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L’autorità della Scrittura


52. Il conflitto sulle indulgenze si sviluppò rapidamente diventando un conflitto sull’autorità. Per Lutero, la curia romana aveva perso la sua autorità con l’insistere su di essa solo formalmente, invece di argomentare sulla base della Bibbia. All’inizio della contesa, l’autorità teologica delle Scritture, i padri della Chiesa e la Tradizione canonica rappresentavano per Lutero un’unità. Nel corso del conflitto, quando egli giunse alla conclusione che le norme ecclesiastiche, così come venivano interpretate dai rappresentanti della curia romana, erano in contrasto con le Scritture, questa unità si spezzò. Da parte cattolica la controversia riguardava non tanto la supremazia delle Scritture, con la quale i cattolici concordavano, quanto piuttosto la corretta interpretazione delle stesse.  


53. Quando Lutero non vide un fondamento biblico nelle dichiarazioni di Roma o ritenne che tali dichiarazioni addirittura contraddicessero il messaggio biblico, egli cominciò a pensare al papa come l’Anticristo. Con questa accusa, certamente scioccante, Lutero intendeva che il papa non permetteva a Cristo di dire quanto Cristo voleva dire e che il papa si era posto al di sopra della Bibbia anziché sottomettersi alla sua autorità. Il papa sosteneva che il suo ministero era istituito iure divino («per diritto divino»), mentre Lutero non riusciva a trovare la dimostrazione biblica di questa affermazione.  


Lutero a Worms


54. Secondo le leggi del Sacro romano impero della nazione tedesca, chi veniva scomunicato doveva venire anche messo al bando imperiale. Tuttavia i membri della Dieta di Worms richiesero che un’autorità indipendente interrogasse Lutero. Questi dunque venne chiamato a Worms e l’imperatore offrì a lui, un eretico dichiarato, un salvacondotto per la città. Lutero si era aspettato di dover affrontare una discussione davanti alla Dieta, ma gli fu chiesto solo se avesse scritto certi libri che stavano lì su un tavolo e se fosse disposto a ritrattare.  


55. A questo invito a ritrattare Lutero rispose con le celebri parole: «Se non sarò convinto mediante testimonianze delle Scritture e chiare ragioni – poiché non credo né al papa né ai concili da soli, poiché è evidente che spesso hanno errato e si sono contraddetti – io resto convinto dei passi delle Scritture da me citati e la mia coscienza è prigioniera delle parole di Dio. Perciò non posso né voglio ritrattare, poiché non è sicuro né giusto agire contro coscienza. Che Dio mi aiuti. Amen».[xvi]


56. In risposta, l’imperatore Carlo V pronunciò un importante discorso nel quale espresse le sue intenzioni. L’imperatore osservò che discendeva da una lunga dinastia di sovrani che avevano sempre considerato loro dovere difendere la fede cattolica «per la salvezza delle anime» e che egli aveva lo stesso dovere. L’imperatore sostenne che un singolo frate errava quando la sua opinione era in contrasto con tutto il cristianesimo degli ultimi mille anni.[xvii] 


57. La Dieta di Worms mise al bando Lutero, che doveva essere imprigionato o addirittura giustiziato, e ordinò ai governanti di sopprimere l’«eresia luterana» con qualunque mezzo. Ma dal momento che le argomentazioni di Lutero apparvero convincenti a molti dei principi e delle città, questo ordine non fu eseguito.


Gli inizi del movimento della Riforma


58. L’interpretazione del Vangelo che Lutero proponeva convinse un numero crescente di preti, monaci e predicatori, che cercavano di introdurla nei loro sermoni. Segni visibili dei cambiamenti che stavano avvenendo furono il fatto che i laici ricevevano la comunione sotto le due specie, che alcuni preti e monaci si sposarono, che certe regole di digiuno non vennero più osservate e che talvolta si manifestò irriverenza nei confronti di immagini sacre e reliquie.  


59. Lutero non aveva alcuna intenzione di fondare una nuova Chiesa, ma era espressione di un ampio e sfaccettato desiderio di riforma. Egli ebbe un ruolo sempre più attivo nel tentativo di contribuire a una riforma di pratiche e dottrine che sembravano essere basate sulla sola autorità umana ed essere in tensione o addirittura in contraddizione con le Scritture. Nel suo scrittoDiscorso alla nobiltà cristiana della nazione tedesca (1520), Lutero sostenne il sacerdozio di tutti i battezzati e, in tal modo, un ruolo attivo dei laici nella riforma della Chiesa. Un ruolo importante nel movimento della Riforma fu giocato dai laici, che fossero principi, magistrati o persone comuni.  


Necessità di supervisione


60. Dal momento che non vi era alcun piano o struttura centrale per organizzare le riforme, la situazione differiva da città a città e da villaggio a villaggio. Emerse il bisogno di organizzare delle visite alle chiese. Poiché questo necessitava dell’autorità di principi o di magistrati, i riformatori nel 1527 chiesero al principe elettore di Sassonia di istituire e autorizzare una commissione per le visite. I suoi compiti includevano non solo la valutazione della predicazione e dell’insieme dell’attività pastorale e della vita dei ministri, ma anche la verifica che questi ultimi ricevessero risorse per il loro sostentamento personale.  


61. La commissione istituì qualcosa di simile a un governo ecclesiastico. I sovrintendenti avevano l’incarico di vigilare sui ministri di una determinata regione e di sorvegliare la loro dottrina e il loro stile di vita. La commissione esaminava anche i riti liturgici e sovrintendeva all’unità di questi riti. Nel 1528 venne pubblicato un manuale destinato ai ministri, nel quale si trovavano le risposte a tutti i loro principali problemi dottrinali e pratici. Questo manuale ebbe un ruolo importante nella storia delle confessioni dottrinali luterane.  


Portare la Scrittura al popolo


62. Lutero, insieme ad alcuni colleghi dell’università di Wittenberg, tradusse la Bibbia in tedesco affinché un maggior numero di persone fosse in grado di leggerla da sé e, tra l’altro, potesse esercitare un discernimento spirituale e teologico sulla propria vita nella Chiesa. Per questo i riformatori luterani istituirono scuole per ragazzi e ragazze e intrapresero seri sforzi per convincere i genitori a mandare a scuola i propri figli.  


Catechismi e inni


63. Al fine di migliorare per il clero e il laicato la scarsa conoscenza della fede cristiana, Lutero scrisse il Piccolo catechismo per il più vasto pubblico e il Grande catechismo per i pastori e i laici colti. Questi catechismi spiegavano i dieci comandamenti, il Padre nostro e i simboli di fede, e includevano sezioni sui sacramenti del santo battesimo e della santa Cena. Il Piccolo catechismo, il libro di Lutero che ebbe la maggiore influenza, accrebbe in maniera considerevole la conoscenza della fede tra la gente comune.  


64. Questi catechismi erano intesi ad aiutare le persone a vivere una vita cristiana e ad acquisire la capacità di un discernimento teologico e spirituale. I catechismi illustrano il fatto che, per i riformatori, avere la fede significava non solo fidarsi di Cristo e della sua promessa, ma anche affermare il contenuto dottrinale della fede che può e deve essere appreso.  


65. Per promuovere la partecipazione dei laici alle funzioni liturgiche, i riformatori scrissero inni e pubblicarono innari, che svolsero un ruolo durevole nella spiritualità luterana e divennero parte del prezioso patrimonio della Chiesa intera.  


Ministri per le parrocchie


66. Ora che le parrocchie luterane disponevano delle Scritture tradotte in lingua volgare, del catechismo, di inni, di un ordinamento ecclesiale e di riti liturgici, rimaneva un problema importante: come provvedere ministri per le parrocchie. Durante i primi anni della Riforma molti preti e monaci divennero ministri luterani, così che si ebbero a disposizione pastori in numero sufficiente. Ma questo metodo di reclutare ministri alla fine si rivelò inadeguato.  


67. È degno di nota il fatto che i riformatori abbiano atteso fino al 1535 prima di organizzare loro proprie ordinazioni a Wittenberg. Nella Confessione di Augusta (1530), i riformatori dichiararono che erano disposti a obbedire ai vescovi se i vescovi stessi avessero ammesso la predicazione del Vangelo secondo le convinzioni della Riforma. Dato che questo non avvenne, i riformatori dovettero scegliere se mantenere la tradizionale ordinazione dei sacerdoti da parte dei vescovi, abbandonando in tal modo la predicazione della Riforma, oppure mantenere la predicazione della Riforma, ma facendo ordinare i pastori da altri pastori. I riformatori scelsero la seconda soluzione, riaffermando una tradizione interpretativa delle lettere pastorali che risaliva, nella Chiesa antica, a Girolamo.


68. Alcuni membri della facoltà teologica di Wittenberg per conto della Chiesa esaminarono la dottrina e la vita dei candidati. Le ordinazioni ebbero luogo a Wittenberg anziché nelle parrocchie degli ordinandi, dato che i ministri erano ordinati al ministero della Chiesa intera. Le testimonianze delle ordinazioni misero in evidenza l’accordo dottrinale degli ordinandi con la Chiesa cattolica. Il rito dell’ordinazione consisteva nell’imposizione delle mani e in una preghiera allo Spirito Santo.  


Tentativi teologici di superare il conflitto religioso


69. La Confessione di Augusta (1530) tentò di comporre il conflitto religioso provocato dalla Riforma luterana. Nella prima parte (artt. 1-21) essa presenta l’insegnamento luterano cercando di dimostrare come esso non sia in contrasto con la dottrina della «Chiesa cattolica o della Chiesa romana».[xviii] La seconda parte tratta dei cambiamenti che i riformatori avevano avviato per correggere alcune pratiche intese come «abusi» (artt. 22-28), spiegando le ragioni della necessità di cambiare tali pratiche. Nella conclusione della prima parte si legge: «Questa è pressappoco la sostanza della dottrina che si insegna da noi; è facile notare che in essa non vi è nulla che si discosti dalle Scritture, o dalla Chiesa cattolica o dalla Chiesa romana, per quanto ci è nota dagli scritti dei padri. Stando così le cose, costoro che pretendono che i nostri siano considerati eretici, giudicano senza alcuna umanità e carità».[xix] 


70. La Confessione di Augusta è una testimonianza inequivocabile della determinazione che i riformatori luterani avevano di mantenere l’unità della Chiesa e di restare all’interno dell’unica Chiesa visibile. Nel presentare esplicitamente la differenza come di minor importanza, laConfessione assume una posizione simile a quella che oggi chiameremmo un consenso differenziante (differentiating consensus).  


71. Immediatamente alcuni teologi cattolici considerarono necessario rispondere alla Confessione di Augusta e compilarono rapidamente la Confutazione della Confessione di Augusta. Questa seguiva passo passo il testo e le argomentazioni della Confessione. La Confutazione poté concordare con la Confessione di Augusta su diversi insegnamenti nodali del cristianesimo, come le dottrine sulla Trinità, su Cristo e sul battesimo, mentre rifiutò diversi insegnamenti luterani sulla dottrina della Chiesa e dei sacramenti sulla base di testi biblici e patristici. Dal momento che le argomentazioni della Confutazione non riuscirono a convincere i luterani, nel tardo agosto del 1530 si avviò un dialogo ufficiale al fine di riconciliare le differenze tra la Confessione e la Confutazione. Esso però non riuscì a risolvere i problemi ecclesiologici e sacramentali che rimanevano.  


72. Un altro tentativo di superare il conflitto religioso furono i cosiddetti Religionsgespräche o Colloqui di religione (Speyer/Hagenau, 1540; Worms,1540-1541; Regensburg, 1541-1546). L’imperatore o suo fratello, il re Ferdinando, convocarono gli incontri che ebbero luogo sotto la guida di un rappresentante imperiale. L’obiettivo era persuadere i luterani a ritornare alle convinzioni dei loro avversari. Tattiche, intrighi e pressioni politiche ebbero un importante ruolo in questi colloqui.  


73. I negoziatori redassero concordemente un testo di rilievo sulla dottrina della giustificazione nelRegensburger Buch (1541); ma il conflitto inerente alla dottrina dell’eucaristia apparve insormontabile. Alla fine sia Roma che Lutero rifiutarono le conclusioni, causando il fallimento definitivo di questi negoziati.  


La guerra di religione e la pace di Augusta


74. La guerra di Smalcalda (1546-1547) dell’imperatore Carlo V contro i territori luterani mirava a sconfiggere i prìncipi e a costringerli a revocare tutti i cambiamenti. All’inizio l’imperatore ebbe la meglio: vinse la guerra (20 luglio 1547). Ben presto le sue truppe entrarono a Wittenberg, dove l’imperatore impedì ai soldati di riesumare il corpo di Lutero e di bruciarlo.  


75. Alla Dieta di Augusta (1547-1548) l’imperatore impose ai luterani il cosiddetto Interim di Augusta, provocando conflitti senza fine nei territori luterani. Questo documento spiegava la giustificazione principalmente come grazia che stimola l’amore. Poneva l’accento sulla subordinazione ai vescovi e al papa, consentendo tuttavia il matrimonio dei preti e la comunione sotto le due specie.  


76. Nel 1552, dopo una cospirazione ordita dai prìncipi, iniziò contro l’imperatore una nuova guerra che lo costrinse a fuggire dall’Austria. Questo portò a un trattato di pace tra i principi luterani e il re Ferdinando. In tal modo il tentativo di sradicare «l’eresia luterana» con mezzi militari fallì definitivamente.  


77. La guerra si concluse nel 1555 con la pace di Augusta. Questo trattato fu un tentativo di trovare dei modi per far convivere in un’unica nazione persone di differenti fedi religiose. Nell’Impero tedesco vennero accettati ufficialmente sia territori e città che aderivano alla Confessione di Augusta sia territori cattolici, ma non persone di altre fedi, come i riformati e gli anabattisti. Principi e magistrati avevano il diritto di determinare la religione dei loro sudditi. Se il principe cambiava religione, anche le persone che vivevano in quel territorio dovevano cambiarla, fatta eccezione per le aree in cui i vescovi erano prìncipi (geistliche Fürstentümer). I sudditi avevano il diritto di emigrare se non condividevano la religione del principe.


   Il concilio di Trento


78. Il concilio di Trento (1545-1563), convocato una generazione dopo la Riforma di Lutero, iniziò prima della guerra di Smalcalda (1546-1547) e si concluse dopo la pace di Augusta (1555). La bolla di convocazione Laetare Jerusalem (19 novembre 1544) poneva al Concilio tre compiti: sanare la divisione confessionale, riformare la Chiesa e stabilire la pace tra i prìncipi, così da poter attuare una difesa contro gli ottomani.  


79. Il Concilio decise che a ogni sessione sarebbero stati prodotti un decreto dogmatico per affermare la fede della Chiesa e un decreto disciplinare per favorirne la riforma. Per la maggior parte, tuttavia, i decreti dogmatici non presentarono un’esaustiva esposizione teologica della fede, ma si focalizzarono piuttosto sulle dottrine contestate dai riformatori, enfatizzando così gli elementi di dissenso.  


Scrittura e tradizione


80. Il Concilio, nel desiderio di preservare, «una volta tolti di mezzo gli errori, la stessa purezza del Vangelo », l’8 aprile 1546 approvò il suo decreto sulle fonti della rivelazione. Pur senza nominarlo in maniera esplicita, il Concilio rifiutò il principio della sola Scriptura, dichiarando che era inammissibile scindere la Scrittura dalla tradizione. Decretò che il Vangelo, «quale fonte di ogni verità salvifica e di ogni norma morale», era conservato «nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte», senza tuttavia risolvere il rapporto tra Scrittura e tradizione. Inoltre dichiarò che le tradizioni apostoliche riguardanti la fede e la morale erano «conservate nella Chiesa cattolica in forza di una successione mai interrotta». La Scrittura e la tradizione dovevano essere accolte «con uguale pietà e venerazione».[xx] 


81. Allo stesso decreto venne aggiunto l’elenco dei libri canonici dell’Antico e del Nuovo Testamento.[xxi] Il Concilio insistette sul fatto che le sacre Scritture non possono essere interpretate in maniera contraria né all’insegnamento della Chiesa né all’«unanime consenso dei padri» della Chiesa. Infine il Concilio dichiarò che l’antica Vulgata latina della Bibbia doveva essere ritenuta come «autentica» e quindi usata nella Chiesa.[xxii] 


Giustificazione


82. Riguardo alla giustificazione, il Concilio rifiutò esplicitamente sia la dottrina pelagiana della giustizia per mezzo delle opere sia la dottrina della giustificazione per mezzo della sola fede (sola fide), pur intendendo la fede principalmente come assenso alla dot trina rivelata. Il Concilio attestò il fondamento cristologico della giustificazione affermando che gli uomini sono innestati in Cristo e che la causa necessaria per l’intero processo della giustificazione è la grazia di Cristo, anche se questo processo non esclude le disposizioni umane a ricevere la grazia o la collaborazione della libera volontà. Dichiarò inoltre che l’essenza della giustificazione non è solo la remissione dei peccati, ma anche la «santificazione e rinnovamento dell’uomo interiore» per mezzo della carità soprannaturale.[xxiii] Unica causa formale della giustificazione è «la giustizia di Dio, non certo quella per cui egli stesso è giusto, ma quella per cui ci rende giusti », e la causa finale della giustificazione è «la gloria di Dio e del Cristo e la vita eterna».[xxiv] Si dichiarò che la fede è «il principio dell’umana salvezza, il fondamento e la radice di ogni giustificazione».[xxv] La grazia della giustificazione può essere perduta a causa del peccato mortale e non solo a causa della perdita della fede, anche se può essere recuperata attraverso il sacramento della penitenza.[xxvi] Il Concilio dichiarò anche che la vita eterna è una grazia e non semplicemente una ricompensa.[xxvii]


I sacramenti


83. Nella sua settima sessione il concilio presentò i sacramenti come i mezzi ordinari attraverso i quali «ogni vera giustizia ha inizio o viene aumentata, se già iniziata, o è recuperata, se perduta».[xxviii] Il Concilio decretò che Cristo aveva istituito sette sacramenti e li definì come segni efficaci che conferiscono la grazia per mezzo del rito stesso (ex opere operato) e non semplicemente in ragione della fede di chi li riceve.  


84. Il dibattito sull’eucaristia sotto le due specie formulò la dottrina che sotto ognuna di esse si riceve Cristo tutto intero e indiviso.[xxix] Dopo la conclusione del Concilio (16 aprile 1565), il papa concesse l’uso del calice ai laici a determinate condizioni in diverse province ecclesiastiche della Germania e nei territori ereditari degli Asburgo.  


85. In risposta alla critica dei riformatori riguardo al carattere sacrificale della messa, il Concilio affermò che la messa è un «sacrificio veramente propiziatorio» che rende presente il sacrificio della croce. Il Concilio inoltre insegnò che, poiché nella messa Cristo sacerdote offre gli identici doni sacrificali come sulla croce, ma in modo diverso, la messa non è la ripetizione del sacrificio del Calvario, avvenuto una volta per tutte. Il Concilio decretò che la messa può essere offerta in onore dei santi e per i fedeli, sia viventi sia defunti.[xxx] 


86. Il decreto sul sacramento dell’ordine sancì il carattere sacramentale dell’ordinazione e l’esistenza di una gerarchia ecclesiastica istituita per disposizione divina.[xxxi] 


Riforme pastorali


87. Il Concilio avviò anche delle riforme pastorali. I suoi decreti di riforma promossero una più efficace proclamazione della parola di Dio attraverso l’istituzione di seminari per una migliore preparazione dei sacerdoti e attraverso l’impegno ministeriale di predicare la domenica e nelle altre festività religiose. Vescovi e pastori furono obbligati a risiedere nelle rispettive diocesi o parrocchie. Il Concilio eliminò alcuni abusi in materia di giurisdizione, di ordinazione, di patronato ecclesiastico, di benefici e di indulgenze nello stesso tempo in cui ampliava i poteri episcopali. Ai vescovi fu conferita l’autorità di fare visite pastorali ai benefici parrocchiali esenti e di supervisionare l’attività pastorale degli ordini e dei capitoli che godevano dell’esenzione. Venne disposto che si tenessero sinodi provinciali e diocesani. Al fine di comunicare meglio la fede, il Concilio incoraggiò la pratica emergente di redigere dei catechismi, come quelli di Pietro Canisio, e diede disposizioni per la realizzazione di un Catechismo cattolico.  


Conseguenze


88. Il concilio di Trento, pur essendo in larga misura una reazione alla Riforma protestante, non condannò singoli individui o comunità, ma specifiche posizioni dottrinali. Dal momento che i suoi decreti dottrinali furono scritti per lo più in reazione a quelli che esso percepiva come errori protestanti, diede origine a un’atmosfera polemica tra protestanti e cattolici che tese a definire il cattolicesimo in contrasto con il protestantesimo. In questo approccio, il Concilio si mosse in modo speculare a molti degli scritti confessionali luterani, che a loro volta definivano le posizioni luterane per opposizione. Le decisioni del concilio di Trento posero le basi della formazione dell’identità cattolica fino al concilio Vaticano II.  


89. Alla fine della terza sessione del concilio di Trento si dovette riconoscere realisticamente che l’unità della Chiesa nel mondo occidentale era stata distrutta. Nei territori luterani si svilupparono nuove strutture ecclesiali. La pace di Augusta del 1555 in un primo tempo riuscì a garantire relazioni politiche stabili, ma non poté impedire il grande conflitto europeo del XVII secolo: la guerra dei Trent’anni (1618-1648). L’istituzione di stati nazionali secolari con forti connotazioni confessionali rimase un fardello ereditato dal periodo della Riforma.


Il Concilio Vaticano II


90. Mentre il concilio di Trento ha ampiamente determinato per diversi secoli i rapporti dei cattolici con i luterani, il suo lascito oggi deve essere esaminato alla luce delle decisioni del concilio Vaticano II (1962- 1965). Quest’ultimo ha permesso alla Chiesa cattolica di entrare nel movimento ecumenico e di lasciarsi alle spalle l’atmosfera fortemente polemica dell’epoca post- Riforma. La costituzione dogmatica sulla Chiesa (Lumen gentium), il decreto sull’ecumenismo (Unitatis redintegratio), la dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae) e la costituzione dogmatica sulla divina rivelazione (Dei verbum) sono i documenti che pongono le basi dell’ecumenismo cattolico.
Il Vaticano II, pur affermando che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, ha riconosciuto che «parecchi elementi di santificazione e di verità» si trovano anche «al di fuori del suo organismo». Questi elementi, «appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica» (LG 8; EV 1/305). Veniva espressa qui una valutazione positiva di ciò che i cattolici hanno in comune con altre Chiese cristiane, come la professione di fede, il battesimo e le Scritture. Una teologia della comunione ecclesiale ha affermato che i cattolici sono in una comunione reale, sebbene imperfetta, con tutti coloro che credono in Gesù Cristo e hanno ricevuto il battesimo (UR 3; EV 1/503).
 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)