Cara Caterina,
ancora una volta cambi discorso, io ho parlato dell’appoggio dei cattolici tedeschi alla guerra d’aggressione di Hitler, tu mi rispondi parlando dell’olocausto e di Pio XII.
“e nessun cattolico fu obbligato in termini dottrinali o magisteriali di seguire le direttive di Hittler.....”
Art. 16 (Concordato tra Hitler e Santa Sede)
I Vescovi, prima di prendere possesso delle loro Diocesi, presteranno nelle mani del Luogotenente del Reich (Reichsstatthalter) nel competente Stato oppure del Presidente del Reich un giuramento di fedeltà secondo la formula seguente:
«Davanti a Dio e sui Santi Vangeli, giuro e prometto, come si conviene ad un Vescovo, fedeltà al Reich Germanico e allo Stato... Giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio clero il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato. Preoccupandomi com'è mio dovere, del bene e dell'interesse dello Stato Germanico, cercherò, nell'esercizio del sacro ministero affidatomi, di impedire ogni danno che possa minacciarlo ».
Articolo 27
All'esercito del Reich Germanico sarà concessa una cura d'anime esente per gli ufficiali, funzionari e militari cattolici ad esso appartenenti e rispettive famiglie.
La direzione dell'assistenza spirituale dell'esercito spetta al Vescovo militare. La sua nomina ecclesiastica sarà fatta dalla Santa Sede, dopo che Essa si sarà messa in comunicazione col Governo del Reich per la designazione, d'accordo con lui, di una persona idonea.
La persona di cui sopra fu individuata nel capo dei cappellani militari Rarkowski, in occasione del primo compleanno di Hitler dopo l’inizio della guerra scrisse ai soldati quanto segue:
da Fruhling unseres Volkes, “Glaube und Kampf”, 07/04/1940, citato da Zahn, German Catholics, p.160
“Noi siamo pieni di gratitudine e pronti a ricambiare con assoluta fedeltà quanto egli ha fatto per noi. Possano questi sentimenti trovare espressione nella preghiera che in questi giorni ha per noi un significato maggiore di quello che poteva avere nei quieti giorni di pace: “O Signore, benedici il nostro Fuhrer e comandante supremo per ogni compito che gli incombe...”.
Il concetto cattolico di guerra giusta (dal Catechismo della Chiesa Cattolica)
2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della « guerra giusta ».
La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.
1910 Se ogni comunità umana possiede un bene comune che le consente di riconoscersi come tale, è nella comunità politica che si trova la sua realizzazione più completa. È compito dello Stato difendere e promuovere il bene comune della società civile, dei cittadini e dei corpi intermedi.
Dal già citato “I nazisti e la Chiesa”, l’arcivescovo Grober in Kirche, Vaterland und Vaterlandsliebe, pp.103-104 scriveva che i teologi cattolici non avevano mai “lasciato al giudizio individuale del fedele cattolico, con la sua inevitabile ristrettezza di visione e le sue emozioni, la decisione sulla legittimità o l’illegittimità di un eventuale guerra. Questa decisione spetterà sempre alle autorità costituite”.
Così, ogni eventuale dubbio dei cattolici sulla giustizia della causa di Hitler veniva efficacemente dissipato. La Chiesa riteneva evidentemente giusto benedire di nuovo le armi tedesche. Le istruzioni impartite nel 1938 (istruzioni del vicario generale Riemer a tutte le parrochhie della diocesi, il 20/09/1938. AD Passau) prevedevano, nel caso di una mobilitazione o della guerra, la celebrazione di funzioni religiosi speciali, preghiere per la fine rapida e vittoriosa della guerra e raccomandazioni al clero di sottolineare ai fedeli come fosse loro dovere servire lealmente la patria.”
Articolo 30 (del concordato)
Nelle domeniche e nelle feste dì precetto, nelle chiese cattedrali come pure in quelle parrocchiali, filiali e conventuali del Reich Germanico si reciterà alla fine del servizio religioso principale, in conformità con le prescrizioni della Sacra Liturgia, una preghiera per la prosperità del Reich e del popolo germanico.
Secondo voi, con il Reich in guerra, cosa poteva significare pregare per la prosperità del Reich?
Comunque a fugare ogni possibile dubbio: lo stesso giorno in cui il Giappone, alleato della Germania, sferrava di sorpresa l’attacco a Pearl Harbor, il New York Times riportava questa notizia: “La Conferenza dei Vescovi Cattolici Tedeschi riuniti a Fulda ha raccomandato di introdurre una speciale ‘preghiera di guerra’ da leggersi all’inizio e alla fine di tutte le funzioni religiose. La preghiera implora la Provvidenza di benedire con la vittoria le armi tedesche e di proteggere la vita e la salute di tutti i soldati. I vescovi hanno inoltre dato istruzioni al clero cattolico di continuare a ricordare in una speciale omelia domenicale almeno una volta al mese i soldati tedeschi ‘di terra, di mare e dell’aria’”.
Per quanto cercasse, lo studioso ed educatore cattolico Gordon Zahn poté trovare la testimonianza documentaria che uno solo dei 32 milioni di cattolici tedeschi rifiutò per coscienza di prestare servizio negli eserciti di Hitler. A parte gli ecclesiastici perseguiti per l’opposizione politica ai nazisti, egli riscontrò che un totale di sette persone fra la Germania e l’Austria cattolica rifiutò coscienziosamente di pronunciare il giuramento militare.
Perché un numero così insignificante?
Zahn risponde che le ampie interviste che ebbe con coloro che avevano conosciuto questi uomini diedero luogo alla “decisa assicurazione espressa da quasi ogni informatore che qualsiasi cattolico decidesse di rifiutare il servizio militare non avrebbe ricevuto assolutamente nessun sostegno dai suoi capi spirituali”. Ironicamente, i pochi che in effetti opposero un rifiuto e vi si attennero furono in realtà di imbarazzo ai loro “capi spirituali”.
Per esempio, chiedendo clemenza alla corte nazista per un sacerdote che aveva rifiutato, l’arcivescovo Konrad Gröber di Friburgo scrisse che il sacerdote era “un idealista che si era sempre più estraniato dalla realtà. . . . che voleva aiutare il suo Volk e la sua Vaterland ma che partiva da premesse errate”. Ad altri fu negata la Comunione dai cappellani delle prigioni perché erano venuti meno al loro “dovere cristiano” di fare il giuramento militare nazista.
Il caso documentato di un contadino austriaco, Franz Jägerstätter, illustra che cosa poteva effettivamente attendersi un seguace della chiesa dai suoi capi. Per la sua presa di posizione Jägerstätter fu infine messo in prigione a Linz, in Austria, e in seguito decapitato. Il cappellano cattolico della prigione scrive di avere “provato a fargli capire che doveva tener presente il proprio benessere e quello della sua famiglia anche nel seguire i suoi ideali e princìpi personali”, come aveva sostenuto il sacerdote del villaggio di Jägerstätter molto tempo prima che questi venisse imprigionato. “Sembrava avesse capito il mio argomento”, dice il cappellano, “e promise di seguire la mia raccomandazione e di fare il giuramento”.
Questo consiglio fu dato forse da un nazista? No, fu dato da un sacerdote. Il vescovo Fliesser della stessa diocesi di Linz rivela che egli pure aveva “conosciuto personalmente Jägerstätter” e ragionato “inutilmente” con lui che non era responsabile “delle azioni dell’autorità civile”. Il vescovo disse che il suo fu “un caso del tutto eccezionale, di cui meravigliarsi più che da imitare”. Dopo la guerra il vescovo Fliesser scriveva a un sacerdote per spiegare perché si era rifiutato di permettere la pubblicazione nel giornale della diocesi di Linz della storia di Jägerstätter. La storia poteva “creare confusione e turbare le coscienze”, disse.
Il vescovo Fliesser considerò un uomo che seguiva la sua coscienza come un “caso eccezionale”, da non imitare. “Considero eroi maggiori quegli esemplari giovani cattolici, seminaristi, sacerdoti e capifamiglia che combatterono e morirono nell’eroico adempimento del dovere”, continuò. Anche il procuratore Feldmann designato dalla corte nazista si valse di questo argomento nel tentativo di indurre Jägerstätter al compromesso, facendogli notare i milioni di cattolici, incluso il clero, che andavano a combattere con la coscienza “limpida”. Infine, rammenta Feldmann, lo sfidò a citare un solo caso in cui un vescovo aveva in qualche modo scoraggiato il servizio militare nazista.
Non ne conosceva nessuno.
Ne conoscete voi?
Caterina, per favore, nel rispondermi, non cambiare ancora una volta discorso, ripeto, l'Olocausto e Pio XXII sono un altro argomento, se vuoi rispondermi, fallo sull'argomento in oggetto: l'appoggio entusiastico dato dai cattolici (in prima fila il clero) alla guerra d'aggressione nazista che, di cui si può dire tutto meno che sia giusta.
Cordialmente
Yohèl
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