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4. INCERTEZZE E DUBBI CON DEVASTANTI CONSEGUENZE

Paolo VI, nell’omelia della festa dell’Immacolata del 1970, così accoratamente diceva: “Oggi molti fedeli sono turbati nella loro fede da un cumulo d’ambiguità, d’incertezze e di dubbi che toccano in quel che essa ha di essenziale. Tali sono i dogmi trinitario e cristologico, il mistero dell’Eucaristia e della presenza reale, la Chiesa come istituzione di salvezza, il ministero sacerdotale in mezzo al popolo di Dio, il valore della preghiera e dei sacramenti, le esigenze morali riguardanti, ad esempio, l’indissolubilità del matrimonio o il rispetto della vita umana. Anzi, si arriva a tal punto da mettere in discussione anche l’autorità della Scrittura, in nome di una radicale demitizzazione”.

Ma già in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 24.7.1966, ad appena un anno e mezzo dalla conclusione del Concilio, si legge: “Il Concilio Vaticano II ha promulgato sapientissimi documenti sia in materia dottrinale sia in materia disciplinare allo scopo di promuovere efficacemente la vita della Chiesa... Tuttavia bisogna confessare con dolore che da varie parti sono giunte notizie infauste circa abusi che vanno prendendo piede nell’interpretare la dottrina conciliare, come pure di alcune opinioni peregrine ed audaci qua e là insorgenti con non piccolo turbamento di molti fedeli”. Vengono poi elencati ben dieci errori di interpretazione, e “in primo luogo circa la Sacra Rivelazione. Ci sono alcuni, infatti, che ricorrono alla Sacra Scrittura lasciando deliberatamente da parte la Tradizione, ma poi restringono l’ambito e la forza della ispirazione biblica e dell’inerranza, né hanno una giusta nozione del valore dei testi storici”.

Ci chiediamo, a questo punto: come mai uno sbandamento di tale portata nell’interpretazione del Concilio? C’è una spiegazione di ordine razionale almeno, se non di fede e di fede cattolica? Sì. E ci proviamo a documentarla.
Giovanni XXIII indisse e inaugurò il Concilio; ma si trovò, ben presto, dinanzi a problemi e a difficoltà cui non aveva pensato, nel suo evangelico candore. Perciò, sul letto di morte, a coloro che dicevano di pregare perché guarisse, rispondeva: “No, non pregate per questo. È meglio che muoia, è meglio che un altro prenda in mano la situazione”.

A prendere in mano la situazione fu Paolo VI, il grande, insuperabile, forte e mite cireneo del Concilio. Il suo primo intervento fu quello di modificarne l’art. 4° del regolamento che assegnava al consiglio di presidenza, per autorità del Sommo Pontefice, la direzione delle discussioni e di tutta la disciplina del Concilio. Ebbene egli avocò a sé di “dirigere tutta la disciplina del Concilio”. Egli disse: “Il Papa non è il semplice notaio del Concilio. Ha una sua responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa”.

Ma che cosa era successo all’inizio del Concilio con Giovanni XXIII?


Alla sua apertura furono accantonati tutti gli schemi preparati dalla Curia romana sui vari argomenti da trattare; preparati, peraltro, col concorso dei Vescovi di tutto il mondo. Non solo, ma i Vescovi dichiararono subito che non intendevano comminare condanne per nessuno. “La qual cosa - osserva don Divo Barsotti, già citato - significava rinunciare al loro servizio di maestri della fede, di depositari della Rivelazione. Loro dovere era di proporre la fede autentica e di mettere in guardia i fedeli dalle deviazioni.
I Vescovi, infatti, non devono sostituire i teologi, che hanno un’altra funzione e possono dunque vagliare ipotesi ed emettere pareri: l’episcopato deve dirci con chiarezza che cosa dobbiamo credere e che cosa dobbiamo rifiutare. Ebbene, poiché i Vescovi non misero al primo posto la loro funzione (pur così primaria ed essenziale) i documenti del Vaticano II hanno un linguaggio più teologico che dottrinale. Addirittura a volte (per esempio, in certe pagine della Gaudium et spes, su la Chiesa nel mondo contemporaneo) c’è un accento sociologico e un progressismo ottimistico”.


Ciò spiega perché nei documenti del Concilio, celebrato nel secolo del trionfo del comunismo, ossia della eresia che sintetizza tutte le eresie di tutti i tempi e che sembrava inarrestabile, ebbene, la parola comunismo non c’è scritta, questa ideologia è ignorata; né tanto meno, conseguentemente c’è una condanna. C’è, sì, menzionata la parola materialismo, ma non si tratta di quello storico concretizzato nei regimi comunisti, che ha reso e rende ancora schiavi miliardi di uomini; realizzato su milioni e milioni di morti ammazzati, bensì come modo di vivere pratico come se Dio non ci fosse, che ci è sempre stato e sempre ci sarà.
Tal cosa non sembrerà strana ai posteri del 2° millennio che, dopo avere studiato il comunismo così crudele e barbaro, lo troveranno ignorato da un Concilio di portata sicuramente epocale?


“Dunque - si chiede a questo punto don Divo Barsotti - il Vaticano II è stato un errore? No, di certo: la Chiesa rischiava di diventare un ghetto, aveva bisogno di confrontarsi con la cultura del mondo; in questo modo si sono poste però le basi d’un pericolo di mondanizzazione che per fortuna lo Spirito Santo ha evitato. È lo stesso Spirito Santo che - naturalmente - ha impedito che nei documenti s’insinuasse l’errore; ma se tutto è giusto nel Vaticano II, non è detto che tutto sia opportuno” (V. Messori, Inchiesta sul cristianesimo).  
    

Hans Urs von Balthassar, morto nel 1988, fu un autorevole esponente della teologia cattolica. Fautore del rinnovamento conciliare della teologia, avversò tuttavia quel progressismo teologico che ha preteso di rompere gli argini della tradizione cattolica. Scrisse:  “La confusione di questo periodo post-conciliare è in gran parte dovuta al fatto che il Vaticano II credette di poter lasciare da parte i problemi primari - i dogmi della Trinità, della cristologia e dell’ecclesiologia, ad essi intimamente collegata - e di affrontare invece subito le questioni pastorali derivate. Facendo così, siamo stati subito puniti con una babelica confusione delle lingue. Tentando di vendere (peraltro, in buona fede) il cristianesimo a prezzo ridotto, soltanto per trovare compratori, non ci si è accorti che esso perdeva, così, ogni valore” (La Chiesa nel mondo, Napoli 26.1.1972).

La crisi post-conciliare negli anni Settanta raggiunse una tale macroscopica evidenza che Leonardo Sciascia, il famoso scrittore siciliano, ebbe l’impudenza di dichiarare, in una intervista pubblicata su l’Europeo, 25 gennaio 1975, quanto segue: “Oggi non so a che punto sia la Chiesa, la Chiesa di dentro, nelle gerarchie, nei suoi movimenti interni: tranne che siamo, cioè che è, sul punto della fine. Credo che la Chiesa sia oggi come il mondo pagano verso il quinto secolo”.
Evidentemente Sciascia, fedele discepolo di Voltaire, ripeteva quello che un tale maestro aveva detto duecento anni prima, alla fioca luce della sola ragione e senza quella comprensione della storia, che ci si sarebbe aspettata da una persona tanto intelligente. La storia ha smentito Voltaire, la storia smentirà anche Sciascia. Non sarà smentito Gesù Cristo che assicurò agli Apostoli: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. E lo vedremo. [SM=g1740722]

Don Gerlando Lentini (*)

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http://lavia.altervista.org/don_lentini.jpg (*) Don Gerlando Lentini:
 da sempre e da chi lo conosce, è definito un prete all’antica, uno degli ultimi che ancora indossa l’abito talare con i suoi  33 bottoni, che simboleggiano i 33 anni di vita terrena di Gesù Cristo. Un “nero rapace” dal becco affilato capace di squarciare e "gridare dai tetti la verità", un Don di quelli tosti incapace di fare compromessi che possano compromettere la dottrina della Chiesa. Non tace neppure sulle questioni sociali e culturali, non teme di mettersi in gioco, né in prima linea quando c'è da difendere veramente l'uomo nella sua dignità anzitutto di "figlio di Dio" e non perchè "figlio" di qualche ideologia politica o modaiola.
Il suo sito:
http://lavia.altervista.org/

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Caro teologo, sono preoccupato su ciò che scrive Famiglia Cristiana. Più che un giornale cattolico mi sembra un giornale protestante e, quindi, eretico. Lei che ne pensa?

 A.G.

Caltanissetta


(VERGOGNA!! è inaccettabile l'attaggiamento di questo sacerdote in giacca e cravatta, è di scandalo!)


Risponde Don Gerlando Lentini, scrittore, agiografo e fondatore e direttore responsabile del mensile “La Via”.

La mia opinione preoccupata «da vero cristiano», non riguarda solo la rivista “Famiglia Cristiana” (nella foto il suo direttore “don” Antonio Sciortino), che non ha uno stile cristiano nei contenuti oltre che nella pubblicità, ma le stesse edizioni sia della San Paolo che delle Paoline, che sfornano testi di argomento biblico tutt’altro che cattolico; te ne cito alcuni:
a) 2009. “ENTRARE NELLA PAROLA DI DIO/Come lasciarsi interpellare dalla Scrittura”. Edizioni San Paolo. L’autore è W. Brueggemann. L’opera di Brueggemann è perfettamente protestante.
b) 2007. “ALLA SCOPERTA DELLA BIBBIA”, autore M. Beaumont. Edizioni Paoline. Si tratta sì di una guida alla fede, ma a quella smaccatamente protestante.
c) 2007. “LA BIBBIA/UN PERCORSO DI LIBERAZIONE”, Edizioni Paoline. vol. 1° «Le tradizioni storiche», autori A. Sacchi e S. Rocchi. vol. 3°, «La novità del Vangelo», autore A. Sacchi.- Sono due testi di liberazione… dalla fede cattolica per aderire a quella protestante, e peggio ancora: «Gesù – scrive don Alessandro Sacchi nel 3° volume, p. 155 – non è un essere divino, ma un uomo dotato di una missione speciale in favore di Israele e di tutta l’umanità».
d) R. Aguirre C. Bernabé C. Gil, “Cosa sappiamo di GESÙ DI NAZARET?”, Edizioni San Paolo. Storicamente (secondo questi autori) di Gesù di Nazaret sappiamo solo, o quasi, che non fu un impostore.
Come si vede, è un tradimento del carisma di don Alberione il quale prescrisse per i suoi discepoli impegnati nel campo delle edizioni una precisa strategia: «L’apostolato delle edizioni consiste nell’opporre stampa a stampa, pellicola a pellicola, televisione a televisione. Il che significa opporre la verità all’errore, il bene al male, Gesù Cristo a Satana». Chiaro, no? [SM=g1740721]

Per le vostre domande a UN TEOLOGO RISPONDE mandate una mail all’indirizzo: orma78@virgilio.it



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)