Santa Giovanna D'Arco compie 600 anni, parte il via alle celebrazioni

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Caterina63
00giovedì 5 gennaio 2012 19:43

Al via le celebrazioni per i 600 anni di Santa Giovanna d'Arco. Il Papa: c'invita ad una misura alta della vita cristiana

Al via le celebrazioni per i 600 anni di Santa Giovanna d'Arco. Il Papa: c'invita ad una misura alta della vita cristiana

Iniziano domani in Francia le celebrazioni per il 600.mo anniversario della nascita di Giovanna d’Arco. I festeggiamenti culmineranno il 13 maggio quando, nella Basilica di Domrémy, luogo di nascita della Santa, si svolgerà una Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois. Benedetto XVI il 26 gennaio dello scorso anno ha tenuto un’intensa catechesi sulla vita e la spiritualità di Giovanna d’Arco. Ce ne parla Sergio Centofanti:


La Francia si prepara a celebrare la sua eroina nazionale, una di quelle “donne forti” – ha affermato il Papa - che “alla fine del Medioevo portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia”. A soli 17 anni Giovanna d’Arco, ispirata dall’Arcangelo Michele, cerca di mettere pace tra inglesi e francesi nel nome di Gesù. Non viene ascoltata, allora s’impegna per la liberazione del suo popolo. La giovane contadina francese, spinta da un ardente amore per Gesù e Maria, guida con coraggio uomini insicuri e vacillanti e libera Orléans. Ma viene catturata dai suoi nemici, processata per eresia e condannata al rogo. Benedetto XVI:

“Questo processo è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è ‘allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione’ (LG, 8)”.

I giudici sono degli ecclesiastici, teologi – osserva il Papa - ai quali mancano la carità e l'umiltà di vedere in questa giovane l’azione di Dio”:

“Così, i giudici di Giovanna sono radicalmente incapaci di comprenderla, di vedere la bellezza della sua anima: non sapevano di condannare una Santa … Nell'Amore di Gesù, Giovanna trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine, anche nel momento della condanna”.

Giovanna muore pronunciando più volte ad alta voce il nome di Gesù. 25 anni dopo Callisto II dichiara nulla la sua condanna, nel 1920 viene proclamata Santa. “Santa Giovanna d’Arco - afferma Benedetto XVI - ci invita ad una misura alta della vita cristiana”:

“La liberazione del suo popolo è un’opera di giustizia umana, che Giovanna compie nella carità, per amore di Gesù. Il suo è un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili. La fede è la luce che guida ogni scelta”.

 Radio Vaticana



          Pope Benedict XVI waves during his weekly general audience in paul  VI hall at the vatican on January  26, 2011.



                                

L’UDIENZA GENERALE, 26.01.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di Santa Giovanna d’Arco (1412-1431).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Santa Giovanna d'Arco

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei parlarvi di Giovanna d'Arco, una giovane santa della fine del Medioevo, morta a 19 anni, nel 1431. Questa santa francese, citata più volte nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è particolarmente vicina a santa Caterina da Siena, patrona d'Italia e d'Europa, di cui ho parlato in una recente catechesi.

Sono infatti due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo. Sono forse le figure più caratteristiche di quelle “donne forti” che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia.

Potremmo accostarle alle sante donne che rimasero sul Calvario, vicino a Gesù crocifisso e a Maria sua Madre, mentre gli Apostoli erano fuggiti e lo stesso Pietro lo aveva rinnegato tre volte. La Chiesa, in quel periodo, viveva la profonda crisi del grande scisma d'Occidente, durato quasi 40 anni. Quando Caterina da Siena muore, nel 1380, ci sono un Papa e un Antipapa; quando Giovanna nasce, nel 1412, ci sono un Papa e due Antipapa. Insieme a questa lacerazione all'interno della Chiesa, vi erano continue guerre fratricide tra i popoli cristiani d'Europa, la più drammatica delle quali fu l'interminabile “Guerra dei cent’anni” tra Francia e Inghilterra.

Giovanna d'Arco non sapeva né leggere né scrivere, ma può essere conosciuta nel più profondo della sua anima grazie a due fonti di eccezionale valore storico: i due Processi che la riguardano.

Il primo, il Processo di Condanna (PCon), contiene la trascrizione dei lunghi e numerosi interrogatori di Giovanna durante gli ultimi mesi della sua vita (febbraio-maggio 1431), e riporta le parole stesse della Santa. Il secondo, il Processo di Nullità della Condanna, o di “riabilitazione” (PNul), contiene le deposizioni di circa 120 testimoni oculari di tutti i periodi della sua vita (cfr Procès de Condamnation de Jeanne d'Arc, 3 vol. e Procès en Nullité de la Condamnation de Jeanne d'Arc, 5 vol., ed. Klincksieck, Paris l960-1989).

Giovanna nasce a Domremy, un piccolo villaggio situato alla frontiera tra Francia e Lorena. I suoi genitori sono dei contadini agiati, conosciuti da tutti come ottimi cristiani. Da loro riceve una buona educazione religiosa, con un notevole influsso della spiritualità del Nome di Gesù, insegnata da san Bernardino da Siena e diffusa in Europa dai francescani. Al Nome di Gesù viene sempre unito il Nome di Maria e così, sullo sfondo della religiosità popolare, la spiritualità di Giovanna è profondamente cristocentrica e mariana. Fin dall'infanzia, ella dimostra una grande carità e compassione verso i più poveri, gli ammalati e tutti i sofferenti, nel contesto drammatico della guerra.

Dalle sue stesse parole, sappiamo che la vita religiosa di Giovanna matura come esperienza mistica a partire dall'età di 13 anni (PCon, I, p. 47-48). Attraverso la “voce” dell'arcangelo san Michele, Giovanna si sente chiamata dal Signore ad intensificare la sua vita cristiana e anche ad impegnarsi in prima persona per la liberazione del suo popolo. La sua immediata risposta, il suo “sì”, è il voto di verginità, con un nuovo impegno nella vita sacramentale e nella preghiera: partecipazione quotidiana alla Messa, Confessione e Comunione frequenti, lunghi momenti di preghiera silenziosa davanti al Crocifisso o all'immagine della Madonna. La compassione e l’impegno della giovane contadina francese di fronte alla sofferenza del suo popolo sono resi più intensi dal suo rapporto mistico con Dio. Uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica. Dopo gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di azione e un anno di passione.

All'inizio dell'anno 1429, Giovanna inizia la sua opera di liberazione. Le numerose testimonianze ci mostrano questa giovane donna di soli 17 anni come una persona molto forte e decisa, capace di convincere uomini insicuri e scoraggiati. Superando tutti gli ostacoli, incontra il Delfino di Francia, il futuro Re Carlo VII, che a Poitiers la sottopone a un esame da parte di alcuni teologi dell'Università. Il loro giudizio è positivo: in lei non vedono niente di male, solo una buona cristiana.

Il 22 marzo 1429, Giovanna detta un'importante lettera al Re d'Inghilterra e ai suoi uomini che assediano la città di Orléans (Ibid., p. 221-222). La sua è una proposta di vera pace nella giustizia tra i due popoli cristiani, alla luce dei nomi di Gesù e di Maria, ma è respinta questa proposta, e Giovanna deve impegnarsi nella lotta per la liberazione della città, che avviene l'8 maggio. L'altro momento culminante della sua azione politica è l’incoronazione del Re Carlo VII a Reims, il 17 luglio 1429. Per un anno intero, Giovanna vive con i soldati, compiendo in mezzo a loro una vera missione di evangelizzazione. Numerose sono le loro testimonianze riguardo alla sua bontà, al suo coraggio e alla sua straordinaria purezza. E' chiamata da tutti ed ella stessa si definisce “la pulzella”, cioè la vergine.

La passione di Giovanna inizia il 23 maggio 1430, quando cade prigioniera nelle mani dei suoi nemici. Il 23 dicembre viene condotta nella città di Rouen. Lì si svolge il lungo e drammatico Processo di Condanna, che inizia nel febbraio 1431 e finisce il 30 maggio con il rogo.

E' un grande e solenne processo, presieduto da due giudici ecclesiastici, il vescovo Pierre Cauchon e l'inquisitore Jean le Maistre, ma in realtà interamente guidato da un folto gruppo di teologi della celebre Università di Parigi, che partecipano al processo come assessori. Sono ecclesiastici francesi, che avendo fatto la scelta politica opposta a quella di Giovanna, hanno a priori un giudizio negativo sulla sua persona e sulla sua missione. Questo processo è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è “allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione” (LG, 8). E’ l'incontro drammatico tra questa Santa e i suoi giudici, che sono ecclesiastici. Da costoro Giovanna viene accusata e giudicata, fino ad essere condannata come eretica e mandata alla morte terribile del rogo.

A differenza dei santi teologi che avevano illuminato l'Università di Parigi, come san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino e il beato Duns Scoto, dei quali ho parlato in alcune catechesi, questi giudici sono teologi ai quali mancano la carità e l'umiltà di vedere in questa giovane l’azione di Dio. Vengono alla mente le parole di Gesù secondo le quali i misteri di Dio sono rivelati a chi ha il cuore dei piccoli, mentre rimangono nascosti ai dotti e sapienti (cfr Lc 10,21). Così, i giudici di Giovanna sono radicalmente incapaci di comprenderla, di vedere la bellezza della sua anima: non sapevano di condannare una Santa.

L'appello di Giovanna al giudizio del Papa, il 24 maggio, è respinto dal tribunale. La mattina del 30 maggio, riceve per l'ultima volta la santa Comunione in carcere, e viene subito condotta al supplizio nella piazza del vecchio mercato. Chiede a uno dei sacerdoti di tenere davanti al rogo una croce di processione. Così muore guardando Gesù Crocifisso e pronunciando più volte e ad alta voce il Nome di Gesù (PNul, I, p. 457; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 435). Circa 25 anni più tardi, il Processo di Nullità, aperto sotto l'autorità del Papa Callisto III, si conclude con una solenne sentenza che dichiara nulla la condanna (7 luglio 1456; PNul, II, p 604-610). Questo lungo processo, che raccolse le deposizioni dei testimoni e i giudizi di molti teologi, tutti favorevoli a Giovanna, mette in luce la sua innocenza e la perfetta fedeltà alla Chiesa. Giovanna d’Arco sarà poi canonizzata da Benedetto XV, nel 1920.

Cari fratelli e sorelle, il Nome di Gesù, invocato dalla nostra Santa fin negli ultimi istanti della sua vita terrena, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore, il centro di tutta la sua vita.

Il “Mistero della carità di Giovanna d'Arco”, che aveva tanto affascinato il poeta Charles Péguy, è questo totale amore di Gesù, e del prossimo in Gesù e per Gesù. Questa Santa aveva compreso che l’Amore abbraccia tutta la realtà di Dio e dell'uomo, del cielo e della terra, della Chiesa e del mondo. Gesù è sempre al primo posto nella sua vita, secondo la sua bella espressione: “Nostro Signore servito per primo” (PCon, I, p. 288; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 223). Amarlo significa obbedire sempre alla sua volontà. Ella afferma con totale fiducia e abbandono: "Mi affido a Dio mio Creatore, lo amo con tutto il mio cuore" (ibid., p. 337). Con il voto di verginità, Giovanna consacra in modo esclusivo tutta la sua persona all'unico Amore di Gesù: è “la sua promessa fatta a Nostro Signore di custodire bene la sua verginità di corpo e di anima” (ibid., p. 149-150). La verginità dell'anima è lo stato di grazia, valore supremo, per lei più prezioso della vita: è un dono di Dio che va ricevuto e custodito con umiltà e fiducia. Uno dei testi più conosciuti del primo Processo riguarda proprio questo: “Interrogata se sappia d'essere nella grazia di Dio, risponde: Se non vi sono, Dio mi voglia mettere; se vi sono, Dio mi voglia custodire in essa” (ibid., p. 62; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2005).

La nostra Santa vive la preghiera nella forma di un dialogo continuo con il Signore, che illumina anche il suo dialogo con i giudici e le dà pace e sicurezza. Ella chiede con fiducia: “Dolcissimo Dio, in onore della vostra santa Passione, vi chiedo, se voi mi amate, di rivelarmi come devo rispondere a questi uomini di Chiesa” (ibid., p. 252). Gesù è contemplato da Giovanna come il “Re del Cielo e della Terra”. Così, sul suo stendardo, Giovanna fece dipingere l'immagine di “Nostro Signore che tiene il mondo” (ibid., p. 172): icona della sua missione politica. La liberazione del suo popolo è un’opera di giustizia umana, che Giovanna compie nella carità, per amore di Gesù. Il suo è un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili. La fede è la luce che guida ogni scelta, come testimonierà, un secolo più tardi, un altro grande santo, l’inglese Thomas More. In Gesù, Giovanna contempla anche tutta la realtà della Chiesa, la “Chiesa trionfante” del Cielo, come la “Chiesa militante” della terra.

Secondo le sue parole,”è un tutt'uno Nostro Signore e la Chiesa” (ibid., p. 166). Quest’affermazione, citata nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 795), ha un carattere veramente eroico nel contesto del Processo di Condanna, di fronte ai suoi giudici, uomini di Chiesa, che la perseguitarono e la condannarono. Nell'Amore di Gesù, Giovanna trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine, anche nel momento della condanna.

Mi piace ricordare come santa Giovanna d’Arco abbia avuto un profondo influsso su una giovane Santa dell'epoca moderna: Teresa di Gesù Bambino.

In una vita completamente diversa, trascorsa nella clausura, la carmelitana di Lisieux si sentiva molto vicina a Giovanna, vivendo nel cuore della Chiesa e partecipando alle sofferenze di Cristo per la salvezza del mondo. La Chiesa le ha riunite come Patrone della Francia, dopo la Vergine Maria. Santa Teresa aveva espresso il suo desiderio di morire come Giovanna, pronunciando il Nome di Gesù (Manoscritto B, 3r), ed era animata dallo stesso grande amore verso Gesù e il prossimo, vissuto nella verginità consacrata.

Cari fratelli e sorelle, con la sua luminosa testimonianza, santa Giovanna d’Arco ci invita ad una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia; vivere la carità senza favoritismi, senza limiti e attingendo, come lei, nell'Amore di Gesù un profondo amore per la Chiesa.



Caterina63
00venerdì 13 gennaio 2012 20:51
Nel sesto centenario della nascita di Giovanna d'Arco

La ragazza più corteggiata dal cinema

di EMILIO RANZATO

Un'interiorità intrisa di fede in un mondo dilaniato da febbrili interessi politici. Una vita breve ma folgorante, dalle umili origini alla gloria militare, fino all'estasi mistica. Bastano pochi cenni per intuire quale interesse possa aver avuto il grande schermo per la figura di Giovanna d'Arco, e per il suo straordinario potenziale drammaturgico e figurativo. Tanto da farne uno dei personaggi più rappresentati fra quelli realmente esistiti.


Il primo tentativo di raccontare la storia della pulzella d'Orléans risale addirittura al 1899, e lo si deve a uno dei fondatori del cinema, George Méliès. Dipinto a mano fotogramma per fotogramma, il suo Jeanne d'Arc dimostra le grandi doti visive del pioniere francese, particolarmente apprezzabili nella scena in cui Giovanna assurge in paradiso. È evidente, tuttavia, come il regista fosse più interessato all'effetto strettamente scenografico che non a trasmettere un particolare messaggio spirituale.


Dopo un altro paio di cortometraggi muti prodotti in Italia, per il primo film di una certa importanza bisogna aspettare il Juan the woman (1916) di Cecil B. De Mille. Scene di massa, spettacolo e molta enfasi per una versione spuria della storia di Giovanna, inserita in una cornice contemporanea riguardante la Grande guerra ancora in pieno svolgimento, e piegata dunque a chiare esigenze propagandistiche per promuovere l'interventismo statunitense. Geraldine Farrar, già nota cantante lirica, è una figura ancora molto lontana da quella che si sarebbe imposta sul grande schermo: poco ascetica e sin troppo femminile, oltre che troppo matura.
Con La passion de Jeanne d'Arc (1928) Carl Theodor Dreyer firma invece uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi. Realizzato verso la fine dell'epoca del muto, vi confluiscono, a livello figurativo, tutte le influenze che avevano attraversato quello che da molti è considerato il miglior decennio della storia del cinema. Dreyer in particolare insiste sulla tensione fra espressionismo, realismo sovietico e un uso astratto della scenografia in chiave quasi brechtiana, nonché su un montaggio che sempre di più nel corso del film si abbandona a giunture spontanee, sulla scorta delle avanguardie surrealiste.

La sua Giovanna - impersonata in maniera impressionante dall'attrice teatrale Renée Falconetti - rimane a tutt'oggi quella emotivamente più instabile. Come accadrà nei suoi film successivi, il regista danese punta infatti a confondere il punto di vista dello spettatore, portandolo a dubitare dell'effettiva bontà della protagonista, così da rendere più catartico lo scioglimento finale.
Un uso biecamente strumentale di questa combattente illuminata da una vocazione superiore non poteva che tornare con il nazismo. Das Mädchen Johanna ("La fanciulla Giovanna") firmato nel 1935 da Gustav Ucicky è un prodotto indubbiamente professionale e a tratti persino suggestivo, ma dalla drammaturgia monolitica e tutta protesa verso intenti antianglosassoni, tanto che l'eroina finisce chiaramente per diventare un delirante baluardo della razza ariana.

Hollywood dal canto suo tornerà sull'argomento altre due volte. Nel 1948 Victor Fleming dirige un'ispirata Ingrid Bergman. Il risultato è più sobrio di quanto ci si possa aspettare da un film in costume americano dell'epoca, ma il regista di Via col vento, qui al suo ultimo lavoro, gira senza particolari guizzi, nonostante una splendida fotografia premiata con l'Oscar. Migliore è il Saint Joan (1957) di Otto Preminger, nonostante un taglio più distaccato che passa attraverso il filtro intellettualistico di un'opera teatrale di George Bernard Shaw e dell'adattamento di Graham Greene. Con una Jean Seberg algida, cerebrale ma anche ironica.

Sempre dal palcoscenico era derivato nel frattempo Giovanna d'Arco al rogo (1954) di Roberto Rossellini, trasposizione di un'opera musicale di Paul Claudel e Arthur Honegger che lo stesso regista italiano aveva già portato in teatro. Nonostante negli ultimi decenni sia stato rivalutato come opera strettamente cinematografica, raramente il film si affranca da un'idea di teatro filmato. Ciò non gli impedisce di essere un'opera ispirata e visivamente affascinante. Interpretata di nuovo dalla Bergman e tutta inscritta nell'interiorità del personaggio, la pellicola risulta particolarmente interessante se messa a confronto con la versione di Fleming, di cui finisce per rappresentare una sorta di poetica esegesi. Oltreché un esperimento avanti coi tempi di cinema nel cinema.
Con Le procès de Jeanne d'Arc (1962) dice la sua sull'argomento un altro grande autore, Robert Bresson.

Attenendosi meticolosamente ai documenti originali del processo di Rouen, il regista francese arriva forse al culmine del suo stile per rigore, geometria, economia, inserendo la persecuzione di Giovanna nel solco della sua personale poetica. Nonostante gli scrupoli filologici, dunque, l'eroina diventa vittima del male del mondo e del suo mistero, come il prete de Il diario di un curato di campagna (1951) o la Mouchette del film omonimo (1967).

Jacques Rivette nel 1994 celebra Giovanna come eroina nazionale in un'opera fluviale divisa in due parti: Le battaglie e Le prigioni, in cui un'ottima Sandrine Bonnaire dà vita alla Giovanna forse più umana e adolescenziale.

La versione più recente è infine quella di Luc Besson (1999). Bistrattato spesso dalla critica, il film rappresenta un'indubbia macchina spettacolare che va avanti spedita per quasi tre ore nonostante molte cadute di gusto e uno stile ipertrofico non sempre sotto controllo. In ogni caso gli va riconosciuto almeno un merito in sede di scrittura, e cioè di rendere esplicita quella dimensione morale che negli altri film è solo latente, e rappresentata dall'attrito che si crea fra la fede cristiana di Giovanna e il suo dover ricorrere alla violenza, più o meno direttamente.



(©L'Osservatore Romano 14 gennaio 2012)

Caterina63
00mercoledì 30 maggio 2012 11:07
Caterina63
00sabato 25 agosto 2012 21:18

Il mistero della carità di Giovanna d’Arco


Il cardinale Roger Etchegaray ricorda la Pulzella d’Orléans nel giorno della sua festa


del cardinale Roger Etchegaray


Giovanna conduce le truppe francesi alla battaglia di Orléans, miniatura tratta 
da La Vie des femmes célèbres (1505) 
di Antoine Dufour, Musée Dobrée, Nantes

Giovanna conduce le truppe francesi alla battaglia di Orléans, miniatura tratta da La Vie des femmes célèbres (1505) di Antoine Dufour, Musée Dobrée, Nantes

30 maggio, memoria di santa Giovanna d’Arco, vergine

La pietà di Jeannette
Secoli ci separano da Giovanna d’Arco ma, come mai prima, ella sembra esserci contemporanea, perché sono la stessa Francia e la stessa Chiesa, ambedue così straziate, a risvegliare il nostro interesse per lei. Il cuore di Giovanna d’Arco si è colmato di pietà a contatto con la miseria del suo tempo: una Francia lacerata ed incerta del proprio destino. Era mossa da una pietà per il regno di Francia. E questo per umile adesione alla volontà di Dio. Si pensi alla pena con cui, mentre prendeva le armi a Vaucouleurs, ammise: «Preferirei piuttosto filare accanto alla mia povera madre, perché questo non è il mio mestiere».

Giovanna sa che la patria non è un’astrazione o un pregiudizio, è una realtà molto concreta. Non è con le idee che si costruisce una patria, ma con la terra che si attacca alla suola delle scarpe.

Non c’è storia più francese della sua. Non vi è una sola francese che possa considerarsi più francese di lei per quella sua vivacità spontanea, che resta tale persino durante la sua prigionia, per quel suo meraviglioso equilibrio che ne rivela le umili origini. A detta di un critico letterario «il capolavoro più commovente e più puro della lingua francese» è nato nel corso dei suoi processi, da un «prodigioso dialogo tra la santità e la viltà» (R. Brasillach, Le procès de Jeanne d’Arc, 1932).
Di Giovanna, della sua pietà di umile contadina, della simpatia e commozione che suscitò nel popolo è stata testimone Rouen. Che non è soltanto la città del processo e di un rogo crepitante di infamia, ma è soprattutto il luogo del «processo al processo» (Régine Pernoud) e di una riabilitazione in cui riecheggia tutta l’esistenza della Pulzella. Senza quelle testimonianze di amici di infanzia, di compagni d’armi, di ex giudici, non sapremmo quasi nulla della sua storia cristallina.

E questo processo al processo, che illumina una vita così breve, ha potuto aprirsi e svolgersi con tanta rapidità grazie alla simpatia popolare degli abitanti di Rouen che non hanno mai dubitato di colei che bruciava davanti ai loro occhi sulla piazza del Mercato Vecchio. Non conosco omaggio più commovente che sia stato reso al popolo di Rouen di quest’affresco di volti pieni di compassione inquadrati in primo piano dalla cinepresa muta di Dreyer nella sua Passione di Giovanna d’Arco.

«Io mi rimetto a Dio»
«Da quando il caro Péguy se n’è andato vorremmo che Giovanna d’Arco appartenesse soltanto ai bambini». Così scrisse Bernanos. E aveva colto nel segno, quando suggeriva che solo lo sguardo dei bambini, come quello che aveva Charles Péguy, poteva comprendere la vicenda della Pulzella d’Orléans.
Alla missione che Dio le indica, Giovanna non aggiunse nulla di suo. «Mi rimetto a Dio, il Re del cielo e della terra», dichiarò a Giovanni di Chatillon che la torturava.
Péguy non ha mai smesso di guardare stupito questo mistero:
1429. L’ncoronazione di Carlo VII a Reims
In questo affresco di Jules Lenepveu conservato al Panthéon di Parigi, 
alle spalle del re è raffigurata Giovanna d’Arco

1429. L’ncoronazione di Carlo VII a Reims In questo affresco di Jules Lenepveu conservato al Panthéon di Parigi, alle spalle del re è raffigurata Giovanna d’Arco

«E quel gran generale che adunava intorno a sé città
Come si bacchian noci con una gran pertica
Non era altro in mezzo al rumore e alle guerre civili
Che un’umile fanciulla immersa nel suo amore per Dio».
Se è vero che Giovanna d’Arco è santa, non è certo perché ha salvato la Francia, né tantomeno perché è salita al rogo (che la Chiesa non ha mai riconosciuto come martirio), ma semplicemente perché tutta la sua vita sembra essere in perfetta adesione a quella che lei afferma essere la volontà di Dio. Ciò che lei fa, è ciò che Dio vuole e unicamente questo: «Poiché era Dio ad ordinarlo» ha dichiarato con forza «anche se avessi avuto cento padri e cento madri, anche se fossi stata figlia di re, sarei partita».

Il limite di ogni politica
Giovanna, eroina della propria patria perché santa di Dio, ci indica che è la carità che viene da Dio che ci fa amare la concretezza del particolare. È proprio questa carità frutto di grazia a stabilire il limite di ogni progetto politico, così che sia alieno da pretese totalizzanti.
Il cristiano può anche felicitarsi del fatto che la politica attuale non determini soltanto obiettivi e mezzi, ma promuova finalità e valori, una concezione dell’uomo. Ma in tal caso, il rischio di una sopravvalutazione si fa grande, molto più di quello di una sacralizzazione, di una venerazione della politica. Niente è più temibile di una politica dalle pretese totalizzanti. Come cristiani, qualunque sia il nostro impegno politico, abbiamo il dovere di denunciare il carattere limitato di tutte le ideologie, non appena hanno la pretesa di presentarsi come via di salvezza; accettandole senza riserve, gli uomini rischiano di veder sacrificata la propria integrità.

La missione profetica della Chiesa, di tutti i suoi figli e figlie, consiste in primo luogo nell’affermare che Dio soltanto è Dio, fonte e termine della storia; consiste nella denuncia della sacralizzazione di ogni azione politica, soprattutto in un’epoca in cui rischia di perder vigore il valore assoluto della fede.

La Chiesa diverrebbe presto insignificante se cercasse di confondersi con gli interessi di un progetto politico. Essa non deve temere di impregnare di fermento evangelico la società offrendo la propria originalità, cioè la vita di uomini riconciliati in Cristo attenti ai bisogni concreti innanzitutto dei poveri. Coscienti, come Giovanna d’Arco di Péguy, che solo per grazia riaccade nella storia degli uomini un nuovo inizio di vita cristiana: «Forse ci vorrebbe altro, mio Dio, tu sai tutto. Sai quello che ci manca. Ci vorrebbe forse qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima.

Qualcosa che non fosse ancora mai stato fatto. Ma chi oserebbe dire, mio Dio, che ci possa essere ancora del nuovo dopo quattordici secoli di cristianità, dopo tante sante e tanti santi, dopo tutti i tuoi martiri, dopo la passione e morte di tuo figlio. Insomma quello che ci vorrebbe, mio Dio, ci vorrebbe che tu mandassi una santa… che riuscisse».


Caterina63
00mercoledì 24 luglio 2013 11:46

PUBBLICAZIONE DEI DECRETI SULLE VIRTÙ EROICHE DI:

Giovanna d'Arco
Giovanni Eudes
Francesco de Capillas
Giovanni Teofano Vénard e Compagni

PAROLE DEL SANTO PADRE PIO X

Domenica, 13 dicembre 1908


 

Sono grato, venerabile Fratello*, al vostro cuor generoso, che vorrebbe che io lavorassi nel campo del Signore, sempre al lume del sole, senza nubi e senza burrasche. Però e voi ed io dobbiamo adorare le disposizioni della divina provvidenza, che, avendo stabilito quaggiù la Chiesa, permette che incontri nel suo cammino ostacoli d'ogni genere e resistenze formidabili.

E la ragione è evidente, perchè la Chiesa è militante e quindi in una continua lotta: lotta che fa del mondo un vivo campo di battaglia e del cristiano un prode soldato, che combatte sotto il vessillo del Crocefisso; lotta che, inaugurata con la vita del nostro Redentore santissimo, non si compirà che alla fine dei tempi: per cui tutti i giorni, come i prodi della tribù di Giuda al ritorno dalla schiavitù, noi dobbiamo con una mano respingere il nemico e con l'altra innalzare le mura del tempio santo, vale a dire, lavorare per la nostra santificazione.

E in questa verità ci conferma la vita stessa degli eroi, per i quali furono testè pubblicati i decreti: eroi che arrivarono alla gloria non solo fra nere nubi e passeggere burrasche, ma fra continui contrasti e fra duri cimenti, fino a dare per la fede il sangue e la vita.

Non posso negare però di essere ben lieto, che con la glorificazione di tanti Santi Iddio manifesti le sue misericordie in tempi di tanta incredulità e indifferenza religiosa; che in tanta fiacchezza di caratteri si presentino ad imitazione anime generose che, in conferma della loro fede, hanno dato la vita; e che questi esempi per la massima parte vengano, venerabile Fratello, dal vostro paese, dove i reggitori della pubblica cosa hanno spiegato apertamente il vessillo della ribellione ed hanno voluto rompere ad ogni costo ogni legame con la Chiesa.

Sono lieto perchè in una età in cui molti hanno vergogna di dirsi cattolici, molti altri prendono a catafascio Dio, fede, rivelazione, culto e ministri, di tutto discorrono con beffarda empietà, tutto negano e volgono a derisione ed a scherno, non rispettando nemmeno il santuario della coscienza; è impossibile che di fronte a queste manifestazioni del soprannaturale, per quanto cerchino di chiudere gli occhi in faccia al sole che li illumina, un raggio divino non li penetri, e, non fosse altro, per la via del rimorso li riconduca alla fede.

Sono lieto, perchè la virtù di questi eroi deve rianimare i fiacchi ed i paurosi nella pratica della dottrina e credenza cristiana e renderli forti nella fede. Il coraggio infatti non ha la sua ragione di essere se non in quanto ha per fondamento una convinzione. La volontà è una potenza cieca, quando non è illuminata dalla intelligenza; né si può camminare con piè sicuro fra le tenebre. Ma se la generazione attuale ha tutte le incertezze e i dubbi dell'uomo che va a tentoni, è segno evidente che non si fa più tesoro della parola di Dio, che è lucerna che guida i nostri passi, e luce che illumina i nostri sentieri, lucerna pedibus meis verbum tuum et lumen semitis meis.

Verrà il coraggio quando sarà viva nel cuore la fede, quando si praticheranno tutti i precetti che dalla fede vengono imposti, perchè è impossibile la fede senza le opere, come è impossibile immaginare un sole che non dia luce e calore. E di questa verità sono testimoni i martiri che abbiamo commemorati, perchè non è da credere che il martirio sia un atto di semplice entusiasmo, in cui si sottomette il capo alla scure per andare diritti in Paradiso, ma suppone il lungo e penoso esercizio di tutte le virtù, omnimoda et immaculata munditia.

E per parlare di colei che più di tutti è da voi conosciuta, la Pulcella d'Orléans, dessa come nell'umile paese natio, così fra le licenze delle armi, si conserva pura come un angelo, fiera come un leone in tutti i cimenti della battaglia, e pietosa verso i miseri e gli infelici. Semplice come una bambina, nella quiete dei campi e nel tumulto della guerra, essa è sempre raccolta in Dio, ed è tutta amore per la Vergine e per la santissima Eucaristia come un Cherubino: l'avete detto bene, venerabile Fratello.
Chiamata dal Signore a difendere la sua patria, risponde alla vocazione per una impresa, che tutti, ed ella stessa, credevano impossibile; ma ciò che è impossibile per gli uomini, è sempre possibile con l'aiuto di Dio. Non si esagerino pertanto le difficoltà per praticare quanto la fede ci impone per compiere i nostri doveri, per esercitare il fruttuoso apostolato dell'esempio, che il Signore aspetta da ciascuno di noi: unicuique mandavit de proximo suo.
Le difficoltà vengono da chi le crea e le esagera, da chi confida in se stesso senza gli aiuti del cielo, da chi cede vilmente pauroso per le beffe e le derisioni del mondo; per cui bisogna conchiudere, che ai nostri dì più che mai la forza principale dei tristi è la viltà e la debolezza dei buoni, e tutto il nerbo del regno di satana sta nella fiacchezza dei cristiani. — Oh! se mi fosse permesso, come lo faceva in ispirito il profeta Zaccaria, di dimandare al Redentore divino: che sono elleno queste piaghe nel mezzo delle tue mani: quid sunt plagae istae in medio manuum tuarum? la risposta non sarebbe punto dubbiosa: queste mi sono state fatte nella casa di coloro che mi amavano: his plagatus sum in medio eorum qui diligebant me; dai miei amici, che han fatto niente per difendermi e che in ogni incontro si sono fatti complici dei miei avversari.

E a questo rimprovero, dato ai cristiani infingardi e paurosi di tutti i paesi, non si possono esimere molti cristiani della Francia, la quale, se dal venerato mio Predecessore, come voi, venerabile Fratello, avete ricordato, fu chiamata la nobilissima nazione missionaria, generosa, cavalleresca, io aggiungerò a sua gloria quanto scriveva al re S. Luigi il Papa Gregorio IX: « Iddio, al quale obbediscono le legioni celesti, avendo stabilito quaggiù dei regni differenti secondo le diversità delle lingue e dei climi, ha conferito a molti governi delle missioni speciali per il compi« mento dei suoi disegni. E come altra volta preferì a quelle degli altri figli di Giacobbe la tribù di Giuda e la donò di speciali benedizioni, così elesse la Francia a preferenza di tutte le altre nazioni della terra per la protezione della fede cattolica e per la difesa della libertà religiosa. Per questo « la Francia è il regno di Dio stesso, i nemici della Francia sono i nemici di Cristo. Per questo Dio ama la Francia, perchè ama la Chiesa, che traversa « i secoli e recluta le legioni per l'eternità. Dio ama la Francia, che nessuno sforzo ha potuto mai distaccare interamente dalla causa di Dio. Dio ama la Francia, dove in nessun tempo la fede ha perduto del suo vigore; dove i re e i soldati non hanno mai esitato ad affrontare i pericoli e a dare il loro sangue per la conservazione della fede e della libertà religiosa ».

Fin qui il nono Gregorio. Quindi, Voi, venerabile Fratello, nel vostro ritorno direte ai vostri connazionali che, se amano la Francia, devono amare Iddio, amare la fede, amare la Chiesa che, come dei padri vostri, è madre di tutti loro tenerissima. Direte che facciano tesoro dei testamenti di S. Remigio, di Carlomagno e di S. Luigi, che si compendiano nelle parole tante volte ripetute dalla loro eroina di Orléans: Vive le Christ qui est roi des Francs.
A questo titolo soltanto la Francia è grande fra le nazioni, a questo patto Iddio la proteggerà facendola libera e gloriosa, a questa condizione le si potrà applicare quanto nei libri santi è detto d'Israello, « che non si è « trovato alcuno, che insultasse a questo popolo se non quando si è allora « tanato da Dio », et non fuit qui insuttaset, populo ipsi visi quando reeessit a cultu Domini Dei sui. Non è dunque un sogno il vostro, venerabile Fratello, ma una realtà, né in me vi è solo la speranza, ma la certezza del pieno trionfo. Moriva il Papa, martire in Valenza, quando la Francia, misconosciuta e annientata l'autorità, proscritta la religione, abbattuti i templi e gli altari, esiliati, perseguitati e decimati i sacerdoti, era caduta nella più detestabile abbominazione.
Non passarono due anni dalla morte, di chi doveva essere l'ultimo Papa, e la Francia, rea di tanti delitti, intrisa ancor del sangue di tanti innocenti, volge pietosa gli occhi verso di chi, eletto prodigiosamente Papa, lontano da Roma, a Roma s'introna, e la Francia implora col perdono l'esercizio di quel divino potere che nel Papa aveva tante volte contestato; e la Francia è salva. È possibile a Dio ciò che pare impossibile agli uomini. E in questa certezza mi conferma la protezione dei martiri che diedero il sangue per la fede e l'intercessione di Giovanna d'Arco, che, come vive nel cuore dei Francesi, così del continuo ripete in cielo la preghiera: gran Dio, salvate la Francia!


* Mons. Touchet, Vescovo di Orléans.





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