Sulle polemiche al card. Tettamanzi ed alla Curia ambrosiana (da messainlatino)

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Caterina63
00mercoledì 9 dicembre 2009 10:31

Quanto segue lo riporto dal Blog Messainlatino (raggiungibile dal link del titolo)


Sulle polemiche intorno al card. Tettamanzi e alla Curia ambrosiana

Non è vocazione del nostro blog inserirsi in battaglie politiche o parapolitiche. Visto però che sono nate molte polemiche su alcuni articoli de La Padania contro il card. Tettamanzi, frutto - ci pare - anche di riassunti d'agenzia poco fedeli all'originale, ci permettiamo di pubblicare in integro l'editoriale di ieri del quotidiano, anche per stimolare un sano dibattito sulla differenza tra libertà religiosa e relativismo culturale. L'articolo ci è stato inviato a tal fine dall'Autore, che tra l'altro ha il grande merito ed onore d'essere traduttore delle opere di Ratzinger per le edizioni italiane, nonché (merito, se possibile, ancora maggiore...) nostro affezionato lettore e amante della liturgia tradizionale.

«Erano come un gregge senza pastore ...»

di Giuseppe Reguzzoni, per La Padania 8 dicembre 2009


«Vox populi, vox Dei», diceva un bel motto latino, che, certo, non si riferiva all’urlo rabbioso delle cosiddette masse, inventate dalla sinistra sessantottina, ma alla profonda e innata sensibilità verso il bene e il giusto che i popoli, finché sono tali, portano dentro di sé e che fa loro quasi istintivamente cogliere da che parte sta la verità.

La voce del popolo è la voce di Dio, perché il popolo, se non è ancora guastato dalle ideologie o dall’edonismo, spesso “sente”, quasi a pelle, verso dove scorre il fiume del Sacro; lo sente con una saggezza che non è frutto di accademia, ma perfettamente in linea con quella splendida idea, così invisa alle menti aperte della Curia milanese, che si chiama Tradizione. Il Sacro scorre nelle vene della storia da quando è entrato nella storia e ciò che è ignoto ai sapienti è stato rivelato agli umili, che non sbagliano quando difendono ciò che è stato loro tramandato. Non sbagliano perché, forse, è questo l’ultimo istinto di sopravvivenza prima di essere spazzati via da un mondialismo astratto e malvagio.

Astratto, perché frutto di un’immagine dell’uomo costruito a tavolino. Malvagio, perché non ha a cuore il bene degli uomini, nemmeno quello degli immigrati, considerati solo come pedine per fare il proprio gioco di potere. Guarda lontano questo istinto profondo che scorre nelle vene dei popoli e in un umile presepe di cartapesta, di legno lavorato a mano, di gesso o finanche di plastica coglie quello che i cardinali e i teologi dell’astrazione si sono fatti sfuggire di mano.

La loro spocchiosa considerazione della religiosità popolare è andata di pari passo con la demolizione della fede del popolo in favore del “dialogo”. Ma, solo se tu sei te stesso, se ami la tua storia e le tue tradizioni, allora puoi parlare con chi è altro da te, allora il dialogo non è cedimento. Per questo la voce del popolo, così umile e così semplice anche quando magari si esprime con concetti mai troppo elaborati, finisce per coincidere con la voce, potente e austera, del magistero della Chiesa di sempre, quello con cui a essere in conflitto sono, semmai, gli alfieri del pensiero “postconciliare”.

Quasi che ciò che era vero ieri non possa più essere vero oggi. E questo magistero di sempre è unanime nel condannare tanto la cosiddetta “libertà di religione” che l’indifferentismo religioso che ne deriva. Le polemiche inaugurate dalla Curia di Milano riflettono oggi la profonda spaccatura esistente all’interno della Chiesa Cattolica tra chi interpreta il Concilio come una rottura con la Tradizione e chi lavora per interpretarlo alla luce dell’insegnamento di tutti i pontefici e di tutti i concili precedenti. Ora, per la tradizione dogmatica della Chiesa Cattolica la libertà religiosa non può essere confusa con il relativismo e nemmeno con l’incoraggiamento ad altre fedi, men che meno da parte di chi ha l’autorità pastorale di guidare una comunità ecclesiale.

Tanto più che tutelare la libertà religiosa è un compito che spetta alle autorità civili, non alla gerarchia cattolica che, invece, dovrebbe occuparsi del proprio “gregge” e della sua salvezza spirituale. La confusione, evidentemente, è tanta e - non nascondiamoci dietro un dito - a essere inquietante è l’apologia dell’indifferentismo religioso che certi prelati spacciano per libertà religiosa, idea che da Pio IX a Benedetto XVI è stata unanimemente condannata, anche se negli ultimi decenni il politicamente corretto dominante anche nella Chiesa ha portato a troppi silenzi su questo argomento. Una cosa è rispettare la libertà religiosa sul piano soggettivo (quel che fa il singolo con coscienza retta), altra è essere indifferenti a quel che accade a livello storico e oggettivo, dunque anche a livello politico-sociale.

Del resto è lo stesso insegnamento che si può leggere in un testo conciliare come la “Dignitatis humanae”, dove si afferma che «la libertà religiosa, che gli esseri umani esigono nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunità dalla coercizione nella società civile», ma che «essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo». È evidente che il divieto dei minareti in Svizzera o l’opposizione alla proliferazione delle moschee a Milano non è una forma di coercizione, ma solo la limitazione di aspetti architettonici simbolici e, dunque, carichi di significati ostili alla nostra cultura (e alla nostra democrazia), se non apertamente in conflitto con essa.

È altrettanto evidente che certi vescovi dovrebbero essere preoccupati di lasciare «intatta la dottrina tradizionale cattolica» circa il dovere «delle società verso la vera religione», evitando posizioni che possono essere interpretate come una manifestazione di indifferentismo religioso.

Si tratta, ancora una volta, di lasciare a Cesare ciò che è di Cesare e, dunque, permettere che siano le società a rispondere, affermativamente o negativamente. Certi ambienti curiali siano piuttosto preoccupati di difendere il patrimonio divino che è stato loro affidato.

Diversamente la loro non sarà che una semplice politica umana, alleata con le idee di moda in certi ambienti, rispetto alla quale, per parte nostra non dimenticheremo certo che «bisogna ubbidire a Dio, piuttosto che agli uomini», per di più corroborati dall’insegnamento della tradizione per cui, appunto, «vox populi, vox Dei».



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una mia breve considerazione:

«Vox populi, vox Dei», diciamo che, con questo saggio motto oggi lo si usa spesso in modo distorto, leggasi la "voce del dopo Concilio e la sua creatività" i danni apportati...^__^ infatti l'articolista dice a ragione:
La voce del popolo è la voce di Dio, perché il popolo, se non è ancora guastato dalle ideologie o dall’edonismo
...ecco: se non è ancora guasto....
purtroppo siamo guastati, siamo nell'apostasia, siamo infedeli...siamo DIVISI su tutto...basti ricordare QUALE POPOLO ha voluto la legge sul divorzio e sull'aborto, un popolo che vantava il 90% di cattolicità e qui mi fermo...

Il problema sta spesso nei MEDIA e di come mandano in onda le notizie...proprio ieri il Pontefice, davanti all'Immacolata ha richiamato proprio questo modo di fare notizia definendola PERVERSIONE...dice:

"Ogni giorno - ha denunciato Benedetto XVI - attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose piu' orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perche' il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula.

Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono". "Nella citta' vivono o sopravvivono - ha continuato il Pontefice - persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all'ultimo, finche' la notizia e l'immagine attirano l'attenzione.
E' un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La citta' prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pieta', o con una falsa pieta'".


certo il Papa si riferiva ad altro ma il meccanismo usato contro il cardinale Tettamanzi è stato il medesimo e con la medesima perversione atta ad evitare un sereno dialogo ed una pacifica lettura dei problemi che non risparmiano nessuno, neppure la Diocesi Ambrosiana e il tutto viene usato invece come una chiassata che chiude ogni confronto...

E' infatti paradossale, tanto per fare un esempio, che nel concetto di LIBERTA' religiosa difesa dalla Curia di Milano, ci sia stato infatti IL DIVIETO OBBLIGANTE di ricevere la comunione alla bocca in Duomo mentre, nella domenica stessa il Santo Padre a Brescia dimostrava esattamente il contrario continuando a distribuire la comunione alla bocca davanti, per altro al card. Tettamanzi con lui concelebrante...

Allora di quale libertà si vuole discutere?
^__^

A ragione il cardinale Bertone in visita a Milano sulla questione ha detto due parole sagge per suggerire come affrontare la questione di Milano: RISPETTO E VERITA'...

nel primo caso, il rispetto credo sia venuto meno da parte degli organi della stampa...perchè hanno manipolato sia il testo di partenza, sia la posizione del card. Tettamanzi USANDOLO contro la verità stessa di fatti che sono assai dibattuti ogni giorno...

Non dunque il testo in sè era contro il card. Tettamanzi, MA CIO' CHE E' STATO RIPORTATO ;-)
Se leggo la frase dell'articolo dove dice:
Certi ambienti curiali siano piuttosto preoccupati di difendere il patrimonio divino che è stato loro affidato.
è la verità...^__^ perchè qualcuno se la dovrebbe prendere?

C'è un significativo articolo sul blog di padre Scalese senza peli sulla lingua che invito a meditare:

http://querculanus.blogspot.com/2009/11/porgere-laltra-guancia.html

^__^

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