Monache per la Mater Ecclesiae, in Vaticano, al servizio del Pontefice

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00martedì 25 agosto 2009 20:04
La vita delle benedettine del monastero Mater Ecclesiae in Vaticano

Monache per vocazione
E per il Papa anche contadine e sarte


di Nicola Gori


Tempo di bilanci per la comunità benedettina del monastero Mater Ecclesiae dopo cinque anni di permanenza in Vaticano. Anni vissuti come una chiamata a servire più da vicino il Papa, fedeli al carisma dell'ora et labora. Uno stile di vita basato sulla preghiera e sulla Lectio divina, senza dimenticare il lavoro manuale:  dalle piccole attività di giardinaggio alla cura della talare bianca del Pontefice, dal ricamo di mitre e stole alla confezione di pergamene e di oggetti in miniatura, fino alla coltivazione nell'"orto del Papa".

Mater EcclesiaeFedeli allo spirito benedettino, le monache non si sono sottratte al lavoro della terra. Un cappello di paglia in testa, un grembiule, tanta buona volontà. E i frutti della loro fatica non mancano:  ortaggi sempre freschi per la mensa del Papa, ma anche marmellate fatte con una ricetta tutta particolare - custodita gelosamente dalle religiose - e fiori appena colti. Il tutto ottenuto con metodi assolutamente naturali:  niente fertilizzanti chimici ma solo concime organico che giunge direttamente dalle Ville pontificie di Castel Gandolfo, come rivela la badessa madre Maria Sofia Cichetti in questa intervista al nostro giornale. 


Può tracciare un bilancio di questi cinque anni trascorsi nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano?

Per noi è stata una grazia e un privilegio poter stare qui nel centro della Chiesa, soprattutto accanto al Papa e ai suoi collaboratori. È stata un'esperienza di apertura del cuore alla Chiesa universale. È vero che nei monasteri si prega sempre per il Papa e per la Chiesa intera, ma qui c'è stata anche una vicinanza fisica. La nostra è stata una presenza monastica, claustrale:  pur rimanendo nel nostro monastero abbiamo cercato di vivere più pienamente la nostra consacrazione al Signore e, soprattutto, di offrire la preghiera quotidiana per il Pontefice, per il suo ministero, per le sue intenzioni, per i bisogni della Chiesa e di tutto il mondo. Oltretutto, è stata un'esperienza arricchente e gioiosa, perché - da quando il 7 ottobre 2004 siamo arrivati qui - abbiamo potuto incontrare di persona il Papa, che per ben tre volte è venuto a celebrare la messa nella nostra cappella:  la prima volta è stata il 2 luglio 2005, la seconda il 21 marzo 2006 e l'ultima il 3 luglio 2009. In queste occasioni abbiamo potuto incontrarlo, parlargli e ricevere la sua benedizione.

Alcuni ricordi più significativi di questi anni di vita in comune?

Siamo una comunità formata da sette benedettine provenienti da vari continenti:  una filippina, un'americana, due francesi e tre italiane. La vita comunitaria è stata molto bella, ma non priva di difficoltà, perché pur seguendo tutte lo stesso spirito benedettino, la stessa regola, lo stesso ideale, abbiamo mentalità diverse, provenendo da culture e da nazioni differenti. Per fare comunione abbiamo dovuto impegnarci in modo particolare. Siamo convinte che è lo Spirito Santo a fare l'unità, ma occorre la nostra collaborazione.
Un'altra esperienza bella è stata l'ospitalità nei riguardi dei fratelli che hanno bussato alla nostra porta. Infatti, pur essendo claustrali, separate fisicamente dal mondo, non siamo distaccate spiritualmente dai nostri fratelli:  anzi, siamo qui proprio per la loro salvezza, per il loro bene.
Tutta la nostra offerta è per loro ed essendo benedettine, l'ospitalità per noi è strutturale, essenziale. Dice san Benedetto:  l'ospite è per noi Cristo stesso che viene a visitarci. Parliamo anzitutto di ospitalità del cuore, cioè di aprirci ai bisogni degli altri, nella preghiera e nell'affetto. C'è poi l'accoglienza delle persone, che ovviamente riceviamo in parlatorio e non all'interno del monastero, data l'esiguità degli spazi e la legge della clausura. Questa accoglienza è stata sempre semplice, fraterna, gioiosa. Molte persone sono venute per chiedere consiglio, preghiere e, soprattutto, per essere accolte e ascoltate. Notiamo che nel mondo di oggi c'è poco tempo per l'ascolto:  si corre, si ha troppa fretta. A volte le persone avevano bisogno solo che qualcuno fraternamente ascoltasse le loro pene, le loro difficoltà. Abbiamo così intessuto delle amicizie che continueremo a coltivare con la preghiera quando torneremo a casa. Altro elemento positivo è stato l'ospitalità offerta ai gruppi di ogni Paese venuti a pregare nella nostra cappella. Sostavano per l'adorazione eucaristica, per il rosario, per la messa e al termine della preghiera ci chiedevano un pensiero, una parola.

Che significato ha una comunità monastica all'interno del Vaticano?

È innanzitutto una vocazione, perché siamo state chiamate dal Papa. È poi una grazia e un privilegio. Significa donare noi stesse, vivere la nostra vita di consacrazione religiosa in questo ambiente particolare, il Vaticano, nella casa del Papa, cercando di fare tutto con amore, con gioia e con sacrificio. 

Quali sono le fonti di sostentamento per la conduzione del monastero?

MonacheC'è, innanzitutto, l'aiuto del Papa. E poi i proventi del nostro lavoro. È giusto che contribuiamo anche noi al nostro sostentamento, sia per imitare la sacra Famiglia di Nazareth, sia per la nostra dignità religiosa, fedeli al carisma benedettino, improntato sull'ora et labora. Il lavoro manuale principale è quello che facciamo nell'orto, dal quale ricaviamo verdura e legumi per il Papa e per la comunità. Eseguiamo anche traduzioni, ricami su oggetti liturgici per la nostra chiesa e su commissione, miniature e pergamene. Questi lavori ci permettono di avere delle entrate, in modo che noi stesse abbiamo la gioia di pensare al nostro sostentamento. Un altro lavoro che eseguiamo molto volentieri e che ci onora è la cura della talare bianca del Papa.

Avete instaurato una rete di amicizie in questi cinque anni?

In questi anni abbiamo intessuto molte amicizie anche con persone generose. Siamo veramente commosse di questa bontà. Abbiamo ricevuto in dono tante cose, soprattutto viveri, oltre a mobili e oggetti vari. Non abbiamo voluto accumulare cose superflue e perciò abbiamo deciso di condividere tutto con i più poveri. Due realtà in particolare sono state oggetto della nostra condivisione:  la Casa Dono di Maria, dove operano le suore di madre Teresa di Calcutta, che accolgono tanti poveri ogni giorno, e il dispensario pediatrico Santa Marta, che si occupa della cura dei bambini malati di ogni nazionalità e religione. Conosciamo anche delle famiglie che in questi tempi di crisi hanno bisogno di aiuto e quindi condividiamo con loro quanto ci viene dato. Vorrei sottolineare che non si tratta di fare la carità, ma di condividere quello che abbiamo - vestiti, cibo, giocattoli - con i fratelli.

A proposito dell'orto, che tipo di lavoro richiede e cosa vi coltivate?

L'esperienza della cura dell'orto è molto bella, perché ci mette in contatto con la natura e con l'autore della natura, che è Dio. Coltivare è una preghiera fatta con le mani, è anche un lodare la bellezza della natura e del Creatore. Vedere i semi che crescono a poco a poco, osservare le pianticelle che diventano grandi, scorgere prima i fiori e poi i frutti, seguire nelle sue varie fasi lo sviluppo della vita vegetale:  tutto ciò ci aiuta anche nella preghiera e nella contemplazione.
Zappare, vangare, innaffiare è senza dubbio faticoso, ma è un sacrificio che viene ripagato quando l'orto ci fornisce pomodori, peperoni, zucchine, cavoli, odori, menta. Tutto viene coltivato in modo naturale, concimato con letame - e non con sostanze chimiche - che viene direttamente dalle Ville pontificie di Castel Gandolfo. Nell'orto non abbiamo molte piante da frutto, ma solo alberi di limoni e d'arance, dalle quali ricaviamo la marmellata con una ricetta tipica del nostro monastero. Questa confettura non è vendita, ma la doniamo al Papa, che la gradisce molto, e ai nostri benefattori. Abbiamo anche un giardino dove coltiviamo i fiori che mettiamo in chiesa per il servizio liturgico. Crescono soprattutto rose di due varietà:  "Beatrice d'Este", di color carne, e "Giovanni Paolo II", bianche e profumate. In maggio ogni settimana le mandiamo al Papa. Sappiamo che le gradisce molto. 

Che cosa risponde a chi sostiene che la clausura è ormai anacronistica?

BenedettineMolto semplicemente la clausura è una chiamata. È una vocazione speciale che ci viene prima di tutto da Dio, il quale ci chiama a vivere più intimamente con Lui. Non è un separarsi o una fuga dal mondo, ma un ritirarsi per vivere più uniti al Signore e a tutti i fratelli con la preghiera e con la carità spirituale. L'essenza del cristianesimo è la carità, l'amore, ma sappiamo che l'amore si può vivere in tanti modi. Noi lo viviamo in questa forma. Ci associamo a Gesù, soprattutto nel mistero eucaristico, nel nascondimento, nel silenzio, nell'offerta e nell'immolazione al Padre pro mundi vita. Ma non per egoismo o per stare nel silenzio e nella tranquillità:  questo sarebbe egoismo! Lo facciamo per poterci donare meglio e di più a Dio, sempre con un'ansia missionaria di carità e di amore. Posso dire che se è vera vocazione, quella claustrale è una vocazione bellissima, che dà pace, gioia e felicità.

L'Anno sacerdotale coinvolge anche una comunità di vita contemplativa come la vostra?

In quest'Anno sacerdotale ci sentiamo interpellate dal Papa e chiamate a collaborare con lui nella preghiera e nell'offerta ancora più intensa per i sacerdoti e per i seminaristi. Possiamo dire che in questi anni abbiamo cercato di vivere meglio che potevamo la nostra maternità spirituale, perché la monaca non è asettica, ma è una persona consacrata, che ama Dio sinceramente ma ama con cuore umano e consacrato anche gli altri, in particolare i sacerdoti. In questo Anno aumenta la nostra preghiera e la nostra offerta e ci sentiamo chiamate a vivere più profondamente la nostra maternità spirituale.


(©L'Osservatore Romano - 26 agosto 2009)
Caterina63
00giovedì 8 ottobre 2009 19:13
Dopo cinque anni il passaggio di testimone con le benedettine

Le visitandine nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano


Cambio della guardia nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Dopo cinque anni di permanenza le benedettine hanno lasciato il posto alle visitandine. Il passaggio di testimone è avvenuto mercoledì 7 ottobre, memoria liturgica della Beata Maria Vergine del Rosario.

Per l'occasione, il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ha celebrato in serata la messa nella chiesa del monastero. Al termine, il porporato ha letto il decreto della congregazione con il quale il monastero viene affidato per tre anni alle monache dell'ordine della Visitazione di Santa Maria.

Nell'omelia il cardinale Rodé ha invitato la comunità a sentirsi responsabile della missione della Chiesa e a pregare fedelmente per il Papa e per i suoi collaboratori, affinché siano profeti ardenti di zelo per l'evangelizzazione.

VisitandineLa nuova comunità è formata da otto religiose. Sette di queste sono spagnole:  María Begoña Sancho Herreros e María Paz Catalán Pueyo provenienti da Burgos; María Gladys Beltrán Parra da Oviedo, Pilar María Trujillo Barraquero da Sevilla, Ana María Prieto del Corral da Valladolid, María Belén Martín López da Madrid. Una è italiana:  Maria Francesca Padovan da San Vito al Tagliamento.


(©L'Osservatore Romano - 9 ottobre 2009)
Caterina63
00martedì 1 dicembre 2009 21:59
A colloquio con María Begoña Sancho Herreros, superiora del monastero «Mater Ecclesiae»

Le visitandine in Vaticano




di Nicola Gori

Da quello nero delle benedettine a quello con la croce delle visitandine. Cambia l'abito ma non il senso della presenza delle religiose che si alternano periodicamente nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Dall'ottobre scorso è il turno delle figlie di san Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca de Chantal. Trascorreranno tre anni al servizio diretto del Papa. Sei monache spagnole e una italiana vivranno questa esperienza spirituale all'ombra del cupolone. Un evento che capita in un momento particolare per l'intero ordine della visitazione, prossimo a celebrare, nel 2010, il IV centenario della fondazione. Abbiamo chiesto alla superiora suor María Begoña Sancho Herreros, già responsabile del monastero di Burgos, di parlarci del significato di questa nuova esperienza.

Per tre anni svolgerete la vostra missione in Vaticano. Come state vivendo questa esperienza?

Abbiamo accolto questo incarico come un dono singolare del Signore. Siamo consapevoli di non essere preparate per un'esperienza tanto speciale. Trattandosi poi di un dono di Dio, chiederemo a Lui stesso di sostenerci.
Ci sforziamo anche di mettere in pratica quello che dice il nostro fondatore san Francesco di Sales: "Che tutta la nostra vita e i nostri esercizi siano per unirci a Dio e per aiutare con le nostre preghiere e i buoni esempi la santa Chiesa e la salvezza del prossimo". Vivere tutto ciò in profondità è la preparazione migliore per questa missione che ci è stata affidata.

L'eredità di san Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca de Chantal continua a essere attuale?

Direi che il loro carisma è molto attuale. San Francesco di Sales è un santo dei nostri tempi. La sua dottrina è ideale per il momento che stiamo vivendo. Nei suoi scritti, diretti e semplici, invita alla santità ogni persona, qualsiasi vocazione abbia. Scrisse l'Introduzione alla vita devota, per insegnare come la santità deve essere vissuta, in modo naturale, nelle occupazioni abituali, cercando di rendere la virtù attraente per quanti ci circondano. San Francesco continua a ripeterci che la santità è alla portata di tutti. Il santo vescovo è anche il dottore dell'amore. Nel suo Trattato dell'amor di Dio è delineato un programma di perfezione per tutti coloro che si sentono attratti dall'amore verso Dio e che hanno sperimentato che anche Dio è pieno d'amore per l'uomo.
La nostra cofondatrice, santa Giovanna Francesca de Chantal, è un modello per tutti gli stati di vita poiché ha vissuto in prima persona diverse esperienze: nubile, coniugata, vedova, religiosa e infine fondatrice. È impressionante vedere come nei diversi momenti della sua esistenza abbia saputo essere una donna forte, affrontare le difficoltà con lo sguardo fisso sul Signore. Per questo la sua vita e la sua dottrina sono attuali ancora oggi.

Qual è il vostro carisma particolare?

San Francesco di Sales sentì che il Signore gli chiedeva una fondazione aperta a tutti, ma che riservasse un'attenzione particolare all'accoglienza di quanti avevano una salute fragile e non potevano entrare in altri ordini, che nelle loro regole prevedevano stili di vita molto austeri. Voleva che si supplisse alle penitenze esteriori con la rinuncia interiore. Egli scriveva: "Desidero dare a Dio figlie di preghiera, tanto interiori da essere ritenute degne di adorare Dio in spirito e verità". "Lo spirito della visitazione - faceva notare - è di profonda umiltà verso Dio e grande dolcezza verso il prossimo". E ancora: "Uno spirito che non pone l'accento sull'austerità esteriore; le sorelle devono supplire a essa con la rinuncia interiore e con grande semplicità e gioia nella via comune". Riguardo al nostro ordine, il fondatore affermava: "La congregazione non pretende altro che formare anime umili" e "la caratteristica delle figlie della visitazione è di vedere in tutto la volontà di Dio e di seguirla". Fa parte del nostro carisma anche la spiritualità del Cuore di Gesù. San Francesco di Sales ci ha lasciato come stemma dell'ordine il Cuore di Gesù circondato da una corona di spine. Diceva una frase molto bella al riguardo: "Vorrei cambiare la corona di spine del Cuore di Gesù con una corona formata con il cuore di tutti gli uomini". Santa Margherita Maria, anche lei religiosa della visitazione, fu la confidente del Cuore di Gesù. Diceva: "A noi figlie della visitazione è stata concessa la grazia di onorare la vita nascosta del cuore di Gesù e, poiché Egli si è rivelato a noi, vuole che noi lo manifestiamo e lo offriamo agli altri".

Quale sarà la vostra missione nel monastero vaticano?

Pregare e sacrificarci per la Chiesa e per il Papa nello spirito della visitazione, con la nostra vita semplice e comunitaria di preghiera, di lavoro, di momenti di ricreazione. Il tutto unito al sacrificio di Cristo offerto per la Chiesa e per il Pontefice. Ci occuperemo anche di alcuni lavori per la persona del Papa, come la cura degli abiti.

Può descriverci una giornata tipo trascorsa nel monastero?

La nostra vita è scandita dai momenti liturgici, dalla preghiera comunitaria e personale, dal lavoro e dal riposo. Cominciamo la mattina alle 5.20 con la sveglia, poi alle 5.55 andiamo in coro per la preghiera. Alle 6.55 recitiamo le lodi e alle 7.15 partecipiamo alla messa. Alle 8 facciamo colazione, e poi ci dedichiamo al lavoro. Alle 9 di nuovo in coro per l'ora Terza e quindi lavoro. Alle 11.15 recitiamo l'Ufficio delle letture e dalle 11.45 alle 12 pausa libera prima di recitare l'ora Sesta. Alle 12.15 pranziamo e ci prendiamo un momento per stare insieme in tutto relax. Alle 13.50 un breve momento chiamato "obbedienza" per eventuali comunicazioni alla comunità da parte della superiora. Alle 14.05 ci rechiamo in cappella per adorare Gesù presente nel tabernacolo. Questo momento è detto visita. Seguono poi la recita dell'ora Nona, l'esame di coscienza e il lavoro. Alle 16.15 vi è la lettura spirituale, seguita alle 16.45 dalla merenda. Alle 17 meditiamo alcuni temi spirituali e alle 18 c'è l'esposizione del Santissimo Sacramento e la preghiera. Alle 18.30 ci rechiamo in coro per la recita dei Vespri. Dopo un quarto d'ora libero, alle 19.15 ci ritroviamo insieme per recitare il rosario. La cena è alle 19.45, seguita alle 20.15 dalla ricreazione. Di nuovo il momento di "obbedienza" per eventuali comunicazioni alla comunità da parte della superiora. La compieta alle 21.15 conclude la giornata.

Qual è il vostro contributo all'Anno sacerdotale?

La Chiesa ha invitato le donne in generale, e noi religiose in particolare, a sentirsi "madri spirituali dei sacerdoti". Essere madre significa prendersi cura e pregare per loro. Accoglierli quando vengono a chiederci preghiere o a raccontarci le loro difficoltà. Ogni giorno recitiamo una preghiera per i sacerdoti: per quelli santi, per quelli meno ferventi, per quanti soffrono o sono tentati, per quelli che ci aiutano con la loro vita esemplare, amministrandoci i sacramenti. Ma, soprattutto, cerchiamo di vivere in unione spirituale con tutti i sacerdoti, aiutandoli con le nostre preghiere e i nostri sacrifici.

Qual è stata la sua esperienza di claustrale in Spagna?

Sono religiosa da trent'anni e quindi è un po' difficile riassumere la mia esperienza in poche parole. Posso dire che la mia vita è stata ed è una ricerca di Dio e allo stesso tempo un incontro con Lui. Quando ho sentito la vocazione mi sono ribellata contro il Signore perché i miei piani non coincidevano con i suoi. Non mi sentivo portata per la vita religiosa, ma sapevo chiaramente che Dio ha sempre ragione e che era inutile lottare contro di Lui. Così mi sono arresa e la mia riluttanza è sparita, tanto che a volte penso: "Di quante grazie mi sarei privata se avessi detto no a Dio". Sono entrata nell'ordine della visitazione spinta dal mio amore per il Cuore di Gesù, dal mio desiderio di amarlo e di consolarlo. Mi sentivo innamorata di Dio e, soprattutto, Dio mi aveva cercato assiduamente come un vero amante. Sono trascorsi così i miei primi anni. A mano a mano che passa il tempo sento una grande nostalgia di Dio. Sento nel profondo che ancora non lo conosco, che il suo Cuore è un abisso impenetrabile, tanto profondo da non riuscire a comprenderlo. Ammiro i santi con la loro conoscenza di Dio e vedo che io sono tanto lontana. Cerco nella Sacra Scrittura e dico con il profeta Geremia: "Quando le trovavo (le tue parole) le divoravo...".
Certo, conosco con la mente e con il cuore l'essenza di Dio: ossia l'amore. L'ho sperimentato tante volte, soprattutto nelle mie miserie, nella mia povertà. Egli agisce sempre con amore, poiché l'amore è la sua essenza. Mi conforta sapere che le mie preghiere e i miei sacrifici recano beneficio alla Chiesa e al mondo, che Dio si serve di essi per avvicinare gli uomini al suo cuore, che il dono più grande che posso fare al Signore, ciò che più lo aggrada, è che le persone lo conoscano e lo amino per poter essere felici.

Lei era già stata superiora di una comunità?

Sono stata superiora del monastero della visitazione di Burgos in Spagna per alcuni anni. Nel periodo in cui ho guidato la comunità, ho avuto la possibilità di conoscere un po' di più le persone. Arricchisce vedere l'azione di Dio nel prossimo. Molte volte guardiamo gli altri solo dall'esterno, senza conoscere quanto avviene nel loro intimo. Ogni persona è veramente un dono di Dio. Essa è posta lungo il nostro cammino perché abbiamo bisogno di lei per andare avanti, anche se non sempre ci è gradita. Scoprire ciò è una grazia.
Infine, vorrei dire una parola sul mio legame con la Vergine. Mi sento così povera che è per me una necessità ricorrere a Maria. Sono come colui che lotta per ottenere qualcosa senza riuscirci e ricorre alle persone influenti. Così io ricorro alla Vergine. Molti anni fa ho fatto un patto con lei, offrendole tutto ciò che avevo affinché lo presentasse al Signore e gli chiedesse ciò di cui sa che ho bisogno. Sono nelle sue mani e in questo momento in cui inizia nella mia vita una nuova tappa l'affido a lei, affinché mi renda sempre docile alla volontà del Signore.



(©L'Osservatore Romano - 2 dicembre 2009 )

Caterina63
00lunedì 25 gennaio 2010 19:57
Il cardinale Cañizares Llovera e monsignor Wells con le religiose del monastero Mater Ecclesiae

Le visitandine in Vaticano
celebrano san Francesco di Sales


Un ordine monastico nato nel secolo dei conflitti tra cattolici e protestanti, in una terra di antiche tradizioni e di profonde radici cristiane, quale la Savoia. Un ordine che, come un piccolo seme, nel corso degli anni è cresciuto e si è diffuso per il mondo. Un ordine che a distanza di quattrocento anni festeggia il fondatore san Francesco di Sales, dovunque sia presente una comunità che vive e segue il suo carisma, anche in Vaticano. Alle visitandine, infatti, è stato affidato per tre anni il monastero Mater Ecclesiae situato nei Giardini Vaticani.
 
In occasione della memoria liturgica del santo vescovo, domenica pomeriggio 24 gennaio, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha celebrato una messa nella chiesa del monastero. Nell'omelia, rivolgendosi alle monache, ha detto che "il mondo e la Chiesa hanno bisogno della vostra testimonianza radicale in conformità e fedeltà piena al carisma dei vostri santi fondatori, san Francesco di Sales e santa Giovanna Francesca de Chantal; ciò è quello che soprattutto importa nella vita.

Una Chiesa nella quale la testimonianza della vita nascosta con Cristo in Dio, la vita contemplativa ed espiatoria, venisse meno o impallidisse, sarebbe gravemente minacciata nella sua vocazione e missione. Siete nell'avanguardia della Chiesa e nel cuore del mondo, per la preghiera continua, per l'adorazione profonda e viva, e per la penitenza praticata con gioia dagli istituti di vita contemplativa:  così evangelizzate i poveri, così fate arrivare l'amore e la misericordia a quanti ne hanno bisogno, così state sollecitando da Dio la sua compassione per i peccatori e per tutti quelli che soffrono separati da Lui. Cercate così, con impegno e piene di fiducia nella grazia di Dio, senza la quale nulla possiamo fare, di perseverare e progredire nella vocazione alla quale siete state chiamate".

"Vivete con radicalità e speranza - ha esortato - la vostra consacrazione al Signore come monache della visitazione. Il mondo ha bisogno della luce e del sale, della testimonianza chiara e coraggiosa, semplice e in povertà, della vita consacrata e contemplativa, vissuta nell'interiore del vostro carisma".

"L'anima della vita consacrata - ha sottolineato il porporato - nell'unità dei diversi carismi e servizi nella comunione dell'unico Corpo di Cristo, è la percezione di Cristo come pienezza di amore della propria vita, in modo che l'esistenza si consegni senza nessuna riserva a Lui. Nella vita consacrata si manifesta con trasparenza quello che san Paolo ci dice:  "È morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro". È vero che ciò si può applicare in certo modo a ogni battezzato, però in voi prende forma visibile il mistero della redenzione, dell'Amore misericordioso, e della Chiesa, mistero di comunione e di unità consumata per l'amore di Cristo con Lui e in Lui. Nella vostra consacrazione si rivela in tutta la sua radicalità e bellezza la natura sponsale e intima della Chiesa, e si anticipano in questa terra i doni definitivi "quando Dio sarà tutto in tutti"".

"Questa è la sostanza della vita consacrata - ha aggiunto il cardinale - qualunque sia la regola o il suo stato di vita concreto. A questa vocazione dovete tornare, prima o poi - e questo anno giubilare è occasione particolarmente preziosa - affinché la vostra vocazione sia fonte di gioia raggiante e completa, luce posta sull'alto del monte che illumini tutti "quelli della casa", e tutti gli uomini diano gloria al Padre dei Cieli".

Infine, il prefetto ha concluso dicendo che "il cammino di rinnovazione della vita consacrata e della sua fecondità ecclesiale e apostolica è quello della comunione:  quello che traccia la partecipazione nella stessa e unica Eucaristia che ci fa essere un corpo con Cristo, corpo suo, quello che segnala il vincolo, vicinanza e identificazione con il Santo Padre, come rende visibile anche questo monastero di vita contemplativa nello spazio fisico della Santa Sede, vicino alla tomba di Pietro e a fianco del suo successore, il Papa, accanto alla sua stessa casa.
 
Questa comunione guadagni particolarmente forza e urgenza in questi giorni in cui tutta la Chiesa si unisce in una comune preghiera insieme al suo Signore:  "Perché tutti siano uno come Lui e il Padre sono uno, affinché il mondo creda"". Nella mattinata, monsignor Peter Brian Wells, assessore della Segreteria di Stato, aveva celebrato una messa nella chiesa monastica. Nell'omelia, facendo riferimento al iv centenario della fondazione dell'ordine della Visitazione, si era rivolto alle monache dicendo che "è motivo di gioia per quanti collaborano alla sollecitudine pastorale del Santo Padre per la Chiesa universale, poter contare sulla vostra presenza e, soprattutto, sulla vostra preghiera".

Ricordando san Francesco di Sales, monsignor Wells aveva ricordato che "in quanto padre della spiritualità moderna, ha avuto il merito di influenzare le maggiori figure non solo del "grande secolo" francese, ma anche di tutto il Seicento europeo, riuscendo a convertire al cattolicesimo addirittura alcuni esponenti del calvinismo".


(©L'Osservatore Romano - 25-26 gennaio 2010)

Caterina63
00martedì 14 dicembre 2010 20:14
Il Papa celebra la messa nel monastero Mater Ecclesiae

Gesù è la Parola definitiva di Dio



Gesù è la Parola definitiva di Dio agli uomini, perché donandosi in persona ha mostrato il vero volto del Padre. Si è sviluppata intorno a questo concetto la riflessione di Benedetto XVI offerta alle sette monache del monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, durante la concelebrazione eucaristica, nella mattina di martedì 14 dicembre, memoria liturgia di san Giovanni della Croce e chiusura del quarto centenario della fondazione dell'ordine della Visitazione.

Nell'omelia il Papa ha commentato alcuni temi del pensiero di Juan de la Cruz, definito il santo del mistero pasquale. Al centro della sua vita, infatti, c'è la croce, amata intimamente. Vivendo la croce - ha aggiunto il Pontefice - il santo ha capito che essa è amore e che nel suo mistero si compie il mistero dell'amore. Benedetto XVI ha poi messo in evidenza come tutto il mistero cristiano sia unico, anche se il santo pone l'accento sul mistero pasquale e sull'identità tra croce e amore.

Il Papa ha poi sottolineato come nell'Antico Testamento erano molte le forme in cui Dio si manifestava e si avvicinava al suo popolo:  tra queste, le visioni e le parole profetiche. Tutto ciò è senza dubbio una grande espressione di ricchezza della rivelazione, nella quale appare un aspetto del mistero divino. Nel Nuovo Testamento, invece, non sono più molti i modi in cui Dio ha parlato, ha sottolineato Benedetto XVI:  è in Gesù, nel Cristo che si è fatta sentire la sua Parola.

Riprendendo questo concetto, il Pontefice ha sottolineato come nel Nuovo Testamento Dio non ha detto qualcosa in più, ma la sua parola è il Figlio stesso. Allo stesso modo, san Giovanni della Croce spiega che Dio ha dato e detto tutto nel Figlio. In lui l'umanità può conoscere il suo volto, il volto del Dio trinitario. La vocazione dell'uomo, quindi, è quella di entrare in questa totalità, di essere toccato e penetrato interiormente dalla ricchezza del dono che è Dio stesso.

Insieme con il Papa hanno concelebrato i monsignori Georg Gänswein, segretario particolare, Alfred Xuereb, della segreteria particolare, Peter Bryan Wells, assessore, e alcuni prelati della Segreteria di Stato:  Giampiero Gloder, Walter Erbì, Mark Gerard Miles, Winfrid König, Markus Heinz; con loro era il salesiano Valentín Viguera, assistente generale dell'ordine della Visitazione.

Al termine della messa, suor Maria Begoña Sancho, superiora del monastero, ha donato a Benedetto XVI a nome di tutte le visitandine del mondo una croce in argento - come quelle che portano le monache - proveniente da Annecy e contenente le reliquie di san Francesco di Sales, santa Giovanna de Chantal e santa Margherita Maria Alacoque. La superiora ha anche offerto al Papa delle suppellettili sacre da donare a chiese povere:  400 camici, 400 cingoli, 600 purificatoi, 900 rosari, 400 copie in francese dell'Introduction à la vie dévote di Francesco di Sales, e 2.800 scapolari del Sacro Cuore.

Lunedì 13 dicembre, memoria liturgica di santa Lucia, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, aveva presieduto nel monastero vaticano la concelebrazione eucaristica per la chiusura dei 400 anni della fondazione dell'ordine della Visitazione. "Carissime visitandine - aveva detto il cardinale nell'omelia - il Santo Padre vi ha scelte per essere presso di lui testimoni del mistero nuziale della Chiesa. La vostra presenza e il vostro fervore contemplativo portano a tutte le persone consacrate il richiamo dell'essenza della loro vocazione:  il sì gioioso e amoroso alla scelta d'amore dello Sposo".

La testimonianza dei due fondatori - aveva aggiunto il porporato - "rimane attualissima nella Chiesa, soprattutto nella sua dimensione interiore d'amore di Dio, di obbedienza alla sua volontà e di cura dei poveri tanto numerosi in quell'epoca tragica di guerre civili e di guerre di religioni. In quel difficile contesto san Francesco di Sales e santa Giovanna de Chantal furono pacificatori, seminarono l'amore dove c'erano odio e miseria. Accettarono con umiltà e pazienza le restrizioni ecclesiastiche dell'epoca, che non autorizzavano la vita consacrata per le donne fuori della clausura, limitando così al minimo il loro slancio verso i poveri. In tutto questo mostravano obbedienza e fecondità spirituale, due frutti dell'amore autentico".


(©L'Osservatore Romano - 15 dicembre 2010)

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:45.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com