Notizie dalla Chiesa in ASIA: Giappone, Cina, India....Sri Lanka e il neo cardinale Malcom Ranjit

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Caterina63
00sabato 5 dicembre 2009 19:59
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Il dibattito sulla riforma della Costituzione

I vescovi cattolici e il ruolo di pace del Giappone



Roma, 5. L'episcopato del Giappone ribadisce la sua contrarietà nei riguardi del progetto di emendamento dell'articolo 9 della Costituzione che vieta il riarmo del Paese.

"Il tema del riarmo - ha affermato l'arcivescovo di Nagasaki, monsignor Joseph Mitsuaki Takami, nel corso di un colloquio con il corrispondente di UcaNews - è stato in questi ultimi anni riproposto dai partiti di destra e dagli esponenti dell'ala nazionalista dell'ex maggioranza liberal-democratica. Dopo le recenti elezioni, credo che l'attuale maggioranza di centro-sinistra, guidata dal nuovo leader Yukio Hatoyama, non sia favorevole a emendare l'articolo 9. Ritengo inoltre che le attuali Forze armate siano più che sufficienti per adempiere al loro compito di difendere il Giappone da un eventuale attacco esterno e che la rinuncia di ricorrere alla guerra per risolvere i contrasti tra gli Stati, anch'essa sancita nella Costituzione, sia quanto mai attuale".

Negli anni recenti, anche alcuni politici giapponesi di tendenza moderata avevano proposto diverse volte l'ipotesi del riarmo con la motivazione di volere rendere il Paese in grado di partecipare con una forza militare adeguata alle missioni internazionali sotto l'egida delle Nazioni Unite. Per l'arcivescovo Takami questa motivazione non può essere accettata: " Il nostro Paese - spiega - ha già partecipato a diverse missioni internazionali inviando personale militare con armamento leggero per procedere alla distribuzione di aiuti umanitari. Ritengo, invece, che a una vera forza armata possono essere assegnati dei compiti non compatibili con il nostro dettato costituzionale".

Il tema dello sviluppo di relazioni esclusivamente pacifiche con i Paesi vicini è stato tra l'altro proposto nel corso del quindicesimo incontro annuale tra vescovi coreani e giapponesi avvenuto a Osaka il 16 e 17 novembre. Quest'anno - riporta AsiaNews - i colloqui tra i presuli dei due Paesi si sono concentrati sulla figura del compianto cardinale Stephen Kim Sou-hwan, deceduto lo scorso 6 febbraio a Seoul.

Nel corso dell'incontro, monsignor Peter Kang U-il, vescovo di Cheju, ha ripercorso le principali tappe della vita del porporato che è coincisa con un travagliato periodo delle relazioni tra le due Nazioni. Nato a Daegu l'8 maggio 1922, quando la Corea era sotto la dominazione giapponese, il futuro cardinale aveva trascorso gli anni della giovinezza in Giappone. Appena maggiorenne, aveva dovuto interrompere gli studi in seminario per essere arruolato nell'esercito dell'imperatore Hiro Ito.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, aveva potuto finalmente ritornare in Corea per essere ordinato sacerdote il 15 settembre 1951, quasi all'inizio della guerra tra le due Coree. Il 15 febbraio 1966 era stato eletto vescovo di Masan e il 9 aprile 1968 era divenuto arcivescovo di Seoul. Paolo VI gli conferì la porpora cardinalizia nel Concistoro del 28 aprile del 1969.

Il vescovo di Cheju ha sottolineato che la vita del porporato ancora rappresenta, per tanti fedeli cattolici coreani a giapponesi, un esempio d'integrazione tra le culture dei due Paesi alla luce delle fede cristiana. Nel corso della conferenza è stato anche presentato un filmato sulla vita del cardinale, che ha per titolo le ultime parole da lui pronunciate prima di morire: "Thank you all, I love you all", ("Ringrazio tutti, vi amo tutti").

Sempre nell'ambito dell'incontro annuale tra presuli coreani e giapponesi, ha svolto un intervento padre Tetsuro Honda, sacerdote francescano impegnato nella missione di soccorso per i senza dimora del quartiere di Kamagasaki, a Osaka. Il religioso ha parlato degli immigrati coreani in Giappone che, anche distanza di molti anni dall'arrivo, trovano difficoltà a integrarsi nella società nipponica.



(©L'Osservatore Romano - 6 dicembre 2009)

Caterina63
00mercoledì 21 aprile 2010 23:12

Nuovo vescovo diocesano a Hohot nella Mongolia Interna



Domenica scorsa 18 aprile, nella cattedrale del Sacro Cuore di Hohot, ha avuto luogo l'ordinazione episcopale di S.E. monsignor Paolo Meng Qinglu. Monsignor Meng, del clero diocesano, di 48 anni d'età e 21 di sacerdozio, era stato approvato dalla Santa Sede come vescovo di Hohot e dal 2006 guidava la diocesi come Amministratore. Le Autorità cinesi hanno approvato la sua consacrazione.

La liturgia dell'ordinazione episcopale è stata presieduta da S.E. monsignor Paolo Pei Junmin, vescovo Diocesano di Shenyang, compagno di studi e amico personale del nuovo Presule. I vescovi monsignor Giovanni Liu Shigong di Jining, monsignor Mattia Du Jiang di Bameng e monsignor Giuseppe Li Jing di Ningsia (Yinchuan) sono stati i co-consacranti. Tutti i suddetti presuli sono in comunione con il Santo Padre e riconosciuti dal Governo. Monsignor Du Jiang, consacrato nel 2006 alla guida della comunità cattolica di Bameng, è stato riconosciuto ufficialmente dalle Autorità con una solenne cerimonia di installazione, avvenuta l'8 aprile corrente.

Monsignor Meng, originario della Mongolia Interna, è nato nel 1962 in una famiglia cattolica di Wumeng. Entrato nel seminario di Hohot nel 1985, compì gli studi di teologia e fu ordinato sacerdote nel 1989. In seguito fu insegnante di teologia morale e decano degli studi nel medesimo seminario. Il compianto monsignor Giovanni Battista Wang Xixian, Vescovo di Hohot, deceduto nel 2005 all'età di 79 anni, lo nominò dapprima vicario generale e poi responsabile della Commissione per le proprietà della Chiesa e incaricato della costruzione delle nuove chiese. Il Reverendo Meng ha potuto passare due brevi periodi di studio all'estero (a Hong Kong e in Belgio). È il più anziano fra i giovani sacerdoti della diocesi.

La partecipazione di 3.000 fedeli alla solenne cerimonia della consacrazione episcopale, anche se solo 600 sono potuti entrare nella cattedrale, e la presenza di una ottantina di sacerdoti, che hanno concelebrato l'Eucaristia, sono espressione della grande gioia della comunità diocesana per il dono di un nuovo pastore.

La diocesi di Hohot (arcidiocesi di Suiyuan) si trova nella Mongolia Interna, a 668 chilometri a nord-ovest di Pechino e a nord della regione autonoma di Ningxia:  essa si estende su un vasto territorio di 100.000 chilometri quadrati, area in cui i membri della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria (Missionari di Scheut) avevano promosso l'evangelizzazione sin dal 1883.

Attualmente la circoscrizione ecclesiastica di Hohot  conta più  di 50.000 fedeli, una sessantina di sacerdoti, circa cento religiose appartenenti a quattro Istituti, una quarantina di seminaristi. Fra le opere sociali della diocesi si distinguono alcune cliniche e case per  anziani. Monsignor Meng ha affermato che dovrà  pensare a creare qualche struttura per organizzare gli affari della Chiesa, i bisogni delle parrocchie, le finanze e le questioni riguardanti le proprietà della Chiesa. Fra le priorità del suo ministero episcopale ha segnalato la formazione del clero. "Credo che la mia ordinazione - ha detto - farà emergere un nuovo volto  e  unirà  i  sacerdoti  per  lavorare  insieme per la pastorale e per l'evangelizzazione".

Il presule si è detto fiducioso anche per la riconciliazione all'interno della comunità cattolica. Nell'affidare monsignor Meng e la sua comunità diocesana alla protezione materna della Vergine Maria, tutti si augurano che, nello spirito della Lettera che il Santo Padre Papa Benedetto XVI ha indirizzato alla Chiesa in Cina nel 2007 (n. 12), egli possa svolgere con dedizione e con amore a Hohot la missione che Nostro Signore Gesù Cristo ha affidato alla sua Chiesa.


(©L'Osservatore Romano - 22 aprile 2010)
Caterina63
00sabato 1 maggio 2010 17:01
EREZIONE DEL VICARIATO APOSTOLICO DI COMORES (OCEANO INDIANO) E NOMINA DEL PRIMO VICARIO APOSTOLICO

1 maggio 2010

Il Santo Padre Benedetto XVI ha elevato l’Amministrazione Apostolica delle Comores (Oceano Indiano) al rango di Vicariato Apostolico, con la nuova denominazione di Arcipelago delle Comores e la medesima configurazione territoriale.

Il Papa ha nominato primo Vicario Apostolico di Comores (Oceano Indiano), il Rev. P. Charles Mahuza Yava, S.D.S., già Superiore Provinciale della Provincia Salvatoriana Africana, assegnandogli la sede titolare vescovile di Apisa Maggiore.

P. Charles Mahuza Yava, S.D.S.

P. Charles Mahuza Yava, S.D.S. è nato il 29 luglio 1960 nel territorio di Sandoa, in diocesi di Kolwezi, nella Repubblica Democratica del Congo. È membro della Società del Divin Salvatore. Ha svolto il Noviziato in Tanzania, ed è stato uno dei primi congolesi tra i Salvatoriani. Ha completato la scuola media e il ginnasio a Sandoa, gli studi secondari e umanistici, oltre alla Filosofia e alla Teologia a Kolwezi, nello Scolasticato Jean XXIII, dei PP. Francescani. Ha emesso la Professione Perpetua a Kolwezi l’8 settembre 1991.

È stato ordinato sacerdote a Kolwezi l’8 maggio 1993.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto le seguenti mansioni: 1993-1994: Vicario nella parrocchia del Sacro Cuore a Ntita, Kapanga; 1994-1995: Studi al Centro Sèvre di Parigi per un corso speciale di Spiritualità; 1995-2000: Maestro dei Novizi a Kolwezi e poi a Lubumbashi; 1997-2003: Vicario Provinciale; 2000-2003: Rettore degli Scolastici; 2003-2006: Superiore Provinciale della vice-Provincia Congolese; 2006-2009: Superiore Provinciale della Provincia Salvatoriana Africana; dal 2010: Parroco della parrocchia di Moroni (Grande Comore).

Dati statistici

Il nuovo Vicariato Apostolico di Comores si estende su un’area pari a 2.033 kmq., con una popolazione di 800.000 abitanti. I cattolici sono 6.000, distribuiti in 2 parrocchie, servite da 6 sacerdoti (5 Salvatoriani e 1 della Società Missioni Estere di Parigi). Il Nuovo Vicariato può contare anche sulla collaborazione di 2 Fratelli Religiosi e 12 religiose.
L’Amministrazione Apostolica delle Isole Comores (1975) è stata per decenni di competenza dei Frati Minori Cappuccini. Nel 1998, venendo meno il personale apostolico, è passata alla Società del Divin Salvatore (Salvatoriani).



Caterina63
00sabato 8 maggio 2010 15:20
La difficoltà di essere un Vescovo “ufficiale” in Cina



ROMA, venerdì, 7 maggio 2010 (ZENIT.org).- Non è facile essere un Vescovo “ufficiale” in Cina dopo il comunicato della Santa Sede del 25 marzo, segnala Eglises d'Asie (EDA), l'agenzia dell'istituto delle Missioni Estere di Parigi (MEP).

Interpellati dall'agenzia UCANews, vari Vescovi “ufficiali”, la cui qualità episcopale è riconosciuta sia da Roma che da Pechino, sostengono che l'applicazione di alcuni consigli espressi dalla Santa Sede in questa dichiarazione recente sulla Chiesa in Cina li ha posti in una posizione delicata.

La dichiarazione in questione è stata pubblicata al termine della riunione della Commissione vaticana per la Chiesa in Cina, fondata da Benedetto XVI nel 2007, subito dopo la pubblicazione della sua Lettera ai cattolici cinesi, e che si è riunita per la terza volta a Roma dal 22 al 24 marzo.

Nella nota, la Santa Sede, con una chiarezza e una pubblicità senza precedenti, ha chiesto ai Vescovi della Cina di impegnarsi nel cammino dell'unità della comunione ecclesiale, “evitando quindi di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa, che li ha nominati Pastori, e creano difficoltà, a volte angoscianti, in seno alle rispettive comunità ecclesiali”.

Ciò include la partecipazione a cerimonie sacramentali che si svolgano con Vescovi che esercitano il ministero senza il mandato pontificio, l'ordinazione di sacerdoti all'episcopato che non abbiano ricevuto la nomina da Roma o anche la partecipazione all'Assemblea Nazionale dei rappresentanti cattolici, la cui convocazione è stata rimandata per più di un anno, ma che dovrebbe riunirsi prima della fine del 2010.

Questa Assemblea viene convocata ogni cinque anni, e l'ultima, ancora non celebrata, avrebbe dovuto svolgersi nel 2009. Vi partecipano abitualmente i Vescovi, come delegati di sacerdoti, religiosi e laici, e deve eleggere i prossimi presidenti della Conferenza dei Vescovi “ufficiali” e dell'Associazione Patriottica, incarichi attualmente vacanti.

Anche se i tre Vescovi intervistati, che hanno chiesto di mantenere l'anonimato, non hanno menzionato la loro “angoscia”, hanno espresso chiaramente le difficoltà che incontrano. Pur formando parte della schiera dei Vescovi “ufficiali” riconosciuti dal Papa, hanno scelto di non rivelare il proprio nome, il che dimostra la delicatezza della situazione.

Monsignor “Joseph” non nega che questa dichiarazione abbia messo “sotto pressione” i Vescovi cinesi. Ha lodato la “chiarezza” di propositi e le indicazioni “più concrete” per ottenere la “riconciliazione” delle comunità cattoliche in Cina, ma crede che alcuni Vescovi possano avere difficoltà a seguire il consiglio e l'orientamento formulati da Roma.

Le situazioni, ha spiegato, sono diverse da una Diocesi all'altra, e “ogni Vescovo agisce in base alla propria coscienza”. Dal canto suo, ha sottolineato che la sua coscienza non gli permette di prendere parte a un'ordinazione illegittima (cioè senza il consenso del Santo Padre), ma si è mostrato più dubbioso sul fatto di partecipare o meno all'Assemblea Nazionale dei rappresentanti cattolici, pur credendo che questa istituzione “sia contraria allo spirito della Chiesa”.

Anche gli altri due Vescovi – chiamiamoli “Pietro” e “Paolo” – hanno affermato che non parteciperebbero a un'ordinazione episcopale illecita. “Anche se la mia Diocesi o io potessimo soffrire per questo, ovviamente non parteciperei a un'ordinazione illecita”, ha detto “Paolo”. Quanto a un'Eucaristia concelebrata con uno o più Vescovi illegittimi, il che può accadere durante una riunione speciale organizzata dalle autorità ecclesiastiche, ha dichiarato: “Non assisterei se il Vescovo presidente è illegittimo, ma se è uno dei concelebranti è difficile che riesca a fare altro se non partecipare”.

Su una possibile partecipazione all'Assemblea Nazionale dei rappresentanti dei cattolici, il presule ha aggiunto che, pur comprendendo le intenzioni della Commissione per la Chiesa in Cina, sembra difficile che un Vescovo possa rifiutare di partecipare a una convocazione delle autorità. “Come molti miei colleghi, non voglio partecipare all'Assemblea Nazionale, ma è difficile rifiutare”.

L'Assemblea è organizzata dal Governo. “Se non vai alla riunione sarai accusato di non amare il tuo Paese. I funzionari responsabili subiranno la pressione esercitata dai loro superiori e dirigeranno la propria ira contro i Vescovi recalcitranti. Tutto il lavoro che un Vescovo vuole svolgere per la sua Chiesa sarà ancora più difficile”, ha spiegato “Paolo”.

Per monsignor “Pietro”, è difficile mettere in pratica ciò che chiede la dichiarazione del 25 marzo. Come dire “no” ai rappresentanti del potere, che possono esercitare forti pressioni perché questo o quel Vescovo partecipi all'Assemblea Nazionale dei rappresentanti cattolici o prenda parte a un'ordinazione illegittima? “Noi Vescovi non sappiamo cosa fare – ha confessato –. Dopo la pubblicazione della lettera del Papa non abbiamo margini di manovra. Possiamo solo scegliere tra sopravvivere con le lacune del sistema o rompere i contatti con il Governo”.

“Nella Chiesa 'ufficiale' si teme di mettere in pericolo i buoni rapporti con le autorità, costruiti pazientemente anno dopo anno”, ha rimarcato.

Secondo monsignor “Pietro”, la prossima riunione dell'Assemblea Nazionale dei rappresentanti cattolici può portare solo a una divisione della comunità “ufficiale”. “Preferirei partecipare, anche se seduto passivamente, per ampliare le mie possibilità in campo pastorale e per non far vergognare le autorità della mia Diocesi”, ha detto, aggiungendo che secondo lui la maggior parte dei Vescovi “ufficiali” “farebbe lo stesso”.

Agire in altro modo, commenta, sarebbe poco realistico. Chi desidera seguire i consigli della Santa Sede deve prepararsi a relazioni molto più difficili con le autorità e a un controllo decisamente più stretto - che è un altro modo di essere testimone di Cristo, conclude.
Caterina63
00sabato 29 maggio 2010 20:45
L'udienza del Papa alle diocesi marchigiane per il quarto centenario della morte di Matteo Ricci

Preghiere e stima per la Chiesa
e per il nobile popolo cinese


L'attenzione della Chiesa per il "nobile popolo cinese" è stata ribadita dal Papa questa mattina, sabato 29 maggio, in occasione dell'udienza concessa ai partecipanti al pellegrinaggio organizzato in occasione del IV centenario della morte del padre Matteo Ricci, il vero protagonista dell'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico.

Signor Cardinale,
venerati fratelli nell'Episcopato
e nel Sacerdozio,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle,
sono lieto di incontrarvi per ricordare il iv Centenario della morte di Padre Matteo Ricci, s.j.

Saluto fraternamente il Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Mons. Claudio Giuliodori, che guida questo numeroso pellegrinaggio. Con lui saluto i Confratelli della Conferenza Episcopale marchigiana e le rispettive Diocesi, le Autorità civili, militari e accademiche; i sacerdoti, i seminaristi e gli studenti, ed anche i Pueri Cantores. Macerata è fiera di un cittadino, un religioso e un sacerdote così illustre! Saluto i Membri della Compagnia di Gesù, di cui fece parte P. Ricci, in particolare il Preposito Generale, P. Adolfo Nicolás, i loro amici e collaboratori e le istituzioni educative a loro legate. Un pensiero anche a tutti i Cinesi. ! [Salve!]

L'11 maggio del 1610, a Pechino, terminava la vita terrena di questo grande missionario, vero protagonista dell'annuncio del Vangelo in Cina nell'era moderna dopo la prima evangelizzazione dell'Arcivescovo Giovanni da Montecorvino. Di quale stima fosse circondato nella capitale cinese e nella stessa corte imperiale ne è segno il privilegio straordinario che gli fu concesso, impensabile per uno straniero, di essere sepolto in terra cinese. Anche oggi è possibile venerare la sua tomba a Pechino, opportunamente restaurata dalle Autorità locali. Le molteplici iniziative promosse in Europa e in Cina per onorare P. Ricci, mostrano il vivo interesse che la sua opera continua a riscuotere nella Chiesa e in ambienti culturali diversi.

La storia delle missioni cattoliche comprende figure di grande statura per lo zelo e il coraggio di portare Cristo in terre nuove e lontane, ma P. Ricci è un caso singolare di felice sintesi fra l'annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta, un esempio di equilibrio tra chiarezza dottrinale e prudente azione pastorale. Non solo l'apprendimento profondo della lingua, ma anche l'assunzione dello stile di vita e degli usi delle classi colte cinesi, frutto di studio e di esercizio paziente e lungimirante, fecero sì che P. Ricci venisse accettato dai cinesi con rispetto e stima, non più come uno straniero, ma come il "Maestro del grande Occidente". Nel "Museo del Millennio" di Pechino solo due stranieri sono ricordati fra i grandi della storia della Cina:  Marco Polo e P. Matteo Ricci.

L'opera di questo missionario presenta due versanti che non devono essere separati:  l'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico e la presentazione alla Cina della cultura e della scienza occidentali. Spesso gli aspetti scientifici hanno riscosso maggiore interesse, ma non bisogna dimenticare la prospettiva con cui P. Ricci è entrato in rapporto con il mondo e la cultura cinesi:  un umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occidentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo. P. Ricci non si reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell'Occidente, ma per portarvi il Vangelo, per far conoscere Dio. Egli scrive:  "Per più di vent'anni ogni mattina e ogni sera ho pregato in lacrime verso il Cielo.

So che il Signore del Cielo ha pietà delle creature viventi e le perdona (...) La verità sul Signore del Cielo è già nei cuori degli uomini. Ma gli esseri umani non la comprendono immediatamente e, inoltre, non sono inclini a riflettere su una simile questione" (Il vero significato del "Signore del Cielo", Roma 2006, pp.69-70). Ed è proprio mentre porta il Vangelo, che P. Ricci trova nei suoi interlocutori la domanda di un confronto più ampio, così che l'incontro motivato dalla fede, diventa anche dialogo fra culture; un dialogo disinteressato, libero da mire di potere economico o politico, vissuto nell'amicizia, che fa dell'opera di P. Ricci e dei suoi discepoli uno dei punti più alti e felici nel rapporto fra la Cina e l'Occidente.

Al riguardo, il "Trattato dell'amicizia" (1595), una delle sue prime e più note opere in cinese, è eloquente. Nel pensiero e nell'insegnamento di P. Ricci scienza, ragione e fede trovano una naturale sintesi:  "Chi conosce il cielo e la terra - scrive nella prefazione alla terza edizione del mappamondo - può provare che Colui che governa il cielo e la terra è assolutamente buono, assolutamente grande e assolutamente uno. Gli ignoranti rigettano il Cielo, ma la scienza che non risale all'Imperatore del Cielo come alla prima  causa,  non  è  per  niente scienza".

L'ammirazione verso P. Ricci non deve, però, far dimenticare il ruolo e l'influsso dei suoi interlocutori cinesi. Le scelte da lui compiute non dipendevano da una strategia astratta di inculturazione della fede, ma dall'insieme degli eventi, degli incontri e delle esperienze che andava facendo, per cui ciò che ha potuto realizzare è stato grazie anche all'incontro con i cinesi; un incontro vissuto in molti modi, ma approfonditosi attraverso il rapporto con alcuni amici e discepoli, specie i quattro celebri convertiti, "pilastri della nascente Chiesa cinese". Di questi il primo e più famoso è Xu Guangqi, nativo di Shanghai, letterato e scienziato, matematico, astronomo, studioso di agricoltura, giunto ai più alti gradi della burocrazia imperiale, uomo integro, di grande fede e vita cristiana, dedito al servizio del suo Paese, e che occupa un posto di rilievo nella storia della cultura cinese. È lui, ad esempio, a convincere e aiutare P. Ricci a tradurre in cinese gli "Elementi" di Euclide, opera fondamentale della geometria, o ad ottenere che l'Imperatore affidasse agli astronomi gesuiti la riforma del calendario cinese.

Come è un altro degli studiosi cinesi convertiti al Cristianesimo - Li Zhizao - ad aiutare P. Ricci nella realizzazione delle ultime e più sviluppate edizioni del mappamondo, che avrebbe dato ai cinesi una nuova immagine del mondo. Egli descriveva P. Ricci con queste parole:  "Io l'ho creduto un uomo singolare perché vive nel celibato, non briga le cariche, parla poco, ha una condotta regolata e questo tutti i giorni, coltiva la virtù di nascosto e serve Dio continuamente". È giusto dunque associare a P. Matteo Ricci anche i suoi grandi amici cinesi, che con lui condivisero l'esperienza di fede.

Cari fratelli e sorelle, il ricordo di questi uomini di Dio dediti al Vangelo e alla Chiesa, il loro esempio di fedeltà a Cristo, il profondo amore verso il popolo cinese, l'impegno di intelligenza e di studio, la loro vita virtuosa, siano occasione di preghiera per la Chiesa in Cina e per l'intero popolo cinese, come facciamo ogni anno, il 24 maggio, rivolgendoci a Maria Santissima, venerata nel celebre Santuario di Sheshan a Shanghai; e siano anche di stimolo ed incoraggiamento a vivere con intensità la fede cristiana, nel dialogo con le diverse culture, ma nella certezza che in Cristo si realizza il vero umanesimo, aperto a Dio, ricco di valori morali e spirituali e capace di rispondere ai desideri più profondi dell'animo umano.

Anch'io, come P. Matteo Ricci, esprimo oggi la mia profonda stima al nobile popolo cinese e alla sua cultura millenaria, convinto che un loro rinnovato incontro con il Cristianesimo apporterà frutti abbondanti di bene, come allora favorì una pacifica convivenza tra i popoli. Grazie.



Lettera del cardinale segretario di Stato per la pubblicazione del Diario del primo Delegato apostolico in Cina

Celso Costantini
e la triplice missione di Pio XII


Dalle carte emerge un pontificato aperto alla modernità che sfociò nel Vaticano ii

Venerdì 28 maggio, alla Camera dei deputati italiana, è stato presentato il volume curato da Bruno Fabio Pighin Ai margini della guerra (1938-1947) che pubblica il diario finora inedito del cardinale Celso Costantini (Venezia, Marcianum Press, 2010, pagine 640, euro 50). Erano presenti i cardinali Zenon Grocholewski, Bernard Francis Law e Giovanni Coppa, e il vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru. Per l'occasione il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio e il cardinale segretario di Stato ha scritto, a nome di Benedetto XVI, una lettera al cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che ha tenuto una relazione pubblicata a fianco quasi per intero. Il testo, qui riprodotto quasi integralmente, è stato letto dall'arcivescovo segretario della Congregazione, Robert Sarah.

di Tarcisio Bertone

Il dono del volume Ai margini della guerra (1938-1947), contenente il diario inedito del cardinale Celso Costantini, pubblicato con la fattiva partecipazione della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, è giunto particolarmente apprezzato al Sommo Pontefice.

Sua Santità ha preso diretta visione dello scritto di questa illustre figura di porporato, che fu segretario dell'importante Dicastero ordinato alla propagazione della fede cattolica, e mi incarica di esprimerle viva gratitudine per aver favorito la pubblicazione di un testo di prima mano, che fornisce preziose informazioni, acquisite per conoscenza ed esperienza diretta, dell'opera gigantesca nell'ambito. della carità, della testimonianza cristiana, della saggezza politica, della risposta alla vastità dei bisogni, che la Sede Apostolica ha realizzato nei confronti di popolazioni, di gruppi etnici, nonché culturali, durante il difficile periodo degli imperi ideologici.
 
Le carte di un prelato particolarmente vicino al Sommo Pontefice, pubblicate nel voluminoso e accurato libro raccontano le angosce di un'Europa stretta fra opposti e sanguinari estremismi, come pure l'anelito di persone ragionevoli, desiderose di pace, di giustizia e di vera legge, irrorata da venti secoli di civiltà cristiana.
 
Nel periodo testimoniato dal Diario del cardinale Celso Costantini occorre rilevare il costante, disinteressato e risoluto impegno di Papa Pio XII, della Curia romana e di ogni ecclesiastico, presule, sacerdote, religioso o religiosa per i fini della carità e non certo della propaganda. Favorire la pace, promuovere il rispetto dei diritti universali, sostenere l'equità, evitare il male, offrire rifugio, sovvenire al bisogno, escludere la partecipazione alle passioni politiche violente:  queste sono le esigenze che monsignor Costantini - collaboratore e vero amico di Papa Pacelli - ha giornalmente registrato nelle sue memorie con grande accuratezza e dovizia di particolari.

Fra queste, Sua Santità ha rilevato le seguenti parole, annotate, il 26 dicembre 1941, da monsignor Costantini dopo aver sottolineato, ripetute volte, la grande attenzione e azione di Papa Pacelli verso tutti, in particolare verso i più bisognosi e perseguitati:  in Pio XII vi è "una triplice missione sempre provvidenziale, ma specialmente in questi anni in quibus vidimus mala:  quella di Maestro, di Giudice, di Padre (...) L'attività del Sommo Pontefice, invece di diminuire e quasi chiudersi in un lutto desolato, si è prodigiosamente moltiplicata".

Signor cardinale, le memorie private del cardinale Celso Costantini non trattano esclusivamente - pur se con grande e giusta indignazione - la tristissima sorte di popoli e di categorie di persone soggette ai più inumani destini. Le carte pubblicate grazie alle fatiche e alle premure di monsignor Bruno Fabio Pighin parlano anche dell'instancabile e generosa opera evangelizzatrice della Chiesa, della sua profonda e articolata riflessione teologica che sfociò nel concilio ecumenico Vaticano ii, dell'approccio culturale, sociale, politico del papato di Pio XII nei riguardi della modernità. Si tratta, perciò, di scritti altamente significativi e utili.

Il Santo Padre, mentre auspica che esse siano vagliate con spirito equanime e adeguato, desidera manifestare nuovamente il Suo vivo apprezzamento per l'iniziativa, considerandola un valido contributo alla verità storica.


(©L'Osservatore Romano - 30 maggio 2010)


 


(©L'Osservatore Romano - 30 maggio 2010)
Caterina63
00venerdì 16 luglio 2010 12:07

Nuovo Vescovo per Taizhou (Cina) dopo 48 anni


La sede era vacante dal 1962


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 luglio 2010 (ZENIT.org).- Vacante da 48 anni, la sede diocesana di Taizhou ha un nuovo Vescovo da sabato scorso, secondo quanto ha reso noto la Santa Sede.

Si tratta del sacerdote Anthony Xu Jiwei, di 75 anni e presbitero da 25, che guidava la Diocesi dal 1999 come amministratore diocesano.

Secondo il comunicato, la Diocesi, vacante dalla morte di monsignor Joseph Hou Joshan nel 1962, ha circa 6.000 fedeli, quindici sacerdoti, una decina di religiose della Congregazione di Santa Teresa Serve della Carità (fondata da monsignor Xu) e 25 chiese e luoghi di culto.

La consacrazione del presule ha avuto luogo a Taizhou da parte dei monsignori Joseph Li Mingsu (Qingdao), Joseph Zhao Fengchang (Liaocheng), Joseph Xu Honggen (Suzhou) e Joseph Han Yingjin (Sanyuan), tutti in comunione con la Santa Sede e riconosciuti dal Governo.

Monsignor Xu è nato a Shanghai nel 1935 ed è entrato nel seminario di Ningbo nel 1948, studiando poi a Xujiahui (Shanghai) fino al 1958.

Dal 1960 al 1985 è stato condannato alla prigione e poi ai lavori forzati, un periodo di grazia nonostante le difficoltà, secondo quanto ha rivelato il nuovo Vescovo all'agenzia AsiaNews: “Il periodo di prigionia ha rafforzato la mia fede. Durante quel periodo di durezza, ho pregato tutti i giorni… Ho compreso che Dio mi ama profondamente ed è con me tutti i giorni”.

Nel 1985 è tornato al seminario di Shanghai ed è stato ordinato sacerdote nella Diocesi di Ningbo. Nel 1999 è stato trasferito a Taizhou, Diocesi della quale è stato appena consacrato Vescovo, e in cui lavorava nella parrocchia di Jiaojiang.

La Diocesi di Taizhou ha attraversato tempi difficili. Creata nel 1946 (anche se come giurisdizione esisteva dal 1926), nel 1957 ha visto tutti i suoi sacerdoti arrestati, incluso il Vescovo Hou, molto malato, e i suoi luoghi di culto sono stati chiusi. Nel 1984 sono state riaperte alcune chiese, con appena tre sacerdoti in servizio attivo.

Come ha detto monsignor Xu ad Asianews, una delle sue sfide pastorali più importanti è quella di “far maturare la Diocesi nell'unità”, visto anche che non ci sono conflitti particolari tra le comunità clandestine e quelle ufficiali.

Caterina63
00lunedì 11 ottobre 2010 19:16
Da Giovanni da Montecorvino a Celso Costantini
le figure che hanno reso possibile il dialogo col Celeste Impero

Quattro ponti verso la Cina


"Chiesa e Stato in Cina. Dalle imprese di Costantini alle svolte attuali" è il volume curato da Bruno Fabio Pighin (Venezia, Marcianum Press, 2010, pagine 295, euro 35) che è stato presentato a Roma a Palazzo Borromeo. All'incontro sono intervenuti il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, monsignor Brian Edwin Ferme, preside della Facoltà di Diritto canonico San Pio X di Venezia, Giuseppe Dalla Torre, rettore dell'università Lumsa di Roma. Erano presenti anche i cardinali Giovanni Coppa, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Salvatore De Giorgi, Julian Herranz, Bernard Francis Law, e l'arcivescovo Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino. Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento dell'Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede.


di Antonio Zanardi Landi

La Cina non è soltanto un grande Stato-nazione, come spesso in Occidente siamo soliti rappresentare, ma è un continente a se stante. Un continente multiforme, poliedrico, variegato e, in definitiva, "un enorme caleidoscopio di diversità" come ha giustamente sottolineato Giuseppe Dalla Torre. Una molteplicità di esperienze, di contenuti, di costumi, di popoli, di lingue, di etnie e persino di religioni:  dal confucianesimo al taoismo, dal buddismo all'islamismo, fino al cristianesimo sia nella declinazione protestante che in quella cattolica.

Anche per questi influssi di tipo religioso, il rapporto tra la Cina e l'occidente può essere definito come un lunghissimo ponte di esperienze e di uomini che affonda i suoi basamenti in un remoto passato. Un deposito storico antico, dunque, caratterizzato da alcune grandi personalità, che provenivano soprattutto dalla penisola italiana, che con la loro azione missionaria, apostolica e diplomatica, hanno tracciato un percorso che è partito dal medioevo, ha raggiunto il xx secolo ed è arrivato fino ai giorni nostri.

Solitamente quando si parla dei rapporti storici tra Cina e Italia un pensiero comune, diffuso soprattutto dalla letteratura scolastica, va subito diretto verso una delle opere di maggior successo del medioevo:  Il milione di Marco Polo. Eppure, senza nulla togliere alle cronache del viaggio del mercante e ambasciatore veneziano, esistono altre esperienze, più profonde e durature, di cui ancora oggi avvertiamo i riflessi e i condizionamenti, che connettono il Paese del Celeste Impero non solo con l'Italia ma con l'intera cultura occidentale. Mi riferisco, ovviamente, a quelle esperienze di vita missionaria e a tutti quei legami "diplomatici" che hanno saputo tessere, in un lunghissimo intervallo di tempo, alcuni uomini di fede cattolica attraverso un poderoso slancio evangelizzatore e una intelligente sapienza "politica".

Al di là della prima "leggendaria predicazione" tommasea o dell'azione svolta dall'eresia nestoriana, nel vii secolo, è soprattutto nel medioevo e poi, in seconda battuta, tra il XVI e XVIi secolo che si formano le prime comunità cattoliche in Cina. Ed infine è solamente nel xx secolo, grazie soprattutto alla lettera apostolica di Benedetto xv Maximum illud del 30 novembre 1919, che si poté compiere la svolta diplomatica decisiva per porre le basi per una concreta e stabile relazione tra lo Stato cinese e la Chiesa cattolica.

Quello che si compie a cavallo di circa nove secoli è un percorso accidentato, non sempre lineare, spesso interrotto, costituito da successi e sconfitte, ma che mostra, nonostante tutto, delle continuità storiche e che si dimostra fecondo non solo nell'opera missionaria ma anche nell'instaurazione di alcuni rapporti "politici" tutt'oggi viventi, le cui fila, con tutti i dovuti distinguo del caso, sono rintracciabili sin dal medioevo. Questo percorso, o meglio, questo ponte tra queste due diverse civiltà, per molti aspetti culturalmente opposte, è stato tracciato, essenzialmente, da quattro grandi figure - quattro grandi italiani - che si sono susseguiti dal medioevo al Novecento e che sono nell'ordine, Giovanni da Montecorvino, Odorico da Pordenone, Matteo Ricci e Celso Costantini.

Il ruolo di "primo apostolo della Cina" spetta, senza dubbio, al francescano, doctissimus et scientissimus, Giovanni da Montecorvino. Una figura per lo più sconosciuta e poco celebrata. Invece, alcuni recenti studi ne hanno sottolineato l'importanza missionaria e l'elevata statura morale. Nel 1289, dopo aver riferito a Papa Niccolò iv della sua missione in Armenia, in Persia e in alcune regioni del Medio Oriente, Giovanni da Montecorvino partì per raggiungere l'Asia orientale e, in particolare, per fare visita al Gran Khan della Cina, Kubilai, al quale portava alcune lettere pontificie. Nel 1294 arrivò a Khambalik, l'attuale Pechino, dove fu accolto con grandi onori quale legato di Roma, da Timur, succeduto a Kubilai, e rimase nella capitale del Celeste Impero per ben 35 anni facendo costruire chiese, conventi e due istituti, simili a dei seminari, dove alcuni bambini cinesi vennero istruiti alla conoscenza del latino, della liturgia e del canto e, soprattutto, fatto assolutamente non secondario, traducendo il Nuovo Testamento e il Salterio. Giovanni da Montecorvino può dunque a ben diritto essere considerato uno dei fondatori della Chiesa cattolica in Cina e il precursore dell'attività missionaria francescana.

Sulla scia dell'opera tracciata da Giovanni da Montecorvino, si colloca l'azione svolta da Odorico da Pordenone, anch'esso francescano, il quale, riuscendo a congiungere una esemplare vita austera con un instancabile zelo missionario, si meritò l'appellativo di "apostolo dei cinesi".

Dopo alcuni secoli di stallo, la rinascita della presenza cattolica in Cina si deve soprattutto all'opera di Matteo Ricci che svolse la sua opera di evangelizzazione nel grande paese orientale a cavallo tra il XVI e il XVIi secolo. La sua azione in Cina, al tempo della dinastia Ming, dal 1582 alla morte, nel 1610, ha segnato indubbiamente la ripresa del cattolicesimo cinese. Una delle caratteristiche del metodo di apostolato del Ricci fu uno sforzo continuo di mettere in pratica le parole dell'Apostolo Paolo, "mi son fatto tutto a tutti" che reinterpretò in una nuova declinazione:  "Farsi cinese con i cinesi". Le linee-cardine sulle quali Ricci impostò la sua opera straordinaria furono a un tempo semplici quanto importanti:  al rispetto per i valori spirituali del Celeste  Impero  coniugò  la conoscenza della cultura e della lingua cinese; all'opera di apostolato e cura delle classi colte combinò l'esercizio della carità cristiana.

Tutte queste esperienze che ho brevemente riportato, confluiscono nell'opera missionaria dell'ultimo "grande italiano" che ho citato all'inizio, Celso Costantini.

Arrivò in Cina per la prima volta nel 1922 e si fermò nel grande Paese-continente asiatico fino al 1933 in qualità di primo Delegato Apostolico. Nonostante fosse poi rientrato in Italia e avesse assunto per moltissimi anni la segreteria di Propaganda Fide, Costantini lasciò in eredità all'oriente una missione che sarebbe sopravvissuta alla sua persona - allargandosi e consolidandosi negli anni successivi - e riassumibile, come ha evidenziato giustamente monsignor Bruno Fabio Pighin, in un motto che parafrasa la notissima dottrina Monroe, "la Cina ai cinesi".

Una delle grandi difficoltà che incontrò Costantini fu il cosiddetto "feudalesimo territoriale" o se si vuole l'"occidentalismo", che conferiva al cristianesimo in Cina "la falsa caratterizzazione di religione straniera, legata agli interessi espansionistici occidentali e contraria al bene della Cina". Per scardinare quest'immagine sbagliata - che però veniva alimentata dal "protettorato francese" - Costantini pensò bene che l'unica forma di sopravvivenza per il presente e di propagazione per il futuro fosse la creazione di una Chiesa cattolica veramente cinese e diffusa sul territorio.

Una bellissima immagine a cui ricorre Costantini per descrivere la difficile situazione della Chiesa in Cina è quella della "piantagione". Il porporato friulano, il 10 marzo 1924, scrisse che dopo tre secoli di lavoro "non si è riusciti" a "piantare la Chiesa", cioè a stabilire "la gerarchia cinese". E ancora:  "Invece di piantare un seme, si trapianta un albero adulto con tutto il suo fogliame". Quello che appare a Costantini come "un fallimento dell'opera missionaria" si trasformò, per l'appunto, nel punto principale del suo mandato in Cina. Costantini seminò e i frutti vennero raccolti nel 1946 quando venne costituita in forma stabile la gerarchia episcopale in Cina che può dirsi, senza dubbio, l'apice della strategia di monsignor Costantini.

Dopo l'ordinazione dei primi sei vescovi cinesi, avvenuta a Roma il 28 ottobre 1926, infatti, si effettuò la prima nomina di nuovi vescovi autoctoni, che gradualmente presero il posto di molti prelati di origine occidentale, fino a quando, nel 1946, il processo poté dirsi compiuto con la nascita di una Chiesa cinese che si radicava nel territorio del grande Paese orientale, che si fondava su un clero indigeno e che, pur rimanendo fedele e obbediente al magistero petrino, non era più rappresentata come una longa manus che agiva per conto di Roma. Naturalmente la natura epocale dei progetti costantiniani ebbero delle ovvie ripercussioni che si tradussero in una serie di attacchi pubblicati contro di lui tra il 20 marzo e il 12 giugno 1930 nel Journal de Pékin. In difesa di Costantini si schierò pubblicamente "L'Osservatore Romano" del 29 giugno 1930.

Nonostante la partenza dalla Cina nel 1933, l'influenza del cardinale Costantini sul grande Paese asiatico continuò a sentirsi anche con l'esercizio delle sue funzioni nella Curia Romana. La nuova strategia, basata sul superamento del "colonialismo" religioso, rifletteva infatti un disegno generale che metteva sotto accusa il colonialismo politico dell'occidente e anticipava un pensiero sempre più diffuso tra l'opinione pubblica occidentale e tra le classi dirigenti. In questo contesto, il superamento del problema plurisecolare dei "riti cinesi" e la traduzione della liturgia latina nelle lingue indigene sono due fra i più importanti risultati dell'azione costantiniana. Un'azione la cui autorevolezza presso il governo del più grande Stato dell'Asia viene emblematicamente sottolineata nell'ottobre del 1939 quando un diplomatico cinese si rivolse direttamente a lui e non direttamente alla Segreteria di Stato della Santa Sede per "favorire da parte della Santa Sede la pace tra la Cina e il Giappone".
 
Anche se, come abbiamo detto, le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica cinese furono stabilite nel 1942 quando Costantini aveva lasciato il Paese asiatico da nove anni e solamente nel 1946 arrivò a Pechino l'Internunzio apostolico, l'azione del porporato friulano, sulla base anche dei documenti inediti conservati presso l'Archivio della Santa Sede e studiati dal professore Felicetto Gabrielli, ci permettono di tracciare un affresco dell'opera politica di Costantini e di valorizzarne, ancor di più, la sua efficacia.

Infatti, fu solamente la lungimiranza e la tempra d'uomo, prendendo a prestito due delle qualità che dovrebbe avere il "politico" secondo Max Weber - la terza era il "distacco dalle cose" - che gli permisero di muoversi con intelligenza e saggezza in un terreno reso difficilissimo anche a causa della resistenza della Francia che difendeva con forza il proprio status. Il porporato friulano riuscì a muoversi in un ginepraio di interessi e di posizioni politiche consolidate attraverso quello che è stato definito, in questo volume, come il "metodo Costantini", ovvero l'instaurazione graduale di una serie di rapporti politici che prevedevano l'accordo su singole questioni.

Il cosiddetto "metodo costantiniano" si basava sulla prudens qualitas dell'azione da Delegato apostolico e sulla non interferenza sulle questioni politiche cinesi. "Ho creduto opportuno di non dover accreditare in alcun modo il sospetto che la religione sia uno strumento politico messo al servizio delle nazioni europee" annotò nel suo diario monsignor Costantini. Una sottolineatura non secondaria, riferita direttamente al console francese, e centrale nell'azione del porporato friulano.
Il Delegato Apostolico, infatti, non solo non si occupò "minimamente delle cose interne della China" ma riconobbe l'autorità statuale cinese "secondo la dottrina di san Paolo" e pregando "per il bene spirituale e anche materiale della China".

Il Delegato Costantini ideò quella che lui stesso chiamerà "soluzione intermedia":  "La Santa Sede avrebbe riconosciuto giuridicamente la sovranità politica della Cina, mentre la Cina quella della gerarchia cattolica con a capo il romano Pontefice, così che sarebbe stata garantita la libertà di esercizio del sacro ministero". Quelle che potrebbero sembrare due sconfitte politiche - ovvero i due tentativi falliti di stipulare delle convenzioni parziali tra Santa Sede e Cina nel 1926 e nel 1929 - rappresentarono, in realtà, il degno preludio, una sorta di necessario e doloroso preambolo alle lettere credenziali del primo Ambasciatore cinese che Pio XII ricevette in Vaticano il 25 febbraio 1943.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 ottobre 2010)
Caterina63
00lunedì 11 ottobre 2010 23:56
[SM=g1740722] Cina: entrati nel vivo i festeggiamenti del mese missionario e del Rosario


La comunità cattolica continentale sta vivendo il mese di ottobre, mese del Rosario e mese missionario, con diverse iniziative che esprimono la vita di fede e la spiritalità dei singoli fedeli e delle comunità. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, il 7 ottobre è stata celebrata in tutte le comunità la grande festa della Madonna del Rosario. Soprattutto nella parrocchia di Che Fu Bin della città di Hai Ning, nella diocesi di Hang Zhou, provincia di Zhe Jiang, che è dedicata alla Madonna di Rosario, circa 400 fedeli hanno partecipato alla solenne Santa Messa presieduta dal Parroco.

I festeggiamenti si sono conclusi con uno spettacolo di fuochi artifici. La parrocchia di Che Fu Bin gode di una lunga e gloriosa storia missionaria che risale al 1800. Costruita nel 1850, è stata ampliata negli anni seguenti con la residenza dei sacerdoti, il convento delle suore, l’alloggio dei laici, una biblioteca, l’ospedale intitolato alla Madonna del Rosaria.

Quindi è stata indicata come “il cuore” della Chiesa di Jia Xing, la zona settentrionale della provincia di Zhe Jiang. La diocesi di Hang Zhou conta oltre 207.000 fedeli, con una ventina di sacerdoti, 30 religiose, 20 seminaristi, 10 parrocchie, e la congregazione diocesana del Sacro Cuore di Gesù. La sua storia risale al 1600, con i missionari gesuiti, domenicani e poi lazzaristi. Qui si trova anche la tomba del famoso missionario gesuita p. Martino Martini. (M.G.)



[SM=g1740750] [SM=g1740752]

Caterina63
00venerdì 29 ottobre 2010 21:36

Mons. Malcom Ranjith alla carica per il rinnovamento liturgico nella sua arcidiocesi di Colombo

Mons. Ranjith alla conclusione del 175° anniversario del Santuario Antoniano di Colombo

L'arcivescovo di Colombo, Malcom Ranjith, con una recente lettera circolare, ha proclamato dall'agosto 2010 all'agosto 2011 un "anno dell'Eucaristia" per la sua arcidiocesi. Il card. Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, si recherà in Sri Lanka per l'apertura ufficiale dell'Anno Eucaristico, il 29 agosto, presso la grande Basilica di Nostra Signora di Lanka a Tewatte.
Testi originali in inglese e foto si possono trovare
qui, nel sito dell'Arcidiocesi di Colombo. (Un grazie a Rorate Coeli che ha diffuso la notizia). C'è una traduzione completa in spagnolo su questo autorevole blog.

                                           

Ecco, in sintesi, alcuni obiettivi e alcuni indirizzi che Mons. Malcom si propone per quest'anno:

1) Unire la devozione eucaristica all'animazione sociale, ricordando il forte e inscindibile legame tra l'eucaristia celebrata, la carità vissuta e la giustizia sociale perseguita fino all'amore e tutela dell'ambiente (da cui traiamo il pane e il vino che diventano il Corpo e Sangue di Cristo). La proposta è una vita autenticamente eucaristica in tutti i suoi aspetti.

2) "Aiutati e ispirati dalla teologia e spiritualità dell'Eucaristia noi desideriamo accogliere la normativa della celebrazione della liturgia, non come qualcosa che ci viene imposto, ma come qualcosa che scaturisce naturalmente dal mistero che dobbiamo difendere, custodire e salvaguardare."
Per questo ricorda la recente pubblicazione di un manuale per sacerdoti, religiosi e laici dal titolo Liturgical Guardian per la diocesi di Colombo, un testo dove si riassumono le norme e i significati di esse per la celebrazione degna e devota della santa liturgia. [Ne ho avuto una copia da mons. Ranjith nel viaggio fatto in Sri Lanka a marzo: si tratta di un libretto molto chiaro, stringato, un po' asciutto secondo i nostri canoni italiani, con molte precisazioni di diritto riguardo le offerte della Santa Messa, oltre che regolamentazione liturgica della celebrazione].
Scrive a questo proposito l'arcivescovo: "Si prega di tener fede alla normativa (espressa nel sussidio Liturgical Guardian) fedelmente, senza cercare di attuare visioni e opinioni personali. Coloro che desiderano fare le cose come vogliono loro mettono se stessi al posto di Dio, e questo è auto-idolatria. Durante quest'anno ci concentreremo specialmente nei confronti dell'eliminazione di tutte le pratiche erronee in merito alla celebrazione della Santissima Eucaristia, i sacramenti e la Liturgia delle Ore"
Un forte richiamo a praticare una diffusa istruzione e formazione liturgica a tutti i livelli è elevato dal prelato Srilankese. Non solo per i laici, ma per sacerdoti e seminaristi: "Mi appello a tutti i rettori dei seminari, gli amministratori dei santuari dell'arcidiocesi, ai superiori degli istituti e ai direttori dell'apostolato  perchè cooperino in modo speciale a questo sforzo. Mentre non trascuriamo altri campi di impegno, in queste questioni non possiamo tollerare abusi liturgici". Interessante, poi, il richiamo esplicito che viene fatto ai religiosi, a cui si ricorda che non sono affatto esenti dall'implementare anch'essi, nelle loro case e chiese, le leggi liturgiche accettate nell'Arcidiocesi di Colombo.

Il pezzo forte lo troviamo al num. 2.3 che vi riporto integralmente:

"Verrà fatto uno sforzo, nel corso di quest'anno, per rendere comuni i canti popolari in latino. Con questo obiettivo in mente il coordinatore diocesano per la Liturgia, il sig. Francesco D'Almeida organizzerà prove di canto in tutti i 15 decanati e insegnerà a tutti i cori alcuni canti latini di base che possono essere utilizzati nelle parrocchie e negli istituti. Una volta che queste sessioni di prove saranno state fatte, le parrocchie potranno cantare almeno il Kyrie, Gloria, Sanctus e Agnus Dei nelle Messe parrocchiali della prima Domenica del mese. Il num. 36 della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium) espone con chiarezza i princìpi stabiliti a questo riguardo. Il Latino rimane ancora la principale lingua liturgica della Chiesa. In Sri Lanka abbiamo fatto un errore ad abbandonare del tutto il linguaggio della nostra liturgia [bisogna pensare che in Sri Lanka ci sono tre lingue che coesistono Cingalese, Tamil e Inglese e le celebrazioni a Colombo devono spesso essere plurilingue per non scontentare nessuno, finendo per essere lunghissime e verbose]. Che questo Anno Eucaristico sia un'occasione per noi per resuscitare,almeno in parte, questa tradizione smarrita. Faccio appello a tutti i sacerdoti, religiosi e laici a collaborare.

Desidero inoltre affermare che, come indicato nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, i sacerdoti e le istituzioni sono ormai autorizzati a celebrare, dove è opportuno, la Messa tridentina e i sacramenti in quel rito. In questo caso è meglio che i fedeli siano preparati per questo in anticipo. Mi auguro di celebrare io stesso una solenne Eucaristia in questo rito nel prossimo futuro presso la Cattedrale dell'Arcidiocesi."

Il num. 2.4 della lettera, poi, affronta i nodi (per quanto ho potuto vedere molto urgenti in Sri Lanka) della costruzione delle Chiese e soprattutto delle vesti, vasi, lini liturgici. Particolari non da poco, e che chiariscono la concretezza di Mons. Ranjith. Sembra di sentire un'eco dei richiami di San Francesco ai sacerdoti per gli stessi identici motivi: la bellezza e la pulizia di altari e chiese è la forma esterna della fede nella presenza reale:
"La sotto-commissione per l'Arte Sacra e l'Architettura è stato autorizzato ad individuare alcune chiese per il miglioramento dei presbiteri. Mi rivolgo ai sacerdoti perchè non diano inizio a restaurare o cambiare nulla senza il permesso e la supervisione di questa sotto-commissione. Essa è stato recentemente ricostituita ed è diretta dal Rev. P. Cecil Joy Perera, coordinatore della liturgia. Allo stesso tempo, l'ars celebrandi ci richiede che pensiamo seriamente ai paramenti per la Messa, alla biancheria per l'altare, i vasi sacri e le vesti liturgiche per i vari ministeri liturgici. Che l'Anno della santa Eucaristia sia un'occasione per migliorare tutti questi aspetti della nostra celebrazione"
logo dell'Anno Eucaristico di Colombo


Testo presto da: http://www.cantualeantonianum.com/2010/07/mons-malcom-ranjith-alla-carica-per-il.html#ixzz13mJf33Cq





Caterina63
00giovedì 18 novembre 2010 14:41
VATICANO - CINA

La Santa Sede contro un’ordinazione episcopale illecita e la violenza sui vescovi


Il governo prepara la cerimonia per il 20 novembre e ha sequestrato due vescovi per obbligarli a partecipare. Il Vaticano denuncia “gravi violazioni alla libertà religiosa e di coscienza”. Un ricatto in previsione dell’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici, un organismo “inconciliabile” con la fede cattolica, a cui i vescovi non vorrebbero partecipare

Città del Vaticano (AsiaNews)

Duro attacco del Vaticano contro un’ordinazione episcopale illecita che dovrebbe tenersi il 20 novembre prossimo e contro le costrizioni poste ad alcuni vescovi in comunione col papa a partecipare alla cerimonia.

In un
comunicato diffuso oggi dalla Sala stampa vaticana, si afferma che “la Santa Sede è disturbata da notizie provenienti dalla Cina in cui si afferma che alcuni vescovi in comunione col papa sono forzati da rappresentanti del governo a partecipare a una ordinazione episcopale illecita a Chengde, nordest dell’Hebei e che si dice programmata intorno al 20 novembre”.

Da diversi giorni sacerdoti dell’Hebei affermano di aver perso i contatti con almeno due vescovi della zona, mons. Pietro Feng Xinmao di Hengshui (Jingxian) e mons. Giuseppe Li Liangui di Cangzhou (Xianxian). I sacerdoti sono certi che questo significa che il governo li ha sequestrati per obbligarli a partecipare a un’ordinazione episcopale non approvata Santa Sede. Di questa possibile ordinazione, AsiaNews aveva già avuto notizie alcuni mesi fa.

Il comunicato vaticano afferma che “se queste notizie sono vere, la Santa Sede considera tali azioni come gravi violazioni alla libertà di religione e di coscienza” e aggiunge che tale ordinazione è “illecita e dannosa alle relazioni costruttive che sono state sviluppate negli ultimi tempi fra la Repubblica popolare cinese e la Santa Sede”.

Il candidato dell’ordinazione illecita è p. Giuseppe Guo Jincai (v. foto), ordinato nel ’92 e sempre coccolato dal regime. Egli diverrebbe vescovo di Chegde (Hebei). P. Guo è stato professore al seminario nazionale di Pechino ed è vice segretario generale dell’Associazione patriottica, oltre che rappresentante cattolico dell’Assemblea nazionale del popolo, il “parlamento” di Pechino.

Il comunicato vaticano conferma che per la Santa Sede “p. Giuseppe Guo Jincai non ha ricevuto l’approvazione del Santo Padre per essere ordinato come vescovo della Chiesa cattolica”.

Il comunicato fa presente che “la Santa Sede, desiderosa di sviluppare rapporti positivi con la Cina, ha contattato le autorità cinesi sulla questione e ha messo in chiaro la sua posizione”.

Pur con deferenza, il comunicato è molto netto. Secondo testimonianza raccolte dall’agenzia Ucan, sono stati proprio alcuni sacerdoti di Hengshui a chiedere alla Santa Sede di intervenire condannando l’ordinazione illecita e la partecipazione (forzata) dei vescovi. In più, vi sono diversi vescovi della regione che con varie minacce sono sollecitati a partecipare.

Da circa quattro anni il governo e l’Associazione patriottica non imponevano più ordinazioni illecite. Nel 2006, una serie di tre ordinazioni senza il permesso della Santa Sede ha provocato una dura reazione del Vaticano. Da allora vi sono state molte ordinazioni episcopali – 10 solo in quest’anno – ma in cui il candidato era quello designato dalla Santa Sede, accolto poi dagli organismi diocesani e riconosciuto dal governo.

È probabile che l’ordinazione episcopale illecita sia una minaccia verso la Santa Sede che lo scorso marzo ha diffuso un comunicato in cui chiedeva ai vescovi di evitare “di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa”.

Associazione patriottica e governo stanno preparando l’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici cinesi, un organismo le cui finalità sono definite dal papa come “inconciliabili” con la Chiesa cattolica. Per il suo successo, occorre che tutti i vescovi vi partecipino, ma la Santa Sede è contraria (v. AsiaNews.it, 17/11/2010 “Entro la fine dell’anno” l’Assemblea dei cattolici cinesi). Il ricatto allora è: o voi partecipate o riempiamo la Cina di vescovi patriottici indipendenti dal papa. In Cina vi sono circa 20 diocesi senza vescovo o con pastori molto anziani che dovrebbero essere già in pensione.



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Santa Sede su ordinazione episcopale illecita in Cina: violazione della libertà di religione e di coscienza

“La Santa Sede è rammaricata per le notizie provenienti dalla Cina continentale secondo cui un certo numero di vescovi in comunione con il Papa sono costretti dai funzionari del governo a partecipare ad una ordinazione episcopale illecita a Chengde, nel nord-est dell’Hebei, prevista intorno al 20 novembre”.

E’ quanto ha affermato oggi il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi rispondendo alle domande dei giornalisti sull’argomento. “Se queste notizie fossero vere – ha detto il portavoce vaticano – allora la Santa Sede riterrà queste azioni come gravi violazioni della libertà di religione e della libertà di coscienza. Inoltre – ha proseguito – una tale ordinazione sarà considerata illecita e dannosa per le relazioni costruttive che si sono sviluppate negli ultimi tempi tra la Repubblica Popolare della Cina e la Santa Sede”. Padre Lombardi ha quindi confermato che il sacerdote in questione, “padre Joseph Guo Jincai, non ha ricevuto l’approvazione del Santo Padre ad essere ordinato vescovo della Chiesa cattolica. La Santa Sede – conclude il direttore della Sala Stampa – desiderosa di sviluppare relazioni positive con la Cina, ha contattato le autorità cinesi su tale questione manifestando chiaramente la propria posizione”.

Radio Vaticana 

 
Caterina63
00mercoledì 8 dicembre 2010 00:35
[SM=g1740720] GRAVISSIMA SITUAZIONE E TENSIONE DELLA CINA CONTRO IL VATICANO....

di Andrea Tornielli

Cari amici, dalla Cina arrivano ancora brutte notizie: in vista dell’Assemblea Nazionale dei Delegati Cattolici cinesi che si apre oggi a Pechino - e che avrà il compito di eleggere sia i responsabili della Conferenza episcopale (non riconosciuta in quanto tale dalla Santa Sede) sia i nuovi dirigenti dell’Associazione Patriottica, cioè dell’organizzazione filo-governativa che pretende di controllare la Chiesa cattolica cinese e di nominare i vescovi senza il mandato del Papa – si stanno verificando nuove pressioni e violenze sui vescovi. Per costringerli a partecipare.

Negli ultimi giorni alcuni vescovi sono stati sottoposti a pressioni, altri vengono prelevati con la forza dalla polizia. «Il vescovo ufficiale di Hengshui – denuncia l’agenzia AsiaNews – è stato prelevato e trattenuto in isolamento mentre anche il vescovo di Cangzhou, è sotto la minaccia di un ordine di cattura che lo addita come un pericoloso criminale ricercato». In un caso un’ottantina di fedeli hanno cercato di fare scudo al loro pastore, ma la carica della polizia ha avuto la meglio.

L’Associazione Patriottica vuole costringere i vescovi in comunione con Roma a partecipare alle elezioni di questo organismo che Benedetto XVI, nella sua lettera ai cattolici cinesi, ha definito «incompatibile con alla fede cattolica». La nuova crisi nei rapporti tra Cina e Vaticano si è aperta lo scorso 20 novembre, con l’ordinazione episcopale illegittima del vescovo di Chengde, Giuseppe Guo Jincai.

Con una nota ufficiale, la Segreteria di Stato qualche giorno dopo aveva bollato la mossa come una «dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica» ed ha denunciato che contro i cattolici cinesi si verificano «pressioni e restrizioni» che «costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza». Altrettanto dura era stata reazione della Cina, che a sua volta aveva accusato il Vaticano di «limitare la libertà» religiosa.

E’ molto probabile che quasi tutti gli otto vescovi partecipanti alla consacrazione illegittima, della quale per la prima volta in mezzo secolo la Santa Sede ha messo in dubbio la validità, siano stati costretti a farlo. Proprio questa sarebbe la possibile causa di invalidità.

Erano quattro anni che in Cina non avvenivano ordinazioni di vescovi illegittimi, dato che le ultime dieci nomine episcopali erano state tacitamente concordate tra le autorità cinesi e quelle vaticane. Ora i rapporti tra la Santa Sede e il governo cinese sembrano ripiombare nell’incomprensione, nonostante sembrasse vicino un accordo che avrebbe permesso di porre fine alle ordinazioni illegittime attraverso una procedura concordata.

Un accorata e preoccupata analisi della situazione cinese era stata proposta ai cardinali lo scorso 19 novembre, durante il concistoro, dal cardinale Joseph Zen Zekiun, vescovo emerito di Hong Kong, che aveva denunciato il permanere di un “controllo asfissiante e umiliante da parte di organismi che non sono della Chiesa – Associazione patriottica e Ufficio affari religiosi”.

Il rischio connesso a questa nuova crisi è che si ripiombi nel clima di dieci anni fa, e che si fomentino le divisioni tra la Chiesa cosiddetta clandestina (che rifiutando di sottomettersi all’Associazione Patriottica svolge il suo ministero in forma sotterranea) e quella cosiddetta ufficiale (i cui vescovi, pure perseguitati a lungo dal regime, hanno scelto di venire allo scoperto).

E’ importante ricordare che in Cina non esistono due Chiese, ma una sola, e che sarebbe una visione sbagliata considerare gli “ufficiali” come semplicemente collaborazionisti del regime. E’ importante ricordare che la stragrande maggioranza dei vescovi cinesi, anche quelli a suo tempo conscrati illegittimamente, hanno chiesto e ottenuto la comunione con il Papa.

Le pressioni e le violenze in atto, le intimidazioni e i sequestri, ci dicono quanto sia difficile la situazione in quel grande Paese e come non sia facile esprimere giudizi dal di fuori. Non l’ha voluto fare nemmeno la Santa Sede, che dopo l’ordinazione illecita di Jincai ha ricordato la pena canonica della scomunica per le ordinazioni episcopali illegittime, ma si è riservata di compiere approfondite indagini per valutare quanto abbiano pesato le costrizioni e le minacce sui vescovi che vi hanno preso parte.

Aveva detto a questo proposito il cardinale Zen, parlando ai confratelli cardinali alla vigilia dell’ordinazione illegittima: “Cari fratelli, suppongo che siate informati degli ultimi fatti: stanno tentando di nuovo di fare un’ordinazione episcopale senza mandato pontificio. Per questo hanno sequestrato dei vescovi, messo pressione su altri: sono gravi offese alla libertà religiosa e alla dignità personale”.


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CINA - VATICANO

Vescovi cinesi deportati per partecipare all’Assemblea patriottica

di W. Zhicheng - Z. Yuan

Il raduno, inconciliabile con la fede dei cattolici, dovrebbe eleggere i presidenti dell’Associazione patriottica e del Consiglio dei vescovi. Alcuni prelati si sono nascosti per non parteciparvi; altri sono stati portati contro la loro volontà. Il vescovo di Hengshui, sequestrato e strappato alla difesa dei fedeli, è stato portato a Pechino.

Pechino (AsiaNews)

Fonti di AsiaNews affermano che decine di vescovi della Chiesa ufficiale sono stati deportati a forza nella capitale per costringerli a partecipare all’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, che secondo il papa è inconciliabile con la fede cattolica.

L’Assemblea si è aperta oggi a Pechino ed è circondata dal segreto e da un profilo basso: è impossibile contattare chiunque e perfino la Xinhua non ha dato alcuna notizia dell’evento. Essa dovrebbe portare all’elezione del presidente nazionale dell’Associazione patriottica e del presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, due organismi inaccettabili per i cattolici perché mirano all’edificazione di una Chiesa indipendente, staccata dal papa. “È solo una riunione per una nuova tornata di leader”, ha spiegato Liu Bainian, vicepresidente dell’Ap e regista dell’Assemblea. In realtà, il raduno è “l’organismo sovrano” della Chiesa ufficiale cinese, in cui i vescovi sono una minoranza, fra rappresentanti cattolici e governativi. In essa si prendono decisioni ecclesiali a colpi di elezioni manipolate. Prima del raduno di oggi, tutti i partecipanti hanno ricevuto da Liu Bainian le indicazioni di cosa fare e di cosa votare.

L’Assemblea è stata rimandata per almeno quattro anni perché i vescovi ufficiali, in obbedienza alle indicazioni della Santa Sede, hanno sempre rifiutato di parteciparvi.

Fonti di AsiaNews comunicano che molti vescovi da diverse province, per evitare di essere trascinati a Pechino, si sono nascosti o si sono dati per malati. Altri sono stati presi da rappresentanti governativi e trascinati all’Assemblea contro il loro volere. Altri ancora, che sapevano di non poter sfuggire, hanno accettato di venire a Pechino, ma hanno deciso di non concelebrare le messe all’Assemblea, essendo presenti alcuni vescovi scomunicati.

Le stesse fonti affermano che vi sono comunque vescovi che non hanno opposto alcuna resistenza. La diocesi di Pechino, nel suo bollettino, ha pubblicato due articoli per onorare l’evento.
Le violenze più gravi ed evidenti sono avvenute a Hengshui (Hebei), dove mons. Feng Xinmao è stato sequestrato da circa 100 poliziotti e rappresentanti del governo, che hanno lottato per ore contro i fedeli e i sacerdoti che facevano scudo al vescovo per garantirgli la libertà. Negli scontri un fedele è stato ferito alla spalla. Nei giorni scorsi il vescovo era stato tenuto in isolamento, lontano dalla sua casa. I fedeli erano riusciti a strapparlo al controllo dei poliziotti e a portarlo in episcopio. Dopo ore di assedio, il vescovo è stato di nuovo sequestrato e ieri sera alle 20.30, mons. Feng Xinmao è stato trascinato a Pechino per partecipare all’Assemblea. Uno dei fedeli, piangente, mentre il vescovo si allontanava scortato, ha commentato: “Il nostro povero vescovo non ha alcuna libertà”.

Un altro prelato, mons. Li Lianghui di Cangzhou (Hebei) è scomparso per sfuggire all’incontro di Pechino. La polizia ha minacciato la diocesi che se il vescovo non si consegna, sarà ricercato in tutto il Paese come “un pericoloso criminale”.

L’Assemblea e la deportazione dei vescovi gettano un’ombra buia sui rapporti fra Cina e Vaticano, dopo anni di stand by. La situazione è precipitata nelle scorse settimane, dopo l’ordinazione illecita di p. Guo Jincai a vescovo di Chengde, lo scorso 20 novembre. In essa, l’Ap ha obbligato otto vescovi ufficiali a prendere parte alla cerimonia, contro il volere della Santa Sede che ha condannato l’accaduto come “una grave violazione alla libertà religiosa”.


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da Avvenire del 7.12.2010




Tra Cina e Santa Sede
aumenta la tensione

La Chiesa cinese ha aperto oggi la sua Assemblea Nazionale per eleggere i dirigenti dell'Associazione dei cattolici patriottici e del Consiglio dei vescovi, organismi che riconoscono come autorità suprema il governo di Pechino e non la Santa Sede. Secondo l'agenzia Asianews le autorità hanno esercitato pesanti pressioni sui vescovi per costringerli a partecipare alla riunione che il Vaticano ha invitato invece a disertare. A fine novembre la Santa Sede aveva duramente criticato l'ordinazione "unilaterale" di Guo Jincai - 42 anni, un prete attivo nell' Associazione dei cattolici patriottici - a vescovo della città di Chengde, nel nord della Cina. Quella di Guo è stata la prima ordinazione fatta senza il consenso del Vaticano dopo quattro anni di collaborazione (il governo cinese e la Santa Sede non hanno formali relazioni diplomatiche dal 1951, quando il nunzio apostolico fu costretto ad abbandonare la Cina e a trasferirsi a Taiwan).

Già nella nota di protesta diffusa dalla Santa Sede il  24 novembre, in seguito all'ordinazione di Guo Jincai, si leggeva che molti esponenti della Chiesa cinese sono stati sottoposti a «pressioni e a restrizioni della propria libertà di movimento, allo scopo di forzarli a partecipare e a conferire l'ordinazione episcopale. Tali costrizioni, compiute da autorità governative e di sicurezza cinesi, costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza».

Liu Bainian, il vicepresidente dell' Associazione dei cattolici patriottici, chiamato in causa dal Vaticano per sue attività che «danneggiano la Chiesa e le sue relazioni con la Cina», ha minimizzato l'importanza dell' Assemblea. «È semplicemente l' elezione di un nuovo gruppo dirigente», ha affermato rifiutandosi di aggiungere altro. Feng Xinmao, vescovo di Hengshui (Cina del nord) è stato prelevato di forza dalla sua residenza e portato in una località nei pressi di Pechino. Un altro  vescovo, Li Lianggui di Canzhou, si è nascosto ed è attivamente ricercato dalla polizia.

L'Assemblea, che si protrarrà fino a giovedì e si svolge nella semi-segretezza, deve scegliere i successori di Fu Tienshan, presidente dell' Associazione patriottica morto nel 2007 e di Liu Yuanren, presidente del Consiglio dei vescovi deceduto nel 2005.


Pechino, pugno di ferro
Retate contro i vescovi

Bernardo Cervellera da Avvenire 7.12.2010

Monsignor Feng Xinmao, vescovo ufficiale di Hengshui è stato sequestrato da 100 poliziotti e portato di forza a Pechino. Decine di fedeli hanno cercato di salvarlo dalle grinfie dei poliziotti, che hanno assediato per ore la casa del prelato.
 
L’atto di forza, che ricorda i tempi di Mao e della Rivoluzione culturale vuole obbligarlo a partecipare all’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi che si tiene da oggi nella capitale.
L’Assemblea, che è «l’organismo sovrano» della Chiesa, dovrebbe eleggere i presidenti dell’Associazione Patriottica (Ap) e del Consiglio dei vescovi, due organismi che il Papa definisce contrari alla fede cattolica, perché miranti a creare una Chiesa indipendente da Roma.

Nel marzo scorso, la Commissione vaticana per la Chiesa in Cina ha chiesto ai vescovi cinesi di evitare «di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa, che li ha nominati Pastori, e creano difficoltà, a volte angoscianti, in seno alle rispettive comunità ecclesiali». Seguendo le indicazioni della Santa Sede, molti vescovi e responsabili ecclesiali non vogliono parteciparvi, ma il governo li sta forzando a prendere parte al raduno.

Per convocare almeno qualche prelato, l’Ap ha messo agli arresti domiciliari alcuni dei vescovi che hanno partecipato all’ordinazione illecita di Chengde, lo scorso 20 novembre. Per quella occasione, otto vescovi erano stati sequestrati e obbligati a partecipare alla cerimonia, condannata dalla Santa Sede come «una grave violazione alla libertà religiosa».

Da dopo l’ordinazione illecita, monsignor Feng Xinmao era stato costretto a vivere in isolamento, senza poter vedere alcun fedele, sotto il controllo della polizia. In questi giorni è morto un sacerdote molto anziano e lui ha chiesto di poter almeno celebrare i funerali. La polizia prima ha rifiutato, poi, dietro la minaccia del vescovo di attuare uno sciopero della fame, gli è stato concesso di presiedere alla messa funebre. Alla fine delle esequie i fedeli e i suoi sacerdoti lo hanno preso e portato nell’episcopio, da dove mancava da quasi un mese e si sono messi a guardia del loro vescovo perché non venisse ancora portato in isolamento.
La polizia e rappresentanti del governo, con almeno 30 camionette, ha assediato l’episcopio e dopo diverse ore è riuscito a prendere il vescovo e a trasferirlo a Pechino. Negli scontri vi sono stati alcuni feriti. Uno dei fedeli, piangendo, ha commentato ad AsiaNews: «Il nostro povero vescovo non ha alcuna libertà». In diverse altre diocesi si registrano pressioni e “deportazioni” a Pechino dove vescovi e responsabili laici saranno costretti a partecipare all’Assemblea.

Un altro episodio di violenza riguarda il vescovo monsignor Li Lianggui di Cangzhou. Dopo l’ordinazione illecita, il prelato è scomparso, forse perché non vuole di nuovo costretto a partecipare all’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi. La polizia, dopo averlo ricercato nel territorio diocesano, ha minacciato tutti i fedeli: o il vescovo ritorna sotto il loro controllo, o diramerà un ordine di cattura in tutta la Cina, additandolo come «un pericoloso criminale ricercato».

Nei giorni scorsi Benedetto XVI aveva lanciato un appello per la Chiesa cinese che «sta vivendo momenti particolarmente difficili». Egli ha pure domandato ai fedeli di tutto il mondo di pregare per «tutti i vescovi cinesi, a me tanto cari, affinché testimonino la loro fede con coraggio, riponendo ogni speranza nel Salvatore che attendiamo».




Caterina63
00venerdì 18 febbraio 2011 19:11

India: l'epicentro della persecuzione anticristiana ha un nuovo Vescovo


Zio di una suora stuprata dagli etremisti


di Inma Álvarez


BHUBANESWAR, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Venerdì 11 febbraio, il Vaticano ha diffuso la nomina, da parte di Papa Benedetto XVI, del Vescovo John Barwa, di 55 anni, come nuovo Arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, dopo la rinuncia di monsignor Raphael
Cheenath per motivi di età.

Si tratta di una nomina molto importante, visto che l'Arcidiocesi è stata l'epicentro degli attacchi ai cristiani da parte di estremisti induisti negli ultimi anni, soprattutto tra il luglio e l'agosto 2008 (cfr.
ZENIT, 17 settembre 2008). L'allora Arcivescovo, monsignor Cheenath, ha ricevuto gravi minacce di morte.

Ancor più rilevante, tuttavia, è il fatto che il nuovo pastore di Cuttack-Bhubaneshwar è lo zio di suor Meena Barwa, una religiosa che lavorava al Centro Sociale Divyajyoti dell'Arcidiocesi ed è stata brutalmente stuprata da vari estremisti che hanno attaccato e incendiato la struttura (cfr.
ZENIT, 29 luglio 2010).

Il caso di suor Meena, portato in tribunale, è diventato il simbolo della richiesta di giustizia alle autorità di fronte alle violenze anticristiane.

Lo stesso monsignor Barwa, in un'intervista concessa ad
AsiaNews, agenzia cattolica che ha informato puntualmente su tutti gli avvenimenti nello Stato dell'Orissa, ha affermato che il caso di sua nipote “è la testimonianza della vittoria della Luce sull'oscurità”.

Il presule ha confessato che la testimonianza di suor Meena, che non prova rancore per i suoi aggressori e cerca solo giustizia per i cristiani perseguitati, gli dà il coraggio di lavorare e servire la Chiesa, nonostante il dolore.

In alcune dichiarazioni ad Asianews dopo che la sua elezione era stata resa pubblica, monsignor Barwa ha dichiarato che suor Meena è stata una delle prime persone a congratularsi con lui, dicendogli: “Tutte le mie sofferenze, il mio dolore e la mia umiliazione le offro per te, per la tua missione di Arcivescovo”.

Il nuovo Arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar succede a monsignor Raphael Cheenath, un altro pastore che si è distinto negli ultimi anni per la sua instancabile difesa dei cristiani.

“Indegno come sono, è Lui [Cristo] che mi ha manifestato il suo grande amore nel viaggio della mia esistenza”, ha confessato monsignor Barwa. “Dalle mie umili origini tribali, alla chiamata a servire come prete, come provinciale, come Vescovo e ora come Arcivescovo”.

Il presule ha scelto come motto episcopale “Venga il tuo regno”: “il regno di Dio è pace, giustizia e amore, in opposizione all’odio, alla violenza e all’ingiustizia; è l’amore di Cristo che ci spinge a lavorare per la giustizia e la verità”.

La nomina arriva pochi giorni dopo che la Commissione d'inchiesta sulla violenza contro i cristiani, diretta dall'ex giudice B.K. Somasekhara, ha pubblicato un rapporto in cui esonera i gruppi radicali dalla responsabilità per gli atti di violenza anticristiana nello Stato del Karnataka, insinuando anche che i cristiani realizzano conversioni forzate (cfr.
ZENIT, 6 febbraio 2011).

Negli ultimi mesi, inoltre, è aumentata la pressione contro i fedeli. Nel settembre scorso, monsignor Cheenath ha denunciato intimidazioni e conversioni forzate all'induismo nel distretto di Kandhamal.

A dicembre, i cristiani dello Stato dell'Orissa hanno avvertito delle minacce da parte dei gruppi radicali di compiere un altro massacro durante le feste natalizie (cfr.
ZENIT, 22 dicembre 2011).

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

Caterina63
00sabato 12 marzo 2011 09:45

Preghiamo per i nostri fratelli del Giappone !


Il Professore Marco Nioi, che abita da anni a Tokio con la sua Famiglia, condivide puntualmente su Facebook tutti i nostri argomenti " pro traditione", essendo un fedelissimo frequentatore della Santa Messa Tridentina.
Dopo aver appreso del terribile terremoto che sta sconvolgendo il Giappone in molti abbiamo tentato di metterci in contatto con lui tramite Facebook.
Finalmente 10 ore fa nella sua "bacheca" abbiamo letto poche frasi che "postiamo" con la ritrovata serenità di avere avuto notizie rassicuranti su di lui e sulla sua Famiglia ma soprattutto con l'intento di aumentare le nostre preghiere per i Defunti di questo terribile sisma e per tutte le famiglie che stanno vivendo questo momento drammatico.
Sant'Emidio , prega per noi e per i nostri fratelli del Giappone !

Marco Nioi : "Adesso a Tokyo,tutto bene,ma per diverse ore i miei figli erano praticamente irraggiungibili,dato che i cellulari non funzionavano piu'. Siamo ,mia moglie e io, dovuti andare a cercarli: i treno erani ,e sono ancora, tutti fermi. Per fortuna li abbiamo trovati nei pressi della loro scuola. Ma sono stati brutti momenti;e siamo appena arrivati a casa. Grazie per le vostre premure.
10 ore fa

Nel Nord del Giappone,invece e' un vero disastro,e ci sono immagini di grandi distruzioni.

Grazie Vito. Spero di non passare piu' questi momenti,ma in Giappone sara' difficile...
Non ci si abituera' mai a certe cose,ma d'altronde ,non c'e' niente da fare.

Grazie,Maura. Fortunatamente,noi stiamo bene.Ma i danni sono ingenti.
Vito,non puoi immaginare i danni arrecati da questo terremoto.
Le immagini alla televisione sono orripilanti.
 Il terremoto dell'Aquila,in confronto, e' come un raffreddore al cospetto di un tumore terminale.La situazione e' gravissima,Vito.
A Tokyo,non vi sono stati enormi danni,ma al nord e' un incubo.
Il maremoto e' stato immane. Ha distrutto tutto nel suo cammino".


A.C.

Embarassed  Quando ci fu la manifestazione, politica, delle donne e vedemmo DELLE SUORE rivendicare questo femminismo sessantottino....proprio a tavola si discusse fra di noi sulla urgente riscoperta delle AUTENTICHE PROCESSIONI del passato le quali si facevano per IMPLORARE DA DIO la fine della peste e di tutti i mali, DELLE INONDAZIONI.....degli incendi...  IL SOCCORSO CONTRO I TERREMOTI....e si citava proprio il flebile tentativo di riesumare l'antica tradizione di sant'Emidio CONTRO I TERREMOTI, quando avvenne all'Aquila.... flebile tentativo perchè NESSUN VESCOVO si premunì di mettersi a capo di qualche CORTEO DEVOTO e i fedeli vennero lasciati da soli ad invocare il santo....  
....una mia conoscente che un mese dopo i fatti dell'Aquila partorì un maschietto, lo chiamò EMIDIO proprio per ringraziare il Santo e lo scampato pericolo....  
 
cari Sacerdoti, cari Vescovi, cari Catechisti e Diaconi....riscopriamo il VALORE DELLA SUPPLICA E DEI VERI CORTEI.... imploriamo Dio affinchè dica alle onde delle tempeste di placarsi, rivendichiamo IL SUO PATROCINIO SU DI NOI.... ritorniamo a CREDERE ed imploriamo Misericordia per il Giappone e i suoi abitanti, alle tante Famiglie in lutto, a chi salvando la vita ha perso tutto ed è preda dello sconforto.... La Vergine Maria, Regina del Giappone, abbia compassione di questi Figli e li sostenga in questa prova!  


Che la Regina del Giappone: la Salus Populi Romani portata dai primi gesuiti soccorra e conforti questo popolo generoso e valoroso!



Rassicurazioni del Governo sulle conseguenze delle esplosioni
nella centrale atomica di Fukushima danneggiata dal terremoto

Il Giappone reagisce al cataclisma


Benedetto XVI esprime cordoglio per le vittime e solidarietà con i soccorritori

TOKYO, 12. All'indomani del peggiore terremoto della storia del Giappone, il Paese cerca di reagire al cataclisma che lo ha colpito. Ma oggi l'attenzione internazionale si è tutta spostata sull'emergenza nucleare. Il sisma di ieri ha infatti pesantemente danneggiato quattro centrali atomiche, facendo ripiombare il Paese nell'incubo della contaminazione da radiazioni. Stamane, è stata infatti udita una forte esplosione nell'impianto numero 1 della centrale nucleare di Fukushima, quella più colpita. Lo ha riferito l'agenzia di stampa nipponica Jiji, precisando che si sarebbe polverizzata la gabbia esterna di contenimento di uno dei reattori. Quattro operai sarebbero rimasti feriti dal crollo del tetto dell'edificio, ma nessuno di loro - informa l'agenzia Kyodo - è in pericolo di vita.

Il Governo giapponese ha tuttavia reso noto che l'esplosione non ha riguardato il reattore e che il livello di radiazioni dopo la deflagrazione è sceso. Lo ha detto il portavoce, Yukio Edano, sottolineando che l'esplosione non causerà una fuga di sostanze radioattive. In particolare Edano ha spiegato che la deflagrazione è avvenuta nella struttura esterna alla camera di contenimento - che non ha subito danni - ed è stata causata da una reazione chimica tra l'idrogeno e l'ossigeno. Il portavoce del Governo ha poi spiegato che operazioni di evacuazione non sono state ordinate per un pericolo reale ma solo a titolo precauzionale.

La televisione di Stato Nhk ha mostrato le immagini del fumo bianco che si levava dalla centrale. Ancora tutta da chiarire la dinamica degli eventi, ma esperti del settore non hanno escluso l'opzione di esplosione intenzionale per raffreddare il reattore principale. L'Aiea (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica) ha chiesto precise informazioni sull'accaduto.
La commissione per la Sicurezza nucleare del Giappone ha accertato una fuga di cesio radioattivo attorno alla centrale. Proprio per questo, il Governo - che si è riunito oggi a Tokyo in seduta straordinaria per fare il punto della situazione - ha ordinato lo sgombero dei residenti in un raggio di venti chilometri attorno alla centrale. Nell'estremo oriente della Russia, vasta area prospiciente il Giappone, i livelli di radioattività sono comunque ancora normali. Lo hanno confermato fonti del Servizio di monitoraggio idrometeorologico russo.

Dopo le notizie sull'incidente a Fukushima, gli abitanti di Tokyo stanno facendo incetta di beni di prima necessità nei negozi, mentre lunghe code si segnalano davanti alle pompe di benzina. Molti residenti si starebbero preparando a lasciare la capitale e i pochi treni in funzione sono stracarichi di passeggeri.
E mentre la terra continua incessantemente a tremare (nelle ultime ore sono state registrate più di 100 forti scosse di assestamento), peggiorano con il passare delle ore le conseguenze del movimento tellurico di magnitudo 8,9 sulla scala Richter e del successivo tsunami, che ieri hanno devastato il nord est del Giappone. Un telegramma, a firma del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, è stato inviato dal Papa a monsignor Leo Jun Ikenaga, arcivescovo di Osaka e presidente della Conferenza episcopale giapponese.

Nel messaggio, Benedetto XVI esprime il proprio cordoglio per le vittime del cataclisma e per le loro famiglie e si dice vicino ai soccorritori.
Finora, i morti accertati sono 1.400, ma il mare che si sta ritirando continua inesorabilmente a restituire cadaveri senza nome. Il bilancio sembra quindi destinato ad aggravarsi. Se da un lato il terremoto ha tutto sommato provocato poche vittime - in un Paese abituato a convivere con gli eventi sismici - è stato proprio lo tsunami a uccidere il maggiore numero di persone. Un autentico muro di acqua alto 10 metri si è infatti abbattuto con inaudita violenza sulla prefettura di Fukushima, dove almeno 1.800 case sono state letteralmente spazzate via. Devastate anche le città di Miyagi, capoluogo del Sendai, e di Ofunato. Tutto il mondo ha potuto seguire in diretta televisiva l'impetuoso avanzamento del maremoto.

L'esercito giapponese ha trovato oggi 400 cadaveri nella città di Rikuzentakata, nella prefettura di Iwate. Sotto la pressione dell'onda anomala ha ceduto la diga di Funjinuma, le cui acque si sono poi riversate a valle cancellando dalle carte geografiche la cittadina di Sukugawa, fatta precedentemente sgomberare. Quattro convogli ferroviari con a bordo centinaia di persone sono però stati inghiottiti dal fango e dai detriti. Solo molte ore dopo è stata invece ritrovata una nave con 100 passeggeri data per dispersa. Le persone sono tutte salve. Gli esperti hanno confermato che la violenza del sisma ha spostato l'asse terrestre di 10 centimetri.

Da una sponda all'altra del Pacifico si è intanto allentato l'allarme tsunami. Sulle coste di molte Nazioni si è infatti registrato solo un moderato aumento del livello del mare e numerosi Governi hanno ormai ritirato l'allerta. L'allarme tsunami era stato lanciato nelle Hawaii, ma anche nelle Filippine, a Taiwan, in Russia, in Indonesia, in molte isole del Pacifico, sulle coste sudamericane e in Messico. In California un'onda di due metri ha investito il porto di Crescent, trascinando in mare 4 persone. Tre sono state tratte subito in salvo, della quarta non si hanno ancora notizie.

La comunità internazionale si è subito stretta attorno al Giappone, dove la macchina dei soccorsi è già in moto. Secondo quanto riferisce la Bbc, circa 300 velivoli dell'aeronautica nipponica e una quarantina di navi della marina saranno impiegati in quella che si preannuncia come una operazione senza precedenti. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ha parlato di un disastro potenzialmente catastrofico, ha deciso di inviare due portaerei per aiutare la popolazione, mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha osservato un minuto di silenzio. Su richiesta del Giappone, la Commissione europea ha subito attivato il meccanismo di protezione civile per fornire assistenza attraverso l'invio di squadre di soccorritori e di cani specializzati nelle ricerche delle vittime sotto le macerie.



(©L'Osservatore Romano 13 marzo 2011)


Solidarietà delle comunità cristiane con le popolazioni colpite dal sisma

Il Giappone non è solo



TOKYO, 14. Dopo lo choc per una tragedia dalle dimensioni inimmaginabili, si è messa in moto la macchina della solidarietà per prestare soccorso e conforto alla popolazione giapponese. In prima linea la piccola comunità cattolica del Sol levante - appena lo 0,4 per cento del Paese - che ieri, tramite Caritas Giappone, ha lanciato in tutte le chiese un raccolta di fondi da destinare agli sfollati. L'iniziativa, che si è aggiunta alla preghiera per le vittime, coinvolge anche scuole, associazioni e istituzioni cattoliche. Per padre Daisuke Narui, direttore esecutivo della Caritas giapponese, "il nostro compito è mostrare amore e solidarietà. Lavoreremo insieme con organizzazioni non governative di altra estrazione. In questo momento siamo chiamati a dare testimonianza di unità e a essere vicini a ogni essere umano sofferente. Sappiamo già che la risposta dei fedeli al nostro appello sarà molto generosa". La Caritas, ha sottolineato, si è messa in moto immediatamente: "Subito dopo il terremoto e lo tsunami, abbiamo organizzato un incontro di emergenza in teleconferenza".
Tra le diocesi più colpite quella di Saitama. Il vescovo, Marcellino Daiji Tani, ha assicurato che "la Chiesa giapponese risponderà alla tragedia del terremoto e dello tsunami con la preghiera e la solidarietà". Per il presule, "questo evento doloroso ci ricorda che la vita è nelle mani di Dio e che è un dono di Dio. Inoltre, sarà per tutti noi una sfida a mettere in pratica e testimoniare il comandamento dell'amore e della carità fraterna".
Sostegno alla popolazione giapponese è stato assicurato dalla rete di Caritas Internationalis e dalle caritas nazionali, tra cui quella italiana, non appena la Caritas nipponica sarà in grado di mettere a punto un piano di primo intervento. Nel frattempo, la Caritas diocesana di Roma ha lanciato una colletta di solidarietà. Mentre particolare vicinanza arriva dall'Asia. Jinde Charities, la Caritas cinese, ha inviato una cifra iniziale di 10.000 dollari. Altri 50.000 dollari sono stati offerti dall'arcidiocesi di Seoul.
Solidarietà anche dai cattolici tedeschi. Il presidente dell'episcopato, l'arcivescovo di Freiburg im Breisgau, Robert Zollitsch, ha scritto ai confratelli nipponici. "Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi i sopravvissuti avranno bisogno urgentemente del nostro aiuto generoso e fraterno. Chiedo ai fedeli del nostro Paese di sostenere la vostra Chiesa e le persone colpite dalla catastrofe con le preghiere ma anche con mezzi finanziari, cercando, per quanto possibile, di mitigare lo stato di necessità dopo il disastro".
Sentimenti di profondo cordoglio con il popolo giapponese sono stati espressi anche dal segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Olav Fykse Tveit, che ha invitato i cristiani di ogni confessione a unirsi nella preghiera e nell'aiuto alle popolazioni colpite. "Confidiamo che le Chiese di tutto il mondo sapranno dimostrare la loro solidarietà". Parole di conforto e di vicinanza spirituale anche dal Patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I, che nell'occasione ha anche diffuso un appello agli Stati perché rivedano la loro politica in favore dell'energia nucleare. "Purtroppo, l'esplosione della centrale nucleare di Fukoshima è sopraggiunta come altra conseguenza tragica del terremoto, rendendo più terribile ancora l'incubo del Giappone. E le sue orribili conseguenze si faranno sentire su scala ancora più ampia".



(©L'Osservatore Romano 14-15 marzo 2011)



Vescovi giapponesi: “La nostra missione è tener viva la speranza”


Chiedono le preghiere dei cristiani di tutto il mondo


ROMA, lunedì, 14 marzo 2011 (ZENIT.org).- Dopo il terribile terremoto e lo tsunami che hanno devastato il Giappone, tutti, a cominciare dalla Chiesa cattolica, si stanno dando da fare per portare aiuto alle vittime della tragedia.

In questo contesto, i Vescovi nipponici vogliono essere in prima linea per “tenere viva la fiamma della speranza”, ha affermato all'agenzia vaticana
Fides monsignor Martin Tetsuo Hiraga, Vescovo di Sendai, la Diocesi più colpita.

“La situazione è molto difficile. Non ancora siamo in grado di comprendere l’entità del disastro”, ha confessato. “Le notizie sono frammentarie. La mia Diocesi è molto grande e copre quattro Prefetture civili, per circa 500 km di costa, nel Nord dell’isola di Honshu, la più grande dell’arcipelago nipponico. Lo tsunami ha colpito oltre 300 km di costa”.

“Non sappiamo ancora quante persone sono morte, quanti sono i dispersi e gli sfollati. Non sappiamo se fra questi vi sono fedeli cattolici”, ha riconosciuto il presule.

Vista l’incertezza, “è ancora difficile dire cosa si può fare, come aiutare”. “La gente è stremata e disorientata. L’impatto materiale ed emotivo sulla società è stato molto forte”.

“Stanno arrivando aiuti e volontari da tutto il Giappone. Occorre l’unità e la buona volontà di tutti”, ha aggiunto.

“Noi cattolici nella Diocesi di Sendai siamo poco più di 10mila, un piccolo gregge. Ma continuiamo a pregare per le vittime e faremo il possibile per portare sollievo, per testimoniare, in questo momento di sofferenza, il messaggio d’amore di Cristo”.

I Vescovi giapponesi, ha spiegato monsignor Hiraga, si incontreranno questo mercoledì a Sendai per decidere le strategie da adottare.

“Dovremo consigliarci su come agire. Intanto confidiamo in Dio e chiediamo la preghiera di tutti i cristiani del mondo”.

“Abbiamo ricevuto il messaggio del Santo Padre e lo ringraziamo per le sue parole che ci infondono coraggio e speranza. Oggi questa è la nostra missione specifica: aiutare la Nazione a rialzare gli occhi al Cielo, e a tenere viva la fiamma della speranza”.

La Diocesi di Sendai ha ufficialmente 10.944 battezzati, che rappresentano lo 0,15% della popolazione (oltre 7,2 milioni) del territorio.

Ha 53 parrocchie e 13 stazioni missionarie, servite da 27 sacerdoti diocesani e 19 sacerdoti religiosi, 5 religiosi non sacerdoti e 262 suore.



Caterina63
00mercoledì 18 maggio 2011 17:01
Pope Benedict XVI waves to pilgrims as he arrives at St. Peter's  Square in the Vatican for his weekly general audience on May 11, 2011.


PREGHIERA DEL SANTO PADRE PER LA CHIESA CINESE

Al termine dell’udienza generale di stamani il Papa ha elevato un’accorata preghiera per la Chiesa cinese. Di seguito il testo:

Durante il tempo pasquale, la liturgia canta a Cristo risorto dai morti, vincitore della morte e del peccato, vivo e presente nella vita della Chiesa e nelle vicende del mondo. La Buona novella dell’Amore di Dio manifestatosi in Cristo, Agnello immolato, Buon Pastore che dà la vita per i suoi, si espande incessantemente fino agli estremi confini della terra e, al tempo stesso, incontra rifiuto ed ostacoli in tutte le parti del mondo. Come allora, ancora oggi, dalla Croce alla Risurrezione.

Martedì, 24 maggio, è giorno dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, venerata con grande devozione nel Santuario di Sheshan a Shanghai: tutta la Chiesa si unisce in preghiera con la Chiesa che è in Cina. Là, come altrove, Cristo vive la sua passione. Mentre aumenta il numero di quanti Lo accolgono come il loro Signore, da altri Cristo è rifiutato, ignorato o perseguitato: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9, 4).

La Chiesa in Cina, soprattutto in questo momento, ha bisogno della preghiera della Chiesa universale. Invito, in primo luogo, tutti i cattolici cinesi a continuare e a intensificare la propria preghiera, soprattutto a Maria, Vergine forte. Ma anche per tutti i cattolici del mondo pregare per la Chiesa che è in Cina deve essere un impegno: quei fedeli hanno diritto alla nostra preghiera, hanno bisogno della nostra preghiera.

Sappiamo dagli Atti degli Apostoli che, quando Pietro era in carcere, tutti hanno pregato con forza e hanno ottenuto che un angelo lo liberasse. Anche noi facciamo lo stesso: preghiamo intensamente, tutti assieme, per questa Chiesa, fiduciosi che, con la preghiera, possiamo fare qualcosa di molto reale per essa.

I cattolici cinesi, come hanno detto molte volte, vogliono l’unità con la Chiesa universale, con il Pastore supremo, con il Successore di Pietro. Con la preghiera possiamo ottenere per la Chiesa in Cina di rimanere una, santa e cattolica, fedele e ferma nella dottrina e nella disciplina ecclesiale. Essa merita tutto il nostro affetto.

Sappiamo che, fra i nostri fratelli Vescovi, ci sono alcuni che soffrono e sono sotto pressione nell’esercizio del loro ministero episcopale. A loro, ai sacerdoti e a tutti i cattolici che incontrano difficoltà nella libera professione di fede esprimiamo la nostra vicinanza. Con la nostra preghiera possiamo aiutarli a trovare la strada per mantenere viva la fede, forte la speranza, ardente la carità verso tutti ed integra l’ecclesiologia che abbiamo ereditato dal Signore e dagli Apostoli e che ci è stata trasmessa con fedeltà fino ai nostri giorni.
Con la preghiera possiamo ottenere che il loro desiderio di stare nella Chiesa una e universale superi la tentazione di un cammino indipendente da Pietro. La preghiera può ottenere, per loro e per noi, la gioia e la forza di annunciare e di testimoniare, con tutta franchezza e senza impedimento, Gesù Cristo crocifisso e risorto, l’Uomo nuovo, vincitore del peccato e della morte.

Con tutti voi chiedo a Maria di intercedere perché ognuno di loro si conformi sempre più strettamente a Cristo e si doni con generosità sempre nuova ai fratelli. A Maria chiedo di illuminare quelli che sono nel dubbio, di richiamare gli smarriti, di consolare gli afflitti, di rafforzare quanti sono irretiti dalle lusinghe dell’opportunismo.

Vergine Maria, Aiuto dei cristiani, Nostra Signora di Sheshan, prega per noi
!

***********************
Caterina63
00giovedì 19 maggio 2011 10:00
[SM=g1740720] AMICI QUESTA CATECHESI DEL PAPA E' UNA VERA CROCIATA DEL ROSARIO tipica di san Pio V e di Leone XIII, NON SPRECHIAMOLA....

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

it.gloria.tv/?media=158314




[SM=g1740717]

Caterina63
00venerdì 20 maggio 2011 17:35
Intervista al cardinale Sarah di ritorno dal Giappone

La vicinanza del Papa
a un popolo fiero e tenace

«Non cedere alla pioggia / Non cedere al vento / Non cedere neanche alla neve o al calore dell’estate / Aver un corpo robusto / Senza avidità / Senza mai andare in collera». Cita i versi del poeta giapponese Kenji Miyazawa il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, di ritorno dal Paese asiatico — colpito l’11 marzo scorso dal terremoto e dallo tsunami — dove si è recato per portare la vicinanza e la solidarietà del Papa. «In queste parole — spiega al nostro giornale — è descritto l’ideale del giapponese: avere uno spirito e un corpo resistenti, una vita modesta e coltivare l’armonia intorno a sé e dentro se stessi. Ed è proprio leggendole che ho capito la tenacia e la determinazione con cui questo popolo sta affrontando la catastrofe».

Qual è stato l’intento principale del suo viaggio?

Com’è noto, il nostro dicastero ha il compito di realizzare a nome del Papa segni di carità e di compassione, soprattutto in occasione di emergenze umanitarie. Benedetto XVI ha voluto che io mi recassi in Giappone per dare un segno della sua vicinanza a quella popolazione e in particolare ai cattolici che vivono nel Paese. È una comunità piccola rispetto al grande numero di abitanti. La visita voleva manifestare la comunione che ci lega. Così, sabato 14 maggio, dopo aver visitato al mattino la diocesi di Saitama — duramente colpita dallo tsunami — insieme al nunzio apostolico, l’arcivescovo Bottari de Castello, al presidente della Conferenza episcopale giapponese, monsignor Ikenaga, all’arcivescovo di Tōkyō, monsignor Okada, a una delegazione dei presuli delle diocesi più colpite e ai rappresentanti di Caritas Giappone, abbiamo partecipato alla messa di ringraziamento per la beatificazione di Giovanni Paolo II nella cattedrale di Tokyo. Domenica, a Sendai, dopo la celebrazione dell’Eucaristia, c’è stato un altro commovente incontro con quanti hanno perso i loro cari e tutti i beni: a loro ho fatto dono di un rosario del Papa. Avendo avuto modo di vedere i luoghi e di incontrarmi con la popolazione locale, ho potuto constatare di persona quanto i danni siano immensi: soprattutto a Shiogama, Schichigahama, Ishinomaki e lungo tutta la costa di Kesennuma, lo spettacolo che si presenta agli occhi è ancora spaventoso. Secondo i dati disponibili, sono più di diecimila le persone che hanno perso la vita a causa del terremoto e dello tsunami.

Cosa l’ha colpita di più nel corso di questo viaggio?

Oltre che dalla devastazione, sono stato molto colpito dalla bellezza del Paese, dal dinamismo e dal coraggio combattivo del popolo giapponese, che si è subito messo in moto per fronteggiare una situazione così grave. Dappertutto si vedono persone che puliscono, ricostruiscono e riprendono la vita normale. Certo, sono cataclismi le cui conseguenze si faranno sentire ancora per molto tempo. Ma la tenacia, la disciplina e l’attaccamento al lavoro della gente aiuteranno a superare questo momento così difficile. È un popolo di una grande delicatezza e di una educazione molto raffinata. Sono stato ricevuto dal presidente della Matsushima Tourist Association, Kyuichiro Sato, e anche dal sindaco di Sendai, la signora Emiko Okuyama. Mi hanno usato molte cortesie. Sendai è stata la prima città a creare legami tra il Giappone e l’Europa. Ricordiamo che nel 1613 il re di Boju, Joate Masamune, inviò l’ambasciatore Hasekura Rokuemon Tsunenaga in Spagna e a Roma, dove ebbe un’udienza con Paolo v nel novembre del 1615. Il sindaco ha ricordato questo evento storico con tanta gioia e orgoglio, con il desiderio e il progetto di una visita a Roma e in Vaticano per mantenere e rafforzare questo legame culturale e spirituale.

Che senso ha la testimonianza di carità in un Paese dove la Chiesa è numericamente così ridotta?

Io credo che anche in una situazione come questa, valga la parola del Vangelo: la Chiesa è un lievito, cioè un piccolo fermento nella pasta. Di per sé non sono i grandi numeri che contano, ma la testimonianza. Così la nostra presenza nella carità vuole essere un segno che il Vangelo di Cristo apre all’uomo il senso profondo della sua esistenza, e soprattutto lo apre all’amore a Dio e ai suoi fratelli. Questo vale per ogni uomo e donna, siano essi cristiani o no. Un segno concreto e tangibile di questa testimonianza è il vero e proprio «maremoto» di solidarietà che è stato generato in questi mesi tra i fedeli, attraverso le Caritas di tutto il mondo. Caritas Internationalis ha realizzato un ammirevole lavoro di coordinamento di tutte le risorse, consentendo alla Caritas del Giappone di offrire — senza distinzione di credo o condizione personale — generi di primo soccorso a oltre diecimila persone. La Chiesa non è mai piccola, anche se numericamente ridotta, perché porta in sé l’amore infinito di Dio che la rende umile ma smisuratamente potente nel testimoniare la compassione del Signore.

Domenica prossima si apre un altro importante appuntamento, l’assemblea generale di Caritas Internationalis. Con quali intenti?

A Roma ci saranno i rappresentanti delle 165 Caritas nazionali per la loro periodica assemblea, che si riunisce ogni quattro anni per rinnovare gli organi in ambito internazionale. Quest’anno si tratta di un incontro importante in quanto coincide con i sessant’anni dalla fondazione di Caritas Internationalis. Dopo gli sconvolgimenti della guerra, Pio XII ebbe la felice intuizione di unire gli sforzi degli organismi cattolici che fanno capo ai vescovi per affrontare le diverse emergenze. Sessant’anni sono un periodo sufficientemente lungo per ringraziare il Signore per il tanto bene che Caritas Internationalis ha realizzato in ogni parte del mondo a nome della Chiesa cattolica. Siamo molto grati alle tante persone che collaborano in questo ambito. Perciò la Santa Sede seguirà con grande partecipazione questa assise. Nel pomeriggio di domenica il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, presiederà una messa solenne di ringraziamento.

Cosa ci si aspetta da un’assemblea così importante?

Ho buone ragioni per pensare che i membri di Caritas Internationalis vorranno esprimere in questa assemblea la loro profonda comunione con il Pontefice. Il Papa a suo tempo ha istituito questo organismo; e il Papa ancora oggi continua a contare sulla sua testimonianza. Credo che questa sincera adesione sarà il primo frutto dell’assemblea. Poi certamente questi incontri sono utili per trovare nuova forza e convincimento nell’affrontare le tante situazioni che ci stanno davanti e in cui c’è bisogno di una presenza forte degli organismi cattolici: penso ovviamente alle realtà di miseria, alle catastrofi umanitarie, alla presenza a nome della Chiesa nei consessi internazionali. Soprattutto, dobbiamo manifestare alla Chiesa e al mondo che abbiamo a cuore i poveri, che Gesù è venuto specialmente per loro, che la Chiesa deve camminare al loro fianco. Senza dimenticare che il volto di queste povertà, oggi, continua a cambiare. Ci sono i poveri materiali e i poveri spirituali. Ci sono quelli a cui non è riconosciuta la dignità e quelli che vivono come se Dio non esistesse, ripiegati su se stessi e sulle loro miserie, e non hanno speranza. La Chiesa parla a tutti e, attraverso parole e opere, vuole dire che Dio è carità. Sono certo che la riflessione sull’enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est e la celebrazione dell’Eucaristia durante questa assemblea ci aiuteranno a riscoprire la sorgente del vero amore che ci spinge verso i poveri e i sofferenti del mondo.

  Mario Ponzi
Osservatore Romano 21 maggio 2011

Caterina63
00sabato 16 luglio 2011 15:17


DICHIARAZIONE DELLA SANTA SEDE: ORDINAZIONE EPISCOPALE NELLA DIOCESI DI SHANTOU (PROVINCIA DI GUANGDONG, CINA CONTINENTALE), 16.07.2011

TESTO IN LINGUA ITALIANA

Riguardo all’ordinazione episcopale del Rev. Giuseppe Huang Bingzhang, avvenuta giovedì 14 luglio corrente, si precisa quanto segue.

l) Il Rev. Giuseppe Huang Bingzhang, ordinato senza mandato pontificio e quindi illegittimamente, è incorso nelle sanzioni previste dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico. Di conseguenza, la Santa Sede non lo riconosce come Vescovo della diocesi di Shantou, ed egli è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana.
Il Rev. Huang Bingzhang era stato informato da tempo che non poteva essere approvato dalla Santa Sede come candidato episcopale, dato che la diocesi di Shantou ha già un Vescovo legittimo; più volte al Rev. Huang era stato richiesto di non accettare l’ordinazione episcopale.

2) Da varie fonti di informazione la Santa Sede era al corrente che alcuni dei Vescovi, contattati dalle Autorità civili, avevano manifestato la propria volontà di non partecipare ad un’ordinazione illegittima, mettendo in atto anche forme di resistenza: nonostante ciò, i Presuli sarebbero stati obbligati a prendervi parte.
In merito alla loro resistenza è bene rilevare che tale atto rimane meritorio davanti a Dio e suscita apprezzamento in tutta la Chiesa. Uguale apprezzamento va anche a quei sacerdoti, a quelle persone consacrate e a quei fedeli che hanno difeso i propri pastori, accompagnandoli in questo difficile momento con la preghiera e condividendone l’intima sofferenza.

3) La Santa Sede riafferma il diritto dei cattolici cinesi di poter agire liberamente, seguendo la propria coscienza e rimanendo fedeli al Successore di Pietro e in comunione con la Chiesa universale.
Il Santo Padre, avendo appreso questi avvenimenti, ancora una volta si rammarica di come viene trattata la Chiesa in Cina e auspica che si possano superare al più presto le presenti difficoltà.

Dal Vaticano, 16 luglio 2011

Bollettino Ufficiala Santa Sede

Card. Zen: gli atei vogliono dirigere la Chiesa cattolica


Lettera del Vescovo emerito di Hong Kong sulle ultime ordinazioni illecite


 

ROMA, giovedì, 28 luglio 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo la traduzione in italiano realizzata da ZENIT di una lettera che il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Vescovo emerito di Hong Kong e attualmente membro della Commissione della Santa Sede per la Chiesa cattolica in Cina, ha reso nota attraverso l'agenzia UCANews circa le ultime ordinazioni episcopali illecite svoltesi per imposizione del Governo di Pechino.

* * *

E' assurdo sentire le dichiarazioni politicamente corrette dei burattini dello Stato che difendono le politiche di Pechino.

In questi ultimi giorni, i fedeli cattolici dentro e fuori la Cina hanno seguito con tristezza e indignazione le parole pronunciate da Anthony Liu Bainian e dai reverendi Joseph Guo Jincai, Johan Fang Xingyao e Joseph Yang Yu, che già spiccano per essere scismatici, ma la dichiarazione di ieri dell'Amministrazione dello Stato per le Questioni Religiose (SARA) è arrivata all'estremo dell'assurdità.

Potremmo comprendere che il Governo vada in difesa dei suoi burattini dicendo che sono politicamente corretti, o lodando il loro coraggio nel resistere alla pressione straniera, ma ora si è iniziato a lodare la loro “ardente fede cattolica”, e a dire che le ordinazioni senza il mandato papale sono necessarie per “il normale governo della Chiesa e per le attività pastorali ed evangelizzatrici”. Ciò è del tutto assurdo e ridicolo, visto che, come alcuni esperti hanno segnalato, il Governo sta “dirigendo” la Chiesa cattolica.

Sono ciechi? Non hanno avuto l'opportunità di vedere come la Chiesa cattolica lavora nel resto del mondo? La situazione speciale della Cina costringe il Governo a dirigere una Chiesa che semplicemente non può più essere riconosciuta come cattolica? Loro stessi stanno diventando lo zimbello del mondo!

I nostri leader possono prendersi un po' di tempo dal loro impegno nella lotta di potere per prestare attenzione a questa “piccola comunità” di cattolici? Perché non si permette ai nostri fratelli e alle nostre sorelle di vivere pacificamente la loro vita di fede? Non è un diritto riconosciuto nella Costituzione?

Hanno definito la scomunica della Santa Sede negli anni '50 la “causa” e l'ordinazione illegittima dei Vescovi l'“effetto”. Stanno sfacciatamente distorcendo la realtà.

Dalle ultime ordinazioni illegittime e dall'VIII Congresso Nazionale di Rappresentanti Cattolici, tutti hanno potuto capire che il SARA e l'Associazione Patriottica Cattolica Cinese hanno deciso di portare la Chiesa in modo aperto e impenitente su una via che porta all'indipendenza dalla Chiesa e di scegliere e ordinare unilateralmente i propri Vescovi.

Lasciamo allora che trovino qualcuno con peso sufficiente come Martin Lutero o il re Enrico VIII per dare un nuovo status alla loro nuova Chiesa, ma non hanno il diritto di usurpare il titolo di “Chiesa cattolica”.

Attraverso la violenza, limitano le libertà personali, offendendo anche la dignità di coscienza. Omettono totalmente l'autorità e l'amabilità del nostro Santo Padre e si azzardano ancora a dire di avere una sincera volontà di dialogo. E' la più grande menzogna del mondo! Solo la codardia e l'egoismo delle Nazioni impediscono di far intendere la loro disapprovazione.

Si dice che “Gli occhi delle persone sono illuminati”. A Leshan molta gente ammira l'efficienza amministrativa del reverendo Paul Lei Shiyin, ma si deve sapere che non è idoneo ad essere Vescovo; a Shantou è possibile che ci sia gente che sostiene le ambizioni del reverendo Joseph Huang Bingzhang, ma la maggior parte dei fedeli cattolici della Cina rifiuterà questi “opportunisti” e si manterrà sempre al fianco del Papa.

Nessuno sa quanto durerà questo duro inverno, ma i nostri fedeli non hanno paura, o supereranno le loro paure con fede e preghiera, che daranno loro la forza di imitare i martiri canonizzati e gli innumerevoli eroi che vivono la fede, per dare una coraggiosa testimonianza di Nostro Signore Risorto.

Cari fratelli e sorelle nella fede, vi salutiamo – attraverso un fratello che prova quasi vergogna di vivere in libertà.

 




Caterina63
00martedì 3 gennaio 2012 11:52
2012-01-02 CINA
Lutto via web per un sacerdote e sei seminaristi morti in un incidente nell’Hebei

Wang Zhicheng
La proposta del sito Tianzhujiao zai xian, per onorare i defunti e pregare per un sostegno alle famiglie. Un giovane seminarista è sopravvissuto, ma le sue condizioni sono ancora molto gravi.

Pechino (AsiaNews) – Preghiere, digiuno, silenzio per ricordare un sacerdote e sei seminaristi della comunità sotterranea cinese, uccisi in un incidente d’auto lo scorso 11 dicembre: è la proposta fatta dal popolare sito cattolicoTianzhujiao zai xian (“La Chiesa cattolica sul web”) per l’ultima giornata dell’anno 2011. La proposta ha ricevuto migliaia di visitatori e suggeriva di celebrare una messa per i defunti e per chiedere il conforto per i loro familiari; recitare il rosario; fare dei gesti di carità o un digiuno; osservare un minuto di silenzio.

Lo scorso 11 dicembre il pullmino che portava il sacerdote e i sei seminaristi è stato investito frontalmente da un camion, che ha rovesciato la vettura. Subito dopo un altro camion ha colpito il pullmino, uccidendo sette persone e ferendo gravemente un altro.

I morti sono: p. Giuseppe Shi Liming, 39 anni, educatore nel seminario sotterraneo di Baoding, che era alla guida;

padre Giuseppe


Giuseppe Yang; Giuseppe Han; Giuseppe Bai; Giovanni Gong; Paolo Li; Giovanni Wang (nella foto, i sei seminaristi).

sei seminaristi


Il giovane Gabriele Gao è sopravvissuto perché nel primo urto è stato scaraventato fuori dell’abitacolo. Ora si trova in un ospedale a Shijiazhuang, nel reparto di neurochirurgia. Secondo alcune informazioni dal web, si sarebbe svegliato dal coma, ma le sue condizioni sono ancora molto gravi.

Subito dopo l'incidente, alcune persone hanno ipotizzato che l'incidente fosse "politico" e provocato dalla polizia. Ma fonti di AsiaNews dell zona hanno escluso questa possibilità e confermato che si è trattato di un incidente.

Foto: www.chinacath.org
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Caterina63
00domenica 29 luglio 2012 21:56

Litterae communionis tra Roma e Baoding


Una lettera del cardinale Tarcisio Bertone, marzo 2010, rende note le indicazioni e i suggerimenti del Papa riguardo al caso di Francesco An Shuxin, il vescovo coadiutore di Baoding accusato di tradimento da alcuni sacerdoti della sua diocesi per aver deciso di uscire dalla condizione di clandestinità. Benedetto XVI invita tutti a camminare sulla via della riconciliazione. E intanto conferma monsignor An alla guida della diocesi, anche se il vescovo ha accettato un incarico nella locale Associazione patriottica dei cattolici cinesi, strumento della politica religiosa del governo


di Gianni Valente


Papa Benedetto XVI con alcuni cinesi provenienti da Pechino, il 25 maggio 2005

Papa Benedetto XVI con alcuni cinesi provenienti da Pechino, il 25 maggio 2005

Quando sorgono liti e questioni tra i figli della Chiesa, accade spesso che tutti rivolgano il loro sguardo al vescovo di Roma, anche se è fisicamente lontano. Magari cercano soltanto il verdetto del giudice imparziale, che sappia dividere torti e ragioni secondo giustizia, e invece capita loro di trovare anche qualcosa di meglio.
È successo di recente anche ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici della comunità cattolica cinese di Baoding, nella provincia dell’Hebei.
Lì, da qualche anno, i cuori si dividevano intorno al caso di Francesco An Shuxin, il vescovo ordinato clandestinamente (cioè senza il placet della politica religiosa del regime cinese) che dal 2006, dopo dieci anni di detenzione e isolamento, ha scelto di uscire dalla condizione di clandestinità ed esercitare il proprio ministero pastorale come vescovo coadiutore in fedeltà al Papa e anche nel rispetto delle procedure e dei vincoli imposti dal governo. Il tutto mentre l’altro vescovo “clandestino” Giacomo Su Zhimin, primo titolare della diocesi, risulta a tutt’oggi inavvicinabile, dopo essere stato prelevato dagli apparati di polizia nel 1996.

Fin dall’inizio, una parte dei sacerdoti dell’area clandestina aveva considerato la decisione del vescovo An alla stregua di un voltafaccia, arrivando a mettere in dubbio la legittimità della sua autorità episcopale. Le polemiche e i rinfacci hanno toccato la fase più virulenta nella seconda metà del 2009, quando gli oppositori di monsignor An hanno pubblicizzato come una prova del presunto “tradimento” la sua disponibilità ad accettare un incarico nelle strutture diocesane dell’Associazione patriottica.
Nel montare della controversia, alla comunità cattolica dell’Hebei sono arrivati a più riprese indicazioni e suggerimenti provenienti dalla Sede apostolica, sempre volti ad arginare il contagio velenoso della lacerazione e del dubbio. L’ultimo più recente e più autorevole invito alla riconciliazione è venuto dal Papa: una lettera inviata dal Vaticano a monsignor Francesco An con cui Benedetto XVI conferma l’autorità episcopale di costui e auspica che tutti i sacerdoti diocesani la riconoscano, nonostante l’incarico assunto dal vescovo nell’Associazione patriottica.

«Caro fratello vescovo»
La lettera, scritta per conto del Papa dal segretario di Stato Tarcisio Bertone, porta la data del 10 febbraio 2010 e il numero di protocollo 696/10/RS. Si tratta di una risposta alla missiva inviata a Benedetto XVI dallo stesso Francesco An il 12 novembre 2009, con la quale il vescovo aveva sottoposto il suo caso al Papa chiedendogli indicazioni concrete sul da farsi. Nelle prime righe Bertone riferisce l’apprezzamento del Papa per i «sentimenti di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e la devozione filiale al successore di Pietro» espressi dal vescovo An nella sua lettera. Poi, di seguito, vengono trasmesse le indicazioni papali in merito alle vicende tormentate della diocesi.

Benedetto XVI, attraverso Bertone, rende nota la «grande attenzione» con cui segue la vita della Chiesa in Cina, con riguardo specifico alle comunità diocesane «che vivono in situazioni particolarmente difficili». Il Papa si dice «spiritualmente vicino» al vescovo An e invia una benedizione speciale al vescovo Su Zhimin (citato ben quattro volte nel nuovo messaggio papale), del quale si ricorda la condizione di segregazione che gli impedisce di esercitare il suo ministero episcopale a vantaggio del popolo affidato alla sua cura pastorale.
Nella parte centrale, la lettera si sofferma direttamente sulle scelte del vescovo An che più hanno suscitato contestazioni in una parte del clero della diocesi, e con parole inequivocabili scioglie i nodi ancora irrisolti.
Uno dei principali capi d’accusa mossi verso An era stata la sua scelta di concelebrare una messa insieme a Giovanni Su Changshan, vescovo “ufficiale” di Baoding, riconosciuto tale dal governo ma non dalla Sede apostolica. Riguardo a quell’episodio, la lettera afferma che «adesso ognuno è in grado di sapere che ciò avvenne perché sua eccellenza era consapevole che il vescovo Su Changshan desiderava ardentemente e aveva richiesto con insistenza la piena comunione con il Santo Padre». Si accenna anche alle lettere inviate da Su Changshan alla Santa Sede con le quali – si spiega – il vescovo illegittimo assicurava che la sua ordinazione episcopale senza mandato apostolico era avvenuta contro la sua volontà, e raccontava la sua afflizione per la condizione in cui si era venuto a trovare. «Questo caso», fa sapere il segretario di Stato a nome del Papa, «si deve considerare chiuso».

Di seguito, la lettera pontificia tocca il punto dolente del ruolo di vicepresidente dell’Associazione patriottica diocesana che il vescovo An ha accettato di assumere. Con una sfumatura non irrilevante, il testo non cita alcuna «iscrizione» di An all’organismo patriottico, visto che il vescovo si è limitato ad accettare verbalmente l’incarico che gli era stato proposto. Nel messaggio arrivato da Roma si fa sapere che le questioni e le difficoltà «delicate e complesse» suscitate da tale vicenda sono note alla Santa Sede. Le linee-guida fornite dal testo inviato dal Vaticano sono chiare e concrete: «Nella vostra specifica situazione», scrive Bertone a nome del Papa, «una simile decisione si sarebbe dovuta evitare. Nondimeno, nelle circostanze presenti sembra preferibile che sua eccellenza non rinunci di propria iniziativa alla possibilità che lei attualmente ha di agire in forma ufficiale e accompagni e guidi tutti i vostri preti, sia ufficiali che clandestini». Nella lettera inviata dal Vaticano si assicura che la Sede apostolica continuerà a seguire la situazione di Baoding, e davanti a ulteriori sviluppi significativi non farà mancare al vescovo An criteri pratici di orientamento. «Nel frattempo», si raccomanda nell’epistola, con un accenno implicitamente rivolto all’intera diocesi dell’Hebei, «la Santa Sede conta sull’obbedienza che tutto il clero di Baoding deve a lei, in assenza del vescovo Su Zhimin». Nella parte finale della lettera, il cardinale Bertone chiede di rendere note alla comunità cattolica di Baoding le indicazioni giunte dal Papa, «nel modo che lei considera più opportuno». Per questo, dalla seconda settimana di marzo, la versione integrale del testo è apparsa in cinese e in inglese sul sito web della diocesi.

Francesco An Shuxin, vescovo coadiutore di Baoding [© Ucanews]

Francesco An Shuxin, vescovo coadiutore di Baoding [© Ucanews]

Né vincitori né vinti
Con i suggerimenti e le indicazioni contenuti nella lettera del 10 febbraio al vescovo e alla diocesi di Baoding, si sono applicati a quel caso specifico – divenuto emblematico e rilevante per tutta la Cina – alcuni dei criteri-guida che Benedetto XVI aveva esposto nella Lettera ai cattolici cinesi del 27 maggio 2007.
In quel documento magisteriale si riconosceva che le procedure per il riconoscimento delle comunità locali da parte delle autorità civili – necessario per operare pubblicamente – possono comportare scelte difficili e controverse per la coscienza dei cattolici, essendo quelle procedure ancora gestite dagli organismi “patriottici” ispirati dal Partito, i quali, estranei alla struttura della Chiesa, pure pretendono di esercitare un ruolo-guida nella vita della compagine ecclesiale. Per questo, nei singoli casi concreti, e «dopo avere riaffermato i principi», si lasciavano le decisioni operative «al singolo vescovo che, sentito il suo presbiterio, è meglio in grado di conoscere la situazione locale, di soppesare le concrete possibilità di scelta e di valutare le eventuali conseguenze all’interno della comunità diocesana» (Lettera di Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese, cap. 7).

Il Papa aveva messo anche in conto che le scelte opinabili del singolo vescovo potessero non trovare il consenso di tutti i sacerdoti e i fedeli. In tal caso, si augurava che tali decisioni fossero comunque accolte, «anche se con sofferenza», per mantenere l’unità della comunità diocesana col proprio pastore.

Proprio il dato controverso dei rapporti del vescovo An con l’Associazione patriottica dà occasione anche alla Santa Sede di attenersi agli orientamenti esposti dal Papa stesso nella Lettera del maggio 2007. Nella complessa situazione pastorale di Baoding il coinvolgimento diretto del vescovo nell’organismo patriottico ha riacceso il malessere e le contestazioni tra quei preti e fedeli clandestini che già criticavano la sua scelta di uscire dalla condizione di clandestinità, e nella lettera del 10 febbraio c’è scritto che tale coinvolgimento «si sarebbe dovuto evitare». Ma una volta che il vescovo ha deciso di accettare la carica di vicepresidente dell’Associazione patriottica diocesana, la Sede apostolica prende atto della sua decisione e non gli chiede di tornare indietro.

La «presenza» del vescovo An negli organismi patriottici non delegittima la sua autorità episcopale agli occhi della Santa Sede. Non vengono sollevate artificiose contrapposizioni dialettiche tra i principi dottrinali e quelle scelte pastorali che qualcuno si ostina a presentare come codarde e riprovevoli forme di cedimento rispetto alle illegittime pretese del regime. Piuttosto, nella lettera stesa da Bertone a nome del Papa, si suggerisce ad An di non uscire di propria iniziativa dalla condizione in cui si è messo, che ora gli consente di esercitare pubblicamente il suo ruolo di guida e di accompagnatore per tutti i preti della diocesi, «sia ufficiali che clandestini».

Con le suddette indicazioni, si fa intravedere a tutti la potenziale efficacia e congruità pastorale dei criteri esposti nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007, quando essi vengono applicati operativamente alle condizioni date. Quel testo affidava ai vescovi il discernimento su come muoversi nelle situazioni locali, tenendo conto dei contesti e delle circostanze. Il vescovo An si è mosso entro i criteri e le possibilità contemplati nella Lettera papale del 2007. E la Santa Sede, attenendosi nei fatti a quella collegialità apostolica che è anche assunzione di condivise responsabilità, gli rinnova la propria fiducia, lo conferma nella sua autorità episcopale e invita tutti a seguirlo, anche quelli che a tutt’oggi non condividono le scelte compiute dal vescovo.

La stessa delicata e cordiale fiducia viene riservata anche a loro: ai critici che finora hanno manifestato con più energia il proprio dissenso nei confronti del vescovo An, fino quasi a rifiutarlo come pastore della diocesi. Nella lettera di febbraio non c’è per loro traccia di rimprovero, non c’è alcun diktat. Il Papa fa soltanto sapere che lui stesso fa conto sul loro sensus Ecclesiae: anche quelli che in passato hanno sofferto più persecuzioni a causa della propria fede, e magari ora fanno più fatica ad accogliere le scelte del vescovo, saranno aiutati da quella stessa fede ad accettare col tempo la nuova situazione.
Così, per accenni, le indicazioni riproposte nella lettera spedita a Baoding dalla Sede apostolica lasciano trasparire anche da dove può venire un possibile nuovo inizio per la tormentata diocesi dell’Hebei.

Non si tratta di tentare fallaci bilanci dei torti e delle ragioni, per stabilire chi ha vinto e chi ha perso, come succede nelle dispute del mondo: anche perché non ci sono mai vincitori ma solo sconfitti nelle derive settarie che magari in nome dell’intransigente attaccamento alle proprie convinzioni finiscono per lacerare la comunione e complicare l’accesso dei fedeli ai mezzi della vita di grazia. Invece è proprio la natura sacramentale della Chiesa che può trasparire nei rapporti tra i suoi membri, compresi i rapporti tra il vescovo e i suoi sacerdoti. E può favorire nel tempo, con pazienza, senza inutili pressioni esterne, quel miracolo della riconciliazione che può passare solo attraverso i cuori e le coscienze dei singoli, abbracciando tutti e perdonando tutto. Così che sia più facile per tutti i cristiani di Baoding «vivere una vita calma e tranquilla, con tutta pietà e dignità», come scrisse san Paolo nella sua prima Lettera all’amico Timoteo.


Caterina63
00domenica 29 luglio 2012 21:57

Lettera al vescovo della diocesi di Baoding


 


del cardinale Tarcisio Bertone


A sua eccellenza reverendissima
Francesco An Shuxin
vescovo coadiutore di Baoding
Baoding, Repubblica Popolare Cinese

N. 696/10/RS

Dal Vaticano, 10 febbraio 2010
Caro fratello vescovo,
sua santità Benedetto XVI è stato lieto di leggere la lettera che lei gli aveva scritto il 12 novembre 2009, nella quale lei ha espresso i propri sentimenti di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e la sua filiale devozione per il Successore di Pietro.

A questo riguardo, Sua Santità mi ha richiesto di comunicare a Sua Eccellenza ciò che segue:
1) Il Santo Padre è spiritualmente vicino a lei, al vescovo diocesano Giacomo Su Zhimin e all’intera comunità diocesana. Egli segue la vita della Chiesa in Cina con grande attenzione, mostrando una speciale sollecitudine per quelle comunità diocesane che vivono in situazioni particolarmente difficili.

2) Il Sommo Pontefice invia una benedizione speciale al vostro vescovo diocesano Giacomo Su Zhimin, che per molti anni è stato privato della libertà e della possibilità di esercitare il suo ministero episcopale nei riguardi del popolo affidato alla sua cura pastorale.


3) Riguardo alla sua concelebrazione eucaristica con il vescovo Giovanni Su Changshan, adesso ognuno è in grado di sapere che questo avvenne perché sua eccellenza era consapevole che il vescovo Su Changshan desiderava ardentemente e aveva richiesto con insistenza la piena comunione con il Santo Padre. Il vescovo Su fu turbato da tale situazione che gli provocò molta sofferenza, e ha atteso la risposta della Santa Sede alle proprie lettere, nelle quali egli ha dato assicurazioni sul fatto che la propria ordinazione episcopale senza mandato papale è avvenuta contro la propria volontà. Questo caso si deve considerare chiuso.


4) La Santa Sede è consapevole che la sua presenza nell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi provoca difficoltà e questioni che sono delicate e complesse. Nella vostra specifica situazione, una simile decisione si sarebbe dovuta evitare. Nondimeno, nelle circostanze presenti sembra preferibile che sua eccellenza non rinunci di propria iniziativa alla possibilità che lei attualmente ha di agire in forma ufficiale e accompagni e guidi tutti i suoi preti, sia ufficiali che clandestini. La Santa Sede continuerà a seguire la questione e se ci saranno sviluppi significativi essa non mancherà di fornire aiuto a sua eccellenza con orientamenti appropriati.


5) Nel frattempo, la Santa Sede conta sull’obbedienza che tutto il clero di Baoding deve a lei, in assenza del vescovo Su Zhimin. La Santa Sede comprende i sacrifici che questo richiede a tutti gli interessati, ma l’unità del presbiterio intorno al vescovo offrirà una significativa e coerente testimonianza di fedeltà a Cristo e di amore per la Chiesa, favorirà l’armonia e l’unità dei cuori e promuoverà lo zelo missionario di tutti i membri della diocesi di Baoding.


6) Con questi sentimenti, il Sommo Pontefice invoca la divina protezione su sua eccellenza e sui sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli laici della diocesi di Baoding, e impartisce la sua benedizione apostolica.

Mentre ci avviciniamo alla celebrazione del Capodanno cinese, mi consenta di associarmi alla preghiera e agli auguri del Santo Padre affinché l’imminente tempo di Quaresima possa fornire un’opportunità per un nuovo impegno e un rinnovamento da parte dell’intera comunità diocesana di Baoding in fedele servizio a Cristo e alla Chiesa.

Chiedendole di portare quanto sopra all’attenzione della diocesi di Baoding nel modo che lei considera più opportuno, io affido il vescovo Su Zhimin, come anche sua eccellenza e tutti i sacerdoti, religiosi e fedeli laici, all’intercessione della Beata Vergine Maria, venerata a Donglu con il titolo di Nostra Signora della Cina. Assicurandole le mie preghiere e i fraterni auguri, rimango
suo in Cristo,

cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato


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Caterina63
00lunedì 7 gennaio 2013 19:50
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IL PAPA RENDE OMAGGIO ALLA CHIESA MARTIRE DI CAMBOGIA

Città del Vaticano, 7 gennaio 2013 (VIS). In occasione del Congresso nazionale della Chiesa in Cambogia, il Papa ha fatto pervenire un video-messaggio in cui ricorda "la fede, il coraggio e la perseveranza" dei pastori e dei fedeli cattolici all'epoca dei Kmer rossi quando furono assassinati molti cristiani. Il Congresso si è svolto a Phnom Penh dal 5 al 7 gennaio sul tema: "Il Concilio Vaticano II e la Chiesa". Di seguito riportiamo il testo integrale del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI.

"Cari fratelli e sorelle di Cambogia,

è con grande gioia che mi unisco a voi con la preghiera e con il cuore e che vi invio affettuosi saluti mentre siete riuniti con i vostri pastori per celebrare il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II ed il ventesimo anniversario del Catechismo della Chiesa Cattolica. Auspico che la traduzione in lingua cambogiana dei documenti conciliari e del Catechismo, che riceverete in questa occasione, vi permettano di meglio comprendere l'insegnamento della Chiesa e di crescere nella fede".

"In quest'Anno della Fede, vi invito a tenere lo sguardo fisso sulla persona di Gesù Cristo che è l'origine e il termine della nostra fede ed a riaffermare che Egli è la Buona Novella per il mondo di oggi. In Lui, gli esempi di fede che hanno contraddistinto la nostra storia, trovano la loro piena luce. Anche nel ricordare il periodo di difficoltà che precipitò il vostro Paese nell'oscurità, vorrei sottolineare come la fede, il coraggio e la perseveranza dei vostri pastori e dei vostri fratelli e sorelle cristiani, dei quali molti hanno trovato la morte, sia una nobile testimonianza resa alla verità del Vangelo. E questa testimonianza è divenuta una inestimabile forza spirituale per ricostruire la comunità ecclesiale nel vostro Paese. Oggi i numerosi catecumeni ed i battesimi di adulti dimostrano il vostro dinamismo e sono un felice segno dell'attiva presenza di Dio in voi.

Cari fratelli e sorelle, con l'Apostolo Paolo, vi esorto a 'conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace'. Siate certi delle preghiere dei vostri fratelli e sorelle il cui sangue è stato sparso nei campi di riso! Siate lievito nella vostra società, testimoniando l'amore di Cristo per tutti, edificando vincoli di fratellanza con i membri di altre tradizioni religiose e percorrendo le vie della giustizia e della misericordia.

Cari giovani, amici che siete stati battezzati negli ultimi anni, non dimenticate che la Chiesa è la vostra famiglia; essa conta su di voi per testimoniare la Vita e l'Amore che avete trovato in Gesù. Prego per voi e vi invito ad essere generosi discepoli di Cristo.

Seminaristi, sacerdoti e religiosi cambogiani, voi siete un segno del germe che la Chiesa sta edificando in voi. Avete offerto la vostra vita e le vostre preghiere quale fonte di speranza. Che esse siano anche un invito ad altri giovani a dedicare la propria vita al sacerdozio e alla vita consacrata secondo il cuor di Dio.

Missionari, religiosi, laici consacrati dei cinque continenti, siate il bel segno della comunione ecclesiale con i vostri pastori così che la vostra fratellanza nella diversità dei vostri carismi, conduca le molte persone che voi servite con amore e zelo, ad incontrare Gesù Cristo.

E tutti voi, che cercate Dio, perseverate e siate certi che Cristo vi ama e vi offre la Sua pace!

Cari fratelli e sorelle, pastori e fedeli della Cambogia, che la Vergine Maria, Nostra Signora di Mekong, nella sua umiltà e fedeltà alla volontà del Signore, vi illumini in questo Anno della Fede. Siate certi che vi ricordo nella preghiera e dal profondo del cuore imparto a tutti la mia Benedizione Apostolica!





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