San Leone Magno sulla Epifania di Gesù Signore

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Caterina63
00sabato 6 gennaio 2018 14:37
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S.Leone Magno


 


PRIMO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA


I - Cristo rivelato dalla stella


E' poco tempo che abbiamo celebrato il giorno nel quale la Vergine intemerata ha dato alla luce il Salvatore del genere umano. Ora, dilettissimi, la veneranda festività dell'Epifania ci fa prolungare le gioie, affinché tra i misteri, così vicini con solennità tra loro connesse, la nota di esultanza e il fervore della fede, non si affievoliscano. Rientra nel disegno di salvezza, rivolto a tutti gli uomini, il fatto che quel Pargoletto, Mediatore tra Dio e gli uomini, sia stato rivelato a tutto il mondo, quando ancora era nella ristretta cerchia di un minuscolo paesello. Infatti, nonostante che egli abbia eletta la gente d'Israele e tra tutti gli israeliti una sola famiglia da cui assumere la natura comune a tutti gli uomini, non ha voluto che la sua nascita rimanesse nascosta nell'ambito della materna abitazione. Colui che si è degnato nascere per tutti, ha voluto essere subito conosciuto da tutti.


Per questo ai tre Magi apparve in Oriente una stella di straordinaria luminosità, la quale, perché più fulgida e più bella delle altre stelle, facilmente attrasse la loro attenzione, mentre la rimiravano; così poterono rendersi conto che non avveniva a caso ciò che a loro sembrava tanto insolito. Infatti, colui che aveva dato il segno, diede a quelli che l'osservavano anche la grazia di comprenderlo. E poi fece ricercare ciò che aveva fatto comprendere e, ricercato, si fece trovare .


II - L'inganno di Erode e la fede dei Magi


I tre uomini assecondarono l'impulso della celeste illuminazione e mentre accompagnano con attenta contemplazione la scia di luce che li precede, sono guidati alla conoscenza della verità dallo splendore della grazia. Ed essi con buoni motivi pensano bene di ricercare nella città regale il luogo della nascita del Re, loro indicato. Ma chi aveva preso forma di servo ed era venuto non a giudicare ma a essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita, Gerusalemme per la passione.


Intanto Erode, ascoltando che era nato il Re dei Giudei, temette di averlo come successore e macchinando la morte al portatore di salvezza, promise falsamente che gli avrebbe portato venerazione. Quanto sarebbe stato felice se avesse imitato la fede dei Magi e mutato in sincero culto ciò che architettava con intenzione fraudolenta! Oh cieca empietà e folle invidia che credi di rovesciare con il tuo furore il piano divino! Ma il Signore del mondo, che offre un regno eterno, non cerca un trono temporale. Perché tenti di rovesciare la serie degli avvenimenti, immutabilmente disposta, e cerchi di anticipare un delitto che commetteranno altri? La morte di Cristo non appartiene al tuo tempo. Bisogna che prima si dia principio al Vangelo; prima si deve predicare il regno di Dio, ridonare miracolosamente la salute e compiere molti altri prodigi. Perché vuoi far tuo il delitto che sarà opera di altri nel futuro? Tu non avrai altro risultato del tuo misfatto se non quello di caricarti con la tua intenzione di un tanto grande reato. Con tale macchinazione non fai un passo avanti; non combini nulla, perché egli, che è nato per spontanea volontà, per sua libera potestà morirà.


Dunque, i Magi realizzano il loro desiderio e sotto la guida della stella che li precede, giungono nel luogo ove è Gesù Cristo, il Signore bambino. Adorano il Verbo nella carne, la Sapienza nella infanzia, la Virtù nella debolezza e il Signore della maestà nella realtà dell'uomo. E perché manifestino il mistero che credono e comprendono, significano con i doni quello che credono con il cuore. Offrono l'incenso a Dio, la mirra all'uomo, l'oro al re, venerando consapevolmente l'unione della natura divina e di quella umana, perché Cristo, pure essendo nelle proprietà delle due nature, non era diviso nella potenza.


Ecco, i Magi tornano al loro paese; e Gesù per un avviso divino è trasportato in Egitto. E' adesso che la follia di Erode arde inutilmente fra i suoi disegni occulti; egli comanda che in Betlemme siano uccisi tutti i bambini. Con una sentenza generale va contro la tenera età, divenutagli sospetta, perché non conosce precisamente il bimbo che egli teme. Ma quei che l'empio re toglie dal mondo, Cristo trapianta nel cielo; e concede l'onore del martirio a coloro per i quali non ha ancora versato il suo sangue redentore.


III - Le virtù del cristiano


Pertanto, dilettissimi, elevate gli animi fedeli alla fulgida grazia della luce eterna e venerando i misteri, compiuti per la salvezza degli uomini, volgete la vostra assidua attenzione alle opere per voi fatte. Amate la casta purità, perché Cristo è il figlio della verginità. «Astenetevi dalle passioni della carne che lottano contro l'anima», come l'Apostolo stesso presente in mezzo a noi, ci esorta nella sua lettera. «Nella malizia fatevi bambini», perché il Signore della gloria si è abbassato alla infanzia dei mortali. Praticate l'umiltà che il Figlio di Dio si è degnato insegnare ai suoi discepoli. Rivestitevi della virtù della pazienza, al fine di poter essere padroni delle vostre anime; Egli che è la redenzione di tutti, è pure di tutti la fortezza. «Aspirate alle cose di lassù e non a quelle che sono sulla terra». Camminate costantemente per la via della verità e della vita. Non vi lasciate ostacolare da cose terrene, voi per cui sono preparate le cose celesti. Per Gesù Cristo, nostro Signore, il quale vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.


 




S.Leone Magno

TERZO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA

I - L'economia della redenzione

So bene, dilettissimi, che alla vostra santità non è nascosto il motivo della festa di oggi e che già la pericope del Vangelo, letta secondo l'uso, ve lo ha presentato. Tuttavia oserò parlarvi della presente solennità, come il Signore mi ispirerà, affinché nulla manchi a voi del nostro ministero. Così la pietà di tutti sarà con comune gaudio tanto più religiosa, quanto più tutti avranno compreso questa solennità. La divina e misericordiosa provvidenza, avendo disposto di portare aiuto in questi ultimi tempi al mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, pose in Cristo la salvezza di tutte le genti. Siccome l'empio errore aveva allontanato tutte le nazioni dal culto del vero Dio, e persino Israele, popolo che Dio aveva eletto come suo, si era allontanato quasi totalmente dalle prescrizioni della legge, Dio, avendo racchiusi tutti nel peccato, volle di tutti aver misericordia. Dovunque era venuta meno la giustizia, tutto il mondo era caduto in balia della vanità e della malizia. E se la divina maestà non avesse dilazionato il suo giudizio, tutti gli uomini avrebbero ricevuto la sentenza di dannazione. Ma l'ira è stata mutata nell'indulgenza; e perché evidente fosse il tesoro di grazia, impiegato per noi, è piaciuto di donare il sacramento del perdono per abolire il peccato, quando nessuno poteva accampare dei meriti.

II - La vocazione dei popoli nei Magi

Ora, la manifestazione di questa ineffabile opera di misericordia si ebbe mentre Erode era re dei Giudei, quando venuta a cessare la legittima successione dei re e tolta la potestà ai pontefici, ottenne il dominio uno straniero. In tal modo la nascita del vero Re era ben provata da quella profezia che dice: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda, né il bastone del comando dai suoi discendenti, finché venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire». Un giorno era stata promessa al beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva essere generata non con il seme carnale, ma con la fecondità della fede. Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle stelle, affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non terrena, ma celeste. Per suscitare la promessa posterità, sono chiamati con il sorgere di una nuova stella gli eredi significati dalle stelle, affinché il cielo serva alla promessa che fu fatta con un segno celeste. Una stella, più fulgente delle altre, attira l'attenzione dei Magi, abitanti dell'estremo oriente. Essi erano uomini non ignari nell'arte di osservare le stelle e la loro luminosità, per questo comprendono l'importanza del segno. Certamente operava nei loro cuori la divina ispirazione, affinché non fosse nascosto ad essi il mistero significato da questa grande visione e non restasse oscuro per l'animo ciò che era mostrato agli occhi. In ultimo, compiono con molta pietà il proprio dovere prendendo on sè dei doni, sicché, venendo ad adorare il neonato, mostrino di aver creduto tre cose: e cioè di onorare con l'oro la persona regale, con la mirra l'umana, con l'incenso la divina.

III - Israele spirituale

Entrano, dunque, nella capitale del regno giudaico e nella città regale, domandano che si mostri a loro colui che avevano saputo essere il bambino destinato a regnare. Erode si turba, teme per la sua sicurezza, teme per il suo potere: chiede ai sacerdoti e ai dottori della legge quel che la Scrittura ha predetto sulla nascita di Cristo. Viene così a conoscere la profezia: ma mentre la verità illumina i Magi, l'infedeltà acceca i maestri. Israele carnale non comprende quel che legge, non vede quel che mostra, usa libri alle cui parole egli non crede. O Giudea, «dov'è dunque il motivo di vantarti?». Dove è la nobiltà ricevuta da Abramo? «La tua circoncisione vale un bel nulla». Ecco che tu, primogenito, servi al fratello minore e proclamando quel testamento che tu tieni solo alla lettera, presti servizio agli stranieri che entrano a far parte della tua eredità. Entrino, entrino pure le genti nella famiglia dei patriarchi, e i figli della promessa ricevano nel seme di Abramo la benedizione a cui rinunciano i figli secondo la carne. Nella persona dei tre Magi tutti i popoli adorino l'autore dell'universo. Dio sia noto non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché dovunque «in Israele sia grande il suo nome». Infatti, come l'infedeltà mostra che nella posterità è venuta meno la dignità della stirpe eletta, così la fede rende a tutti comune tale dignità.

IV - La fuga in Egitto

I Magi, dopo aver adorato e soddisfatto a ogni devozione, in conformità all'avviso avuto in sogno, non fecero ritorno per quella via che avevano fatto venendo. Era necessario che, avendo creduto in Cristo, non camminassero più per i sentieri delle vecchie abitudini, ma, entrati nella via nuova, si tenessero lontano dagli errori abbandonati. Questo avvenne anche perché si rendessero inefficaci le insidie di Erode, che sotto lo specioso motivo della venerazione celava macchinazioni dolose contro il fanciullo Gesù. E poiché Cristo uscì sano e salvo da quel tranello, l'ira del re arse di maggior furore. Infatti, ricordando il tempo che i Magi avevano indicato, sfoga la sua rabbia e la sua crudeltà contro tutti i bambini di Betlemme e con generale eccidio trucida i pargoletti di quella città che così passano alla gloria eterna. Egli credeva che non lasciando vivo nessun fanciullo sarebbe stato ucciso anche Cristo. Ma colui che rimandava ad altra età l'effusione del suo sangue per la redenzione degli uomini, già aveva raggiunto, sulle braccia dei genitori, l'Egitto. In tal modo ricopiò gli antichi primordi della gente ebrea, realizzando con maggior provvidenza il principato del vero Giuseppe, affinché, venendo dal cielo il pane di vita e il cibo spirituale, togliesse quella fame, più intensa di qualunque inedia, che le menti degli Egiziani soffrivano per mancanza della verità. Infatti, non doveva compiersi il mistero della vittima singolare senza l'intervento di quella nazione, in cui, per la prima volta fu anticipato il segno salvifico della croce e la Pasqua del Signore con l'uccisione dell'agnello.

V - Ringraziamento a Dio misericordioso

Dilettissimi, ammaestrati da questi misteri della divina grazia, celebriamo con gioia spirituale il giorno delle nostre primizie e l'inizio della vocazione delle genti. Rendiamo grazie al misericordioso Dio, che, come dice l'Apostolo, «ci ha fatto capaci di partecipare all'eredità dei santi nella luce dei cieli. Perché egli ci ha strappato al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel regno del Figlio suo diletto». E già Isaia aveva profetato: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide un gran chiarore: sopra coloro che abitavano in terra tenebrosa spuntò la luce». E lo stesso dice al Signore: «Ecco, chiamerai popoli che non conoscevi e nazioni che t'ignoravano accorreranno». «Abramo ha visto questo giorno e ne ha goduto»; e quando ha conosciuto che i figli della sua fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, che è Cristo, e quando ha visto che nella fede sarebbe stato padre di tutte le genti, «diede gloria a Dio, sapendo benissimo che qualunque cosa Dio prometta, ha pure il potere di portarla a compimento». Davide inneggiava nei salmi a questo giorno, dicendo: «Verranno tutte le genti che creasti a prostrarsi innanzi a te, o Signore, e daranno gloria al tuo nome»; e ancora: «Fece nota il Signore la sua salvezza, alle genti svelò la sua giustizia». Or noi sappiamo che questo è avvenuto da quando la stella condusse i Magi, sospingendoli da lontane regioni, a conoscere e adorare il Re del cielo e della terra.

E certamente anche noi con questo caratteristico servizio della stella, siamo esortati a prestare adorazione, affinché pure noi obbediamo a questa grazia che tutti invita a Cristo. Chiunque nella Chiesa vive con pietà e castità, chiunque gusta le cose celesti e non le terrene, è come una luce celeste: mentre egli conserva il candore di santa vita, quasi stella, mostra a molti la via che porta al Signore. In questo studio della virtù, dilettissimi, dovete tutti darvi reciproco aiuto, affinché possiate risplendere, come figli della luce, nel regno di Dio, a cui si giunge con la Fede retta e con le opere buone: per Gesù Cristo, nostro Signore, il quale con il Padre e lo Spirito santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 



S.Leone Magno

QUINTO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA

I - Il significato della stella

Dilettissimi, voi ben sapete che la manifestazione del Signore e Salvatore nostro rende particolarmente importante l'odierna festività. Questo è il giorno che portò i Magi, preceduti dalla stella, a conoscere e adorare il Figlio di Dio. Giustamente è gradito di celebrare con culto annuale la memoria di questo fatto, affinché, mentre il racconto evangelico è ripresentato incessantemente, il mistero della salvezza, mediato da un insigne miracolo, sia sempre meditato da quelli che lo comprendono.

Si erano già avute molte testimonianze a provare con chiari argomenti la nascita del Signore: come quando la beata vergine Maria ascoltò e credette che sarebbe stata fecondata per opera dello Spirito santo e che avrebbe partorito il Figlio di Dio; come quando al saluto di lei, Giovanni, non ancor nato, esultò nell'utero di Elisabetta con profetico balzo quasi che, anche racchiuso nelle viscere della madre, già esclamasse: «Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo»; oppure, come quando all'annuncio dell'angelo, che proclamava la nascita del Signore, i pastori furono avvolti dal bagliore dell'esercito celeste, affinché non dubitassero della maestà del fanciullo che avrebbero visto nel presepio e non credessero che fosse nato nella sola natura di uomo colui al quale lo stuolo della celeste milizia prestava il suo servizio.

Ma sembra che questi fatti e altri simili siano stati conosciuti da poche persone, appartenenti alla parentela di Maria vergine e alla famiglia di Giuseppe. Invece questo segno che muove efficacemente i Magi da lontani paesi e li attira irresistibilmente a Gesù, Signore, senza dubbio è il segno sacro di quella grazia e l'inizio di quella vocazione per cui non solo nella Giudea, ma in tutto il mondo si sarebbe predicato il Vangelo. In tal modo per quella stella che risplendette agli occhi dei Magi e invece non rifulse alla vista degli israeliti, fu significata l'illuminazione delle genti e la cecità dei giudei.

II - L'attuale Epifania di Cristo nella Chiesa

E' chiaro, dilettissimi, che il significato di questi mistici fatti persiste ancora: ciò che era iniziato nella immagine, si compie ora nella realtà. Infatti, irraggia dal cielo, come grazia, la stella, e i tre Magi, chiamati dal fulgore della luce evangelica, ogni giorno in tutte le nazioni accorrono ad adorare la potenza del sommo Re.

Erode freme nel diavolo e si lamenta, perché gli vien tolto il regno della iniquità su quelli che passano a Cristo. Per questo, uccidendo i pargoli, gli sembra di uccidere Gesù. Anzi vi si prova a farlo senza interruzione, giacché tenta di privare dello Spirito santo quelli che sono di recente rigenerati e di estinguere quella che può chiamarsi l'infanzia della tenera fede. Invece i giudei, che hanno voluto essere fuori del regno di Cristo, sono tuttora in certo modo sotto il principato di frode. Infatti, sono dominati dal nemico del Salvatore e servono a un potere straniero, quasi non sappiano che per bocca di Giacobbe fu profetato: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire». Ma essi non ancora comprendono quel che possono negare e non ancora entra nella loro mente quello che hanno conosciuto dalla narrazione delle sacre Scritture, poiché per i maestri insensati la verità è uno scandalo e per i ciechi dottori diventa caligine ciò che è luce. Ecco che interrogati, rispondono: «Cristo deve nascere a Betlemme». Però non seguono la scienza con la quale ammaestrano gli altri. In questo modo hanno perduto la dinastia dei re, la propiziazione dei sacrifici, il luogo delle suppliche, l'ordine dei sacerdoti. Mentre avvertono che tutto per essi è chiuso, che ogni cosa per essi è finita, non si accorgono che quelle cose sono state trasferite in Cristo. Onde attraverso la fede che giustifica gli empi, tutto il mondo ottiene nelle sue nozioni ciò che quei tre uomini, facendo le veci di tutte le genti, nell'adorazione del Signore acquistarono. Così gli adottivi ricevono l'eredità del Signore, preparata prima dei secoli, mentre la perdono quelli che sembrano essere figli legittimi.

Una buona volta volgiti al pentimento, o Giudeo, ravvediti; e, deponendo l'infedeltà, convertiti a colui che è anche tuo Redentore. Non ti abbattere per l'enormità del tuo delitto: Cristo non chiama i giusti, ma i peccatori; certamente non ti respinge per la tua empietà colui che, crocifisso, pregò per te. Annulla la dura sentenza dei tuoi crudeli padri e non lasciarti stringere dalla maledizione di quelli che gridano «il sangue suo cada su noi e sui nostri figli», essi riversano su di te la malizia del loro delitto. Tornate al misericordioso; approfittate della clemenza di chi è pronto a perdonare. Infatti la vostra iniqua crudeltà si è cambiata in motivo di salvezza. Vive chi voleste che perisse. Confessate, dunque, il rinnegato; adorate il venduto, perché vi giovi la bontà di colui al quale non poté nuocere la vostra malvagità.

III - Spirito missionario e cooperazione alla grazia

Dilettissimi, è nostro dovere desiderare e propiziare quanto rientra nella vera carità, della quale siamo debitori anche ai nostri nemici, come insegna la preghiera del Signore, affinché anche questo popolo che è decaduto dalla spirituale nobiltà dei padri, sia reinnestato ai rami della vera sua pianta. Questa carità molto ci rende accetti a Dio: egli trasformò il loro delitto in motivo di misericordia per noi, appunto perché la nostra fede li provocasse a emulazione nel ricevere la salvezza. Per altro, è un dovere che la vita delle persone pie sia utile non solo a se stesse, ma anche agli altri. In tal modo quel che non si può avere da loro con le parole, si ottenga con gli esempi.

Dunque, dilettissimi, consideriamo l'ineffabile abbondanza dei doni divini a noi elargiti e siamo cooperatori della grazia di Dio che in noi agisce. Il regno dei cieli non è dato ai dormienti, né la beata eternità è messa a disposizione di chi intorpidisce nell'ozio e nella pigrizia. Ma poiché, come dice l'Apostolo, «se patiamo con lui, insieme a lui saremo glorificati», dobbiamo percorrere quella via che egli stesso, il Signore, ha detto di essere. Egli, infatti, ha provveduto a noi con il sacramento e con l'esempio, mentre noi non avevamo alcun merito di opere per nostro sostegno, affinché con il sacramento innalzasse a salvezza i chiamati alla figliolanza adottiva e con l'esempio li spronasse alla laboriosità. In realtà, dilettissimi, questo lavoro non è aspro, né gravoso per i figli e per i buoni servi ma è soave e leggero, come dice il Signore: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, perché sono mite e umile di cuore; e troverete pace per le anime vostre: perché il mio giogo è soave e il mio carico leggero».

Dunque, dilettissimi, nulla è arduo per gli umili, nulla è duro per i miti; facilmente tutti i precetti passano alla pratica quando la grazia porge aiuto e l'obbedienza rende dolce il comando. Ogni giorno le parole di Dio risuonano alle nostre orecchie e ogni uomo è reso consapevole e convinto di ciò che piace alla divina giustizia.

Ma perché il giudizio, in cui ognuno riceverà la ricompensa di quel che avrà fatto, sia in bene che in male, per la bontà e la pazienza del giudice, è rimandato, le anime infedeli si ripromettono l'impunità e credono che la qualità degli atti umani non abbia alcuna relazione con il giudizio sui meriti dati dalla divina provvidenza. Ma forse le azioni cattive non sono per lo più punite con evidentissime pene anche ora e il terrore delle celesti minacce non rende spesso prudente la fede e non rimprovera l'infedeltà?

IV - Compunzione e desiderio delle cose celesti

Però, tra queste pene e sopra di esse eccelle la benignità di Dio che a nessuno nega la sua misericordia, perché senza distinzione a tutti distribuisce molti beni; anzi preferisce richiamare con i benefici quelli che giustamente potrebbe punire e, così, con la dilazione della vendetta concedere il tempo di far penitenza.

Tuttavia, non si può dire che non vi sia nessun castigo per quelli che non si convertono, perché il cuore indurito e ingrato è un supplizio per se stesso e già si soffre nella coscienza quello che per bontà di Dio viene differito. Pertanto i peccatori non si dilettino dei peccati tanto che la fine della vita abbia a coglierli con colpe sulla coscienza, poiché nell'inferno non vi è correzione; né è concesso il rimedio dell'espiazione quando non è più possibile il ravvedimento della volontà , come dice David: «Tra i morti non v'è chi ti ricordi, chi dirà nell'inferno le tue lodi?». Si fuggano, perciò, i piaceri nocivi, i gaudi insidiosi e i desideri che sono già per perire. Quale è il frutto, quale l'utilità dell'incessante desiderio di quelle cose che, se non ci abbandonano, certamente dobbiamo abbandonare? L'amore delle cose caduche si trasferisca a ciò che è incorruttibile e l'animo chiamato alle realtà sublimi, si diletti delle cose celesti. Stringete amicizia con i santi angeli; entrate nella città di Dio in cui ci è promessa l'abitazione e unitevi ai patriarchi, ai profeti, agli apostoli e ai martiri. Godete di quello onde essi godono. Bramate le loro ricchezze, e con buona emulazione ambite la loro intercessione. Infatti, se siamo uniti a loro per devozione sincera, saremo uniti anche alla loro gloria: certamente prenderemo parte alla dignità di quelli alla cui devozione avremo partecipato.

Ora che vi è concesso di praticare i comandamenti di Dio «glorificate Dio nel vostro corpo»; e, dilettissimi, «risplendete come fari di luce nel mondo». Le lucerne delle vostre menti siano sempre ardenti: niente di tenebroso risieda nei vostri cuori, poiché, come dice l'Apostolo: «Eravate un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore: vivete dunque da figli della luce». Si compia in voi quel che precedette in immagine nei tre Magi, e «così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Infatti, come sarebbe grande peccato qualora il nome del Signore fosse bestemmiato tra le genti per colpa dei cattivi cristiani, così è grande merito di devozione quando si benedice Dio per la vita santa dei suoi servi: a lui onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.



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