NOTA DOTTRINALE DEL CARD. CAFFARRA PER RITENERSI VERI CATTOLICI

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Caterina63
00sabato 13 febbraio 2010 19:09
Nota dottrinale
del cardinale arcivescovo di Bologna


    Bologna, 13. "È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell'altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso":  è un passaggio della nota dottrinale diffusa oggi dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra. La nota - si specifica - si rivolge in primo luogo ai fedeli "perché non siano turbati dai rumori mass-mediatici" ma si spera possa essere presa in considerazione "anche da chi non-credente intenda fare uso, senza nessun pregiudizio, della propria ragione".

Ai primi si ricorda, "oltre al dovere con tutti condiviso di promuovere e difendere il bene comune", anche il "grave dovere di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo del bene comune. È impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio:  i due si contraddicono.

Ovviamente la responsabilità più grave è di chi propone l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico della suddetta equiparazione, o vota a favore in Parlamento di una tale legge. È questo un atto pubblicamente e gravemente immorale. Ma esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nelle varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie".


(©L'Osservatore Romano - 14 febbraio 2010)



Caterina63
00domenica 14 febbraio 2010 23:10
Testo del 14 febbraio 2010
 
cardinale Caffarra

Matrimonio e unioni omosessuali
Nota dottrinale

La presente Nota si rivolge in primo luogo ai fedeli perché non siano turbati dai rumori mass-mediatici. Ma oso sperare che sia presa in considerazione anche da chi non-credente intenda fare uso, senza nessun pregiudizio, della propria ragione.

1. Il matrimonio è uno dei beni più preziosi di cui dispone l’umanità. In esso la persona umana trova una delle forme fondamentali della propria realizzazione; ed ogni ordinamento giuridico ha avuto nei suoi confronti un trattamento di favore, ritenendolo di eminente interesse pubblico.
In Occidente l’istituzione matrimoniale sta attraversando forse la sua più grave crisi. Non lo dico in ragione e a causa del numero sempre più elevato dei divorzi e separazioni; non lo dico a causa della fragilità che sembra sempre più minare dall’interno il vincolo coniugale: non lo dico a causa del numero crescente delle libere convivenze. Non lo dico cioè osservando i comportamenti.

La crisi riguarda il giudizio circa il bene del matrimonio. È davanti alla ragione che il matrimonio è entrato in crisi, nel senso che di esso non si ha più la stima adeguata alla misura della sua preziosità. Si è oscurata la visione della sua incomparabile unicità etica
.

Il segno più manifesto, anche se non unico, di questa “disistima intellettuale” è il fatto che in alcuni Stati è concesso, o si intende concedere, riconoscimento legale alle unioni omosessuali equiparandole all’unione legittima fra uomo e donna, includendo anche l’abilitazione all’adozione dei figli.
A prescindere dal numero di coppie che volessero usufruire di questo riconoscimento – fosse anche una sola! – una tale equiparazione costituirebbe una grave ferita al bene comune.
La presente Nota intende aiutare a vedere questo danno. Ed anche intende illuminare quei credenti cattolici che hanno responsabilità pubbliche di ogni genere, perché non compiano scelte che pubblicamente smentirebbero la loro appartenenza alla Chiesa.

2. L’equiparazione in qualsiasi forma o grado della unione omosessuale al matrimonio avrebbe obiettivamente il significato di dichiarare la neutralità dello Stato di fronte a due modi di vivere la sessualità, che non sono in realtà ugualmente rilevanti per il bene comune.
Mentre l’unione legittima fra un uomo e una donna assicura il bene – non solo biologico! – della procreazione e della sopravvivenza della specie umana, l’unione omosessuale è privata in se stessa della capacità di generare nuove vite. Le possibilità offerte oggi dalla procreatica artificiale, oltre a non essere immuni da gravi violazioni della dignità delle persone, non mutano sostanzialmente l’inadeguatezza della coppia omosessuale in ordine alla vita.

Inoltre, è dimostrato che l’assenza della bipolarità sessuale può creare seri ostacoli allo sviluppo del bambino eventualmente adottato da queste coppie. Il fatto avrebbe il profilo della violenza commessa ai danni del più piccolo e debole, inserito come sarebbe in un contesto non adatto al suo armonico sviluppo.
Queste semplici considerazioni dimostrano come lo Stato nel suo ordinamento giuridico non deve essere neutrale di fronte al matrimonio e all’unione omosessuale, poiché non può esserlo di fronte al bene comune: la società deve la sua sopravvivenza non alle unioni omosessuali, ma alla famiglia fondata sul matrimonio
.

3. Un’altra considerazione sottopongo a chi desideri serenamente ragionare su questo problema.
L’equiparazione avrebbe, dapprima nell’ordinamento giuridico e poi nell’ethos del nostro popolo, una conseguenza che non esito definire devastante. Se l’unione omosessuale fosse equiparata al matrimonio, questo sarebbe degradato ad essere uno dei modi possibili di sposarsi, indicando che per lo Stato è indifferente che l’uno faccia una scelta piuttosto che l’altra
.

Detto in altri termini, l’equiparazione obiettivamente significherebbe che il legame della sessualità al compito procreativo ed educativo, è un fatto che non interessa lo Stato, poiché esso non ha rilevanza per il bene comune. E con ciò crollerebbe uno dei pilastri dei nostri ordinamenti giuridici: il matrimonio come bene pubblico. Un pilastro già riconosciuto non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dagli ordinamenti giuridici precedenti, ivi compresi quelli così fieramente anticlericali dello Stato sabaudo.

4. Vorrei prendere in considerazione ora alcune ragioni portate a supporto della suddetta equiparazione.
La prima e più comune è che compito primario dello Stato è di togliere nella società ogni discriminazione, e positivamente di estendere il più possibile la sfera dei diritti soggettivi.
Ma la discriminazione consiste nel trattare in modo diseguale coloro che si trovano nella stessa condizione, come dice limpidamente Tommaso d’Aquino riprendendo la grande tradizione etica greca e giuridica romana: «L’uguaglianza che caratterizza la giustizia distributiva consiste nel conferire a persone diverse dei beni differenti in rapporto ai meriti delle persone: di conseguenza se un individuo segue come criterio una qualità della persona per la quale ciò che le viene conferito le è dovuto non si verifica una considerazione della persona ma del titolo» [2,2, q.63, a. 1c].

Non attribuire lo statuto giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali, non è discriminazione ma semplicemente riconoscere le cose come stanno. La giustizia è la signoria della verità nei rapporti fra le persone.
Si obietta che non equiparando le due forme lo Stato impone una visione etica a preferenza di un’altra visione etica.

L’obbligo dello Stato di non equiparare non trova il suo fondamento nel giudizio eticamente negativo circa il comportamento omosessuale: lo Stato è incompetente al riguardo. Nasce dalla considerazione del fatto che in ordine al bene comune, la cui promozione è compito primario dello Stato, il matrimonio ha una rilevanza diversa dall’unione omosessuale. Le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l’ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, e pertanto il diritto civile deve conferire loro un riconoscimento istituzionale adeguato al loro compito. Non svolgendo un tale ruolo per il bene comune, le coppie omosessuali non esigono un uguale riconoscimento.

Ovviamente –  la cosa non è in questione –  i conviventi omosessuali possono sempre ricorrere, come ogni cittadino, al diritto comune per tutelare diritti o interessi nati dalla loro convivenza.
Non prendo in considerazione altre difficoltà, perché non lo meritano: sono luoghi comuni, più che argomenti razionali. Per es. l’accusa di omofobia a chi sostiene l’ingiustizia dell’equiparazione; l’obsoleto richiamo in questo contesto alla laicità dello Stato; l’elevazione di qualsiasi rapporto affettivo a titolo sufficiente per ottenere riconoscimento civile.

5. Mi rivolgo ora al credente che ha responsabilità pubbliche, di qualsiasi genere.
 
Oltre al dovere con tutti condiviso di promuovere e difendere il bene comune, il credente ha anche il grave dovere di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo  del bene comune. È impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio: i due si contraddicono.
Ovviamente la responsabilità più grave è di chi propone l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico della suddetta equiparazione, o vota a favore in Parlamento di una tale legge. È questo un atto pubblicamente e gravemente immorale.

Ma esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nella varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie.
È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso.

Mi piace concludere rivolgendomi soprattutto ai giovani. Abbiate stima dell’amore coniugale; lasciate che il suo puro splendore appaia alla vostra coscienza. Siate liberi nei vostri pensieri e non lasciatevi imporre il giogo delle pseudo-verità create dalla confusione mass-mediatica. La verità e la preziosità della vostra mascolinità e femminilità non è definita e misurata dalle procedure consensuali e dalle lotte politiche.


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fonte: sito ufficiale Diocesi di Bologna

Caterina63
00venerdì 19 febbraio 2010 23:12
Appunti a margine della Nota dottrinale del Cardinale Caffarra



di Chiara Mantovani*



ROMA, mercoledì, 17 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La Nota Dottrinale che il Cardinale Arcivescovo di Bologna ha stilato e diffuso, con la data della memoria dei santi Cirillo e Metodio copatroni dell’Europa, certamente non mancherà di suscitare commenti.

Prima che si apra la quasi inevitabile ridda di sdegnate proteste, facilmente prevedibile dal momento che affronta un tema che è difficile mantenere libero dalla moderna e pervasiva ideologia pro omosessualità, provo a sottolineare alcune considerazioni forse utili a chi desideri sinceramente capire. Capire, innanzitutto, perché un Cardinale - solitamente tanto discreto quanto profondo nelle sue disamine - decida di scrivere un atto magisteriale così esplicito e sonoro.

Intanto è significativo che lo abbia fatto, segno che il tema non è uno tra i tanti che possono sollecitare la cura pastorale di un vescovo; evidentemente ha una valenza maggiore di quella di altri pur gravi e attuali problemi. Sarebbe - a dire il meno - ingenuo se si obiettasse all’Arcivescovo di Bologna che la povertà, la crisi economica o gli scandali veri e presunti interni alla Chiesa esigono attenzione.

Non è mai mancata l’attenzione alle radici profonde dei guai contemporanei, nel magistero ordinario del Cardinale; il quale, meglio ricordarlo, è un autentico maestro di etica e in modo particolare di quella del matrimonio e della famiglia, è l’uomo cui Giovanni Paolo II affidò l’incarico, nel 1981 né scontato né tantomeno facile, di fondare un Istituto appositamente dedicato allo studio della antropologia e della teologia nel legame coniugale.

Forse allora che l’ex professor Caffarra, intendendosene “solo” di matrimonio e famiglia, abbia il pallino di quest’argomento e non si occupi d’altro? Che abbia una sensibilità selezionata, quasi monotematica? Basta avere un poco di dimestichezza con la sua vasta produzione dottrinale per escluderlo con certezza: se qualcuno non sapesse nulla di lui, tenga per certo che il pensiero bioetico personalista ontologicamente fondato gli deve molto, sia in profondità che in ampiezza.

E i suoi fedeli (intesi come geograficamente diocesani, spesso neppure troppo “fedeli”) sono testimoni della varietà dei temi da lui affrontati.

Allora perché scrivere prima una lettera aperta e ora una nota dottrinale per ribadire principii che attendono di essere incarnati e tradotti nel vivere sociale, che hanno la pretesa alta di essere validi per tutti, condivisi nella ragionevolezza, tenuti in debita considerazione persino da quella arte del compromesso e dell’intesa che è la partitica?

Perché, come ha imparato chi gli è debitore in termini di pensiero, la concezione del matrimonio (e della sessualità umana) dice più di ogni altra la vera opinione che si ha della persona umana. E se degli uomini e delle donne si pensa che la loro natura biologica non dica nulla del loro essere, la società umana soffre nel suo stesso costruirsi. Non è un giudizio morale che sta a cuore al Cardinale, lo dichiara espressamente: “Non lo dico cioè osservando i comportamenti”, quello che gli preme è “il giudizio circa il bene del matrimonio”.

Non lo turba l’esistenza di persone che tengano personalmente comportamenti disordinati: è prima di tutto un uomo e subito dopo un sacerdote cattolico, da cui consegue che sa che cosa è il peccato e conosce i peccatori.

Di più: odia il peccato e ama i peccatori, non si stupisce della presenza del “disordine”, sa e insegna che esso è incancellabile dalla storia umana perché frutto di quel peccato originale che è sì redento da Cristo, ma non eliminato sulla terra nelle sue conseguenze.

“Natura lapsa”, natura ferita quella umana, si diceva una volta, una sorta di impoverimento nella costituzione degli uomini che sarà definitivamente sanata solo alla fine dei tempi: siamo tutti noi i poveri che avremo sempre tra noi.

Come il viaggiatore che da Gerusalemme scendeva a Gerico, dalla sommità scendeva alla depressione, è la natura umana ad esser stata attaccata da briganti e ha avuto la grazia di essere soccorsa dal Buon Samaritano, Gesù; ma risediamo ancora nell’albergo, la Chiesa, nell’attesa di terra nuova e nuovi cieli. Intanto dovremmo essere più che pensosi di come costruiamo le nostre società, se più, meno o per nulla rispettose della verità delle nostre persone.

Ciò che pare davvero pericoloso al Cardinal Caffarra, da cui vale la pena mettere in guardia i “fedeli perché non siano turbati dai rumori mass-mediatici”, è la perdita di comprensione della centralità del ruolo sociale del matrimonio e della famiglia.

È pura dottrina sociale della Chiesa quella che costituisce il tessuto della Nota Dottrinale, ovvero la carità nella verità nelle questioni sociali «caritas in veritate in re sociali». Per dirla con le parole stesse di Benedetto XVI nella Caritas in veritate al numero 5, “annuncio della verità dell'amore di Cristo nella società. […] Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società.”

Non è per nulla indifferente che si reputi il matrimonio una convenzione stipulabile come ogni altro contratto, tra persone dello stesso o diverso sesso: come a dire che non avrebbe rilevanza la verità delle persone, la loro sessualità e la loro relazione interpersonale.

Qualunque Stato ha il preciso dovere non di stabilire, ma solo di rispettare la realtà e di formulare leggi (che sono la grammatica della vita sociale) che proteggano il bene proprio del vivere in comune, il cui primo principio è la tutela dei più piccoli e deboli.

Fino a qualche tempo fa, era così palese che il matrimonio costituisse un bene da tutelare perché prezioso per tutti, che il diritto lo difendeva in virtù della sua utilità sociale, non certo sulla base di un giudizio etico che, in quanto tale, ci ricorda l’Arcivescovo di Bologna, non spetta allo Stato, il quale non è la fonte della moralità e che combina guai grossi quando pretende di esserlo.

Nemmeno il fatto che la famiglia oggi appaia come un soggetto in crisi, segnata da difficoltà e da ferite sempre più sanguinose, è argomento per declassarla ad istituzione tanto inutile da poter essere liquefatta, sciolta dalla realtà della sua natura: come se una epidemia dovesse cambiare la natura umana, facendo ritenere indifferente per gli ospedali che un uomo fosse sano o ammalato.

Infine il Cardinal Caffarra si rivolge direttamente a coloro che, avendo scelto di avere responsabilità pubbliche, si dichiarano cattolici: e qui il servizio alla verità si fa apparentemente icastico. Ma che cosa aggiungere per chi volesse avvalersi, a qualsiasi scopo, del nome di cattolico se non ricordare una prospettiva che già dovrebbe appartenergli per quella sua stessa pubblica ammissione?

Ancora nella conclusione il Pastore rinnova la sollecitudine educativa e parla ai giovani, esortandoli a lasciare che lo splendore dell’amore coniugale - sebbene oggi un po’ offuscato - interpelli in profondità ciò che un cuore ragionevole riconosce come essenziale: che l’amore e la verità sono intimi e inseparabili interlocutori delle coscienze ed è bello e appagante ascoltarli.







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*Chiara Mantovani è Vicepresidente nazionale per il Nord Italia dell'Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI).
Caterina63
00martedì 2 marzo 2010 11:34
Vescovi emiliani spiegano a vescovi italiani come difendere la vita nelle urne


Mentre si avvicina il voto regionale, mentre la confusione regna nel Lazio dove, tra i tanti grattacapi, c’è anche quello di una chiesa ufficiale che ancora non ha detto nulla – e senz’altro non dirà nulla – in merito alla candidatura della radicale Emma Bonino, c’è una regione dove i vescovi e gli arcivescovi hanno deciso in qualche modo di uscire allo scoperto: l’Emilia Romagna. I presuli guidati dal cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, infatti, hanno abbandonato nelle scorse ore l’ecclesialese e hanno provato tutti insieme, nessuno escluso, a parlare chiaro. Hanno scritto una notificazione nella quale hanno spiegato che, seppure non sia compito loro fare nomi e dare indicazioni di voto, spetta a ognuno, in particolare a ogni elettore cattolico, ricordare che esistono dei valori che al momento del voto non possono essere elusi, dimenticati. Sono i valori scritti all’interno della dottrina sociale della chiesa, ovvero i valori inerenti la vita e la sua difesa, quei valori che Benedetto XVI chiamò, tempo addietro, “non negoziabili”.

Dicono i vescovi dell’Emilia Romagna che al momento del voto occorre discernere chi difende meglio “la dignità della persona umana, costituita a immagine e somiglianza di Dio”. E ancora: “La sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, inviolabile e indisponibile a tutte le strutture e a tutti i poteri; i diritti e le libertà fondamentali della persona: la libertà religiosa, la libertà della cultura e dell’educazione; la sacralità della famiglia naturale, fondata sul matrimonio, sulla legittima unione cioè fra un uomo e una donna, responsabilmente aperta alla paternità e alla maternità; la libertà di intrapresa culturale, sociale, e anche economica in funzione del bene della persona e del bene comune; il diritto a un lavoro dignitoso e giustamente retribuito, come espressione sintetica della persona umana; l’accoglienza ai migranti nel rispetto della dignità della loro persona e delle esigenze del bene comune; lo sviluppo della giustizia e la promozione della pace; il rispetto del creato”. Perché una cosa deve essere chiara: “La coscienza cristiana rettamente formata non permette di favorire col proprio voto l’attuazione di un programma politico o la promulgazione di leggi che non siano coerenti coi valori sopraddetti, esprimendo questi le fondamentali esigenze della dignità umana”.

L’uscita dei vescovi della regione più “rossa” d’Italia è stata senz’altro condivisa dal combattivo cardinale Angelo Bagnasco. Avvenire, infatti, il giornale della Cei, ha dedicato un’intera pagina domenica al comunicato, segno che anche la presidenza della Cei condivide il taglio molto deciso dei presuli: “Valori non negoziabili. La bussola per il voto”, ha titolato Avvenire.

Negli ultimi giorni, comunque, il quotidiano diretto da Marco Tarquinio è intervenuto più volte sul voto regionale, con riferimenti espliciti anche alla candidatura della Bonino nel Lazio. Tarquinio, infatti, ha scritto che i radicali che “si candidano ad assumere addirittura la rappresentanza del sentire cattolico”, rappresentano un caso “curioso quanto inquietante” perché su vita, famiglia, difesa della libertà educativa, solidarietà sociale e visione del mercato e del lavoro “i radicali predicano sistematicamente l’opposto di ciò che afferma la dottrina sociale della chiesa”. Poi, sempre su Avvenire, è stato monsignor Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente della commissione Cei per i Problemi sociali e il lavoro, a parlare di “militanze assolutamente non condivisibili da parte di noi cristiani”.

Da Palazzo Apostolico di Paolo Rodari martedì 2 marzo 2010



Comunicato dei Vescovi dell'Emilia Romagna in vista delle elezioni regionali


ROMA, domenica, 28 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo per la rubrica di Bioetica il comunicato dei Vescovi della regione Emilia-Romagna in vista delle elezioni regionali.

* * *

 


Gli Arcivescovi e Vescovi della regione Emilia-Romagna desiderano indirizzare ai fedeli delle loro comunità questa comunicazione, in vista delle elezioni regionali del prossimo mese di marzo.

1.                 Come Vescovi, la nostra prima inderogabile missione è di annunciare il Vangelo  proponendo  ad ogni uomo la via della fede, come via della libertà, come via della responsabilità e della salvezza.

Ma il Vangelo che dobbiamo annunciare contiene anche una precisa concezione dell'uomo e di tutta la sua realtà, personale e sociale, che risponde in modo adeguato alle fondamentali esigenze della sua persona.

È questa concezione il nucleo portante della Dottrina Sociale che la Chiesa ha sempre proclamato e testimoniato, e che l'attuale pontefice Benedetto XVI ha mirabilmente sintetizzato nell'espressione «valori non negoziabili».

2.                 Essi costituiscono patrimonio di ogni persona, perché inscritti nella coscienza morale di ciascuno.

A questi valori anche ogni cristiano deve riferirsi come criterio ineludibile per i suoi giudizi e le sue scelte nell'ordine temporale e sociale.

Eccoli sinteticamente: la dignità della persona umana, costituita ad immagine e somiglianza di Dio, e perciò irriducibile a qualsiasi condizione e condizionamento di carattere personale e sociale; la sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, inviolabile ed indisponibile a tutte le strutture ed a tutti i poteri; i diritti e le libertà fondamentali della persona: la libertà religiosa, la libertà della cultura e dell'educazione; la sacralità della famiglia naturale, fondata sul matrimonio, sulla legittima unione cioè fra un uomo e una donna, responsabilmente  aperta alla paternità e alla maternità; la libertà di intrapresa culturale, sociale, e anche economica in funzione del bene della persona e del bene comune; il diritto ad un lavoro dignitoso e giustamente retribuito, come espressione sintetica della persona umana; l'accoglienza ai migranti nel rispetto della dignità della loro persona e delle esigenze del bene comune; lo sviluppo della giustizia e la promozione della pace; il rispetto del creato.

3.                 È questo complesso di beni che costituisce l'orizzonte immutabile di ogni giudizio e di ogni impegno cristiano nella società. Persone, raggruppamenti partitici e programmi devono pertanto essere valutati a partire dalla verifica obiettiva del rispetto di quei beni.

Perciò la coscienza cristiana rettamente formata non permette di favorire col proprio voto l'attuazione di un programma politico o la promulgazione di leggi che non siano coerenti coi valori sopraddetti, esprimendo questi le fondamentali esigenze della dignità umana.

4.                 Siamo consapevoli di avere proposto ai nostri fedeli non solo orientamenti  doverosi per l'oggi, ma anche un costante cammino educativo, mediante cui l'assimilazione dei valori della Dottrina Sociale della Chiesa porta a giudizi e a scelte responsabili e coerenti, sottratte ai ricatti dei poteri ideologici e mass-mediatici o avvilite da interessi particolaristici.

Vorremmo che crescesse, anche in forza di un rinnovato e quotidiano impegno educativo delle nostre Chiese, un laicato che proprio a causa della sua appartenenza ecclesiale, fosse dedito al bene comune della società.

5.                 La Chiesa non deve prendere «nelle sue mani la battaglia politica» [cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, 28]. Pertanto clero ed organismi ecclesiali devono rimanere completamente fuori dal dibattito e dall'impegno politico pre-elettorale, mantenendosi assolutamente estranei a qualsiasi partito o schieramento politico. Per i sacerdoti questa esigenza è fondata sulla natura stessa del loro ministero (cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri 33, cpv.1°: EV 14/798).

6.                 Ma è un diritto dei fedeli essere illuminati dai propri pastori quando devono prendere decisioni importanti. Se un fedele chiedesse al sacerdote come orientarsi nella situazione attuale, il sacerdote tenga presente quanto segue.

Ogni elettore è chiamato ad elaborare un giudizio prudenziale che per definizione non è mai dotato di certezza incontrovertibile. Ma un giudizio è prudente quando è elaborato alla luce sia dei valori (cfr. § 2) umani fondamentali che sono concretamente in questione sia delle circostanze rilevanti in cui siamo chiamati ad agire.

Ciò premesso in linea generale, ogni elettore che voglia prendere una decisione prudente, deve discernere nell'attuale situazione quali valori umani fondamentali sono in questione, e giudicare quale parte politica - per i programmi che dichiara e per i candidati che indica per attuarli - dia maggiore affidamento per la loro difesa e promozione.

L'aiuto che i sacerdoti devono dare quindi consiste nell'illuminare il fedele perché individui quei valori umani fondamentali che oggi in Regione meritano di essere preferibilmente e maggiormente difesi e promossi, perché maggiormente misconosciuti o calpestati. Il Magistero della Chiesa è riferimento obbligante in questo aiuto al discernimento del fedele.

Ma il sacerdote deve astenersi completamente dall'indicare quale parte politica ritenga a suo giudizio che dia maggior sicurezza in ordine alla difesa e promozione dei valori umani in questione. Questa indicazione infatti sarebbe in realtà un'indicazione di voto.

La nostra Regione, così come l'intera nostra nazione, sta attraversando un momento difficile. Pensiamo in primo luogo e siamo vicini alle famiglie colpite da gravi difficoltà economiche; e a chi ha perduto o rischia di perdere il lavoro.

La consultazione elettorale è una occasione nella quale ogni fedele è invitato ad esercitare mediante il voto una parte attiva nella doverosa edificazione della comunità civile.

In questo modo «la carità diventa carità sociale e politica: la carità sociale ci fa amare il bene comune e fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone, considerate non solo individualmente, ma anche nella dimensione sociale che le unisce» [Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 207].

Con la nostra Benedizione.

22 Febbraio, Festa della Cattedra di San Pietro

CAFFARRA S.Em. Card. CARLO, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEER

VERUCCHI S.E. Mons. GIUSEPPE, Arcivescovo di Ravenna-Cervia e Vicepresidente della CEER

RABITTI S.E. Mons. PAOLO, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

AMBROSIO S.E. Mons. GIANNI, Vescovo di Piacenza - Bobbio

CAPRIOLI S.E. Mons. ADRIANO, Vescovo di Reggio Emilia - Guastalla

GHIRELLI S.E. Mons. TOMMASO, Vescovo di Imola

GHIZZONI S.E. Mons. LORENZO, Vescovo ausiliare di Reggio Emilia -

Guastalla

LAMBIASI S.E. Mons. FRANCESCO, Vescovo di Rimini

LANFRANCHI S.E. Mons. ANTONIO, Amministratore Apostolico di Cesena -

Sarsina

LOSAVIO Mons. PAOLO, Amministratore Diocesano di Modena - Nonantola

MAZZA S.E. Mons. CARLO, Vescovo di Fidenza

NEGRI S.E. Mons. LUIGI, Vescovo di San Marino - Montefeltro

PIZZI S.E. Mons. LINO, Vescovo di Forlì - Bertinoro

SOLMI S.E. Mons. ENRICO, Vescovo di Parma

STAGNI S.E. Mons. CLAUDIO, Vescovo di Faenza - Modigliana

TINTI S.E. Mons. ELIO, Vescovo di Carpi

VECCHI S.E. Mons. ERNESTO, Vescovo ausiliare di Bologna, Segretario della CEER



RICORDIAMO A TUTTI I SEGUENTI DOCUMENTI:

PER VOTARE SECONDO UNA COSCIENZA DAVVERO CATTOLICA, QUI A SEGUIRE TROVERETE TUTTI (o quasi) I DOCUMENTI DELLA CHIESA...UN CATTOLICO E' LIBERO, CERTAMENTE, MA PER DIRSI TALE DEVE USARE IL DISCERNIMENTO NON IL MALE MINORE E VOTARE SOCNDO LA COSCIENZA CATTOLICA E IN RIFERIMENTO AL CRISTO E AL SUO MAGISTERO CHE E' SCRITTO NELLA BIBBIA E CONSEGNATO DALLA CHIESA NELL'INTERPRETAZIONE:

Il Magistero Pontificio ecclesiale sulla questione politca e sull'omosessualità





Caterina63
00giovedì 3 giugno 2010 11:20
[SM=g1740722] se non ci fosse la Chiesa BISOGNA INVENTARLA....

ehm! correggo BISOGNEREBBE INVENTARLA.....

c'è chi ci prova, ma non gli riesce!!!
evviva la NOSTRA santa Madre Chiesa!!!http://www.gloria.tv/image/smiley-cardinal-48x31.gif


Bravo il cardinale Caffarra [SM=g1740721] [SM=g1740722]
it.gloria.tv/?media=80114

Bologna, 1 giugno 2010: L'incontro dell'Arcivescovo con gli animatori di Estate Ragazzi, coincideva quest'anno con il 72mo compleanno del Cardinale. Centinaia di adolescenti hanno incontrato il pastore diocesano alla conclusione delle scuole animatori.

Auguri Eminenza [SM=g1740748]




[SM=g1740738]

Caterina63
00mercoledì 12 gennaio 2011 19:31

Caffarra: tutta la verità su matrimonio e unioni omosessuali  
     
Scritto da Mario PALMARO    

19-02-2010 - È un documento assolutamente da leggere e da far leggere, il testo pubblicato il 14 febbraio dall’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra. Affiggetelo nelle bacheche dei vostri uffici e delle vostre parrocchie, fate in modo che la gente comune sappia qual è il vero pensiero della Chiesa. Stiamo parlando di una “Nota dottrinale” che riguarda matrimonio e unioni omosessuali, e che riassume in modo tanto sintetico quanto vigoroso tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.


 

Non ringrazieremo mai abbastanza il cardinale Caffarra per il coraggio e la precisione con cui sta svolgendo il suo ruolo di vescovo, cioè di colui che etimologicamente sta “in un luogo sopraelevato di osservazione” per custodire e guidare il suo gregge. Una condizione di grande responsabilità, che si carica su di sé il destino delle anime di un’intera diocesi, pronto a rispondere di ciascuna davanti a Cristo giudice. Un vescovo si espone a una grave colpa se decide di tacere la verità, ad esempio quando la voce della Chiesa entra in risonanza con la mentalità del mondo e con il terreno accidentato della politica. Come ad esempio nella questione ormai sempre più critica del “riconoscimento giuridico” delle unioni omosessuali. L’antico adagio per cui “chi tace acconsente” trova qui una evidente conferma.

Caffarra, appunto, non è tra coloro che tacciono. Parla e parla chiaro, evitandoci la fatica di doverlo interpretare. Nel documento, si dicono essenzialmente sette cose.

Primo: il matrimonio è un’istituzione fondamentale per l’umanità, un «bene pubblico» di rilevanza giuridica, il che spiega perché lo Stato riservi agli sposi un trattamento di favore. Allo stesso tempo, il matrimonio attraversa una crisi che Caffarra definisce senza precedenti. La crisi non si colloca tanto sul piano delle debolezze personali – ci sono tanti divorzi e separazioni – quanto sul piano del bene del “giudizio circa il bene del matrimonio”. I nostri contemporanei non capiscono più quanto sia prezioso l’istituto matrimoniale.


Secondo: la prova di questa «disistima intellettuale» sta proprio nelle iniziative che gli Stati vogliono adottare per equiparare le unioni omosessuali all’unione legittima fra uomo e donna, compresa anche l’adozione di figli. Per Caffarra – e per la Chiesa – questa è una ferita al bene comune. Dunque – sottolineiamo noi – non si tratta solo di una deviazione dalla morale cattolica, ma di un vulnus che colpisce le fondamenta della convivenza civile, e che configura così l’attuazione di una vera e propria legge gravemente ingiusta. Cioè, a rigore, una “non-legge”. Lo Stato – spiega Caffarra – non può dichiararsi neutrale di fronte a due modi di vivere la sessualità «che non sono in realtà ugualmente rilevanti per il bene comune» perché «la società deve la sua sopravvivenza non alle unioni omosessuali, ma alla famiglia fondata sul matrimonio».


Terzo: in questa materia le mezze misure non possono salvare capra e cavoli: Caffarra sottolinea a scanso di equivoci che è inaccettabile «l’equiparazione in qualsiasi forma o grado della unione omosessuale al matrimonio». In questo modo viene chiuso ogni spiraglio alla «invenzione» di soluzioni pasticciate di compromesso, inventate per “tenere buoni” i cattolici e accontentare le lobby omosessuali.


Quarto: la materia è grave perché – scrive Caffarra - l’equiparazione fra matrimonio e legame omosessuale avrebbe «effetti devastanti nell’ordinamento giuridico e poi nell’ethos del nostro popolo».


Quinto: tutte le argomentazioni a favore di tale equiparazione sono razionalmente infondate, e la “nota dottrinale” si premura di smontarle una ad una, senza ricorrere a dogmatismi o ad argomenti fideistici, ma facendo appello al buon senso comune, che può essere condiviso da ogni persona di buona volontà, che non sia accecata da furore ideologico anticattolico e anti-matrimoniale.


Sesto: un cattolico impegnato in politica non può adottare simili scelte, pretendendo di restare nella Chiesa: «La presente Nota intende (…) illuminare quei credenti cattolici che hanno responsabilità pubbliche di ogni genere, perché non compiano scelte che pubblicamente smentirebbero la loro appartenenza alla Chiesa». Un politico cattolico ha il dovere «di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo del bene comune». E, quindi, «è impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio: i due si contraddicono».


Settimo: se un cattolico propone e sostiene tale equiparazione nel nostro ordinamento giuridico compie «un atto pubblicamente e gravemente immorale». Ma «esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nella varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie. È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso».

Il cardinale dice proprio così: «impossibile». Facciamo in modo che tutti i cattolici in politica, dai ministri che siedono al governo ai consiglieri del più piccolo comune d’Italia, lo sappiano.


da IlTimone

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MATRIMONIO E UNIONI OMOSESSUALI
Nota Dottrinale del 14 febbraio 2010

Carlo Card. Caffarra
Arcivescovo di Bologna

(PER IL TESTO LEGGERE PIù SOPRA)



 

Caterina63
00giovedì 13 gennaio 2011 15:20
[SM=g1740722] alla Nota del card. Caffarra gli fa eco mons. Grillo....ascoltiamolo da La Bussola quotidiana:


mons. Grillo

Dove sono i cattolici?

di Girolamo Grillo*
13-01-2011



Osservando, da pastore e sociologo, il panorama della società italiana attuale, a volte mi sorgono spontanee alcune domande fondamentali sui cattolici e sul loro ruolo nel mondo. Chi sono i cattolici? Ufficialmente potrebbero esser definiti come coloro che sono stati battezzati, e che vivono in comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana nella pienezza dei suoi sacramenti.

Ma ovviamente non basta questa definizione “formale”. Sono cattolici quelli che hanno veramente fede, che amano Dio, il loro prossimo e la meravigliosa opera divina che è la creazione, e che vivono la loro fede nella vita e nella società.

Come definiremmo allora i cattolici dal punto di vista della loro attività nella società? Per cominciare, essi mettono al primo posto la carità, “senza la quale non sono niente” (S.Paolo); così come credono nella necessità di difendere valori etici non negoziabili, quale il diritto alla vita, in tutte le sue accezioni; cercano poi di orientare la loro attività pubblica e sociale con l’obiettivo del “bene comune”.

Soprattutto, i cattolici cercano di vivere in coerenza con la loro fede. Sanno che il peccato sarà perdonato, ma non va difeso né giustificato come se fosse “normale”. Il perdono nasce dal pentimento sincero, anche se il buon Pastore non chiude fuori nessuno dei suoi figli. Va quindi amato il peccatore, laddove va combattuto il peccato.

Alla luce di questo breve identikit, viene spontaneo chiedersi: ma dove si schierano oggi i cattolici nell’ambito politico? La prima risposta sarebbe: ovunque. In teoria, se ne trovano dall’estrema sinistra all’estrema destra. Eppure, nella “praxis” dell’attività politica, non sembra sempre così Questo anche a prescindere dalla natura formale o più autentica della loro definizione di “cattolici”.

Eccezioni in cui i cattolici nei vari schieramenti si riuniscono di fronte a valori condivisi perfino da non credenti, quali la recente legge sulla “tolleranza religiosa”, sono benemerite ma non possono bastare, perché dovute a situazioni oggettivamente così gravi da imporsi alla coscienza anche al di là della disattenzione di molti mass-media, quali le persecuzioni di cui oggi i cristiani sono vittime in larga parte del mondo.

In realtà, nella norma dell’azione politica, i cattolici in alcune formazioni sembrano tollerati con malcelata sopportazione: o dalla base ancora legata a schemi ideologici vetusti, o dalla dirigenza, o da entrambe. Considerati come bambini che ancora credono alle favole, viene loro dato un “contentino” a patto che non diano troppo fastidio. Più in generale, non riescono ad essere coerenti con la loro proclamata identità, per i motivi più vari, per l’accettazione di compromessi o per semplice ipocrisia.

In siffatta situazione, è con vivo interesse che va salutato il sorgere di aggregazioni che si propongano come autenticamente cattoliche, e non dichiarantesi tale per calcoli e strategie politiche. La coerenza, oggi, è un bene raro e preziosissimo, soprattutto in questo tormentato periodo politico. Più che mai è quindi degno di lode e attenzione l’impegno di quanti opereranno per difendere le proposte e le posizioni dei cattolici, che non sono “cattoliche” in quanto tali, ma che appartengono alla morale naturale: il diritto alla vita e i principi etici non negoziabili né mercificabili, l’impegno sociale nella carità sempre rivolto l’obiettivo del “bene comune” di tutte le classi sociali.

*Vescovo emerito di Civitavecchia-Tarquinia


Caterina63
00mercoledì 19 gennaio 2011 20:48
Omelia del cardinale Bagnasco
La fede va annunciata attraverso la coerenza

Genova, 19. "La fede deve essere testimoniata, annunciata. I laici possono annunciare la fede, dare testimonianza della fede attraverso la coerenza della vita, cioè la coerenza con il Vangelo, con la parola di Cristo e della sua Chiesa, che è il sentiero della vita vera, della felicità, della pace del cuore".

È quanto ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, nel corso della messa celebrata nella città ligure per la ricorrenza di san Sebastiano. Ha proseguito il porporato: "A volte ho l'impressione che tutti siamo tentati dall'abitudine, facciamo l'abitudine a tutto, anche al male, al bene, ma l'abitudine non va bene, sta all'origine di certe crisi familiari, non si può fare l'abitudine a chi ci sta accanto nell'amore".

Quando una persona - ha detto ancora il cardinale Bagnasco - "uomo o donna che sia, ha un nucleo familiare stabile, ricco di affetti, come un focolare dove riscaldare le proprie fatiche, dove sciogliere le proprie pene, dove trovare un'attenzione, una parola, un gesto, allora anche il nostro lavoro, qualunque esso sia, diventa non solo più facile ma direi più bello".

Nella vita - ha aggiunto il porporato - "possiamo avere tante soddisfazioni, grandi cose ma senza la pace dentro tutto il resto non serve a nulla, o a poco, perché saremo sempre insoddisfatti, inquieti, alla ricerca di altro perché la vera pace non è fuori di noi ma in noi. Ecco il modo primo per annunciare la fede: cercare umilmente, con le nostre fragilità e i nostri peccati, ma con decisione, con determinazione e sincerità di cuore di essere coerenti con la nostra fede".


(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2011)


[SM=g1740722]
Caterina63
00lunedì 21 febbraio 2011 23:50
[SM=g1740722] La coraggiosa denuncia del
sito Cattolico TU ES PETRUS:


Cattolici, non lasciamoci intimidire, con CARITA' esponiamo e difendiamo la verità sull'uomo e denunciamo la dittatura di chi vuole imporre leggi contro Dio e contro la natura dell'uomo...



                                  tu es petrus
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