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[SM=g1740733] Quali sono queste "correnti di pensiero" che non coincidono con l'autentica promozione della donna?

Riportiamo i passi direttamente dal Documento citato:

- " Una prima tendenza sottolinea fortemente la condizione di subordinazione della donna, allo scopo di suscitare un atteggiamento di contestazione. La donna, per essere se stessa, si costituisce quale antagonista dell'uomo. Agli abusi di potere, essa risponde con una strategia di ricerca del potere. Questo processo porta ad una rivalità tra i sessi, in cui l'identità ed il ruolo dell'uno sono assunti a svantaggio dell'altro, con la conseguenza di introdurre nell'antropologia una confusione deleteria che ha il suo risvolto più immediato e nefasto nella struttura della famiglia.

- Una seconda tendenza emerge sulla scia della prima. Per evitare ogni supremazia dell'uno o dell'altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale. In questo livellamento, la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al massimo e ritenuta primaria. L'oscurarsi della differenza o dualità dei sessi produce conseguenze enormi a diversi livelli. Questa antropologia, che intendeva favorire prospettive egualitarie per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico, di fatto ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale, e cioè composta di padre e di madre, l'equiparazione dell'omosessualità all'eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa".

Appare evidente che la crisi d'identità della donna e del suo ruolo, contribuisce inevitabilmente anche all'espandersi dell'omosessualità, alla crisi d'identità dell'uomo, ripercuotendosi inevitabilmente sulla Famiglia e sulla società.

La chiave di comprensione per affrontare e tentare di risolvere il problema non può non tenere conto del fatto che i ruoli dell'Uomo e della Donna non sono assolutamente concorrenziali o competitivi, ma di collaborazione e completamento delle risorse intellettive ed affettive. La radice di questi problemi va ricercata in quel malsano tentativo della persona umana di "liberarsi" dai propri "condizionamenti biologici" , spiega infatti l'allora cardinale Ratzinger: "Secondo questa prospettiva antropologica la natura umana non avrebbe in se stessa caratteristiche che si imporrebbero in maniera assoluta: ogni persona potrebbe o dovrebbe modellarsi a suo piacimento, dal momento che sarebbe libera da ogni predeterminazione legata alla sua costituzione essenziale. Questa prospettiva ha molteplici conseguenze. Anzitutto si rafforza l'idea che la liberazione della donna comporti una critica alle Sacre Scritture che trasmetterebbero una concezione patriarcale di Dio, alimentata da una cultura essenzialmente maschilista. In secondo luogo tale tendenza considererebbe privo di importanza e ininfluente il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto la natura umana nella sua forma maschile".

 

La citazione che segue è un po lunga, ma vale la pena di leggerla meditando rigo per rigo:

"Il secondo racconto della creazione (Gn 2,4-25) conferma in modo inequivocabile l'importanza della differenza sessuale. Una volta plasmato da Dio e collocato nel giardino di cui riceve la gestione, colui che è designato, ancora con termine generico, come Adam, fa esperienza di una solitudine che la presenza degli animali non riesce a colmare. Gli occorre un aiuto che gli sia corrispondente. Il termine designa qui non un ruolo subalterno, ma un aiuto vitale. Lo scopo è infatti di permettere che la vita di Adam non si inabissi in un confronto sterile e, alla fine, mortale solamente con se stesso. È necessario che entri in relazione con un altro essere che sia al suo livello. Soltanto la donna, creata dalla stessa «carne» ed avvolta dallo stesso mistero, dà alla vita dell'uomo un avvenire. Ciò si verifica a livello ontologico, nel senso che la creazione della donna da parte di Dio caratterizza l'umanità come realtà relazionale. In questo incontro emerge anche la parola che dischiude per la prima volta la bocca dell'uomo in una espressione di meraviglia: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Gn 2,23). La donna  è un altro “io” nella comune umanità. Sin dall'inizio essi [uomo e donna] appaiono come “unità dei due”, e ciò significa il superamento dell'originaria solitudine, nella quale l'uomo non trova “un aiuto che gli sia simile” (Gn 2,20). Si tratta qui solo dell'“aiuto” nell'azione, nel “soggiogare la terra”? (cfr Gn 1,28). Certamente si tratta della compagna della vita, con la quale, come con una moglie, l'uomo può unirsi divenendo con lei “una sola carne” e abbandonando per questo “suo padre e sua madre” (cfr Gn 2,24).

La differenza vitale è orientata alla comunione ed è vissuta in un modo pacifico espresso dal tema della nudità: Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna» (Gn 2,25). In tal modo, il corpo umano, contrassegnato dal sigillo della mascolinità o della femminilità, «racchiude fin “dal principio” l'attributo “sponsale”, cioè la capacità di esprimere l'amore: quell'amore appunto nel quale l'uomo-persona diventa dono e — mediante questo dono — attua il senso stesso del suo essere ed esistere. E, sempre commentando questi versetti della Genesi, il Santo Padre Giovanni Paolo II continua: «In questa sua particolarità, il corpo è l'espressione dello spirito ed è chiamato, nel mistero stesso della creazione, ad esistere nella comunione delle persone, “ad immagine di Dio”». Nella stessa prospettiva sponsale si comprende in che senso l'antico racconto della Genesi lasci intendere come la donna, nel suo essere più profondo e originario, esista «per l'altro» (cfr 1Cor 11,9): è un'affermazione che, ben lungi dall'evocare alienazione, esprime un aspetto fondamentale della somiglianza con la Santa Trinità le cui Persone, con l'avvento del Cristo, rivelano di essere in comunione di amore, le une per le altre. «Nell'“unità dei due”, l'uomo e la donna sono chiamati sin dall'inizio non solo ad esistere “uno accanto all'altra” oppure “insieme”, ma sono anche chiamati ad esistere reciprocamente l'uno per l'altro... Il testo di Genesi 2,18-25 indica che il matrimonio è la prima e, in un certo senso, la fondamentale dimensione di questa chiamata. Però non è l'unica. Tutta la storia dell'uomo sulla terra si realizza nell'ambito di questa chiamata. In base al principio del reciproco essere “per” l'altro, nella “comunione” interpersonale, si sviluppa in questa storia l'integrazione nell'umanità stessa, voluta da Dio, di ciò che è “maschile” e di ciò che è “femminile”.

Nella visione pacifica che conclude il secondo racconto di creazione riecheggia quel «molto buono» che chiudeva, nel primo racconto, la creazione della prima coppia umana. Qui sta il cuore del disegno originario di Dio e della verità più profonda dell'uomo e della donna, così come Dio li ha voluti e creati. Per quanto sconvolte e oscurate dal peccato, queste disposizioni originarie del Creatore non potranno mai essere annullate".

(Lettera ai Vescovi sulla collaborazione fra l'uomo e la donna nella Chiesa e nel mondo - 31.5.2004 - card. J. Ratzinger Congregazione per la Dottrina della Fede)

 

In questa chiarissima distinzione dei ruoli, con due sole battute rispondiamo anche alle pretese di chi vorrebbe vedere le donne, uguali all'uomo, intraprendere per esempio la via al sacerdozio, rispondeva così Giovanni Paolo II: " Benché la dottrina circa l'ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa".

(Ordinatio Sacerdotalis 19 maggio 1994)

E' possibile parlare del ruolo della donna e dell'uomo senza infilarci sempre la Bibbia? In teoria si, ma nella pratica e nelle risposte necessarie a specificare l'autentica identità del maschio e della femmina, no! è ovvio che no! Esiste la verità su questa identità e, il fatto che si discute su questa verità, chi ne discute non può al tempo stesso farne a meno, gli verrebbe a mancare la verità stessa. Se si escludesse questa verità, la si andrebbe a sostituire con il relativismo, le proprie opinioni, filosofie moderniste assunte a piccole verità intercambiabili a seconda delle mode: ieri era così, oggi è cambiato così, domani si cambierà ancora, ma questa non è la verità!

L'identità e il ruolo della Donna nel mondo è la realizzazione del proprio essere in funzione per ciò che è stata creata, così è per l'uomo, le identità non sono affatto "uguali" ma non sono neppure competitivi fra loro, piuttosto sono complementari, hanno bisogno l'una dell'altro: "Adam, fa esperienza di una solitudine che la presenza degli animali non riesce a colmare. Gli occorre un aiuto che gli sia corrispondente. Il termine designa qui non un ruolo subalterno, ma un aiuto vitale ".

Scrive ancora Ratzinger nella Lettera sopra citata: " Il Libro della Genesi attesta il peccato che è il male del «principio» dell'uomo, le sue conseguenze che sin da allora gravano su tutto il genere umano, ed insieme contiene il primo annuncio della vittoria sul male, sul peccato. Lo provano le parole che leggiamo in Genesi 3, 15 solitamente dette «Protovangelo»: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». E' significativo che l'annuncio del Redentore, del Salvatore del mondo, contenuto in queste parole, riguardi «la donna».

Questa è nominata al primo posto nel Proto-vangelo come progenitrice di Colui che sarà il redentore dell'uomo. E, se la redenzione deve compiersi mediante la lotta contro il male, per mezzo dell'«inimicizia» tra la stirpe della donna e la stirpe di colui che, come «padre della menzogna» (Gv 8, 44), è il primo autore del peccato nella storia dell'uomo, questa sarà anche l'inimicizia tra lui e la donna. In queste parole si schiude la prospettiva di tutta la Rivelazione, prima come preparazione al Vangelo e poi come Vangelo stesso. In questa prospettiva si congiungono sotto il nome della donna le due figure femminili: Eva e Maria. Le parole del Protovangelo, rilette alla luce del Nuovo Testamento, esprimono adeguatamente la missione della donna nella lotta salvifica del Redentore contro l'autore del male nella storia dell'uomo..."

L'uomo - sia il maschio che la femmina - è l'unico essere nel mondo che Dio abbia voluto per se stesso: è una persona, è un soggetto che, senza dubbio,  decide di sé, ma per decidere in bene e per essere veramente utile alla società umana, ha bisogno di scoprire o riscoprire la sua identità, perché è stato creato, perché questa distinzione "maschio e femmina", quale utilità, e così via. L'uomo infatti non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé, con tutto ciò che questo comporta. E' stato già detto che questa descrizione, anzi, in un certo senso, questa definizione della persona corrisponde alla fondamentale verità biblica circa la creazione dell'uomo - uomo e donna - a immagine e somiglianza di Dio. Questa non è un'interpretazione puramente teorica, o una definizione astratta, ideologica, filosofica, poetica, intercambiabile a seconda delle mode dei tempi, poiché essa indica in modo essenziale il senso dell'essere uomo, mettendo in rilievo il valore del dono di sé, della persona, nella distinzione indiscutibile dell'essere maschio e femmina, entrambi con due ruoli ben definiti e diversi fra loro, ma complementari e per lo sviluppo della società umana.

"L'utero è mio e lo gestisco io" di infelice memoria, nel cuore della protesta femminista degli anni '60, non ha fatto altro che offuscare il ruolo della donna facendola precipitare in una pietosa solitudine sfociata in una ribellione contro l'uomo, e la prima vittima di questa assurda ed incomprensibile rivendicazione è stata proprio la Famiglia, e poi la vita umana, i figli concepiti che vengono uccisi (per legge) per rivendicare una libertà che è diventata una autentica schiavitù del nostro tempo, vittima di se stessa anche la società che ha permesso la deriva dell'irragionevolezza, dell'irrazionalità sull'identità dell'essere maschio e dell'essere femmina.

Scrive Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem: "Il reciproco dono della persona nel matrimonio si apre verso il dono di una nuova vita, di un nuovo uomo, che è anche persona a somiglianza dei suoi genitori. La maternità implica sin dall'inizio una speciale apertura verso la nuova persona: e proprio questa è la «parte» della donna. In tale apertura, nel concepire e nel dare alla luce il figlio, la donna «si ritrova mediante un dono sincero di sé». Il dono dell'interiore disponibilità nell'accettare e nel mettere al mondo il figlio è collegato all'unione matrimoniale, che - come è stato detto - dovrebbe costituire un momento particolare del reciproco dono di sé da parte e della donna e dell'uomo. Il concepimento e la nascita del nuovo uomo, secondo la Bibbia, sono accompagnati dalle seguenti parole della donna-genitrice: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gen 4, 1). L'esclamazione di Eva, «madre di tutti i viventi», si ripete ogni volta che viene al mondo un nuovo uomo ed esprime la gioia e la consapevolezza della donna di partecipare al grande mistero dell'eterno generare. Gli sposi partecipano della potenza creatrice di Dio!(..) L'analisi scientifica conferma pienamente come la stessa costituzione fisica della donna e il suo organismo contengano in sé la disposizione naturale alla maternità, al concepimento, alla gravidanza e al parto del bambino, in conseguenza dell'unione matrimoniale con l'uomo. Al tempo stesso, tutto ciò corrisponde anche alla struttura psico-fisica della donna. Quanto i diversi rami della scienza dicono su questo argomento è importante ed utile, purché non si limitino ad un'interpretazione esclusivamente bio-fisiologica della donna e della maternità. Una simile immagine «ridotta» andrebbe di pari passo con la concezione materialistica dell'uomo e del mondo. In tal caso, andrebbe purtroppo smarrito ciò che è veramente essenziale: la maternità, come fatto e fenomeno umano, si spiega pienamente in base alla verità sulla persona. La maternità è legata con la struttura personale dell'essere donna e con la dimensione personale del dono: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gen 4, 1). Il Creatore fa ai genitori il dono del figlio.

(..) Alla luce del «principio» la madre accetta ed ama il figlio che porta in grembo come una persona. Questo modo unico di contatto col nuovo uomo che si sta formando crea, a sua volta, un atteggiamento verso l'uomo - non solo verso il proprio figlio, ma verso l'uomo in genere -, tale da caratterizzare profondamente tutta la personalità della donna. Si ritiene comunemente che la donna più dell'uomo sia capace di attenzione verso la persona concreta e che la maternità sviluppi ancora di più questa disposizione. L'uomo - sia pure con tutta la sua partecipazione all'essere genitore - si trova sempre «all'esterno» del processo della gravidanza e della nascita del bambino, e deve per tanti aspetti imparare dalla madre la sua propria «paternità». Questo - si può dire - fa parte del normale dinamismo umano dell'essere genitori, anche quando si tratta delle tappe successive alla nascita del bambino, specialmente nel primo periodo. L'educazione del figlio, globalmente intesa, dovrebbe contenere in sé il duplice contributo dei genitori: il contributo materno e paterno. Tuttavia, quello materno è decisivo per le basi di una nuova personalità umana."

 

Lo stesso principio appena letto deve essere fatto quando parliamo del ruolo della Donna nella Chiesa e fare attenzione a non limitarlo ad una interpretazione esclusivamente "mistica", tipicamente devozionista, da santino stampato...

"Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’Amore" significa al tempo stesso mettersi a servizio dell'uomo e della stessa società.

Dal settembre 2010 al febbraio 2011 il santo Padre Benedetto XVI ha fatto una serie di Catechesi dedicate alle Donne nel Medioevo, Donne che hanno fatto grande la Chiesa e che hanno avuto un ruolo a volte anche determinante, nella società del proprio tempo. Certo, il Papa parla di Donne impegnate nella Chiesa, diventate Sante, Donne di preghiera e consacrate, ma non è da sottovalutare la loro biografia nel sociale. Nel presentare la figura di santa Ildegarda, che presto sarà riconosciuta Dottore della Chiesa, ebbe a dire: "su questa grande donna “profetessa”, che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che oggi viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita anche in quel tempo dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo (...) Con l’autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita Ildegarda si mise in viaggio, nonostante l’età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l’ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo: la consideravano una messaggera mandata da Dio. Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, Ildegarda contrastò il movimento dei cátari tedeschi.  Già da questi brevi cenni vediamo come anche la teologia possa ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità", queste Donne "parlano anche a noi oggi".





[SM=g1740771] continua.....
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)