Pio XII e il suo legame con Maria: enciclica Ad Caeli Reginam

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Caterina63
00venerdì 25 settembre 2009 20:56
9 ottobre 1958: muore Eugenio Maria Pacelli




 
di SERGIO GASPARI smm


Pio XII: il "Papa della Madonna"

   

«Costantemente ha esortato mariologi e pastori d’anime ad unire la pietà mariana con la teologia fondata sulla Bibbia, la tradizione e il magistero della Chiesa».

  

Cinquant’anni fa, il 9 ottobre 1958, nella residenza estiva di Castelgandolfo moriva Pio XII (Eugenio Maria Pacelli, 1876-1958), pontefice dal 1939 al 1958, detto, per antonomasia, il "Papa della Madonna". Il Pastore supremo che scomunicò nel 1949 i comunisti atei, ma che si era adoperato indefessamente per l’assistenza alle vittime della seconda guerra mondiale, che già preconizzava della futura Europa unita: «Tecnicamente gigante, spiritualmente atrofizzata», il Papa che avviò le prime riforme liturgiche effettuate poi dal Vaticano II (1962-65).

Nel Battesimo, al nome di Eugenio, veniva aggiunto quello di Maria. Giovane diciottenne, il 13 dicembre 1894, si iscriveva nella Congregazione mariana dei Gesuiti in Roma. Celebrava la sua prima Messa dinanzi alla "Salus Populi romani" di Santa Maria Maggiore (3 aprile 1899). Il suo primo discorso da sacerdote fu sulla Vergine. Veniva consacrato vescovo il giorno stesso in cui a Fatima appariva la Madonna (13 maggio 1917). La sua elevazione a cardinale fu annunciata la vigilia dell’Immacolata (7 dicembre 1929). Eletto Papa il 2 marzo 1939, nello stringere tra le mani il timone della nave di Pietro, affidava il suo pontificato a Maria "Stella del mare". Si ammalò la prima domenica di ottobre (5 ottobre 1958), festa della Madonna del rosario; spirava, con il rosario in mano, il 9 ottobre.


«De Maria numquam satis»


Il secolo XX è stato definito il "secolo di Maria". Ma per taluni si è rivelato piuttosto l’èra delle «esuberanze della devozione mariana», culminate con il pontificato di Pio XII. Però egli è il Pontefice più citato dal Vaticano II, concilio non certo incline al facile e superficiale devozionalismo. Per cui dobbiamo asserire: Pacelli è stato Papa mariano perché cristocentrico. Ben consapevole dell’adagio: De Maria numquam satis, egli costantemente ha esortato mariologi e pastori d’anime ad unire la pietà mariana, solida e profonda, con la teologia fondata sulla Bibbia, la tradizione e il magistero della Chiesa. Ecco come delineava la consacrazione a Maria, sicuro mezzo di unione a Cristo. Il 21 luglio 1947, nel discorso tenuto ai pellegrini convenuti a Roma per la canonizzazione di Louis Marie Grignion de Montfort, affermava: «L’autore del Trattato della vera devozione a Maria Vergine distingue con pochi tratti questa autentica devozione da una falsa devozione più o meno superstiziosa... La vera devozione, quella della tradizione, quella della Chiesa, quella, diremo Noi, del buon senso cristiano e cattolico, tende essenzialmente all’unione con Gesù, sotto la guida di Maria. La forma e la pratica di questa devozione possono variare a seconda del tempo, dei luoghi e delle inclinazioni personali. Nei limiti della dottrina sana e sicura, dell’ortodossia e della dignità del culto, la Chiesa lascia ai suoi figli un giusto margine di libertà».

                                       Pio XII

E nel 1958, ancora ai Monfortani, puntualizzava: «I missionari della Compagnia di Maria sono stati chiamati a guidare le anime a nostro Signore per mezzo della Santissima Vergine, nello spirito della devozione speciale che il Fondatore possedeva in alto grado».

Condurre gli uomini a Cristo

Parlando dell’Eucaristia e della Vergine, Pio XII ricordava: «Maria non ha altro desiderio che di condurre gli uomini a Cristo, di introdurli nel cuore del mistero della redenzione che è l’Eucaristia». Egli, che nel 1953 aveva approvato una riforma del Piccolo Ufficio della Beata Vergine Maria, risalente al sec. X, e che ogni anno raccomandava il mese mariano di maggio, il 26 aprile 1958 ribadiva: «L’essenza della devozione a Maria consiste in primo luogo... in un sentimento filiale, che cerca di contraccambiare in qualche modo il suo amore di madre. Ma la venerazione non sarebbe sincera, la confidenza non sarebbe veramente profonda e l’amore non andrebbe oltre il sentimento e le parole, se l’anima che si dice devota di Maria, non si studiasse di imitarne le virtù, di ritrarne in sé la vita».

Nell’atto di consacrazione della Chiesa e di tutto il genere umano al Cuore Immacolato di Maria (31 ottobre 1942), Pacelli non faceva alcun accenno alla lettera di suor Lucia di Fatima, che raccomandava, secondo le parole della Vergine, tale consacrazione, ma in primo luogo erano i fondamenti teologici a indurre il Pontefice a quel gesto consacratorio.

Il magistero mariano

Il magistero mariano di Pacelli è sterminato. Cerchiamo di ricordarne i principali eventi.

1 Consacrazione del mondo. Aderendo alla supplica dell’Episcopato portoghese, nel 25mo delle apparizioni della Madonna a Fatima e 25mo della sua consacrazione episcopale, in piena guerra, Pio XII ha consacrato il mondo al Cuore Immacolato di Maria (31 ottobre 1942), invocandola "Rifugio del genere umano" e affidando alla sua protezione materna il mondo intero. Questa consacrazione, da un evidente risvolto politico e sociale, affondava le sue radici nel dogma dell’Immacolata, anche se aveva ricevuto un forte impulso dai messaggi di Fatima. Lo stesso Papa ha consacrato alla Madonna la Russia (1952) e la Spagna (1954). Sotto il suo pontificato si è avuta la consacrazione alla Vergine di intere nazioni, come il Venezuela nel 1952.

2 Definizione del dogma dell’Assunta (1950).

Come già aveva fatto il beato Pio IX per il dogma dell’Immacolata Concezione, Pio XII chiese a tutto l’Episcopato cattolico mediante l’enciclica Deiparae Virginis (1° maggio 1946) se riteneva opportuna la definizione dell’Assunta (il movimento a favore, nei primi due decenni del 1900 aveva raccolto 8.036.393 firme). Avuta risposta affermativa, il Papa il 1° novembre 1950 (anno giubilare), con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus, proclamò il dogma dell’Assunzione con la formula: «Pronunziamo, dichiariamo e definiamo che l’Immacolata sempre Vergine Maria, terminato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste, in anima e corpo».

3 Il posto di Maria madre nel Corpo mistico di Cristo.

Pio XII ha precisato il posto della Vergine nel Corpo mistico di Cristo. Nell’epilogo dell’enciclica Mystici Corporis Christi (29 giugno 1943) affermava: Maria «offrì Gesù all’Eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore come no-vella Eva, per tutti i figli di Adamo, contaminati dalla miseranda prevaricazione di lui». Altrove presentava la Madre associata al Figlio in tutta l’opera redentrice: «Come Madre e Ministra al Re dei martiri nell’opera ineffabile dell’umana redenzione, gli è sempre associata con un potere quasi immenso nella distribuzione delle grazie» (cf L’Osservatore Romano, 19 maggio 1946). E nella Munificentissimus Deus ribadiva: Maria è «unita strettamente al suo Figlio divino e sempre partecipe della sua sorte».

Così Pio XII ha esplicitato la maternità universale di Maria. Nella Mystici Corporis Christi scriveva: «Per il Corpo mistico di Cristo, nato dal cuore aperto del nostro Salvatore, (Maria) ebbe quella stessa materna sollecitudine e premurosa carità, con la quale nella culla ristorò e nutrì del suo latte il bambino Gesù». Però, secondo autorevoli testimonianze, egli non era convinto dell’opportunità di definire Maria "mediatrice di tutte le grazie", come recitano i testi della festa liturgica, definizione invece richiesta e promossa dal card. Desiré Mercier (+1926). La dottrina della mediazione è riemersa durante il Concilio. Difatti la definibilità dogmatica è stata richiesta da ben 300 vescovi, ma un prestigioso padre conciliare il 20 giugno 1962 dichiarò: «La proposta di un nuovo titolo, specie quello di Mediatrice da accordarsi a Maria Santissima, mi parrebbe inopportuna e anche dannosa». Il Vaticano II comunque ha precisato la dottrina della mediazione mariana nella Lumen gentium n. 60.

Salus
Immagine della "Salus Populi romani".

4 Anno mariano.

Il primo Anno mariano (1954) è stato indetto da Pio XII con l’enciclica
Fulgens corona (8 settembre 1953), a coronamento del primo centenario della definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione. Fu solennemente inaugurato dal Pontefice stesso l’8 dicembre 1953 in Santa Maria Maggiore e simultaneamente in tutte le diocesi cattoliche del mondo. Le manifestazioni spettacolari di quell’anno furono coronate da un vero rinnovamento spirituale. Anno ricco anche di iniziative culturali, sociali e caritative. Fu chiuso in San Pietro il 1° novembre 1954 dal Pontefice, con l’incoronazione della Vergine "Salus Populi romani" e l’istituzione della festa di Maria Regina.

5 Istituzione della festa di Maria Regina (1° novembre 1954).

L’11 ottobre 1954 Pio XII pubblicò l’enciclica Ad caeli Reginam, contenente le motivazioni storico-teologiche della nuova festa liturgica di Maria Regina, da celebrarsi il 31 maggio (spostata dal 1969 al 22 agosto). Nel Prologo Pacelli dichiarava: «Non si tratta di una nuova verità proposta al popolo cristiano», quanto di una verità antica, per una festa nuova. Il patriarca di Venezia card. Angelo Roncalli, pur dichiarando la propria conformità alle decisioni del supremo magistero della Chiesa, esprimeva le sue perplessità circa la proclamazione e la festa della regalità di Maria, per timore di un pregiudizio all’unità della Chiesa.

6 Festa del Cuore Immacolato di Maria.

Il 4 marzo 1944 Pio XII estese alla Chiesa universale la festa del Cuore Immacolato di Maria, assegnandola al 22 agosto, ottava dell’Assunta. Memoria oggi celebrata il giorno successivo al Sacro Cuore di Gesù. Anche in questa festa si avverte il richiamo di Fatima.

7 Il rosario compendio del Vangelo.

Pio XII nel 1946 presentava il rosario come il «compendio di tutto quanto il Vangelo (stupenda definizione, ripresa da Paolo VI nella Marialis cultus n. 42), meditazione dei misteri del Signore, sacrificio vespertino, corona di rose, inno di lode, preghiera della famiglia, pegno sicuro del favore celeste, presidio per l’attesa salvezza», precisando nell’enciclica sul rosario Ingruentium malorum del 1951: «Benché non ci sia un unico modo di pregare per conseguire questo aiuto, tuttavia noi stimiamo che il santo Rosario sia il mezzo più conveniente ed efficace. Non esitiamo ad affermare di nuovo pubblicamente che grande è la speranza che Noi riponiamo nel santo Rosario per risanare i mali che affliggono i nostri tempi».

Rilievi conclusivi

Pio XII è il Papa dell’èra mariana, per la sua devozione alla Madonna, o non è anzitutto il Pastore supremo che si è fatto teologo della Vergine? Egli resta il Pontefice che, nel preparare dottrinalmente l’avvento del Vaticano II, filialmente presenta Maria madre spirituale dei credenti. Il seguente testo conciliare (citato da Paolo VI nella Marialis cultus n. 20), è debitore a Pio XII: la beata Vergine «serbò fedelmente la sua unione con il Figlio sino alla Croce, dove... soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, consentendo amorosamente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in Croce fu data come Madre al discepolo» (LG 58, che cita la Mystici Corporis Christi pacelliana).

Pio XII è il Papa della Vergine assunta alla gloria celeste in anima e corpo, dove ella è esaltata quale Madre degli uomini e Regina dell’universo (LG 59). Sulla sua scia luminosa, il cap. VIII della Lumen gentium elaborerà la sua dottrina mariologica.

Sergio Gaspari smm
  

Invito all’approfondimento: P. Chenaux, Pio XII. Diplomatico e pastore, San Paolo 2004, pp. 448, € 24,00. P. Blet, Pio XII e la seconda guerra mondiale negli Archivi vaticani, San Paolo 1999, pp. 392, € 19,63.

Percorsi
GALLOTTI, Dieci giorni di ritiro con Maria nostra madre e padrona. Secondo la dottrina del Montfort, San Paolo 2006, pp. 216, € 10,50.

Un libro che nasce dalla iniziativa della Congregazione degli Oblati dei santi Gaudenzio e Carlo, Missionari di Maria, e dal Comitato diocesano per la beatificazione di don Silvio Gallotti (foto, 1881-1927).

Il testo raccoglie le meditazioni del Venerabile per Dieci giorni di ritiro con Maria. L’intento è quello di mantenere viva, non solo nella diocesi di Novara, la testimonianza e l’insegnamento spirituale di una delle figure più significative del clero novarese. Sostanzialmente gli spunti meditativi qui proposti rimandano alla dottrina della vera devozione a Maria di Grignion de Montfort, dottrina spirituale che don Silvio Gallotti ha fatto propria con profonda convinzione. Vivendo la "perfetta devozione" secondo la spiritualità del Santo giunse a dire: «La Madonna è il mio tutto». "Totus tuus": operare e vivere in Maria e per Maria per essere tutto di Gesù. Il 19 aprile 2004 Giovanni Paolo II firmò il decreto che riconosceva l’eroicità delle virtù praticate da don Silvio Gallotti.

Il titolo di questo libretto è tanto semplice quanto esplicito riguardo al contenuto: è un invito a trascorrere dieci giorni di ritiro affidandosi completamente al Cuore materno di Maria per lasciarsi plasmare e conformare al suo divin Figlio.




http://www.stpauls.it/madre/0810md/0810md20.htm






Caterina63
00venerdì 25 settembre 2009 20:58
PIO XII

LETTERA ENCICLICA

AD CAELI REGINAM(1)

DIGNITÀ REGALE DELLA SANTA VERGINE MARIA




Fin dai primi secoli della chiesa cattolica il popolo cristiano ha elevato supplici preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; né vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re divino, Gesù Cristo, mai s'illanguidì la fede, dalla quale abbiamo imparato che la vergine Maria, Madre di Dio, presiede all'universo con cuore materno, come è coronata di gloria nella beatitudine celeste.

Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani.

È gradito e utile ricordare che Noi stessi, il 1° novembre dell'anno santo 1950, abbiamo decretato, dinanzi a una grande moltitudine di em.mi cardinali, di venerandi vescovi, di sacerdoti e di cristiani, venuti da ogni parte del mondo, il dogma dell'assunzione della beatissima vergine Maria in cielo,(2) dove, presente in anima e corpo, regna tra i cori degli angeli e dei santi, insieme al suo unigenito Figlio. Inoltre, ricorrendo il centenario della definizione dogmatica fatta dal Nostro predecessore, Pio IX, di imm. mem., sulla Madre di Dio concepita senza alcuna macchia di peccato originale, abbiamo indetto l'anno mariano,(3) nel quale con gran gioia vediamo che non solo in questa alma città - specialmente nella Basilica Liberiana, dove innumerevoli folle continuano a professare apertamente la loro fede e il loro ardente amore alla Madre celeste - ma anche in tutte le parti del mondo la devozione verso la Vergine, Madre di Dio, rifiorisce sempre più; mentre i principali santuari di Maria hanno accolto e accolgono ancora pellegrinaggi imponenti di fedeli devoti.

Tutti poi sanno che Noi, ogni qualvolta Ce n'è stata offerta la possibilità, cioè quando abbiamo potuto rivolgere la parola ai Nostri figli, venuti a trovarci, e quando abbiamo indirizzato messaggi anche ai popoli lontani per mezzo delle onde radiofoniche, non abbiamo cessato di esortare tutti coloro, ai quali abbiamo potuto rivolgerCi, ad amare la nostra benignissima e potentissima Madre di un amore tenero e vivo, come conviene a figli. In proposito, ricordiamo particolarmente il radiomessaggio, che abbiamo indirizzato al popolo portoghese, nell'incoronazione della taumaturga Madonna di Fatima,(4) da Noi stessi chiamato radiomessaggio della «regalità» di Maria.(5)

Pertanto, quasi a coronamento di tutte queste testimonianze della Nostra pietà mariana, cui il popolo cristiano ha risposto con tanta passione, per concludere utilmente e felicemente l'anno mariano che volge al termine e per venire incontro alle insistenti richieste, che Ci sono pervenute da ogni parte, abbiamo stabilito di istituire la festa liturgica della «beata Maria vergine regina».

Non si tratta certo di una nuova verità proposta al popolo cristiano, perché il fondamento e le ragioni della dignità regale di Maria, abbondantemente espresse in ogni età, si trovano nei documenti antichi della chiesa e nei libri della sacra liturgia.

Ora vogliamo richiamarle nella presente enciclica per rinnovare le lodi della nostra Madre celeste e per renderne più viva la devozione nelle anime, con vantaggio spirituale.



I

Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla quale nacque il Figlio dell'Altissimo, che «regnerà eternamente nella casa di Giacobbe» (Lc 1, 32), (sarà) «Principe della pace» (Is 9, 6), «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose.

Si comprende quindi facilmente come già gli antichi scrittori della chiesa, avvalendosi delle parole dell'arcangelo san Gabriele, che predisse il regno eterno del Figlio di Maria (cf. Lc 1, 32-33), e di quelle di Elisabetta, che s'inchinò davanti a lei, chiamandola «madre del mio Signore» (Lc 1, 43), abbiano, denominando Maria «madre del Re» e «madre del Signore», voluto significare che dalla regalità del Figlio dovesse derivare alla Madre una certa elevatezza e preminenza.

Pertanto sant'Efrem, con fervida ispirazione poetica, così fa parlare Maria: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!».(6) E altrove così egli prega Maria: «... vergine augusta e padrona, regina, signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l'iniquo avversario».(7)

San Gregorio di Nazianzo chiama Maria madre del Re di tutto l'universo», «madre vergine, [che] ha partorito il Re di tutto il mondo»,(8) mentre Prudenzio ci parla della Madre, che si meraviglia «di aver generato Dio come uomo sì, ma anche come sommo re».(9)

La dignità regale di Maria è poi chiaramente asserita da coloro che la chiamano «signora», «dominatrice», «regina». Secondo un'omelia attribuita a Origene, Elisabetta apostrofa Maria «madre del mio Signore», e anche: «Tu sei la mia signora».(10)

Lo stesso concetto si può dedurre da un testo di san Girolamo, nel quale espone il suo pensiero circa le varie interpretazioni del nome di Maria: «Si deve sapere che Maria, nella lingua siriaca, significa Signora».(11) Ugualmente si esprime, dopo di lui, san Pietro Crisologo: «Il nome ebraico Maria si traduce "Domina" in latino: l'angelo dunque la saluta "Signora" perché sia esente da timore servile la madre del Dominatore; che per volontà del Figlio nasce e si chiama Signora».(12)

Sant'Epifanio, vescovo di Costantinopoli, scrive al sommo pontefice Ormisda, che si deve implorare l'unità della chiesa «per la grazia della santa e consostanziale Trinità e per l'intercessione della nostra santa signora, gloriosa vergine e Madre di Dio, Maria».(13)

Un autore di questo stesso tempo si rivolge con solennità alla beata Vergine seduta alla destra di Dio, invocandone il patrocinio, con queste parole: «Signora dei mortali, santissima Madre di Dio».(14)

Sant'Andrea di Creta attribuisce spesso la dignità regale alla Vergine; ne sono prova i seguenti passi: «(Gesù Cristo) portà in questo giorno come regina del genere umano dalla dimora terrena (ai cieli) la sua Madre sempre vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l'umana carne».(15) E altrove: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose».(16)

San Germano poi così si rivolge all'umile Vergine: «Siedi, o signora: essendo tu regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»;(17) e la chiama. «Signora di tutti coloro che abitano la terra».(18)

San Giovanni Damasceno la proclama «regina, padrona, signora»(19) e anche «signora di tutte le creature»;(20) e un antico scrittore della chiesa occidentale la chiama «regina felice», «regina eterna, presso il Figlio Re», della quale «il bianco capo è ornato di aurea corona».(21)

Sant'Ildefonso di Toledo riassume tutti i titoli di onore in questo saluto: «O mia signora, o mia dominatrice: tu sei mia signora, o madre del mio Signore... Signora tra le ancelle, regina tra le sorelle».(22)

I teologi della chiesa, raccogliendo l'insegnamento di queste e di molte altre testimonianze antiche, hanno chiamato la beatissima Vergine regina di tutte le cose create, regina del mondo; signora dell'universo.

I sommi pastori della chiesa non mancarono di approvare e incoraggiare la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina con esortazioni e lodi. Lasciando da parte i documenti dei papi recenti, ricorderemo che già nel secolo settimo il Nostro predecessore san Martino I, chiamò Maria «Nostra Signora gloriosa, sempre vergine»;(23) sant'Agatone, nella lettera sinodale, inviata ai padri del sesto concilio ecumenico, la chiamò «Nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio»;(24) e nel secolo VIII, Gregorio II, in una lettera inviata al patriarca san Germano, letta tra le acclamazioni dei padri del settimo concilio ecumenico, proclamava Maria «signora di tutti e vera Madre di Dio» e «signora di tutti i cristiani».(25)

Ricorderemo parimenti che il Nostro predecessore di immortale memoria Sisto IV, nella lettera apostolica Cum praeexcelsa,(26) in cui accenna con favore alla dottrina dell'immacolata concezione della beata Vergine, comincia proprio con le parole che dicono Maria «regina, che sempre vigile intercede presso il Re, che ha generato». Parimenti Benedetto XIV, nella lettera apostolica Gloriosae Dominae, chiama Maria «regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a lei il suo proprio impero.(27)

Onde sant'Alfonso, tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, poté scrivere con somma devozione: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l'onora col titolo di Regina».(28)



II

La sacra liturgia, che è lo specchio fedele dell'insegnamento tramandato dai Padri e affidato al popolo cristiano, ha cantato nel corso dei secoli e canta continuamente sia in Oriente che in Occidente le glorie della celeste Regina.

Fervidi accenti risuonano dall'Oriente: «O Madre di Dio, oggi sei trasferita al cielo sui carri dei cherubini, i serafini si onorano di essere ai tuoi ordini, mentre le schiere dei celesti eserciti si prostrano dinanzi a te».(29)

E ancora: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il re Gesù».(30) E inoltre: «Scioglierò un inno alla Madre regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie. ... O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini. ... Salve, o regina del mondo, salve, o Maria, signora di tutti noi».(31)

Nel «Messale» etiopico si legge: « O Maria, centro di tutto il mondo ... tu sei più grande dei cherubini pluriveggenti e dei serafini dalle molte ali. ... Il cielo e la terra sono ricolmi della santità della tua gloria».(32)

Fa eco la liturgia della chiesa latina con l'antica e dolcissima preghiera «Salve, regina», le gioconde antifone «Ave, o regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e altri testi, che si recitano in varie feste della beata vergine Maria: «Come regina stette alla tua destra con un abito dorato, rivestita di vari ornamenti»;(33) «La terra e il popolo cantano la tua potenza, o regina»;(34) «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno».(35)

A tali canti si devono aggiungere le Litanie lauretane, che richiamano i devoti a invocare ripetutamente Maria regina; e nel quinto mistero glorioso del santo rosario, la mistica corona della celeste regina, i fedeli contemplano in pia meditazione già da molti secoli, il regno di Maria, che abbraccia il cielo e la terra.

Infine l'arte ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come regina e imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana. L'iconografia, anche per quel che riguarda la dignità regale della beata vergine Maria, si è arricchita in ogni secolo di opere di grandissimo valore artistico, arrivando fino a raffigurare il divin Redentore nell'atto di cingere il capo della Madre sua con fulgida corona.

I pontefici romani non hanno mancato di favorire questa devozione del popolo, decorando spesso di diadema, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici, le immagini della vergine Madre di Dio, già distinte per singolare venerazione.



III

Come abbiamo sopra accennato, venerabili fratelli, l'argomento principale, su cui si fonda la dignità regale di Maria, già evidente nei testi della tradizione antica e nella sacra liturgia, è senza alcun dubbio la sua divina maternità. Nelle sacre Scritture infatti, del Figlio, che sarà partorito dalla Vergine, si afferma: «Sarà chiamato Figlio dell'Altissimo e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà nella casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33); e inoltre Maria è proclamata «Madre del Signore» (Lc 1, 43). Ne segue logicamente che ella stessa è Regina, avendo dato la vita a un Figlio; che nel medesimo istante del concepimento, anche come uomo, era re e signore di tutte le cose, per l'unione ipostatica della natura umana col Verbo. San Giovanni Damasceno scrive dunque a buon diritto: «È veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore»(36) e lo stesso arcangelo Gabriele può dirsi il primo araldo della dignità regale di Maria.

Tuttavia la beatissima Vergine si deve proclamare regina non soltanto per la maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell'opera della nostra salvezza eterna. «Quale pensiero - scrive il Nostro predecessore di felice memoria Pio XI - potremmo avere più dolce e soave di questo, che Cristo è nostro re non solo per diritto nativo, ma anche per diritto acquisito e cioè per la redenzione? Ripensino tutti gli uomini dimentichi quanto costammo al nostro Salvatore: "Non siete stati redenti con oro o argento, beni corruttibili, ... ma col sangue prezioso di Cristo, agnello immacolato e incontaminato" (1 Pt 1;18-19). Non apparteniamo dunque a noi stessi, perché "Cristo a caro prezzo" (1 Cor 6, 20) ci ha comprati».(37)

Ora nel compimento dell'opera di redenzione Maria santissima fu certo strettamente associata a Cristo, onde giustamente si canta nella sacra liturgia: «Santa Maria, regina del cielo e signora del mondo, affranta dal dolore, se ne stava in piedi presso la croce del Signore nostro Gesù Cristo».(38) E un piissimo discepolo di sant'Anselmo poteva scrivere nel medioevo: «Come ... Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è padre e signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la madre e la signora di tutto: Dio è signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che ella meritò».(39) Infatti: «Come Cristo per il titolo particolare della redenzione è nostro signore e nostro re, così anche la Vergine beata (è nostra signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione, somministrando la sua sostanza e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando in modo singolare la nostra salvezza».(40)

Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell'opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì se­condo una certa «ricapitolazione»,(41) per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a lui associata nella redenzione del genere umano»(42) e se realmente «fu lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, lo ha offerto sul Golgota all'eterno Padre sacrificando insieme l'amore e i diritti materni, quale nuova Eva, per tutta la posterità di Adamo, macchiata dalla sua caduta miseranda»;(43) se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo.

È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell'opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo re deriva a lei tale splendida sublimità, da superare l'eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l'inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.

Nessun dubbio pertanto che Maria santissima sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo. «Tu infine - canta san Sofronio - hai di gran lunga sopravanzato ogni creatura. ... Che cosa può esistere di più sublime di tale gioia, o Vergine Madre? Che cosa può esistere di più elevato di tale grazia, che per volontà divina tu sola hai avuto in sorte?».(44) E va ancora più oltre nella lode san Germano: «La tua onorifica dignità ti pone al di sopra di tutta la creazione: la tua sublimità ti fa superiore agli angeli».(45) San Giovanni Damasceno poi giunge a scrivere la seguente espressione: «È infinita la differenza tra i servi di Dio e la sua Madre».(46)

Per aiutarci a comprendere la sublime dignità che la Madre di Dio ha raggiunto al di sopra di tutte le creature, possiamo ripensare che la santissima Vergine, fin dal primo istante del suo concepimento, fu ricolma di tale abbondanza di grazie da superare la grazia di tutti i santi. Onde - come scrisse il Nostro predecessore Pio XI di fel. mem. nella lettera apostolica Ineffabilis Deus - «ha con tanta munificenza arricchito Maria con l'abbondanza di doni celesti, tratti dal tesoro della divinità, di gran lunga al di sopra degli angeli e di tutti i santi, che ella, del tutto immune da ogni macchia di peccato, in tutta la sua bellezza e perfezione, avesse tale pienezza d'innocenza e di santità che non se ne può pensare una più grande al di sotto di Dio e che all'infuori di Dio nessuno riuscirà mai a comprendere».(47)

Inoltre la beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell'eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell'influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini. Se infatti il Verbo opera i miracoli e infonde la grazia per mezzo dell'umanità che ha assunto, se si serve dei sacramenti dei suoi santi come di strumenti per la salvezza delle anime, perché non può servirsi dell'ufficio e dell'opera della Madre sua santissima per distribuire a noi i frutti della redenzione? «Con animo veramente materno - così dice lo stesso predecessore Nostro Pio IX di imm. mem. - trattando l'affare della nostra salute ella è sollecita di tutto il genere umano, essendo costituita dal Signore regina del cielo e della terra ed esaltata sopra tutti i cori degli angeli e sopra tutti i gradi dei santi in cielo, stando alla destra del suo unigenito Figlio; Gesù Cristo, Signore nostro, con le sue materne suppliche impetra efficacissimamente, ottiene quanto chiede, né può rimanere inesaudita».(48) A questo proposito l'altro predecessore Nostro di fel. mem., Leone XIII, dichiarò che alla beata vergine Maria è stato concesso un potere «quasi immenso» nell'elargizione delle grazie;(49) e san Pio X aggiunge che Maria compie questo suo ufficio «come per diritto materno».(50)

Godano dunque tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all'impero della vergine Madre di Dio, la quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore.

Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall'altra parte si guardino pure da un'eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle «per ragione del bene infinito, che è Dio».(51)

Del resto, in questo, come in altri campi della dottrina cristiana, «la norma prossima e universale» è per tutti il magistero vivo della chiesa, che Cristo ha costituito «anche per illustrare e spiegare quelle cose, che nel deposito della fede sono contenute solo oscuramente e quasi implicitamente».(52)



IV

Dai monumenti dell'antichità cristiana, dalle preghiere della liturgia, dall'innata devozione del popolo cristiano, dalle opere d'arte, da ogni parte abbiamo raccolto espressioni e accenti; secondo i quali la vergine Madre di Dio primeggia per la sua dignità regale; e abbiamo anche mostrato che le ragioni, che la sacra teologia ha dedotto dal tesoro della fede divina, confermano pienamente questa verità. Di tante testimonianze riportate si forma un concerto, la cui eco risuona larghissimamente, per celebrare il sommo fastigio della dignità regale della Madre di Dio e degli uomini, la quale è stata «esaltata ai regni celesti, al di sopra dei cori angelici ».(53)

EssendoCi poi fatta la convinzione dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro, con la Nostra autorità apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente che indetto giorno sia rinnovata la consacrazione del genere umano al cuore immacolato della beata vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione.

Procurino dunque tutti di avvicinarsi ora con maggior fiducia di prima, quanti ricorrono al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso.

Tutti si sforzino di imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della Regina celeste e nostra Madre amantissima. Ne deriverà di conseguenza che i cristiani, venerando e imitando sì grande Regina e Madre, si sentano infine veramente fratelli, e, sprezzanti dell'invidia e degli smodati desideri delle ricchezze, promuovano l'amore sociale, rispettino i diritti dei poveri e amino la pace, Nessuno dunque si reputi figlio di Maria, degno di essere accolto sotto la sua potentissima tutela, se sull'esempio di lei non si dimostrerà mite, giusto e casto, contribuendo con amore alla vera fraternità, non ledendo e nuocendo, ma aiutando e confortando.

In molti paesi della terra vi sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristiana e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati rivolga i suoi occhi di misericordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di poter presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa dell'evangelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena.

Pensiamo anche che la festa istituita con questa lettera enciclica, affinché tutti più chiaramente riconoscano e con più cura onorino il clemente e materno impero della Madre di Dio, possa contribuire assai a che si conservi, si consolidi e si renda perenne la pace dei popoli, minacciata quasi ogni giorno da avvenimenti pieni di ansietà. Non è ella l'arcobaleno posto sulle nubi verso Dio, come segno di pacifica alleanza? (cf. Gn 9, 13). «Mira l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto; esso è molto bello nel suo splendore, abbraccia il cielo nel suo cerchio radioso e le mani dell'Altissimo lo hanno teso» (Eccli 43, 12-13). Chiunque pertanto onora la Signora dei celesti e dei mortali - e nessuno si creda esente da questo tributo di riconoscenza e di amore - la invochi come regina potentissima, mediatrice di pace; rispetti e difenda la pace, che non è ingiustizia impunita né sfrenata licenza, ma è invece concordia bene ordinata sotto il segno e il comando della volontà di Dio: a fomentare e accrescere tale concordia spingono le materne esortazioni e gli ordini di Maria vergine.

Desiderando moltissimo che la Regina e Madre del popolo cristiano accolga questi Nostri voti e rallegri della sua pace le terre scosse dall'odio, e a noi tutti mostri, dopo questo esilio, Gesù, che sarà la nostra pace e la nostra gioia in eterno, a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, impartiamo di cuore l'apostolica benedizione, come auspicio dell'aiuto di Dio onnipotente e in testimonianza del Nostro amore.

Roma, presso San Pietro, nella festività della maternità di Maria vergine, l'11 ottobre 1954, XVI del Nostro pontificato.

PIO PP. XII


Seguono le NOTE

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Caterina63
00venerdì 25 settembre 2009 20:59
NOTE

(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Ad caeli Reginam de regali Beatae Mariae Virginis dignitate eiusque festo instituendo, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 11 octobris 1954: AAS 46(1954), pp. 625-640.

Istituzione della festa della regalità di Maria s.ma. La devozione costante dei popoli per Maria s.ma, culminata con la proclamazione del dogma della sua assunzione. Coronare l'opera istituendo la festa di Maria Regina, in realtà non nuova, ma già espressa in ogni età: dalla sacra Scrittura, dai padri e scrittori ecclesiastici con dottrina profonda e poetici accenti, dai sommi pontefici, dalla liturgia romana e orientale e infine dall'arte d'ogni tempo. Principali argomenti dogmatici e di convenienza. È giusto perciò che tutti riconoscano questo potere regale: la festa al 31 maggio; ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo divin Figlio.

(2) Cf. Const. apost. Munificentissimus Deus: AAS 42(1950), p. 753ss; EE 6/1931ss.

(3) Cf. Litt. enc. Fulgens corona: AAS 45(1953), p. 577ss; EE 6/944ss.

(4) Cf. AAS 38(1946), p. 264ss.

(5) Cf. L'Osservatore Romano, 19.5.1946.

(6) S. EPHRAEM, Hymni de B. Maria, ed. Th. J. Lamy, t. II, Mechliniae 1886, Hymn. XIX, p. 624.

(7) S. EPHRAEM, Oratio ad Ss.mam Dei Matrem: Opera omnia, ed. Assemani, t. III (graece), Romae 1747, p. 546.

(8) S. GREGORIUS NAZ., Poemata dogmatica, XVIII, v. 58: PG 37, 485.

(9) PRUDENTIUS, Dittochaeum, XXVII: PL 60, 102A; Obras completas de Aurelio Prudencio (edicion bilingüe), BAC, Madrid 1981, p. 758.

(10) Hom. in S. Lucam, hom. VII: ed. Rauer, Origenes Werke, t. IX, p. 48 (ex catena Macarii Crysocephali). Cf. PG 13, 1902D.

(11) S. HIERONYMUS, Liber de nominibus hebraeis: PL 23, 886.

(12) S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B.M.V.: PL 52, 579C; cf, etiam 582B, 584A: «Regina totius exstitit castitatis».

(13) Relatio Epiphanii Ep. Constantin.: PL 63, 498D.

(14) Encomium in Dormitionem Ss.mae Deiparae (inter opera S. Modesti): PG 86, 3306B.

(15) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia II in Dormitionem Ss.mae Deiparae: PG 97, 1079B.

(16) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia III in Dormitionem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(17) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(18) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, II: PG 98, 315C.

(19) S. IOANNES DAMASCENUS, Homilia I in Dormitionem B.M.V.: PG 96, 719A.

(20) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa,1. IV, c.14: PG 44,1158B.

(21) De laudibus Mariae (inter opera Venantii Fortunati): PL 88, 282B et 283A.

(22) ILDEFONSUS TOLETANUS; De virginitate perpetua B.M.V.: PL 96, 58AD.

(23) S. MARTINUS I, Epist. XIV: PL 87, 199-200A.

(24) S. AGATHO: PL 87; 1221A; Dz 547.

(25) HARDOUIN, Acta Conciliorum, IV, 234 et 238: PL 89, 508B.

(26) XYSTUS IV, Bulla Cum praeexcelsa, 28 febr. 1476.

(27) BENEDICTUS XIV, Bulla Gloriosae Dominae, 07 sept. 1748.

(28) S. ALFONSO, Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1.

(29) Ex liturgia Armenorum: in festo Assumptionis, hymnus ad Matutinum.

(30) Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum.

(31) Officium hymni Akátistos (in ritu byzantino).

(32) Missale Aethiopicum, Anaphora Dominae nostrae Mariae, Matris Dei.

(33) Breviarium Romanum, Versiculus sexti Respons.

(34) Festum Assumptionis, Hymnus Laudum.

(35) Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.

(36) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa, 1. IV, c. 14: PG 94, 1158s.B.

(37) PIUS XI, Litt. enc. Quas primas: AAS 17(1925), p. 599; EE 5/147.

(38) Festum septem dolorum B. Mariae Virg., Tractus.

(39) EADMERUS, De excellentia Virginis Mariae, c. 11: PL 159, 508AB.

(40) F. SUAREZ, De mysteriis vitae Christi, disp. XXII, sect. II: éd. Vivès, XIX, 327.

(41) S. IRENAEUS, Adv. haer., V, 19, 1: PG 7, 1175B.

(42) PIUS XI, Epist. Auspicatus profecto: AAS 25(1933), p. 80.

(43) PIUS XII, Litt, enc. Mystici corporis: AAS 35(1943), p. 247; EE 6/258.

(44) S. SOPHRONIUS, In Annuntiationem Beatae Mariae Virginis: PG 87, 3238D et 3242A.

(45) S. GERMANUS, Hom. II in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 98, 354B.

(46) S. IOANNES DAMASCENUS, Hom. I in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 96, 715A.

(47) PIUS IX, Bulla Ineffabilis Deus: Acta Pii IX, I, pp. 597-598; EE 2/app.

(48) Ibidem, p. 618; EE 2/app.

(49) LEO XIII, Litt. enc. Adiutricem populi: AAS 28(1895-96), p.130; EE 3.

(50) PIUS X, Litt. enc. Ad diem illum: AAS 36(1903-04), p. 455; EE 4/27.

(51) S. THOMAS, Summa theol., I, q. 25, a. 6, ad 4.

(52) PIUS XII, Litt. enc. Humani generis: AAS 42(1950), p. 569; EE 6/721.

(53) Ex Brev. Rom.: Festum Assumptionis Beatae Mariae Virginis.
(Gino61)
00giovedì 22 ottobre 2009 10:18

La devozione mariana di Pio XII


Convegno di Studi a Roma per i 70 anni della “Summi Pontificatus”



di Antonio Gaspari


ROMA, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Della mariologia di Pio XII, così come di tanti altri temi riguardanti il pontificato e gli insegnamenti magisteriali di questo Papa, se ne parlerà il 27 ottobre in un Convegno di Studi in occasione del 70° Anniversario della Summi Pontificatus che si svolgerà a Roma presso la Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura.

All’incontro di studi promosso dal Comitato Papa Pacelli e dalla rivista “Cultura & Libri”, dalle ore 17.30 fino alle 20.30 interverranno: padre Marco Palmerani, Capo Ufficio Stampa dei padri Cappuccini; Emilio Artiglieri, avvocato rotale, segretario e coordinatore del Comitato Papa Pacelli (“Pio XII e la missiologia”); Giulio Alfano, storico e docente di etica politica alla Pontificia Università Lateranense (“Pio XII e la seconda guerra mondiale”); e monsignor Nicola Bux, teologo-liturgista (“ L’enciclica Mediator Dei sulla sacra liturgia”).

Successivamente prenderanno la parola: il prof. Stefano De Fiores (“ Pio XII e la mariologia”); Giorgio Israel, matematico dell’Università Roma Tre (“Pio XII e la questione ebraica”); Julio Loredo, redattore di Radici cristiane (“Le allocuzioni al patriziato ed alla nobiltà romana”); Francesco Lucantoni, ecclesiologo (“Pio XII e l’ecclesiologia”); Leonardo Macrobio, bioetico alla Regina Apostolorum (“Pio XII e la Bioetica”).

In chiusura: suor Margherita Marchione, studiosa, autrice di 20 libri (“Intorno a Pio XII”); l’ermeneuta e filosofo delle religioni, Gaspare Mura (“L’interpretazione della Bibbia nella Divina afflante Spiritu”); lo storico e pedagogista Fabio Silvestri (“ La Summi Pontificatus ed i radiomessaggi”); il regista Pasquale Squitieri (“Chi è stato Pio XII?”); il giornalista Umberto Tarsitano (“Pio XII e i mass media”); la studiosa e ricercatrice Alexandra von Teuffenbach (“Il Concilio di Pio XII”); il vaticanista di Rai Uno, Fabio Zavattaro (“Pio XII e i santi”); e Alberto Di Giglio, direttore editoriale di Cultura & Libri (“Pio XII e il cinema”).

In occasione dell’incontro sarà disponibile un numero speciale della rivista "Cultura & Libri" con i testi completi di tutti i relatori. Verrà inoltre esposto un dittico su Pio XII, del pittore Francesco Guadagnolo.

In conclusione alla giornata di studi, alle 21.15 verrà proiettato il Film “pastor Angelicus” realizzato nel 1942 dalla Produzione Cinematografica Cattolica con la regia di Romolo Marcellini.

In merito alla mariologia di Pio XII padre Stefano De Fiores della Compagnia di Maria (Monfortani) ha osservato che con il pontificato di Pio XII (1939-1958) la Chiesa cattolica vive il periodo aureo del movimento mariano post-tridentino, volto alla promozione del culto di Maria e della dottrina mariologica.

La speciale venerazione per la Madre di Cristo, raggiunge la massima incidenza proprio nella prima metà del secolo XX, al punto che il beato Giovanni XXIII la indicherà come l’era di Maria.

Fervente era la devozione di Pio XII verso Maria, come ricchissima la sua mariologia. Il 13 dicembre 1894, quando aveva 18 anni, Eugenio Pacelli si iscrisse nella Congregazione mariana dei Gesuiti in Roma.

Cinque anni dopo scelse di celebrare la sua prima Messa dinanzi alla Salus populi romani nella cappella Borghese di Santa Maria Maggiore (3 aprile 1899). Consacrato Vescovo il giorno stesso in cui la Vergine apparve ai tre pastorelli a Fatima (13 maggio 1917), affiderà a lei il suo pontificato.

Il prof. De Fiores ha confermato che “gratificato dalla visione della danza del sole, Pio XII spirò a Castelgandolfo il 9 ottobre 1958 con il rosario in mano”.

Inoltre, la devozione del Pontefice si espresse attraverso una serie di atti ufficiali (Roschini enumera 400 documenti), tendenti alla valorizzazione della presenza di Maria nella vita e nel pensiero della Chiesa.

Numerosissimi gli eventi rilevanti del magistero mariano di Pio XII. Innanzitutto nella famosa enciclica Mystici Corporis Christi (29 giugno 1943) il Papa precisa il posto della Vergine nel Corpo mistico di Cristo presentandola come “alma socia Christi”, cioè Madre associata al Figlio in tutta l’opera redentrice.

Poco nota ma di grande importanza la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria (31 ottobre 1942), che Pio XII compì su domanda dell’episcopato portoghese nel venticinquesimo anniversario delle apparizioni della Madonna a Fatima.

In piena guerra il Papa invocò Maria “rifugio del genere umano” e affidò alla sua protezione materna il mondo intero. Pio XII ribadì questo atto di fiducia nella Madre di Gesù consacrandole la Russia (1952) e la Spagna (1954). A sigillo di tali gesti, Pio XII estese alla Chiesa universale la festa del Cuore Immacolato di Maria (4 marzo 1944).

A Pio XII si deve la promulgazione del primo Anno mariano della storia (1954) in occasione del centenario della definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione. Solennemente inaugurato dal Papa l’8 dicembre 1953 in Santa Maria Maggiore e celebrato con fervore religioso da tutte le diocesi cattoliche del mondo. Memorabile la preghiera da lui composta: “Rapiti dal fulgore della vostra celeste bellezza...”.

L’Anno mariano, ricco di iniziative spirituali, culturali, sociali e caritative, venne concluso solennemente dal Pontefice in San Pietro il 1° novembre 1954 con l’incoronazione dell’icona di Maria Salus populi romani e con l’istituzione della festa di Maria Regina. Tale festa era motivata teologicamente dall’enciclica Ad caeli Reginam (11 ottobre 1954), dati i fondamenti biblici ed ecclesiali che ne stabilivano la legittimità.

Pio XII amò la preghiera popolare del rosario, che descrisse come il “compendio di tutto quanto il Vangelo”, espressione che Paolo VI riprenderà nella Marialis cultus (n. 42), ma anche come meditazione dei misteri del Signore, sacrificio vespertino, corona di rose, inno di lode, preghiera della famiglia, pegno sicuro del favore celeste, presidio per l’attesa salvezza e speranza per risanare i mali che affliggono i nostri tempi.

Padre De Fiores ha spiegato a ZENIT che “Pio XII resterà nella storia della fede cattolica soprattutto per la definizione dogmatica dell’assunzione di Maria in anima e corpo in cielo”.

Seguendo l’esempio di Pio IX per il dogma dell’Immacolata Concezione, con l’enciclica Deiparae Virginis (1° maggio 1946) egli chiese a tutti i Vescovi cattolici se ritenevano opportuna la definizione dell’Assunta (esistevano già 8.036.393 firme a favore).

Ricevuta risposta affermativa, il Papa il 1° novembre 1950, in presenza e in comunione con il collegio cardinalizio, con 700 Vescovi e con la folla delle grandi circostanze, proferì la formula definitoria: “Pertanto, dopo aver innalzato ancora a Dio supplici istanze, ed aver invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio Onnipotente, che ha riversato in Maria la sua speciale benevolenza, ad onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre ed a gioia ed esultanza di tutta la Chiesa, per l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo esser dogma da Dio rivelato: che l’Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.

Fu un evento memorabile nella storia della Chiesa, che lo stesso Pio XII interpretò con queste parole: “Come scosse dai palpiti dei vostri cuori e dalla commozione delle vostre labbra, vibrano le pietre stesse di questa patriarcale basilica e insieme con esse pare che esultino con arcani fremiti gl’innumerevoli e vetusti templi, innalzati per ogni dove in onore dell’Assunta”.

[Per informazione sul convegno: www.comitatopapapacelli.org; comitatopapapacelli@gmail.com;
www.culturaelibri.it; alberto@digiglio.it; mobile 336.863610]

Caterina63
00martedì 15 giugno 2010 23:06
 

PIO XII

LETTERA ENCICLICA

FULGENS CORONA(1)

INDIZIONE DELL' ANNO MARIANO

La fulgida corona di gloria, con la quale il Signore cinse la fronte purissima della vergine Madre di Dio, ci sembra maggiormente risplendere mentre rievochiamo il giorno in cui, cento anni or sono, il Nostro predecessore di f.m. Pio IX, circondato da un'imponente schiera di cardinali e di vescovi, dichiarò, proclamò e solennemente definì con autorità infallibile «che è stata rivelata da Dio, ed è quindi da credersi con fede ferma e costante da ogni fedele la dottrina la quale insegna che la beatissima vergine Maria, nel primo istante del suo concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale».(2)

Tutta la cattolicità accolse con esultanza la sentenza del pontefice che essa già da lungo tempo ardentemente attendeva; e la devozione dei fedeli per la santa Vergine, che fa rifiorire al più alto grado i costumi dei cristiani, così risvegliata, trasse nuovo vigore, come pure di nuovo ardore si alimentarono gli studi che posero con maggior chiarezza nella debita luce la dignità e la santità della Madre di Dio.

Sembra che la stessa beata vergine Maria abbia voluto in maniera prodigiosa quasi confermare tra il plauso di tutta la chiesa la sentenza pronunziata dal vicario del suo divin Figlio in terra. Infatti non erano ancor trascorsi quattro anni, quando la santa Vergine, nelle vicinanze di un paese della Francia situato ai piedi dei monti Pirenei, apparve nella grotta di Massabielle ad una fanciulla semplice e innocente, in aspetto giovanile e affabile, vestita di candido abito e candido mantello, cinta di una fascia azzurra; e alla fanciulla che con insistenza chiedeva il nome di colei che si era degnata di apparirle, elevando gli occhi al cielo e con soave sorriso rispose; «Io sono l'Immacolata Concezione».

L'avvenimento, come era ovvio, venne rettamente interpretato dai fedeli, i quali, affluendo numerosissimi da ogni parte del mondo in pio pellegrinaggio alla grotta di Lourdes, ravvivarono la propria fede, stimolarono la pietà e si sforzarono di conformare la loro vita ai precetti cristiani; ivi pure non di rado ottennero miracoli tali da suscitare l'ammirazione di tutti e dimostrare che la sola religione cattolica è stata data e confermata da Dio.

Ciò naturalmente ben intesero in particolar modo i pontefici romani, che arricchirono di privilegi spirituali e con doni della loro munificenza il meraviglioso tempio eretto dopo pochi anni dalla pietà del clero e del popolo.

I

Invero, nella citata lettera apostolica, con cui il Nostro predecessore stabilì che questo punto della dottrina cristiana dovesse ritenersi fermamente e fedelmente da tutti i credenti, altro non fece se non raccogliere fedelmente e consacrare con la sua autorità, la voce dei santi padri e di tutta la chiesa, la quale a cominciare dai primi tempi aveva come spaziato lungo il corso dei secoli.

Anzitutto il fondamento di tale dottrina si trova già nella sacra Scrittura, dove Dio creatore di tutte le cose, dopo la lamentevole caduta di Adamo, si rivolge al serpente tentatore e seduttore con queste parole, che non pochi santi padri e dottori della chiesa e moltissimi autorevoli interpreti riferiscono alla vergine Madre di Dio: «Porrò inimicizia fra te e la donna, fra il seme tuo e il seme di lei ...» (Gn 3, 15). Se dunque in qualche momento la beata vergine Maria fosse rimasta priva della divina grazia, in quanto inquinata nel suo concepimento dalla macchia ereditaria del peccato, almeno per quell'istante, benché brevissimo, non avrebbe avuto luogo fra lei e il serpente quella perpetua inimicizia, di cui fino alla solenne definizione dell'Immacolata Concezione si parla già fin dalla più antica tradizione; ma invece ci sarebbe stato un certo asservimento.

Inoltre, poiché la santissima Vergine viene salutata «piena di grazia» (Lc 1, 28), cioè kecharitōménē, e «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), tali parole, come sempre ha ritenuto la tradizione cattolica, chiaramente indicano che «con questo singolare e solenne saluto, mai prima d'allora udito; viene designato essere stata la Madre di Dio sede di tutte le grazie divine, adorna di tutti i carismi dello Spirito divino, anzi di essi tesoro quasi infinito e abisso inesauribile, di modo che mai fu soggetta alla maledizione».(3)

Tale dottrina nei primi tempi della chiesa fu insegnata abbastanza chiaramente e senza alcun contrasto dai santi padri, i quali affermarono essere stata la beata Vergine giglio fra le spine, terra del tutto intatta, immacolata, sempre benedetta, libera da ogni contagio del peccato, legno incorruttibile, fonte sempre limpida, figlia unica e sola non di morte ma di vita, germe di grazia e non di ira, per ogni verso illibata, santa e lontanissima da ogni macchia di peccato, più bella della bellezza, più santa della santità, sola santa, da superare tutti in santità, all'infuori di Dio, e per natura più bella, più graziosa e più santa degli stessi cherubini e serafini e di tutte le schiere degli angeli.(4)

Considerate diligentemente, come si conviene, queste lodi della beata Vergine Maria, chi oserebbe dubitare che Colei, la quale fu più pura degli angeli e pura in qualunque tempo(5) non sia rimasta monda in qualsiasi anche minimo istante, da ogni macchia di peccato? Ben a ragione dunque sant'Efrem si rivolge al divin Figlio di lei con queste parole: «Tu e la tua Madre, voi soli in verità siete per ogni verso e integralmente belli. Non vi è in te, o Signore, e neppure nella Madre tua macchia alcuna».(6) Da queste parole si rileva con evidenza che fra tutti i santi e le sante, di una solamente può dirsi, allorché si tratta di qualsivoglia macchia di peccato, non potersi neppure porre il quesito; e parimenti che questo singolarissimo privilegio, a nessuno mai concesso, ella per questo motivo lo ottenne dal Signore perché venne innalzata alla dignità di Madre di Dio. Tale eccelso officio, che fu solennemente riconosciuto e sancito nel concilio di Efeso contro l'eresia nestoriana(7) e di cui non sembra potervi essere altro maggiore, postula la pienezza della grazia divina e l'anima immune da qualsiasi peccato, perché esige la più alta dignità e santità dopo quella di Cristo. Anzi da questo sublime officio di Madre di Dio, come da arcana fonte limpidissima, sembrano derivare tutti quei privilegi e tutte quelle grazie che adornarono in modo e misura straordinaria la sua anima e la sua vita. Come ben dice l'Aquinate: «Poiché la beata Vergine è Madre di Dio, dal bene infinito che è Dio trae una certa dignità infinita».(8) E un illustre scrittore sviluppa e spiega lo stesso pensiero con le seguenti parole: «La beata Vergine ... è Madre di Dio; perciò è così pura e così santa da non potersi concepire purità maggiore dopo quella di Dio».(9)

Del resto, se noi approfondiamo l'argomento, e soprattutto se consideriamo l'infiammato e soave amore con cui Dio certamente amò e ama la Madre del suo unigenito Figlio, come potremmo soltanto sospettare che ella sia stata anche per un brevissimo istante soggetta al peccato e priva della divina grazia? Poteva senza dubbio Dio, in previsione dei meriti del Redentore, adornarla di questo singolarissimo privilegio; che non l'abbia fatto, non è neppur possibile pensarlo. Conveniva infatti che tale fosse la Madre del Redentore, da essere il più possibile degna di lui. D'altronde non sarebbe stata degna, se macchiata della colpa originale, anche solo nel primo istante della sua concezione fosse stata soggetta al triste dominio di satana.

Né si può dire che per questo venga diminuita la redenzione di Cristo, quasi che essa non si estenda all'intera progenie di Adamo, e che perciò venga detratto qualcosa dall'officio e dalla dignità del divin Redentore. Se infatti consideriamo a fondo e diligentemente la cosa, è facile vedere come Cristo Signore abbia in verità redento la divina sua Madre in un modo più perfetto essendo ella stata da Dio preservata immune da qualsiasi macchia ereditaria di peccato, in previsione dei meriti di lui. Perciò l'infinita dignità di Gesù Cristo e l'universalità della sua redenzione non vengono attenuate o diminuite da questo punto di dottrina, ma anzi accresciute in sommo grado.

Sono pertanto ingiusti la critica e il rimprovero che anche per questo motivo non pochi acattolici e protestanti fanno alla nostra devozione per la santa Vergine, come se togliessimo qualche cosa al culto dovuto a Dio solo e a Gesù Cristo. È vero invece che l'amore e la venerazione che noi dedichiamo alla nostra Madre celeste ridonda tutto senza dubbio in gloria del suo divin Figlio, non soltanto perché tutte le grazie e tutti i doni, anche eccelsi, da lui derivano come da prima fonte, ma anche perché «i genitori sono la gloria dei figli» (Pro 17, 6).

Fin dai più remoti tempi della chiesa, questo punto di dottrina venne sempre più in luce e sempre più si affermò, sia presso i sacri pastori, sia nella convinzione e nell'animo dei fedeli. Lo attestano, come dicemmo, gli scritti dei santi padri, i concili e gli atti dei romani pontefici; lo testimoniano infine le antichissime liturgie, nei cui libri, anche i più antichi, tale festa si considera come tramandata dai padri.

Inoltre, perfino presso tutte le comunità dei cristiani orientali, che già da lungo tempo si separarono dall'unità della chiesa cattolica, non sono mancati e non mancano coloro che, pur essendo animati da pregiudizi e da contrastanti opinioni, hanno accolto questa dottrina e ogni anno celebrano la festa della Vergine immacolata. Ciò non accadrebbe certo, se essi non avessero ricevuto tale verità fin dai tempi antichi, prima cioè che i medesimi si fossero staccati dall'unico ovile.

Ci piace dunque, al compiersi di un secolo da quando il pontefice Pio IX d'immortale memoria definì solennemente questo singolare privilegio della vergine Madre di Dio, riassumere e concludere il nostro assunto con queste parole, con cui lo stesso pontefice afferma tale dottrina essere stata «per giudizio dei padri, affidata alla sacra Scrittura, tramandata da tante e così gravi testimonianze dei medesimi, espressa e celebrata da tanti illustri monumenti della veneranda antichità, proposta infine e confermata dal più alto e autorevole giudizio della chiesa,(10) di modo che nulla è più caro e più dolce ai sacri pastori e a tutti i fedeli «che onorare, venerare, invocare e predicare con fervore e affetto la vergine Madre di Dio concepita senza macchia originale».(11)

Ci sembra poi che tale preziosissima gemma, onde si arricchì cento anni fa il sacro diadema della beata vergine Maria, oggi splenda di luce più fulgente essendo toccata a Noi, nell'anno giubilare 1950, per disposizione della divina Provvidenza, la felice sorte di definire - ed è ancor vivo nel Nostro cuore il gradito ricordo - che l'alma Genitrice di Dio è stata assunta in cielo in anima e corpo; e potemmo così corrispondere ai voti del popolo cristiano, che furono formulati in maniera particolare già quando fu solennemente sancito l'immacolato concepimento della Vergine. Allora, infatti, come scrivemmo nella lettera apostolica Munificentissimus Deus, «i cuori dei fedeli furono mossi da una più vivida speranza che anche il dogma dell'assunzione corporea della Vergine in cielo venisse al più presto definito dal supremo magistero ecclesiastico».(12)

Così Ci sembra che in maniera più profonda ed efficace tutti i fedeli possano volgere la mente e il cuore al mistero stesso dell'immacolata concezione della Vergine. Infatti per lo strettissimo rapporto che lega questi due misteri, dopo esser stata solennemente promulgata e posta nella debita luce l'assunzione della Vergine in cielo - che costituisce quasi la corona e il complemento dell'altro privilegio mariano - ne è venuto che con maggior pienezza e splendore si è manifestata la sapientissima armonia di quel piano divino con il quale Dio ha voluto che la vergine Maria fosse monda da ogni macchia originale.

A motivo di questi insigni privilegi concessi alla Vergine, tanto l'alba del suo pellegrinaggio terreno, quanto il tramonto s'illuminarono di fulgidissima luce; alla perfetta innocenza dell'anima di lei, immune da qualsiasi macchia, corrisponde in maniera consona e meravigliosa la più ampia glorificazione del suo corpo virgineo; ed ella, come fu congiunta al suo Figlio unigenito nella lotta contro il serpente infernale, così insieme con lui partecipò al glorioso trionfo sul peccato e sulle sue tristi conseguenze.

II

Occorre tuttavia che questa celebrazione centenaria non solo riaccenda negli animi di tutti la fede cattolica e la devozione ardente verso la santa Vergine, ma sia altresì di stimolo per conformare, il più possibile, i costumi dei cristiani sull'esempio della vergine Maria. Come tutte le madri provano soavissimi sentimenti quando scorgono che il volto dei propri figli riproduce per qualche particolare somiglianza le loro fattezze, così Maria, Madre nostra dolcissima, non può avere maggiore desiderio né più grande gioia nel veder riprodotti nei pensieri nelle parole e nelle azioni di coloro che ella accolse come figli sotto la croce del suo Unigenito, i lineamenti e le virtù della sua anima.

Ma perché la pietà non rimanga vuota parola, né diventi immagine fallace della religione, né sentimento debole e caduco di un istante, ma sia sincera, vera, efficace, essa deve indubbiamente sospingere noi tutti, secondo la condizione di ciascuno, al raggiungimento della virtù. È necessario anzitutto che essa sproni noi tutti a quell'innocenza e integrità di costumi, che rifugge e aborre anche dalla più piccola macchia di peccato: poiché commemoriamo il mistero della santissima Vergine, la cui concezione fu immacolata e immune da qualsiasi colpa originale.

La beatissima vergine Maria, la quale nell'intero corso della sua vita - sia nel gaudio da cui fu soavemente inondata, sia nella tribolazione e negli atroci dolori, per cui primeggia Regina dei martiri - mai si allontanò, neppure minimamente, dai precetti e dagli esempi del suo divin Figliuolo, Ci sembra che ripeta a tutti e a ciascuno di noi quelle parole che pronunciò durante le nozze di Cana, quasi additando Gesù Cristo ai servi del convito: «Fate tutto quello che egli vi dirà» (Gv 2, 5). Sembra che a noi tutti oggi ella ripeta quella stessa esortazione, in un senso ancora più vasto, poiché è di assoluta evidenza che la radice di tutti i mali da cui sono con tanta veemenza e asprezza tribolati gli uomini, angustiati i popoli e le nazioni, hanno principalmente origine dal fatto che molti «abbandonate le sorgenti di acqua viva, si sono scavate cisterne sconnesse, che non possono contenere le acque» (Ger 2, 13) e hanno disertato da Colui che solo è «via, verità e vita» (Gv 14, 6). Se dunque si è errato, bisogna ritornare sulla diritta via; se le tenebre dell'errore hanno avvolto le menti, senza indugio devono essere dissipate dalla luce della verità; se quella morte, che è la vera morte, si è impadronita degli animi, bisognerà con vivo efficace desiderio accostarsi alla vita: a quella celeste vita, che non conosce tramonto perché ha origine da Cristo Gesù; se con animo fiducioso e fedele lo seguiremo in questa terra di esilio, certamente, insieme con lui godremo nei cieli la beatitudine eterna.

Questo ci insegna e a queste cose ci esorta la beata vergine Maria, madre nostra dolcissima, la quale ci ama di autentico amore, certamente più di tutte le madri terrene. Come ben sapete, venerabili fratelli, di queste esortazioni e inviti a un ritorno a Cristo e a una diligente ed efficace conformità ai suoi insegnamenti hanno gran bisogno gli uomini d'oggi, in un momento in cui tanti si sforzano di svellere radicalmente dagli animi la fede di Cristo, o con mascherate e astute insidie, o anche con una propaganda e un'esaltazione aperta e ostinata dei loro errori da essi propalati così impudentemente, come se fossero gloria del progresso e dello splendore di questo secolo. Ma rigettata la nostra santa religione, negati i divini voleri che sanciscono il bene e il male, appare evidente che quasi a nulla giovano le leggi e quasi a nulla è ridotta la pubblica autorità; si ha di conseguenza che gli uomini, perduta con queste dottrine fallaci la speranza e l'attesa dei beni immortali, è naturale che cerchino smodatamente i beni terreni, avidamente desiderino quelli altrui e talora, quando l'occasione e la possibilità si offrono loro, se ne impadroniscano anche con la violenza. Di qui prorompono gli odi, le invidie, le rivalità e le discordie tra cittadini; di qui nasce la perturbazione della vita pubblica e privata, e gradatamente si scalzano quelle fondamenta dello stato che mal potrebbero essere sostenute e rafforzate dall'autorità delle leggi civili e dei governanti; di qui infine la diffusa decadenza dei costumi a motivo dei licenziosi spettacoli, dei libri, dei giornali e di tanti delitti.

Non neghiamo che in questo campo l'autorità dello stato possa far molto; tuttavia il risanamento di tante sciagure è da ricercarsi in rimedi più profondi. È necessario chiamare in aiuto una forza maggiore di quella umana, che penetri negli animi e li rinnovi con la divina grazia rendendoli col suo ausilio migliori.

Solamente allora sarà lecito sperare che torni a fiorire ovunque la vita cristiana; che i veri principi sui quali si fonda la società si consolidino il più possibile; che intervenga in mezzo alle varie classi sociali una mutua, retta e sincera esumazione delle cose, unita con la giustizia e la carità, e che una buona volta tacciano gli odi, le cui faville dànno esca a nuove miserie e molto spesso spingono gli animi esacerbati al versamento di sangue; che, infine, attenuati e placati i contrasti che si agitano tra le classi alte e basse della società, con imparzialità si compongano e armonicamente coesistano i giusti diritti di ambo le parti, con il vicendevole consenso e il dovuto rispetto, per il comune vantaggio.

Ciò senza dubbio soltanto è reso possibile a fondo e con saldezza dagli insegnamenti della morale cristiana - purché realmente messi in pratica - alla cui attiva e fruttuosa osservanza ci sprona tutti la Vergine Madre. Tenendo nella dovuta considerazione queste cose, venerabili fratelli, invitiamo voi tutti e singoli con la presente lettera enciclica a fare in modo che secondo il vostro ufficio rivolgiate al clero e al popolo a voi affidato un'esortazione per la celebrazione dell'anno mariano che indiciamo ovunque, dal prossimo mese di dicembre sino allo stesso mese dell'anno seguente, nel compiersi cioè del primo centenario da quando la Vergine Madre di Dio rifulse di una nuova gemma, tra il plauso del popolo cristiano, allorché, come dicemmo, il Nostro predecessore di i.m. Pio IX decretò e sancì solennemente la sua immacolata concezione. Confidiamo pienamente che questa celebrazione mariana possa dare quei frutti desideratissimi e salutari che tutti vivamente aspettiamo.

Per raggiungere più facilmente e più efficacemente lo scopo, desideriamo che in ciascuna diocesi siano tenuti al riguardo opportuni discorsi e conferenze, per maggiormente chiarire alle menti questo punto della dottrina cristiana: di modo che la fede del popolo si accresca, arda ogni giorno più la devozione verso la santa Vergine e tutti seguano con operoso volere le vestigia della nostra madre celeste.

E poiché in tutte le città, paesi e villaggi, ovunque fiorisce il cristianesimo, vi è sempre una qualche cappella, o altare almeno, dove rifulge l'immagine della beata vergine Maria esposta alla venerazione del popolo cristiano, Noi desideriamo, venerabili fratelli, che i fedeli vi si rechino con la maggior frequenza possibile e innalzino, con un sol cuore e una sola voce, pubbliche preghiere alla soavissima madre nostra.

Dove poi vi è un tempio in cui la Vergine è maggiormente venerata - il che avviene in quasi tutte le diocesi - in determinati giorni dell'anno vi concorrano pie moltitudini di pellegrini con solenni manifestazioni pubbliche della comune fede e del comune amore verso la Vergine santissima. Ciò senza dubbio si farà soprattutto alla grotta di Lourdes, dove la Vergine immacolata è venerata con tanta fervida pietà.

Ma preceda tutti con l'esempio quest'alma città, la quale fin dai primi tempi del cristianesimo ha avuto un particolare culto alla Madre celeste e propria patrona. Vi sono qui non poche chiese, come è noto, in cui ella è proposta alla pietà dei romani; ma fra tutte, senza dubbio, eccelle la Basilica Liberiana, ove ancora rifulge il mosaico del Nostro predecessore di v.m. Sisto III, monumento insigne della divina maternità di Maria vergine, e dove benignamente arride l'immagine della «Salvezza del popolo romano». Là dunque specialmente accorrano i cittadini a pregare, e davanti a quella sacra immagine tutti elevino i loro voti, chiedendo soprattutto che l'Urbe, centro dell'orbe cattolico, sia altresì a tutti maestra di fede, di devozione, di santità. «Infatti - Ci rivolgiamo a voi figli di Roma con le stesse parole del Nostro predecessore di s.m. Leone Magno benché tutte le chiese diffuse sulla terra debbano fiorire per ogni genere di virtù, a voi tuttavia si addice sopra tutti gli altri popoli primeggiare nel merito della pietà, a voi che, fondati sulla stessa base della rocca apostolica, foste con tutti gli altri redenti da nostro Signor Gesù Cristo e, a preferenza di tutti gli altri, istruiti dal beato apostolo Pietro».(13)

Molte grazie tutti debbono implorare nelle presenti circostanze dall'aiuto della beata Vergine, dal suo patrocinio, dalla sua potenza mediatrice. Chiedano innanzi tutto - come abbiamo già detto - che i propri costumi, con il soccorso della divina grazia, sempre più si uniformino agli insegnamenti cristiani, perché la fede senza le opere è morta (cf. Gc 2,20.26), e perché nessuno può fare convenientemente casa alcuna per il pubblico bene, se prima egli stesso non rifulga come esempio di virtù agli altri.

Chiedano con insistenza che la generosa e balda gioventù cresca sana e pura, né lasci contaminare dall'aria corrotta del secolo e infiacchire nei vizi il bel fiore della propria età; che sappia governare con retta guida le inclinazioni sregolate e l'impulsività ardente e, rifuggendo da ogni insidia, non si rivolga alle cose cattive e dannose, ma elevi il cuore a tutto ciò che è bello, santo, amabile, eccelso.

Chiedano, pregando in comune, che l'età virile e matura si distingua su tutte per onestà e cristiana fortezza; che la società domestica rifulga di un'inviolata fedeltà, sia fiorente per la sana e religiosa educazione dei figli e si rafforzi nella concordia e nel vicendevole aiuto.

Implorino finalmente che i vegliardi si rallegrino dei frutti di una vita spesa nel bene, così che avvicinandosi il termine della vita non abbiano nulla da temere, non siano afflitti da rimorsi o da angosce di coscienza, né abbiano motivo alcuno di arrossire, ma fermamente confidino di ricevere presto il premio della loro lunga fatica.

Chiedano, inoltre, nella preghiera alla divina Madre, il pane per gli affamati, la giustizia per gli oppressi, la patria per i profughi e gli esuli, una casa ospitale per i senza tetto, la debita libertà per coloro che ingiustamente furono gettati in carcere o nei campi di concentramento; il desideratissimo ritorno in patria per coloro che sono ancora prigionieri nonostante che da tanti anni sia terminata la guerra e internamente sospirano e gemono; per coloro che sono ciechi nel corpo o nell'anima la letizia della fulgida luce; e per tutti quelli che sono divisi fra loro dall'odio, dall'invidia, dalla discordia, che ottengano pregando la carità fraterna, l'unione degli animi e quell'operosa tranquillità che è fondata sulla verità, sulla giustizia, sulle relazioni amichevoli.

Desideriamo in modo speciale, o venerabili fratelli, che con le ardenti preghiere che saranno elevate a Dio nella prossima celebrazione dell'anno mariano, si chieda supplichevolmente che, sotto l'auspicio della Madre del divin Redentore e Madre nostra dolcissima, la chiesa cattolica possa finalmente ovunque godere della libertà che le compete e che essa, come insegna la storia, adoperò sempre a vantaggio dei popoli e mai a loro rovina, sempre per raggiungere la concordia dei cittadini, delle nazioni, delle genti, e mai per dividere gli animi.

Tutti sanno in quali tribolazioni viva, in alcuni luoghi, la chiesa e da quali menzogne, calunnie, spoliazioni sia travagliata; tutti sanno come in alcune regioni i vescovi siano miseramente dispersi, incarcerati senza motivo, o talmente ostacolati da non potere esercitare liberamente, come si conviene, il loro pastorale ministero; tutti sanno infine che in quei luoghi non si possono avere scuole proprie, né pubblicamente per mezzo della stampa si può insegnare, difendere, propagare la dottrina cristiana e educare convenientemente la gioventù secondo i suoi insegnamenti. Quelle esortazioni, pertanto, che a tale riguardo spesso, quando si è presentata l'occasione, vi abbiamo indirizzato, insistentemente ve le ripetiamo per mezzo della presente lettera enciclica, nella piena fiducia che in questo anno mariano dovunque siano innalzate supplichevoli preghiere alla potentissima vergine Madre di Dio e soave Madre nostra, affinché quei sacri diritti che competono alla chiesa e che sono richiesti dallo stesso rispetto della libertà e della civiltà, siano riconosciuti apertamente e sinceramente da tutti, con sommo vantaggio di ognuno e incremento della comune concordia.

Questa nostra parola, che Ci è dettata da un fervido senso di carità, desideriamo giunga anzitutto a coloro che, costretti al silenzio e circondati da ogni genere di insidie, vedono con animo addolorato la loro comunità cristiana afflitta, turbata e priva di ogni umano aiuto. Anche questi dilettissimi fratelli e figli Nostri, in strettissima congiunzione con Noi e con gli altri fedeli, interpongano presso il Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione (cf. 2 Cor 1, 3), il potentissimo patrocinio della vergine Madre di Dio e Madre nostra, e chiedano a lei celeste aiuto e divine consolazioni. Mentre perseverano con indomabile animo nella fede dei padri, facciano proprie in questi gravi frangenti le seguenti parole del Dottore Mellifluo, quasi distintivo di cristiana fortezza: «Staremo in piedi e combatteremo sino alla morte, se sarà necessario, per nostra madre (la chiesa), con le armi che ci saranno consentite: non con gli scudi e le spade, ma con la preghiera e le lacrime a Dio».(14)

Anche coloro che sono separati da Noi per l'antico scisma e che del resto Noi amiamo con animo paterno, li invitiamo a unirsi a queste comuni preghiere e a queste suppliche, poiché ben sappiamo che essi hanno in somma venerazione la grande Madre di Gesù Cristo e ne celebrano la concezione immacolata. La medesima beata vergine Maria riguardi tutti quei cristiani, congiunti almeno dai vincoli della carità, che rivolgono a lei supplichevoli gli occhi, gli animi, le preghiere, impetrando quella luce che illumina le menti di uno splendore soprannaturale, e chiedendo quella unità per la quale finalmente si faccia un solo ovile sotto un solo pastore (cf. Gv 10, 16).

A queste preghiere comuni siano associate pie opere di penitenza; l'amore alla preghiera, infatti, fa sì che «l'animo sia sostenuto, si prepari alle cose ardue, si innalzi alle cose divine; la penitenza ci fa ottenere il dominio su noi stessi, specialmente sul corpo, il quale per il peccato originale è fortemente ribelle alla ragione e alla legge evangelica. È evidente che queste virtù sono strettamente congiunte tra loro, e vicendevolmente si sostengono e mirano insieme all'identico scopo di distaccare l'uomo, nato per il cielo, dalle cose caduche, e di sollevarlo quasi a un celeste commercio con Dio».(15)

Siccome però ancora non ha brillato sui popoli e nelle anime una pace solida, sincera, tranquilla, si sforzino tutti i fedeli piamente pregando di raggiungerla e consolidarla felicemente e pienamente; in modo che, come la beata Vergine ci donò il Principe della pace (cf. Is 9, 6), ella stessa con il suo patrocinio e con la sua tutela congiunga gli uomini tra loro in amichevole concordia. Solo allora essi potranno godere quel tanto di serena prosperità che è possibile ottenere nel breve corso della vita, quando tra loro non saranno separati da invidie, lacerati miseramente da discordie, né sospinti violentemente a lottare tra loro con minacce e fraudolenti consigli; ma, fraternamente uniti, si scambieranno tra loro il bacio di quella pace che è «tranquilla libertà»(16) e che, sotto la guida della giustizia e l'aiuto della carità, fa delle diverse classi dei cittadini e delle diverse genti e nazioni una sola famiglia unita, come si conviene, e concorde.

Il divin Redentore, auspice e mediatrice l'amorevolissima Madre sua, voglia nella maniera più larga e consolante portare a compimento questi Nostri ardentissimi voti, ai quali, come pienamente confidiamo, corrisponderanno i voti non solo di tutti i Nostri figli ma anche di tutti coloro ai quali stanno a cuore gli interessi della civiltà cristiana, e il progresso civile.

Intanto sia propiziatrice dei divini favori, e testimonianza del Nostro affetto paterno, la benedizione apostolica che a voi tutti e singoli, venerabili fratelli, insieme al clero e ai fedeli a voi affidati, impartiamo con effusione di cuore.

Roma, presso San Pietro, l'8 settembre, festa della natività di Maria ss.ma, nell'anno 1953, XV del Nostro pontificato.

PIO PP. XII


(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Fulgens corona quibus Annus Marianus ubique gentium celebrandus indicitur, primo exeunte saeculo a definito dogmate immaculatae conceptionis B. Mariae Virginis, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos, aliosque locorum Ordinarios, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 8 septembris 1953: AAS 45 (1953), pp. 577-592.

Ricordata la ricorrenza centenaria della definizione dogmatica dell'Immacolata e la conferma di Lourdes, la lettera richiama gli argomenti teologici della stessa verità definita da Pio IX, ne rimuove le difficoltà, ne rileva la relazione con la definizione dogmatica dell'Assunta e gli influssi di pietà e di santificazione nei fedeli più che mai auspicabili e necessari. A questo scopo indice l'Anno mariano universale, di cui precipua manifestazione saranno i pellegrinaggi ai santuari mariani locali e diocesani per chiedere a Maria le grazie più necessarie ai singoli e alla chiesa: specialmente quella di una vera pace.

(2) Bulla dogm. Ineffabilis Deus (8 dec. 1854): EE 2/app.

(3) Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(4) Bulla dogm. Ineffabilis Deus, passim: EE 2/app.

(5) Cf. Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(6) Carmina Nisibena, ed. Bickell, 123.

(7) Cf. PIUS XI, Enc. Lux veritatis: AAS 23(1931), p. 493ss; EE 5/820ss.

(8) Cf. Summa theol., I, q. 25, a. 6 ad 4. 

(9) CORNELIUS A LAPIDE, In Matth., I, 16.

(10) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app. 

(11) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(12) AAS 42(1950), p. 754s; EE 6/1936. 

(13) Serm. III, 14: PL 54, 147-148.

(14) S. BERNARDUS, Epist. 221, 3: PL 182, 36.387.

(15) LEO XIII, Enc. Octobri mense (22 sept. 1891): Acta Leonis XIII, XI, p. 312; EE 3.

(16) CIC., Phil., II, 44.

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