Nella Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

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Caterina63
00martedì 18 gennaio 2011 19:53

“La chiesa di Gerusalemme”: primo giorno della Settimana di preghiera


ROMA, lunedì, 17 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le letture bibliche e il commento per il primo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno ha come tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera (cfr. Atti 2,42)”.




* * *

Gioele 2, 21b-22.3, 1-2

Io manderò il mio spirito su tutti gli uomini

Salmo 46(45), 1-11

Vi abita Dio

Atti 2, 1-12

Quando venne il giorno della Pentecoste

Giovanni 14, 15-21

Lo Spirito della verità



Commento:
     
L'itinerario di questa Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani comincia a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, all'inizio dell'itinerario della Chiesa stessa.     Il tema di questa Settimana è tratto dalla pericope di Atti 2, 42: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme", e si riferisce alla prima chiesa di Gerusalemme, nata il giorno di Pentecoste, quando il "Consolatore", lo Spirito di verità discese sui primi credenti, come promesso da Dio attraverso il profeta Gioele, e dallo stesso Gesù la notte precedente alla sua passione e morte. Tutti coloro che vivono in continuità con il giorno di Pentecoste, vivono in continuità con l'antica chiesa di Gerusalemme, che era presieduta dall'apostolo Giacomo. Questa chiesa è la chiesa madre per tutti noi. Essa rappresenta l'immagine, o l'icona, dell'unità dei cristiani per la quale eleviamo la nostra preghiera durante questa nostra Settimana.     Secondo l'antica tradizione orientale, la successione della Chiesa viene preservata dalla continuità con la prima comunità cristiana di Gerusalemme. La chiesa di Gerusalemme dei tempi degli apostoli è legata alla celeste Gerusalemme, che, dal canto suo, diviene l'icona di tutte le chiese cristiane. Il segno di continuità con la chiesa di Gerusalemme, per tutte le chiese, sta nel mantenere i "tratti" della prima comunità cristiana attraverso la fedeltà all'"insegnamento degli apostoli, la comunione, lo spezzare il pane e la preghiera".     L'attuale chiesa di Gerusalemme vive in continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme, in modo particolare nella sua testimonianza alla verità, spesso resa a caro prezzo. La sua testimonianza al vangelo e la sua lotta contro la disuguaglianza e l'ingiustizia ci ricorda che la preghiera per l'unità dei cristiani non è separabile dalla preghiera per la pace e per la giustizia.

Preghiera:

O Dio onnipotente e misericordioso, effondendo il dono dello Spirito Santo con potenza, hai radunato insieme i primi cristiani nella città di Gerusalemme, sfidando il potere terreno dell'impero romano. Fa' che, come la prima chiesa di Gerusalemme, anche noi possiamo ricongiungerci insieme per essere forti nella predicazione e vivere l'evangelo della riconciliazione e della pace, ovunque vi sia parzialità ed ingiustizia.  Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo, che ci libera dalle catene del peccato e della morte. Amen.




La Chiesa di Gerusalemme, ieri, oggi e domani


Introduzione alla Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani 2011


ROMA, lunedì, 17 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la presentazione dei testi biblici e di preghiera scelti per la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani 2011 che si terrà dal 18 al 25 gennaio. 

Il testo fa parte del sussidio distribuito dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico della Chiese e del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani. Il materiale preparatorio è stato redatto da una equipe di rappresentanti ecumenici di Gerusalemme.



* * *

“Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione,
nello spezzare il pane e nella preghiera”
(cfr. Atti 2, 42)

    La "Chiesa Madre" di Gerusalemme, con la sua grande diversità, offre alla nostra riflessione il tema tratto dagli Atti degli Apostoli: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme" (At 2, 42).

    I testi del materiale per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che sono stati preparati dal gruppo locale, enfatizzano l'urgenza della preghiera di Gesù per l'unità: "che tutti siano una cosa sola [...] così il mondo crederà" (Gv 17, 21). L'unità è rappresentata dagli aspetti essenziali che sono citati nel testo chiave della Settimana: l'insegnamento degli apostoli, il radunarsi in comunione o koinonia, lo spezzare il pane e la preghiera. Questi elementi costituiscono un marchio di autenticità che dalla prima comunità – radunata il giorno di Pentecoste e inviata poi in tutto il mondo per condividere la morte salvifica e la resurrezione di Gesù, offerta liberamente a tutti – si trasmette come "continuità nell'apostolicità" in tutte le comunità nate da essa.

    Nel 2010 abbiamo commemorato i grandi movimenti missionari della cristianità, con la celebrazione del centenario della Conferenza missionaria internazionale. In questo anno 2011 le chiese di Gerusalemme ci invitano a meditare su quella prima grande attività missionaria, per cui il cuore dell'attività dei seguaci di Gesù non si rivelò nell'"andare fuori" ma nel "riunirsi dentro". Essi furono chiamati a contemplare ciò che era il fulcro della loro fede, esemplificato nel modo in cui gli apostoli sprigionarono la forza delle parole e delle azioni di Gesù e come queste furono espresse nel loro insegnamento, e nel modo in cui essi vivevano e celebravano ciò che fu compreso come l'essenza dell'essere un discepolo di Cristo.

    Al cuore dell'evento di Pentecoste esemplificato in Atti 2, vi è un "capovolgimento dall'interno verso l'esterno" dell'esperienza del mondo fino a quel momento. La divisione creata dall'esperienza della torre di Babele dove i popoli furono dispersi dalla confusione delle loro lingue, è superata dal dono dello Spirito Santo che rende comprensibile il messaggio degli apostoli nei vari idiomi, ma ancor più, la divisione è superata dall'unico linguaggio parlato e messo in pratica da Gesù, il linguaggio dell'amore, parlato e compreso da tutti. La preghiera di Gesù alla vigilia della sua morte è per l'unità di coloro che credono in lui, ed è, inoltre, una riflessione sulle sue stesse parole: "da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri" (Gv 13, 35).

    L'amore di cui Cristo ha parlato è un amore di umile servizio gli uni agli altri. Radicalmente legato alla Parola di Dio fatta carne, questo servire è un servire alla verità della salvezza offerta da Dio ad ogni persona. Ecco perché le chiese di Gerusalemme ci ricordano l'esortazione di Paolo a vivere da riconciliati, che significa da redenti e uniti a Dio e, perciò, gli uni agli altri. Questa riconciliazione deve essere vissuta quale shalom di Dio, che, attraverso ciascuna delle nostre comunità, viene offerta al mondo. Di fronte alla precaria situazione dei cristiani in questa parte del mondo, c'è un urgente bisogno di preghiera per l'unità durante tutto l'anno che viene. Questa unità non è uniformità, ma una vita vissuta in modo autenticamente cristiano che diventa una sinfonia di diversità perché l'unico Spirito continua a comporre la partitura della lode a Dio.

     Invitiamo tutti i cristiani in Italia ad unire le loro voci nella lode a Dio Trinità elevando la loro preghiera per l'unità dei cristiani in tutto il mondo, ma soprattutto nella nostra terra. Noi, come quei primi cristiani, abbiamo bisogno di continuare a pregare insieme per il dono dell'unità, che dà grande speranza al mondo, per la pacifica convivenza dei popoli e la pace nell'universo; così facendo anche noi saremo trasformati da questa preghiera, e a mano a mano ciò per cui preghiamo si realizzerà nel nostro stesso essere. Saremo rafforzati da questa preghiera e mossi ad incarnare la pace che sgorga da essa.

    Come responsabili di comunità cristiane qui in Italia, affidiamo a ciascuno di voi individualmente e collettivamente, la partecipazione alla preghiera dell'unità per i cristiani durante tutto l'anno, cosicché la nostra testimonianza possa, come quella dei primi cristiani, essere visibile e costituire un modo di essere obbedienti alla preghiera di Gesù "che tutti siano una cosa sola" (Gv 17, 21).




Chiesa Cattolica

Mansueto Bianchi
Vescovo di
Pistoia

Presidente, Commissione Episcopale per l'Ecumenismo e il Dialogo della CEI

 

 

Federazione delle Chiese Evangeliche in italia

Pastore Massimo Aquilante
Presidente

 

 

Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta
ed Esarcato per l’Europa Meridionale

Metropolita Gennadios
Arcivescovo Ortodosso d'Italia e di Malta
ed Esarca per l'Europa Meridionale





Caterina63
00mercoledì 19 gennaio 2011 12:42

Udienza generale: la catechesi del Papa sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Radio Vaticana)

Udienza generale: la catechesi del Papa sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

All’udienza generale di stamani, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, il Papa ha svolto la sua catechesi sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata ieri, e “nella quale – ha detto - tutti i credenti in Cristo sono invitati ad unirsi in preghiera per testimoniare il profondo legame che esiste tra loro e per invocare il dono della piena comunione. È provvidenziale il fatto che, nel cammino per costruire l’unità, venga posta al centro la preghiera: questo ci ricorda, ancora una volta, che l’unità non può essere semplice prodotto dell’operare umano; essa è anzitutto un dono di Dio, che comporta una crescita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”.
 
“Queste preghiere in comune – ha detto il Papa citando il Concilio Vaticano II - sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: «Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio, ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).” (Decr. Unitatis Redintegratio, 8)”.

Il cammino verso l’unità visibile tra tutti i cristiani – ha proseguito - abita nella preghiera, perché fondamentalmente l’unità non la ‘costruiamo’ noi, ma la ‘costruisce’ Dio, viene da Lui, dal Mistero trinitario, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo d’amore che è lo Spirito Santo e il nostro impegno ecumenico deve aprirsi all’azione divina, deve farsi invocazione quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa è sua e non nostra”.

“Il tema scelto quest’anno per la Settimana di Preghiera – ha continuato Benedetto XVI - fa riferimento all’esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli: ‘Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere’ (At 2,42).
Dobbiamo considerare che già al momento della Pentecoste lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura: ciò sta a significare che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi gente di diversa provenienza e tuttavia, proprio a partire da tali differenze, lo Spirito crea un unico corpo. La Pentecoste come inizio della Chiesa segna l’allargamento dell’Alleanza di Dio a tutte le creature, a tutti i popoli e a tutti i tempi, perché l’intera creazione cammini verso il suo vero obiettivo: essere luogo di unità e di amore. Nel brano citato degli Atti degli Apostoli, quattro caratteristiche definiscono la prima comunità cristiana di Gerusalemme come luogo di unità e di amore”.

“Essa – ha aggiunto - era unita nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”. “Questi quattro elementi rappresentano ancora oggi i pilastri della vita di ogni comunità cristiana e costituiscono anche l’unico solido fondamento sul quale progredire” nella ricerca dell’unità visibile della Chiesa.

“Anzitutto – ha affermato il Papa - abbiamo l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero l’ascolto della testimonianza che essi rendono alla missione, alla vita, alla morte e risurrezione del Signore Gesù. È ciò che Paolo chiama semplicemente il ‘Vangelo’. I primi cristiani ricevevano il Vangelo dalla bocca degli Apostoli, erano uniti dal suo ascolto e dalla sua proclamazione, poiché il vangelo, come afferma S. Paolo, “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). Ancora oggi, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli apostoli”.

“Il secondo elemento – ha proseguito - è la comunione fraterna. Al tempo della prima comunità cristiana, come pure ai nostri giorni, questa è l’espressione più tangibile, soprattutto per il mondo esterno, dell’unità tra i discepoli del Signore. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i primi cristiani tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà e sostanze le vendeva per farne parte ai bisognosi (cfr At 2,44-45). Questa condivisione delle proprie sostanze ha trovato, nella storia della Chiesa, modalità sempre nuove di espressione. Una di queste, peculiare, è quella dei rapporti di fraternità e di amicizia costruiti tra cristiani di diverse confessioni. La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale, che ha mutato in misura significativa le relazioni tra i credenti nel Signore Gesù: tutti siamo impegnati a continuare su questa strada”.

“Nella vita della prima comunità di Gerusalemme essenziale era poi il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente con l’unico sacrificio della Croce nel suo donarsi completamente per la vita dei suoi amici: ‘Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio Sangue … versato per voi’. ‘La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa’ (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 1).
 La comunione al sacrificio di Cristo è il culmine della nostra unione con Dio e rappresenta pertanto anche la pienezza dell’unità dei discepoli di Cristo, la piena comunione. Durante questa settimana di preghiera è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica, segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quell’unità per cui Cristo ha pregato. Tale dolorosa esperienza, che conferisce anche una dimensione penitenziale alla nostra preghiera, deve diventare motivo di un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice”.

Infine, la preghiera – ha rilevato il Papa - è la quarta caratteristica della Chiesa primitiva di Gerusalemme descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. La preghiera è da sempre l’atteggiamento costante dei discepoli di Cristo, ciò che accompagna la loro vita quotidiana in obbedienza alla volontà di Dio, come ci attestano anche le parole dell’apostolo Paolo” alle prime comunità cristiane: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5, 16-18; cfr. Ef 6,18). “La preghiera cristiana, partecipazione alla preghiera di Gesù, è per eccellenza esperienza filiale, come ci attestano le parole del Padre Nostro”. “Porsi in atteggiamento di preghiera – ha aggiunto - significa pertanto anche aprirsi alla fraternità” che deriva “dall’essere figli dell’unico Padre celeste, ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione”.

“Come discepoli del Signore – ha osservato il Papa - abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune: come la prima comunità cristiana di Gerusalemme, partendo da ciò che già condividiamo, dobbiamo offrire una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio che si è rivelato e ci parla in Cristo, per essere portatori di un messaggio che orienti e illumini il cammino dell’uomo del nostro tempo, spesso privo di chiari e validi punti di riferimento.
E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani; sentire che esiste una vera unità interiore tra tutti coloro che seguono il Signore; collaborare il più possibile, lavorando assieme sulle questioni ancora aperte; e soprattutto essere consapevoli che in questo itinerario il Signore deve assisterci, deve aiutarci ancora molto, perché senza di Lui, da soli, senza il “rimanere in Lui” non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5)”.

“Cari amici – ha concluso Benedetto XVI - è ancora una volta nella preghiera che ci troviamo riuniti - particolarmente in questa settimana - insieme a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio”: perseveriamo nella preghiera, “implorando da Dio il dono dell’unità, affinché si compia per il mondo intero il suo disegno di salvezza e di riconciliazione”.

 Radio Vaticana 


                                            
           Pope Benedict XVI (C) waves as he arrives for his weekly general audience on January 19, 2011 in the Paul VI hall at the Vatican.Pope Benedict XVI (C) waves as he arrives for his weekly general audience on January 19, 2011 in the Paul VI hall at the Vatican.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

stiamo celebrando la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, nella quale tutti i credenti in Cristo sono invitati ad unirsi in preghiera per testimoniare il profondo legame che esiste tra loro e per invocare il dono della piena comunione. È provvidenziale il fatto che, nel cammino per costruire l’unità, venga posta al centro la preghiera: questo ci ricorda, ancora una volta, che l’unità non può essere semplice prodotto dell’operare umano; essa è anzitutto un dono di Dio, che comporta una crescita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Concilio Vaticano II dice: "Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: «Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio [dice il Signore], ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20)." (Decr. Unitatis Redintegratio, 8). Il cammino verso l’unità visibile tra tutti i cristiani abita nella preghiera, perché fondamentalmente l’unità non la "costruiamo" noi, ma la "costruisce" Dio, viene da Lui, dal Mistero trinitario, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo d’amore che è lo Spirito Santo e il nostro impegno ecumenico deve aprirsi all’azione divina, deve farsi invocazione quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa è sua e non nostra.

Il tema scelto quest’anno per la Settimana di Preghiera fa riferimento all’esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli; abbiamo sentito il testo: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (At 2,42). Dobbiamo considerare che già al momento della Pentecoste lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura: ciò sta a significare che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi gente di diversa provenienza e, tuttavia, proprio a partire da tali differenze, lo Spirito crea un unico corpo. La Pentecoste come inizio della Chiesa segna l’allargamento dell’Alleanza di Dio a tutte le creature, a tutti i popoli e a tutti i tempi, perché l’intera creazione cammini verso il suo vero obiettivo: essere luogo di unità e di amore.

Nel brano citato degli Atti degli Apostoli, quattro caratteristiche definiscono la prima comunità cristiana di Gerusalemme come luogo di unità e di amore e san Luca non vuol solo descrivere una cosa del passato. Ci offre questo come modello, come norma della Chiesa presente, perché queste quattro caratteristiche devono sempre costituire la vita della Chiesa. Prima caratteristica, essere unita e ferma nell’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, poi nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.

Come ho detto, questi quattro elementi sono ancora oggi i pilastri della vita di ogni comunità cristiana e costituiscono anche l’unico solido fondamento sul quale progredire nella ricerca dell’unità visibile della Chiesa.

Anzitutto abbiamo l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero l’ascolto della testimonianza che essi rendono alla missione, alla vita, alla morte e risurrezione del Signore. È ciò che Paolo chiama semplicemente il "Vangelo". I primi cristiani ricevevano il Vangelo dalla bocca degli Apostoli, erano uniti dal suo ascolto e dalla sua proclamazione, poiché il vangelo, come afferma S. Paolo, "è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Ancora oggi, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli Apostoli. Fermezza nella fede è il fondamento della nostra comunione, è il fondamento dell’unità cristiana.

Il secondo elemento è la comunione fraterna. Al tempo della prima comunità cristiana, come pure ai nostri giorni, questa è l’espressione più tangibile, soprattutto per il mondo esterno, dell’unità tra i discepoli del Signore. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i primi cristiani tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà e sostanze le vendeva per farne parte ai bisognosi (cfr At 2,44-45). Questa condivisione delle proprie sostanze ha trovato, nella storia della Chiesa, modalità sempre nuove di espressione. Una di queste, peculiare, è quella dei rapporti di fraternità e di amicizia costruiti tra cristiani di diverse confessioni. La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale, che ha mutato in misura significativa le relazioni tra i credenti nel Signore Gesù: tutti siamo impegnati a continuare su questa strada. Secondo elemento, quindi, la comunione, che innanzitutto è comunione con Dio tramite la fede; ma la comunione con Dio crea la comunione tra di noi e si esprime necessariamente in quella comunione concreta della quale parlano gli Atti degli Apostoli, cioè la condivisione. Nessuno nella comunità cristiana deve avere fame, deve essere povero: questo è un obbligo fondamentale. La comunione con Dio, realizzata come comunione fraterna, si esprime, in concreto, nell’impegno sociale, nella carità cristiana, nella giustizia.

Terzo elemento: nella vita della prima comunità di Gerusalemme essenziale era il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente con l’unico sacrificio della Croce nel suo donarsi completamente per la vita dei suoi amici: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio Sangue … versato per voi". "La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa" (Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia, 1). La comunione al sacrificio di Cristo è il culmine della nostra unione con Dio e rappresenta pertanto anche la pienezza dell’unità dei discepoli di Cristo, la piena comunione. Durante questa settimana di preghiera per l’unità è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica, segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quell’unità per cui Cristo ha pregato. Tale dolorosa esperienza, che conferisce anche una dimensione penitenziale alla nostra preghiera, deve diventare motivo di un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice.

Infine, la preghiera - o come dice san Luca le preghiere - è la quarta caratteristica della Chiesa primitiva di Gerusalemme descritta nel libro degli Atti degli Apostoli.

La preghiera è da sempre l’atteggiamento costante dei discepoli di Cristo, ciò che accompagna la loro vita quotidiana in obbedienza alla volontà di Dio, come ci attestano anche le parole dell’apostolo Paolo, che scrive ai Tessalonicesi nella sua prima lettera: "State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5, 16-18; cfr. Ef 6,18). La preghiera cristiana, partecipazione alla preghiera di Gesù, è per eccellenza esperienza filiale, come ci attestano le parole del Padre Nostro, preghiera della famiglia - il "noi" dei figli di Dio, dei fratelli e sorelle - che parla al Padre comune. Porsi in atteggiamento di preghiera significa pertanto anche aprirsi alla fraternità. Solo nel "noi" possiamo dire Padre Nostro. Apriamoci dunque alla fraternità, che deriva dall’essere figli dell’unico Padre celeste, ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione.

Cari Fratelli e Sorelle, come discepoli del Signore abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune: come la prima comunità cristiana di Gerusalemme, partendo da ciò che già condividiamo, dobbiamo offrire una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio che si è rivelato e ci parla in Cristo, per essere portatori di un messaggio che orienti e illumini il cammino dell’uomo del nostro tempo, spesso privo di chiari e validi punti di riferimento. E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani; sentire che esiste una vera unità interiore tra tutti coloro che seguono il Signore; collaborare il più possibile, lavorando assieme sulle questioni ancora aperte; e soprattutto essere consapevoli che in questo itinerario il Signore deve assisterci, deve aiutarci ancora molto, perché senza di Lui, da soli, senza il "rimanere in Lui" non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5).

Cari amici, è ancora una volta nella preghiera che ci troviamo riuniti - particolarmente in questa settimana - insieme a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio: perseveriamo nella preghiera, siamo uomini della preghiera, implorando da Dio il dono dell’unità, affinché si compia per il mondo intero il suo disegno di salvezza e di riconciliazione. Grazie


                             Pope Benedict XVI attends his weekly general audience on January 19, 2011 in Paul VI hall at The Vatican.


Caterina63
00mercoledì 19 gennaio 2011 13:00

“Molte membra in un solo corpo”: secondo giorno della Settimana di preghiera


ROMA, martedì, 18 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le letture bibliche e il commento per il secondo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno ha come tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera (cfr. Atti 2,42)”.






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Isaia 55, 1-4

Chiunque ha sete, venga a bere!

Salmo 85(84), 8-14

Egli è pronto a salvare chi l'ascolta

1 Corinzi 12, 12-27

Siamo stati battezzati con lo stesso Spirito per formare un solo corpo

Giovanni 15, 1-13

Io sono la vera vite


Commento:

La chiesa di Gerusalemme negli Atti degli Apostoli è il modello dell'unità cui aneliamo oggi; un'unità che, fin dal principio, è stata caratterizzata da una ricca diversità, e che, pertanto, ci ricorda che l'unità dei cristiani, e la preghiera per ottenerla, non possono essere uniformità. La chiesa di Gerusalemme è il modello o l'icona dell'unità nella diversità.     

La narrazione della Pentecoste negli Atti degli Apostoli evidenzia che a Gerusalemme, quel giorno, erano rappresentate tutte le lingue e le culture dell'antico mondo mediterraneo, e non solo; che le genti ascoltarono l'evangelo nelle loro diverse lingue e, per la predicazione dell'apostolo Pietro, si ritrovarono unite nel ravvedimento, nelle acque del battesimo e nell'effusione dello Spirito Santo. Come scriverà più tardi l'apostolo Paolo: "E tutti noi credenti, schiavi o liberi, di origine ebraica o pagana, siamo stati battezzati con lo stesso Spirito per formare un solo corpo, e tutti siamo stati dissetati dallo stesso Spirito" (1 Cor 12, 13).     

Non costituirono una comunità uniforme di gente, unita culturalmente e linguisticamente, che la pensa allo stesso modo, coloro che furono uniti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, ma una comunità riccamente diversificata, le cui differenze avrebbero potuto facilmente evolversi in controversie. Fu questo, per esempio, il caso fra gli ellenisti e gli ebrei cristiani, sulla negligenza nei confronti delle vedove greche, come narra l'evangelista Luca in Atti 6, 1. Eppure, la chiesa di Gerusalemme era unita in se stessa, ed era una col Signore risorto, che dice: "Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me e io a lui, egli produce molto frutto". (Gv 15, 5).     

Una ricca diversità caratterizza, fino ad oggi, la chiesa a Gerusalemme e nel mondo, che può facilmente evolversi in controversia a Gerusalemme, accentuata dall'attuale clima politico ostile. Ma, come nella primitiva chiesa di Gerusalemme, i cristiani in Gerusalemme oggi ci ricordano che siamo molte membra in un solo corpo, un'unità nella diversità. Antiche tradizioni ci insegnano che la diversità e l'unità esisteranno anche nella Gerusalemme celeste. Ci ricordano che la differenza e la diversità non sono la stessa cosa che la divisione e la disunione, e che l'unità dei cristiani per la quale preghiamo preserva sempre la diversità.


Preghiera:

O Dio, da cui proviene ogni vita nella sua ricca diversità, Tu chiami la tua Chiesa corpo di Cristo, ad essere una nell'amore. Fa' che possiamo imparare a vivere più intensamente la nostra unità nella diversità, e che ci impegniamo insieme per predicare e costruire il tuo regno di amore verso tutti, e nello stesso tempo, accompagnare ciascuno in ogni luogo e in tutti i luoghi. Fa' che possiamo sempre ricordare Cristo quale sorgente della nostra vita insieme.

Te lo chiediamo nell'unità dello Spirito Santo. Amen.


Caterina63
00venerdì 21 gennaio 2011 15:29

“La fedeltà all'insegnamento degli apostoli ci unisce”


Terzo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani


ROMA, mercoledì, 19 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le letture bibliche e il commento per il terzo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno ha come tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera (cfr. Atti 2,42)”.





* * *


Isaia 51, 4-8

Dice il Signore al suo popolo: "Ascoltatemi bene"


Salmo 119(118), 105-112

Lampada sui miei passi è la tua parola


Romani 1, 15-17

Sono pronto ad annunziare il messaggio di Cristo


Giovanni 17, 6-19

Io ho rivelato loro chi sei



Commento:
 

La chiesa di Gerusalemme, come descritto negli Atti degli Apostoli, era unita nella sua fedeltà all'insegnamento degli apostoli, nonostante la grande diversità di lingua e cultura fra i suoi membri. L'insegnamento degli apostoli era la loro testimonianza alla vita, all'insegnamento, al ministero, alla morte e alla resurrezione del Signore Gesù. Il loro insegnamento era ciò che l'apostolo Paolo chiama semplicemente l'evangelo, l'insegnamento degli apostoli quale è esemplificato dalla predicazione dell'apostolo Pietro a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, nel modo in cui cita il profeta Gioele, egli collega la Chiesa con la storia biblica del popolo di Dio, introducendoci a quella storia che ha inizio con la creazione stessa.    

Nonostante le divisioni, la parola di Dio ci raduna e ci unisce. L'insegnamento degli apostoli, la buona novella in tutta la sua interezza era il centro della unità nella diversità della prima chiesa di Gerusalemme. I cristiani in Gerusalemme ci ricordano oggi che non è soltanto l'insegnamento degli apostoli a tenere unita la chiesa primitiva, ma la fedeltà a quell'insegnamento. Tale fedeltà si riflette nell'apostolo Paolo laddove identifica il vangelo come "potenza di Dio per salvare" (Rm 1, 16). Il profeta Isaia ci ricorda che l'insegnamento di Dio è inseparabile dalla sua giustizia: "le mie sentenze saranno una luce per i popoli" (Is 51, 4). O, come prega il salmista, "Lampada sui miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. (...) I tuoi ordini sono tutto il mio bene, la gioia del mio cuore senza fine" (Sal 119, 105.111).


Preghiera:

O Dio di luce, ti rendiamo grazie per la rivelazione della tua verità in Cristo Gesù, tua Parola vivente, che abbiamo ricevuto attraverso l'insegnamento degli apostoli e che fu udita per la prima volta a Gerusalemme. Fa' che il tuo Santo Spirito continui a santificarci nella verità del tuo Figlio, cosicché, uniti in lui, possiamo crescere nella fedeltà alla parola, e insieme servire il tuo regno in umiltà e amore. Te lo chiediamo nel nome di Cristo. Amen.


Caterina63
00venerdì 21 gennaio 2011 15:30

“La condivisione come espressione di unità”


Quarto giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani


ROMA, giovedì, 20 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le letture bibliche e il commento per il quarto giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno ha come tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera (cfr. Atti 2,42)”.



* * *


Isaia 58, 6-10

Digiunare significa dividere il pane con chi ha fame


Salmo 37(36), 1-11

Abbi fiducia nel Signore e fa' il bene


Atti 4, 32-37

Tutto quello che avevano lo mettevano insieme


Matteo 6, 25-34

Voi invece cercate prima il regno di Dio



Commento:

Il segno della continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme è la fedeltà all'insegnamento degli apostoli, la comunione, lo spezzare il pane e la preghiera. La chiesa di Gerusalemme oggi, ci ricorda però anche la conseguenza pratica di tale fedeltà, cioè la condivisione. Gli Atti degli Apostoli dicono semplicemente: "Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno" (At 2, 44-45). La lettura di oggi del libro degli Atti degli Apostoli collega tale condivisione radicale con la potenza apostolica della testimonianza della resurrezione del Signore Gesù, e una grande grazia era su tutti loro. Più tardi, i persecutori dei cristiani annotarono con una certa accuratezza "quanto essi si amassero reciprocamente".

Tale condivisione di risorse caratterizza la vita del popolo cristiano anche nell'odierna Gerusalemme. È il segno della loro continuità con i primi cristiani, e, di conseguenza, un segno e una sfida per tutte le chiese; collega la proclamazione del vangelo, la celebrazione dell'eucaristia, e la comunione all'interno della comunità cristiana con la radicale uguaglianza e la giustizia per tutti. Nella misura in cui tale condivisione è una testimonianza alla resurrezione del Signore Gesù, e segno della continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme, è segno della nostra unione gli uni con gli altri.

Esistono molti modi di condivisione. Vi è quello di condivisione radicale della Chiesa apostolica, dove nessuno veniva lasciato in situazione di indigenza. Vi è la condivisione reciproca dei pesi, delle lotte, del dolore e della soffrenza. Vi è la condivisione reciproca delle gioie e dei traguardi, delle benedizioni e delle guarigioni. Vi è la condivisione dei doni e delle prospettive proprie di ciascuna tradizione alle altre, anche nell'attuale condizione di separazione; vi è un ecumenico "scambio di doni". Questa generosa condivisione è la conseguenza pratica della nostra fedeltà all'insegnamento degli apostoli e alla comunione; è la conseguenza della nostra preghiera per l'unità dei cristiani.


Preghiera:

O Dio di giustizia, il tuo donare è senza limiti. Ti ringraziamo per averci provveduto di ciò di cui abbiamo bisogno, cosicché tutti abbiamo il necessario per vivere. Preservaci dal peccato egoistico di avidità, e rendici strumenti del tuo amore, capaci di condividere tutto quello che Tu ci dai, a testimonianza della tua generosità e della tua giustizia. Come seguaci di Cristo tuo Figlio, guidaci ad agire insieme nei luoghi di miseria umana, dove le famiglie sono allontanate dalle loro case, dove i deboli sono nelle mani dei potenti, dove la povertà e la disoccupazione distruggono la vita. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, nell'unità dello Spirito Santo. Amen.






“Vivere nella fede della resurrezione”


Settimo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani


ROMA, domenica, 23 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le letture bibliche e il commento per il settimo giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno ha come tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera (cfr. Atti 2,42)”.





* * *

Isaia 60, 1-3.18-22

Chiamerai le tue mura: "Salvezza", le tue porte: "Gloria al Signore"

Salmo 118(117), 1.5-17

Sono sfuggito alla morte: ora vivrò

Romani 6, 3-11

Per mezzo del battesimo ci ha uniti alla sua morte, (...) così anche noi vivessimo una nuova vita

Matteo 28, 1-10

Gesù disse: "Non abbiate paura".

Commento:

La fedeltà dei primi cristiani all'insegnamento degli apostoli, alla comunione, allo spezzare il pane e alle preghiere fu realizzata, soprattutto, dalla potenza vivente di Gesù risorto. Questa potenza tuttora vive e anche i cristiani di Gerusalemme oggi ne sono testimoni. Qualsiasi siano le difficoltà della situazione in cui si trovano, per quanto somigli al Getsemani e al Golgota, essi sono consapevoli, nella fede, che tutto è reso nuovo dalla verità della resurrezione di Gesù dai morti.

La luce e la speranza della resurrezione cambia tutto. Come profetizza Isaia, è la trasformazione dall'oscurità alla luce; è l'illuminazione per tutti i popoli. La potenza della resurrezione si irradia da Gerusalemme, luogo della passione del Signore, e attira tutte le nazioni con la sua luce. Questa è la nuova vita, in cui il male viene sconfitto e una nuova certezza si trova nella salvezza e nella lode.

Nel salmo viene celebrata l'esperienza centrale cristiana, di passaggio dalla morte alla vita, segno permanente dell'amore costante di Dio. Questo passaggio dal terrore della morte a una nuova vita, è la realtà che definisce tutti i cristiani, perché, come insegna l'apostolo Paolo, noi, nel battesimo, siamo entrati nella tomba con Cristo, e siamo risorti con lui. Siamo morti con Cristo e viviamo per condividere la sua vita risorta. E così possiamo vedere il mondo in modo diverso, con compassione, pazienza, amore e speranza; perché, in Cristo, la lotta presente non può mai essere l'intera storia. Anche come cristiani divisi, sappiamo che il battesimo che ci unisce è un passaggio dalla croce alla luce della resurrezione.

Nella prospettiva cristiana, questa vita di resurrezione non è semplicemente un concetto, o un'idea che può aiutare; è radicata in un evento vitale, nel tempo e nello spazio. È questo evento che ascoltiamo narrato nel vangelo con grande umanità e pathos. Da Gerusalemme il Signore risorto si manifesta ai suoi discepoli di tutti i tempi, chiamandoci a seguirlo senza paura. Egli ci precede.

Preghiera:

O Dio, protettore della vedova, dell'orfano e dello straniero, in un mondo in cui molti conoscono la disperazione, Tu hai fatto risorgere tuo Figlio Gesù per dare speranza all'umanità e rinnovare la terra. Continua a rafforzare e unificare la tua chiesa nella sua battaglia contro le forze della morte nel mondo, dove la violenza contro l'umanità e contro la creazione oscura la speranza della nuova vita che offri.

Te lo chiediamo in Cristo risorto, nella potenza del tuo Spirito. Amen.



Caterina63
00sabato 22 gennaio 2011 13:07
[SM=g1740733] Un vero, sincero e profondo GRAZIE a Cantuale Antonianum per queste considerazioni preziosissime.... non spetta noi giudicare queste incongruenze, ma prenderne atto, si... e pregare....e chi può, che faccia ciò che deve...



Preghiere fedelmente tradotte: la Messa per l'Unità dei Cristiani

Vescovi di diverse Chiese cattoliche concelebrano insieme al recente Sinodo


Nel Messale Romano di Paolo VI ci sono tre formulari per la Messa per l'Unità dei Cristiani. Essendo nella settimana appositamente dedicata ad una speciale preghiera "ut omnes unum sint", andiamo brevemente ad esaminare un paio di orazioni, secondo la traduzione CEI e l'originale latino (dalla III ed. Typica del Missale Romanum), prese dal primo formulario per l'"Unità dei Cristiani".

La Colletta della Messa A. dice:

Omnípotens sempitérne Deus, qui dispérsa cóngregas et congregáta consérvas, ad gregem Fílii tui placátus inténde, ut, quos unum sacrávit baptísma, eos et fídei iungat intégritas, et vínculum sóciet caritátis. Per Dóminum.

e viene ufficialmente tradotta così nel Messale CEI:

Dio creatore e Padre, che riunisci i dispersi e li custodisci nell’unità,
guarda con bontà il gregge del tuo Figlio, perché quanti sono consacrati da un solo Battesimo
formino una sola famiglia nel vincolo dell’amore e della vera fede. Per il nostro Signore....

più letteralmente:

Dio onnipotente ed eterno, che riunisci quanti sono dispersi e quanti hai riunito li custodisci, guarda benigno al gregge del tuo Figlio, perchè coloro che un solo battesimo ha consacrato, li congiunga l'integrità della fede e li renda uniti il vincolo della carità.

La traduzione letterale è bruttina, ma cerca di rispettare l'andamento del testo latino. Alcune considerazioni
a) La CEI, come sempre, cambia l'appellativo divino delle collette, e invece del "Dio onnipotente ed eterno", questa volta abbiamo lo stravagante "creatore e Padre": creatore nostro e Padre di Gesù (generato non creato....)?
b) dispérsa cóngregas et congregáta consérvas: questa frase è un bel parallelismo chiastico: congregans e congregata ribadiscono il concetto dell'unità che Dio effettua e preserva.
c) placatus intende è di difficile traduzione, ma non significa semplicemente "guarda con bontà". E' piuttosto "volgi la tua attenzione" placatus, reso benigno, rappacificato (certamente sottinteso: "dal sacrificio redentore del Figlio")
d) La richiesta non menziona la metafora familiare come invece interpreta la CEI: se tutti i cristiani sono figli del Padre e fratelli di Cristo e fra loro, sono già una sola famiglia. Il problema è che nelle famiglie si litiga e si è divisi! Quindi, giustamente, la preghiera in latino domanda a Dio che la fede "congiunga" e che la carità "renda amici (soci)", quanti sono già consacrati misticamente dall'unico sacramento del Battesimo. L'integritas fidei è un po' diverso dalla "vera fede". Quello che difetta a quanti credono in Cristo, ma non sono uniti alla Sede di Pietro, non è la vera fede nella Trinità o in Cristo Uomo e Dio, ma "l'integralità" di questa fede, la sua completezza, compresi cioè, per es., i dogmi del primato e dell'infallibilità del Papa...

La Colletta alternativa della Messa A. dice:

Súpplices te rogámus, amátor hóminum, Dómine: pleniórem Spíritus tui grátiam super nos effúnde benígnus, et præsta, ut, digne qua nos vocásti vocatióne ambulántes, testimónium veritátis exhibeámus homínibus, et ómnium credéntium unitátem in vínculo pacis fidéntes inquirámus. Per Dóminum.

traduzione ufficiale CEI:

Manda su di noi, o Padre, una rinnovata effusione dello Spirito, perché camminiamo in maniera degna della vocazione cristiana offrendo al mondo la testimonianza della verità evangelica, e operiamo fiduciosi per unire tutti i credenti nel vincolo della pace. Per il nostro Signore

Più alla lettera
Supplici ti chiediamo, o Signore, amante dell'umanità: effondi su di noi una più abbondante grazia del tuo Spirito, e concedi che, camminando in maniera degna della vocazione con cui ci hai chiamato, offriamo agli uomini la testimoniaza della verità, e ricerchiamo fiduciosi l'unità di tutti i credenti nel vincolo della pace. Per il nostro Signore...

a) Questa volta la solita riduzione a "Padre" dell'appellativo divino è particolarmente triste. "Amator hominum" è una bella locuzione di origine liturgica bizantina: "Dio amante degli uomini", particolarmente cara all'Oriente: in greco infatti è "philanthropos" e si ritrova più volte nell'Anafora di San Basilio e nella Liturgia di San Giovanni Crisostomo. E' un chiaro riferimento ecumenico sparito dalla preghiera per l'unità dei Cristiani! Nella preghiera Eucaristica V, retroversa dall'italiano al latino per inserirla nell'editio typica, troviamo questa stessa espressione nel post-Sanctus.
b) "Supplices te rogamus" significa: "Ti supplichiamo", la stessa formula di richiesta che si trova nel Canone Romano.
c) La verità tout court viene qualificata come "verità evangelica". Unità, che è in parallelismo a verità, essendo stato tradotto con un verbo mette invece in parallelo - come fosse il fine - il "camminiamo... nella vocazione" e "operiamo ...per unire", invece di mostrare come il mezzo sia il "camminare nella vocazione" e il fine richiesto la testimonianza di verità e la ricerca dell'unità. La mancata traduzione di "praesta", poi, rende più debole la chiara operatività divina che viene concessa in dono all'uomo e fa risaltare piuttosto l'opera umana a cui Dio deve dare aiuto.



Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz1BlUm9tkl
http://www.cantualeantonianum.com 

 
Caterina63
00domenica 23 gennaio 2011 19:12
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 23.01.2011

CONVERTITEVI!!!


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questi giorni, dal 18 al 25 gennaio, si sta svolgendo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
Quest’anno essa ha per tema un passo del libro degli Atti degli Apostoli, che riassume in poche parole la vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme: "Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (At 2,42).
E’ molto significativo che questo tema sia stato proposto dalle Chiese e Comunità ecclesiali di Gerusalemme, riunite in spirito ecumenico.

Sappiamo quante prove debbono affrontare i fratelli e le sorelle della Terra Santa e del Medio Oriente. Il loro servizio è dunque ancora più prezioso, avvalorato da una testimonianza che, in certi casi, è arrivata fino al sacrificio della vita. Perciò, mentre accogliamo con gioia gli spunti di riflessione offerti dalle Comunità che vivono a Gerusalemme, ci stringiamo intorno ad esse, e questo diventa per tutti un ulteriore fattore di comunione.

Anche oggi, per essere nel mondo segno e strumento di intima unione con Dio e di unità tra gli uomini, noi cristiani dobbiamo fondare la nostra vita su questi quattro "cardini": l’ascolto della Parola di Dio trasmessa nella viva Tradizione della Chiesa, la comunione fraterna, l’Eucaristia e la preghiera.

Solo in questo modo, rimanendo saldamente unita a Cristo, la Chiesa può compiere efficacemente la sua missione, malgrado i limiti e le mancanze dei suoi membri, malgrado le divisioni, che già l’apostolo Paolo dovette affrontare nella comunità di Corinto, come ricorda la seconda Lettura biblica di questa domenica: "Vi esorto, fratelli – scrive san Paolo – ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire" (1,10). L’Apostolo, infatti, aveva saputo che nella comunità cristiana di Corinto erano nate discordie e divisioni; perciò, con grande fermezza, aggiunge: "E’ forse diviso il Cristo?" (1,13).

Così dicendo, egli afferma che ogni divisione nella Chiesa è un’offesa a Cristo; e, al tempo stesso, che è sempre in Lui, unico Capo e Signore, che possiamo ritrovarci uniti, per la forza inesauribile della sua grazia.

Ecco allora il richiamo sempre attuale del Vangelo di oggi: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17). Il serio impegno di conversione a Cristo è la via che conduce la Chiesa, con i tempi che Dio dispone, alla piena unità visibile.

Ne sono un segno gli incontri ecumenici che in questi giorni si moltiplicano in tutto il mondo. Qui a Roma, oltre ad essere presenti varie Delegazioni ecumeniche, inizierà domani una sessione di incontro della Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Antiche Chiese Orientali. E dopodomani concluderemo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani con la solenne celebrazione dei Vespri nella festa della Conversione di San Paolo. Ci accompagni sempre, in questo cammino, la Vergine Maria, Madre della Chiesa.


                           Pope Benedict XVI waves to a crowd gathered in Saint Peter's square during his Sunday Angelus blessing at the Vatican January 23, 2011.

                                           Pope Benedict XVI speaks from the window of his apartment during his Sunday Angelus prayer in St. Peter's square at the Vatican on January 23, 2011.

Caterina63
00martedì 25 gennaio 2011 12:13

Predica di Padre Konrad del 23.1.2011 sull' Ecumenismo


( invitiamo tutti a NON estrapolare singole frasi e a strumentalizzarle pro o contro qualcuno, vanificando l'intero contesto della predica....)

         padre Konrad



In nomine Patris, et Filii, et Spiritui Sancti.

In questa settimana di Preghiera per l'unione dei Cristiani, vogliamo considerare il fenomeno dell'Ecumenismo.
L'etimologia del termine "ecumenismo" è "Oikoumené" la parola greca che significa "mondo", il termine "ecumenismo" significa dunque, qualche cosa che riguarda tutto il mondo, qualche cosa di universale, qualche universalismo.
Ora, il termine Ecumenismo (con il suo significato di universalismo), viene inteso in due sensi distinti: primo senso è che tutto il mondo deve divenire cattolico; il secondo senso è che tutti gli uomini si devono unire sulla base di ciò che hanno in comune.
Il primo senso di Ecumenismo è il senso Cattolico, il secondo senso è il senso non cattolico!
Che il primo senso è Cattolico è già chiaro nell'etimologia del termine "cattolico" che significa "intero", viene dalla parola greca "olos" e si rapporta tra l'altro al genere umano itero.
Ecumenismo, nel secondo senso, non è una faccenda Cattolica, ma politica, perchè non spetta al bene ultimo dell'uomo in cielo come il cattolicesimo, ma spetta al suo bene su questa terra: spetta alla sua pace con altri quaggiù.
Ecumenismo nel secondo senso, che è purtroppo il senso lunge il più comune, non solo non corrisponde al cattolicesimo, ma è anche ostile al Cattolicesimo, perchè se cerchiamo solo ciò che ci unisce con altre Confessioni Cristiane, o con altre religioni (come se ci fossero altre religioni fuori che la sola vera Religione Cattolica), se cerchiamo solo ciò che ci unisce con loro, neghiamo o almeno trascuriamo e diluiamo, un articolo di fede dopo l'altro; cercando solo ciò che ci unisce ai luterani, neghiamo, per esempio, la natura sacrificale della Santa Messa, i Sette Sacramenti, il culto alla Madonna; cercando ciò che ci unisce ai musulmani, per esempio, neghiamo o trascuriamo il mistero della Santissima Trinità, la divinità e la missione salvifica di Nostro Signore Gesù Cristo + che costituiscono, infatti, il nucleo essenziale della fede.
Così il Cattolicesimo scende in una specie di vago cristianesimo in confronto con le altre confessioni, o in confronto con le altre religioni scende in una specie di vago umanesimo, o ricerca di essere simpatici a tutti!

Era questo il motivo dell'Incarnazione, della vita, della passione, della morte in Croce tra spasimi atroci di  dolore di Nostro Signore Gesù Cristo + ? Domando!
Qualcuno proverà forse a difendere questo falso ecumenismo, che è la condivisione di ciò che è comune a tutti, dicendo che è una forma di amore, e l'amore è nell'analisi finale, lo scopo della nostra vita e Dio stesso è l'amore; la Santissima Trinità è un mistero di amore tra le Tre Persone Divine +. Ebbene è vero che la condivisione di tutto ciò che è comune tra Cattolici ed altri è una forma di amore, ma è anche vero che l'amore è cieco! e deve essere guidato dalla conoscenza.
L'uomo ha due facoltà principali dell'anima: la conoscenza e la volontà (o amore razionale), e tutte e due devono adoperarsi nel suo agire. Sul livello sovrannaturale questa conoscenza è la conoscenza della fede, e questo amore è l'amore della Carità, e tutte e due si devono adoperare nel suo agire: e la Fede e la Carità.
Non basta avere la fede per essere salvati; non basta amare per essere salvati, ma occorre la fede e la carità.
Rispondiamo dunque, a questa obiezione "che l'amore basti" dicendo che la conoscenza è anche necessaria.
Ma bisogna aggiungere (insieme) che la conoscenza, ha la precedenza sull'amore perchè, come ho già detto, l'amore è cieco e deve essere guidato dalla conoscenza: prima di amare devo sapere cosa amare e come amare. Se un ubriaco mi chiede cento euro ed io glieli do, non pratico l'amore perchè non lo posso amare in questo modo dando i soldi...
Sul livello soprannaturale la fede (come conoscenza sovrannaturale), ha la precedenza sulla Carità (come amore soprannaturale). L'oggetto della Fede è Dio, la Santissima Trinità e non posso amarLo con la carità prima di conoscerLo con la Fede.
Sul livello più profondo possiamo dire con Romano Amerio, nel suo libro ammirevole "Jota Unum", che la conoscenza precede l'amore, ultimamente, nel mistero della Santissima Trinità stessa, perchè la conoscenza di Dio tramite il Verbo precede l'amore di Dio tramite lo Spirito Santo: la processione del Figlio dall'intelletto del Padre, precede la processio dello Spirito Santo dall'amore reciproco del Padre e nel Figlio.
In questo modo possiamo dire che Dio, prima di essere un mistero di Amore è un mistero di Conoscenza.
Vediamo dunque che gli ecumenisti falsi si sbagliano quando dicono che "basta amare", necessario è piuttosto, ribadisco, sia la conoscenza, sia l'amore e, la conoscenza, ha la precedenza sull'amore; la fede sulla carità, il vero sul bene.

Come si esercita l'Ecumenismo?
L'Ecumenismo Cattolico avviene tramite l'insegnamento. Il primo compito della Chiesa è di insegnare la fede: la Chiesa è in possesso della fede che è la verità assoluta ed immutabile e deve insegnarla agli altri per la loro salvezza perchè per essere salvati devono conoscere Dio con la Fede e amarLo con la carità (di per se stesso e tramite il vicario) per glorificarLo quaggiù e in cielo per salvare le loro anime.
L'Ecumenismo falso... si esercita tramite il così detto "dialogo" che viene inteso come una specie di relazione reciproca con l'altro, dove l'uno è aperto all'altro e l'uno impara dall'altro a vicenda, in un tipo di processo senza termine in ricerca di una verità elusiva o mutabile, considerata come meno importante del dialogo stesso o dell'amore che lo costituisce.
Per valutare questo concetto di dialogo bisogna spiegare che la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto la VERITA' da Dio stesso che è la Verità tutta intera.
Nostro Signore Gesù Cristo + di cui il Nome sia sempre adorato e benedetto, disse: "Io vi manderò lo Spirito della verità, che vi condurrà alla verità intera", questa verità è la verità sovrannaturale, il contenuto della fede, la verità assoluta e immutabile, più stabile della terra, delle stelle, della luna e del sole, perchè "il cielo e la terra passeranno ma - dice il Signore - le mie parole non passeranno".
Le parole del Signore, la verità della fede, sono immutabili e non cambieranno: neanche uno jota cambierà, e nessun uomo di Chiesa ha il potere di cambiare il minimo dettaglio della fede.

Ora, la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto un mandato del Signore, da predicare questa fede raccontato alla fine del vangelo di san Matteo con le parole: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato"; alla fine del vangelo di san Marco, con le parole: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato"; alla fine di san Luca, con le parole: "Il Cristo doveva patire e risorgere e nel Suo nome saranno predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati".
Queste parole alla fine dei vangeli sono, per così dire, lo strumento per comunicare il contenuto dei vangeli alla terra intera, per comunicare gli avvenimenti e le parole di quei trentatre anni di vita terrena dell'adorabilissimo Figlio di Dio e di Maria che hanno cambiato per sempre la faccia di questa terra e hanno determinato definitivamente il destino eterno di ogni uomo, dall'inizio dei tempi fino alla loro fine.

Questo mandato è il "munus docendi" di Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che ha tre "munera": il munus docendi, il munus regendi e il munus santificandi: tre uffici: quello di insegnare, quello di governare, quello di santificare, Questi tre Uffici li ha tramandati alla Sua Chiesa una, santa, Cattolica ed Apostolica e ad ogni membro del Suo Clero.

Insegnare la fede è dunque un ufficio, un compito, un obbligo della Chiesa e del Suo Clero: "guai a me se non predico il vangelo" dice san Paolo.
Insegnare la fede significa che la Chiesa che è in possesso della verità, la comunichi a qualcuno che non è in possesso di questa verità, ad una persona che ne è ignorante affinchè anche lui la conosca.
Non è un processo interminabile di dialogo, di discussione, di interessamento da parte della Chiesa alle opinioni false di altri, per cercare insieme  una specie di...amalgamo  del vero e del falso, nell'interesse di una convivenza puramente terrena.
Piuttosto è una comunicazione della verità, dell'unica verità: dalla verità soprannaturale e assoluta, la Verità che in fin dei conti è Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che disse: "IO SONO LA VERITA' " affinchè ogni uomo venga alla conoscenza di questa verità e ogni uomo venga salvato!
Amen

In Nomine Patris, et Filii et Spiritui Sancti
Sia lodato Gesù Cristo +





san Simonino a venezia

Caterina63
00martedì 25 gennaio 2011 19:04
[SM=g1740722] IMPORTANTE OMELIA DEL PAPA AI VESPRI PER LA CHIUSURA DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA ECUMENICA....



Il Papa: La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero

Pope Benedict XVI is helped with the wearing of his cap as he arrives to lead a Vespers mass at the basilica of Saint Paul Outside-The-Walls in Rome January 25, 2011.
OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

Seguendo l’esempio di Gesù, che alla vigilia della sua passione pregò il Padre per i suoi discepoli “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21), i cristiani continuano incessantemente ad invocare da Dio il dono dell’unità. Questa richiesta si fa più intensa durante la Settimana di Preghiera, che oggi si conclude, quando le Chiese e Comunità ecclesiali meditano e pregano insieme per l’unità di tutti i cristiani.

Quest’anno il tema offerto alla nostra meditazione è stato proposto dalle Comunità cristiane di Gerusalemme, alle quali vorrei esprimere il mio vivo ringraziamento, accompagnato dall’assicurazione dell’affetto e della preghiera sia da parte mia che di tutta la Chiesa. I cristiani della Città Santa ci invitano a rinnovare e rafforzare il nostro impegno per il ristabilimento della piena unità meditando sul modello di vita dei primi discepoli di Cristo riuniti a Gerusalemme: “Essi – leggiamo negli Atti degli Apostoli (e lo abbiamo sentito ora) – erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42).

È questo il ritratto della prima comunità, nata a Gerusalemme il giorno stesso di Pentecoste, suscitata dalla predicazione che l’Apostolo Pietro, ripieno di Spirito Santo, rivolge a tutti coloro che erano giunti nella Città Santa per la festa. Una comunità non chiusa in se stessa, ma, sin dal suo nascere, cattolica, universale, capace di abbracciare genti di lingue e di culture diverse, come lo stesso libro degli Atti degli Apostoli ci testimonia. Una comunità non fondata su un patto tra i suoi membri, né dalla semplice condivisione di un progetto o di un’ideale, ma dalla comunione profonda con Dio, che si è rivelato nel suo Figlio, dall’incontro con il Cristo morto e risorto.

In un breve sommario, che conclude il capitolo iniziato con la narrazione della discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, l’evangelista Luca presenta sinteticamente la vita di questa prima comunità: quanti avevano accolto la parola predicata da Pietro ed erano stati battezzati, ascoltavano la Parola di Dio, trasmessa dagli Apostoli; stavano volentieri insieme, facendosi carico dei servizi necessari e condividendo liberamente e generosamente i beni materiali; celebravano il sacrificio di Cristo sulla Croce, il suo mistero di morte e risurrezione, nell’Eucaristia, ripetendo il gesto dello spezzare il pane; lodavano e ringraziavano continuamente il Signore, invocando il suo aiuto nelle difficoltà.

Questa descrizione, però, non è semplicemente un ricordo del passato e nemmeno la presentazione di un esempio da imitare o di una meta ideale da raggiungere. Essa è piuttosto affermazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. È un’attestazione, piena di fiducia, che lo Spirito Santo, unendo tutti in Cristo, è il principio dell’unità della Chiesa e fa dei credenti una sola cosa.
L’insegnamento degli Apostoli, la comunione fraterna, lo spezzare il pane e la preghiera sono le forme concrete di vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme riunita dall’azione dello Spirito Santo, ma al tempo stesso costituiscono i tratti essenziali di tutte le comunità cristiane, di ogni tempo e di ogni luogo. In altri termini, potremmo dire che essi rappresentano anche le dimensioni fondamentali dell’unità del Corpo visibile della Chiesa.

Dobbiamo essere riconoscenti perché, nel corso degli ultimi decenni, il movimento ecumenico, “sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo” (Unitatis redintegratio, 1), ha fatto significativi passi in avanti, che hanno reso possibile raggiungere incoraggianti convergenze e consensi su svariati punti, sviluppando tra le Chiese e le Comunità ecclesiali rapporti di stima e rispetto reciproco, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Sappiamo bene, tuttavia, che siamo ancora lontani da quella unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nel ritratto della prima comunità di Gerusalemme.

L’unità alla quale Cristo, mediante il suo Spirito, chiama la Chiesa non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa “nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio” (ibid., 2).

La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero.

Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore. Per questo occorre vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo, che è mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo. Il nostro dovere è proseguire con passione il cammino verso questa meta con un dialogo serio e rigoroso per approfondire il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale; con la reciproca conoscenza; con la formazione ecumenica delle nuove generazioni e, soprattutto, con la conversione del cuore e con la preghiera. Infatti, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, il “santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità di una sola e unica Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane” e, perciò, la nostra speranza va riposta per prima cosa “nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo” (ibid., 24).

In questo cammino di ricerca della piena unità visibile tra tutti i cristiani ci accompagna e ci sostiene l’Apostolo Paolo, del quale quest’oggi celebriamo solennemente la Festa della Conversione. Egli, prima che gli apparisse il Risorto sulla via di Damasco dicendogli: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (At 9,5), era uno tra i più accaniti avversari delle prime comunità cristiane.

L’evangelista Luca descrive Saulo tra coloro che approvarono l’uccisione di Stefano, nei giorni in cui scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani di Gerusalemme (cfr At 8,1). Dalla Città Santa Saulo partì per estendere la persecuzione dei cristiani fino in Siria e, dopo la sua conversione, vi ritornò per essere introdotto presso gli Apostoli da Barnaba, il quale si fece garante dell’autenticità del suo incontro con il Signore. Da allora Paolo fu ammesso, non solo come membro della Chiesa, ma anche come predicatore del Vangelo assieme agli altri Apostoli, avendo ricevuto, come loro, la manifestazione del Signore Risorto e la chiamata speciale ad essere “strumento eletto” per portare il suo nome dinanzi ai popoli (cfr At 9,15). Nei suoi lunghi viaggi missionari Paolo, peregrinando per città e regioni diverse, non dimenticò mai il legame di comunione con la Chiesa di Gerusalemme.

La colletta in favore dei cristiani di quella comunità, i quali, molto presto, ebbero bisogno di essere soccorsi (cfr 1Cor 16,1), occupò un posto importante nelle preoccupazioni di Paolo, che la considerava non solo un’opera di carità, ma il segno e la garanzia dell’unità e della comunione tra le Chiese da lui fondate e quella primitiva Comunità della Città Santa, come segno dell'unica Chiesa di Cristo..

In questo clima di intensa preghiera, desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i presenti: al Cardinale Francesco Monterisi, Arciprete di questa Basilica, al Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e agli altri Cardinali, ai Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, all’Abate ed ai monaci benedettini di questa antica comunità, ai religiosi e alle religiose, ai laici che rappresentano l’intera comunità diocesana di Roma. In modo speciale vorrei salutare i Fratelli e le Sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali qui rappresentate questa sera. Tra essi mi è particolarmente gradito rivolgere il mio saluto ai membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Antiche Chiese Orientali, la cui riunione si svolgerà qui a Roma nei prossimi giorni. Affidiamo al Signore il buon successo del vostro incontro, perché possa rappresentare un passo in avanti verso la tanto auspicata unità.

Einen besonderen Gruß möchte ich auch an die Vertreter der Vereinigten Evangelisch-Lutherischen Kirche Deutschlands richten, die unter der Leitung des bayerischen Landesbischofs nach Rom gekommen sind.

Cari fratelli e sorelle, fiduciosi nell’intercessione della Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, invochiamo, dunque, il dono dell'unità. Uniti a Maria, che il giorno di Pentecoste era presente nel Cenacolo insieme agli Apostoli, ci rivolgiamo a Dio fonte di ogni dono perché si rinnovi per noi oggi il miracolo della Pentecoste e, guidati dallo Spirito Santo, tutti i cristiani ristabiliscano la piena unità in Cristo.

Amen.

*************** 
 
mi sembra che ci siano elecanti punti importanti che ci fanno ben RESPIRARE e sperare: 
 
- non è sufficiente riconoscere ciò che ci divide; 
- non facciamo ecumenismo per un puro PACIFISMO E CONVIVENZA.... 
- l'unità che si persegue è nella Preghiera del Cristo; 
- l'unità non si realizza solo sulle strutture organizzative; 
- l'unità a cui aneliamo è il PRONUNCIAMENTO DI UNA SOLA FEDE, UNA SOLA EUCARESTIA, CONCORDIA NELLA FAMIGLIA DI DIO.... 
che tradotto dai discorsi del Papa riguarda ANCHE L'ETICA E LA MORALE SULLA FAMIGLIA, SUL MATRIMONIO TRA UOMO E DONNA.... 
 
insomma, il Papa questa volta ci ha dato dentro....non restiamone delusi.... Wink


     Pope Benedict XVI holds his cross as he arrives to lead a Vespers mass at the basilica of Saint Paul Outside-The-Walls in Rome January 25, 2011.Pope Benedict XVI holds his cross as he arrives to lead a Vespers mass at the basilica of Saint Paul Outside-The-Walls in Rome January 25, 2011.
Caterina63
00sabato 29 gennaio 2011 11:11

Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi (Radio Vaticana)

Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi

Con la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, presieduti dal Papa lunedì scorso nella Basilica di San Paolo fuori le Mura si è conclusa la Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani. Proprio sull'importanza dell'ecumenismo si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

“La ricerca del ristabilimento dell’unità fra i cristiani divisi non può ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze e al conseguimento di una pacifica convivenza”.
Queste parole del Papa durante i Vespri del 25 gennaio nella Basilica di San Paolo suonano come un monito forte.

Quante volte, di fronte alle difficoltà del confronto o del dialogo, ci ritiriamo sulle nostre posizioni e ci accontentiamo di evitare le tensioni, riconoscendo cortesemente le distanze reciproche, ma rinunciando a esporci a passi più impegnativi, sentiti forse come rischiosi per le abitudini o le sicurezze acquisite. Una cultura della tolleranza e del pluralismo rende naturale questo atteggiamento, che molte volte si presenta come il più realistico e saggio. Ma è proprio così?
L’unità è un’altra cosa.

Il Papa continua: “Ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero”. Di fronte alla “tentazione della rassegnazione e del pessimismo” Papa Benedetto ci invita a ravvivare “la fiducia nella potenza dello Spirito Santo” e a “proseguire con passione il cammino”. San Paolo cade da cavallo quando incontra Gesù, e la sua vita cambia. Conversione. Che cosa vuole Cristo da noi?
 
Non certo che restiamo al punto in cui siamo. Se no i nostri incontri ecumenici resteranno belle scenografie, e saranno specchio di un passato di divisioni più che germe di futuro e di più credibile testimonianza della presenza dello Spirito di Dio. Uno Spirito a cui dobbiamo fare più spazio nel nostro mondo attraversato dall’odio. Con il realismo dell’amore.

da Radio Vaticana

breve riflessione:

Caro Padre Lombardi,
concordo con le sue riflessioni, salvo il fatto che troppo "plurale" può far disorientare i credenti....

Lei dice:
Quante volte, di fronte alle difficoltà del confronto o del dialogo, ci ritiriamo sulle nostre posizioni e ci accontentiamo di evitare le tensioni, riconoscendo cortesemente le distanze reciproche, ma rinunciando a esporci a passi più impegnativi, sentiti forse come rischiosi per le abitudini o le sicurezze acquisite.

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si, verissimo... ma a cosa si riferisce in quel "rinunciare"?
NON siamo NOI a rinunciare al confronto sereno di NOZIONI DOTTRINALI IMMUTABILI quali la Presenza reale nell'Eucarestia, il primato Petrino, i Sette Sacramenti, ecc...
Non si tratta, voglio sperare, di inserire tali DOTTRINE IMMUTABILI all'interno di quelle "abitudini e sicurezze acquisite"...perchè è indispensabile nell'incontro con chi non la pensa come noi, che NON NOI, QUANTO PIUTTOSTO LA E' VERITA' CHE CI POSSIEDE...e non ci possiede perchè noi possiamo diventare superbi, al contrario, ci possiede perchè noi dobbiamo trasmetterla agli altri...


L'autentico "realismo dell'Amore"
non può che condurci alla VERITA'...
il fatto stesso, per noi, che sia il Sommo Pontefice a GUIDARE questa conclusione di Settimana di Preghiera, ci fa ben comprendere l'importanza del ruolo Petrino e della dottrina sulla vera identità della Chiesa che non è una raccolta di sincretismi, ma L'OBBEDIENZA AL CRISTO E AI SUOI SETTE SACRAMENTI...
Non esiste un'altra visione del "realismo dell'Amore"...






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