Adorazione e la Benedizione Eucaristica.

Ogni giornata verrà scandita dalla celebrazione delle lodi alle 9, seguita da una meditazione; alle 10.15 ci sarò la celebrazione dell’ora media e una seconda meditazione; alle 17 una terza meditazione, seguita alle 17.45 dalla recita dei Vespri, dall’adorazione e dalla benedizione eucaristica. Nell’ultima giornata, che coincide con la solennità di san Giuseppe, alle 9 verranno celebrate le lodi, seguite dalla meditazione conclusiva.

Durante la settimana saranno sospese tutte le udienze pontificie, compresa quella generale di mercoledì 16 marzo.

In un libretto pubblicato dalla Prefettura della Casa Pontificia - che riporta il calendario dettagliato delle giornate e una cronologia dei predicatori degli esercizi spirituali in Vaticano (dai gesuiti Giovanni Oldrà e Alessio Magni, nel 1925, al salesiano Enrico dal Covolo, lo scorso anno) - padre Léthel spiega il tema scelto quest’anno e sottolinea che si tratta di una ideale preparazione, nello spirito di conversione quaresimale, alla beatificazione di Giovanni Paolo II il prossimo 1° maggio.

Il religioso – secondo quanto riferito da “L'Osservatore Romano” - ricorda che Papa Wojtyła “è stato inseparabilmente un pastore, un missionario, un mistico, un pensatore e un poeta. Formato alla scuola dei santi (specialmente san Luigi Maria di Montfort, san Giovanni della Croce e san Tommaso), ha dato nel suo Pontificato un nuovo posto ai santi, considerati non solo come esempi di perfezione cristiana, ma come i migliori teologi, cioè conoscitori di Dio, anche se non avevano studiato la teologia accademica”.

Léthel cita in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica e, soprattutto, la proclamazione di santa Teresa di Lisieux a dottore della Chiesa “come esperta della scientia amoris”. Proprio in quella occasione Giovanni Paolo II — ricorda il predicatore — ha accostato santa Teresa a un’altra donna dottore della Chiesa, santa Caterina da Siena, definita “rappresentante eminente della teologia vissuta dei santi” e “considerata accanto all’indagine teologica, cioè alla teologia pensata di cui parlava l’Enciclica Fides et Ratio citando l’esempio di due altri grandi dottori della Chiesa: sant’Anselmo e san Tommaso, maestri della scientia fidei, della fides quaerens intellectum”.

Dopo Giovanni Paolo II, nota il religioso, Benedetto XVI “non ha smesso di sviluppare questa teologia dei santi in modo continuo nelle sue catechesi al Popolo di Dio, ma anche proponendola ai teologi (1° dicembre 2009) e ai sacerdoti (10 giugno 2010). È evidentemente una delle linee fondamentali del suo Magistero. I Santi infatti ci aiutano a riscoprire inseparabilmente la 'grande ragione' e il 'grande amore', a non soccombere alla tentazione del relativismo, caratterizzato invece dalla 'piccola ragione', dal 'pensiero debole' e anche dall’amore debole”.

Durante gli esercizi, spiega ancora Léthel, i santi saranno il punto di riferimento a cui guardare e la voce da ascoltare, con particolare attenzione rivolta alle donne. Un’immagine, a suo giudizio, rende bene l’idea di questo guardare ai santi: quella del Giudizio universale del Beato Angelico, che si trova nel museo di San Marco di Firenze — riprodotto è anche sulla copertina della pubblicazione della Prefettura della Casa Pontificia — dove i santi “si danno la mano e ci danno la mano, facendoci entrare in questo meraviglioso 'girotondo'”.

Tra le figure che verranno prese in considerazione, ci saranno due santi particolarmente cari a Giovanni Paolo II: Luigi Maria Grignion de Montfort, ispiratore del suo motto Totus tuus, e Teresa di Lisieux, che sarà la voce dominante degli esercizi: “Dottore della scientia amoris - spiega Léthel - la piccola Teresa dà la mano ai due grandi dottori della scientia fidei, sant’Anselmo, il teologo della Croce, e san Tommaso, il teologo della luce di Cristo”.

Altre due figure di santità al femminile saranno oggetto di riflessione: Caterina da Siena, “nel suo impegno per la riforma della Chiesa, profondamente ferita dal peccato delle sue membra”, e Giovanna d’Arco, “nella sua passione e morte per colpa di sacerdoti e teologi”. Alla figura di quest’ultima si è ispirato Charles Péguy per il Mistero della sua carità, vera e propria “teologia poetica della comunione dei santi e della speranza”.

Dopo tre consacrate nella verginità, padre Léthel propone una sposa e madre di famiglia, Concepción Cabrebra de Armida, grande mistica del XX secolo, dichiarata venerabile da Giovanni Paolo II nel 1999: donna che “ci offre un’altissima dottrina riguardo alla maternità con la sua duplice esperienza di maternità naturale e di maternità spirituale”.

Per ricordare il posto che i laici e, in particolare, i giovani avevano nel cuore di Papa Wojtyła, verrà poi presentata una giovane laica, la beata Chiara Luce Badano, che è morta nel 1990, ad appena 18 anni, offrendo le sue sofferenze per il Papa, i giovani e tutto il mondo. Infine, il predicatore chiuderà gli esercizi con le figure di san Giuseppe, Redemptoris custos, e del venerabile Giuseppe Quadrio, sacerdote e teologo salesiano, morto nel 1963 dopo una vita trascorsa al servizio degli studi e dell’insegnamento.



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Un percorso iniziato nel 1925

Nel 1983 li guidò Ratzinger

L’ istituzione degli esercizi spirituali in Vaticano per il Papa e i suoi più stretti collaboratori risale al 1925 con Pio XI, che poi nel 1929, con l’enciclica Mens nostra, stabilisce si svolgano puntualmente ogni anno. Si tratta di un appuntamento inizialmente fissato nel periodo dell’Avvento ma che, dal 1964, viene spostato nella prima settimana di Quaresima. I predicatori chiamati a guidarli con Pio XI sono soprattutto gesuiti, ma anche oblati di Rho, cappuccini e redentoristi.

Pio XII sceglie di nominare solo padri gesuiti con l’eccezione del 1941.
Giovanni XXIII sceglie un gesuita, il vescovo Angrisani, il parroco romano Scavizzi e il predicatore apostolico padre Ilarino.
Paolo VI inaugura le sue scelte – nel 1964 – con il redentorista tedesco Häring, rompendo così la consuetudine che aveva visto finora nell’elenco solo ecclesiastici italiani.
Il primo cardinale chiamato a predicare gli esercizi è stato Karol Wojtyla nel 1976, due anni prima di diventare Giovanni Paolo II. Non pochi hanno ricevuto la porpora dopo aver predicato (ricordando solo i viventi: Martini, Cottier, Tonini, Medina Estevez, Schoenborn, Comastri).
 
Benedetto XVI nei primi anni di pontificato ha scelto cardinali, per così dire, a «fine carriera» (Cè, Biffi, Vanhoye e Arinze). Lo scorso anno, in occasione dell’Anno Sacerdotale, è stato nominato un prete, il salesiano don Enrico dal Covolo, che nel frattempo è diventato vescovo dopo essere nominato rettore della Pontificia Università Lateranense.
Quest’anno è toccato al carmelitano scalzo Francois-Marie Lethel.

Una curiosità riguardante l’attuale Pontefice. In una intervista concessa al mensile 30 Giorni da cardinale ha rivelato che alcuni anni prima della sua nomina ad arcivescovo di Monaco del 1977, «forse nel 1975», Paolo VI lo «aveva invitato a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano».
«Ma – aggiunge Ratzinger – non mi sentivo sufficientemente sicuro né del mio italiano né del mio francese per preparare e osare una tale avventura e così avevo detto di no». Ma fu un «no» provvisorio. Nel 1983 dopo essere stato chiamato a Roma da Giovanni Paolo II il cardinale Ratzinger viene chiamato a predicare gli esercizi. E accetta. 

Avvenire, 12 marzo 2011

SI LEGGA ANCHE:

Mens Nostra Lettera Enciclica di Pio XI sull'importanza degli ESERCIZI SPIRITUALI


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 In questo Tempo, approfittiamo anche noi per IMPARARE E SCORPRIRE O RISCOPRIRE IL VALORE DEL SILENZIO.... un silenzio non di mutismo, ma di quel SILENZIO SACRO E LITURGICO che offre alla mente ed al cuore di PENSARE ALLE COSE DI DIO....un silenzio attraverso il quale SI IMPARA a conoscere Dio e ad entrare davvero in colloquio con Lui....

Spengiamo il televisore, facciamo il fioretto di accantonare le riviste mondane.... proponiamoci per dire qualche parola in meno e fare meno discussioni e di imparare ad ASCOLTARE....
VISITIAMO PIU' SPESSO IL SANTISSIMO SACRAMENTO, restiamo in silenzio e in adorazione, impariamo AD ASCOLTARLO....
proponiamoci di leggere qualche vita dei SANTI.... magari di leggere anche il Catechismo....

Il forum stesso vi offre molte pagine per questo scopo
....




Caterina63
00venerdì 11 marzo 2011 13:08
[SM=g1740733] Ricordando a tutti la Pia Pratica della Via Crucis:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8399054&...

accompagnamola con un canto....



Attende, Domine
Fonti: Liber Cantualis, p.71; adattamento italiano LD 588
Uso: ingresso
Forma musicale: inno e ritornello

Testo
Rit. Attende, Domine, et miserere,
quia peccavimus tibi.
1. Ad te, Rex summe, omnium Redemptor,
oculos nostros sublevamus flentes:
exaudi, Christe, supplicantum preces.
2. Dextera Patris, lapis angularis,
via salutis, janua caelestis,
ablue nostri maculas delicti.
3. Rogamus, Deus, tuam majestatem:
auribus sacris gemitus exaudi:
crimina nostra placidus indulge.
4. Tibi fatemur crimina admissa:
contrito corde pandimus occulta:
tua, Redemptor, pietas ignoscat.
5. Innocens captus, nec repugnans ductus,
testibus falsis pro impiis damnatus:
quos redemisti, tu conserva, Christe.

(Adattamento italiano)
Rit. A noi, tuo popolo, che a te ritorna,
dona la pace, Signore.
1. A te, Signore, che ci hai redento,
i nostri occhi solleviamo in pianto;
ascolta, o Cristo, l’umile lamento.
2. Figlio di Dio, capo della Chiesa,
tu sei la via, sei la porta al cielo,
con il tuo sangue lava i nostri cuori.
3. Tu sei grandezza, assoluto amore;
noi siamo terra che tu hai plasmato:
in noi ricrea la tua somiglianza.
4. Ti confessiamo d’essere infedeli,
ma il nostro cuore s’apre a te sincero;
tu, Redentore, guardalo e perdona.
5. Ti sei vestito del peccato nostro,
ti sei offerto come puro Agnello:
ci hai redenti, non lasciarci, o Cristo.

Il testo

Il testo latino, come l’adattamento in lingua italiana, fa riferimento al salmo 50 (Miserere) che sottolinea il carattere penitenziale del tempo di Quaresima. Allo stesso tempo, però, la supplica non è solo rivolta al Dio Padre ma anche a Cristo Redentore, colui che, in virtù del suo farsi carico dei nostri peccati, affronta e vince la morte facendo di noi un popolo di redenti. Il testo è composto in terzine di endecasillabi con rima AAB.

La musica

La melodia è nel V modo, quello che per noi oggi è diventato la scala maggiore. L'estensione è quella di una ottava, ideale per essere cantata da un’assemblea media. Il ritmo è sillabico, cioè strutturato sulla metrica del testo. Evitare quindi anche in italiano di strutturarlo in cellule ritmiche ma farsi guidare proprio dal fluire delle parole: un declamato collettivo.
Nel Repertorio nazionale di recente pubblicazione il canto viene riportato nella tonalità di re maggiore ma potrebbe essere eseguito anche un tono più basso (tonalità di do maggiore).
Quando e come utilizzarlo L'utilizzo migliore è la forma responsoriale con il ritornello affidato all'assemblea. In sede di studio o di insegnamento ad una assemblea media, curare soprattutto la seconda parte del ritornello (quia peccavimus), perché la melodia presenta due salti di quarta nella stessa direzione melodica che possono procurare qualche problema.

La strofa, che consigliamo di affidare ad una voce solista, si presta ad essere “molto cantata”; ma proprio per il carattere del canto, suggerirei di evitare di evidenziare questo aspetto e curare piuttosto una esecuzione di tipo salmodico evitando di enfatizzare il climax della strofa (Exaudi Christe...) già importante di suo. La solennità del canto si sposa bene con un eventuale accompagnamento lineare da eseguirsi con organo.
Per il suo carattere e la sua solennità la destinazione migliore è quella di inno di ingresso nel tempo di Quaresima, in quanto introduce molto bene al “clima” celebrativo del tempo liturgico.

Considerazioni

Si tratta di un canto responsoriale che nel Liber Usualis è inserito in appendice tra i “Canti vari”.
Il canto fa parte del repertorio gregoriano ed era quindi in uso nel tempo di Quaresima anche prima del Concilio. Per questo è ancora un canto conosciuto anche se poco usato ma, per il suo carattere e la particolare funzionalità, da riproporre e rivalutare.
Può essere eseguito anche nell’adattamento in italiano oppure eseguendo il ritornello in latino con le strofe in italiano: è un canto molto “duttile”. Una buona occasione di incontro e commistione tra vecchio e nuovo. La sapienza compositiva degli autori della tradizione, si può incontrare con la lingua viva del quotidiano, generando così un repertorio particolare che fa incontrare un genere musicale antico con un linguaggio celebrativo accessibile a tutti.
In questa particolare situazione il testo italiano sposa bene la melodia originale senza forzature e su questo aspetto si dovrà soffermare l'attenzione: una corretta e rispettosa esecuzione dovrà comunque mantenere la giusta naturalezza di esecuzione.

Silvio Catalini
Direttore Cappella Musicale della Cattedrale di Camerino

www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=t7Glyu7tEWU



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[SM=g1740734] Siamo entrati nel Tempo di Quaresima, Tempo santo e propizio...
vi offriamo una breve riflessione tratta dal Formulario dedicato per le "Messe della Beata Vergine Maria"...
In questo video

it.gloria.tv/?media=137020

troviamo da meditare su Maria DISCEPOLA del Signore... e la vogliamo invocare in questo Tempo Santo di conversione e penitenza, di sequela al Figlio suo!

Santa Quaresima a tutti!

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

I Canti sono due il primo è:

Alma Redemptoris Mater, quae pervia coeli
Porta manes, et stella maris, succurre cadenti,
Surgere qui curat, populo: tu quae genuisti,
Natura mirante, tuum sanctum Genitorem
Virgo prius ac posterius, Gabrielis ab ore
Sumens illud Ave, peccatorum miserere
.

***

O santa Madre del Redentore,
porta dei cieli, stella del mare,
soccorri il tuo popolo
che anela a risorgere.
Tu che accogliendo quell'Ave di Gabriele,
nello stupore di tutto il creato,
hai generato il tuo Genitore,
vergine prima e dopo il parto,
pietà di noi peccatori.

Il secondo è l'Antifona tratta dal Magnificat:

Quia respexit humilitatem ancillae suae, *
ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes
...

***

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. *
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata..





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Caterina63
00sabato 12 marzo 2011 16:56

Predica di Padre Konrad 6.3.2011

 Il valore della vera Carità


Preparazione alla Santa Quaresima

Carissimi,
Mercoledì comincia la Quaresima, per questa dobbiamo fare un proponimento e, possiamo chiederci, o quanto alla Carità possiamo chiederci, se possiamo aiutare qualcuno. La Carità non significa dare soldi alle persone per strada, ma in primo luogo significa l'Amore Divino che Dio ha per se stesso e, anche dopo, significa l'amore che Dio ha per noi e noi per Dio e del nostro prossimo (come dopo dirò nella predica).

Dunque, la Carità, possiamo chiederci, se posso aiutare qualche persona che forse vive da solo, o che ha bisogno di una parola anche al telefono, talvolta, o qualcuno nella nostra famiglia con cui possiamo riconciliarci, per esempio, o possiamo chiederci se c'è un peccato mortale in cui siamo fissi, per così dire, e combattere questo peccato, se non troviamo niente combattiamo un vizio e facendo uno sforzo ogni giorno; anche c'è tutto il campo della Preghiera e possiamo chiederci se preghiamo solo, per esempio, quando ci stiamo addormentando la sera, o preghiamo solo poco e male: una visita al Santissimo Sacramento nella Chiesa, sarebbe un buon proponimento, ma pensiamo già oggi, altrimenti ci troviamo già nel Tempo di Quaresima senza aver deciso niente....


In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Abbiamo sentito, carissimi fedeli oggi, le parole sublimi di san Paolo sulla Carità.
La Carità è la chiave della vita spirituale, la chiave d'oro che aprirà per noi la porta del Cielo, se moriamo con essa in mano, questo vediamo chiaramente nel Vangelo di san Luca quando, un Dottore della Legge chiede al Signore: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?", e Gesù gli disse: "che cosa sta scritta nella Legge, che cosa vi leggi?", costui rispose: "amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso ", e Gesù: "hai risposto bene, fa questo e vivrai"!
La Carità ora ha un doppio oggetto: Dio e il prossimo.
Come amiamo Dio e come amiamo il prossimo?
Amiamo Dio direttamente nella Preghiera e indirettamente con tutto quel che facciamo per noi e possiamo addirittura fare tutto per Dio proponendo di compiere ogni azione per Lui, amiamo anche Dio, indirettamente, anche tramite il nostro prossimo, perchè nella Carità amiamo il prossimo per Dio e in Dio, o almeno affinchè sia in Dio - nelle parole di san Tommaso d'Aquino -.
Amare il prossimo in Dio è come ammirare la luce in un vetro colorato di una Chiesa, l'amore verso il prossimo consiste nel cercare il suo bene, il suo bene corporale ma soprattutto il suo bene spirituale. Un punto importante è che per amare con la Carità dobbiamo essere nello stato di grazia perchè la Carità è un amore in-soprannaturale, ma senza la grazia soprannaturale non possiamo amare Dio in questo modo, ossia, in modo soprannaturale. Dunque, se qualcuno cade nel peccato mortale a causa per esempio, dell'impurezza, da solo o con un altro, a causa della mancanza alla Santa Messa domenicale, a causa della pigrizia per esempio, a causa di un furto di un oggetto di gran valore, o dell'aborto, deve confessarsi e convertirsi quanto prima, perchè altrimenti non può amare Dio o ne il prossimo come Dio ci comanda, ossia, nella Carità e non può acquistare questa chiave d'oro che sola aprirà la porta del Cielo.

Oggigiorno si parla molto dell'amore e dice "questa è la cosa che distingue il cattolicesimo", ma questo non è completo, l'amore (???) ....e la Carità.
Allora, ci sono due brani nella Sacra Scrittura che ci da una lista generale della Carità; il primo brano costituisce i Dieci Comandamenti, i primi Comandamenti stabiliscono la Carità verso Dio, direttamente, ossia l'adorazione di Dio, gli altri Comandamenti stabiliscono la Carità verso il prossimo. Il Signore stesso ci insegna chiaramente che i Comandamenti esprimono la Carità verso di  Lui quando dice: "colui che mi ama tiene i miei Comandamenti". San Paolo ci insegna chiaramente che i Comandamenti esprimono la Carità verso il prossimo, quando scrive ai Romani che i Comandamenti si riassumono in queste parole: "amerai il prossimo tuo come te stesso".


L'altro brano della Sacra Scrittura che ci da una lista generale della Carità è l'epistola di san Paolo ai Corinzi, l'abbiamo sentito oggi, qua la Carità è per così dire, personificata: la Carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, la Carità non si vanta, non si gonfia, tutto sopporta, chi sarebbe questa Persona, possiamo chiederci, se non la seconda Persona della Santissima Trinità, Dio fatto Uomo, la Carità stessa.
Vediamo come in uno specchio, dice san Paolo, e questo specchio è Gesù Cristo + stesso che è lo specchio del Padre, specchio in cui vediamo la Carità: Egli è paziente, benigno e tutto sopporta, come un Agnello  che soffre tutto nella Sua Passione per amore di noi. La Chiesa ci presenta la Carità infinita di Dio verso le Sue creature, nell'epistola e nel Vangelo la Passione di Cristo che è l'espressione definitiva di questa Carità: sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi, e dopo averLo flagellato lo uccideranno.
Adesso che stiamo per iniziare il santo Tempo della Quaresima, impregniamo il nostro cuore di questa Carità di Dio che è il modello della nostra Carità verso di Lui. Questa Carità di Dio si distingue dalla sua assolutezza che deve anche distinguere la nostra Carità verso di Lui e dobbiamo amarLo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la forza e con tutta la mente.
Amen.
In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Sia lodato Gesù Cristo +



***

Predica di Padre Konrad sulla Morte
nel Mercoledì delle Ceneri 9 marzo 2011

Carissimi fedeli,
colgo l'occasione del Mercoledì delle Ceneri per presentarvi qualche considerazione sulla Morte, presa da sant'Alfonso de Liguori.

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
" E quel gentiluomo conosciuto come persona divertente e anima della compagnia, ora dov'è?
Se entrate nella sua stanza, ora non c'è più; se cercate il suo letto, è stato occupato da un altro, le sue vesti, le sue armi, altri se le sono già prese e divise; se volete vederlo affacciatevi a quella fossa, dove si è trasformato in sozzura, in osse prive di carne, e così sarà anche per voi, e in quella stanza nella quale voi avrete esalato l'ultimo respiro e sarete stati giudicati da Gesù Cristo +, si ballerà, si mangerà, si giocherà e si riderà come prima, e l'anima nostra allora, dove sarà ?
Mettiamo carissimi, nell'immaginazione sul letto di morte e guardiamo ciò che avremo cambiato nella nostra vita. Ringraziamo il Signore per il tempo che ci ha concesso adesso, per mettere a regola la nostra vita, cominciamo con questo lavoro di conversione anche oggi. Davvero non vi è realtà più preziosa del tempo, ma non vi è oggetto meno stimato o più disprezzato dagli uomini del mondo: osserva un fannullone che si intrattiene ore intere sulla strada a guardare i passanti e far discorsi osceni, o a parlare di cose inutili, se gli domandi che cosa stia facendo ti risponderà: "faccio passare il tempo", poveri ciechi! Perdono tanti giorni, ma sono giorni che non torneranno più.
Tempo disprezzato, tu sarai la realtà maggiormente desiderata dagli uomini di mondo al momento della morte, desidereranno allora un altro anno, un mese, un giorno, ma non l'avranno.
San Lorenzo Giustiniani afferma che ognuno sarebbe disposto a sacrificare le ricchezze, gli onori, i piaceri in cambio di una sola misera ora, ma questa ora non gli sarà data, il sacerdote assistendo al letto già sta dicendo "parti anima di cristiano da questo mondo" - partem animae Christi de hoc mundo  - , mentre l'anima nostra sta per uscire dal corpo, come un uccello bianco lotta per liberarsi dal gabbio del corpo, ma noi non saremo in grado di indirizzarla dove vogliamo, volerà dove volerà: in Paradiso o all'Inferno, e poi l'ingiusto si accorgerà che gli è preclusa la possibilità di compiere alcun bene, per questa ragione esclamerà, tra le lacrime, come sono stato stolto, tempo perso, vita stessa persa, anni persi nei quali avrei potuto farmi santo, ma non l'ho fatto, ed ora non c'è più tempo di farlo.

Ma a che serviranno questi lamenti e questi sospiri - chiede sant'Alfonso -  allora sta per chiudersi la scena, la lampada è sul punto di spegnersi, e il morente si avvicina al momento decisivo dal quale dipende l'eternità.

Gesù mio, Voi avete speso tutta la Vostra vita per salvare l'anima mia.
Non c'è stato nessun momento della Vostra vita in cui non Vi siate offerto per me, all'Eterno Padre per ottenermi il perdono e la salvezza eterna, ed io ho vissuto per molti anni in questo mondo e quanti ne ho spesi finora per Voi? Tutto quanto mi ricordo di aver fatto, mi da rimorso di coscienza, il male è stato molto, il bene compiuto troppo poco e troppo pieno di imperfezioni e di tiepidezze, di amor proprio e di distrazioni.
Non permettete che io perda più questo tempo che Voi mi date per Vostra misericordia.
Ricordatemi sempre, amato mio Salvatore, l'Amore che mi avete portato, e le pene che avete patito per me, fate che io mi scordi di tutto affinchè, in questa parte di vita che mi resta, io non pensi ad altro che amrVi e compiacerVi, datemi la santa perseveranza, affido tutto ai meriti del Vostro Sangue e confido nella Vostra intercessione o Maria, cara Madre mia
!

Amen."
In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.




Caterina63
00lunedì 14 marzo 2011 19:31
All'Angelus  del 13.3.2011
il Papa offre una riflessione sul peccato


"Schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa - il combattimento spirituale contro lo spirito del male": questo è il senso della Quaresima. Lo ha detto, stamattina, Benedetto XVI, nella I Domenica di Quaresima, prima di recitare
l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in piazza San Pietro.

Eclissi di Dio, eclissi del peccato. "Questa è la Prima Domenica di Quaresima, il Tempo liturgico di quaranta giorni che costituisce nella Chiesa un itinerario spirituale di preparazione alla Pasqua. Si tratta in sostanza di seguire Gesù che si dirige decisamente verso la Croce, culmine della sua missione di salvezza", ha ricordato il Papa, che poi ha domandato: "Perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male". Ma, secondo il Pontefice, "questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola ‘peccato’ da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo. In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato". Perciò, prosegue il Santo Padre, "il senso del peccato – che è cosa diversa dal ‘senso di colpa’ come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio. Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: ‘Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato’".

Salvare il peccatore. Di fronte al male morale, ha chiarito Benedetto XVI, "l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto". Dunque, "Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, ‘origine e causa di ogni peccato’. Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce". In realtà, "contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima". Infatti, "entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male". Quindi il Papa ha invitato a invocare "il materno aiuto di Maria Santissima per il cammino quaresimale da poco iniziato, perché sia ricco di frutti di conversione". Poi il Pontefice ha domandato "uno speciale ricordo nella preghiera" per sé e per i suoi collaboratori della Curia Romana, dato che questa sera inizieranno la settimana di Esercizi spirituali.

Un pensiero per il Giappone. Dopo l’Angelus, i clacson di un folto gruppo di motociclisti hanno salutato festosamente il Santo Padre, che ha affermato: "Grazie per questo saluto speciale". Benedetto XVI ha fatto quindi riferimento all’attualità: "Le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità". "Prego – ha aggiunto - per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!". Nei saluti in varie lingue, rivolgendosi ai pellegrini polacchi, il Papa ha osservato che "la liturgia dell’odierna domenica ci rende consapevoli che ogni uomo è esposto alla tentazione. Tuttavia, la tentazione di Gesù nel deserto dimostra che non sempre essa deve condurre alla caduta e al peccato, ma può essere l’inizio della vittoria e della rivelazione della gloria di Dio. E’ così quando, sull’esempio di Gesù, stiamo davanti alla tentazione con l’atteggiamento di obbedienza alla volontà del Padre. La Quaresima sia per tutti tempo di vittoria!".

Da stasera gli Esercizi spirituali. Stasera alle ore 18, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico vaticano iniziano gli Esercizi spirituali, ai quali partecipa il Santo Padre. Le meditazioni sul tema "La luce di Cristo nel cuore della Chiesa - Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi", saranno dettate da padre François-Marie Léthel, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, professore alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum e prelato segretario della Pontificia Accademia di Teologia. Gli Esercizi si concluderanno sabato mattina 19 marzo. Nella settimana degli Esercizi spirituali sono sospese tutte le udienze, compresa l’Udienza generale di mercoledì 16 marzo.


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Questa è la Prima Domenica di Quaresima, il Tempo liturgico di quaranta giorni che costituisce nella Chiesa un itinerario spirituale di preparazione alla Pasqua.

Si tratta in sostanza di seguire Gesù che si dirige decisamente verso la Croce, culmine della sua missione di salvezza. Se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male.

Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola "peccato" da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo.

In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal "senso di colpa" come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio.

Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: "Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato" (Sal 51,6).

Di fronte al male morale, l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, "origine e causa di ogni peccato". Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce.

Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male (Mercoledì delle Ceneri, Orazione Colletta).

Invochiamo perciò il materno aiuto di Maria Santissima per il cammino quaresimale da poco iniziato, perché sia ricco di frutti di conversione.

Uno speciale ricordo nella preghiera domando per me e per i miei collaboratori della Curia Romana, che questa sera inizieremo la settimana di Esercizi spirituali.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità. Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!

                         Pope Benedict XVI waves from the window of his apartment to the faithful gathered in Saint-Peter's square on March 6, 2011 during his Sunday Angelus prayer at the Vatican. The pope on March 6 expressed 'great concern' over the crises in several African and Asian countries, mentioning Pakistan and Libya in particular.
Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da San Benedetto del Tronto, Castellammare di Stabia e Crotone, i catechisti di Casnate con Bernate e quelli di Chiusano di San Domenico, i ragazzi della Scuola "Edoardo Agnelli" di Torino e i cresimandi di Pontassieve, come pure il folto gruppo di motociclisti. A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Quaresima.


Caterina63
00martedì 15 marzo 2011 18:02
l carmelitano scalzo François-Marie Léthel parla degli esercizi spirituali in Vaticano

In girotondo con i santi


di NICOLA GORI

Un girotondo di santi e di angeli che si tengono per mano e tendono la mano a quanti sono ancora sulla terra. È l'immagine che più di tutte rappresenta il senso e lo spirito degli esercizi spirituali quaresimali che si svolgono dal 13 al 19 marzo nella cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, alla presenza del Papa e della Curia romana. A guidarli è il carmelitano scalzo François-Marie Léthel, prelato segretario della Pontificia Accademia di Teologia, che in questa intervista al nostro giornale, spiega i motivi che lo hanno indotto a scegliere come tema "La luce di Cristo nel cuore della Chiesa: Giovanni Paolo II e la teologia dei santi".

Questi esercizi ruotano intorno alla beatificazione di Giovanni Paolo II: come viene sviluppato il tema?

Dopo che il Papa mi ha chiamato a tenere questi esercizi spirituali, mi sono raccolto in preghiera e mi è apparso chiaro l'orientamento da dare alle meditazioni: una preparazione spirituale alla beatificazione di Giovanni Paolo II , che avverrà il 1° maggio prossimo, domenica dell'Ottava di Pasqua, festa della Divina Misericordia, inizio del mese mariano e anche festa di san Giuseppe lavoratore. Sono convinto che sia un avvenimento di un immensa portata per la Chiesa e per il mondo, che richiede una profonda preparazione spirituale da parte di tutto il popolo di Dio, e in modo esemplare da parte del Santo Padre e dei suoi più vicini collaboratori. Allo stesso tempo ho avuto chiaro anche il tema - la luce di Cristo nel cuore della Chiesa - e il sottotitolo: Giovanni Paolo II e la teologia dei santi. Così è stato anche per la scelta dei santi come guide per questi giorni. Infatti, la beatificazione di Giovanni Paolo II è come il coronamento di uno straordinario pontificato proprio sotto il segno della santità. Per sviluppare il tema, ho scelto un'icona della comunione dei santi: un dipinto del beato fra Angelico che rappresenta i santi e gli angeli in cielo che si danno la mano e fanno come un girotondo. I santi si danno e ci danno la mano per guidarci sul cammino della santità. Questo è il senso della conversione quaresimale: impegnarci di più entrando anche noi in questo "girotondo dei santi". Un girotondo guidato da Papa Wojty?a, che dà la mano ai due santi più vicini a lui: san Luigi Maria di Montfort, che ha ispirato il suo Totus tuus, e santa Teresa di Lisieux, l'unica santa proclamata dottore della Chiesa durante il suo Pontificato.

Cosa si intende per teologia dei santi?

È questa grande conoscenza del Mistero di Cristo di cui san Paolo parla nella sua Lettera agli Efesini, quando chiede "in ginocchio" al Padre l'abbondanza del dono dello Spirito Santo per i fedeli, affinché mediante la fede e l'amore possano "con tutti i santi conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza". Nel suo linguaggio, "i santi" sono i fedeli, i battezzati, in un certo modo, noi tutti, se viviamo veramente di fede, speranza e carità. Così, san Luigi Maria di Montfort parla della "grande scienza dei santi" e allo stesso modo fa santa Teresa di Lisieux nella sua Autobiografia. Su questo punto ancora Giovanni Paolo II ci ha dato l'esempio. Era anzitutto l'uomo della preghiera profonda, era un mistico. La preghiera animava e penetrava tutta la sua riflessione teologica, filosofica, poetica. Nella Chiesa d'Occidente, con la nascita delle università nel medioevo, è sopravvenuto il rischio di ridurre la teologia alla sua sola forma intellettuale, accademica, e questo è un grande impoverimento. Dopo il concilio Vaticano II, nel 1970 Paolo VI ha fatto un passo decisivo quando ha dichiarato dottori della Chiesa due donne, due sante che non avevano studiato all'università: Teresa d'Ávila e Caterina da Siena. Hanno ricevuto lo stesso titolo di santi che erano grandi intellettuali, come Anselmo, Tommaso e Bonaventura. Così l'enciclica Fides et ratio, che faceva riferimento a questi rappresentanti della "grande ragione", Giovanni Paolo II ha indicato nella Novo millennio ineunte l'esempio di Caterina da Siena e Teresa di Lisieux come rappresentanti della "teologia vissuta dei santi".

Quali sono gli aspetti più significativi dell'eredità spirituale di Giovanni Paolo II ?

È un'eredità immensa che tocca tutti gli aspetti del mistero di Dio e dell'uomo in Cristo. Per me è tutta concentrata nella sua grandiosa spiritualità cristocentrica e mariana. Bisogna soprattutto rileggere le sue encicliche Redemptor hominis, Dives in misericordia, Dominum et vivificantem e Redemptoris Mater. L'affermazione fondamentale è concentrata nelle prime parole della Redemptor hominis: "Il Redentore dell'Uomo Gesù Cristo è il Centro del Cosmo e della Storia", con il grande leit-motiv della Gaudium et spes: "Cristo si è unito a ogni uomo".

Si sono alternati pastori e studiosi in varie discipline come predicatori degli esercizi al Papa. Ora tocca a un teologo come lei che appartiene a un ordine mendicante. Crede che questa sua formazione abbia influito sulla scelta del Pontefice?

Appartengo al Carmelo, ordine mendicante nato nel medioevo, quasi allo stesso tempo di quelli di san Francesco e san Domenico. Abbiamo una lunga storia, una grande tradizione teologica e spirituale, specialmente nel nostro ordine dei carmelitani scalzi, riformati da santa Teresa di Gesù. Ho profonda coscienza di compiere questa missione di predicazione per il Papa non in modo individuale, ma come rappresentante della mia famiglia religiosa del Carmelo, e in modo particolare della mia comunità accademica del Teresianum, che è la Pontificia Facoltà Teologica dei carmelitani a Roma. Lavoriamo molto per la Chiesa e il Papa, e non soltanto attraverso l'insegnamento teologico.

Giovanni Paolo II aveva un'innata simpatia per l'ordine del Carmelo. A san Giovanni della Croce aveva dedicato anche la laurea. Quale aspetto del suo magistero pensa sia stato influenzato dalla spiritualità sangiovannea?

Credo che l'influsso più profondo sia stato sulla sua propria vita spirituale. Sappiamo che ha ricevuto le opere di san Giovanni della Croce insieme, al Trattato della vera devozione a Maria di Luigi Maria Grignion di Montfort, nel 1940, da un santo laico, Jan Tyranowski. Era un periodo decisivo della sua vita, durante l'occupazione nazista in Polonia, quando doveva lavorare come operaio per evitare la deportazione in Germania. È stato il momento della scelta decisiva della vocazione sacerdotale. San Giovanni della Croce ha aperto al giovane Karol gli orizzonti della preghiera profonda: ha fatto di lui un autentico mistico, cioè un uomo che vive la fede, la speranza e la carità a un livello sempre più intenso, sempre più profondo. Con san Giovanni della Croce, ha potuto anche approfondire la grande tematica dell'amore sponsale e coltivare la poesia come espressione privilegiata del mistero.

Oltre a san Giovanni della Croce, lei parlerà anche di san Luigi Maria Grignion de Montfort, santa Teresa di Lisieux e santa Giovanna d'Arco. Quale influsso hanno avuto su Giovanni Paolo II?

Direi che Luigi Maria Grignion de Montfort è il santo che ha esercitato l'influsso più profondo sulla sua vita, con la sua dottrina cristocentrica e mariana sintetizzata nel capolavoro del Trattato. Dall'età di 20 anni fino alla sua morte, ha avuto sempre presente questo libro. Nella grazia della sua beatificazione, Giovanni Paolo II ci invita a riscoprire quest'opera essenziale per tutto il popolo di Dio, nel suo modo di trasformare la devozione mariana in un cammino privilegiato di santità: non più una devozione tra le altre, ma la stessa vita battesimale di fede, speranza e carità vissuta con Maria e in Maria, "per trovare Gesù perfettamente, amarlo teneramente e servirlo fedelmente".

Nelle sue meditazioni si possono riscontrare riferimenti a temi di attualità?

Certo, i santi toccano sempre le realtà essenziali della vita cristiana e della condizione umana. Il grande tema è come vivere la santità nel mondo di oggi, nei diversi contesti. Patrona delle missioni, Teresa di Lisieux ha molto da dire sul tema della nuova evangelizzazione. La scelta di Caterina da Siena e di Giovanna d'Arco per questi esercizi è in qualche modo più legata a Benedetto XVI, che ha dedicato due importanti catechesi a queste sante della fine del medioevo, come esempi di "donne forti" in un contesto di grandi sofferenze e crisi della Chiesa e della società. Con queste sante, la luce di Cristo viene a incontrare le tenebre del peccato che si trovano anche all'interno della stessa Chiesa, per purificarla, per riformarla. E questo è evidentemente di grande attualità.

Qual è secondo lei il ruolo del teologo nella Chiesa e nella società odierna?

Deve essere un testimone autentico della luce di Cristo. Oggi, può essere un uomo o una donna, un laico o un sacerdote, una persona sposata o consacrata. Ma deve essere una persona personalmente impegnata nel cammino della santità, cioè una persona umile, in un cammino di conversione permanente al Vangelo. Nelle prospettive di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, deve essere una persona che nella luce di Cristo è testimone della "grande ragione" e del "grande amore", in un continuo dialogo con il Signore, nell'ascolto e nello studio della sua Parola, e in dialogo con l'umanità di oggi.



(©L'Osservatore Romano 16 marzo 2011)
Caterina63
00sabato 19 marzo 2011 18:14

Il Papa: San Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato - il Verbo venuto tra noi come uomo -, e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore

QUARESIMA SETTIMANA SANTA E PASQUA: LO SPECIALE DEL BLOG

Vedi anche:

San Giuseppe Patrono della Chiesa Auguri Santo Padre (Gloria TV)


CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA, 19.03.2011

Alle ore 9 di oggi, Solennità di San Giuseppe, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano, con il canto delle Lodi e la Meditazione finale, si sono conclusi gli Esercizi Spirituali alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI.
Le meditazioni sono state dettate quest’anno da Padre François-Marie Léthel, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, Prelato Segretario della Pontificia Accademia di Teologia e Professore alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum, ed hanno avuto per tema: La luce di Cristo nel cuore della Chiesa - Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi.
A conclusione degli Esercizi, il Papa ha rivolto ai presenti alcune parole.
Subito dopo, nella Sala Clementina, i membri della Curia Romana hanno presentato al Santo Padre Benedetto XVI gli auguri per il Suo onomastico. L’indirizzo di omaggio è stato rivolto al Papa dal Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio. Il Santo Padre ha concluso l’incontro con la Sua Benedizione.
Pubblichiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto ai presenti a conclusione degli Esercizi Spirituali nella Cappella Redemptoris Mater:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli,
caro Padre Léthel
,

alla fine di questo cammino di riflessione, di meditazione, di preghiera in compagnia dei Santi amici di Papa Giovanni Paolo II, vorrei dire di tutto cuore: Grazie a Lei, Padre Léthel, per la Sua guida sicura, per la ricchezza spirituale che ci ha donato.

I Santi: Lei ce li ha mostrati come "stelle" nel firmamento della Storia e, con il Suo entusiasmo e la Sua gioia, Lei ci ha inserito nel girotondo di questi Santi e ci ha mostrato che proprio i Santi "piccoli" sono i Santi "grandi".

Ci ha mostrato che la scientia fidei e la scientia amoris vanno insieme e si completano, che la ragione grande e il grande amore vanno insieme, anzi che il grande amore vede più della ragione sola.

La Provvidenza ha voluto che questi Esercizi si concludano con la festa di San Giuseppe, mio Patrono personale e Patrono della Santa Chiesa: un umile santo, un umile lavoratore. che è stato reso degno di essere Custode del Redentore.

San Matteo caratterizza san Giuseppe con una parola: "Era un giusto", "dikaios", da "dike", e nella visione dell’Antico Testamento, come la troviamo per esempio nel Salmo 1, "giusto" è l’uomo che è immerso nella Parola di Dio, che vive nella Parola di Dio, che vive la Legge non come "giogo", ma come "gioia", vive – potremmo dire – la Legge come "Vangelo".

San Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato - il Verbo venuto tra noi come uomo -, e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore.

Ci affidiamo in questo momento alla sua custodia, preghiamo perché ci aiuti nel nostro umile servizio. Andiamo avanti con coraggio sotto questa protezione. Siamo grati per gli umili Santi, preghiamo il Signore affinché renda anche noi umili nel nostro servizio e così santi nella compagnia dei Santi.

Ancora una volta grazie a Lei, P. Léthel, per la Sua ispirazione. Grazie!






Il Papa: La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, "l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce"


LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS , 20.03.2011

Di ritorno dalla visita pastorale di questa mattina alla Parrocchia romana di San Corbiniano all’Infernetto, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana in questa II Domenica di Quaresima:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Ringrazio il Signore che mi ha donato di vivere nei giorni scorsi gli Esercizi Spirituali, e sono grato anche a quanti mi sono stati vicini con la preghiera.

L’odierna domenica, la seconda di Quaresima, è detta della Trasfigurazione, perché il Vangelo narra questo mistero della vita di Cristo. Egli, dopo aver preannunciato ai discepoli la sua passione, "prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt 17,1-2). Secondo i sensi, la luce del sole è la più intensa che si conosca in natura, ma, secondo lo spirito, i discepoli videro, per un breve tempo, uno splendore ancora più intenso, quello della gloria divina di Gesù, che illumina tutta la storia della salvezza. San Massimo il Confessore afferma che "le vesti divenute bianche portavano il simbolo delle parole della Sacra Scrittura, che diventavano chiare e trasparenti e luminose" (Ambiguum 10: PG 91, 1128 B).

Dice il Vangelo che, accanto a Gesù trasfigurato, "apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui" (Mt 17,3); Mosè ed Elia, figura della Legge e dei Profeti. Fu allora che Pietro, estasiato, esclamò: "Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Mt 17,4).

Ma sant’Agostino commenta dicendo che noi abbiamo una sola dimora: Cristo; Egli "è la Parola di Dio, Parola di Dio nella Legge, Parola di Dio nei Profeti" (Sermo De Verbis Ev. 78,3: PL 38, 491). Infatti, il Padre stesso proclama: "Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo" (Mt 17,5).

La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, "l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce" (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 357).

Pietro, Giacomo e Giovanni, contemplando la divinità del Signore, vengono preparati ad affrontare lo scandalo della croce, come viene cantato in un antico inno: "Sul monte ti sei trasfigurato e i tuoi discepoli, per quanto ne erano capaci, hanno contemplato la tua gloria, affinché, vedendoti crocifisso, comprendessero che la tua passione era volontaria e annunciassero al mondo che tu sei veramente lo splendore del Padre".

Cari amici, partecipiamo anche noi di questa visione e di questo dono soprannaturale, dando spazio alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio. Inoltre, specie in questo tempo di Quaresima, esorto, come scrive il Servo di Dio Paolo VI, "a rispondere al precetto divino della penitenza con qualche atto volontario, al di fuori delle rinunce imposte dal peso della vita quotidiana" (Cost. ap. Pænitemini, 17 febbraio 1966, III, c: AAS 58 [1966], 182). Invochiamo la Vergine Maria, affinché ci aiuti ad ascoltare e seguire sempre il Signore Gesù, fino alla passione e alla croce, per partecipare anche alla sua gloria.

DOPO L'ANGELUS

Nei giorni scorsi le preoccupanti notizie che giungevano dalla Libia hanno suscitato anche in me viva trepidazione e timori. Ne avevo fatto particolare preghiera al Signore durante la settimana degli Esercizi Spirituali.
Seguo ora gli ultimi eventi con grande apprensione, prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese e rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari. Alla popolazione desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana.


Pozdrawiam serdecznie Polaków. Wczoraj obchodziliśmy uroczystość świętego Józefa, Głowy Świętej Rodziny, Opiekuna Kościoła, a także mojego Patrona. Wszystkim, którzy w dniach rekolekcji watykańskich i we wspomnianą uroczystość zanosili do Boga modlitwy w mojej intencji, serdecznie dziękuję. Niech święty Józef oręduje w niebie za nami wszystkimi. Niech wspiera wasze rodziny w zmaganiach z trudami życia. Na nowy tydzień Wielkiego Postu z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Ieri abbiamo festeggiato la Solennità di San Giuseppe, Capo della Santa Famiglia, Custode della Chiesa e anche mio Patrono. Ringrazio di cuore tutti coloro che nei giorni degli Esercizi spirituali in Vaticano e nella solennità di ieri hanno rivolto preghiere per me. San Giuseppe interceda dal cielo per tutti noi e aiuti le vostre famiglie nell’impegno contro le avversità della vita. Vi benedico di cuore all’inizio di questa nuova settimana di Quaresima.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli venuti da Venezia, i promotori della campagna "Adotta un papà nel sud del mondo", rilanciata in occasione della festa di san Giuseppe, i membri del Movimento di Vita Cristiana provenienti da Salerno, l’Istituto di Istruzione Superiore di Palagonia e gli altri gruppi di studenti. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana, Grazie a tutti voi. Buona domenica!


                        Pope Benedict XVI talks to pilgrims at the end of his pastoral visit to St. Corbiniano Parish in Rome on March 20, 2011. The Pope made an urgent an appeal to millitary and political leaders to consider the safety of Libyan civillians and ensure they have access to emergency aid in his first comments on the Libyan conflict.





Caterina63
00lunedì 21 marzo 2011 23:42

21 marzo....si ricorda sempre che entra la Primavera, ma poco o nulla che è anche la festa di san Benedetto....Patrono d'Europa



Omelia del cardinale prefetto della Congregazione per il Clero nella festa di san Benedetto

L'Europa e le sue fondamenta


Il cardinale prefetto della Congregazione per il Clero ha presieduto, nella mattina di lunedì 21, presso l'abbazia di Montecassino, una messa in onore di san Benedetto, patrono d'Europa. Al rito, concelebrato dall'abate, dom Pietro Vittorelli, hanno preso parte il decano dell'abbazia anglicana di Westminster, John Hall, insieme a numerose autorità civili italiane, tra cui il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, e il ministro Altero Matteoli. Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia tenuta dal porporato.

di Mauro Piacenza

L'apporto che questo uomo, Benedetto, ha dato alla costruzione religiosa, culturale e civile dell'Europa è senza paragoni. Dovremmo giungere ad affermare, anche dal punto di vista della corretta critica storica, che nessuno ha fatto per l'Europa più di san Benedetto da Norcia e, per conseguenza, la sua persona, il suo stile, il suo pensiero, dovrebbero essere punti di riferimento imprescindibili per chiunque voglia parlare, occuparsi, lavorare e spendersi realmente per la buona causa dell'Europa. La verità di un servizio di guida e di governo di un popolo si misura esattamente su quanto esso sia capace di impedire le cadute del popolo stesso; cadute economiche, certo, ma soprattutto cadute culturali e morali, che sfigurano il volto del popolo e, al suo interno, corrompono gli individui.

L'idea che l'indebolimento culturale del popolo e della sua coscienza, strumentalmente ottenuto attraverso la corruzione dei costumi, sia uno strumento di potere e di controllo, è tanto falsa quanto pericolosa. Essa espone il popolo ai rischi più grandi e mente ai governanti sul reale significato del potere e del servizio, al quale essi sono chiamati.
La dignità della persona umana e i suoi irriducibili diritti, che lo Stato non costituisce ma è tenuto a riconoscere, derivano dall'altissima concezione che, dell'uomo, ha il cristianesimo, e di tale concezione san Benedetto è stato fedele discepolo e, perciò, impareggiabile maestro.

Nella vita di san Benedetto, il passaggio da Subiaco a Montecassino, nel 529, rappresenta una fase nuova della sua maturazione interiore e della sua esperienza monastica: egli passa da una profonda intimità con Dio, che lo ha radicalmente trasformato, alla coscienza che tale intimità, tradotta nell'esperienza monastica, domanda visibilità e riconoscibilità, perché a essa tutti possano guardare e da essa imparare. È l'inizio del ruolo pubblico del cristianesimo, così come andrebbe sempre correttamente inteso: mai confuso con il potere civile, come avveniva nell'epoca pagana, e mai segregato o confinato fuori dal vivere sociale, come talvolta si vorrebbe oggi.

Un solo esempio può descriverne il valore: il santo di Norcia sostiene che colui che detiene il potere, per essere in grado di decidere responsabilmente, deve saper ascoltare il consiglio dei fratelli, perché «spesso Dio rivela al più giovane la soluzione migliore» (Regola, III, 3). Un uomo di responsabilità pubblica deve sempre saper ascoltare e imparare da quanto ascolta. Deve saper ascoltare la storia, ascoltare gli uomini, ascoltare profondamente se stesso e, se credente, ascoltare costantemente la voce di Dio, che parla nella coscienza, nella rivelazione e nel magistero della Chiesa.

L'Europa è al centro di questa drammatica sfida: o riscopre la propria identità, necessariamente cristiana, o rischia semplicemente di non esistere più come Europa. La recente sentenza appena emessa -- (18 marzo 2011) dalla Corte di Strasburgo sulla esposizione obbligatoria del crocifisso nelle scuole pubbliche ha riconosciuto che tale esposizione, lungi dal costituire un «indottrinamento», manifesta l'identità culturale e nazionale dei Paesi di tradizione cristiana. Il crocifisso, che è il principio vivificante della immensa opera benedettina, è stato riconosciuto non solo come un principio unificatore dell'Italia, proprio nella coincidenza del 150° anniversario della sua unità politica, ma anche come un principio identitario al quale possono guardare i Paesi europei!

Ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI: «Per creare un'unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale, che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l'Europa» (Udienza generale, 9 aprile 2008). Se anche non si volessero riconoscere il ruolo fondamentale del cristianesimo e le conseguenti radici cristiane dell'Europa, per reale convincimento etico-religioso, lo si dovrebbe fare esercitando quella moralità nella conoscenza, che spinge ad amare la verità più di se stessi, riconoscendo la realtà del dato storico e la valenza culturale di un'identità etico-religiosa, senza la quale il vecchio continente rischierebbe realmente di perdersi.

Il contributo della cultura, della politica e della diplomazia italiane può e deve essere determinante per questa riscoperta e per la sua conseguente assunzione di responsabilità. Ne va del nostro futuro, del futuro dell'Europa, della possibilità, per le nuove generazioni, di vivere ancora nella libertà e in un contesto culturale, nel quale l'uomo non divenga mai mezzo, ma sia e resti sempre fine. In tale senso dobbiamo rallegrarci per la sentenza di Strasburgo.

Questa appartenenza a Cristo, questa radice ultima di tutti i valori positivi di unità e di pace, di sviluppo e di progresso, che le nazioni d'Europa avvertono come proprio patrimonio, domanda di essere riconosciuta, riscoperta e ricollocata alla radice dell'Europa. La sfida del multiculturalismo, che non di rado diviene anche multireligiosità, domanda di approfondire e dilatare le capacità di autentico dialogo. Dia-logo, appunto, «parola tra due»!

Ma con chi dialogheranno le altre culture, se l'Europa non avrà una propria identità? La mancanza di identità ha come drammatica conseguenza l'impossibilità del dialogo! Al contrario, la serena e continuamente purificata riscoperta della propria identità costituisce il presupposto più sicuro per approfondire continuamente quell'indispensabile dialogo, che permette alle differenti culture di convivere pacificamente nel rispetto più profondo della dignità di tutti gli uomini e, con essa, dell'autentica libertà religiosa.
La stessa democrazia, per poter vivere e funzionare, ha bisogno di una solida piattaforma di valori condivisi, senza la quale è semplicemente impossibile che i sistemi sociali funzionino.

In Europa tale piattaforma di valori condivisi è indiscutibilmente fornita dal cristianesimo, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista sociale. Non riscoprire le radici cristiane dell'Europa e addirittura ostacolarne in ogni modo la potente rifioritura, coincide, in realtà, con il mettere in pericolo la stessa democrazia, la quale, privata di una piattaforma di valori condivisi, può essere esposta ad ogni forma di aberrante degenerazione.

La Chiesa non cesserà mai, nell'ordine che le è proprio, di ricordare agli uomini, alle nazioni, agli Stati e ai loro governanti, l'urgenza e perfino la necessità della riscoperta di un reale umanesimo plenario. L'uomo non può e non deve, in alcun caso, essere strumentalizzato, per fini economici, politici o di potere. Egli è un fine, non un mezzo, e, dunque, l'economia, il diritto e la politica devono essere concepiti come indispensabili strumenti al servizio dell'uomo, del suo vero bene, del suo reale progresso, che coincide sempre con il bene comune. Di questo vero bene e reale progresso, è elemento indispensabile e condizione non negoziabile l'assoluto, integrale e moralmente vincolante rispetto della vita. Mai si era vista, in Europa, una così profonda degenerazione giuridica in tale fondamentale ambito.

(L'Osservatore Romano 21-22 marzo 2011)

Caterina63
00giovedì 24 marzo 2011 22:08

Il tempo della prova, tra male e peccato


All’inizio della Quaresima, la colletta del mercoledì delle Ceneri, proveniente dall’antica raccolta del Veronese (n.207), presenta il tempo quaresimale come un cammino di conversione in cui i cristiani sono chiamati ad affrontare “con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male”. Il prototipo di questo combattimento è lo stesso Cristo che resiste alle insidie del tentatore nel deserto, episodio che ogni anno viene letto nel vangelo della domenica I. Nell’Ufficio delle letture di questo stesso giorno, commenta sant’Agostino: “Leggevamo ora nel vangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu…” Dal mercoledì delle Ceneri fino al sabato anteriore alla domenica delle Palme, il tema del combattimento spirituale viene ricordato discretamente ogni giorno nell’antifona dell’ora Nona, che recita così: “Siamo saldi nella prova: nostra forza è la giustizia di Dio”. La giustizia di cui parla questo testo ha senza dubbio risonanze bibliche: Dio è giusto significa che è degno di affidamento (cfr. Is 26,4), si attiene al patto e, quindi, elargisce la grazia per combattere i nemici della salvezza (cfr. Is 10,22). Questa giustizia promessa per i tempi messianici si è manifestata in Gesù Cristo (cfr. Rm 3,21).
La grazia del battesimo non libera la nostra natura dalla sua debolezza, né dall’inclinazione al peccato che la tradizione chiama “concupiscenza”, la quale rimane in noi anche dopo il battesimo perché sosteniamo le prove quotidiane nel combattimento della vita cristiana, aiutati dalla grazia di Cristo: “La drammatica condizione del mondo che ‘giace’ tutto ‘sotto il potere del maligno’ (1Gv 5,19), fa della vita dell’uomo una lotta” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.409). Nelle invocazioni delle Lodi mattutine del mercoledì delle Ceneri l’itinerario quaresimale viene presentato come un tempo per “recuperare pienamente il senso penitenziale e battesimale della vita cristiana”. Questo itinerario è fatto d’un “morire” e d’un “risorgere”. A questo proposito, san Leone afferma: “attraverso la fatica si passa al riposo e attraverso la morte si giunge alla vita” (Ufficio delle letture della domenica II). Si tratta di un “cammino di conversione”. “Convertirsi” è una scelta che comporta un cambiamento radicale del modo di pensare e di vivere, si tratta cioè di acquisire un modo di pensare e di vivere secondo il vangelo, come ci ricordano le parole con cui viene imposta su ciascuno di noi la cenere all’inizio della Quaresima: “Convertitevi, e credete al vangelo” (Mc 1,15). In questo itinerario di lotta e di conversione, la tradizione ecclesiale ci offre come “medicina dell’anima” l’esercizio delle pratiche penitenziali (cfr. colletta del lunedì II, proveniente dai testi quaresimali del Gelasiano, n.173).  
La comunità cristiana nel suo cammino quaresimale è chiamata a prendere coscienza della realtà e delle esigenze del proprio battesimo, a compiere opere di misericordia e di servizio, ed a celebrare ogni giorno il suo essere in Cristo nell’eucaristia dove l’esperienza filiale del battesimo (cfr. Rm 8,14-17; Gal 4,4-5) raggiunge la sua piena manifestazione.
M. A.

dal blog di Matias Augé, titolo orig. La Quaresima tempo di lotta contro il male e il peccato
Caterina63
00venerdì 25 marzo 2011 15:48

Il Papa: In fondo, confessare significa assistere a tante "professiones fidei" quanti sono i penitenti, e contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CORSO SUL FORO INTERNO PROMOSSO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA, 25.03.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula delle Benedizioni, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Corso sul Foro Interno, promosso dalla Penitenzieria Apostolica, e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari amici,

sono molto lieto di rivolgere a ciascuno di voi il più cordiale benvenuto. Saluto il Cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere Maggiore, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato. Saluto il Reggente della Penitenzieria, Mons. Gianfranco Girotti, il personale, i collaboratori e tutti i partecipanti al Corso sul Foro Interno, che è diventato ormai un appuntamento tradizionale e un’importante occasione per approfondire i temi riguardanti il Sacramento della Penitenza.

Desidero soffermarmi con voi su un aspetto talora non sufficientemente considerato, ma di grande rilevanza spirituale e pastorale: il valore pedagogico della Confessione sacramentale. Se è vero che è sempre necessario salvaguardare l’oggettività degli effetti del Sacramento e la sua corretta celebrazione secondo le norme del Rito della Penitenza, non è fuori luogo riflettere su quanto esso possa educare la fede, sia del ministro, sia del penitente.

La fedele e generosa disponibilità dei sacerdoti all’ascolto delle confessioni, sull’esempio dei grandi Santi della storia, da san Giovanni Maria Vianney a san Giovanni Bosco, da san Josemaría Escrivá a san Pio da Pietrelcina, da san Giuseppe Cafasso a san Leopoldo Mandić, indica a tutti noi come il confessionale possa essere un reale "luogo" di santificazione.

In che modo il Sacramento della Penitenza educa? In quale senso la sua celebrazione ha un valore pedagogico, innanzitutto per i ministri? Potremmo partire dal riconoscere che la missione sacerdotale costituisce un punto di osservazione unico e privilegiato, dal quale, quotidianamente, è dato di contemplare lo splendore della Misericordia divina. Quante volte nella celebrazione del Sacramento della Penitenza, il sacerdote assiste a veri e propri miracoli di conversione, che, rinnovando l’"incontro con un avvenimento, una Persona" (Lett. enc. Deus caritas est, 1), rafforzano la sua stessa fede.

In fondo, confessare significa assistere a tante "professiones fidei" quanti sono i penitenti, e contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo.

Non raramente siamo posti davanti a veri e propri drammi esistenziali e spirituali, che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono abbracciati ed assunti dall’Amore divino, che perdona e trasforma: "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve" (Is 1,18). Conoscere e, in certo modo, visitare l’abisso del cuore umano, anche negli aspetti oscuri, se da un lato mette alla prova l’umanità e la fede dello stesso sacerdote, dall’altro alimenta in lui la certezza che l’ultima parola sul male dell’uomo e della storia è di Dio, è della sua Misericordia, capace di far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). Quanto può imparare poi il sacerdote da penitenti esemplari per la loro vita spirituale, per la serietà con cui conducono l’esame di coscienza, per la trasparenza nel riconoscere il proprio peccato e per la docilità verso l’insegnamento della Chiesa e le indicazioni del confessore.

Dall’amministrazione del Sacramento della Penitenza possiamo ricevere profonde lezioni di umiltà e di fede! E’ un richiamo molto forte per ciascun sacerdote alla coscienza della propria identità. Mai, unicamente in forza della nostra umanità, potremmo ascoltare le confessioni dei fratelli! Se essi si accostano a noi, è solo perché siamo sacerdoti, configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, e resi capaci di agire nel suo Nome e nella sua Persona, di rendere realmente presente Dio che perdona, rinnova e trasforma.

La celebrazione del Sacramento della Penitenza ha un valore pedagogico per il sacerdote, in ordine alla sua fede, alla verità e povertà della sua persona, e alimenta in lui la consapevolezza dell’identità sacramentale.

Qual è il valore pedagogico del Sacramento della Penitenza per i penitenti? Dobbiamo premettere che esso dipende, innanzitutto, dall’azione della Grazia e dagli effetti oggettivi del Sacramento nell’anima del fedele.

Certamente la Riconciliazione sacramentale è uno dei momenti nei quali la libertà personale e la consapevolezza di sé sono chiamate ad esprimersi in modo particolarmente evidente. È forse anche per questo che, in un’epoca di relativismo e di conseguente attenuata consapevolezza del proprio essere, risulta indebolita anche la pratica sacramentale. L’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande "scuola penitenziale".

Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità.

Cari sacerdoti, non trascurate di dare opportuno spazio all’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale: essere accolti ed ascoltati costituisce anche un segno umano dell’accoglienza e della bontà di Dio verso i suoi figli. L’integra confessione dei peccati, poi, educa il penitente all’umiltà, al riconoscimento della propria fragilità e, nel contempo, alla consapevolezza della necessità del perdono di Dio e alla fiducia che la Grazia divina può trasformare la vita. Allo stesso modo, l’ascolto delle ammonizioni e dei consigli del confessore è importante per il giudizio sugli atti, per il cammino spirituale e per la guarigione interiore del penitente.

Non dimentichiamo quante conversioni e quante esistenze realmente sante sono iniziate in un confessionale! L’accoglienza della penitenza e l’ascolto delle parole "Io ti assolvo dai tuoi peccati" rappresentano, infine, una vera scuola di amore e di speranza, che guida alla piena confidenza nel Dio Amore rivelato in Gesù Cristo, alla responsabilità e all’impegno della continua conversione.

Cari sacerdoti, sperimentare noi per primi la Misericordia divina ed esserne umili strumenti, ci educhi ad una sempre più fedele celebrazione del Sacramento della Penitenza e ad una profonda gratitudine verso Dio, che "ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (1Cor 5,18), Alla Beata Vergine Maria, Mater misericordiae e Refugium peccatorum, affido i frutti del vostro Corso sul Foro interno e il ministero di tutti i Confessori, mentre con grande affetto vi benedico.


                           Pope Benedict XVI arrives to lead his weekly audience in St. Peter's Square at the Vatican March 23, 2011.


Caterina63
00giovedì 31 marzo 2011 13:06
[SM=g1740733]

Amici, SETTE MINUTI DI VIDEO...un minuto per meditare sulle SETTE parole della Vergine Maria... un minuto per ogni parola qui proposta, non mi pare un enorme sacrificio....



La Vergine Maria, come sappiamo, parlò poco o nulla, così come ci riportano gli Evangelisti... tuttavia quelle "poche" parole che disse, contengono un immenso patrimonio teologico che vale la pena scoprire o riscoprire....
Buona meditazione a tutti!

it.gloria.tv/?media=141881


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

Nel sottofondo pregheremo le Litanie Lauretane con Benedetto XVI e il Sub Tuum praesidium, recuperati dal cd messo a disposizione di Radio Vaticana con il Rosrio, in latino, di Benedetto XVI che invito tutti ad acquistare....



[SM=g1740738] un grazie a Benedetto XVI



[SM=g1740717]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]

Caterina63
00giovedì 7 aprile 2011 00:48
Raccolti in un libro gli articoli sulle feste del calendario liturgico bizantino pubblicati tra il 2008 e il 2009 su "L'Osservatore Romano"

Passo dopo passo
nel cuore del mistero



di MANUEL NIN

"Tempo di Dio, tempo della Chiesa". Il titolo scelto per questa raccolta, tratto dagli scritti sulla liturgia di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, è un bell'esempio del legame stretto che troviamo fra la liturgia, la teologia e la vita spirituale in qualsiasi Chiesa cristiana. Il senso mistagogico-catechetico della liturgia viene sottolineato fortemente nelle liturgie dell'Oriente cristiano, e in modo speciale in quelle di tradizione bizantina: la liturgia è un maestro nella fede dei fedeli, essa è impregnata di elementi che istruiscono i fedeli nelle verità della fede; per questo la liturgia bizantina - e tutte le liturgie cristiane - appartiene alla Chiesa, che la custodisce come patrimonio intangibile.
Questa dimensione mistagogico-catechetica la troviamo nei testi liturgici (sia quelli biblici che quelli eucologici), nello svolgimento stesso delle celebrazioni, nel ciclo liturgico, nell'iconografia, nell'architettura.

Questa dimensione mistagogica la raccoglie il ciclo liturgico che, a partire dalla Pasqua e attorno a essa, come suo centro, fa una mistagogia sul mistero di Dio Trinità, sulla cristologia, sulla soteriologia. Non cerchiamo, però, una sistemazione in questo sviluppo teologico del ciclo liturgico; piuttosto si tratta di un progressivo entrare nella comprensione - o meglio nella contemplazione - del mistero di Dio: il misterioso amore del Dio eterno che si è manifestato per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo nella creazione, nella redenzione, nella Chiesa.

I fedeli ricevono questa mistagogia attraverso la vita della Chiesa, e imparano e vivono la dottrina sulla Pasqua, sulle icone attraverso i testi della liturgia lungo tutto il ciclo liturgico.
Lungo il ciclo liturgico bizantino troviamo diverse feste e diversi gradi nelle feste; tutte, però, sottolineano qualche aspetto teologico, tutte sono a loro modo una mistagogia per i fedeli, tutte sono anche feste "teologiche": Pasqua e la Dormizione di Maria sottolineano l'aspetto della risurrezione e della glorificazione, Natale e l'Annunciazione esplicitano l'aspetto teandrico dell'Incarnazione, Epifania e Pentecoste sono delle feste trinitarie.

Vorrei sottolineare alcuni aspetti cristologici del ciclo liturgico bizantino. L'istituzione delle feste nel calendario bizantino non avviene per caso; essa si sviluppa come una totalità attorno al mistero pasquale di Gesù Cristo; la varietà delle feste: feste settimanali, feste annuali, feste del Signore, feste della Madre di Dio, feste dei santi, commemorazioni, sono nate e si sviluppano attorno al mistero di Cristo. Qui c'entra anche la dimensione temporale delle feste: queste non soltanto commemorano un fatto, ma lo fanno attuale; Cristo non ci ha salvati soltanto una volta, ma continua a salvarci, il Verbo si incarna di nuovo per la nostra salvezza: "Con le palme della virtù portiamo i rami della purezza per andare incontro a Cristo nostro Dio, che su un asino va verso Gerusalemme" (Lunedì della VI settimana di Quaresima); "L'inferno è in attesa della sua perdizione, poiché la Vita viene per risuscitare Lazzaro (...) e spezzare il regno della morte" (Giovedì della VI settimana di Quaresima); "Venite, celebriamo questo mistero, andiamo a trovarlo coi nostri canti, poiché il Creatore viene per soffrire sulla croce" (Lunedì Santo); "Ieri, con Te, o Cristo, sono stato sepolto; con Te io mi sveglio oggi partecipando alla tua risurrezione" (Domenica di Pasqua).

È importante mettere in rilievo anche il carattere cristocentrico delle feste della Madre di Dio; i titoli dati a Maria sono sempre in riferimento a Cristo: "Colei che ha concepito la Saggezza e il Verbo di Dio (...) colei che ha nutrito col suo latte Colui che nutre l'universo (...) tabernacolo immacolato della vera luce (...) libro vivente di Cristo, sigillato col sigillo dello Spirito (...) trono, palazzo e sede del Re (...) Madre dell'Agnello e del Buon Pastore".

Le feste dei santi sottolineano a loro volta l'opera di Cristo nei suoi servi, la configurazione di essi al loro modello. L'anno liturgico bizantino è diviso in un ciclo di feste fisse, con delle date proprie nel calendario, che spesso coincidono con le date delle stesse celebrazioni nelle altre liturgie cristiane; un ciclo mobile, cioè quello incentrato sulla Pasqua; e un ciclo settimanale, chiamato anche dell'oktoichos, cioè degli otto toni.

Il ciclo fisso comincia il primo settembre, che è anche la data di inizio dell'anno civile bizantino. Le grandi feste del ciclo fisso sono: la Natività della Madre di Dio l'8 settembre; l'Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre; l'Ingresso della Vergine nel tempio il 21 novembre; la Nascita di Cristo il 25 dicembre; l'Epifania il 6 gennaio; l'Incontro del Signore il 2 febbraio; l'Annunciazione il 25 marzo; la Trasfigurazione il 6 agosto e la Dormizione della Madre di Dio il 15 agosto. Il ciclo mobile delle celebrazioni bizantine ha il suo centro nella Pasqua con due grandi periodi che la precedono e la seguono e che portano il nome di Triodion e Pentecostrion.

Il Triodion prende il nome dal libro liturgico usato nelle dieci settimane che precedono la celebrazione della Pasqua; il termine Triodion viene da "tre odi", vale a dire i tre cantici della Bibbia che vengono cantati nell'ufficiatura del mattutino. Il Triodion comprende il periodo della pre-Quaresima e della Quaresima. La Quaresima bizantina propriamente detta dura quaranta giorni, dal primo lunedì al venerdì prima della Domenica delle Palme.

La Quaresima bizantina fa svolgere le settimane da lunedì a domenica, e pone una chiara distinzione tra il sabato e la domenica e gli altri giorni settimanali: nei primi si ha la celebrazione dell'eucaristia, che non c'è negli altri giorni.

Le ragioni di questa assenza della celebrazione dell'eucaristia sono legate alla teologia dei Padri e delle Chiese bizantine per le quali l'eucaristia è sempre vista come celebrazione del trionfo pasquale di nostro Signore Gesù Cristo. Nei mercoledì e nei venerdì di Quaresima si celebra la Liturgia dei Presantificati, cioè la celebrazione del vespro con la comunione al Corpo e al Sangue del Signore, consacrati la domenica precedente.

La Liturgia dei Presantificati viene solitamente celebrata la sera, dopo un giorno di digiuno; i testi e le cerimonie invitano alla compunzione: prostrazioni, illuminazione minima della navata della chiesa, velo del santuario quasi sempre chiuso. Il Triodion comprende due parti: un periodo di pre-Quaresima che dura tre settimane e quattro domeniche, a partire dalla decima prima di Pasqua: la Domenica del pubblicano e del fariseo; la Domenica del figlio prodigo; la Domenica di Carnevale o del giudizio finale e infine la Domenica dei latticini e di Adamo ed Eva.

Quindi la Quaresima vera e propria, con sei domeniche: la Domenica dell'Ortodossia; la Domenica di san Gregorio Palamas; la Domenica dell'esaltazione della Santa Croce; la Domenica di san Giovanni Climaco e la Domenica di santa Maria Egiziaca. La Settimana Santa bizantina è un periodo a se stante che celebra il mistero della passione, della morte e della risurrezione di Cristo. In modo speciale si sofferma nella contemplazione di Cristo come Sposo della Chiesa, come colui che nel suo grande amore per gli uomini ha dato la sua vita, ha preso la sua Chiesa come sposa, l'ha legata a sé nell'albero della croce.

Il Pentecostarion è il periodo di cinquanta giorni che celebra la risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte. Comprende nove domeniche: la Domenica di Pasqua; la Domenica di san Tommaso; la Domenica delle Mirofore; la Domenica del Paralitico; la Domenica della Samaritana; la Domenica del Cieco nato; il Giovedì dell'Ascensione; la Domenica dei 318 Padri del Concilio di Nicea; la Domenica di Pentecoste e la Domenica di tutti i santi.

Benché l'anno liturgico delle diverse Chiese cristiane abbia il suo fulcro e la sua origine nella festa di Pasqua, la disposizione della nostra raccolta di articoli segue l'ordine dei libri liturgici e del sinassario bizantini che fissano il suo inizio nel mese di settembre in coincidenza con quello che una volta era l'inizio dell'anno civile bizantino. Inoltre questa disposizione dell'anno liturgico bizantino ha come prima e ultima delle feste due celebrazioni della Madre di Dio, cioè la sua Nascita l'8 settembre e la sua Dormizione il 15 agosto, a sottolineare anche la dimensione ecclesiologica dell'anno liturgico: Nascita/Dormizione (Glorificazione) di Maria, Nascita/Glorificazione della Chiesa stessa, di cui Maria è tipo e figura.

La celebrazione dell'anno liturgico in tutte le Chiese cristiane è la celebrazione del mistero di Cristo stesso nella sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione; e come conseguenza è anche la celebrazione del mistero della Madre.



(©L'Osservatore Romano 7 aprile 2011)

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