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Jean Delumeau, Il cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, Mursia, Milano, 1976, pp. 33-36

Alla fine del XVI secolo, e nel XVII, la Chiesa cattolica conobbe una profonda trasformazione che fu preparata da un lavoro di ricerca durato per un periodo assai lungo, dalla santità di molti suoi membri, e da dolorose esperienze
paragonabili a brancolamenti nel buio. Oggi nessuno storico penserebbe di datare gli inizi di questo rinnovamento al Concilio di Trento. La verità è che le due riforme, che si credettero e si vollero nemiche, e di cui solo ora noi scorgiamo gli aspetti comuni, trassero la propria linfa da un passato comune a entrambe, un passato fatto certamente di miserie e di «abusi» di ogni specie, ma anche di molti sforzi tesi a rinnovare la pietà, e a renderla più personale, a livello delle élites, e più viva, a livello della massa del popolo fedele. Il rinnovamento e la nuova giovinezza della Chiesa cattolica e l'evoluzione della sua spiritualità si sono determinati in due tempi: quello della Preriforma, e quello che iniziò con il Concilio di Trento; il tempo degli sforzi non organizzati, dispersi, e quello in cui l'autorità riprese in mano le redini della situazione, cosa che non avrebbe potuto produrre tali e tanti frutti se non fosse stata preceduta da tutto il lavoro degli anni precedenti il 1540, lavoro oscuro, e non di rado, almeno all'apparenza, deludente, privo di successo. È altrettanto vera l'impostazione che parta da un punto di vista rovesciato. In una Chiesa centralizzata quanto la Chiesa cattolica, il rinnovamento non avrebbe potuto imporsi a tutto il popolo dei fedeli per la sola virtù di iniziative espresse dalla base, nella misura in cui fosse venuta a mancare la volontà della gerarchia (papato e corpo episcopale).


Proprio quando gli « abusi» si facevano ogni giorno più gravi e numerosi (cumulo dei benefici, commende, crescente laicizzazione e vita sempre più mondana dell'alto clero, mancata residenza dei pastori e loro ignoranza) nasceva la Devotio Moderna che fu definita e diffusa, alla fine del XIV secolo, da Ruysbroeck il «mirabile », da Geert Groot, e dai Fratelli della Vita Comune. La Devotio Moderna non poneva l'accento sulla liturgia, e neppure sulla vita monastica, ma sulla meditazione personale, meditazione ben strutturata e condotta metodicamente (così da evitare di cadere nella rischiosa insidia del sentirsi «illuminati») e centrata sul Cristo. Benché ciascuno in modo diverso, tanto Lutero quanto Bérulle, Erasmo e sant'Ignazio sono eredi della Devotio Moderna. E vero che questa costituiva un nutrimento spirituale per anime di élite, tuttavia mai si era predicato per il popolo tanto quanto nel XV secolo. Quando Lutero, Calvino e i padri del Concilio di Trento insistettero perché la parola di Dio venisse annunziata e spiegata ai fedeli, essi si collocarono sulla stessa linea, nello stesso solco, dei grandi predicatori della Preriforma: Jan Hus, Bernardino da Siena, Savonarola, ecc.

Proprio quando la Cristianità stava perdendo la speranza di una purificazione profonda e vasta della Chiesa, negli ordini religiosi si produssero numerose riforme parziali, con ritorno a una disciplina più rigorosa: i Domenicani conobbero la creazione della cosiddetta Congregazione d'Olanda; tra i Camaldolesi la riforma si ebbe grazie a Paolo Giustiniani, che attribuiva la massima importanza all'esperienza e all'osservanza della solitudine assoluta; tra i Francescani, la secessione di un eroe della povertà e della devozione, Matteo da Bascio (1526), dava luogo alla nascita di una nuova famiglia religiosa, quella dei Cappuccini. In compenso, c'era un ordine che non aveva mai tralignato: i Certosini. Cartusia numquam reformata quia numquam deformata. Uno dei libri di pietà più letti, nel corso del XV secolo e all'inizio del XVI, fu la Vita Christi, di Ludolfo il Certosino, che il cavaliere Iñigo di Loyola ebbe nella sua biblioteca.

La vocazione del fondatore dei Gesuiti è fiorita in un paese di stupefacente vitalità religiosa, in cui i re vigilavano perché i vescovi facessero residenza nelle proprie diocesi; un paese che, grazie al cardinale Cisneros († 1517), aveva portato a termine una sua propria riforma quando ancora il nome di Lutero era sconosciuto
. All'università di Alcalá, creata da Cisneros, dominava la cultura umanistica, e Salamanca aveva fama di «piccola Roma ». La robustezza e il valore della teologia spagnola si affermeranno ben presto, nel corso del Concilio di Trento. Contrariamente al cardinale Cisneros, il legato papale in Francia, cardinale d'Amboise, e il cardinale Wolsey, legato in Inghilterra, non trassero profitto dalla propria autorità per attuare una riforma della Chiesa nei rispettivi paesi. Vari concordati, quali quello inglese del 1418 e quello francese del 1516, che era stato preceduto dalla Prammatica Sanzione del 1438, erano ostacoli ad una seria riforma della vita religiosa. Nelle mani dei sovrani, i benefici maggiori diventavano la migliore ricompensa per servigi di ordine e natura politica; si deve ritenere, a questo punto, che la pietà fosse in abbandono in questi due paesi? A dire il vero, sia in Francia che in Inghilterra, nel periodo che chiamiamo della Preriforma, furono costruite o abbellite molte chiese.
Numerose prove indicano d'altra parte che il popolo inglese era rimasto assai attaccato alla propria Chiesa, e la Francia, dove il clero era in aumento dalla fine della guerra dei Cento anni (nella diocesi di Sées quadruplicò tra il 1445 e il 1514), cercava, dal canto suo, la strada per un rinnovamento religioso. La prova che la volontà di riforma era viva nel paese è data dal Concilio di Sens (1485), e dai sinodi diocesani che lo seguirono, a Chartres, Langres, Nantes e Troyes, dalla azione di un severo riformatore come Standonck, e dallo zelo apostolico di vescovi come Poncher a Parigi, François d'Estaing a Rodez, Briçonnet a Meaux.


Anche la Chiesa tedesca, nel secolo che precedette la rivolta di Lutero, ebbe vescovi «rigeneratori» che cercarono di realizzare nelle proprie diocesi la riforma in capite et in membris: Heinrich di Hewen e Burchard von Randegg a Costanza, Matthias Ramung a Spira, Friedrich von Zollern ad Augusta, ecc. Recenti ricerche hanno molto mutato il quadro tradizionale delle condizioni della Chiesa e della vita religiosa tedesca agli inizi del secolo XVI. Scrive H. Jedin:
Non c'è dubbio che nella Chiesa tedesca si fecero riforme più che in ogni altra Chiesa. Se gli eventi presero la piega che conosciamo, non è perché il ministero pastorale fosse poi trascurato, il clero meno pio o morale, il popolo più ignorante o meno religioso che in altri paesi; al contrario, la borghesia cittadina, il laicato, la classe degli intellettuali, il cui peso cresceva, esigevano dal loro clero più che non altrove, avvertivano in modo più vivo la distanza tra l'ideale e la realtà, e soprattutto erano decisi a correggere in modo radicale ogni abuso, vero o presunto ...

L'Italia del Rinascimento, per certi aspetti così pagana, conobbe tuttavia i primi sintomi di una trasformazione religiosa in anni in cui Lutero non aveva ancora fatto parlare di sé
, e in cui, in ogni caso, concilio e papa non avevano ancora ripreso in mano le redini della Chiesa. La recente storiografia ha strappato all'oblio in cui giacevano i nomi di un uomo e di una confraternita che contribuirono a creare questo nuovo clima religioso. L'uomo è Battista da Crema († 1534), «il padre pieno di lume», un domenicano che predicava la riforma individuale, assicurava che la Grazia non manca mai all'uomo, ma è l'uomo che non risponde a Dio (è l'inizio del molinismo), e fu un suscitatore di vocazioni. La confraternita è l'Oratorio del divino amore, creato a Genova nel 1497 da un devoto genovese e trasferito a Roma verso il 1514. Questa iniziativa laicale ricorda quella che diede origine ai Fratelli della Vita Comune. Si metteva l'accento sulla preghiera, sulla santificazione personale e sul servizio al prossimo. Tra i membri della confraternita furono Gaetano da Thiene, Giampietro Carafa (il futuro Paolo IV), l'umanista Sadoleto, G. M. Giberti, che sarà il riformatore della diocesi di Verona. Da essa uscirono i Teatini, la prima congregazione di chierici regolari della storia (1524).


La creazione dei Teatini, che rispondeva a un bisogno dei tempi, fu seguita ben presto da quella dei Barnabiti, dei Somaschi, e dei Gesuiti, tutte precedenti la convocazione del Concilio di Trento. Questi «preti riformati », vivendo in mezzo al popolo cristiano, intendevano dare l'esempio della virtù sacerdotale, insegnare il catechismo, occuparsi degli orfani, ridare al culto decoro e solennità, portare i fedeli alla pratica sacramentale. Contemporaneamente a queste congregazioni di preti regolari, sorgeva a Brescia, grazie ad Angela Merici, l'istituto delle Orsoline (1535), che non aveva clausura, come più tardi quello delle Serve dei Poveri di Vincenzo de' Paoli, e aveva per scopo l'educazione delle ragazze. Quanto poi ai vescovi italiani della prima metà del secolo XVI, la lista di coloro che non trascuravano i doveri del proprio stato, e consentirono al Concilio di Trento di giungere a buon porto, è tutto sommato abbastanza nutrita, Uno, sopra gli altri, è degno di attenzione: G. M. Giberti († 1543), ex «datario» di Clemente VII, e vescovo di Verona. Egli faceva vita da monaco, visitò senza sosta la propria diocesi, restaurò la dignità del culto, sorvegliò sulla predicazione, sospese i preti incapaci, mise in carcere i sacerdoti indegni, e riformò i monasteri. San Carlo Borromeo, a Milano, non avrà altro modello che questo «rude asceta».


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)