S.Stefano il primo Martire della Chiesa

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Caterina63
00venerdì 26 dicembre 2008 17:15
- I cristiani non rispondano al male con il male ma "con la forza della verità e dell'amore": Angelus di Benedetto XVI dedicato interamente alla festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, che fu prima arrestato e poi lapidato "a motivo della sua predicazione ardente e coraggiosa".

Davanti a migliaia di fedeli radunati in piazza San Pietro per la preghiera mariana (recitata in occasione della festa del 26 dicembre), il Papa ricorda il legame tra Santo Stefano e San Paolo, di cui quest'anno si celebra il bimillenario dalla nascita. "Proprio la testimonianza di Stefano fu decisiva per la sua conversione", osserva il Pontefice. "Saulo (nome ebraico di Paolo, ndr) perseguitava la Chiesa ed aveva collaborato pure alla lapidazione di Stefano: lo aveva visto morire sotto i colpi delle pietre e soprattutto - aggiunge Benedetto XVI - aveva visto il modo in cui Stefano era morto: in tutto come Cristo, cioè pregando e perdonando i suoi uccisori".

Dopo la conversione, anche San Paolo "sulle orme di Stefano, seguirà Gesù, versando il proprio sangue a testimonianza del Vangelo, qui a Roma". "Cari fratelli - sottolinea il Pontefice -, in Santo Stefano vediamo realizzarsi i primi frutti della salvezza che il Natale di Cristo ha recato all'umanità: la vittoria della vita sulla morte, dell'amore sull'odio, della luce della verità sulle tenebre della menzogna. Lodiamo Dio perchè questa vittoria permette anche oggi a tanti cristiani di non rispondere al male con il male, ma con la forza della verità e dell'amore".

 
Benedetto XVI lancia poi un appello per la liberazione di tutti i sequestrati in ogni angolo del mondo, dal Medio Oriente all'Africa, fino all'America Latina, e chiede ai fedeli una preghiera affinchè Dio converta il cuore dei rapitori.

[SM=g1740720] [SM=g7182]  L'Angelus di Benedetto XVI

Cari fratelli e sorelle!

L’odierna festa di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa, si colloca nella luce spirituale del Natale di Cristo. Stefano, un giovane "pieno di fede e di Spirito Santo", come ce lo descrivono gli Atti degli Apostoli (6,5), insieme con altri sei fu ordinato diacono nella prima Comunità di Gerusalemme e, a motivo della sua predicazione ardente e coraggiosa, fu arrestato e lapidato. C’è un particolare, nel racconto del suo martirio, che durante questo Anno Paolino chiede di essere posto in risalto, ed è l’annotazione che "i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo" (At 7,58). Qui compare per la prima volta san Paolo, col suo nome ebraico di Saulo, nella veste di zelante persecutore della Chiesa (cfr Fil 3,6), ciò che allora era sentito da lui come un dovere e un motivo di vanto. A posteriori, si potrà dire che proprio la testimonianza di Stefano fu decisiva per la sua conversione. Vediamo in che modo.


Poco tempo dopo il martirio di Stefano, Saulo, sempre spinto dallo zelo contro i cristiani, si recò a Damasco per arrestare quelli che là avrebbe trovato. E mentre si avvicinava alla città avvenne la sua folgorazione, quella singolare esperienza in cui Gesù risorto gli apparve, gli parlò e gli cambiò la vita (cfr At 9,1-9). Quando Saulo, caduto a terra, si sentì chiamare per nome da una voce misteriosa e chiese: "Chi sei, o Signore?", si sentì rispondere: "Io sono Gesù, che tu perseguiti!" (At 9,5). Saulo perseguitava la Chiesa ed aveva collaborato pure alla lapidazione di Stefano; lo aveva visto morire sotto i colpi delle pietre e soprattutto aveva visto il modo in cui Stefano era morto: in tutto come Cristo, cioè pregando e perdonando i suoi uccisori (cfr At 7,59-60).

Sulla via di Damasco Saulo capì che perseguitando la Chiesa stava perseguitando Gesù morto e veramente risorto; Gesù vivente nella sua Chiesa, vivente anche in Stefano, che lui aveva sì visto morire, ma che certamente ora viveva insieme con il suo Signore risorto. Potremmo quasi dire che nella voce di Cristo avvertì quella di Stefano e, anche per sua intercessione, la grazia divina gli toccò il cuore. Fu così che l’esistenza di Paolo cambiò radicalmente. Da quel momento Gesù divenne la sua giustizia, la sua santità, la sua salvezza (cfr 1 Cor 1,30), il suo tutto. E un giorno pure lui seguirà Gesù sulle stesse orme di Stefano, versando il proprio sangue a testimonianza del Vangelo, qui, a Roma.


Cari fratelli e sorelle, in santo Stefano vediamo realizzarsi i primi frutti della salvezza che il Natale di Cristo ha recato all’umanità: la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della luce della verità sulle tenebre della menzogna. Lodiamo Dio perché questa vittoria permette anche oggi a tanti cristiani di non rispondere al male con il male, ma con la forza della verità e dell’amore. La Vergine Maria, Regina dei Martiri, ottenga a tutti i credenti di seguire con coraggio questa stessa via.


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http://www.santiebeati.it/dettaglio/22050

La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.

Così al 26 dicembre c’è s. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 s. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di s. Pietro e s. Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.

Del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.

Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.

Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.

E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.

Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.

Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.

In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.

Gli Atti degli Apostoli dicono che persone pie lo seppellirono, non lasciandolo in preda alle bestie selvagge, com’era consuetudine allora; mentre nella città di Gerusalemme si scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata da Saulo.
Tra la nascente Chiesa e la sinagoga ebraica, il distacco si fece sempre più evidente fino alla definitiva separazione; la Sinagoga si chiudeva in se stessa per difendere e portare avanti i propri valori tradizionali; la Chiesa, sempre più inserita nel mondo greco-romano, si espandeva iniziando la straordinaria opera di inculturazione del Vangelo.
Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3 dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome.

Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi peccati commessi dagli uomini.
Il prete Luciano domandò chi fosse e il vecchio rispose di essere il dotto Gamaliele che istruì s. Paolo, i compagni erano il protomartire s. Stefano che lui aveva seppellito nel suo giardino, san Nicodemo suo discepolo, seppellito accanto a s. Stefano e s. Abiba suo figlio seppellito vicino a Nicodemo; anche lui si trovava seppellito nel giardino vicino ai tre santi, come da suo desiderio testamentario.

Infine indicò il luogo della sepoltura collettiva; con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. La notizia destò stupore nel mondo cristiano, ormai in piena affermazione, dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima.

Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di s. Stefano per il mondo conosciuto di allora, una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, che a sua volta le regalò a vari amici, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme.

Molti miracoli avvennero con il solo toccarle, addirittura con la polvere della sua tomba; poi la maggior parte delle reliquie furono razziate dai crociati nel XIII secolo, cosicché ne arrivarono effettivamente parecchie in Europa, sebbene non si sia riusciti a identificarle dai tanti falsi proliferati nel tempo, a Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto a Roma, dove si pensi, nel XVIII secolo si veneravano il cranio nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, un braccio a S. Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a S. Luigi dei Francesi, un terzo braccio a Santa Cecilia; inoltre quasi un corpo intero nella basilica di S. Loernzo fuori le Mura.

La proliferazione delle reliquie, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire santo Stefano, già veneratissimo prima ancora del ritrovamento delle reliquie nel 415.
Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio.
Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra, cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.


Autore:
Antonio Borrelli






Caterina63
00lunedì 26 dicembre 2011 22:40
[SM=g1740717] [SM=g1740720] Cari Amici, il santo Padre Benedetto XVI ci ha donato una bellissima Catechesi in occasione del martirio di santo Stefano, il primo martire della Chiesa, unendo un appello alla Preghiera e a guardare i Martiri dopo le nuove stragi che hanno colpito, il giorno di Natale i Cristiani della Nigeria, in alcune Chiese. Vogliamo far nostro questo appello ed usare maggiormente la Benedetta Corona del Rosario per Pregare e per seminare l'Amore vero di cui abbiamo tanto bisogno...
www.gloria.tv/?media=232808

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

vi offre questo Angelus in forma "karaoke" ossia, potete sia leggere che ascoltare...



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