Stupenda Catechesi di Benedetto XVI, in video, (a braccio) Maria Assunta in Cielo e "san Paolo e la Vergine Maria"

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Caterina63
00martedì 15 settembre 2009 19:55






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segue ora il testo scritto

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI


Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Mercoledì, 15 agosto 2007



Cari fratelli e sorelle,

nella sua grande opera "La Città di Dio", Sant’Agostino dice una volta che tutta la storia umana, la storia del mondo, è una lotta tra due amori: l’amore di Dio fino alla perdita di se stesso, fino al dono di se stesso, e l’amore di sé fino al disprezzo di Dio, fino all’odio degli altri. Questa stessa interpretazione della storia come lotta tra due amori, tra l’amore e l’egoismo, appare anche nella lettura tratta dall’Apocalisse, che abbiamo sentito ora. Qui, questi due amori appaiono in due grandi figure. Innanzitutto vi è il dragone rosso fortissimo, con una manifestazione impressionante ed inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza.

Nel momento in cui san Giovanni scrisse l’Apocalisse, per lui questo dragone era realizzato nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone fino a Domiziano. Questo potere appariva illimitato; il potere militare, politico, propagandistico dell’impero romano era tale che davanti ad esso la fede, la Chiesa appariva come una donna inerme, senza possibilità di sopravvivere, tanto meno di vincere. Chi poteva opporsi a questo potere onnipresente, che sembrava in grado di fare tutto? E tuttavia, sappiamo che alla fine ha vinto la donna inerme, ha vinto non l’egoismo, non l’odio; ha vinto l’amore di Dio e l’impero romano si è aperto alla fede cristiana.

Le parole della Sacra Scrittura trascendono sempre il momento storico. E così, questo dragone indica non soltanto il potere anticristiano dei persecutori della Chiesa di quel tempo, ma le dittature materialistiche anticristiane di tutti i periodi. Vediamo di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin avevano tutto il potere, penetravano ogni angolo, l’ultimo angolo. Appariva impossibile che, a lunga scadenza, la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare il Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso alla fine, l’amore fu più forte dell’odio.

Anche oggi esiste il dragone in modi nuovi, diversi. Esiste nella forma delle ideologie materialiste che ci dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa di un tempo passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere. E di nuovo, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra impossibile oggi ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino e che sarebbe il vero dominatore del mondo.

Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo.

(seconda parte del video)

Avendo considerato così le diverse configurazioni storiche del dragone, vediamo ora l’altra immagine: la donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi, circondata da dodici stelle. Anche quest’immagine è multidimensionale. Un primo significato senza dubbio è che è la Madonna, Maria vestita di sole, cioè di Dio, totalmente; Maria che vive in Dio, totalmente, circondata e penetrata dalla luce di Dio. Circondata dalle dodici stelle, cioè dalle dodici tribù d’Israele, da tutto il Popolo di Dio, da tutta la comunione dei santi, e ai piedi la luna, immagine della morte e della mortalità. Maria ha lasciato dietro di sé la morte; è totalmente vestita di vita, è assunta con corpo e anima nella gloria di Dio e così, posta nella gloria, avendo superato la morte, ci dice: Coraggio, alla fine vince l’amore! La mia vita era dire: Sono la serva di Dio, la mia vita era dono di me, per Dio e per il prossimo. E questa vita di servizio arriva ora nella vera vita. Abbiate fiducia, abbiate il coraggio di vivere così anche voi, contro tutte le minacce del dragone.

Questo è il primo significato della donna che Maria è arrivata ad essere. La "donna vestita di sole" è il grande segno della vittoria dell’amore, della vittoria del bene, della vittoria di Dio. Grande segno di consolazione. Ma poi questa donna che soffre, che deve fuggire, che partorisce con un grido di dolore, è anche la Chiesa, la Chiesa pellegrina di tutti i tempi. In tutte le generazioni di nuovo essa deve partorire Cristo, portarlo al mondo con grande dolore in questo modo sofferto. In tutti i tempi perseguitata, vive quasi nel deserto perseguitata dal dragone. Ma in tutti i tempi la Chiesa, il Popolo di Dio vive anche della luce di Dio e viene nutrito - come dice il Vangelo - di Dio, nutrito in se stesso col pane della Santa Eucaristia. E così in tutta la tribolazione, in tutte le diverse situazioni della Chiesa nel corso dei tempi, nelle diverse parti del mondo, soffrendo vince. Ed è la presenza, la garanzia dell’amore di Dio contro tutte le ideologie dell’odio e dell’egoismo.

Vediamo certamente che anche oggi il dragone vuol divorare il Dio fattosi bambino. Non temete per questo Dio apparentemente debole. La lotta è già cosa superata. Anche oggi questo Dio debole è forte: è la vera forza. E così la festa dell’Assunta è l’invito ad avere fiducia in Dio ed è anche invito ad imitare Maria in ciò che Ella stessa ha detto: Sono la serva del Signore, mi metto a disposizione del Signore. Questa è la lezione: andare sulla sua strada; dare la nostra vita e non prendere la vita. E proprio così siamo sul cammino dell’amore che è un perdersi, ma un perdersi che in realtà è l’unico cammino per trovarsi veramente, per trovare la vera vita.

Guardiamo Maria, l’Assunta. Lasciamoci incoraggiare alla fede e alla festa della gioia: Dio vince. La fede apparentemente debole è la vera forza del mondo. L’amore è più forte dell’odio. E diciamo con Elisabetta: Benedetta sei tu fra tutte le donne. Ti preghiamo con tutta la Chiesa: Santa Maria prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte.

Amen.



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Caterina63
00sabato 8 gennaio 2011 22:15

Paolo di Tarso e Maria di Nazaret
   

Si affronta in questo testo, un vero saggio, la dottrina dell’Apostolo per la mariologia.
  

È raro trovare l’accostamento di Paolo di Tarso a Maria di Nazaret, due figure bibliche senza evidente legame o necessario richiamo. Basti consultare il Dizionario di Paolo e delle sue lettere (G.F. Hawthorne, C.R. Martin e D. Reid, a cura di R. Penna, San Paolo 2000, pp. 1.886, € 61,97), per accorgersi che il nome di Maria è completamente ignorato, anche come donna che ha generato il Figlio di Dio (Gal 4,4), passo saltato perfino nella voce Lettera ai Galati.

A prima vista sembra che in realtà non ci sia niente di comune tra i due personaggi di rilievo nella Chiesa delle origini. Paolo è il missionario teologo, l’apostolo delle genti e il rappresentante di un cristianesimo libero dalla legge di Mosè e aperto all’ellenismo; Maria è una donna tenuta in grande considerazione come madre di Cristo, ma professante come Pietro e Giacomo un giudeo-cristianesimo fedele alle prescrizioni legali in seno alla comunità di Gerusalemme.

Inizio   della Lettera ai Galati. Pagina miniata del sec. XIII, Biblioteca   braidense, Milano.
Inizio della Lettera ai Galati. Pagina miniata del sec. XIII, Biblioteca braidense, Milano (foto Archivio Storico San Paolo).

Eppure il legame tra Paolo e Maria esiste, dal momento che dobbiamo all’Apostolo il primo testo del Nuovo Testamento dove si parla di Cristo come «nato da donna» (Gal 4,4). Riflettendo sul piano della salvezza e in particolare sull’incarnazione, Paolo non può fare a meno di riferirsi a quella donna d’Israele che ha generato il Messia.

Il quadro normativo per l’annuncio di Maria nella Chiesa. Come è risaputo, i discorsi kerigmatici di Pietro (At 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32; 10,34-46) e di Paolo (At 13,16-30; 17,22-31), mirano a comunicare il contenuto essenziale della storia della salvezza: Cristo morto e risorto. Solo una volta si fa riferimento all’attività sanatrice ed esorcistica di Gesù dopo il battesimo di Giovanni (At 10,38) e solo una volta si menziona la discendenza davidica di Cristo: «Dalla discendenza di lui [Davide], secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore» (At 13,23).

In questa prima fase non si nomina mai Maria. La ragione di questo silenzio sulla Madre di Gesù è comprensibile: essa rientra nel più vasto silenzio circa l’intero arco della vicenda storica di Cristo (che sarà oggetto di considerazione accurata da parte degli evangelisti), perché il centro d’interesse degli apostoli è l’annuncio del mistero pasquale.

Fratelli Linnich, San Paolo (part., sec. XX), vetrata del Tempio di   san Paolo, Alba (Cuneo).
Fratelli Linnich, San Paolo (part., sec. XX), vetrata del Tempio di san Paolo, Alba (Cuneo – foto E. Necade).

Paolo rompe il silenzio su Maria offrendo in Gal 4,4 la più antica testimonianza mariana del Nuovo Testamento, che risale al 49 o al massimo al 57 dopo Cristo, cioè una ventina d’anni dopo l’Ascensione.

Occasione della lettera ai Galati è l’infiltrazione nelle comunità della Galazia in Asia Minore (attuale Turchia) di alcuni cristiani giudaizzanti, che insegnavano la validità della legge giudaica per nulla abolita da Cristo. A questi Paolo oppone il suo Vangelo, ossia la salvezza mediante la fede in Cristo. Da autentico teologo, Paolo pone il dilemma: chi ci salva, Cristo o la legge? Se la salvezza viene dalla legge, allora «Cristo è morto invano» (Gal 2,21). Ma se Cristo è il salvatore, allora la legge perde la sua funzione e necessità, sicché le genti possono credere ed essere battezzate senza passare dall’obbedienza alle prescrizioni mosaiche. Con questa soluzione, che raccoglie l’accordo degli apostoli e comunità, il cristianesimo cessa di essere un semplice gruppo ebraico (pur mantenendone la fede monoteistica e la profonda spiritualità), e diviene una comunità universale.

In tale contesto polemico contro i giudaizzanti, Paolo introduce il testo di alto interesse cristologico in cui si fa menzione «tangenzialmente e in forma anonima» di Maria, la «donna» dalla quale nacque Gesù: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4).

Boccardino da Firenze, La Trinità, miniatura del sec. XVI, Basilica   di san Pietro, Perugia.
Boccardino da Firenze, La Trinità, miniatura del sec. XVI, Basilica di san Pietro, Perugia (foto Lores Riva).

Nonostante la sua laconicità, tale testo è considerato di altissimo interesse mariano, quasi «una mariologia in germe», in quanto «nucleo germinale» aperto «alle successive acquisizioni del Nuovo Testamento».

Lo storico dei dogmi mariani Georg Söll giunge ad affermare: «Dal punto di vista dogmatico l’enunciato di Gal 4,4 è il testo mariologicamente più significativo del NT, anche se la sua importanza non fu pienamente avvertita da certi teologi di ieri e di oggi. Con Paolo ha inizio l’aggancio della mariologia con la cristologia, proprio mediante l’attestazione della divina maternità di Maria e la prima intuizione di una considerazione storico-salvifica del suo significato».

L’importanza del testo paolino è data dal fatto che esso ha una struttura trinitaria ed insieme storico-salvifica.

Paolo ricorre chiaramente allo schema di invio. Il soggetto della frase è il Padre, che determina la pienezza del tempo, cioè il tempo propizio alla salvezza dopo il periodo di sudditanza e di maturazione (Gal 4,1-2), e decide l’invio di suo Figlio. Questi, che preesiste per poter essere inviato, viene nel tempo secondo due modalità e finalità intimamente connesse e contrapposte: nasce in condizione di fragilità (nato da donna) edi schiavitù (nato sotto la legge) in vista della liberazione dalla schiavitù (per riscattare coloro che erano sotto la legge) e del dono della figliolanza divina reso possibile dallo Spirito (perché ricevessimo l’adozione a figli, Gal 4,6).

San   Paolo, miniatura del sec. XVI, Certosa di Pavia.
San Paolo, miniatura del sec. XVI, Certosa di Pavia (foto Tagliabue).

Maria è la donna che inserisce il Figlio di Dio nella storia in una condizione di abbassamento, ma ella è situata nella pienezza del tempo e si trova coinvolta nel disegno storico-salvifico della trasformazione degli uomini in figli di Dio.

Nei due versetti (Gal 4,4-6) sono presenti le persone della Trinità in un orizzonte storico-salvifico, sicché si può giustamente osservare che la donna da cui nasce Cristo è incomprensibile al di fuori della sua relazione con le tre persone divine e con la storia della salvezza.

Il «mistero» della donna in Gal 4,4ss è totalmente inserito in un disegno cristologico-trinitario-ecclesiale e posto a garanzia dell’effettiva libertà dei figli di Dio.

La donna, di cui non si menziona neppure il nome, è interamente al servizio dell’evento salvifico che impegna la Trinità intera ed è a vantaggio di tutti gli uomini.

Potremmo dire che Maria è coinvolta nel «complotto» di Dio, meglio nel suo misterioso e sorprendente «disegno», per la salvezza degli esseri umani: «[Maria] è colei che porta in sé Gesù Cristo; ma non vuole conservarlo per sé, perché infine è colei che lo porta al mondo: in questo senso partecipa – come la Chiesa – a quello che si potrebbe chiamare il "complotto" di Dio per salvare il mondo, e si può celebrarla come quella che ha introdotto segretamente tra gli uomini il Cristo, nel quale il regno di Dio è presente».

Paolo   tra i Galati, miniatura del sec. XIII, Biblioteca marciana, Venezia.
Paolo tra i Galati, miniatura del sec. XIII, Biblioteca marciana, Venezia (foto S.a.i.e.).

Il genere paradossale per parlare della Madre di Cristo. Nello stesso breve passo di Gal 4,4 Paolo ricorre al genere paradossale, a lui caro (1Cor 1,21-31; 2Cor 5,21; 8,9; Rm 8,3-4), mettendo insieme realtà contrastanti (paradosso, dal greco pará dóxa = a lato dell’opinione): schiavitù-redenzione, fragilità-figliolanza divina. Esiste in realtà un rapporto antitetico tra la modalità con cui il Figlio di Dio si presenta al mondo e la finalità della stessa sua venuta.

In pratica Paolo applica all’invio del Verbo nella condizione umana la legge storico-salvifica dell’abbassamento-esaltazione che lega la prima alleanza al definitivo Testamento.

Il ribaltamento delle sorti è il messaggio del libro di Ester, dove questa è intronizzata e Vasti ripudiata, Mardocheo è esaltato e Amman ucciso. Soprattutto nel Servo di JHWH si realizza l’antitesi abbassamento-esaltazione: egli è umiliato con la persecuzione e la sofferenza, ma poi viene «esaltato e molto innalzato» (Is 50,6; 52,13).

Quando la comunità cristiana cerca un principio che renda comprensibile la vicenda di Gesù, lo trova nello schema del giusto sofferente ed esaltato. In questa linea si svolge il celebre inno cristologico pre-paolino di Fil 2,6-11, dove si passa dalla fase di umiliazione che raggiunge il climax nella morte di croce all’esaltazione di Gesù come Signore.

Il   Bergognone, Maria e donne sotto la croce (1512), ex monastero   benedettino di Brugora di Besana (Milano).
Il Bergognone, Maria e donne sotto la croce (1512), ex monastero benedettino
di Brugora di Besana (Milano – foto Censi).

Di fronte al testo di Paolo sorgono spontaneamente alcuni interrogativi: come può Cristo «sottomesso alla legge» liberare quanti attendono di esserne affrancati? E come può un «nato da donna» come tutti gli esseri umani conferire la dignità di figli di Dio?

Paolo non scioglie questi enigmi, ma lascia aperto il discorso circa il modo con cui Cristo viene al mondo (per es. verginalmente e nella potenza dello Spirito, come specificheranno i Vangeli dell’infanzia) o è sottoposto alla legge (cioè volontariamente, senza essere obbligato). Il discorso rimane aperto anche circa il tempo, quando si passerà dall’umiliazione all’esaltazione; tale passaggio avverrà sicuramente per Paolo nel mistero pasquale, ma nel passo di Gal 4,4 esso rimane implicito.

Maria è accomunata alla kenosi del Figlio, cioè alla sua incarnazione in stato di svuotamento e di debolezza, di cui lei diviene elemento indispensabile.

Quattro secoli più tardi Agostino riconoscerà in Maria la madre della «debolezza» di Cristo, «non della sua divinità», avendolo generato nella condizione umana. Del resto gli studi biblici e teologici nel Novecento contestualizzeranno la Vergine di Nazaret nella storia spirituale del suo popolo piccolo, disprezzato e calpestato dalle grandi potenze. Ella fa parte dei «poveri di JHWH», apice spirituale d’Israele, come donna in ascolto di Dio che si rivela, al quale fa il dono totale di sé.

Pur avendo generato il Signore dell’universo, ella conduce una vita senza privilegi terreni, in situazione di povertà e di assenza di qualsiasi potere e influsso. La sua suprema kenosi è raggiunta sul Calvario quando sperimenta la spada del dolore. Tuttavia il principio kenotico «sarebbe monco e incompleto qualora non venisse attribuita alla Madre di Gesù anche la sua necessaria conseguenza che è l’esaltazione».

La kenosi di Cristo, cui partecipa Maria, non è che il primo pannello di un dittico che contempla anche la condizione glorificata di entrambi. Il theologumeno storico-salvifico dell’abbassamento-esaltazione che la Vergine applica alla sua vicenda nel Magnificat (Lc 1,47-48), può tradursi oggi con emarginazione-promozione, passività-inserimento attivo nella storia, vuoto di valori-pienezza di significato: Dio ha trasformato la sua insignificanza in momento di salvezza messianica. L’immagine kenotica di Maria controbilancia la tendenza glorificatrice di lei, che la privava della sua consistenza concreta di donna inserita nella storia dell’ebraismo, giungendo ad una certa disumanizzazione della sua figura.

Stefano De Fiores, smm
   

Invito all’approfondimento: F. Manzi, Tratti mariologici nel "Vangelo" di Paolo, in Theotokos, VIII (2000), pp. 649-689; A.M. Serra, Nato da donna, Servitium 1992, pp. 405, € 25,82.

http://www.stpauls.it/madre/1003md/1003md08.htm

Caterina63
00giovedì 12 aprile 2012 10:54
[SM=g1740733] L'11 ottobre del 2010 il santo Padre Benedetto XVI ha tenuto, ai Vescovi riuniti in un Sinodo, una profonda meditazione su Maria "Theotokos", Dei Genitrix, ripercorrendo con noi e per noi, le tappe più importanti della Chiesa sul ruolo di Maria Santissima nella Chiesa e per la Chiesa. Un ruolo mai isolato messo in risalto maggiormante dal Concilio Vaticano II quando la proclamò Mater Ecclesiae.
Noi vi riproniamo questa Catechesi davvero magisteriale nell'audio e nel video integrali, diviso in due parti perchè lo possiamo maggiormente meditare, ascoltando davvero le parole del Papa.

www.gloria.tv/?media=277265

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org




[SM=g1740717]




L'11 ottobre del 2010 il santo Padre Benedetto XVI ha tenuto, ai Vescovi riuniti in un Sinodo, una profonda meditazione su Maria "Theotokos", Dei Genitrix in rapporto con la Chiesa, qui abbiamo postato in video ed audio la prima parte:
www.gloria.tv/?media=277265

In questa seconda parte il santo Padre approfondisce il dolore della Madre Chiesa per i suoi Figli perseguitati ma anche di quanti non hanno ancora conosciuto il Signore Gesù.
www.gloria.tv/?media=278269


Movimento Domenicano del Rosario
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