Per il card. Ruini esiste una terza via che metta d'accordo tutti sull'educazione

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Caterina63
00mercoledì 23 settembre 2009 19:36
Il rapporto curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale

La terza via della Chiesa in Italia
per l'educazione del Paese


Per il cardinale Ruini è necessaria la collaborazione di tutti

di Marco Bellizi

L'obiettivo sarebbe quello di arrivare a una grande alleanza, con le istituzioni e il mondo del lavoro, per il bene dei giovani e del Paese intero. Nell'attesa e nella speranza che diventi un traguardo raggiungibile, la Chiesa in Italia si fa carico intanto di indicare una strada per superare quella che è stata indicata da tempo come un'emergenza sociale.

Il rapporto La sfida educativa (Editori Laterza, Roma-Bari, 2009, pagine 223, euro 14) a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei) - presentato a Roma nel pomeriggio del 23 settembre - è per questo motivo anche una proposta. Si tratta di superare da una parte l'impostazione, contestata, dell'educazione delle nuove generazioni intesa come esercizio e trasmissione della disciplina, e, dall'altra, lo spontaneismo individualistico in virtù del quale, nella scuola così come nelle altre agenzie educative, i discenti sono lasciati liberi di sperimentare, scegliere i contenuti educativi, dare libero sfogo alle esigenze di autoaffermazione della propria personalità.

Modelli, come è stato osservato, risultati sconfitti alla prova dei fatti, se è vero - e il rapporto in questione lo conferma con puntuali dati statistici - che i giovani faticano a riconoscere modelli credibili cui fare riferimento e devono affrontare i pericoli di un processo di formazione della propria identità insidiato da un pluralismo di messaggi e contenuti educativi che troppo spesso sconfinano nel relativismo. La nostra società - ha scritto nella prefazione al volume il presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, il cardinale Camillo Ruini - "ha abdicato al suo compito educativo. In nome di una sterile neutralità, ha abbandonato i giovani alla loro solitudine, sempre più in balia della violenza e della volgarità e sempre più incapaci di venire a capo della loro vita". La Chiesa - scrive il cardinale - è cosciente dell'attuale "emergenza educativa"; "sa però altrettanto bene che non si tratta in alcun modo di un suo compito esclusivo e che occorre invece promuovere una collaborazione aperta a tutto campo".

L'educazione, pur essendo oggi riconosciuta come un'urgenza, rimane per sua natura - ha ricordato il cardinale Ruini presentando il rapporto - una sfida di lungo periodo:  "Per questo è indispensabile realizzare intorno a essa una convergenza che superi, almeno in qualche misura, il variare delle situazioni, delle idee, degli interessi". Per questo motivo il libro è "rivolto non solo alla Chiesa, ma all'intero Paese e alle sue classi dirigenti, per offrire un contributo per un'alleanza educativa di lungo periodo".

Il rapporto - ha aggiunto il porporato - "analizza la situazione italiana, ma è anche una proposta che cerca di offrire un orientamento, un'indicazione di massima per il breve ma anche per il medio e lungo periodo", a partire dalla consapevolezza della "gravità che la questione dell'educazione ha in Italia, nel mondo occidentale e forse nel mondo intero". Un "approccio globale, e non settoriale", dunque, quello del volume curato dalla Cei, che "prende in considerazione certo le agenzie educative classiche, come la famiglia, la scuola e la Chiesa, ma anche gli ambienti e i contesti di vita che plasmano le persone, sia nel fare - il lavoro, l'impresa, il consumo - sia nell'immaginare:  la comunicazione, lo spettacolo, lo sport".

Al centro del rapporto - ed è questa la terza via che si indica - c'è l'educazione intesa come "processo umano globale e primordiale, in cui entrano in gioco gli aspetti fondamentali dell'uomo e della donna, come la relazionalità e il bisogno di amore e di essere amati". In gioco, quindi, è la "credibilità degli educatori", all'interno di una concezione di educazione "come nascita, generazione, genesi del soggetto umano", e nella quale è dunque "decisiva la domanda antica e sempre nuova su chi è l'uomo, chi siamo noi".
 
Oggi - ha detto ancora il cardinale Ruini - "c'è una grande difficoltà a fare sintesi sull'idea di uomo, sottoposta a molte tensioni:  quando non si sa con precisione cosa sia l'uomo, è difficile educare". Di qui la necessità di "incrociare" l'idea di educazione alle "situazioni umane in cui ha luogo l'educazione in Italia". Per quanto riguarda il "versante interno", il rapporto si ricollega agli orientamenti pastorali della Cei per il prossimo decennio, ma "la sua finalità principale è molto più vasta".

Alla presentazione del volume hanno preso parte anche alcuni dei principali interlocutori di questa sfida educativa, in rappresentanza del mondo della scuola e delle istituzioni, come il ministro Mariastella Gelmini, del mondo del lavoro, come il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e dei media, come il presidente della Rai, Paolo Garimberti. Il ministro dell'Istruzione, università e ricerca ha concordato sulla necessità di un nuovo patto educativo:  "Occorre - ha detto - ripristinare un'alleanza tra i due pilastri che reggono l'educazione, ovvero la famiglia e la scuola" ma, allo stesso tempo, occorre allargare il dibattito a tutta la società. C'è bisogno - ha aggiunto - di "suscitare più attenzione e c'è bisogno che gli educatori, le famiglie, i media e le migliori menti del Paese offrano un contributo prezioso al dibattito".

Il ministro ha poi affrontato il tema dell'integrazione degli immigrati, sottolineando come sia necessario "un dialogo e non una resa" di fronte a culture e religioni diverse, e come debba esigersi dunque "un momento di difesa dell'identità del Paese".


Occorre naturalmente investire sulle nuove generazioni, anche perché - ha osservato Emma Marcegaglia - l'Italia è "un Paese che sostanzialmente non premia i giovani", e una scuola migliore "è il migliore ascensore sociale che possiamo offrire".

La principale agenzia educativa rimane però la famiglia. Se la terza via fra educazione-disciplina e spontaneismo individuale è la relazione fra chi insegna e chi apprende, con ruoli che inevitabilmente si scambiano, la famiglia continua a essere imprescindibile. "La nostra società - ha osservato il sociologo Pierpaolo Donati, dell'università di Bologna, che ha collaborato alla realizzazione del rapporto - non è più capace di orientare i propri figli". La famiglia - ha osservato - è "mediatrice fra le generazioni, in essa si generano tutte le diverse educazioni. Eppure in Italia è stata lasciata sola in questo suo compito. Alla famiglia oggi si imputa, e l'accusa è falsa, di non educare più ma di discriminare". Ma è da qui, dalla verità sull'uomo, che occorre ripartire.



(©L'Osservatore Romano - 24 settembre 2009)
Caterina63
00giovedì 1 ottobre 2009 15:36
Brillante come sempre...ecco una risposta ed un approfondimento davvero interessante di padre Giovanni Scalese dal suo Blog, appunto: senza peli sulla lingua....

Naturalmente lo condivido in totos....e lo faccio mio...


Magister, Ruini e il Progetto culturale

Non so se ricordate, nel mio post del 21 settembre ponevo la domanda: «Qualcuno sa dirmi che cosa sta succedendo?». Ebbene, ricevetti immediata risposta, il giorno stesso, da Sandro Magister, che pubblicò un articolo sul suo sito www.chiesa, dove spiegava la posta in gioco: il Progetto culturale promosso dal Card. Ruini. In quell’articolo Magister cercava di dimostrare la vitalità di tale Progetto contro chi lo dava per morto. Le prove di tale vitalità: «una proposta al paese su “l’emergenza educativa”, una nuova scuola di teologia applicata a una società “plurale”, un convegno internazionale su “Dio oggi”».

Questo avveniva il 21 settembre, giorno in cui doveva iniziare la riunione del Consiglio permanente della CEI. Probabilmente, Magister deve essersi reso conto che nella Conferenza episcopale non c’è poi tutto questo entusiasmo per il Progetto culturale; ed ecco che ieri è tornato alla carica con un’intervista pubblicata sul
Foglio. Tale intervista risulta ancora piú esplicita dell’articolo di una settimana fa. Ora, a poco a poco, incominciano a delinearsi i contorni della partita in corso.

A prima vista, le forze in gioco, secondo Magister, sarebbero le seguenti: da una parte la CEI, dall’altra la Segreteria di Stato; da una parte Avvenire, dall’altra L’Osservatore Romano. Aggiungo io: da una parte Magister, dall’altra Vian (si vedano le scaramucce da me riportate nel succitato post del 21 settembre).

Magister non fa nulla per nascondere la sua insofferenza verso la nuova linea adottata dal Card. Bertone, «linea “concordataria”, fatta di buon vicinato, di rapporti istituzionali cortesi, utilizzata anche dove i concordati non ci sono proprio», una linea secondo Magister, non «all’altezza delle linee maestre dei due grandi pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI». Per dimostrare la sua tesi, Magister allarga lo scenario: l’attuale politica della Segreteria di Stato non solo non è condivisa dalla Conferenza episcopale italiana, ma neanche da quella americana e neppure dal Card. Zen.

Magister sa il fatto suo; non parla a vanvera. I fatti a cui fa riferimento non possono in alcun modo essere negati. Che con l’avvento di Bertone alla Segreteria di Stato ci sia stato un cambiamento di rotta, è abbastanza evidente. Che questo possa destare qualche perplessità, è comprensibile. Mi sembra altrettanto legittimo che non solo i giornalisti, ma anche dei Vescovi possano avanzare delle riserve. Anche perché bisogna riconoscere che, in qualche caso, sono state prese posizioni piuttosto discutibili. Magister non lo rammenta, ma in questo quadro va inserito anche l’increscioso incidente dell’Osservatore Romano con l’Arcivescovo di Recife, a proposito della bambina brasiliana costretta ad abortire. In quell’occasione dovette intervenire la Congregazione per la dottrina della fede a chiudere il caso.

Tutto questo è vero. Però lo stesso Magister è costretto ad ammettere che la partita che si sta giocando è, in fondo, tutta italiana. Senza scomodare la Segreteria di Stato e le sue innegabili tensioni con gli episcopati in diverse parti del mondo, va serenamente riconosciuto che il conflitto è interno alla Chiesa italiana. Non sono un vaticanista, ma mi sembra piuttosto evidente che il vero problema sia l’uscita di scena del Card. Ruini e la sorte del sua creatura, quel Progetto culturale attraverso il quale Ruini pensava di rimanere in qualche modo protagonista anche del “dopo-Ruini”.

Personalmente trovo del tutto normale che una successione provochi qualche scossa di assestamento. Da che mondo è mondo, in qualsiasi ambiente, è sempre avvenuto. Soprattutto quando un determinato ruolo è stato ricoperto dalla stessa persona per tanti anni, e diciamo pure con un certo successo, è inevitabile che l’eredità si riveli alquanto pesante per chi è chiamato a succedergli. Per quanto il successore scelga una linea di continuità, è normale che egli abbia un carattere diverso, adotti uno stile diverso e debba affrontare problemi diversi. Se poi il predecessore aveva una personalità forte, capace di riscuotere l’unanimità e di mettere a tacere eventuali voci discordi, è ovvio che, non appena egli viene sostituito, quell’unanimità improvvisamente scompaia, e ciascuno abbia da dire la sua, dando l’impressione che la CEI sia diventata un’armata Brancaleone.

Ho l’impressione che stia succedendo in Italia quanto, qualche anno fa, accadde nelle Filippine, alla morte del Card. Sin. Fino ad allora sembrava che ci fosse un episcopato compatto (tanto è vero che fu capace di far dimettere due capi di Stato); ora invece ogni Vescovo sembra andare per la sua strada. Ma so per certo che durante la gestione Sin, molti Vescovi non erano affatto d’accordo con lui; solo, non avevano la possibilità (o il coraggio) di esprimere il loro dissenso. Anche in Italia sta avvenendo qualcosa di simile: probabilmente sta emergendo l’insofferenza di molti Vescovi per la linea di Ruini; una linea che allora non poteva essere messa in discussione, ma che ora non si vede il motivo di continuare a seguire.

E veniamo al Progetto culturale. È ovvio che, finché c’era Ruini, esso passava come una scelta della Conferenza episcopale (mentre in realtà era una iniziativa del suo Presidente), e nessuno, per quanto discorde, si permetteva di criticarlo. Ora che Ruini non c’è piú, questo malessere probabilmente sta venendo a galla; e, sebbene per il momento non ci sia un esplicito rifiuto, lo si ignora, lasciando che se ne occupi personalmente il promotore. Assai significativo quanto afferma Magister: «Il Progetto culturale è vivo e continua a operare. Ma c’è, allo stesso tempo, un’inspiegabile freddezza a livelli anche alti della gerarchia cattolica, rispetto a queste iniziative ... Nella stessa prolusione del cardinale Bagnasco ai lavori dell’ultimo consiglio permanente della Cei, le parole “Progetto culturale” non sono state mai pronunciate, nonostante sia noto che proprio il Progetto culturale è uno dei bersagli fondamentali della tumultuosa operazione condotta per defenestrare Boffo. Nessun accenno nemmeno al convegno su Dio, che pure la Cei ha promosso».

Tento di dare una spiegazione. Probabilmente, quando Ruini è andato in pensione, per non farlo sentire messo da parte, e anche come forma di riconoscimento per quanto aveva fatto per la Chiesa italiana, gli si era voluto dare questo “contentino”: Continua ad occuparti del Progetto culturale; in fondo, si tratta di una tua creatura. E forse sta qui l’errore, che è all’origine di tutte le inquietudini odierne. Sí, perché il Progetto culturale non è un giocattolo; o meglio, è un giocattolo estremamente costoso: pensate che certe iniziative non costino nulla? Il Progetto culturale è una macchina mangia-soldi, con risultati peraltro ancora tutti da verificare. Penso (sia ben chiaro, si tratta di una mia supposizione; non ho alcuna entratura negli episcopi d’Italia) che tutto questo incominci a infastidire diverse Eccellenze. Finché Ruini era Presidente della CEI, non si poteva dire nulla; ma ora che lui non è piú nulla, perché continuare a buttar via soldi, senza vederne l’utilità? Oltre tutto, molti Vescovi devono cominciare a temere che da un giorno all’altro qualcuno possa mettere in discussione il meccanismo dell’8 per mille. L’attuale utilizzo dell’8 per mille (Avvenire, Sat2000, Progetto culturale) corrisponde alle finalità per cui esso è stato istituito? Ricordo che, quando ero rettore della Querce, posi espressamente anche a un certo livello la questione di un eventuale finanziamento “interno” delle scuole cattoliche, attingendo all’8 per mille. Fu risposto categoricamente che ciò non era possibile, perché non rientrava fra i suoi obiettivi...

Per cui, tutto sommato, piuttosto che parlare di un possibile conflitto fra CEI e Segreteria di Stato, forse sarebbe piú esatto dire che la Santa Sede si sta facendo in questo momento interprete dei sentimenti di una parte dell’episcopato italiano. Quando, il 9 settembre scorso, il Direttore dell’Osservatore Romano, alla presenza del Card. Ruini, paragonava il Progetto culturale all’Araba Fenice, probabilmente dava voce a un sentimento piú diffuso di quanto non sembri, anche fra i Vescovi.

Io, comunque, una proposta ce l’avrei per venir fuori da questo pasticcio. Vediamo se il Card. Bagnasco la prenderà in considerazione: perché non nominare Sandro Magister Direttore di Avvenire? Allora sí che ci sarà da divertirsi...




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