SOLIDARIETA' ECCLESIALE (2) come, dove e a chi aiutare?

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Caterina63
00domenica 3 aprile 2011 00:17
Reduci da questo thread saturo di informazioni:
AIUTA LA CHIESA CHE SOFFRE (solidarietà ecclesiale) 

ne apriamo un'altro ugualmente mirato affinchè possiamo davvero AIUTARE LA CHIESA CHE SOFFRE e aiutare le Comunità Cattoliche....


 Dagli Atti degli Apostoli, cap.2

44 Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune;
45 chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
46 Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore,
47 lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.
48 Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.


L'offerta, il donare, è l'unica forma che abbiamo per concretizzare ciò che poi diciamo a parole: AIUTA IL PROSSIMO....
spesso ci "riempiamo la bocca" di belle parole, ma quando si arriva al dunque, ossia di DONARE veramente qualcosa, chissà perchè diventiamo aridi, SOSPETTOSI, giudici....

C'è da donare il 5xmille ed effettivamente è una dura lotta alla decisione poichè è un unica opportunità, si può donare una sola volta all'anno e ad un solo indirizzo.... chi aiutare?

Noi posteremo qui delle notizie e degli indirizzi, lasciando ad ognuno di voi la scelta di chi aiutare....

- numero per il 5 per mille a favore della Fraternità Sacerdotale san Pio X 93012970013

- per aiutare la Fraternita Sacerdotale san Pietro, clicca qui

- per aiutare i Frati Francescani dell'Immacolata:

Conto Corrente Postale n. 7 9 0 4 8 8 9 8
intestato a:
Missio Immaculatae International - Onlus
via dell'Immacolata, 2 - 83040 Frigento (Av)

 

Coordinate IBAN:

IT48 Y076 0115 1000 0007 9048 898

POSTE ITALIANE S.P.A.


per dare il 5 x mille ai Frati dell'Immacolata: 90010580646

********************

- Aiuta alla Chiesa che soffre, è una Associazione impegnata a sostenere le comunità Cattoliche nei luoghi in cui sono perseguitate e spesso devastate dall'odio.... se per i Cristiani che muoiono c'è la consolazione della Corona della Gloria del martirio, per i sopravvissuti la situazione è spesso drammatica e complessa, senza casa e senza sostegni.....


- Suore Domenicane di Santa Maria del Rosario, fanno le adozioni a distanza..... se te la senti, contattale e dona il tuo contributo....

- Movimento Domenicano del Rosario, provincia san Domenico, si occupa anche delle Adozioni a Distanza e raccoglie offerte anche per i giovani studenti impossibilitati al pagamento degli studi....
www.sulrosario.org

******************

Vi ricordiamo anche:

OBOLO DI SAN PIETRO, LA CARITA' AL PAPA PERCHE' POSSA SERVIRE I PIU' POVERI





Caterina63
00sabato 16 aprile 2011 13:16

Nuovo centro di vita "monastica" tradizionale.

Riceviamo (da Messainlatino) una toccante lettera, che ci racconta una bellissima e significativa esperienza, frutto ottimo della Tradizione. Pur tra mille difficoltà, nascono e crescono i centri di vita religiosa legati al Rito Antico, mentre gli "altri" ordini e congregazion stanno sempre via via perdendo membri, e son carenti di nuove vocazioni. Nelle foto alcuni momenti della benedizione del terreno dove sorgerà il monastero, e la piantina dell'erigendo monastero con tradizionale chiostro e cortile, abitazione e chiesa annessa.


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..

Circa sette anni fa, sotto la guida di un sacerdote di un Istituto Ecclesia Dei, alcuni fedeli hanno iniziato un’ esperienza di vita “monastica” incentrata sulla spiritualità del rito antico. Provvisoriamente in questi anni tale vita è avvenuta in una casa privata. Le difficoltà per poter celebrare la Messa antica sono state enormi, e tuttora, per quanto migliorata, la situazione non è certo brillante.

Alle difficoltà ecclesiali si sono aggiunte quelle di vivere in mezzo al mondo, coi suoi rumori, le sue frenesie e le sue vanità; grazie a Dio siamo andati avanti lo stesso. Ora però il nostro direttore spirituale ritiene maturi i tempi per la costruzione di un eremo-monastero isolato dal mondo in un bosco dono di un fedele tradizionalista. Gli ambienti ecclesiali in cui viviamo non guardano a noi con entusiasmo; nonostante diffidenze ed ostilità abbiamo ottenuto le autorizzazioni necessarie, ma ci è stato espressamente chiesto di non dare alcuna pubblicità, soprattutto riguardo alla località in cui ci troviamo; in pratica viviamo in una situazione che potremmo definire di “libertà vigilata”. Per molti una comunità tradizionale radicata nel territorio è come una malattia terribile di cui vergognarsi; aver vicino a casa dei tradizionalisti è come aver a che fare con lebbrosi da confinare in un lazzaretto. Fiat voluntas Dei.

Sappiamo che i tempi miglioreranno. E pian piano stanno già cambiando. La costruzione dell’edificio, per quanto piccolo e spartano (non ci sarà impianto elettrico, né riscaldamento nelle quattro celle per ora previste), richiede delle risorse economiche che non abbiamo (mentre i lavori più semplici li faremo noi gradatamente). Anche la chiesa che costruiremo richiede un ingente sforzo economico. Ringraziamo fin d’ora tutti quelli che vorranno aiutarci, in qualunque modo.

Questo è il nostro codice fiscale per coloro che vorranno destinare a questa iniziativa il loro cinque per mille: 91041670901

Per coloro che eventualmente vogliono inviarci qualche offerta (che si può detrarre dalla denuncia dei redditi): IBAN: IT48 F033 5901 6001 0000 0015 182 intestato a COMPAGNIA DEGLI EREMITANI ONLUS Terremo costantemente aggiornati sul procedere dei lavori. Ed abbiamo ferma speranza che anche il clima ecclesiale in cui viviamo migliori e ci sia possibile uscire dalle “catacombe”.


Caterina63
00mercoledì 27 aprile 2011 12:05
[SM=g1740733]AIUTA, SE PUOI, LA CASA SANTA FAMIGLIA SANTA LUCIA, DELLE SUORE DOMENICANE MISSIONARIE DI SAN SITO....

L'attuale denominazione "Casa Famiglia S. Lucia" ha sostituito il vecchio termine "Orfanotrofio" che, legato alla realtà sociale del dopoguerra, ha svolto una funzione determinante nel cercare di dare una soluzione alle difficoltà economiche e assistenziali presenti in tale periodo.
 
   La struttura è stata gestita, sin dall'inizio della sua costituzione, dalle Suore Domenicane di S. Sisto, ed attualmente è presieduta dalla Priora:
Suor Maria Dorotea Mangiapane.
   Il complesso edilizio, che da sempre ospita la "Casa", è stato oggetto di importanti interventi strutturali successivi ai danni prodotti dal terremoto del settembre 1997. Nell'occasione sono stati anche attuati miglioramenti importanti per permettere ai giovani ospiti un migliore svolgersi delle varie funzioni quotidiane (dormitori, mensa, sale ricreative) e questo grazie all' infaticabile lavoro di Madre Dorotea ed alla collaborazione del Sindaco Orfeo Goracci, dell'Amministrazione Comunale e dei tanti "Amici di S. Lucia", (Privati, Enti, Corriere della Sera con "un Aiuto subito", TV private). Al momento si stanno ultimando, con stanziamenti regionali, altre parti e spazi non ancora completamente usufruibili dalla comunità.

La "Casa Famiglia S. Lucia" assolve a:
 
Tre importanti funzioni nel territorio eugubino:
1):Assistenza ai "minori" in difficoltà, con problematiche familiari e comportamentali.
2):Assistenza a ragazze madri.
3):Attività scolastica: Scuola Elementare Paritaria "S Lucia".

   I "minori" ospitati, qui inviati dai vari Tribunali del territorio nazionale, hanno rappresentato nel tempo molte unità che necessitavano di un recupero sia sul piano affettivo che comportamentale. Ciò è stato possibile grazie alla totale dedizione delle operatrici religiose, che si sono anche avvalse dell'aiuto di equipes socio-psico-pedagogiche e sanitarie (ASL. n°1) presenti in città.
   Soddisfacenti sono stati i risultati ottenuti per una reintegrazione dei minori nella famiglia d'origine o per un affido o adozione.
   Certamente le serie problematiche della società odierna pongono finalità e direttive sempre più moderne, obbligando le operatrici religiose ad attivarsi costantemente nella vita sociale per il coinvolgimento di famiglie private, associazioni e centri per sostenere ed esaudire le aspettative di chi ha bisogno di aiuto, d'affetto e d'amore.
   La "Casa Famiglia S. Lucia" ha avuto un iter qualificante, sia sotto il profilo umano che sociale. I pregiudizi e le prevenzioni nei confronti dello "Istituto per orfani", come era un tempo definito, sono cadute, sulla base di esperienze concrete, positive, e qualificanti. Di questo va dato atto all'operato e all'impegno messo in quest'opera socio-educativa dalle operatrici religiose e laiche, in un'atmosfera serena e di vero spirito materno e paterno.
 
   Fino oggi nella "Casa Famiglia" sono transitati più di mille tra bambini e bambine avuti in affidamento dai tribunali di tutta Italia. Tutti sono ritornati nella società attraverso la strada della famiglia, delle adozioni e dell'affidamento. Attualmente a Gubbio sono presenti 30 "figli", come li chiama Madre Dorotea.
   Il 16 novembre 2002, alla presenza del sindaco Orfeo Goracci, del generale dei Carabinieri Paolo Lotti, del giudice Cenci del Tribunale dei Minori, di rappresentanti dei Vigili del Fuoco, della Forestale e della Finanza, del tenente Petese e del maresciallo Antoniello (Compagnia Carabinieri di Gubbio) si è proceduto alla cerimonia di consegna del ricavato della "Partita del cuore", triangolare di calcio disputatasi lo scorso 19 ottobre, a cui avevano preso parte una rappresentativa del Comando regionale Carabinieri Umbria (che ha trionfato), una selezione locale di forze armate e una selezione dell'Amministrazione Comunale. L'incasso di 5.000 Euro era infatti devoluto alla Casa Famiglia di S. Lucia.

   Il 23 ottobre 2004, in occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo della professione di fede di Madre Dorotea, è stato inaugurato il
Reparto Ragazze Madri. Tale struttura, collocata nel complesso monumentale di S. Lucia, è stata realizzata a seguito dei lavori di restauro resesi necessari per i recenti danni sismici del 1997.
   Annessa alla Casa Famiglia "S. Lucia" trova collocazione la
Scuola Elementare cattolica e pubblica che, in una struttura edile antisismica, assolve l'impegno scolastico nel rispetto delle attuali normative didattiche.
   L'istituzione scolastica accoglie bambini in età scolare, con l'integrazione degli extracomunitari e fornisce i seguenti servizi scolastici: mensa, doposcuola, trasporto, con la più aperta disponibilità assistenziale.
   Ben definito il rapporto Scuola-Famiglia, nel rispetto dell'importanza degli Organi Collegiali.



CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIU'

C/C 30352 intestato a: AMICI DI S. LUCIA
Cassa Risparmio di Fabriano e Cupramontana S.p.A.
Filiale di GUBBIO/Via di Porta Romana
IBAN    IT85E0614038480CC0370030352




Caterina63
00mercoledì 4 maggio 2011 11:53
[SM=g1740733] "Cari amici! Sappiate che il Papa vi vuole bene". Così Benedetto XVI ha salutato i 250 poveri assistiti nelle sette case romane delle Missionarie e dei Missionari della Carità, al termine del pranzo di Natale offerto (dal Papa) domenica 26 dicembre nell'atrio dell'Aula Paolo VI in Vaticano. "La carità è la vera forza che cambia il mondo", ha ribadito ai più bisognosi e alle religiose e ai religiosi che festeggiano il centesimo anniversario della nascita della loro fondatrice, la beata Madre Teresa di Calcutta. Dopo essersi seduto a tavola con 14 ospiti delle case e con la superiora generale delle Missionarie, suor Prema, il Papa ha ricordato che "il Bambino che vediamo nella grotta è Dio ...

it.gloria.tv/?media=119875




[SM=g1740717]



Caterina63
00giovedì 12 maggio 2011 13:25
IL 5 PER MILLE A FAVORE DEL TIMONE
 
Cari lettori,
con la prossima Dichiarazione dei redditi, oltre alla possibilità di destinare l’8 per mille alla Chiesa Cattolica, ci verrà chiesto se vogliamo destinare il 5 per mille dell’Irpef ad una associazione, fondazione, etc.
Scegliete con massima libertà, sono tanti coloro che anno bisogno di aiuto.
Ma se volete aiutare il nostro mensile, potrete destinare il 5 per mille alla “Fondazione Fides et Ratio”, nata per sostenere il nostro apostolato a mezzo stampa.
Ecco il Codice fiscale della Fondazione, che dovrete ricopiare nella vostra Dichiarazione dei redditi:

94049770038

Grazie per quello che potrete e vorrete fare. Ne abbiamo veramente bisogno.

AVVISO
 
Ricordiamo agli abbonati e ai lettori che ogni settimana dell'intero anno 2011 vengono celebrate cinque SS Messe per loro e le loro intenzioni. È questo il nostro modo di ringraziarli per l'attenzione con la quale seguono il Timone.


AVVISO
 
Per ottimizzare la comunicazione tra il Timone e i suoi lettori, invitiamo chi lo desidera a lasciarci il proprio indirizzo mail comunicandolo a: info@iltimone.org . Senza dimenticare, è ovvio, di aggiungere nome, cognome e residenza.
\n Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
IL TIMONE n. 103 – Anno XIII - Maggio 2011 - pag. 3


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Embarassed  chi ben conosce san Simonin piccolo a Venezia ove celebra il Rito nella forma antica la Fraternità san Pietro (FSSP ) tramite padre Konrad, sa che la Chiesa è in perenne restauro....  
al momento la Messa viene detta ad un altare laterale perchè quello centrale è coperto dai lavori in corso.... e ciò che fa vivere davvero questa Chiesa è la FEDE VIVA di chi vi partecipa, di chi ne addolcisce le crepe con il canto gregoriano.... del sacerdote che con la sua talare usata, da tutto per la Comunità.....  
Non credo abbiano un 5xmille, io non l'ho trovato, ma per chi volesse dare un contributo, anche minimo, vi ricordo questa pagina:  
http://venezia.fssp.it/pages/intro.php   
 
L'inverno è duro lì dentro, non tanto per il freddo e l'umidità che per noi è sufficiente superare coprendoci adeguatamente, ma per il freddo e l'umidità che corrodono i banchi, i quadri, i muri.... è necessario un impianto di riscaldamento che PROTEGGA LA CASA DI DIO dalla corrosione, spesso nell'inverno, assitiamo alla Messa su di un pavimento BAGNATO.... anche le altre chiese di Venezia subiscono il medesimo problema, ma le ALTRE Chiese hanno tappeti appositi e sistemi di riscaldamento adeguati.... sono Parrocchie con introiti regolari, con flussi e vita di parrocchiani regolari, la situazione pertanto dipende sommariamente anche dalla generosità dei FEDELI....  
Fate girare la voce, e date questo indirizzo, http://venezia.fssp.it/pages/intro.php e poi preghiamo la Divina Provvidenza.... fiduciosi che ci aiuterà....  
Grazie di cuore: e il Vostro Padre che è nei cieli e che vede nel segreto, vi ricompenserà....  

Wink  



Caterina63
00giovedì 2 giugno 2011 20:49

In Terra Santa sorgerà un nuovo monastero


Nel luogo in cui Gesù sfamò migliaia di persone


 

ROMA, martedì, 31 maggio 2011 (ZENIT.org).- I monaci che vivono in un importante sito biblico lasceranno il loro monastero soggetto a terremoti per essere ospitati in una nuova casa grazie all'aiuto dell'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

L'associazione, che sta aiutando nella costruzione di un nuovo monastero a Tabgha (Israele), ha ricevuto un resoconto sui lavori da padre Jeremias Marseille OSB, membro della comunità benedettina tedesca che vive sul posto.

I monaci, che abitano sulle rive del Mare di Galilea, sono custodi della chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, che segna il luogo del miracolo biblico.

Parlando con ACS, padre Jeremias ha fornito due ragioni per il trasferimento del monastero, costruito senza fondamenta adeguate negli anni Cinquanta.

“La prima è che la casa in cui viviamo non è sicura – in Germania sarebbe stata condannata”, ha spiegato. “Le stanze hanno tutte crepe di 45° sui muri e la casa si muove, visto che si trova in una zona sismica all'inizio della valle del Giordano”.

“La seconda ragione è più importante”, ha aggiunto. “Abbiamo bisogno non solo di una casa, ma anche di un chiostro in cui la vita monastica possa crescere”.

I monaci, ha indicato, hanno bisogno di un luogo di ritiro e riflessione, sia per i tanti pellegrini e turisti – che possono arrivare a 5.000 al giorno – che perché forniscono un luogo di incontro per i giovani con disabilità di Israele e della West Bank.

Padre Jeremias ha quindi descritto come sia importante cerare Dio ritirandosi in un luogo tranquillo, che il monastero fornirà attraverso il suo nuovo oratorio (cappella).

“Le parole di Gesù in occasione del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci sono queste: 'Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'. Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare' (Marco 6,31)”, ha osservato.

ACS sta sostenendo il progetto di costruzione con più di 50.000 euro per erigere l'oratorio, che il monaco benedettino ha descritto come “il cuore del nuovo monastero”.

“I monaci e gli ospiti hanno bisogno di una stanza in cui poter trovare giorno e notte un luogo tranquillo per pregare che sia lontano dalle folle dei dintorni”.

L'oratorio sarà dotato di aria condizionata, elemento fondamentale in una zona in cui nel momento più caldo dei giorni estivi le temperature esterne possono raggiungere i 50°C.

Il nuovo edificio sarà anche capace di sostenere i periodici terremoti che interessano periodicamente la valle.

“La costruzione procede bene, abbiamo quasi finito le celle. Poi inizieremo l'ala occidentale del nuovo monastero, incluso il nuovo oratorio”, ha riferito padre Jeremias.

“Speriamo e pensiamo di finire la costruzione della struttura portante di tutto il monastero a ottobre, e auspichiamo che il trasferimento avvenga alla fine di maggio del prossimo anno”, ha aggiunto.

La casa monastica di Tabgha è situata nella zona nord-occidentale del Mare di Galilea ed è un priorato dipendente dall'Abbazia della Dormizione sul Monte Sion a Gerusalemme.

Il nuovo edificio è un progetto comunitario dell'Associazione Tedesca di Terra Santa e dei Monaci Benedettini.

La chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci gestita dai benedettini è stata costruita nel 1982 dall'Associazione Tedesca di Terra Santa sul sito di una chiesa bizantina distrutta nel 614 dai persiani.

La struttura attuale include i resti del pavimento in mosaico della chiesa del V secolo.

La più antica testimonianza scritta del luogo risale alla fine del IV secolo e descrive una piccola chiesa siriaca, costruita su una pietra santa, che è diventata un altare in commemoraziozne della miracolosa moltiplicazione del cibo da parte di Gesù.

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forme di donazione  anche on-line 


POS
Presso la sede romana del Segretariato Italiano di ACS a Trastevere - Piazza S. Calisto, 16 - è attivo un punto POS, riservato a coloro che desiderano fare una donazione con Carta di credito e Bancomat . L'operazione è effettuata con il supporto dei nostri collaboratori.

Bonifico bancario
Si esegue sul conto corrente bancario intestato a "Aiuto alla Chiesa che Soffre - Piazza San Calisto 16 - 00153 Roma" - Banca Intesa Sanpaolo - Coordinate IBAN - IT 11  H 03069 05066 011682210222 - SWIFT CODE BCITITMM

Dopo aver effettuato il bonifico, vi preghiamo di comunicarci via e-mail all'indirizzo ba@acs-italia.org il vostro nome, cognome, indirizzo e causale della donazione affinchè possiamo ricollegarla al donatore.



Ordine di bonifico permanente

Con l'ordine di bonifico permanente non dimenticherai mai di aiutare la Chiesa che soffre. Puoi far giungere - periodicamente, più volte l'anno, in date prefissate - un sostegno a "Aiuto alla Chiesa che Soffre" dando alla tua Banca un ordine di bonifico permanente comunicando le coordinate IBAN (vedi sopra). L'ordine può essere revocato in qualsiasi momento.

 

Conto corrente postale

Per fare una donazione puoi utilizzare i bollettini già prestampati oppure quelli in bianco disponibili in tutti gli uffici postali. Il numero di conto corrente postale di ACS è 932004, l'indirizzo è "Aiuto alla Chiesa che Soffre"- Piazza S. Calisto, 16 - 00153 Roma.

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Aiutiamo i bambini di Cuba a conoscere Gesù


Aiuto alla Chiesa che Soffre finanzia il dono del Catechismo


 

ROMA, lunedì, 20 giugno 2011 (ZENIT.org).- Aiutare i bambini di Cuba a conoscere Gesù è la sfida alla quale ha risposto l'associazione caritativa internazionale “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) dopo l'appello lanciato dalla Chiesa nel Paese caraibico.

Il responsabile della Sezione per la Catechesi della Conferenza Episcopale Cubana, il Vescovo Manuel García Menocal, ha infatti scritto una lettera all'associazione chiedendo aiuto “per un'iniziativa davvero straordinaria”, come ricorda ACS: “attraverso le parrocchie, regalare a 90.000 bambini dagli 8 ai 10 anni un Catechismo, scritto in linguaggio semplice e con immagini a colori”.

“Essere cattolici a Cuba significa avere grande tenacità e coraggio perché, a causa del mancato riconoscimento della piena libertà religiosa, la pastorale della Chiesa è penalizzata nei mezzi e negli spazi”, sottolinea l'associazione di diritto pontificio, nata con una campagna di aiuto lanciata nel 1947 dal monaco premonstratense Werenfried van Straaten.

“Da quando però, durante lo storico viaggio compiuto a Cuba nel 1998, l'allora Papa Giovanni Paolo II esortò i cubani a riscoprire la fede - 'Non abbiate paura di aprire il vostro cuore a Cristo!' -, l'interesse per la religione cattolica è andato risvegliandosi”.

“La Chiesa ha rinvigorito la sua opera di rievangelizzazione e la gente risponde con entusiasmo, riempie le chiese, a migliaia partecipano alle processioni, anche gli adulti frequentano le catechesi per prepararsi a ricevere i Sacramenti”.

Il Catechismo sarà distribuito nelle parrocchie, e i catechisti riceveranno un apposito sussidio per spiegarlo al meglio.

Per ACS, si tratta di “un grande progetto” con il quale la Chiesa “vuole far scoprire la fede ai bambini”.

“Sono figli di famiglie nelle quali Dio è rimasto uno sconosciuto – sottolinea –. Ma oggi la situazione sta cambiando, non lasciamo che questo desiderio di conoscere Gesù si spenga”.

Con una donazione di 25 euro è possibile donare 40 copie del Catechismo, con 50 euro 80, con 100 euro 160, con 150 euro 320 copie.

Per ulteriori informazioni, è possibile contattare l'Amministrazione ACS al numero 06.6989.3929 oppure scrivere un'email all'indirizzo gz@acs-italia.org

 



Caterina63
00martedì 12 luglio 2011 21:41
L'alto Commissario dell'Onu per i rifugiati denuncia la condizione dei profughi somali

Il disastro più grave


Quasi quattrocentomila persone stipate nel campo di Dadaab in territorio kenyano

 

NAIROBI, 12. In Somalia si consuma il più grave disastro umanitario in atto nel mondo. Lo ha dichiarato ieri il responsabile dell'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), António Guterres, dopo aver visitato i campi profughi di Dadaab, in Kenya, vicino al confine con la Somalia.

A Dadaab, il più grande complesso di campi profughi al mondo, ci sono ormai quasi quattrocentomila persone, molte di più di quante le strutture allestite possano ospitarne, e ne continuano ad arrivare migliaia ogni giorno. Guterres ha parlato di una situazione ormai disperata. I dati dell'Unhcr relativi alle ultime settimane parlano di 1.700 arrivi giornalieli di somali in fuga dalla devastante siccità che ha colpito il Corno d'Africa e soprattutto la Somalia, dove si somma alle devastazioni di una guerra civile che si protrae da un ventennio e della quale non s'intravede ancora la fine.

I profughi arrivano in Kenya dopo settimane di cammino e il tasso di mortalità a Dadaab è molto alto a causa del cibo insufficiente. I tassi di malnutrizione sono allarmanti tra i nuovi arrivi e soprattutto tra i bambini. Molte madri hanno riferito al personale dell'Unhcr e delle organizzazioni umanitarie che operano nei campi profughi della perdita dei loro bambini durante l'estenuante viaggio. Una simile situazione si registra anche tra i profughi somali che si dirigono in Etiopia, anch'essi incontrati nei giorni scorsi da Guterres. Dall'inizio dell'anno in Etiopia sono arrivati circa 54.000 somali, per l' ottanta per cento donne e bambini. La metà di questi ultimi sono malnutriti in modo grave. Tra i piccoli profughi, già indeboliti, l'incidenza delle malattie è la più alta registrata oggi in tutto il mondo.
La Somalia, a causa della concomitanza con la guerra, è il Paese del Corno d'Africa dove le conseguenze della siccità in atto sono più devastanti. Ma la situazione è drammatica nell'intera regione, dal Kenya all'Etiopia, a Gibuti, alla Tanzania. Secondo le agenzie dell'Onu, oltre due milioni di bambini del Corno d'Africa risultano malnutriti e bisognosi di urgenti aiuti salvavita. Mezzo milione di questi bambini si trova ad affrontare un imminente pericolo di vita, con conseguenze durature per lo sviluppo fisico e mentale.

Più in generale, si stima che dieci milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria immediata, quasi il doppio di quelli che le diverse agenzie dell'Onu, a partire dal Programma alimentare mondiale (Pam) riescono al momento ad aiutare. La crisi è la peggiore degli ultimi cinquant'anni pur in una regione che ha purtroppo familiarità con la siccità. Il prolungarsi di quest'ultima e il massiccio aumento dei prezzi dei generi alimentari stanno peggiorando le condizioni di molte famiglie. Anche in questo caso, la condizione peggiore è quella della Somalia, dove necessità di aiuto almeno un terzo della popolazione, senza considerare i rifugiati all'estero.



(©L'Osservatore Romano 13 luglio 2011)

Commissione per la Carità del Papa
Le offerte possono essere inviate al Circolo S. Pietro -
Obolo - sul c.c.p. n. 49796006.


SPECIFICARE NELLA CAUSALE:
Commissione per gli Aiuti Internazionali



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Conto corrente postale

Per fare una donazione puoi utilizzare i bollettini già prestampati oppure quelli in bianco disponibili in tutti gli uffici postali. Il numero di conto corrente postale di ACS è 932004, l'indirizzo è "Aiuto alla Chiesa che Soffre"- Piazza S. Calisto, 16 - 00153 Roma.
PER LA CAUSALE SCRIVERE: "AIUTI INTERNAZIONALI, PROFUGHI SOMALI"

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Vi sono inoltre due Fondazioni papali, la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, impegnata nella lotta alla desertificazione e per lo sviluppo nei paesi africani di quella regione, e la Fondazione “Populorum Progressio”, che finanzia progetti delle comunità campesine, meticce ed afroamericane povere dei paesi dell’America Latina.


Quanti vogliono affidare al Santo Padre il loro dono possono farlo tramite versamento su: 

Conto corrente postale n. 603035 delle Poste Italiane
intestato a Pontificio Consiglio COR UNUM 
V- 00120 Città del Vaticano 
Si prega di  specificare la causale e di indicare chiaramente il proprio nome ed indirizzo. 

Bonifico bancario in Euro dall'Italia:

Pontificio Consiglio “Cor Unum”
Conto N. 603035
Banca:          Banco Posta, Poste Italiane S.p.A.
Indirizzo:      Viale Europa, 175
                    I-00144 Rome, Italy
Codice IBAN: IT20 S 07601 03200 000000 603035 

Si prega di specificare la causale e di indicare chiaramente il proprio nome ed indirizzo.

Bonifico bancario in Euro dall'estero: 

Pontificio Consiglio “Cor Unum”
Conto N. 603035
Banca:          Banco Posta, Poste Italiane S.p.A.
Indirizzo:      Viale Europa, 175
                     I-00144 Rome, Italy
Codice BIC-SWIFT per Poste Italiane S.p.A.:  BPPIITRRXXX 

Si prega di specificare la causale e di indicare chiaramente il proprio nome ed indirizzo. 


Bonifico bancario in altre valute dall'estero (Dollaro Americano USD,  Dollaro Australiano AUD, Dollaro Canadese CAD, Sterlina Britannica GBP, Franco Svizzero CHF, Yen Giapponese JPY):
  

Pontificio Consiglio "Cor Unum

Conto N.: 603035

 

Banca: Banco Posta, Poste Italiane S.p.A.

 

Indirizzo:        Viale Europa, 175; I-00144 Roma, Italia
 
Codice BIC-SWIFT per la Banca Popolare di Sondrio: POSOIT22XXX

 
Si prega di specificare la causale e di indicare chiaramente il proprio nome ed indirizzo.

Donazioni in altre valute possono anche essere effettuate all’ordine di: 

Pontificio Consiglio “Cor Unum”
Conto N. 101010
Banca:       Banca di Roma
Codice IBAN: IT93 J 03002 05008 000000 101010
Codice SWIFT: BROMITR1204 

Si prega di specificare la causale ed indicare chiaramente il proprio nome ed indirizzo.

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CARITAS ITALIANA

Per sostenere gli interventi si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite c/c postale n. 347013 specificando nella causale: "Emergenza  Africa 2011".
 
Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:

    * c/c postale n. 347013
       
    * Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma
      Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113
       
    * UniCredit, via Taranto 49, Roma
      Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119
       
    * Banca Prossima, via Aurelia 796, Roma
      Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474
          
    * Intesa Sanpaolo, via Aurelia 396/A, Roma
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Un milione di euro per l'emergenza siccità dalla Conferenza episcopale italiana

Impegno senza sosta
nel Corno d'Africa

 

di ALESSANDRO TRENTIN

Prosegue senza sosta l'impegno delle organizzazioni caritative cattoliche per i soccorsi nei Paesi del Corno d'Africa colpiti dalla devastante siccità. Come sottolinea a "L'Osservatore Romano" il presidente della Caritas in Somalia, il vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio, Giorgio Bertin, "la rete sta lavorando bene e nel pieno delle capacità per fronteggiare una situazione che, soprattutto nel centro-sud della Somalia, è drammatica". Anche sul fronte economico continuano ad affluire risorse. La Conferenza episcopale italiana (Cei) ha stanziato un milione di euro per affrontare l'emergenza.

"In risposta all'accorato invito del Santo Padre - si legge in un comunicato - a operare per sollevare le popolazioni del Corno d'Africa colpite da una grave siccità e dalla conseguente carestia, la presidenza della Cei invita a pregare per le comunità e a sostenere le iniziative di solidarietà promosse dalla Caritas italiana". La presidenza, è aggiunto, "per far fronte alle necessarie emergenze e ai bisogni essenziali delle persone colpite, ha stanziato un milione di euro dai fondi derivanti dall'otto per mille. L'apposito comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo provvederà all'erogazione della somma accordata, accogliendo le richieste che stanno pervenendo e perverranno, sostenendo direttamente progetti di enti ecclesiali locali che operano in collegamento con le istituzioni caritative della Cei o delle diocesi del luogo".


Soltanto in Somalia sono oltre due milioni e mezzo le persone che necessitano di sostegno, in particolare per quanto riguarda la somministrazione di cibo e di medicinali. "La situazione è peggiorata soprattutto negli ultimi mesi - spiega monsignor Bertin - per le mancate piogge che generalmente cadevano nel periodo primaverile". Un segnale, aggiunge il presule, "si è avuto nelle scorse settimane, quando un inarrestabile numero di profughi hanno iniziato ad affluire nei campi di soccorso, fuggendo dalle loro terre non a causa dei conflitti, ma proprio per la siccità". 


I volontari delle Caritas e delle ong collegate sono dispiegati in varie aree: ai confini tra Kenya ed Etiopia, fra le altre, è operativa l'agenzia "Trocaire" della Conferenza episcopale d'Irlanda, mentre la Caritas del Lussemburgo è presente nel nord-est del Somaliland. Il presidente della Caritas in Somalia puntualizza che "molto positiva è anche la collaborazione con alcune organizzazioni caritative locali a Mogadiscio e nel basso Juba". Le ondate di profughi si concentrano su tre principali direttive, precisa monsignor Bertin: "migliaia di persone si stanno dirigendo verso i campi di soccorso situati in Kenya, nel sud dell'Etiopia e a Mogadiscio". Secondo i calcoli delle Nazioni Unite tra gennaio e giugno almeno 135.000 profughi avrebbero abbandonato le loro terre ma secondo una stima del presidente della Caritas in Somalia "sono almeno 20.000 i rifugiati presenti attualmente nel solo sud dell'Etiopia". Il presule conclude esortando "a sostenere le Caritas e ad accompagnare l'opera di ricostruzione".



(©L'Osservatore Romano 20 luglio 2011)

 





Caterina63
00martedì 2 agosto 2011 08:59

Somalia catastrofe che non ha paragoni.





Gheddo: catastrofe che non ha paragoni




C’è la crisi economica, in Italia, è vero. Ci sono troppe emergenze nel mondo ed è facile distrarsi, è vero anche questo. «Ma io mi rivolgo ai cristiani: a persone che non hanno diritto di distrarsi». Padre Piero Gheddo, missionario del Pime, nella sua vita le ha viste da vicino le «troppe emergenze» che piagano il mondo, e più volte in passato ha toccato con mano anche la miseria che annienta la Somalia.

Come tenere desta l’opinione pubblica di fronte a una tragedia che non può più aspettare?
Io faccio leva su noi cristiani, a partire da me stesso. Quando vedo situazioni apocalittiche come quella della Somalia, mi metto in gioco con la mia fede. La mia fede in Cristo che cosa vale, se non mi sento chiamato in causa di fronte a catastrofi simili? Dopo, in un secondo momento, vedremo che cosa fare, ma il primo passaggio è non restare indifferenti. Noi cristiani non siamo spettatori seduti davanti alla tivù a dire «poveretti» e poi cambiare canale: un fatto del genere chiama la mia umanità, il mio senso di fratellanza con tutti i popoli.

Che cosa è urgente che i nostri giovani capiscano?
Che noi siamo i privilegiati dell’umanità. Che tutti vorrebbero vivere come noi, in un Paese in cui sono garantiti il benessere, lo sviluppo, la libertà. Che il più povero che vive in Italia è comunque ricco di fronte alle vere carestie. Che l’abisso tra la nostra crisi economica e la Somalia che muore è spaventoso.

E non solo la Somalia: sono tante le nazioni allo stremo.
No, ai livelli della Somalia non c’è nessuno. Stiamo assistendo all’apocalisse di un popolo. Facciamo le dovute proporzioni: sarebbe come se in Italia, dove siamo 65 milioni, 25 milioni di abitanti stessero morendo denutriti. Gesù ci ha comandato «il vostro superfluo datelo ai poveri», non era un modo di dire, dobbiamo farlo, e il nostro superfluo è un’enormità. Non ci accontentiamo mai, aspiriamo ad avere sempre di più. Ecco, è dicendo queste cose che si svegliano le coscienze.

La gente ha paura che i soldi e gli aiuti non arrivino a chi ha bisogno, ma restino nelle maglie delle grandi agenzie internazionali o dei dittatori locali. In Somalia c’è il rischio shabaab, i violenti guerriglieri islamici...
Bisogna affidarsi alle persone giuste. In Somalia operano ong italiane validissime, come ad esempio "Agire", e la stessa Caritas. Sono molto ammirato da questi volontari che, non so come, sono riusciti a entrare a Mogadiscio. Hanno grande coraggio, in passato proprio in Somalia ne ho visti di torturati e uccisi. I volontari in genere sono rispettati, persino dagli shabaab, perché anche loro hanno bisogno. Il pericolo non è mai escluso, è vero, ma chi va in missione lo mette in conto. Quanto alle grandi agenzie dell’Onu, è vero che sprecano molto e pagano profumatamente i loro dipendenti in giro per il mondo, ma i tanti volontari delle ong, invece, mettono a rischio la loro vita gratuitamente o al massimo con lo stretto necessario per un rimborso spese. E ancora di più si donano i missionari.

Nei luoghi in cui il cristianesimo ha messo radici, lo sviluppo è evidente, altrove invece il cammino dei popoli è frenato.
In quasi tutti i Paesi islamici, pur ricchi di risorse, i problemi sono forti, questo è evidente. Ci sono radici culturali e religiose che bloccano lo sviluppo, e non occorre pensare ai taleban, basta guardare all’Egitto di Mubarak. A proposito di questa domanda, però, voglio tornare al discorso degli aiuti: il cristiano ha insita in sé la buona volontà di salvare l’uomo, basti vedere l’abnegazione dei missionari nel mondo e pensare che solo in Africa oggi operano settemila italiani tra preti e suore, fratelli e laici. Anche le Ong sono quasi tutte di ispirazione cristiana, e questo dimostra come la coscienza del popolo italiano sia profondamente cattolica e il forte senso di solidarietà passi in concreto attraverso la vita delle parrocchie e dei movimenti. In quest’ottica va letta la grande colletta nazionale istituita dalla Cei per il 18 settembre, quando in tutte le chiese d’Italia verranno raccolte offerte per il popolo somalo.

Una coscienza cristiana che fa parte, volenti o nolenti, delle nostre radici e che quindi si riverbera anche nella mentalità degli italiani non credenti. Non è vero?
Certamente sì, almeno finora. Perché da qualche tempo la crisi morale sta cambiando le cose, le famiglie non ci sono più, si dissolvono, i genitori non educano, e così questo patrimonio morale, prima solido, oggi è a rischio e va assolutamente recuperato: la nostra capacità di essere solidali e metterci in gioco per la vita degli altri passa proprio da qui.
Lucia Bellaspiga


fonte: Avvenire

Come contribuire:
La carestia del Corno d’Africa e l’afflusso di profughi in Kenya sono una sfida per la Chiesa africana.
«Soprattutto sono una opportunità – spiega il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi – per mostrare la nostra vicinanza ai sofferenti. Non lasciamo le responsabilità ai governi, dobbiamo stendere la mano e condividere il poco che abbiamo».

Njue ieri era a Roma per incontrare i vertici di Caritas italiana e definire una operazione umanitaria con la rete Caritas internazionale di 20 milioni di euro.

Caritas Kenya sta intanto distribuendo generi di prima necessità alle centinaia di migliaia di profughi ammassati dentro e fuori il megacampo di Dadaab. «La situazione è preoccupante – conferma il presidente della Conferenza episcopale kenyana– perché dai Paesi vicini stanno arrivando molte persone. Tramite la Caritas abbiamo lanciato una raccolta fondi».

Intanto prosegue la raccolta di offerte di C
aritas italiana a sostegno degli interventi.
Si possono inviare al conto corrente postale 347013
specificando la causale “Carestia Corno d’Africa 2011”.


Oppure sui conti bancari:
UniCredit, via Taranto 49, Roma - Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119
Banca Prossima, via Aurelia 796, Roma - Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474
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E infine con CartaSi e Diners telefonando allo 06 66177001 in orario d’ufficio.


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L'arcivescovo Antonio Maria Vegliò sulla drammatica situazione nei Paesi del Corno d'Africa

Disumano restare indifferenti

La responsabilità di tutti per trovare una soluzione efficace e rapida alla crisi

 

di MARIO PONZI

"Non c'è peggior sordo di chi non voglia ascoltare e non c'è peggior cieco di chi non voglia vedere". Tornano d'attualità le parole di questi antichi proverbi della saggezza popolare, dinnanzi alle troppe esitazioni della comunità internazionale nell'intervenire efficacemente per risolvere la drammatica situazione nei Paesi del Corno d'Africa, denunciata dall'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in questa intervista al nostro giornale. Si sta agendo troppo tardi, dice, e non c'è nessuno che dia l'impressione di "voler veramente entrare nella situazione" per cercare una soluzione. "Anche gli aiuti umanitari finiscono troppo spesso nella rete della lotta intestina che insanguina il Paese e non giungono alla popolazione bisognosa". Più che mai urgente appare una responsabile "mediazione internazionale".

Una mediazione che il Papa ha invocato domenica scorsa all'Angelus, ricordando che il Vangelo vieta l'indifferenza davanti a chi ha fame e sete. Può inquadrare queste parole nella realtà della situazione in quei Paesi?


Il Vangelo con i suoi insegnamenti è sempre connesso con gli eventi della società. L'indifferenza è assolutamente contraria ai principi del Vangelo, che ci chiede di seguire l'esempio e gli insegnamenti di Gesù Cristo, che invita a praticare la giustizia e amare la pietà. Il dramma della Somalia è davanti agli occhi di tutti. Per mesi la comunità internazionale - e di fatto chiunque seguisse la situazione - sapeva ciò che sarebbe poi accaduto, cioè che l'avvento di una diffusa carestia avrebbe causato gravi danni alle famiglie, il venti per cento delle quali oggi si trova a dover affrontare un'estrema riduzione dei beni alimentari, con livelli di acuta malnutrizione superiori al trenta per cento. Un dramma in cui l'indice di mortalità è di oltre due persone al giorno ogni diecimila. E la maggior parte sono bambini. Anche prima della carestia, la situazione era drammatica per quelli sotto i cinque anni nei campi di rifugiati, per via del nutrimento insufficiente, al di sopra del livello di emergenza.

Sta dicendo che tutto era prevedibile, dunque evitabile o almento contenibile nei suoi effetti?


Per rispondere a questa domanda cito quanto ebbe a dire la responsabile della Fao per le operazioni di emergenza in Africa, la signora Amaral, informata della crisi causata dalla siccità in quella regione fin dal mese di novembre 2010, dopo la mancata stagione delle piogge. Nel momento in cui le Nazioni Unite dichiararono ufficialmente lo stato di carestia per il Corno d'Africa disse: "Quando al giorno d'oggi, nel ventunesimo secolo, viene dichiarata una situazione di carestia, dovremmo considerarlo immorale". Non basta che i Paesi donatori diano soldi per un aiuto immediato quando il dramma è ormai esploso. C'è bisogno di un investimento a lungo termine per aiutare gli agricoltori a resistere alla siccità. Esiste l'obbligo morale di assistere coloro che non possono più prendersi cura di sé, siano essi a Roma, dove incontriamo i senzatetto, o più lontano in Somalia, in Etiopia o in Kenya.

Cosa può fare la comunità internazionale, secondo lei?


Intanto impegnarsi per fare tornare la pace in Somalia. È una questione imprescindibile, anche per far sì che gli aiuti umanitari servano realmente al sostegno della popolazione. E poi impegnarsi in un'opera di maggiore solidarietà. I rifugiati residenti da tempo nei campi di Dadaab, in Kenya, per esempio, aiutano con il poco che hanno, incoraggiati a condividere: "Se hai due magliette danne una. Se hai due paia di scarpe danne uno". Tale esempio e il passaparola hanno ispirato la diaspora somala che ha spinto i commercianti emigrati a Nairobi e la comunità dei rifugiati negli Stati Uniti ad aprire una raccolta di fondi. Inoltre, le comunità dei rifugiati della Somalia nel mondo intero si stanno attivando per far giungere altri aiuti.

Ritiene sufficiente l'impegno messo in campo dalla comunità internazionale, considerando, soprattutto per la situazione in Somalia, che esiste quella sorta di economia parallela che si sviluppa proprio intorno agli aiuti umanitari in un Paese dominato dai clan?


Certamente si sta agendo tardi, forse troppo tardi. Purtroppo questo è legato alla storia complicata della Somalia. Per tanti anni questo Paese è rimasto senza Governo. Molti tentativi sono stati fatti per portare la pace, almeno tredici anche molto seri. Il Governo ad interim pare non funzioni e diversi gruppi islamici continuano a combattere con ulteriori violenze e spargimento di sangue. Ricordiamo che nel 1991 molti aiuti alimentari furono saccheggiati da diverse fazioni militari. Non possiamo neanche dimenticare gli eventi traumatici del 1993, quando i corpi dei soldati furono trascinati per le vie di Mogadiscio. Questi fatti sono sufficienti per capire il motivo per cui nessuno voglia veramente entrare nella situazione.

Anche nella pastorale i problemi non mancano. Soprattutto i giovani preoccupano. Del resto, proprio in Somalia, la nuova generazione è maturata in un costante situazione di guerra civile. Cosa si può fare per aiutarli a capire che per realizzarsi non serve imbracciare un mitra?


Questa è una domanda alla quale dare una risposta è molto difficile. So che in diverse diocesi (come per esempio nella Repubblica Democratica del Congo, in Sierra Leone e Liberia) sono stati organizzati corsi di integrazione per i giovani ex combattenti prima di reinserirli nella società e nella propria famiglia. Una delle fasi principali di questo cammino è la riconciliazione. Questo facilita l'integrazione. Inoltre, viene offerta loro la possibilità di andare a scuola o di ricevere una formazione professionale. Purtroppo - ribadisco - tutto ciò si è realizzato solo dopo i conflitti. A volte sono i più giovani a decidere di scappare verso altre realtà o a lasciare il proprio Paese richiedendo asilo. Per evitare che siano reclutati con la forza, si potrebbe cominciare a fare in modo che quelle persone che cercano di arruolarli siano fermate e perseguite penalmente. Lo consente il Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo, sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. Esso vieta la partecipazione diretta di bambini e adolescenti sotto i diciotto anni nelle guerre. C'è poi da considerare il fatto che i giovani si uniscono ai gruppi armati per sopravvivere dal momento che la famiglia e le strutture sociali ed economiche sono crollate.

Come aiutarli?


L'unica possibilità è quella di dar loro una speranza. E poi favorire lo sviluppo. Lo sviluppo è un'altra parola per la pace. C'è piuttosto da chiedersi fino a che punto la comunità internazionale sia veramente pronta a intervenire in situazioni complicate come in Somalia.

La situazione porta naturalmente molti a scegliere la fuga. E così inizia il confronto con un altro dramma. Come giudica la discriminazione che tante volte si manifesta in Europa nell'accoglienza di profughi dell'Africa subsahariana piuttosto che nei confronti di quelli dell'Africa del Nord?


Effettivamente non si può negare che un atteggiamento di maggior chiusura si è creato nei confronti dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei migranti. Questo contraddice l'atteggiamento che l'Europa aveva mostrato per decenni dopo la seconda guerra mondiale, quando centinaia di migliaia di profughi furono ammessi e integrati nella società. Durante quel tempo, soluzioni innovative erano state sviluppate e messe in atto. L'idea era di dare una speranza e un futuro ai rifugiati, facendoli uscire dai campi profughi. Possiamo anche ricordare che in un altro periodo della storia europea, negli anni Trenta, i profughi tedeschi non vennero accolti. Infatti, come in una partita di ping pong, nessun Paese era disposto a ospitarli. Poiché non si fornì alcuna soluzione, essi dovettero sopravvivere facendo ogni tipo di lavoro, senza avere i documenti necessari. Ciò portò, nel 1935, alle dimissioni di MacDonald, alto commissario per i rifugiati provenienti dalla Germania. L'Europa dovrebbe prendere atto che la propria società sta invecchiando e riconoscere di conseguenza che c'è bisogno di manodopera. L'insediamento dei rifugiati potrebbe essere una delle possibilità per dare nuovi stimoli ed energia alla collettività. L'Unione europea dovrebbe sviluppare opportunità per i rifugiati che sono un bene per i diversi Paesi. Al tempo stesso, fornirebbe risposte concrete ai bisogni di tanti che nei campi profughi rimangono anche dai cinque ai venti anni. Lì il tempo sembra essersi fermato, in spazi molto ridotti e senza potersi valere di alcun diritto, come quello al lavoro. Le iniziative dell'Unione europea darebbero loro speranze e opportunità, una sorta di salva-vita per il futuro dell'individuo e delle famiglie. La loro situazione e il loro arrivo nei Paesi di destinazione sono più volte strumentalizzati da diversi gruppi, anche politici, nella società. Il razzismo e la discriminazione sono sempre un ostacolo alle buone relazioni tra le persone e le nazioni, e molte volte generano conflitti interni e internazionali.

Per concludere, quali iniziative intende prendere il suo dicastero per aiutare le popolazioni del Corno d'Africa?


Il nostro Pontificio Consiglio segue con attenzione l'impegno delle Chiese locali nell'adempimento del compito pastorale. Altri dicasteri si occupano delle emergenze. Il Pontificio Consiglio Cor Unum si è fatto latore del sostegno del Papa. La Chiesa locale e diverse organizzazioni cattoliche sono attive per aiutare quanti hanno urgente bisogno di assistenza nel tempo breve, con una prospettiva a lungo termine. La fase di emergenza dovrà continuare per un certo tempo, dato che nei prossimi mesi si prevede un ulteriore deterioramento della situazione in Somalia, Kenya ed Etiopia. Bisogna prendere atto che in tutto il mondo vi sono situazioni di necessità, di fronte alle quali ci si sente impotenti per il fatto di non essere in grado di intervenire adeguatamente. Data la drammaticità della situazione occorrerebbe non meno di un miliardo di dollari solo per l'emergenza. Questo ci fa sentire non all'altezza. Bisogna comunque offrire solidarietà per non far morire di fame interi popoli. Non si può quindi rimanere indifferenti di fronte a questi eventi scioccanti. Si può salvare la vita di un bambino con un dollaro al giorno. Dovremmo attivarci e dare solidarietà. Ognuno nel suo piccolo potrebbe contribuire con una donazione. Se in questo periodo di vacanze usciamo per andare a bere o a mangiare un boccone, cerchiamo di dare anche qualcosa, offriamo "un turno" di lavoro per la Somalia. E poi c'è bisogno urgente dell'intervento reale e concreto della comunità internazionale che punti a uno sviluppo sostenibile e che ponga un freno all'aumento generalizzato dei prezzi dei generi alimentari. Un discorso a parte meriterebbe la stabilità della Somalia. E tornano alla mente le parole del Papa: "È vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati!".
Questo ispira oggi l'azione del nostro Pontificio Consiglio che intende dare eco a queste parole di solidarietà verso i popoli che stanno vivendo un'immane tragedia. In un prossimo futuro il dicastero invierà un suo rappresentante per visitare quelle popolazioni martoriate e portare direttamente il conforto della Chiesa e del Papa.



(©L'Osservatore Romano 5 agosto 2011)



Come contribuire:
La carestia del Corno d’Africa e l’afflusso di profughi in Kenya sono una sfida per la Chiesa africana.
«Soprattutto sono una opportunità – spiega il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi – per mostrare la nostra vicinanza ai sofferenti. Non lasciamo le responsabilità ai governi, dobbiamo stendere la mano e condividere il poco che abbiamo».

Njue ieri era a Roma per incontrare i vertici di Caritas italiana e definire una operazione umanitaria con la rete Caritas internazionale di 20 milioni di euro.

Caritas Kenya sta intanto distribuendo generi di prima necessità alle centinaia di migliaia di profughi ammassati dentro e fuori il megacampo di Dadaab. «La situazione è preoccupante – conferma il presidente della Conferenza episcopale kenyana– perché dai Paesi vicini stanno arrivando molte persone. Tramite la Caritas abbiamo lanciato una raccolta fondi».

Intanto prosegue la raccolta di offerte di C
aritas italiana a sostegno degli interventi.
Si possono inviare al conto corrente postale 347013
specificando la causale “Carestia Corno d’Africa 2011”.


Oppure sui conti bancari:
UniCredit, via Taranto 49, Roma - Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119
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Nuovi aiuti del Papa per le popolazioni del Corno d'Africa

Una solidarietà che non conosce soste


 

di MARIO PONZI

Un sostanzioso aiuto. Così monsignor Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha definito la somma di denaro che il dicastero ha inviato giovedì mattina, 11 agosto, in alcune diocesi del Corno d'Africa a nome del Papa. "È il segno - dice il segretario in questa intervista rilasciata al nostro giornale - della particolare attenzione con la quale Benedetto XVI segue la drammatica situazione della regione e della sua sollecitudine per le martoriate popolazioni". Un segnale forte anche per la comunità internazionale. È di questi giorni la notizia sulla convocazione di conferenze sotto varie denominazioni per studiare quali forme di intervento adottare. E questo è senz'altro positivo poiché testimonia "la presenza della comunità mondiale". Ma intanto la gente muore e dunque c'è bisogno di interventi immediati. Così come c'è bisogno di pianificare progetti di "sviluppo che possano garantire il futuro delle nuove generazioni" e allontanare per sempre "lo spettro della fame nel mondo".

L'emergenza nel Corno d'Africa non sembra aver fine. È proprio impossibile trovare soluzioni efficaci?


La situazione non ha ancora trovato una soluzione, anche perché oggettivamente è il risultato di una serie di problematiche, che si condizionano a vicenda. Da una parte c'è il problema della siccità, che ha ingenerato la carestia. Dall'altra il conflitto in Somalia che ha provocato l'esodo di migliaia di persone verso territori già provati. Ci sono rifugiati, che si muovono dalla propria patria verso Paesi vicini, e ci sono sfollati interni. Ci vorrà dunque molto tempo prima che un fenomeno di questo genere trovi soluzione. Parliamo in ogni caso di circa 4.500.000 di persone in necessità in Etiopia e di quasi 4 milioni in Kenya. Si devono aggiungere poi i numeri della Somalia e, anche se contenuti, di Gibuti.

È sufficiente quello che sta facendo la comunità internazionale?


Credo che la cosa più importante, al di là di quanto si sta facendo, sia non abbassare la guardia, soprattutto non farlo quando magari sarà finito l'effetto emotivo. Alcuni dei Paesi coinvolti trascinano da anni crisi umanitarie e politiche che hanno costretto all'azione le Nazioni Unite, le sue agenzie e anche alcuni governi. Anche attualmente la presenza della comunità internazionale è garantita, ma, lo ripeto mi sembra che l'attenzione debba essere tenuta desta, perché attualmente è la crisi finanziaria a occupare la maggior parte dell'informazione. Ma in questi Paesi, e in tanti altri nel mondo, c'è gente che muore di fame e nel terzo millennio è inammissibile.

Qual è l'azione della Chiesa per aiutare queste popolazioni?


Il Papa è stato tra i primi a sottolineare la gravità della situazione nell'Angelus del 17 luglio scorso. Ha ribadito la necessità di intervenire per difendere e sostenere una popolazione tanto provata. Dopo un primo aiuto per la Somalia, in questi giorni viene inviato un aiuto a suo nome tramite Cor Unum a 5 diocesi del Kenya e a 6 diocesi dell'Etiopia che stanno affrontando l'emergenza umanitaria con i pochi mezzi che hanno a disposizione. In proposito è bene dire che l'azione delle istituzioni della Chiesa in questa crisi si colloca a diversi livelli. Quello più diretto è l'accoglienza e il sostegno alla popolazione per le sue necessità immediate. Questo lavoro è svolto in particolare in via diretta dalle diocesi e dalle comunità locali, nonostante l'esiguità dei loro mezzi. Ma voglio sottolineare come queste Chiese in Africa abbiano reagito immediatamente e generosamente ai diversi bisogni.

E per il futuro?


Ci sono dei programmi più articolati, elaborati da Caritas Internationalis in collaborazione con le maggiori Caritas. Sono in via di definizione e comportano un impegno economico di alcuni milioni di dollari. Poi ci sono gli interventi di tanti organismi cattolici di minori proporzioni, che sono tuttavia presenti nei luoghi dell'emergenza. Infine non dobbiamo dimenticare i tanti cattolici che offrono del loro denaro, ma anche la loro preghiera, per i loro fratelli in necessità nel Corno d'Africa. A noi giungono quotidianamente attestazioni di vicinanza verso chi sta soffrendo questa grave crisi.

Come giudica la gente l'impegno della Chiesa?


La presenza della Chiesa in queste regioni non si limita all'immediatezza dettata dall'emergenza o dai bisogni primari. La sua è una presenza permanente nel tempo. Sarà forse per questo che essa gode della fiducia della popolazione. E poi non si fa nulla senza la partecipazione dei destinatari stessi del sostegno. Normalmente infatti i nostri programmi di aiuto sono realizzati in collaborazione con le autorità civili.

Quali sono le esigenze primarie alle quali fa riferimento?


A parte le questioni sociali strutturali, direi che la priorità è sempre dettata dalle situazioni contingenti. Dai rapporti che ci arrivano, posso dire che in questa fase dobbiamo pensare all'essenziale: cibo, acqua, kit sanitari, accoglienza nei campi di raccolta e di assistenza. Restando ai Paesi del Corno d'Africa il bisogno primario è senza dubbio l'assistenza a chi soffre letteralmente per la fame provocata dalla carestia dovuta alla siccità. È il vero dramma da affrontare in questo momento per soccorrere la popolazione locale.

Quando secondo lei si potrà tirare un sospiro di sollievo?


Impossibile fare previsioni. Le posso solo dire che siamo fiduciosi che la collaborazione di tanti e l'attenzione delle autorità internazionali potranno contribuire ad alleviare tanta sofferenza. La Chiesa, come sempre, fa e continuerà a fare la sua parte in maniera attiva. Siamo nelle mani del Signore.



(©L'Osservatore Romano 12 agosto 2011)

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Caterina63
00domenica 18 settembre 2011 10:31
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Il video è accompagnato dal:
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Caterina63
00sabato 5 novembre 2011 10:21

Qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit

La già brutta serata di ieri è diventata bruttissima.
Eravamo già sconvolti per le tragiche notizie riguardanti Genova e la Liguria, i telefonini di alcuni nostri amici liguri squillavano senza dar risposta ( finalmente stamattina è arrivato qualche sms rassicurante) quando è giunta la notizia dell’attentato all’Arcivescovo di Firenze S.E.Mons. Giuseppe Betori e il ferimento del suo segretario Don Paolo Brogi.

Dopo il gesto sacrilego, della distruzione della Statua della Madonna Santissima a Roma, durante la manifestazione degli indignados, che "in primis" ha offeso Dio e la Santissima Vergine Maria e infine il sentimento religioso dei fedeli, abbiamo appreso, con rinnovato orrore, che una mano armata si è sacrilegamente scagliata contro un Consacrato.

Cerchiamo di raggiungere, in mattinata, una Chiesa e pregare, dinnanzi il Santissimo Sacramento, per don Paolo, per le vittime dell’alluvione in Liguria e per tutti coloro che in questi giorni stanno soffrendo.
Accendiamo pure una candela davanti l’immagine della Madonna Santissima perché protegga il Papa, i Vescovi e il Clero dai nemici di Cristo e della Chiesa.

***********************

[SM=g1740738] PER AIUTARE GENOVA CONTATTARE LA DIOCESI:
UFFICIO CARITAS DI GENOVA




Caterina63
00sabato 3 dicembre 2011 19:46
[SM=g1740733]Siamo a NATALE  e...si dice, forse siamo un pò più buoni.... chissà....

una filastrocca diceva: caro papà, è Natale, senza soldi si sta male, per il bene che ti voglio, metti mano al portafogli......

battute a parte, oggi c'è anche la crisi... il Governo ci chiede sacrifici, ma a loro a Natale non avranno problemi, Monti ha il Natale assicurato, incasserà molto, come altri del Governo.... ma non siamo qui per fare i conti alle loro tasche, la disparità di trattamento c'è sempre stata e tocca alle nostre coscienze aiutarci per venirne fuori... sì, il vero miracolo non lo farà Monti e il suo Governo tecnico o il Parlamento Europeo che chiede sacrifici e poi spende milioni per fare processi contro il Crocefisso, per fare processi contro i Cattolici e la Chiesa stessa con l'accusa vergognosa e falsa dell'omofobia....ci chiedono sacrifici, e poi spendono milioni PER L'ABORTO, SPENDONO MILIONI PER UCCIDERE....
ma non siamo qui neppure per fare politica.....

Siamo a Natale e vorremo sensibilizzare le nostre coscienze per qualcosa per cui valga la pena di tentare e per dire poi: MIRACOLO!! CI SONO RIUSCITO/A....
AIUTARCI!! diceva Madre Teresa di Calcutta agli stessi poveri che da lei ricevevano: "e se ti avanza qualcosa, DONALA! perchè donando la Provvidenza stessa non ti farà mancare mai ciò di cui hai veramente bisogno...."
chi lo ha sperimentato ha capito che i miracoli esistono....... più diamo, più riceviamo, meno diamo, meno riceviamo, è questa la logica di Dio sulla gratuità ... vuoi provarla? [SM=g1740733]

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[SM=g1740738]  BUON NATALE!!!

dall'amica Ester

Discorso di Madre Teresa di Calcutta in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Pace 

 

Oslo, 10 dicembre 1979

 

Poiché ci troviamo qui riuniti insieme penso che sarebbe bello per ringraziare Dio per il premio Nobel per la pace che pregassimo con una preghiera di S. Francesco d’Assisi che mi sorprende sempre molto – noi diciamo questa preghiera ogni giorno dopo la Santa Comunione, perché è molto adatta a ciascuno di noi, e penso sempre che quattro-cinquecento anni fa quando S. Francesco d’Assisi compose questa preghiera dovevano avere le stesse difficoltà che abbiamo oggi, visto che compose una preghiera così adatta anche a noi.

 

Penso che alcuni di voi ce l’abbiano già, dunque pregheremo insieme. Ringraziamo Dio per l’opportunità che abbiamo tutti insieme oggi, per questo dono di pace che ci ricorda che siamo stati creati per vivere quella pace, e Gesù si fece uomo per portare questa buona notizia ai poveri. Egli essendo Dio è diventato uomo in tutto eccetto che nel peccato, e ha proclamato molto chiaramente di essere venuto per portare questa buona notizia. La notizia era pace a tutti gli uomini di buona volontà e questo è qualcosa che tutti vogliamo – la pace del cuore – e Dio ha amato il mondo tanto da dare suo Figlio – è stato un dono – è come dire che a Dio ha fatto male dare, perché ha amato tanto il mondo da dare suo Figlio, e lo dette alla Vergine Maria, e lei allora che cosa fece? Appena arrivò nella sua vita, fu subito ansiosa di darne la buona notizia, e appena entrò nella casa di sua cugina, il bambino – il bambino non ancora nato – il bambino nel grembo di Elisabetta, sussultò di gioia. Era un piccolo bambino non ancora nato, fu il primo messaggero di pace.

 

Riconobbe il Principe della Pace, riconobbe che Cristo era venuto a portare una buona notizia per me e per te. E se non fosse abbastanza – se non fosse abbastanza diventare uomo – egli morì sulla croce per mostrare quell’amore più grande, e morì per voi e per me e per quel lebbroso e per quell’uomo che muore di fame e per quella persona nuda nelle strade non solo di Calcutta ma dell’Africa, e New York, e Londra, e Oslo – e insistette che ci amassimo gli uni gli altri come lui ci ha amato. Lo abbiamo letto molto chiaramente nel Vangelo – amatevi come io vi ho amato – come io vi amo – come il Padre ha amato me così io amo voi – e tanto più forte il Padre lo ha amato, tanto da donarcelo, e quanto ci amiamo noi, noi pure dobbiamo donarci gli uni agli altri finché non fa male. Non è abbastanza per noi dire: amo Dio, ma non amo il mio prossimo. San Giovanni dice che sei un bugiardo se dici di amare Dio e non il prossimo. Come puoi amare Dio che non vedi se non ami il prossimo che vedi, che tocchi, con cui vivi? Così è molto importante per noi capire che l’amore, per essere vero, deve fare male.

 

Ha fatto male a Gesù amarci, gli ha fatto male. E per essere sicuro che ricordassimo il suo grande amore si fece pane della vita per soddisfare la nostra fame del suo amore. La nostra fame di Dio, perché siamo stati creati per questo amore. Siamo stati creati a sua immagine. Siamo stati creati per amare ed essere amati, ed egli si è fatto uomo per permettere a noi di amare come lui ci ha amato. Egli è l’affamato - il nudo – il senza casa – l’ammalato – il carcerato – l’uomo solo – l’uomo rifiutato – e dice: l’avete fatto a me. Affamato del nostro amore, e questa è la fame dei nostri poveri. Questa è la fame che voi e io dobbiamo trovare, potrebbe stare nella nostra stessa casa. Non dimentico mai l’opportunità che ebbi di visitare una casa dove tenevano tutti questi anziani genitori di figli e figlie che li avevano semplicemente messi in un istituto e forse dimenticati.

 

Sono andata là, ho visto che in quella casa avevano tutto, cose bellissime, ma tutti guardavano verso la porta. E non ne ho visto uno con il sorriso in faccia. Mi sono rivolta alla Sorella e le ho domandato: come mai? Com’è che persone che hanno tutto qui, perché guardano tutti verso la porta, perché non sorridono? Sono così abituata a vedere il sorriso nella nostra gente, anche i morenti sorridono, e lei disse: questo accade quasi tutti i giorni, aspettano, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli. Sono feriti perché sono dimenticati – e vedete, è qui che viene l’amore. Come la povertà arriva proprio a casa nostra, dove trascuriamo di amarci. Forse nella nostra famiglia abbiamo qualcuno che si sente solo, che si sente malato, che è preoccupato, e questi sono giorni difficili per tutti. Ci siamo, ci siamo per accoglierli, c’è la madre ad accogliere il figlio? Sono stata sorpresa di vedere in occidente tanti ragazzi e ragazze darsi alle droghe, e ho cercato di capire perché – perché succede questo, e la risposta è: perché non hanno nessuno nella loro famiglia che li accolga. Padre e madre sono così occupati da non averne il tempo. I genitori giovani sono in qualche ufficio e il figlio va in strada e rimane coinvolto in qualcosa. Stiamo parlando di pace. Queste sono cose che distruggono la pace, ma io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta – un’uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa.

 

E leggiamo nelle Scritture, perché Dio lo dice molto chiaramente: anche se una madre dimenticasse il suo bambino – io non ti dimenticherò – ti ho inciso sul palmo della mano. Siamo incisi nel palmo della Sua mano, così vicini a lui che un bambino non nato è stato inciso nel palmo della mano di Dio. E quello che mi colpisce di più è l’inizio di questa frase, che persino se una madre potesse dimenticare, qualcosa di impossibile – ma perfino se si potesse dimenticare – io non ti dimenticherò. E oggi il più grande mezzo – il più grande distruttore della pace è l’aborto. E noi che stiamo qui – i nostri genitori ci hanno voluti. Non saremmo qui se i nostri genitori non lo avessero fatto. I nostri bambini li vogliamo, li amiamo, ma che cosa è di milioni di loro? Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla.

 

Per questo faccio appello in India, faccio appello ovunque. Restituiteci i bambini, quest’anno è l’anno dei bambini. Che abbiamo fatto per i bambini? All’inizio dell’anno ho detto, ovunque abbia parlato ho detto: quest’anno facciamo che ogni singolo bambino, nato o non nato, sia desiderato. E oggi è la fine dell’anno, abbiamo reso ogni bambino desiderato? Vi darò qualcosa di impressionante. Stiamo combattendo l’aborto con le adozioni, abbiamo salvato migliaia di vite, abbiamo inviato messaggi a tutte le cliniche, gli ospedali, le stazioni di polizia – per favore non distruggete i bambini, li prenderemo noi. Così ad ogni ora del giorno e della notte c’è sempre qualcuno, abbiamo parecchie ragazze madri – dite loro di venire, noi ci prenderemo cura di voi, prenderemo il vostro bambino, e troveremo una casa per il bambino. E abbiamo un’enorme domanda da parte di famiglie senza bambini, per noi questa è una grazia di Dio. Stiamo anche facendo un’altra cosa molto bella – stiamo insegnando ai nostri mendicanti, ai nostri lebbrosi, agli abitanti degli slum, alla nostra gente sulla strada, i metodi naturali di pianificazione familiare.

 

E solo in Calcutta in sei anni – nella sola Calcutta – abbiamo avuto 61273 bambini in meno da famiglie che li avrebbero avuti, ma perché praticano questo metodo naturale di astinenza, di auto-controllo, con amore reciproco. Insegniamo loro il metodo della temperatura che è molto bello, molto semplice, e la nostra povera gente capisce. E sapete che cosa mi hanno detto? La nostra famiglia è sana, la nostra famiglia è unita, e possiamo avere un bambino ogni volta che vogliamo. Così chiaro – quelle persone nelle strade, quei mendicanti – e io penso che se la nostra gente può farlo tanto più potete voi e tutti gli altri che potete conoscere i metodi e i mezzi senza distruggere la vita che Dio ha creato in noi. I poveri sono grandi persone. Possono insegnarci molte cose belle. L’altro giorno uno di loro è venuto a ringraziare e ha detto: voi che avete fatto voto di castità siete le persone migliori per insegnarci la pianificazione familiare.

 

Perché non è altro che auto-controllo per amore reciproco. E penso che abbiano detto una frase molto bella. E queste sono persone che magari non hanno niente da mangiare, magari non hanno dove vivere, ma sono grandi persone. I poveri sono persone meravigliose. Una sera siamo uscite e abbiamo raccolto quattro persone per la strada. Una di loro era in condizioni terribili – e ho detto alle Sorelle: prendetevi cura degli altri tre, io mi occupo di questa che sembrava stare peggio. Ho fatto per lei tutto quello che il mio amore poteva fare. L’ho messa a letto, e c’era un tale meraviglioso sorriso sulla sua faccia. Ha preso la mia mano e ha detto solo una parola: grazie, ed è morta. Non ho potuto non esaminare la mia coscienza di fronte a lei, e mi sono chiesta cosa avrei detto al suo posto. E la mia risposta è stata molto semplice. Avrei provato ad attirare un po’ di attenzione su di me, avrei detto che ho fame, che sto morendo, che ho freddo, dolore, o altro, ma lei mi ha dato molto di più – mi ha dato il suo amore riconoscente. Ed è morta con il sorriso sul volto.

 

Come quell’uomo che abbiamo raccolto dal canale, mezzo mangiato dai vermi, e l’abbiamo portato a casa. Ho vissuto come un animale per strada, ma sto per morire come un angelo, amato e curato. Ed è stato così meraviglioso vedere la grandezza di quell’uomo che poteva parlare così, poteva morire senza accusare nessuno, senza maledire nessuno, senza fare paragoni. Come un angelo – questa è la grandezza della nostra gente. Ed è per questo che noi crediamo che Gesù disse: ero affamato – ero nudo – ero senza casa – ero rifiutato, non amato, non curato – e l’avete fatto a me. Credo che noi non siamo veri operatori sociali. Forse svolgiamo un lavoro sociale agli occhi della gente, ma in realtà siamo contemplative nel cuore del mondo. Perché tocchiamo il Corpo di Cristo ventiquattro ore al giorno. Abbiamo ventiquattro ore di questa presenza, e così voi e io. Anche voi provate a portare questa presenza di Dio nella vostra famiglia, perché la famiglia che prega insieme sta insieme. E io penso che noi nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e armi, di distruggere per portare pace – semplicemente stiamo insieme, amiamoci reciprocamente, portiamo quella pace, quella gioia, quella forza della presenza di ciascuno in casa. E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo. C’è tanta sofferenza, tanto odio, tanta miseria, e noi con la nostra preghiera, con il nostro sacrificio iniziamo da casa.

 

L’amore comincia a casa, e non è quanto facciamo, ma quanto amore mettiamo in quello che facciamo. Sta a Dio Onnipotente – quanto facciamo non ha importanza, perché Lui è infinito, ma quanto amore mettiamo in quello che facciamo. Quanto facciamo a Lui nella persona che striamo servendo. Qualche tempo fa a Calcutta avemmo grande difficoltà ad ottenere dello zucchero, e non so come i bambini lo seppero, e un bambino di quattro anni, un bambino Hindu, andò a casa e disse ai suoi genitori: non mangerò zucchero per tre giorni, darò il mio zucchero a Madre Teresa per i suoi bambini. Dopo tre giorni suo padre e sua madre lo portarono alla nostra casa. Non li avevo mai incontrati prima, e questo piccolo riusciva a malapena pronunciare il mio nome, me sapeva esattamente che cosa era venuto a fare. Sapeva che voleva condividere il suo amore. E questo è perché ho ricevuto tanto amore da voi tutti. Dal momento che sono arrivata qui sono stata semplicemente circondata da amore, da vero amore comprensivo. Si percepiva come se ciascuno in India, ciascuno in Africa fosse qualcuno molto speciale per voi. E mi sono sentita proprio a casa dicevo alla Sorella oggi. Mi sento in Convento con le Sorelle come se fossi a Calcutta con le mie Sorelle. Così completamente a casa qui, proprio qui.

 

E così sono qui a parlarvi – voglio che voi troviate il povero qui, innanzitutto proprio a casa vostra. E cominciate ad amare qui. Siate questa buona notizia per la vostra gente. E informatevi sul vostro vicino di casa – sapete chi sono? Ho avuto un’esperienza veramente straordinaria con una famiglia Hindu che aveva otto bambini. Un signore venne alla nostra casa e disse: Madre Teresa, c’è una famiglia con otto bambini, non mangiano da tanto tempo – faccia qualcosa. Così ho preso del riso e sono andata immediatamente. E ho visto i bambini – i loro occhi luccicanti per la fame – non so se abbiate mai visto la fame. Ma io l’ho vista molto spesso. E lei prese il riso, lo divise, e uscì. Quando fu tornata le chiesi – dove sei andata, che hai fatto? Lei mi dette una risposta molto semplice: anche loro hanno fame. Quel che mi colpì di più fu che lei sapeva – e chi sono loro, una famiglia musulmana – lei lo sapeva. Non portai più del riso quella sera perché volevo che godessero la gioia della condivisione. Ma c’erano quei bambini, che irradiavano gioia, condividendo la gioia con la loro madre perché lei aveva amore da dare. E vedete è qui che comincia l’amore – a casa. E voglio che voi – e sono molto grata per quello che ho ricevuto.

 

È stata un’esperienza enorme e torno in India – tornerò la prossima settimana, il 15 spero – e potrò portare il vostro amore. E so bene che non avete dato del vostro superfluo, ma avete dato fino a farvi male. Oggi i piccoli bambini hanno – ero così sorpresa – c’è così tanta gioia per i bambini che hanno fame. Che i bambini come loro avranno bisogno di amore e cura e tenerezza, come ne hanno tanto dai loro genitori. Così ringraziamo Dio che abbiamo avuto questa opportunità di conoscerci, e questa conoscenza reciproca ci ha portati così vicini. E potremo aiutare non solo i bambini indiani e africani ma potremo aiutare i bambini del mondo intero, perché come sapete le nostre Sorelle stanno in tutto il mondo. E con questo premio che ho ricevuto come premio di pace, proverò a fare una casa per molti che non hanno una casa. Perché credo che l’amore cominci a casa, e se possiamo creare una casa per i poveri – penso che sempre più amore si diffonderà. E potremo mediante questo amore comprensivo portare pace, essere la buona notizia per i poveri. I poveri della nostra famiglia per primi, nel nostro paese e nel mondo. Per poter fare questo, le nostre Sorelle, le nostre vite devono essere intessute di preghiera.

 

Devono essere intessute di Cristo per poter capire, essere capaci di condividere. Perché oggi c’è così tanto dolore – e sento che la passione di Cristo viene rivissuta ovunque di nuovo – siamo noi là a condividere questa passione, a condividere questo dolore della gente. In tutto il mondo, non solo nei paesi poveri, ma ho trovato la povertà dell’occidente tanto più difficile da eliminare. Quando prendo una persona dalla strada, affamata, le do un piatto di riso, un pezzo di pane, l’ho soddisfatta. Ho rimosso quella fame. Ma una persona che è zittita, che si sente indesiderata, non amata, spaventata, la persona che è stata gettata fuori dalla società – quella povertà è così dolorosa e diffusa, e la trovo molto difficile. Le nostre Sorelle stanno lavorando per questo tipo di persone nell’occidente. Allora dovete pregare per noi affinché siamo capaci di essere questa buona notizia, ma non possiamo farlo senza di voi, lo dovete fare qui nel vostro paese.

 

Dovete arrivare a conoscere i poveri, magari la gente qui ha beni materiali, tutto, ma penso che se noi tutti cerchiamo nelle nostre case, quanto troviamo difficile a volte sia sorriderci reciprocamente, e che il sorriso è l’inizio dell’amore. E così incontriamoci sempre con un sorriso, perché il sorriso è l’inizio dell’amore, e quando cominciamo ad amarci è naturale voler fare qualcosa. Così pregate per le nostre Sorelle e per me e per i nostri Fratelli, e per i nostri Collaboratori che sono sparsi nel mondo. Essi possono rimanere fedeli al dono di Dio, amarlo e servirlo nei poveri insieme con voi. Quello che abbiamo fatto non avremmo potuto farlo se voi non lo aveste condiviso con le vostre preghiere, i vostri doni, questo continuo dare. Ma non voglio che mi diate del vostro superfluo, voglio che mi diate finché vi fa male. L’altro giorno ho ricevuto 15 dollari da un uomo che è stato sdraiato per venti anni, e l’unica parte che poteva muovere è la mano destra. E l’unica cosa di cui gode è fumare. E mi ha detto: non fumo per una settimana, e ti mando questi soldi.

 

Deve essere stato un sacrificio terribile per lui, ma guardate quanto è bello, come ha condiviso, e con quei soldi ho comprato del pane e l’ho dato a quelli che sono affamati con gioia da tutte e due le parti, lui stava dando e i poveri stavano ricevendo. Questo è qualcosa che voi e io – è un dono di Dio per noi poter condividere il nostro amore con gli altri. E fate come se fosse per Gesù. Amiamoci gli uni gli altri come egli ci ha amato. Amiamo Lui con amore indiviso. E la gioia di amare Lui e amarci gli uni gli altri – diamo ora – che Natale è così vicino. Conserviamo la gioia di amare Gesù nei nostri cuori. E condividiamo questa gioia con tutti quelli con cui veniamo in contatto. E questa gioia radiosa è vera, perché non abbiamo motivo di non essere felici perché non abbiamo Cristo con noi. Cristo nei nostri cuori, Cristo nel povero che incontriamo, Cristo nel sorriso che diamo e nel sorriso che riceviamo. Facciamone un impegno: che nessun bambino sia indesiderato, e anche che ci accogliamo con un sorriso, specialmente quando è difficile sorridere.

 

Non dimentico mai qualche tempo fa circa quattordici professori vennero dagli Stati Uniti da diverse università. E vennero a Calcutta nella nostra casa. Stavano parlando e dicevano di essere stati alla casa per i morenti. Abbiamo una casa per i morenti a Calcutta, dove abbiamo raccolto più di 36000 persone solo dalle strade di Calcutta, e di questo grande numero più di 18000 hanno avuto una bella morte. Sono semplicemente andati a casa da Dio; e sono venuti nella nostra casa e abbiamo parlato di amore, di compassione, e poi uno di loro mi ha chiesto: Madre, per favore ci dica qualcosa che possiamo ricordare, e ho detto loro: sorridetevi gli uni gli altri, dedicatevi del tempo nelle vostre famiglie. Sorridetevi.

 

E un altro mi ha chiesto: sei sposata, e ho detto: sì, e trovo a volte molto difficile sorridere a Gesù perché può essere molto esigente a volte. Questo è qualcosa di vero, ed è là che viene l’amore – quando è esigente, e tuttavia possiamo darlo a Lui con gioia. Come ho detto oggi, ho detto che se non vado in Cielo per qualcos’altro andrò in cielo per tutta la pubblicità perché mi ha purificata e sacrificata e resa veramente pronta ad andare in Cielo. Penso che questo sia qualcosa, che dobbiamo vivere la nostra vita in modo bello, abbiamo Gesù con noi e Lui ci ama. Se potessimo solo ricordarci che Gesù mi ama, e ho l’opportunità di amare gli altri come lui ama me, non nelle grandi cose, ma nelle piccole cose con grande amore, allora la Norvegia diventerebbe un nido d’amore. E quanto bello sarà che da qui sia stato dato un centro per la pace. Che da qui esca la gioia per la vita dei bambini non nati. Se diventate una luce bruciante nel mondo della pace, allora veramente il Nobel per la pace è un dono per il popolo norvegese. Dio vi benedica!

 



Caterina63
00mercoledì 21 dicembre 2011 17:35

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 Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua povertà, vi ha gettato tutto quello che aveva...

Marco 12, 44

Il fondatore del Santuario della B.V. del Rosario di Pompei, ci ricorda che "non c’è opera più meritoria che la diffusione del Rosario"... Speriamo vogliate collaborare con noi in quest’opera benedetta da Maria: i modi sono tanti e se foste interessati Vi invitiamo a visitare l'apposita pagina nella sezione "Proposte", non ultimo, però, potreste farlo inviando un Vostro contributo... "tante gocce" fanno un oceano!















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Caterina63
00domenica 11 novembre 2012 16:06

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 11 novembre 2012

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

La Liturgia della Parola di questa domenica ci presenta come modelli di fede le figure di due vedove. Ce le presenta in parallelo: una nel Primo Libro dei Re (17,10-16), l’altra nel Vangelo di Marco (12,41-44). Entrambe queste donne sono molto povere, e proprio in tale loro condizione dimostrano una grande fede in Dio.
La prima compare nel ciclo dei racconti sul profeta Elia. Costui, durante un tempo di carestia, riceve dal Signore l’ordine di recarsi nei pressi di Sidone, dunque fuori d’Israele, in territorio pagano. Là incontra questa vedova e le chiede dell’acqua da bere e un po’ di pane. La donna replica che le resta solo un pugno di farina e un goccio d’olio, ma, poiché il profeta insiste e le promette che, se lo ascolterà, farina e olio non mancheranno, lo esaudisce e viene ricompensata. La seconda vedova, quella del Vangelo, viene notata da Gesù nel tempio di Gerusalemme, precisamente presso il tesoro, dove la gente metteva le offerte. Gesù vede che questa donna getta nel tesoro due monetine; allora chiama i discepoli e spiega che il suo obolo è maggiore di quello dei ricchi, perché, mentre questi danno del loro superfluo, la vedova ha offerto «tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44).

Da questi due episodi biblici, sapientemente accostati, si può ricavare un prezioso insegnamento sulla fede. Essa appare come l’atteggiamento interiore di chi fonda la propria vita su Dio, sulla sua Parola, e confida totalmente in Lui.
Quella della vedova, nell’antichità, costituiva di per sé una condizione di grave bisogno. Per questo, nella Bibbia, le vedove e gli orfani sono persone di cui Dio si prende cura in modo speciale: hanno perso l’appoggio terreno, ma Dio rimane il loro Sposo, il loro Genitore. Tuttavia la Scrittura dice che la condizione oggettiva di bisogno, in questo caso il fatto di essere vedova, non è sufficiente: Dio chiede sempre la nostra libera adesione di fede, che si esprime nell’amore per Lui e per il prossimo. Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa.
E infatti entrambe le nostre vedove di oggi dimostrano la loro fede compiendo un gesto di carità: l’una verso il profeta e l’altra facendo l’elemosina. Così attestano l’unità inscindibile tra fede e carità, come pure tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo – come ci ricordava il Vangelo di domenica scorsa. Il Papa San Leone Magno, di cui ieri abbiamo celebrato la memoria, così afferma: «Sulla bilancia della giustizia divina non si pesa la quantità dei doni, bensì il peso dei cuori. La vedova del Vangelo depositò nel tesoro del tempio due spiccioli e superò i doni di tutti i ricchi. Nessun gesto di bontà è privo di senso davanti a Dio, nessuna misericordia resta senza frutto» (Sermo de jejunio dec. mens., 90, 3).

La Vergine Maria è esempio perfetto di chi offre tutto se stesso confidando in Dio; con questa fede ella disse all’Angelo il suo «Eccomi» e accolse la volontà del Signore. Maria aiuti anche ciascuno di noi, in questo Anno della fede, a rafforzare la fiducia in Dio e nella sua Parola.


Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, a Spoleto, è stata proclamata Beata Maria Luisa Prosperi, vissuta nella prima metà del secolo XIX, monaca e abbadessa del monastero benedettino di Trevi. Insieme con tutta la Famiglia benedettina e la Comunità diocesana di Spoleto-Norcia, rendiamo lode al Signore per questa sua figlia, che ha voluto associare in modo singolare alla Passione di Cristo.

Si celebra oggi in Italia la «Giornata del Ringraziamento». Nel contesto dell’Anno della fede, il tema della Giornata –  «Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra» (Sal 37,3) – richiama la necessità di uno stile di vita radicato nella fede, per riconoscere con animo grato la mano creatrice e provvidente di Dio che nutre i suoi figli. Un saluto e un augurio a tutti gli agricoltori!

(...)

Sono lieto di salutare i partecipanti al convegno sul Padre Teilhard de Chardin, tenutosi in questi giorni alla «Gregoriana».

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i gruppi parrocchiali venuti da Alice Bel Colle e Ricaldone (Diocesi di Acqui Terme), da Palermo, Caccamo e Randazzo, e da San Luca Evangelista in Roma. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Grazie per l’attenzione. Buona domenica.




Caterina63
00lunedì 10 dicembre 2012 11:12

Gentili amici e colleghi,

Vi invio un'intervista al comune amico prof. Giovanni Zenone, sulla vicenda del suo licenziamento ad opera, pare, del Vescovo Zenti.

Vogliate, se possibile, rilanciarla e darne diffusione.

Colgo l'occasione per fare i migliori auguri all'amico Giovanni, da pochi giorni padre del sesto figlio, Paolo.

 

San Michele ci protegga.

Distinti saluti

 

Carlo Di Pietro

 

Testo:

 

INTERVISTA A GIOVANNI ZENONE, PROFESSORE DI RELIGIONE, "LICENZIATO" DAL VESCOVO DI VERONA MONS. ZENTI

 

L’estromissione dall’insegnamento della Religione Cattolica del Prof. Giovanni Zenone da parte della Curia di Verona ha lasciato stupefatti e "indignati" moltissimi cattolici che da tutta Italia hanno mandato a noi, a Corrispondenza Romana e al Professore stesso innumerevoli attestati di stima e di sostegno contro un atto che appare come iniquo e ideologico. Sotto le fredde motivazioni ufficiali addotte dalla Curia veronese di “carenze didattico pedagogiche” abbiamo, tutti, subito intuito si celasse ben altro. Una diocesi – infatti – che nel suo settimanale diocesano di questa settimana dedica un’intera pagina celebrativa al fu card. Martini, di dubbia dottrina su fede e morale, tra i primi fogli del giornale e un esiguo trafiletto fra gli ultimi al nuovo libro di Papa Ratzinger “L’infanzia di Gesù”, la dice lunga su quale sia l’opzione teologica fondamentale delle sue gerarchie. Abbiamo perciò intervistato il Prof. Giovanni Zenone, direttore della Casa editrice Fede & Cultura , per capire meglio cosa sia successo.

D. Cosa è successo effettivamente?

R. È successo che tra luglio e agosto 2010 con un procedimento affrettato, mentre ero in ferie sia io che il mio avvocato Abbondio Dal Bon, la Curia di Verona, senza lasciarmi un reale diritto alla difesa, in base ad accuse generiche, non circostanziate, non definite, non dimostrate, sulla base di delazioni e atti amministrativi che appaiono come gravemente illeciti, mi ha tolto l’insegnamento. Non a norma di diritto e carità, ma abusando di un cavillo della CEI. Infatti si può rimuovere un docente di religione Cattolica o per eresia o per vita pubblica immorale, a norma del Diritto Canonico o, secondo quanto afferma una nota della CEI, per gravi carenze didattico pedagogiche. Ebbene, i primi due casi non c’erano, e quest’ultimo non sussiste perché l’unica istituzione abilitata a dichiararmi carente e inadatto alla docenza è il Ministero della Pubblica Istruzione dopo un procedimento lungo e nel quale ogni docente ha un reale diritto alla difesa. E un tale procedimento non è mai stato avviato nei miei confronti!

D. Ma allora perché il caso salta fuori solo ora, e perché la Curia di Verona sembra aver commesso quello che appare come un abuso di potere?

R. Dopo due anni e mezzo di dolore, di grosse perdite economiche a causa di questa esecuzione, di frustrazione, umiliazioni continue e di rischio per la fede dei miei figli che sanno che il Vescovo ha marchiato d’infamia loro padre, due  fatti mi hanno indotto a far venire alla luce questi episodi. Prima ho incontrato il Vescovo chiedendogli perdono per il risentimento che avevo provato, e gli ho poi fatto una evangelica correzione fraterna dicendogli: “La gente sa che Lei ha rimosso un docente cattolico di chiara fama e lo ha sostituito con uno che insegna che la Chiesa avrebbe sbagliato tutto sul tema dell’omosessualità, delle crociate, ecc...; veda che la questione non torni di scandalo per la fede e quindi per la salvezza eterna del Suo gregge. Anche perché questo va di pari passo con il mantenimento nella docenza di professori concubini, apertamente comunisti, che insegnano a viso aperto dottrine contrarie a quella cattolica”. Il Vescovo mi ha limpidamente risposto di aver agito “in coscienza”. Ho capito che non c’era niente da fare. Quando poi ho saputo che a tu per tu con mia madre, rinomata docente di Storia del Monachesimo che gli chiedeva conto della mia estromissione, egli ha risposto: “Non c’è più nessun problema, abbiamo sistemato tutto!”, ho deciso di far scoppiare il bubbone che la Curia stessa aveva creato.

D. Non esprimiamo giudizi sul Vescovo, ma “Abbiamo sistemato tutto” non appare certo espressione da Vescovo e pastore cattolico! Ricorda vagamente il gergo di Luca Brasi nel film Il Padrino parte 1?

R. Certo, non mi sento di esprimere giudizi contro il mio Vescovo cui ho ribadito la mia cristiana obbedienza per Chi rappresenta, sebbene disapprovi del tutto parecchi suoi atti di governo.

D. Ma quali sono state le motivazioni reali, a suo parere?

R. Un preside chiese la mia rimozione perché avevo chiesto congedo parentale per occuparmi della mia quinta figlia! Già questo è un atto illecito legalmente e antisindacale, ma il peggio è che la Curia invece che rispedire al mittente questo abuso lo ha fatto proprio. Mentre la Chiesa dice di difendere la famiglia la Curia di Verona mi estromette anche perché mi sono occupato dei miei figli. Lo stesso preside tornò poi alla carica perché una madre si era lamentata che avessi fatto usare alla classe di suo figlio il Catechismo di san Pio X. E anche in questo caso, nella battaglia per la diffusione della Fede, invece che avere un “fuoco di copertura” dalla retroguardia, mi hanno impallinato alle spalle con “fuoco amico”. È paradossale che un colonnello nella Battaglia per la Fede invece che sostenere le sue forze d’assalto le faccia colpire alle spalle, apparendo così come complice del nemico.

D. Ma cosa ha fatto di male contro Mons. Zenti?

R. Tra me e Mons. Zenti non c’è mai stata alcuna ruggine, anzi! Il problema è che sembra che di questa esecuzione il mandante sia qualcun altro che preferisce restare nell’ombra, anche se almeno un nome lo potrei dire, ma per ora taccio. L’allora vicario generale, poi subito promosso Vescovo di Pordenone, Mons. Giuseppe Pellegrini, il direttore dell’Ufficio Scuola della Curia don Domenico Consolini e lo stesso Vescovo, ho sempre avuto l’impressione che eseguissero un compito sgradevole che veniva però da altri, e non certamente da chi ama la Chiesa e ci tiene alla salvezza delle anime. Si ripete la storia che 150 anni fa l’allora Vescovo di Verona fece quando cacciò il Beato Rosmini per timore del potere civile. Si compie quello che l’intimo amico di Rosmini, Alessandro Manzoni, racconta nei Promessi Sposi con don Abbondio di fronte a don Rodrigo. Si tocca qui uno dei problemi più seri della Chiesa di oggi: la presenza di molti don Abbondio al governo delle Chiese e di pochissimi san Carlo Borromeo.

D. Nessuno le è stato accanto e l’ha difesa in questa storia?

R. Molti miei studenti e genitori hanno scritto in Curia per sostenermi, ma la sentenza era scritta prima ancora che il processo cominciasse. Mi hanno addirittura fatto una colpa anche di questo! Fra le motivazioni - messe da loro nero su bianco per la mia rimozione - c’è addirittura la mia attività editoriale (per Fede & Cultura) e il mio impegno come autore con libri e articoli sul mio blog personale e altri! Ho preferito tenere la cosa nascosta per oltre due anni, ma la degradazione quasi a livello di bidello che ho subito – con ogni probabilità per una “parolina” di qualche funzionario curiale cui dispiaceva che dapprincipio io fossi stato messo in biblioteca con orario di docente, quindi con un vantaggio orario – le parole del Vescovo e la difficoltà economica mia e di Fede & Cultura a causa di questa situazione, mi hanno fatto capire che era giusto che si sapessero le malefatte anche di alcuni uomini della Chiesa veronese. Tante ne avrei da dire, ma per il momento taccio nella speranza che siano messe a posto. Se sarò costretto scoperchierò i sepolcri imbiancati. Sto ricevendo moltissime attestazioni di stima e di sostegno da parte di centinaia di buoni cattolici e sacerdoti. Addirittura lo stesso Card. Bagnasco, allora, chiamò al telefono il Vescovo Zenti per chiedergli conto del mio caso, ma quest’ultimo non se ne diede per inteso… Obbediva forse a poteri più forti e temibili del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana?

D. E ora cosa intende fare?

R. Sto ultimando una causa ecclesiastica contro la Curia di Verona e una civile. Ho subito troppi danni morali ed economici che né la mia famiglia (ho sei figli) né Fede & Cultura può più sostenere. Ho l’impressione fondata che da parte di qualche burattinaio che resta nell’ombra ci sia la volontà di affondare Fede & Cultura colpendo personalmente me. Abbiamo bisogno quindi di tutto il sostegno che le decine di migliaia di estimatori di Fede & Cultura, fra i quali i Papa, e che questo avvenga attraverso i mezzi che preferiscono, non ultimo l’acquisto e la diffusione dei nostri libri che infastidiscono tanto i fautori clericali del compromesso col mondo.



[SM=g1740720]  nell'esprimere la nostra solidarietà al prof. Zenone e Famiglia, chiediamo TUTTI a promuovere LA STAMPA BUONA PROVENIENTE DA FEDE&CULTURA.... PER NATALE POTREMMO FARE DEI DONI SPECIALI ACQUISTANDO QUESTI LIBRI.... un modo sincero per aiutare il prof. Zenone, ma anche per dimostrare concretamente questa solidarietà ecclesiale, invocando l'intercessione dei Santi affinchè questa situazione ritrovi la via della vera giustizia....



[SM=g1740738]



Caterina63
00lunedì 31 dicembre 2012 12:55

[SM=g1740758] Donazioni

Un grande, eterno regalo per i nostri Amici! 


Il lavoro di Apostolato Culturale che Fede & Cultura sta facendo da SEI ANNI è stato benedetto da Dio, soprattutto grazie a persone generose come Lei che in questi anni ci hanno sostenuto comperando i nostri libri, regalandoli e consigliandoli. In meno di sei anni abbiamo pubblicato e diffuso oltre 250 titoli!


Nel contesto attuale di crisi economica Fede & Cultura - che non ha alcun tipo di finanziamento pubblico - si trova in difficoltà a proseguire l'Apostolato dell'intelligenza e della Buona Stampa. Nel nostro piccolo facciamo le cose secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, pagando il giusto stipendio ai dipendenti e collaboratori e sostenendo la formazione di nuovi sacerdoti.
Ci troviamo quindi nella necessità di trovare urgentemente la cifra di CENTODIECIMILA EURO per garantire la continuità a tutto il 2012 delle pubblicazioni di Apologetica, Nuova Evangelizzazione e Verità in campo storico, culturale, letterario: mille persone che versano centodieci euro, o cento che ne versano millecento; o anche venti generosi sostenitori che arrivano a poco più di 5mila euro.

Sappiamo di chiederle un grande sacrificio, soprattutto in tempi di crisi economica come questi, ma conosciamo anche la grande stima e amore che ha per Fede & Cultura e che farà il possibile per non fare morire questo autentico miracolo editoriale nel panorama italiano.

Non le suggeriamo alcuna cifra da versare, perché facciamo affidamento esclusivo sulla sua generosità. Ci permettiamo, però, di indicarle che con un versamento minimo di 300 euro, abbiamo previsto anche la possibilità per lei di ricevere gratuitamente 20 titoli pubblicati da Fede e Cultura a Sua scelta in un'unica spedizione.

Le suggeriamo anche la possibilità di dilazionare il versamento in più soluzioni, con un bonifico permanente mensile, che in qualsiasi momento può essere revocato o adoperando gli altri strumenti a disposizione.

Così come sarebbe fondamentale per noi, al fine di espandere la nostra possibilità di comunicazione, che ci desse indirizzi e mail di suoi conoscenti e amici, se li ritenesse interessati a ricevere la nostra newsletter e le nostre informazioni.


Vogliamo dimostrarLe la nostra gratitudine offrendoLe un regalo che più grande non si può.
Ogni settimana per tutti i nostri Lettori, Benefattori e Diffusori un sacerdote celebra una Santa Messa per i Suoi bisogni spirituali, materiali e per le Sue intenzioni.

Il Santo Sacrificio della Messa ha valore agli occhi di Dio più di ogni altro sacrificio, perchè Gli viene offerto il Suo stesso Figlio nella Sua Gloriosa Passione.
Siamo sicuri che questo regalo che dura per tutta l'eternità Le sarà gradito e La invito a fare partecipi tanti altri fratelli di questa Grazia meravigliosa continuando - nella misura della Sua generosa bontà - a farsi promotore della Diffusione della Buona Stampa di Fede & Cultura, o contribuendo economicamente a questa Nuova Evangelizzazione.

Per aiutare quest'opera di Apostolato della Buona Stampa, svolta in nome di Gesù e della Madonna, può versare:


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o comunichi i dati della tua carta di credito telefonando allo 045-941851

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Dio La ricompensi!  [SM=g1740738]


Caterina63
00martedì 10 dicembre 2013 17:26



PAPA FRANCESCO DENUNCIA LO SCANDALO MONDIALE DELLA FAME

Città del Vaticano, 9 dicembre 2013 (VIS). Il Santo Padre Francesco ha registrato un video-messaggio per la Campagna mondiale contro la fame nel mondo, dal titolo "Una sola famiglia umana, alimentazione per tutti", lanciata oggi da Caritas Internationalis.

La campagna della Caritas ha avuto inizio con una "ondata di preghiera" partita dalle Isole del Pacifico, precisamente dall'Isola di Samoa, alle 12:00 di questa mattina, ora locale, mentre le organizzazioni della Caritas di ogni paese, hanno partecipato, sempre alle 12:00, ad un servizio religioso con preghiere e riflessioni sul tema della fame. L'avvio della campagna ha avuto luogo a Roma con una conferenza stampa nella Basilica di Santa Cecilia, alle 10:30 di questa mattina, alla quale hanno partecipato il Segretario Generale di Caritas Internationalis Michel Roy; il Segretario Generale di Caritas Senegal, Reverendo Ambroise Tine; il Direttore della Caritas diocesana di Roma, Monsignor Enrico Feroci e Ferruccio Ferrante, di Caritas Italiana. Nel corso della conferenza stampa è stato proiettato il video-messaggio di Papa Francesco il cui testo riportiamo in versione integrale:

"Cari fratelli e care sorelle,

sono lieto di annunciarvi oggi la 'Campagna contro la fame nel mondo', lanciata da Caritas Internationalis, e di comunicarvi che intendo dare il mio pieno sostegno.

Questa confederazione con le sue 164 organizzazioni-membro, è attiva in 200 Paesi e territori del mondo, e il loro lavoro è al centro della missione della Chiesa e della sua attenzione verso tutti coloro che soffrono per lo scandalo della fame, con cui il Signore si è identificato quando diceva: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare". Quando gli apostoli dissero a Gesù che le persone che erano giunte ad ascoltare le sue parole erano anche affamate, Egli li incitò ad andare a cercare il cibo. Essendo essi stessi poveri, non trovarono che cinque pani e due pesci, ma con la grazia di Dio riuscirono a sfamare una moltitudine di persone, raccogliendo perfino gli avanzi e riuscendo così ad evitare sprechi.

Siamo di fronte allo scandalo mondiale di circa un miliardo, un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Non possiamo girarci dall'altra parte e fare finta che il problema non esista. Il cibo a disposizione oggi nel mondo è sufficiente a sfamare tutti.

La parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci ci insegna proprio questo: che se c'è la volontà, quello che abbiamo non si esaurisce, anzi ne avanza e niente va perduto.

Perciò, cari fratelli e care sorelle, vi invito a fare posto nel vostro cuore a questa emergenza, rispettando il diritto dato da Dio a tutti di poter avere accesso ad una alimentazione adeguata.

Condividiamo quel che abbiamo nella carità cristiana, con chi è costretto ad affrontare numerosi ostacoli per soddisfare un bisogno così primario e nel contempo facciamoci promotori di un'autentica cooperazione con i poveri, perché attraverso i frutti del loro e del nostro lavoro, possano vivere una vita dignitosa.

Invito tutte le istituzioni del mondo, tutta la Chiesa e ognuno di noi, come una sola famiglia umana, a dare voce a tutte le persone che silenziosamente soffrono la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo.

Questa campagna vuole anche essere un invito a tutti noi a divenire più consapevoli delle nostre scelte alimentari che spesso comportano lo spreco di cibo ed un cattivo uso delle risorse a nostra disposizione. È anche un'esortazione a smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulle vite di chi - vicino o lontano che sia - la fame la soffre sulla propria pelle. Vi chiedo, con tutto il cuore, di sostenere la nostra Caritas in questa nobile Campagna, per agire come una sola famiglia impegnata ad assicurare il cibo per tutti.

Preghiamo che Dio ci dia la grazia di vedere un mondo in cui mai nessuno debba morire di fame. E chiedendo questa grazia, vi do la mia benedizione.







L'abbraccio di Papa  ai bambini del Dispensario pediatrico Santa Marta



Papa Francesco ha visitato questa mattina, 14 dicembre, il Dispensario pediatrico “Santa Marta” in Vaticano. Un appuntamento mantenuto vivo anche da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.
Quindi, in Aula Paolo VI, ha incontrato i bambini assistiti dal Dispensario con le loro famiglie e i volontari che, ogni giorno, prestano servizio nella struttura caritativa affidata alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli.

I bambini hanno fatto una sorpresa al Papa con una piccola festa anticipata per il suo 77.mo compleanno che cade il 17 dicembre, regalandogli una torta e un maglione. “Vi ringrazio per questa visita – ha detto il Papa nel suo breve saluto - Ringrazio per l’amore che voi avete, la gioia di questi bambini, i doni, la torta… Che era bellissima! Dopo vi dirò se è buona o no! Grazie tante! Che il Signore vi benedica!”. Poi ha salutato i bambini, con affetto, uno per uno.

In precedenza avevano salutato il Papa Suor Antonietta Collacchi, responsabile del Dispensario Santa Marta, e una mamma peruviana.
Suor Antonietta ha ricordato che “il Dispensario Santa Marta ha una lunga storia, fatta di oltre 90 anni di solidarietà concreta, spesa a servizio di quelle persone che troppo spesso sembrano invisibili agli occhi del mondo.
Dall’8 maggio 1922 – quando la struttura nasce con la benedizione di Papa Pio XI, all’indomani della fine della prima guerra mondiale, e viene affidata alle suore Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli – fino ad oggi abbiamo assistito migliaia di bambini, insieme con le loro famiglie. Il nostro Dispensario fornisce assistenza medica, sostegno psicologico e assicura generi di prima necessità con la distribuzione di latte, pannolini, carrozzine, alimenti, abbigliamento, giocattoli. I bambini sono sottoposti a controlli periodici e consultazioni specialistiche sono previste anche per le loro mamme”. “Questa sinfonia di amore – ha proseguito la religiosa - è resa possibile grazie al lavoro volontario dei medici – pediatri, ginecologi, ecografisti, dermatologi, dentisti – e dei tanti operatori che offrono tempo, passione, tenerezza. La Divina Provvidenza non ci fa mancare il suo sostegno, moltiplicando ogni giorno, nelle nostre mani, la carità. Le nostre giornate sono scandite dalla gioia dell’essere cristiani, dalla luminosità di un sorriso e dal calore della riconoscenza e questo ci permette di poter ripetere – con la solidità dell’esperienza – alcune sue parole: “Il vero potere è il servizio”, per un cristiano “progredire” significa “abbassarsi”, come ha fatto il Figlio di Dio.

In questa prospettiva, noi lavoriamo per globalizzare la solidarietà e l’amore, invece dell’indifferenza e dell’egoismo. In questo tempo di Avvento, gravido di speranza per l’arrivo del Messia, una volta in più volgiamo lo sguardo verso una famiglia in difficoltà, abbandonata dagli uomini al suo destino, ma vediamo soprattutto la fiducia nella volontà del Padre Celeste e coltiviamo la consapevolezza che nei suoi disegni è impresso il tocco di un artista che compie un capolavoro”. 

E’ stata poi la volta di Elisabetta, peruviana, mamma di un bambino – ha detto – “seguito con amore dal Dispensario, fin da quando aveva meno di un anno. Siamo felici che questa mattina sei qui con tutti noi del Dispensario Santa Marta. La tua presenza, Santo Padre – ha proseguito - ci sorprende e ci regala sempre momenti di tenerezza e di gioia. Che cosa dire del tuo sorriso? E’ così sorprendente che arriva al cuore di tutti, donandoci tantissima pace. Sappiamo quanto amore hai verso i bambini, specie verso quelli che hanno più bisogno. Al Dispensario ci sentiamo particolarmente privilegiati perché sappiamo di essere nel tuo cuore e nella tua mente. E siamo contenti perché, ogni giorno, ci aiuti ad incontrare Gesù. Caro Papa Francesco, questi nostri bambini ricevono oggi il più bel regalo di Natale che potessero immaginare: il tuo sorriso, una tua carezza, un tuo abbraccio”.






 

Caterina63
00domenica 22 dicembre 2013 23:40
[SM=g1740717] [SM=g27998] COMMOVENTE, Benedetto all'Ospedale Gemelli raccontato dai Primari dell'Ospedale, immagini bellissime.....

www.youtube.com/watch?v=y_MoYCepFZU



[SM=g1740738]


[SM=g27998]

Caterina63
00sabato 11 gennaio 2014 12:26

  L'elemosiniere del Papa celebra i funerali del senza tetto polacco morto vicino al Vaticano: "ai poveri la dignità di figli di Dio" 



In un clima di grande serenità e di famiglia si sono svolti, questo venerdì pomeriggio, 10 gennaio, nella cappella della Pontificia Università Urbaniana i funerali dell’uomo di 63 anni trovato morto la notte del 10 dicembre scorso, sulla salita del Gianicolo, proprio nei giardini antistanti l’Università.

Il suo nome era Alexander Pawlewski, era tra le tante persone senza fissa dimora della zona vaticana di cui si prende cura da trent’anni la Comunità di Sant’Egidio, che ha organizzato i funerali.
A celebrare la funzione, mons. Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Francesco, dinanzi agli studenti universitari e ad alcuni compagni di strada di Alexander. 

E’ stata una cerimonia semplice con tanti fiori, canti e aperta a quanti con la preghiera hanno voluto salutare Alexander Pawlewski, 63 anni di origine polacca, restituendogli il calore e l’amore mancati in vita e in morte. Proprio quello che nell’omelia ha voluto sottolineare padre Policarpo Nowak della Segreteria di Stato: “Con la crisi economica, spirituale e morale di oggi - ha detto - i cuori di molti si raffreddano e tanti muoiono in condizioni disumane. Dobbiamo difenderci dal male più diffuso: l’egoismo, l’indifferenza, offrendo più tempo al prossimo e riconoscendogli soprattutto la dignità di figlio di Dio”.

Un cartone per dormire, una coperta per coprirsi e l’anonimato: questo ha invece segnato la vita di Alexander, che tutt’oggi nonostante lo sforzo delle istituzioni e le testimonianze dei suoi compagni di strada, non ha un volto, né una famiglia che lo abbia cercato o voluto. “Una solitudine comune a molti che vivono in strade e che ferisce”.

“Riteniamo che le persone per la strada, i poveri, siano esattamente come noi e come noi hanno diritto a un bel funerale, calcolando che spesso, invece, si tratta di persone che muoiono da sole e che nessuno sa che sono morte”.

Alexander fa parte di quegli “ultimi” che il Papa definisce la “Carne di Cristo sofferente”, quelli che non fanno notizia in una società dominata dalla cultura dello scarto. Francesco a loro arriva proprio attraverso mons. Krajewski, il suo elemosiniere che in tanti, tra i senza tetto della zona vaticana, chiamano in confidenza “padre” e che ha voluto celebrare i funerali di Alexander:

“Mons Krajewski rappresenta la vicinanza del Papa. Invita un po’ tutta la città a ridiventare famiglia che sta accanto ai poveri, accanto ai chi soffre, a chi non ha nessuno. Spesso i poveri restano molto nell’anonimato: noi proviamo un po’ a farli emergere”.

“Quando incontriamo i poveri abbiamo stima di loro o li umiliamo?”: ha chiesto padre Novak ancora nell’omelia, concludendo che Cristo si è fatto uomo scegliendo la povertà” e quindi ribadendo che “i poveri sono i veri e privilegiati parenti di Gesù, come di Maria. Trattiamoli e guardiamoli così, dunque”.




del sito Radio Vaticana 





Caterina63
00venerdì 6 novembre 2015 18:23

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DEI CENTRI DI AIUTO ALLA VITA

Sala Regia
Venerdì, 6 novembre 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle del Movimento per la Vita!

Siete venuti a Roma da ogni parte dell’Italia per partecipare al vostro convegno nazionale e rinnovare ancora una volta l’impegno di difendere e promuovere la vita umana. Vi saluto tutti cordialmente, ad iniziare dal vostro Presidente, che ringrazio per le parole con le quali ha introdotto questo incontro. Vi incoraggio a proseguire la vostra importante opera in favore della vita dal concepimento al suo naturale tramonto, tenendo conto anche delle sofferte condizioni che tanti fratelli e sorelle devono affrontare e a volte subire.

Nelle dinamiche esistenziali tutto è in relazione, e occorre nutrire sensibilità personale e sociale sia verso l’accoglienza di una nuova vita sia verso quelle situazioni di povertà e di sfruttamento che colpiscono le persone più deboli e svantaggiate. Se da una parte «non appare prati­cabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano […] quando non si dà pro­tezione a un embrione umano» (Lett. enc. Laudato si’,120), dall’altra parte «la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado» (ibid., 5). Infatti, dobbiamo constatare con dolore che sono tante le persone provate da condizioni di vita disagiate, che richiedono la nostra attenzione e il nostro impegno solidale.

Il vostro non è solo un servizio sociale, pur doveroso e nobile. Per i discepoli di Cristo, aiutare la vita umana ferita significa andare incontro alle persone che sono nel bisogno, mettersi al loro fianco, farsi carico della loro fragilità e del loro dolore, perché possano risollevarsi. Quante famiglie sono vulnerabili a motivo della povertà, della malattia, della mancanza di lavoro e di una casa! Quanti anziani patiscono il peso della sofferenza e della solitudine! Quanti giovani sono smarriti, minacciati dalle dipendenze e da altre schiavitù, e attendono di ritrovare fiducia nella vita! Queste persone, ferite nel corpo e nello spirito, sono icone di quell’uomo del Vangelo che, percorrendo la strada da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo derubarono e lo percossero. Egli sperimentò prima l’indifferenza di alcuni e poi la prossimità del buon samaritano (cfr Lc 10,30-37).

Su quella strada, che attraversa il deserto della vita, anche nel nostro tempo ci sono ancora tanti feriti, a causa dei briganti di oggi, che li spogliano non solo degli averi, ma anche della loro dignità. E di fronte al dolore e alle necessità di questi nostri fratelli indifesi, alcuni si voltano dall’altra parte o vanno oltre, mentre altri si fermano e rispondono con dedizione generosa al loro grido di aiuto. Voi, aderenti al Movimento per la Vita, in quarant’anni di attività avete cercato di imitare il buon samaritano. Dinanzi a varie forme di minacce alla vita umana, vi siete accostati alle fragilità del prossimo, vi siete dati da fare affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizioni di precarietà. Mediante l’opera capillare dei “Centri di Aiuto alla Vita”, diffusi in tutta Italia, siete stati occasione di speranza e di rinascita per tante persone.

Vi ringrazio per il bene che avete fatto e che fate con tanto amore, e vi incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, continuando ad essere buoni samaritani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più indifese, che hanno diritto di nascere alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa. In particolare, c’è bisogno di lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozione e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprattutto in riferimento al dono dei figli e all’affermazione della dignità della donna. A questo proposito, mi piace sottolineare che nella vostra attività, voi avete sempre accolto tutti a prescindere dalla religione e dalla nazionalità. Il numero rilevante di donne, specialmente immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concreto, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della maternità.

Cari fratelli e sorelle, sono certo che la vostra attività, ma prima ancora la vostra spiritualità, riceveranno uno speciale beneficio dall’imminente Anno Santo della Misericordia. Esso sia per voi forte stimolo al rinnovamento interiore, per diventare “misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro” (cfr Lc 6,36). Affido ciascuno di voi e ogni vostro progetto di bene a Maria, Madre dei viventi. Vi accompagno con la mia benedizione, e vi chiedo per favore di pregare per me.




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