il card. Bertone in Messico con le FAMIGLIE e notizie dalla Chiesa in Messico

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Caterina63
00sabato 17 gennaio 2009 18:22
L'intervento del cardinale Bertone al Congresso teologico pastorale a Città del Messico

La famiglia è scuola
di giustizia e di pace


Se il mondo vuole pace e giustizia allora sostenga fattivamente la famiglia, l'istituzione più adeguata per promuovere questi due valori, fondamentali per la convivenza tra gli uomini e le nazioni. È stato una riaffermazione del ruolo decisivo della famiglia nella società l'intervento del cardinale Tarcisio Bertone a Città del Messico, venerdì 16 gennaio, alla conclusione del congresso teologico-pastorale svoltosi nell'ambito del VI Incontro mondiale delle famiglie.

Il segretario di Stato, che partecipa alle celebrazioni messicane come legato pontificio, ha affermato che solo la famiglia, fondata sul matrimonio, realizza in pienezza l'essere sociale della persona e fa crescere la giustizia e la pace prima al suo interno e poi nella società. Costituisce, infatti, l'unico asse portante della vita personale e sociale di ogni persona. Non passa mai di moda ed è valida anche nella particolarità dell'attuale congiuntura scaturita "dalla globalizzazione dei problemi in tutti i continenti:  dai numerosi conflitti che minacciano intere regioni alla recente e profonda crisi economica".

Il cardinale ha denunciato la deriva individualista-nichilista che si traduce in un pessimismo antropologico esacerbato. Lo si percepisce, ha rilevato, in vaste aree del mondo dove il malessere e la sfiducia sempre più diffusi si riflettono nel grande inverno demografico che sta mettendo in pericolo intere società; nella perdita di significato della vita in tanti giovani, vittime di alcol e droghe; nella violenza e nello sfruttamento di donne e bambini; nel traffico di organi e nel mercato del sesso; nell'abbandono di tanti malati e anziani, lasciati senza sostegno nell'affrontare gli ultimi anni della vita; nella crisi del sistema educativo in molte nazioni; nell'instabilità politico-economica che incombe soprattutto su molti Paesi in via di sviluppo.

In queste situazioni - ha spiegato il cardinale - il "denominatore comune è l'ingiustizia, la negazione o proprio l'assenza di diritti. I diritti umani, che derivano dalla stessa natura dell'essere personale, sia nell'aspetto individuale sia in quello sociale, vengono calpestati, sminuiti, persino eliminati. L'individualismo esasperato genera oggi un'eco di egoismo. Di fatto il relativismo, l'edonismo e l'utilitarismo hanno dato vita a una commercializzazione di tutto il creato e del suo culmine, cioè la persona umana".

Due le alternative che si profilano all'orizzonte:  o la già complessa situazione finisce con l'aggravarsi oppure si trova una soluzione, ma solo attraverso una sana antropologia che ristabilisca le relazioni deteriorate. "Solo la giustizia permeata dall'amore sarà capace di restituire la dignità alla persona e a tutto il creato" ha affermato il cardinale Bertone.
La famiglia trova nell'amore la sua origine e il suo fine. E questo amore è ciò che può educare meglio ai valori autentici. La famiglia, insomma, è come un vivaio in cui si coltivano i semi di giustizia e di pace che, sebbene con difficoltà, possono veramente trasformare tutto il creato. È evidente, secondo il cardinale, che "l'investimento migliore dei Governi consiste nell'aiutare, proteggere e sostenere la famiglia, l'istituzione senza la quale la società non può sopravvivere". Lo testimoniano, del resto, molte famiglie che, nonostante le contrarietà, vivono con fedeltà la loro missione.

Passando poi ad analizzare il rapporto diretto con la società il legato pontificio ha evidenziato come la famiglia non sia la creazione propria di un'epoca, ma un patrimonio dell'umanità di ogni tempo. È, infatti, molto più di un'unità giuridica, sociale ed economica. Parlare di famiglia significa innanzitutto parlare di vita, di trasmissione di valori, di educazione, di solidarietà, di stabilità, di futuro:  in definitiva, significa parlare di amore. Nella prospettiva del Creatore, ha spiegato ancora il cardinale, nella famiglia si concretizza la vocazione originaria di ogni uomo alla comunione interpersonale, attraverso il dono sincero di sé. E per questo a essa è anche legata la "qualità etica" della società. Infatti "non tutte le forme di convivenza servono e contribuiscono a realizzare l'autentica sociabilità".

Perciò è "imprescindibile che la famiglia sia veramente famiglia, in cui ogni membro viene valorizzato nella sua irripetibilità:  come marito e moglie, padre e madre, figlio e figlia, fratello e sorella. Così la dignità personale sarà pienamente rispettata".

La famiglia è anche l'ambito giusto per dare il vero senso alla libertà, alla giustizia e all'amore:  solo con la libertà si possono educare uomini responsabili; solo con la giustizia si rispetta la dignità degli altri e proprio il rispetto per gli altri si vive quando si ama ciascuno per quello che è. Soffermandosi sul particolare dinamismo della giustizia e della pace, il cardinale Bertone ha ribadito che la giustizia, sempre unita alla verità, è un valore fondamentale della vita dell'uomo, una realtà imprescindibile per la convivenza umana in quanto è legata alla struttura autentica di ogni persona.

"Ai nostri giorni la parola giustizia è una delle più usate" ha detto il cardinale:  in molti casi è la parola chiave delle dichiarazioni politiche, economiche e sociali, anche nei forum internazionali. Questo uso continuo, come pure l'abuso che ne è stato fatto da parte di alcune ideologie, ha finito per dare accezioni diverse alla parola giustizia, rischiando di farle perdere il vero significato. È importante riscoprilo perché è un fatto che dall'ingiustizia nasca sempre la violenza:  è sotto gli occhi di tutti che le ingiustizie sociali, economiche e politiche stanno generando guerre e tensioni internazionali.

La pace dunque si raggiunge solo con la giustizia autentica, unita alla solidarietà, e a partire dalle piccole cose della vita quotidiana. "Noi cristiani dobbiamo percorrere tutte le strade del mondo per essere seminatori di pace e di gioia, sia con le parole che con le opere" ha detto il segretario di Stato riferendosi alla famiglia come "incarnazione paradigmatica fra giustizia e carità". Non è per la persona una struttura esterna, un accessorio, ma l'ambito fondamentale per lo sviluppo e la crescita della propria personalità. Pertanto "è opportuno coniugare l'esercizio della giustizia e quello della carità che sono le leggi supreme dell'ordine sociale.

Per il cardinale Bertone la famiglia è così la prima scuola di giustizia, di amore e di pace. E, in effetti, "le relazioni che si stabiliscono al suo interno promuovono la responsabilità sociale del gruppo. Proprio il ruolo dei genitori rende possibile il compito dell'educazione integrale che richiede costanza, generosità e dedizione. È un processo educativo che non finisce mai e il riferimento familiare è imprescindibile per forgiare una personalità matura".

È scuola di giustizia e di pace perché sa educare alla verità, alla libertà, all'equilibrio nella vita sociale. È in questo contesto che si possono trasmettere, in modo originale e creativo, i valori umani fondamentali. Al di là delle minacce e delle difficoltà che oggi si presentano in tanti modi nella convivenza e nelle relazioni fra le persone e i popoli, la famiglia continua a essere chiamata a divenire costruttrice di pace. È in una vita familiare sana che si sperimentano, fin da piccoli, alcuni elementi essenziali della pace, a comunicare dall'accoglienza, dal sostegno reciproco, dal perdono.

La famiglia è dunque protagonista della pace, al suo interno e all'esterno. Per questo lo Stato, riconoscendole il diritto a essere sostenuta in questo ruolo, deve tutelarla e sostenerla con le leggi. Tra i diritti innati e inalienabili, il cardinale ha definito fondamentale quello dei genitori a decidere liberamente e responsabilmente, in base alle loro convinzioni morali e religiose e alla loro coscienza, quando dare vita a un figlio.
La disintegrazione della famiglia è inoltre una minaccia per la pace e anche il segno del sottosviluppo morale ed economico della società. Tanto che lo stato di salute della società si misura sulla base dell'importanza che si dà alle condizioni che favoriscono l'identità e la missione della famiglia. Proteggere e difendere i suoi diritti è un passo fondamentale per lo sviluppo di una società e riguarda tutte le istituzioni, in modo particolare la Chiesa e lo Stato.

Ecco allora le conclusioni:  per il cardinale Bertone la famiglia è anzitutto garanzia di futuro per la società. E non va dimenticato che ha anche il compito di trasmette il patrimonio culturale di un popolo, nella sua possibilità di garantire alla società un bene maggiore di quanto i suoi membri potrebbero fare singolarmente. E, al di là di ogni ragionamento religioso o morale, essa costituisce un "vantaggio" sociale con la sua innata capacità di coesione e per il suo agire "come base solidale di fronte a varie congiunture avverse, come la disoccupazione, la malattia, ed è così primo promotore dei diritti dell'uomo".

Tra i numerosi impegni del segretario di Stato in Messico, l'incontro di sabato mattina, 17 gennaio, con il presidente della Repubblica messicana. Nel colloquio ha assicurato la partecipazione e il sostegno dei cattolici nella sfida che il Messico sta sostenendo contro "la povertà, la violenza, il narcotraffico, la corruzione e altre pieghe sociali". Una sfida che la congiuntura economica attuale pone con particolare urgenza.

La Chiesa, ha detto il cardinale, "aspira solo a offrire il proprio contributo in tutto ciò che promuove la solidarietà, la giustizia sociale e la concordia di tutto il popolo" e ha ricordato specificatamente il campo dell'educazione e la questione dell'immigrazione. Ha inoltre precisato che "i cattolici, nel dovuto rispetto del pluralismo, lavorano con impegno per il bene comune, sapendo che la società avrà un futuro se si rafforzano i principi inviolabili inscritti nel cuore umano". Il primo è il diritto alla vita. La Chiesa "non si stanca di proclamare questa grande verità, come fa con il diritto alla libertà religiosa, che è fonte e parametro di tutti gli altri diritti fondamentali". Uno Stato "si mostra pienamente democratico quando non solo garantisce la libertà di culto, ma anche quando i cittadini possono praticare pubblicamente e privatamente la propria religione in totale libertà".

Il segretario di Stato ha anche trasmesso al presidente messicano "i saluti e il cordiale affetto" di Benedetto XVI per "tutti i cittadini di questo Paese, tanto vicino al cuore del Successore di Pietro".

Nel pomeriggio di sabato, infine, il legato pontificio ha guidato a Guadalupe la preghiera del rosario, con la partecipazione di tantissime famiglie. L'Incontro mondiale, ha detto Bertone, è stato convocato dal Papa "per proclamare che la famiglia è chiamata a educare le nuove generazioni ai valori umani e cristiani" orientando "la loro vita secondo il modello di Cristo". Nella famiglia cristiana, ha concluso, non può mancare la preghiera che riflette "eloquentemente i valori domestici".



(©L'Osservatore Romano - 18 gennaio 2009)
Caterina63
00sabato 17 gennaio 2009 18:24
Il cardinale segretario di Stato sull'incontro di Città del Messico

Famiglia ed evangelizzazione
Il momento di ammettere le proprie colpe



da Città del Messico Marta Lago

Prima tappa del VI Incontro mondiale delle famiglie, il congresso teologico-pastorale, dietro il clima particolarmente festoso, ha rivelato una certa preoccupazione. Tre giorni di lavori, presentazioni, conferenze, dibattiti, musica e molte altre testimonianze familiari e di fede hanno dato grande spazio alla convivenza, vissuta e applaudita dai diecimila partecipanti di quasi cento Paesi. Accanto al sentimento generale di celebrazione, è stato vissuto quello di una speranza minacciata. Lo si è potuto leggere sul volto di tanti vescovi e udirlo dalle loro labbra. Lo hanno rivelato gli interrogativi posti continuamente dai media ai relatori e agli invitati. Al centro della preoccupazione ci sono stati i giovani, le famiglie irregolari e le insidiose legislazioni sulla famiglia.

Come legato di Benedetto XVI, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone si è unito venerdì a questo prologo della grande festa delle famiglie a Città del Messico. Nel suo incontro con la stampa internazionale, ha anticipato i punti salienti del suo discorso di chiusura del Congresso:  "Vengo a nome del Santo Padre - ha spiegato - per confermare l'antropologia naturale e allo stesso tempo religiosa della rivelazione di Dio agli uomini sul progetto familiare:  il matrimonio fra un uomo e una donna, un progetto che unisce credenti e non credenti", un'istituzione che è cellula fondamentale della società. Si tratta - ha aggiunto - di un progetto di "famiglia unica", e non di "famiglie che sono creazioni artificiali del nostro tempo". Il porporato ha chiesto ai media di diffondere la sua dichiarazione sulla famiglia, "vera garanzia di futuro per la società", capace di "trasmettere il patrimonio culturale di un gruppo, di un popolo, della storia di un Paese", fattore di stabilità e soggetto che offre vantaggi alle amministrazioni pubbliche, "il primo motore dei diritti dell'uomo".

L'unità è il valore per eccellenza che la famiglia è chiamata a trasmettere, ha affermato il cardinale Bertone. "Nella famiglia c'è l'unità fondamentale, nonostante tutte le difficoltà; è un'unità che persevera. C'è il rispetto e l'amore per ogni persona, dal più piccolo a quello più anziano", la famiglia "impara e fa apprendere l'attenzione al più debole", "sopporta, aiuta, accompagna". In sintesi, è "formatrice ai valori umani e cristiani e colonna della società". Pertanto, "lo Stato che non protegge la famiglia si sminuisce, si suicida, perde credibilità".

Rispondendo alle domande dei giornalisti, il segretario di Stato si è soffermato sulla mancata trasmissione del messaggio evangelico come probabile causa della disgregazione di tante famiglie. "Credo che tutti siamo corresponsabili, ma io non punterei il dito solamente contro la gerarchia cattolica", ha puntualizzato. In ogni caso - ha ammesso il cardinale - "non siamo riusciti a convincere i giovani, le coppie ad evangelizzare, perché non solo alcune coppie siano fedeli e trasmettitrici di valori, ma tutte. Quello è il problema:  come mai non siamo riusciti a comunicare e a dare questa forza della fedeltà e anche ad essere apostoli di questi valori? L'esame di coscienza lo fa la gerarchia - ha detto il cardinale Bertone - ma devono farlo anche i laici, le coppie".

Molto spesso la perdita di riferimenti porta a "famiglie in situazione irregolare". A tale proposito, il porporato chiede una risposta di accoglienza e allo stesso tempo un discernimento corretto. "Molti vescovi, molte Chiese locali, hanno preso iniziative per far sentire le famiglie irregolari come membri della Chiesa non abbandonati, non esclusi. Però la dottrina non può essere cambiata, perché il Signore Gesù nostro maestro su questo punto è stato molto chiaro. Noi dobbiamo praticare la misericordia di Dio e aiutare le famiglie irregolari a vivere l'esperienza di appartenenza alla Chiesa, l'esperienza della preghiera e l'esperienza della carità". "Molte coppie irregolari lavorano molto bene nelle comunità locali della Chiesa - ha precisato - e si adoperano per i deboli e i poveri".

Nell'atto di chiusura del Congresso, Benedetto XVI è stato ricordato con affetto fra gli applausi; applausi con cui è stato accolto anche il suo legato. Nell'enorme Auditorium sono state affisse immagini di molte famiglie di ogni provenienza; alcune fotografate nella loro condizione di miseria e di abbandono.

Da questo grande incontro di lavoro ci si aspetta una proiezione positiva, ha riferito a "L'Osservatore Romano" il presidente della Conferenza episcopale messicana, il vescovo Carlos Aguiar Retes:  "È importante perché in Messico, a proposito delle incipienti legislazioni nel Distretto federale contro i diritti della famiglia, sono sorte diverse organizzazioni di cattolici molto impegnati; questo incontro li rafforzerà per continuare il lavoro e poter estendere a tutto il Paese ciò che è stato realizzato in alcuni luoghi, promuovendo legislazioni chiaramente a favore della famiglia". La preoccupazione si estende anche alla nascita di gruppi in linea con le proposte anti-famiglia, gruppi molto attivi, che possono "contare sulla protezione di istanze internazionali". Non si tratta di "condurre una battaglia - ha puntualizzato monsignor Aguiar - ma di convincere che i valori cristiani costituiscono una garanzia per la società".

Per il cardinale Juan Sandoval Íñiguez, arcivescovo di Guadalajara, il maggior motivo di preoccupazione è "l'atteggiamento delle nuove generazioni, l'individualismo, l'indipendenza, l'indifferenza verso le istituzioni, soprattutto la famiglia e la Chiesa", generazioni che "non vogliono impegnarsi con le istituzioni", cosa che "mina il tessuto sociale" Altrettanto preoccupante è la tendenza legislativa a legittimare l'unione omosessuale, che per il momento in Messico si concretizza in "una propaganda molto strutturata, molto organizzata e molto ben finanziata, che vuole far vedere alle nuove generazioni che ogni disordine è un'opzione lecita".

La meta immediata di speranza si trova nel santuario della Vergine di Guadalupe, epicentro, questo fine settimana, dell'incontro festivo testimoniale di famiglie di tutto il mondo e luogo della celebrazione eucaristica di chiusura. In entrambi i casi, alla presenza di Benedetto XVI, in collegamento in diretta televisiva. "Vedremo la gioia del popolo, la sua fede e la sua devozione alla Vergine. E questa visione di fede consola, poiché contiamo sul Signore", ha concluso il cardinale Sandoval.



(©L'Osservatore Romano - 18 gennaio 2009)
Caterina63
00sabato 31 gennaio 2009 08:32
La sua urgenza sottolineata nella visita del cardinale Bertone

La rinascita in Messico
della cultura cattolica


Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, si è recato in Messico dal 15 al 19 gennaio. In veste di legato papale, il cardinale Bertone ha presieduto i momenti salienti del sesto Incontro mondiale delle famiglie, incontrando anche il mondo della cultura del Paese e il presidente della Repubblica del Messico, Felipe Calderón Hinojosa. Al suo rientro in Vaticano il segretario di Stato ha rilasciato un'intervista congiunta a Carlo Di Cicco e Roberto Piermarini per "L'Osservatore Romano", Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano, nella quale traccia un bilancio della sua visita.

Eminenza, la sua visita in Messico è apparsa del tutto diversa dagli altri viaggi precedenti:  oltre alla sua partecipazione quale legato del Papa, si è avuta l'impressione di un nuovo inizio di rapporti tra Chiesa, Santa Sede e società messicana. Cosa è veramente accaduto?

È stato un viaggio che ha avuto una sottolineatura pastorale - come legato papale per il sesto Incontro mondiale delle famiglie - e anche politico, naturalmente, con gli incontri con il presidente della Repubblica e altre autorità. Bisogna ricordare che già in questi ultimi tempi era andato in Messico monsignor Dominique Mamberti, in occasione del quindicesimo anniversario della ripresa dei rapporti diplomatici, una grande svolta del Messico, che Giovanni Paolo II aveva marcato con una tappa nel 1993 in occasione del suo viaggio alla Giornata mondiale della gioventù a Denver. Adesso, è il segretario di Stato a essere andato in Messico come legato papale, ma anche come segretario di Stato, e ad avere messo l'accento proprio su questa ripresa di rapporti positivi. Non si tratta ancora di laicità positiva - questo è un tema che è stato poi discusso nell'incontro a Querétaro - ma di incontri e di rapporti più positivi in Messico tra lo Stato e la Chiesa. Una Chiesa in grande ripresa, una Chiesa martire come quella del Messico. Si è trattato di una occasione eccezionale nella quale il Papa si è reso presente con i due messaggi, con la sua benedizione videoregistrata, e nella quale è risuonato il martellante e gioioso ritornello dei messicani:  "È presente il legato papale, ma Benedetto è qui, presente:  Benedetto è qui, presente". È una convinzione che esprimeva un grande desiderio della presenza del Papa ma anche di senso di piena comunione e di compresenza con il Papa, con il Vescovo di Roma.

Famiglia e cultura sono stati i due poli di maggiore attenzione nei suoi diversi interventi. Perché tanta cura dimostrata nel parlare sia della famiglia, sia della cultura?

Perché, in realtà, la famiglia è la prima agenzia di trasmissione dei valori e della cultura per le nuove generazioni, per i bambini, per i giovani in crescita:  famiglia trasmettitrice di valori. È un dato assodato, pur con tutte le difficoltà che segnano il cammino, l'esperienza della vita familiare, non solo in Europa ma anche in America Latina. Ricordo una conferenza, un dibattito che avevamo fatto qui a Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano, con il professor Barbiellini Amidei, proprio sulla famiglia capace o incapace oggi, davanti a tutte le altre agenzie, di socializzazione, di trasmettere valori, e abbiamo convenuto - e questa è una convinzione dei Papi:  di Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto in modo particolare, ribadita anche nei due messaggi rivolti al Messico - che la famiglia è la prima protagonista nella trasmissione di valori, la prima nella formazione umana e cristiana. Essa trasmette l'identità:  l'identità propria della famiglia, l'identità culturale, spirituale, morale di un popolo. Lo Stato nasce poi dall'insieme, dalla comunione delle famiglie, e lo Stato deve avere questa missione di consolidare il senso di identità di un popolo fondato sulle proprie radici, sulle origini che hanno determinato poi lo sviluppo di una comunità politica come della comunità ecclesiale.

In qualche modo, lei è parso incoraggiare una rifondazione della cultura cattolica messicana. Con quale obiettivo?

In Messico ci sono state delle grandi tradizioni culturali:  ci sono tante università, ci sono tante istituzioni educative e il rischio è che queste realtà, che sono rinate dopo uno spazio di libertà ridato alla Chiesa, rimangano ancora in un angolo. C'è una forte tinta di laicismo, ci sono delle forze che si contrappongono alla Chiesa, che contrastano con la missione educativa, la missione formatrice della Chiesa, con la funzione di fare cultura della Chiesa. Ricordiamo che la Chiesa ha inventato, ha creato le università; esse sono nate dal grembo della Chiesa, e in Messico dicono che ci siano più di duemila università tra statali e università private; molte le università cattoliche, appartenenti anche a istituti religiosi. Esse sono una risorsa immensa da sdoganare - per così dire - e da rendere presente e attiva, in modo che possa incidere sulla cultura del popolo e che possa dimostrare che anche le università a matrice cattolica e a ispirazione cattolica - ecco il problema della evangelizzazione della cultura - possono realizzare, far progredire la scienza e creare quindi nuovi ambiti nuove forme di sviluppo culturale, proprio in concreto per la Nazione messicana. Perciò ho cercato di incoraggiare questo sviluppo e di dare questa spinta.

Nell'incontro con il mondo della cultura e dell'educazione, lei ha insistito sul successo limitato della cultura cattolica nel Messico dell'ultimo secolo. Non è un giudizio duro, in presenza di una Chiesa che ha subìto una persecuzione anche sanguinosa?

In realtà, è un giudizio duro. Ho citato esattamente un autore, Gabriel Zaid, il quale ha ricordato il rapporto con un vescovo europeo che gli chiedeva:  "Ma, in Messico è possibile avere una cultura cattolica o avere un influsso culturale da parte della Chiesa cattolica?". Quando questo vescovo europeo, che era un vescovo olandese, gli chiese che cosa ci si potesse aspettare dal Messico, Zaid desolato ha confessato:  "Non gli potete dare la minima speranza". In Messico, al di là delle vestigia di tempi migliori e della cultura popolare, la cultura cattolica era finita. Notate che siamo negli anni Settanta. Era rimasta al margine, in uno dei secoli più importanti della cultura messicana:  il XX secolo. Come è potuto accadere ciò? Risponde Zaid:  "Me lo chiedo ancora!". Questa diagnosi è certamente pessimistica:  l'ho rilevato perché certamente ci sono stati degli impulsi e spunti molto significativi, e sarebbe ingiusto sottolineare, sottoscrivere integralmente questa diagnosi. Tuttavia, l'osservazione dello scrittore e la domanda di questo vescovo esigono delle risposte, sono stimolanti. Che la cultura sia necessaria nell'opera della Chiesa e ancor più in quella dell'umanità stessa, l'aveva affermato - in un grande discorso all'Unesco - Papa Giovanni Paolo II, quando ha gridato:  "L'avvenire dell'uomo dipende dalla cultura! La pace del mondo dipende dal primato dello spirito! L'avvenire pacifico dell'umanità dipende dall'amore". Quindi ha messo in correlazione cultura, pace, amore. Per la Chiesa, la promozione culturale è una realtà connaturale, è iscritta nel suo Dna, nella sua storia:  è una esigenza urgente, necessaria. Per il fatto stesso che il Vangelo è per se stesso creatore di cultura e quindi l'annuncio del Vangelo è creazione di cultura. In realtà, la Chiesa messicana, è stata molto perseguitata, ha avuto tanti martiri. È una Chiesa eroica. Ho ricevuto e venerato la reliquia di un ragazzo di 15 anni, più maturo di quanto potesse dire la sua età, José Sánchez del Río, che aveva partecipato a un circolo culturale di Azione Cattolica; così giovane, è stato preso, è stato catturato e poi massacrato, e prima di morire ha scritto ancora "Viva Cristo Rey!", il grido dei martiri messicani. Quindi, la Chiesa in Messico è una Chiesa martire, certamente, ma una Chiesa messa un po' al margine della vita pubblica. È stata una Chiesa che ha praticato sempre una grande religione del culto, molto significativa, importante, che è la fonte della fedeltà a Cristo e anche dell'entusiasmo della fede, ma che dal punto di vista culturale era un po' dimessa. Allora, bisognava e bisogna ridare slancio a tutta la promozione culturale che - come ho detto - è connaturale alla missione della Chiesa, in modo particolare in Messico.

Un altro punto di insistenza è stato quello di aprirsi o recuperare la cultura del meticciato:  non è forse un concetto buono non solo per il Messico, ma anche per i Paesi occidentali dove questo concetto fatica a farsi strada?

Il meticciato è un pensiero, una realtà molto bella perché indica che l'evoluzione della cultura avviene attraverso l'incontro delle culture, un incontro che non deve essere esclusione. Nel Messico, ma si può parlare di ogni altro Paese - per esempio, per l'Occidente, il codice della cultura occidentale è la Bibbia - la Bibbia, o possiamo anche dire le radici cristiane, vengono a volte messe da parte, vengono scartate, come codice della vita, dell'esperienza, dell'evoluzione culturale dell'Europa o dell'Occidente. In Messico il barocco messicano e tutta l'ispirazione del meticciato della Madonna di Guadalupe, rischiano di essere divise, sia da coloro che propugnano solo la cultura indigena e basta, e sia da coloro che invece propugnano una superiorità - per dire così - della cultura europea che avrebbe cancellato le radici, le fonti indigene. E quindi si rischia questa contrapposizione tra la cultura indigena e la cultura europea, senza un vero dialogo, senza una sinergia delle due culture e una sintesi che prenda dalle due culture e che formi questa nuova cultura che è la caratteristica di identità del popolo messicano e di tanti popoli dell'America Latina. Ma questa scissione, questo grande divorzio è il divorzio che è avvenuto tra la cultura popolare e la cultura delle élites, molto influenzata dalla cultura europea. Allora, di fronte a questo divorzio, la grande sintesi barocca e meticcia è il segno della identità del popolo messicano. Bisogna evitare questa scissione e riprendere la sintesi tra le culture, la trasformazione delle culture in un dialogo effettivo, fecondo, in un dialogo fruttuoso. Nel Messico è rappresentato proprio sia dall'arte e sia da quella presenza misteriosa, straordinaria che Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato nella figura della Madonna di Guadalupe dicendo che è un po' il simbolo dell'inculturazione della evangelizzazione. Il volto meticcio della Vergine di Guadalupe fin dall'inizio della storia del Nuovo Mondo, ha dimostrato che c'è una unità della persona ma nella varietà delle culture e nell'incontro tra le culture.

Come valuta il suo incontro con il presidente della Repubblica?

È stato un incontro molto cordiale, direi molto bello, molto ricco:  poco più di un'ora, un'ora e dieci. Un incontro con un uomo che è cattolico e che ha fatto un grande discorso all'assemblea dell'Incontro mondiale delle famiglie, che ha la volontà di recuperare le radici cristiane della cultura messicana, e che pone anche delle domande precise alla Chiesa. Ha sottolineato anche il rapporto tra religione e vita, l'esigenza della coerenza dell'appartenenza alla religione cattolica. Ricordiamoci che i messicani, secondo le più recenti statistiche, si dichiarano all'87 per cento cattolici, però - come dappertutto, purtroppo - a volte il fatto di dichiararsi cattolici non significa che si viva in coerenza con il Vangelo o con le indicazioni della Chiesa. Quindi, abbiamo parlato con molta sincerità, abbiamo trattato diversi argomenti, come il problema educativo in Messico; abbiamo anche trattato il tema delle scuole cattoliche, che sono il 5 per cento - mi sembra - di tutte le scuole messicane, quindi una percentuale molto bassa, ma che fanno un grande lavoro di carattere educativo, fino ai massimi gradi dell'istruzione. Abbiamo anche parlato dell'insegnamento della religione cattolica per la formazione integrale dei ragazzi e dei giovani e per lo sviluppo della loro personalità. Ho portato come esempio l'Accordo stipulato tra la Santa Sede e il Brasile che contempla tale materia; si tratta di un grande Paese latinoamericano, un Paese moderno. Ho salutato volentieri tutti i componenti della sua bella famiglia con tre bambini:  uno porta il nome di Giovanni Paolo, probabilmente in ricordo delle visite di Giovanni Paolo II in Messico.

Quale convinzione ha maturato sulla Chiesa in Messico dopo il suo incontro con i vescovi, i seminaristi e i fedeli in preghiera?

Credo che sia una Chiesa molto viva. La Chiesa cattolica in Messico non è una istituzione in crisi; c'è un bell'episcopato, ho incontrato i vescovi - come faccio peraltro in tutte le visite e i viaggi internazionali che compio. Anche con i vescovi abbiamo avuto una discussione molto franca. Ho visto una Chiesa in crescita, da molti punti di vista, con tutte le difficoltà dei tempi moderni e dei Paesi dell'America Latina, ovviamente:  per esempio, il problema dell'aggressività delle sette. Ma una Chiesa in crescita che dà protagonismo ai laici:  i laici hanno un grande desiderio di collaborazione sia nel campo della cultura come nel campo dell'economia e in tutti gli altri ambiti tipici dell'attività dei laici, come nella politica. Essi chiedono alla Chiesa orientamenti, stimoli e proposte di compartecipazione e di condivisione. I vescovi hanno tenuto, proprio nello scorso novembre, una riunione della conferenza episcopale con la partecipazione di 120 esponenti del laicato cattolico molto bene avviati e intenzionati, e quindi capaci di collaborare e di dare nuovo slancio alla presenza della Chiesa nella società messicana. Le vocazioni sono sempre tantissime, i seminari sono ancora strapieni, con differenze di numero tra una diocesi e l'altra, ma ci sono diocesi che hanno centinaia di seminaristi. Rimane sempre il problema formativo, ma sono una forza immensa. Pensiamo che in Messico ci sono 92 diocesi e il Messico può essere una risorsa missionaria per gli altri Paesi circostanti.

I suoi interventi e quelli di Benedetto XVI sono apparsi in singolare armonia, quasi due momenti di un'unica trama di colloquio con la Chiesa messicana. Che cosa significa questo e qual è l'obiettivo di questa sintonia?

Intanto, devo dire che il Papa conosce bene la Chiesa del Messico perché la conferenza episcopale, quindi tutti i vescovi del Messico, sono venuti in visita "ad limina" pochi mesi dopo l'elezione di Benedetto XVI, il quale - come per ogni visita "ad limina" di episcopati del mondo - si prepara bene, studia le relazioni delle diocesi, dei nunzi e delle conferenze episcopali e ha un dialogo puntuale con ogni vescovo. Questo, naturalmente, permette di avere il polso della vita della Chiesa e anche di lanciare messaggi pertinenti, idonei, concreti che toccano l'esperienza vitale della Chiesa in quel determinato Paese. Il primo collaboratore del Papa è in perfetta sintonia con il Papa stesso. Naturalmente, i discorsi del Papa vengono conosciuti dal segretario di Stato e il segretario di Stato si prepara a questi viaggi con una armonizzazione degli interventi sui temi che stanno più a cuore al Pontefice e alla Santa Sede. Il tema della famiglia, della cultura - specialmente nell'incontro di Querétaro con il mondo della cultura - sono temi che stanno molto a cuore al Papa. Conosciamo un po' tutta la articolazione del pensiero di Benedetto XVI, non è difficile quindi mettersi in sintonia con il pensiero del Papa:  sostenere i vescovi, il mondo cattolico, i laici messicani in questa piena, concreta comunione non solo nella preghiera, nell'affetto, anche pubblico, entusiastico al Pontefice, ma in una condivisione dei progetti culturali, pastorali che gli stanno a cuore. Ho cercato di incoraggiare questo grande Paese cattolico - ecco l'obiettivo - a essere un Paese trainante, un Paese modello anche per l'America Latina e per i Caraibi, soprattutto per le forze, per le risorse straordinarie che porta in sé:  perché possiede una grande ricchezza umana e grandi risorse materiali, morali, culturali. Può quindi fare da apripista anche per gli altri Paesi dell'America Latina. È questo l'auspicio che formulo dopo il viaggio in Messico, e che depongo ai piedi della Madonna di Guadalupe.



(©L'Osservatore Romano - 31 gennaio 2009)
Caterina63
00mercoledì 18 agosto 2010 19:53
Per la Suprema Corte di giustizia le coppie omosessuali potranno adottare figli

I vescovi del Messico
a sostegno della famiglia



Città del Messico, 18. La Conferenza episcopale del Messico (Cem) ha respinto la decisione della Suprema Corte di giustizia (Scjn) che permette che le unioni omosessuali siano equiparate al matrimonio e la possibilità di adottare minori, poiché essa non soltanto va contro l'ordine naturale, ma attenta anche alla volontà della maggioranza della popolazione.

"Abbiamo ascoltato in questi giorni il bombardamento mediatico relativo al tema tanto controverso delle unioni tra persone dello stesso sesso e l'adozione da parte loro di bambini. È a tutti nota - si legge nel messaggio della Cem - l'approvazione che l'Assemblea del Distretto federale aveva dato a questo tipo di unioni. Tale approvazione fu presa in tempi molto brevi, senza avere effettuato le consultazioni necessarie con le diverse parti sociali e senza ascoltare il parere della maggioranza che si trovava in disaccordo con tali unioni, specialmente con l'adozione di bambini.

La Scjn ha concluso il dibattito senza arrivare al fondo della questione e confermando soltanto la legalità del procedimento giuridico. Noi vescovi del Messico, sensibili all'opinione della maggioranza non soltanto di Città del Messico, ma di tutto il Paese, manifestiamo nell'esercizio della libertà di espressione il nostro totale disaccordo con la sentenza emessa dalla Scjn; senza che ciò indichi una mancanza di rispetto per le istituzioni dello Stato messicano. Crediamo - hanno proseguito i vescovi - che equiparare al nome di matrimonio queste unioni sia una mancanza di rispetto, sia per l'essenza stessa del matrimonio tra una donna e un uomo, espresso nella costituzione del Paese all'articolo 4º, sia per le tradizioni e per la stessa cultura che ci governano da secoli.

La Chiesa, di cui tutti noi battezzati facciamo parte, veglia sui diritti di coloro che non possono difendersi, e in questo caso, dei più deboli, quali sono i bambini. Per questo noi vescovi come pastori, basandoci sulla legge naturale e sulla nostra fede, abbiamo sempre difeso e difenderemo i diritti dei non nati, di coloro che non possono difendersi da sé, di coloro che sono vessati e sfruttati in ogni ambito".

Nel messaggio l'episcopato messicano ricorda come "Benedetto XVI, in diversi momenti e con opportune riflessioni, abbia insistito sull'importanza di salvaguardare i valori fondamentali della persona umana da quando è stata concepita fino alla morte naturale. Ha anche espresso l'importanza di rispettare e proteggere la creazione, la natura in generale e in particolare la natura umana. La coscienza ecologica di tanti adepti volta alla salvaguardia delle diverse specie rispettando i processi naturali, deve comprendere la specie umana, la più degna e cosciente del suo sviluppo.

Per questo, nella stessa natura la Chiesa scopre la dignità del matrimonio tra un uomo e una donna. Ciò ci spinge a promuovere la dignità della coppia e della sua prole facendo appello ai valori naturali e morali.

Ci duole che nel manifestare questi concetti all'opinione pubblica, ci siano quelli che recriminano e minacciano, adombrando il rischio dell'intolleranza, quando la tolleranza è la possibilità che tutti esprimano la propria opinione e posizione. Per questo - hanno concluso - esprimiamo la nostra solidarietà e il nostro sentimento ai cardinali Norberto Rivera Carrera e Juan Sandoval Íñiguez su questo tema delicato.

Il momento che sta vivendo il Messico richiede un dibattito di rilievo che ci unisca e nel quale tutti i membri della società nel suo complesso affrontino i problemi che ci affliggono:  insicurezza, violenza, corruzione, disoccupazione. Nella nostra patria è urgente porre fine ai vincoli dell'intransigenza, dell'esclusione, dei pregiudizi di ogni tipo e classe, e che noi tutti come fratelli ci si sforzi di costruire un Messico dove tutti rispettino i diritti di ogni individuo, dove la trasparenza e il buon uso delle libertà democratiche facciano del nostro Paese una nazione prospera basata sui valori trascendenti.

Il cardinale Juan Sandoval Íñiguez, arcivesovo di Guadalajara, in un ampio documento pubblicato sul sito dell'episcopato messicano, ribadendo quanto detto a più riprese da parte dei vescovi, oltre alla "tristezza e delusione" per una così grave decisione rileva che i "giudici hanno disatteso il bene comune, la logica del senso comune e hanno palesato disprezzo per la legge naturale". Per il porporato, la concessione dei medesimi diritti di una coppia eterosessuale a una omosessuale "è un'aberrazione che si somma ad altre che si sono accumulate recentemente e danneggia profondamente il matrimonio, formato da un maschio e da una femmina, e la famiglia, prole di un'unione fra due persone di sesso differente".

Nella sua dichiarazione il cardinale Sandoval Íñiguez, con riferimento specifico ai bambini che potrebbero essere adottati da coppie omosessuali, ha citato diversi studi scientifici e antropologici sulla materia che dimostrano i rischi a cui vanno incontro questi figli "adottivi" e aggiunge:  "Non devono essere tenuti in conto solo i diritti delle persone dello stesso sesso che vogliono adottare figli, ma anche i diritti fondamentali dei bambini, in particolare di chi potrebbe essere dato in adozione. Se un bambino ha bisogno di essere adottato lo Stato deve sorvegliare affinché questo suo diritto sia un'opportunità per inserirsi nella società nel modo migliore e avere un padre e una madre è l'ambiente migliore e più adatto.
 
Non si tratta di argomenti di carattere religioso bensì di prove scientifiche determinanti per affermare che l'ambiente propizio per lo sviluppo di questi bambini è la coppia eterosessuale. I bambini - ha concluso - nascono dall'unione tra un uomo e una donna. Mai è nato un bambino dall'unione tra due persone dello stesso sesso; dunque il suo sviluppo resta legato strettamente alla sua origine e questo è un diritto che è stato violato dalla Suprema corte di giustizia".



(©L'Osservatore Romano - 19 agosto 2010)

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