L'obiettivo sarebbe quello di arrivare a una grande alleanza, con le istituzioni e il mondo del lavoro, per il bene dei giovani e del Paese intero. Nell'attesa e nella speranza che diventi un traguardo raggiungibile, la Chiesa in Italia si fa carico intanto di indicare una strada per superare quella che è stata indicata da tempo come un'emergenza sociale.
Il rapporto La sfida educativa (Editori Laterza, Roma-Bari, 2009, pagine 223, euro 14) a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei) - presentato a Roma nel pomeriggio del 23 settembre - è per questo motivo anche una proposta. Si tratta di superare da una parte l'impostazione, contestata, dell'educazione delle nuove generazioni intesa come esercizio e trasmissione della disciplina, e, dall'altra, lo spontaneismo individualistico in virtù del quale, nella scuola così come nelle altre agenzie educative, i discenti sono lasciati liberi di sperimentare, scegliere i contenuti educativi, dare libero sfogo alle esigenze di autoaffermazione della propria personalità.
Modelli, come è stato osservato, risultati sconfitti alla prova dei fatti, se è vero - e il rapporto in questione lo conferma con puntuali dati statistici - che i giovani faticano a riconoscere modelli credibili cui fare riferimento e devono affrontare i pericoli di un processo di formazione della propria identità insidiato da un pluralismo di messaggi e contenuti educativi che troppo spesso sconfinano nel relativismo. La nostra società - ha scritto nella prefazione al volume il presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, il cardinale Camillo Ruini - "ha abdicato al suo compito educativo. In nome di una sterile neutralità, ha abbandonato i giovani alla loro solitudine, sempre più in balia della violenza e della volgarità e sempre più incapaci di venire a capo della loro vita". La Chiesa - scrive il cardinale - è cosciente dell'attuale "emergenza educativa"; "sa però altrettanto bene che non si tratta in alcun modo di un suo compito esclusivo e che occorre invece promuovere una collaborazione aperta a tutto campo".
L'educazione, pur essendo oggi riconosciuta come un'urgenza, rimane per sua natura - ha ricordato il cardinale Ruini presentando il rapporto - una sfida di lungo periodo: "Per questo è indispensabile realizzare intorno a essa una convergenza che superi, almeno in qualche misura, il variare delle situazioni, delle idee, degli interessi". Per questo motivo il libro è "rivolto non solo alla Chiesa, ma all'intero Paese e alle sue classi dirigenti, per offrire un contributo per un'alleanza educativa di lungo periodo".
Il rapporto - ha aggiunto il porporato - "analizza la situazione italiana, ma è anche una proposta che cerca di offrire un orientamento, un'indicazione di massima per il breve ma anche per il medio e lungo periodo", a partire dalla consapevolezza della "gravità che la questione dell'educazione ha in Italia, nel mondo occidentale e forse nel mondo intero". Un "approccio globale, e non settoriale", dunque, quello del volume curato dalla Cei, che "prende in considerazione certo le agenzie educative classiche, come la famiglia, la scuola e la Chiesa, ma anche gli ambienti e i contesti di vita che plasmano le persone, sia nel fare - il lavoro, l'impresa, il consumo - sia nell'immaginare: la comunicazione, lo spettacolo, lo sport".
Al centro del rapporto - ed è questa la terza via che si indica - c'è l'educazione intesa come "processo umano globale e primordiale, in cui entrano in gioco gli aspetti fondamentali dell'uomo e della donna, come la relazionalità e il bisogno di amore e di essere amati". In gioco, quindi, è la "credibilità degli educatori", all'interno di una concezione di educazione "come nascita, generazione, genesi del soggetto umano", e nella quale è dunque "decisiva la domanda antica e sempre nuova su chi è l'uomo, chi siamo noi".
Oggi - ha detto ancora il cardinale Ruini - "c'è una grande difficoltà a fare sintesi sull'idea di uomo, sottoposta a molte tensioni: quando non si sa con precisione cosa sia l'uomo, è difficile educare". Di qui la necessità di "incrociare" l'idea di educazione alle "situazioni umane in cui ha luogo l'educazione in Italia". Per quanto riguarda il "versante interno", il rapporto si ricollega agli orientamenti pastorali della Cei per il prossimo decennio, ma "la sua finalità principale è molto più vasta".
Alla presentazione del volume hanno preso parte anche alcuni dei principali interlocutori di questa sfida educativa, in rappresentanza del mondo della scuola e delle istituzioni, come il ministro Mariastella Gelmini, del mondo del lavoro, come il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e dei media, come il presidente della Rai, Paolo Garimberti. Il ministro dell'Istruzione, università e ricerca ha concordato sulla necessità di un nuovo patto educativo: "Occorre - ha detto - ripristinare un'alleanza tra i due pilastri che reggono l'educazione, ovvero la famiglia e la scuola" ma, allo stesso tempo, occorre allargare il dibattito a tutta la società. C'è bisogno - ha aggiunto - di "suscitare più attenzione e c'è bisogno che gli educatori, le famiglie, i media e le migliori menti del Paese offrano un contributo prezioso al dibattito".
Il ministro ha poi affrontato il tema dell'integrazione degli immigrati, sottolineando come sia necessario "un dialogo e non una resa" di fronte a culture e religioni diverse, e come debba esigersi dunque "un momento di difesa dell'identità del Paese".
Occorre naturalmente investire sulle nuove generazioni, anche perché - ha osservato Emma Marcegaglia - l'Italia è "un Paese che sostanzialmente non premia i giovani", e una scuola migliore "è il migliore ascensore sociale che possiamo offrire".
La principale agenzia educativa rimane però la famiglia. Se la terza via fra educazione-disciplina e spontaneismo individuale è la relazione fra chi insegna e chi apprende, con ruoli che inevitabilmente si scambiano, la famiglia continua a essere imprescindibile. "La nostra società - ha osservato il sociologo Pierpaolo Donati, dell'università di Bologna, che ha collaborato alla realizzazione del rapporto - non è più capace di orientare i propri figli". La famiglia - ha osservato - è "mediatrice fra le generazioni, in essa si generano tutte le diverse educazioni. Eppure in Italia è stata lasciata sola in questo suo compito. Alla famiglia oggi si imputa, e l'accusa è falsa, di non educare più ma di discriminare". Ma è da qui, dalla verità sull'uomo, che occorre ripartire.