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  «Non ti ho mai tradito»

L'amore da ragazzini, subito le nozze, i figli. Poi il campione Stefano Borgonovo si ammala di Sla. «Ho visto il suo corpo crollare», racconta la moglie Chantal. Lo ha assistito fino (quasi) alla fine, quando lui poteva parlare solo con sms...

23 luglio 2013


 Mi apre Alessandra, la seconda figlia di Stefano Borgonovo. È lei che ha visto il padre morire, giovedì 27 giugno alle 16,30. Sua madre Chantal era partita la mattina per Zoagli con la terza figlia, Benedetta. Dovevano preparare la casa per l’arrivo di Stefano, il 7 luglio. Sento la voce di Chantal Borgonovo in una stanza vicino, dove hanno allestito la camera ardente, mentre  parla con Roberto Baggio, l’amico e il compagno di squadra: è timido, parla poco, lui e Stefano si volevano molto bene e in questi anni si sono sempre sentiti. Chantal arriva, si siede fra arredi di design, la passione che sarebbe potuta diventare una professione se non avesse scelto di dedicarsi alla famiglia. È una donna luminosa e solida, una roccia.

«L’ho sentito morire in diretta, al telefono, perché mia figlia mi ha chiamato appena ha cominciato a star male. Diceva: “Mamma, no, papà non ce la fa”. Non ce lo aspettavamo, altrimenti non sarei andata via. Sapevamo che sarebbe accaduto, che ogni giorno era un successo strappato alle previsioni dei medici che all’inizio gli avevano dato un anno di vita. Lui ne ha vissuti otto: questo per me è stato un grande regalo. Pensavo di accompagnarlo fino alla fine. Invece mi ha fregato».

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Stefano Borgonovo circondato dalla famiglia ©Emblema

La vostra storia è iniziata presto. «Io  avevo 15 anni e lui 17. Mi vide, mi scelse e non ci siamo più lasciati. A 20 anni ero sposata, a 22 madre. Era dolce, buono, educato, molto elegante, con una forza interiore pacata che gli dava una saggezza innata».

Quanto lo aveva cambiato la malattia?
 «Dopo la diagnosi, nel maggio 2006, aveva perso la bussola. All’improvviso vidi mio marito all’angolo, spaventato a morte. Non era più lui, si vergognava. Per due anni siamo rimasti chiusi in casa. Quando, nel maggio 2008, abbiamo toccato il fondo con la prima crisi respiratoria, sono riuscita a fargli capire che ci poteva essere una dignità anche nella malattia».

Pensa che questa sua dedizione l’abbia aiutato a vivere più del previsto?


«Sì, e Stefano lo sapeva. Ripeteva: “Io non posso lasciarti da sola. Io devo aiutarti”, ed è vero che lui mi ha aiutato, ma io l’ho tirato per i capelli – da egoista lo riconosco –perché non volevo perderlo».

 
Stefano Borgonovo e Chantal Guinard ©Emblema

Stefano Borgonovo e Chantal Guinard ©Emblema

Come cambia l’amore per un uomo che perde la sua prestanza fisica? «Stefano era un bell’uomo, mi amava tantissimo e io mi vantavo di lui. Quando mi hanno dato la diagnosi sono impazzita e per un certo periodo ci siamo staccati, ognuno ha avuto bisogno di vivere il proprio dolore da solo. Lui si era trasferito a dormire nel piano di sotto. La sera lo sentivo piangere, ma non potevo andare da lui perché mi avrebbe trascinato giù. Avevo quattro figli, lui da accudire, avevo perso 15 chili in 8 mesi, non potevo crollare. Quando ho ritrovato il mio baricentro siamo riusciti ad andare avanti insieme e l’ho amato ancora di più. E non l’ho mai tradito, né prima né dopo».







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)