DIFENDERE LA VERA FEDE

Benedetto XVI istituisce la nuova «Pontificia Academia Latinitatis» per il ritorno del latino

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    Caterina63
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    00 31/08/2012 11:57
    [SM=g1740733] e dopo la Lettera ai Vescovi sulla significativa traduzione del PRO MULTIS.... ecco che sta per arrivaer:

    Lunga vita al latino, una lingua per il futuro. Nasce un'Accademia Pontificia per rilanciare l’idioma di Cicerone (Tornielli)


    Lunga vita al latino

    Una lingua per il futuro


    Nasce un'accademia pontificia per rilanciare l’idioma di Cicerone


    ANDREA TORNIELLI


    CITTÀ DEL VATICANO


    «Foveatur lingua latina».

    Papa Ratzinger vuole far crescere la conoscenza della lingua di Cicerone, di Agostino e di Erasmo da Rotterdam, nell’ambito della Chiesa ma anche della società civile e della scuola e sta per pubblicare un «motu proprio» che istituisce la nuova «Pontificia Academia Latinitatis».

    Fino ad oggi Oltretevere a occuparsi di mantenere in vita l’antico idioma era stata una fondazione, «Latinitas», rimasta sotto l’egida della Segreteria di Stato e ora destinata a scomparire: oltre a pubblicare l’omonima rivista e a organizzare il concorso internazionale «Certamen Vaticanum» di poesia e prosa latina, negli anni si è occupata di tradurre in latino parole moderne.

    L’imminente istituzione della nuova accademia pontificia che si affianca alle undici già esistenti – tra le quali ci sono le più note dedicate alle scienze e alla vita – è confermata in una lettera che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, ha inviato a don Romano Nicolini, un sacerdote riminese grande propugnatore del ritorno dell’ora di latino nella scuola media inferiore. Ravasi ha ricordato che l’iniziativa dell’Accademia è «voluta dal Santo Padre» ed è promossa dal dicastero vaticano della cultura: vi faranno parte «eminenti studiosi di varie nazionalità, con finalità di promuovere l’uso e la conoscenza della lingua latina sia in ambito ecclesiale sia in ambito civile e quindi scolastico». Un modo per rispondere conclude il cardinale nella lettera - «a numerose sollecitazioni che ci giungono da diverse parti del mondo».

    Sono passati cinquant’anni da quando Giovanni XXIII, ormai alla vigilia del Concilio, promulgò la costituzione apostolica «Veterum sapientia» per definire il latino come lingua immutabile della Chiesa e ribadirne l’importanza, chiedendo alle scuole e alle università cattoliche di ripristinarlo nel caso fosse stato abbandonato o ridotto. Il Vaticano II stabilirà di mantenere il latino in alcune parti della messa, ma la riforma liturgica post-conciliare ne avrebbe abolito ogni traccia nell’uso comune.

    Così, mentre mezzo secolo fa prelati di ogni parte del mondo riuscivano a capirsi parlando l’idioma di Cesare e i fedeli mantenevano un contatto settimanale con esso, oggi nella Chiesa il latino non gode di buona salute. E sono altri ambiti, laici, interessati a promuoverla.
    Oltretevere continuano munque a lavorare studiosi che propongono neologismi per tradurre le encicliche papali e i documenti ufficiali.

    Un lavoro non facile è stato quello di tradurre in latino l’ultima enciclica di Benedetto XVI, «Caritas in veritate» (luglio 2009), dedicata alle emergenze sociali e alla crisi economico finanziaria. Alcune scelte dei latinisti della Santa Sede sono state criticate da «La Civiltà Cattolica», l’autorevole rivista dei gesuiti, che ha ritenuto discutibile la scelta dei termini «delocalizatio», «anticonceptio» e «sterilizatio», approvando invece le scelte di «plenior libertas» per liberalizzazione, e di «fanaticus furor» per fanatismo. Tra le curiosità, l’espressione «fontes alterius generis» per tradurre le fonti alternative e «fontes energiae qui non renovantur» per le rinnovabili.

    L’iniziativa del Papa di istituire una nuova Pontificia Accademia è un segnale significativo, di rinnovata attenzione. «Il latino educa ad avere stima delle cose belle», spiega don Nicolini, che ha diffuso nelle scuole medie diecimila copie di un opuscolo gratuito introduttivo alla lingua latina.


    [SM=g1740771]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 10/11/2012 23:12
    CITTA' DEL VATICANO - Latino lingua viva, almeno in Vaticano. Papa Ratzinger con un Motu Proprio firmato oggi, ha istituito la Pontificia Accademia di Latinità per garantire ai futuri sacerdoti lo studio della lingua ufficiale del Vaticano.

    L'istituzione di questa nuova accademia, voluta dal pontefice per formare i futuri preti, di fatto abolisce la Fondazione Latinitas, un organismo ideato da Paolo VI ma che ormai era ridotto a un piccolo circolo di eruditi. Lo scopo dell'Accademia è di diffondere e valorizzare la cultura latina, una lingua che è alla base di tutti i principali documenti della Santa Sede. A capo del nuovo organismo è stato posto il prossessor
    Ivano Dionigi, rettore dell’università di Bologna. All'Osservatore Romano ha spiegato che il latino lungi dall'esser una lingua morta è alla base della nostra cultura. . Il professore si interroga sul nuovo ruolo: Bisogna dunque invertire la tendenza. E ancora una volta si deve partire dall'inizio.



    gif papa
    LETTERA APOSTOLICA
    IN FORMA DI MOTU PROPRIO

    LATINA LINGUA

    DEL SOMMO PONTEFICE
    BENEDETTO XVI

    CON LA QUALE VIENE ISTITUITA
    LA PONTIFICIA ACCADEMIA DI LATINITÀ

     

    1. La lingua latina è sempre stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici, i quali ne hanno assiduamente promosso la conoscenza e la diffusione, avendone fatto la propria lingua, capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo, come già autorevolmente affermato dalla Costituzione Apostolica Veterum sapientia del mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII.

    In realtà, sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini. Tuttavia, le Comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino, lingue di comunicazione universale del mondo in cui vivevano, grazie alle quali la novità della Parola di Cristo incontrava l’eredità della cultura ellenistico-romana.

    Dopo la scomparsa dell’Impero romano d’Occidente, la Chiesa di Roma non solo continuò ad avvalersi della lingua latina, ma se ne fece in certo modo custode e promotrice, sia in ambito teologico e liturgico, sia in quello della formazione e della trasmissione del sapere.

    2. Anche ai nostri tempi, la conoscenza della lingua e della cultura latina risulta quanto mai necessaria per lo studio delle fonti a cui attingono, tra le altre, numerose discipline ecclesiastiche quali, ad esempio, la Teologia, la Liturgia, la Patristica ed il Diritto Canonico, come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II (cfr Decr. Optatam totius, 13).

    Inoltre, in tale lingua sono redatti, nella loro forma tipica, proprio per evidenziare l’indole universale della Chiesa, i libri liturgici del Rito romano, i più importanti Documenti del Magistero pontificio e gli Atti ufficiali più solenni dei Romani Pontefici.

    3. Nella cultura contemporanea si nota tuttavia, nel contesto di un generalizzato affievolimento degli studi umanistici, il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina, riscontrabile anche nell’ambito degli studi filosofici e teologici dei futuri sacerdoti. D’altro canto, proprio nel nostro mondo, nel quale tanta parte hanno la scienza e la tecnologia, si riscontra un rinnovato interesse per la cultura e la lingua latina, non solo in quei Continenti che hanno le proprie radici culturali nell’eredità greco-romana. Tale attenzione appare tanto più significativa in quanto non coinvolge solo ambienti accademici ed istituzionali, ma riguarda anche giovani e studiosi provenienti da Nazioni e tradizioni assai diverse.

    4. Appare perciò urgente sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina, tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura. Per dare rilievo e risonanza a tale sforzo, risultano quanto mai opportune l’adozione di metodi didattici adeguati alle nuove condizioni e la promozione di una rete di rapporti fra Istituzioni accademiche e fra studiosi, al fine di valorizzare il ricco e multiforme patrimonio della civiltà latina.

    Per contribuire a raggiungere tali scopi, seguendo le orme dei miei venerati Predecessori, con il presente Motu Proprio oggi istituisco la Pontificia Accademia di Latinità, dipendente dal Pontificio Consiglio della Cultura. Essa é retta da un Presidente, coadiuvato da un Segretario, da me nominati, e da un Consiglio Accademico.

    La Fondazione Latinitas, costituita dal Papa Paolo VI, con il Chirografo Romani Sermonis, del 30 giugno 1976, è estinta.

    La presente Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, con la quale approvo ad experimentum, per un quinquennio, l’unito Statuto, ordino che sia pubblicata su L’Osservatore Romano.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 10 novembre 2012, memoria di San Leone Magno, anno ottavo di Pontificato.

    BENEDICTUS PP XVI

     


     

    Statuto della Pontificia Accademia di Latinità

    Articolo 1

    E’ istituita la Pontificia Accademia di Latinità, con sede nello Stato della Città del Vaticano, per la promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura latina. L’Accademia è collegata con il Pontificio Consiglio della Cultura, dal quale dipende.

    Articolo 2

    § 1. Scopi dell’Accademia sono:

    a) favorire la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina, sia classica sia patristica, medievale ed umanistica, in particolare presso le Istituzioni formative cattoliche, nelle quali sia i seminaristi che i sacerdoti sono formati ed istruiti;

    b) promuovere nei diversi ambiti l’uso del latino, sia come lingua scritta, sia parlata.

    § 2. Per raggiungere detti fini l’Accademia si propone di:

    a) curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche;

    b) dare vita e sostenere corsi, seminari ed altre iniziative formative anche in collegamento con il Pontificio Istituto Superiore di Latinità;

    c) educare le giovani generazioni alla conoscenza del latino, anche mediante i moderni mezzi di comunicazione;

    d) organizzare attività espositive, mostre e concorsi;

    e) sviluppare altre attività ed iniziative necessarie al raggiungimento dei fini istituzionali.

    Articolo 3

    La Pontificia Accademia di Latinità si compone del Presidente, del Segretario, del Consiglio Accademico e dei Membri, detti anche Accademici.

    Articolo 4

    § 1. Il Presidente dell’Accademia è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Il Presidente può essere rinnovato per un secondo quinquennio.

    § 2. Spetta al Presidente:

    a) rappresentare legalmente l’Accademia, anche di fronte a qualsiasi autorità giudiziaria ed amministrativa, tanto canonica quanto civile;

    b) convocare e presiedere il Consiglio Accademico e l’Assemblea dei Membri;

    c) partecipare, in qualità di Membro, alle riunioni del Consiglio di Coordinamento delle Accademie pontificie e mantenere i rapporti con il Pontificio Consiglio della Cultura;

    d) sovrintendere all’attività dell’Accademia;

    e) provvedere in materia di ordinaria amministrazione, con la collaborazione del Segretario, e in materia di straordinaria amministrazione, in accordo con il Consiglio Accademico e con il Pontificio Consiglio della Cultura.

    Articolo 5

    § 1. Il Segretario è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Può essere rinnovato per un secondo quinquennio.

    § 2. Il Presidente, in caso di assenza o impedimento, delega il Segretario a sostituirlo.

    Articolo 6

    § 1. Il Consiglio Accademico è composto dal Presidente, dal Segretario e da cinque Consiglieri. I Consiglieri sono eletti dall’Assemblea degli Accademici, per un quinquennio, e possono essere rinnovati.

    § 2. Il Consiglio Accademico, che è presieduto dal Presidente dell’Accademia, delibera circa le questioni di maggiore importanza che riguardano l’Accademia. Esso approva l’ordine del giorno in vista dell’Assemblea dei Membri, da tenersi almeno una volta l’anno. Il Consiglio è convocato dal Presidente almeno una volta l’anno e, inoltre, ogni volta che lo richiedano almeno tre Consiglieri.

    Articolo 7

    Il Presidente, con il parere favorevole del Consiglio, può nominare un Archivista, con funzioni di bibliotecario, ed un Tesoriere.

    Articolo 8

    § 1. L’Accademia consta di Membri Ordinari, in numero non superiore a cinquanta, detti Accademici, studiosi e cultori della lingua e della letteratura latina. Essi sono nominati dal Segretario di Stato. Raggiunto l’ottantesimo anno di età, i Membri Ordinari diventano Emeriti.

    § 2. Gli Accademici Ordinari partecipano all’Assemblea dell’Accademia convocata dal Presidente. Gli Accademici Emeriti possono partecipare all’Assemblea, senza diritto di voto.

    § 3. Oltre agli Accademici Ordinari, il Presidente dell’Accademia, sentito il Consiglio, può nominare altri Membri, detti corrispondenti.

    Articolo 9

    Il patrimonio della estinta Fondazione Latinitas e le sue attività, inclusa la redazione e pubblicazione della Rivista Latinitas, sono trasferite alla Pontificia Accademia di Latinità.

    Articolo 10

    Per quanto non previsto espressamente si fa riferimento alle norme del vigente Codice di Diritto Canonico ed alle leggi dello Stato della Città del Vaticano.

    [SM=g1740722] [SM=g1740738]






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 10/11/2012 23:14
    [SM=g1740733] e ci sembra corretto mettere anche la versione in latino.....


    BENEDICTUS PP. XVI

    LITTERAE APOSTOLICAE
    MOTU PROPRIO DATAE

    LATINA LINGUA 

    De Pontificia Academia Latinitatis condenda

     

    1. Latina Lingua permagni ab Ecclesia Catholica Romanisque Pontificibus usque est aestimata, quandoquidem ipsorum propria habita est lingua, qui eandem cognoscendam et diffundendam assidue curaverunt, cum Evangelii nuntium in universum orbem transmittere valeret, quemadmodum in Constitutione Apostolica Veterum sapientia Decessor Noster beatus Ioannes XXIII iure meritoque edixit.

    Enimvero inde a Pentecoste omnibus hominum linguis locuta et precata est Ecclesia. Attamen christianae communitates primorum saeculorum linguam Graecam Latinamque affatim usurpaverunt, cum illis locis in quibus morabantur universalia essent communicationis instrumenta, quorum ope  Christi Verbi novitas hereditati obviam ivit Romani et Hellenistici cultus.

    Romano Imperio occidentali exstincto, Romana Ecclesia non modo lingua Latina uti perrexit, verum etiam quodammodo custos eiusdem et fautrix fuit, sive in Theologiae ac Liturgiae, sive in institutionis et scientiae transmittendae provincia.

    2. Nostris quoque temporibus Latinae linguae et cultus cognitio perquam est necessaria ad fontes vestigandos ex quibus complures disciplinae ceteroqui hauriunt, exempli gratia Theologia, Liturgia, Patrologia et Ius Canonicum, quemadmodum Concilium Oecumenicum Vaticanum II docet (cfr Decretum de Institutione sacerdotali, Optatam totius, 13). In hac praeterea lingua, ut universalis Ecclesiae natura pateat, typica forma sunt scripti liturgici libri Romani Ritus, praestantiora Magisterii pontificii Documenta necnon sollemniora Romanorum Pontificum officialia Acta.

    3. In hodierno tamen cultu, humanarum litterarum extenuatis studiis, periculum adest levioris linguae Latinae cognitionis, quae in curriculis philosophicis theologicisque futurorum presbyterorum quoque animadvertitur. Sed contra, in nostro ipso orbe, in quo scientia ac technologia praecipuum obtinent locum, renovatum culturae et linguae Latinae studium invenitur, non illis in Continentibus dumtaxat quae proprias culturales radices in patrimonio Graeco et Romano habent. Id diligentius est animadvertendum eo quod non modo academiarum provincia et institutionum implicatur, sed ad iuvenes inquisitoresque etiam attinet, qui ex diversissimis Nationibus et traditionibus proveniunt.

    4. Quapropter necessitas instare videtur ut linguae Latinae altius cognoscendae eiusque congruenter utendae fulciatur cura, sive in ecclesiali sive in patentiore cultus campo. Ut hic nisus extollatur et evulgetur, consentaneum prorsus est docendi rationes adhibere aptas ad novas condiciones et provehere item necessitudines inter Academicas institutiones et inquisitores, ut copiosum ac multiforme Latini cultus patrimonium efferatur.

    Ad haec proposita assequenda, Decessorum Nostrorum semitas calcantes, hasce per Litteras Apostolicas Motu Proprio datas hodie Pontificiam Academiam Latinitatis condimus, quae Pontificio Consilio de Cultura erit obnoxia. Eam regit Praeses, quem Secretarius iuvat et ii a Nobis nominantur, dum Consilium Academicum illis auxilium fert. Opus Fundatum Latinitas, quod Pauli PP. VI chirographo Romani Sermonis die XXX mensis Iunii anno MCMLXXVI est constitutum, exstinguitur.

    Decernimus ut hae Litterae Apostolicae Motu Proprio datae, quibus ad experimentum in quinquennium adnexum Statutum comprobamus, per editionem in actis diurnis “L’Osservatore Romano” evulgentur.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die X mensis Novembris, in memoria Sancti Leonis Magni Papae, anno MMXII, Pontificatus Nostri octavo.
     

    BENEDICTUS PP XVI

     


     

    Pontificiae Academiae Latinitatis Statutum

     

    Art. I

    Pontificia Academia Latinitatis conditur, cuius sedes in Statu Civitatis Vaticanae locatur, quae linguam Latinam et cultum promoveat extollatque. Academia cum Pontificio Consilio de Cultura copulatur, cui est obnoxia.

    Art. II

    § 1. Haec sunt Academiae proposita:

    a) ut linguae litterarumque Latinarum, quae ad classicos, Christianos, mediaevales, humanisticos et recentissimos pertinent auctores, cognitionem iuvet studiumque provehat, praesertim apud catholica instituta, in quibus vel Seminarii tirones vel presbyteri instituuntur atque erudiuntur.

    b) Ut provehat diversis in provinciis Latinae linguae usum, sive scribendo sive loquendo.

    § 2. Ut haec proposita consequatur, Academia studet:

    a) scripta, conventus, studiorum congressiones, scaenica opera curare;

    b) curricula, seminaria aliaque educationis incepta procurare, etiam iunctis viribus cum Pontificio Instituto Altioris Latinitatis;

    c) hodierna quoque communicationis instrumenta in discipulis instituendis adhibere, ut sermonem Latinum perdiscant.

    d) expositiones, exhibitiones et certamina apparare;

    e) alia agere ac suscipere ad hoc Institutionis propositum assequendum.

    Art. III

    Pontificia Academia Latinitatis Praesidem, Secretarium, Consilium Academicum ac Sodales, qui Academici quoque nuncupantur, complectitur.

    Art. IV

    § 1. Academiae Praeses a Summo Pontifice in quinquennium nominatur. Praesidis mandatum in alterum quinquennium renovari potest.

    § 2. Ad Praesidem spectat:

    a) iure Academiae, etiam coram quavis iudiciali administrativaque auctoritate, sive canonica sive civili, partes agere;

    b) Consilium Academicum et Sodalium Congressionem convocare eisque praesidere;

    c) Congressionibus Coordinationis Academiarum Pontificiarum Sodalis loco interesse atque cum Pontificio Consilio de Cultura necessitudinem persequi;

    d) Academiae rebus agendis praeesse;

    e) ordinariae administrationi, Secretario opem ferente, atque extraordinariae administrationi, suffragante Consilio Academico necnon Pontificio Consilio de Cultura, consulere.

    Art. V

    § 1. In quinquennium a Summo Pontifice nominatur Secretarius, qui in alterum quinquennium confirmari potest.

    § 2. Praeses, si forte absit vel impediatur, Secretarium delegat, ut ipsius vice fungatur.

    Art. VI

    § 1. Consilium Academicum constituunt Praeses, Secretarius et quinque Consiliarii. Consiliarii autem a coetu Academicorum in quinquennium eliguntur, qui confirmari possunt.

    § 2. Consilium Academicum, cui Academiae Praeses praeficitur, de maioris ponderis quaestionibus, ad Academiam attinentibus, decernit. Ipsum Rerum agendarum ordinem comprobat, quae a Coetu Sodalium tractanda erunt, qui saltem semel in anno est convocandus. Consilium a Praeside convocatur semel in anno atque quotiescumque porro id saltem tres Consiliarii requirunt.

    Art. VII

    Praeses, suffragante Consilio, Archivarium, qui Bibliothecarii partes quoque agit, atque Thesaurarium nominare potest.

    Art. VIII

    § 1. Academiam constituunt Sodales Ordinarii, qui numerum quinquaginta non excedunt et Academici vocantur, quique studiosi sunt cultoresque linguae ac litterarum Latinarum. Ii a Secretario Status nominantur. Cum autem Sodales Ordinarii octogesimum aetatis annum complent, Emeriti fiunt.

    § 2. Academici Ordinarii Academiae Coetui, a Praeside convocato, intersunt. Academici Emeriti Coetui interesse possunt, at sine suffragio.

    § 3. Praeter Academicos Ordinarios, Academiae Praeses, Consilio audito, alios Sodales nominare potest, qui “correspondentes” nuncupantur.

    Art. IX

    Aboliti Operis Fundati Latinitas patrimonium inceptaque,compositione editioneque commentariorum Latinitas addita,

    in Pontificiam Academiam Latinitatis transferuntur.

    Art. X

    Quae hic expresse non deliberantur, Codice Iuris Canonici et Status Civitatis Vaticanae legibus temperantur.

     
    [SM=g1740738]

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 12/11/2012 17:55
    [SM=g1740766]Ricordando che Don Roberto Spataro è stato nominato dal Papa Segretario della nuova Pontificia Accademia, inseriamo questa intervista sulla nascente rubrica di latino nel quotidiano Avvenire....


    Don Roberto e la rubrica in latino
    “Purtroppo mi sono scappati degli errori...”

    La nuova iniziativa

    il martedì su “Avvenire”

    Mi consenta a…
    Don Roberto Spataro, docente di Letteratura cristiana antica alla Pontificia Università Salesiana (Roma).


    Su “Avvenire”, martedì, lei ha inaugurato “Hortensius”, una rubrica in latino.
    Lo scopo è un po’ quello di suscitare curiosità e di spingere chi ha studiato latino a rispolverarlo.


    Già col titolo ho fatto i conti con le mie ruggini: “Quid opus est gentibus Europae? Pauci sed optimi”. Potrebbe voler dire: a che serve alla gente l’Europa? A poco, ma quel poco è buono…
    La traduzione sarebbe questa: di che cosa hanno bisogno i popoli d’Europa? Di buone minoranze.


    Vabbe’, quasi. Veniamo ora allo svolgimento. Mi è parso di capire che lei auspichi una rifondazione dell’Europa su un nuovo patto, che coinvolga gli uomini (“pauci se optimi”) cui sta a cuore la composizione di libertà e verità. Ci ho preso?
    È così. Potrei fare questa considerazione: il concetto di minoranza creativa che possa dare un contributo all’Europa fu dato anni fa da Ratzinger, non ancora Papa, a colloquio con l’allora presidente del Senato Marcello Pera. Un colloquio che poi finì in un celebre libro.


    Un argomento aulico. Un pistolotto, se non s’offende (absit iniuria…). Diciamo allora una oratio turgens atque inflata, meglio così?
    ...sì…sì…be’, nell’impostare la rubrica abbiamo pensato ad argomenti sapienziali. Si parte da considerazioni di alto respiro e ci si confronta con riflessioni elaborate nel mondo antico. La prossima volta si affronterà un caso di cronaca. Ma non mi faccia dire di più.


    Ma questa prima rubrica come è stata recepita? Lei che riscontri ha avuto?
    Certamente è stata apprezzata l’iniziativa del quotidiano “Avvenire” perché crea curiosità. E si mostra che il latino può ancora essere usato nella lingua scritta e parlata. Ho ricevuto apprezzamento da amici e colleghi. Ma devo essere sincero. Ho anche commesso degli errori.


    Errori? Quali errori?
    Di lingua.


    Refusi?
    No, no. Errori nella composizione delle frasi che mi sono dimenticato di correggere.


    E come è successo?
    Me lo sto domandando anch’io. Sulla prossima rubrica ne parlerò anche ai lettori, scusandomene.


    Ma mi faccia degli esempi.
    Ho scritto foedum anziché foedus.


    E certo, essendo neutro…
    …ma vedo che lei il latino se lo ricorda bene.


    Non esageriamo. E poi?
    Ne ho fatti altri due. Un verbo coniugato all’attivo anziché al passivo e un termine che ho concordato in un genere diverso.


    Tutti quanti dobbiamo toglierci un po’ di ruggine di dosso, accidenti.
    Eh già!


    Concludendo. Qual è lo stato del latino al giorno d’oggi? In fondo continua ad essere la lingua ufficiale della Santa Sede.
    Uno stato di salute non del tutto agonizzante. Dice bene lei che è ancora la lingua della Santa Sede, un’istituzione universale. Ma nel mondo c’è un rinnovato interesse per il latino e la cultura umanistica. Recente è la notizia della Germania (un terzo degli studenti dei licei, quest’anno, ha richiesto di studiare latino, ndr). Aggiungo la Cina, dove alcune istituzioni accademiche vogliono approfondire la Sinologia, in pratica il modo con cui noi occidentali vedevamo la Cina: ciò comporta lo studio di testi per esempio di antichi viaggiatori o studiosi, in latino. E poi cito gli Usa, dove il latino, università a parte, raccoglie interesse anche nelle scuole superiori.


    (Sergio Rizza)


    [SM=g1740758]

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    00 14/11/2012 16:25
    di Salvatore Cernuzio, tratto da ZENIT.org - La lingua latina è stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici, che l’hanno eletta a propria lingua, perché capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo.

    È quanto scrive Benedetto XVI nella Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio con il quale ha istituito, sabato, la Pontificia Accademia di Latinità. Obiettivo dell’Accademia, che dipenderà dal Pontificio Consiglio della Cultura, sarà promuovere e valorizzare la lingua e la cultura latina, in particolare presso le istituzioni formative cattoliche.

    Essa sarà costituita da un massimo di cinquanta membri ordinari, detti accademici, studiosi e cultori della materia, che verranno nominati dal segretario di Stato il prossimo mercoledì 21 novembre nell’Aula Magna del Palazzo San Pio X, in Via della Conciliazione.

    Presidente dell’Accademia sarà il prof. Ivano Dionigi, Magnifico Rettore dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. In veste di segretario, invece, è stato designato, don Roberto Spataro, S.D.B., segretario del Pontificium Istitutum Altioris Latinitatisdell’Università Pontificia Salesiana. ZENIT lo ha intervistato.

    Come ha accolto questo nuovo incarico assegnatole dal Santo Padre?
    Con grandissima riconoscenza al Papa per la fiducia concessami e con i sentimenti di un salesiano: don Bosco ci ha lasciato in eredità spirituale una devozione incondizionata ed affettuosa al Papa e al Suo magistero

    Qual è il motivo per cui il Papa ha istituito l’Accademia?
    Secondo me, ci sono un motivo contingente ed uno sostanziale. Il primo: all’interno delle istituzioni formative della Chiesa Cattolica lo studio del latino è molto scemato ed occorre invertire la tendenza. Il secondo: Benedetto XVI con il Suo altissimo Magistero ci ricorda che fede e ragione sono alleate. L’immenso patrimonio, da riscoprire o da scoprire, prodotto in lingua latina lo sta a testimoniare.

    Benedetto XVI nella sua Lettera ha dichiarato che ai nostri tempi la conoscenza della lingua e della cultura latina risulta “quanto mai necessaria”. Perché?
    Benedetto XVI ha una visione profetica della storia. Ha compreso bene che il mondo attuale sta attraversando una crisi antropologica gravissima. Per superarla, è indispensabile recuperare e diffondere la cultura umanistica, che è stata forgiata e diffusa, in buona parte, in lingua latina.

    La lingua latina coinvolge diversi ambiti: la ricerca sulla tradizione cristiana, classica e pagana, le università, i seminari, le scuole, la divulgazione ad alto livello. In che modo l’Accademia riuscirà a creare un ponte fra tutti questi?
    Credo che l’Accademia potrà adempiere questi compiti grazie ad alcune condizioni favorevoli: anzitutto, la sua azione è coordinata dal Pontificio Consiglio della Cultura, in secondo luogo gli accademici rappresenteranno un ventaglio molto ampio di istituzioni ecclesiali e laiche.

    Come si inserisce lo studio del latino nel contesto della Nuova Evangelizzazione?
    In latino sono stati espresse tantissime manifestazioni della fede e tanti documenti che regolano il contenuto della fede. Le faccio un esempio: ho conosciuto sacerdoti che proponevano ai visitatori splendide catechesi commentando un’epigrafe scritta in latino. Cè un nesso ancora più profondo: chi è educato allo studio del latino e, dunque, accede alla letteratura in lingua latina, assume una forma mentis che lo aiuta a cogliere l’armonia tra l’humanitas e il Vangelo. Un esempio: Terenzio con il suo homo sum et humani nihil a me alienum puto prepara la via alla fratellanza insegnata dal Discorso della montagna, oppure, per spostarci ai secoli dell’Umanesimo europeo, l’orazione di Pico della Mirandola sulla dignità dell’uomo, è un’esaltazione della nozione biblica di libero arbitrio.

    Sempre il Papa ha rilevato che laddove si registra una certa superficialità nella conoscenza del latino, si riscontra un rinnovato interesse. Lei cosa ne pensa?
    Da poco ho letto un messaggio da un professore di Pechino che mi ha parlato con entusiasmo del numero sempre crescente di studenti cinesi che sono affascinati da questa lingua. C’è persino una vivacissima associazione Latinitas sinica che sta operando con successo. Ieri, un professore di Latino della Catholic University of America mi ha parlato di vari progetti educativi per rispondere al crescente interesse per il Latino. In Belgio c’è una scuola dove alcune materie sono insegnate in Latino. In Germania sono oltre 800.000 gli studenti che scelgono il Latino. Perché tutto questo? Io credo che molti giovani, delusi dalle dottrine dei cattivi maestri, vogliono attingere direttamente, senza la mediazione delle traduzioni, alle sorgenti pure di un insegnamento autentico, quello della Latinitas classica, cristiana, umanistica, e riacquistare una sorta di innocenza spirituale.

    La Pontificia Accademia di Latinità, secondo lo Statuto, dovrà curare pubblicazioni, incontri, sostenere corsi e iniziative formative; oltre a organizzare attività espositive come mostre e concorsi. Come si coniuga il latino al mondo dell’arte e della formazione?
    Il latino è una lingua formativa: possiede doti di chiarezza e sobrietà che aiutano ad esprimere il pensiero con lucidità e rigore logico. E poi l’arte! La lingua latina è artistica, è bella: come non essere ammirati dalla concinnitas ciceroniana e da quella, anche se più mobile, di Livio? Come non entusiasmarsi per il periodare di Seneca che ci invita a meditare con le sue frasi parattaticamente disposte, brevi ed incalzanti? Come non sentire il brivido della bellezza di fronte allo scavo psicologico di Agostino, espresso in quel suo stile inconfondibilmente classico e moderno, ove le figure retoriche danno un vigore originalissimo al pensiero? Come non paragonare ad un’architettura possente e prestigiosa lo stile di Leone Magno? E che cosa dire della poesia latina che narra i miti in cui i grandi significati dell’esistenza umana sono tutti racchiusi in versi metricamente sonori, un canto che culla i moti dell’anima, tutti i moti, tutti i sentimenti del cuore, gioie, dolori, speranze, sogni, malinconia, ebbrezze ed amore?

    Un’ultima domanda: è veramente possibile imparare bene il latino?
    È soprattutto una questione di metodo. Da oltre quarantanni si sta diffondendo, con la triste eccezione dell’Italia, il cosiddetto metodo-natura. Dove viene applicato con serietà, i risultati parlano da soli: studenti che risultano vincitori nei certamina, giovani che leggono Tacito senza affannarsi sul vocabolario, umanisti che scrivono e parlano in latino. Vorrei ricordare a tal proposito due istituzioni che hanno adottato questa scelta: l’Academia Vivarium Novum, con sede a Roma, un’istituzione educativa che raduna studenti da tutto il mondo, e il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, presso l’Università Pontificia Salesiana, menzionato negli Statuti della neonata Pontificia Academia come l’istituzione ecclesiale privilegiata per apprendere il latino.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 15/11/2012 22:34
    [SM=g1740771] "La lingua latina è sempre stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici, i quali ne hanno assiduamente promosso la conoscenza e la diffusione, avendone fatto la propria lingua, capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo, come già autorevolmente affermato dalla Costituzione Apostolica Veterum sapientia del mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII": è l'incipit della Lettera Apostolicascritta in forma di motu proprio con la quale Papa Benedetto XVI istituisce la Pontificia Accademia di Latinità dipendente dal Pontificio Consiglio della Cultura. Pubblicata ufficialmente su "L'Osservatore Romano", la lettera è stata firmata il 10 novembre.
     
    Intervistato dal nostro giornale, Ivano Dionigi, rettore dell'università di Bologna e presidente della istituenda Accademia, ha detto:
    "Perché il latino? Perché il greco e i classici? Per tre motivi essenzialmente. Il primo è la tutela dei beni culturali. In gioco c'è un destino culturale. Secondo: il greco e il latino ci aiutano a parlare bene. Terzo, i classici ci aiutano a pensare bene, è il loro lascito più vantaggioso; sono al contempo fondamento del presente e antagonisti al presente. E non voglio insistere sul tema delle radici identitarie perché sono evidenti".
    E alla domanda sulle priorità in agenda ha risposto:
    "Due innanzitutto, la prima ripristinare l'obbligatorietà del latino nei seminari e, in secondo luogo, creare ponti a tutti i livelli: tra la ricerca che si occupa di tradizione cristiana e quella classica e pagana, tra le università, nella divulgazione ad alto livello. Dobbiamo capitalizzare al meglio questo grande patrimonio. Serviranno sempre mediatori culturali, un "piccolo gregge" capace di tramandare e tradurre, lievito per tutti gli altri".
    Nasce così un'istituzione che cercherà di portare nuova linfa alla conoscenza della lingua e della cultura latine che nei secoli - come ricordato da Manlio Simonetti in un articolo a commento - ha registrato un progressivo decadimento.

    Osservatore Romano 11 novembre 2012


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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 19/11/2012 23:20
    [SM=g1740758] - Benedetto XVI Lettera Apostolica Latina Lingua

    "La lingua latina è sempre stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici..."
    Con queste parole il Papa ha istituito la Pontificia Accademia di Latinità per preservare, proteggere, far conoscere e ri-tramandare la lingua latina nella Chiesa ma anche nell'uso culturale e storico del nostro tempo.
    it.gloria.tv/?media=361160



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    [SM=g1740722]

    [SM=g1740738]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 28/11/2012 15:35

    Quei classici più attuali di noi. A colloquio con il presidente della nuova Pontificia Accademia Latinitatis

     
    Quanta vita in una lingua tecnicamente morta come il latino, non solo in Italia: in Germania è la terza lingua straniera più studiata (dal 2000 a oggi gli studenti sono cresciuti del 30 per cento). E non solo in Europa: in Cina è attivo dal giugno scorso Latinitas Sinica, il primo centro studi nel suo genere nella Repubblica Popolare.

    Ma gli esempi non mancano. «Il latino è inaspettatamente presente -- spiega a «L'Osservatore Romano» Ivano Dionigi, rettore dell'università di Bologna e presidente della istituenda Pontificia Accademia di Latinità -- anche in ambito informatico. La parola computer viene da computare, benché ritorni nella nostra lingua come prestito dell'inglese; la stessa chiocciola @ della posta elettronica (l'at inglese) rinvia al latino ad.

    «Le signe européen c'est le latin» scriveva de Maistre: non è più così?

    Da quando ho saputo della nomina mi sto facendo molte domande, prima di tutto su come interpretare al meglio questa istituzione e inserirla nelle dinamiche del presente. Come rendere utile e necessaria una lingua morta? Sempre più spesso da qualche decennio a questa parte si tende a rimuovere la cultura classica anche in Italia. Perché il latino? Perché il greco e i classici? Per tre motivi essenzialmente, il primo è la tutela dei beni culturali. «Mai l'America, se Roma fosse sorta nel Texas, si sarebbe comportata come fa la scuola italiana» diceva Giuseppe Pontiggia parlando della trascuratezza per l'immenso patrimonio di arte, scultura, architettura, cultura in senso lato che l'Italia ha a disposizione. In gioco c'è un destino culturale ma anche una concreta convenienza economica, la possibilità di investimenti a lungo termine e opportunità di lavoro e di occupazione per i giovani. Come si fa a non capirlo? Come si fa a intendere e a tramandare questo patrimonio se non si hanno gli strumenti per farlo? Secondo: il greco e il latino ci aiutano a parlare bene, questo lo ammettono anche coloro che non stravedono per i classici, da Toqueville a Gramsci. Parlar male, scrive Platone nel Fedone, oltre a essere una cosa brutta in sé fa male anche all'anima. Nulla appare scritto a caso, o “di fretta” nei classici, e questo è particolarmente prezioso per noi che viviamo all'interno di un clima diffuso di entropia linguistica, in cui le parole vengono ridotte a vocaboli. Tutte le nostre lingue europee dal Mar Nero all'Atlantico hanno risentito del latino; tempo fa ho basato un corso sull'etimologia di duecento parole, ogni termine è un campo magnetico che illumina una porzione di storia. Tutta la nostra tradizione letteraria si è modellata sul latino; se lo buttiamo via dobbiamo buttar via anche tanto altro. Terzo, i classici ci aiutano a pensare bene, è il loro lascito più vantaggioso; sono al contempo fondamento del presente e antagonisti al presente. Non voglio insistere sul tema delle radici identitarie perché sono evidenti. Nella storia linguistica e culturale dell'Europa, il latino ha avuto ruoli diversi nel tempo -- come ha ben spiegato Françoise Vaquet -- è stata la lingua della scuola, della Chiesa, dello Stato ma grazie alla sua universalità e alla sua brevitas è stata anche la lingua della scienza. Pensiamo al lessico tecnico delle varie lingue, con i termini di derivazione greca o latina.

    Originalità è tornare alle origini, diceva Gaudí; sulla stessa linea della frase di Verdi diventata proverbiale, «torniamo all'antico e sarà un progresso». Un elogio della tradizione che arriva da due artisti al di sopra di ogni sospetto di “passatismo” nostalgico.
     
    Questa ossessione di recidere i legami col passato ci rende tutti dei marcionisti culturali, una definizione coniata da Rémi Brague, recentemente premiato dalla Fondazione Ratzinger per le sue acute diagnosi delle malattie del pensiero contemporaneo. L'eretico Marcione voleva azzerare i legami del cristianesimo con le sue radici ebraiche, e così stiamo facendo noi con l'eredità di chi ci ha preceduto. Oltre al lessico fondamentale delle varie discipline, dal diritto alla politica, dalla farmacologia alla medicina, dalla matematica all'agricoltura, c'è un lascito culturale specifico, una forma mentale, un pensiero plurale metamorfico, fatto di argomentazioni, conflitto di idee, critica e autocritica, mentre oggi tutto converge verso la linearità. Ci si stupisce di meno davanti alle culture altre e alla globalizzazione se si conosce la koinè ellenistica e la globalizzazione romana, ci si “accasa” meglio nella modernità conoscendo l'apertura e l'educazione all'inclusione romana.

    Il ciclo di incontri sui classici fondato insieme ai suoi allievi nel 2002, a Bologna, negli anni ha riscosso un successo crescente; «più i tempi sono aridi più il lavoro diventa urgente» ha detto recentemente introducendo una lezione sul mito di Prometeo.
     
    Perché la gente fa la fila e tante persone non riescono a entrare? Perché il giornale del mattino alla sera lo butti via, ma non succede lo stesso con i testi che hanno segnato la nostra storia. Classico è ciò che ancora ha da essere diceva Osip Mandelstam, è un testo scritto per noi, non solo per narcisismo o per far soldi. Quando mi chiedono «ci renda attuali i classici», rispondo sempre «loro lo sono già, siamo noi che non siamo attuali!». Parlano di un mondo radicalmente diverso dal presente, per questo sono così interessanti.

    Contemporaneamente fondamento del presente e antagonisti al presente, come ha detto prima.

    Su questo, io sto con Eliot; fortunatamente il latino e il greco sono lingue morte, così ce ne possiamo spartire l'eredità. Certo, bisogna evitare l'accecamento grammaticalistico, la coniunctivitis professoria come la chiamava Giorgio Pasquali, e anche le iniziative di tante sodalitates nostalgiche, inutili se non controproducenti. I malintesi non sono mancati, purtroppo, il fascismo ha messo le mani sui classici e li ha ridotti a pretesto, a veicolo di una retorica tossica e marziale, le celebrazioni dedicate a Virgilio e Orazio hanno provocato danni irrimediabili. «L'Italia ha perso la guerra e gli italiani non sanno il latino», commentava amaramente Guido Calogero. Ma anche il dibattito negli anni Sessanta è stato drogato dall'ideologia, la cultura classica è stata considerata uno status symbol, uno strumento di difesa del potere, mentre secondo me è l'opposto, è uno strumento di difesa “dal” potere. In Italia, nonostante tutto, abbiamo ancora i migliori licei d'Europa, non sono ancora riusciti a rovinarli. Una lingua strutturalmente temporale come il latino può essere un antidoto alla dittatura del presente, alla mancanza di prospettiva storica tipica della nostra epoca
     
    Non solo brevitas, quindi, ma anche complessità creativa, rispetto alla banalità omologante di un linguaggio esclusivamente veicolare.
     
    Come diceva Baudelaire, il verbo è l'angelo del movimento che dà spinta alla frase. Il latino, fondato sul verbo, è lingua dinamica, è lingua sub specie temporis. Noi siamo tempo: nasciamo, cambiamo, moriamo. C'è un ordo verborum che non è immediato; e anche questo aiuta a guardare più in profondità, non tutto in primo piano, come avviene per una lingua puramente strumentale. Quando si legge un brano latino tutto il filo del discorso resta sospeso proprio perché c'è un prima, un durante e un dopo proprio all'interno della stessa formulazione linguistica.

    Come è nato il centro studi «La permanenza del Classico»?

    Insieme a Massimo Cacciari; avevamo quattrocento persone ai nostri seminari e ci siamo trasferiti a teatro, e poi in altri spazi più attrezzati, trasformando la lezione accademica in incontri dove la lezione è scandita da letture di attori e ritmata da intervalli musicali. Ci tengo a citare una frase dell'amico Cacciari: «Chi abbia letto una sola tragedia greca, una sola invettiva dantesca, un verso della Ginestra, saprà ascoltare, saprà riconoscere i propri limiti e il valore altrui, ma obbedire passivamente mai». Abbiamo tra le mani un patrimonio prezioso ed esplosivo, come la tradizione greca, Virgilio o la sapienza senecana, sarebbe egoismo tenerlo solo per noi, tutti devono poterne fruire. Il latino può essere una bussola; ce ne sono altre, ma avere queste parole originarie e necessitanti nello zaino interiore aiuta, sono un viatico importante. Parole, e non vocaboli, perché il vocabolario è un ossario; le parole si ribellano se vengono trattate male, non bisogna torcergli il collo, sono come le persone. L'Europa è figlia di quella storia che ha parlato ininterrottamente latino; il padre e la madre puoi ucciderli ma li hai nel sangue.

    Come è nata, nella sua storia personale, la passione per il latino?

    Tra i miei maestri ci sono don Silvio Linfi, di Pesaro, morto da poco tempo, e monsignor Elio Sgreccia, che è stato mio professore. Nella vita, tutto dipende dagli incontri. E la divisione dei saperi e delle cosiddette due culture, umanistica e scientifica, è un falso e un anacronismo. Tutto è scientia, scientia rerum. Erano umanisti o scienziati i presocratici? Io sto con il mio Seneca, il quale alla domanda «che cos'è il bene?», rispondeva «la conoscenza delle cose» (scientia rerum); «e il male, l'ignoranza delle cose» (imperitia rerum). L'uomo è intero, e noi lo vogliamo “cittadino”, non “utile impiegato”, come diceva Nietzsche. «Credono di tirar su la verità dal pozzo -- dice in un altro passo celebre -- servendosi di agà e di catà. L'antichità stessa va in pezzi per opera dei filologi»; anche le cause più giuste si perdono se vanno in mano agli avvocati sbagliati.

    Il Vaticano II e il latino: un malinteso?

    All'epoca il cardinale Montini riprese una frase di Agostino, melius est reprehendant nos grammatici quam non intelligant populi («è meglio che i grammatici biasimino noi, piuttosto che la gente non comprenda», Enarrationes in Psalmos, 138, 20) per spiegare le scelte della Chiesa a favore delle lingue nazionali. In fondo non è una novità: il primo riconoscimento ufficiale dell'esistenza di un volgare è una delibera del concilio di Tours dell'813, che ne raccomanda l'uso nelle omelie. Al clero Giovanni XXIII avrebbe poi rivolto un accorato elogio della classicità, la Veterum sapientia, in cui insiste sull'urgenza della conoscenza di un patrimonio irrinunciabile: è la lingua in cui hanno scritto e pregato i Padri, è segno dell'universalità cattolica e per la sua stessa inalterabilità è stata la forma nella quale è stato trasmesso e fissato il contenuto della fede cristiana; in più, si potrebbe aggiungere con una certa dose di ingenuità o di malizia, rende bene il senso del mistero grazie alla sua incomprensibilità e oscurità. Ma in fondo, paradossalmente, non la Chiesa ha scelto il latino, ma il latino ha scelto la Chiesa.

    Quali sono le priorità in agenda?

    Due innanzitutto, la prima ripristinare l'obbligatorietà del latino nei seminari e, in secondo luogo, creare ponti a tutti i livelli: tra la ricerca che si occupa di tradizione cristiana e quella classica e pagana, tra le università, nella divulgazione ad alto livello. Dobbiamo capitalizzare al meglio questo grande patrimonio. Serviranno sempre mediatori culturali, un "piccolo gregge" capace di tramandare e tradurre, lievito per tutti gli altri. Lucrezio e Seneca sono sempre uguali e diversi, il classico è sempre idem et alius. C'è il Lucrezio della retorica barocca del Seicento e quello razionalista ottocentesco di Rapisardi, ogni epoca ha bisogno di traduzioni e interrogazioni nuove, ma senza solide basi linguistiche e filologiche ogni discorso sulla letteratura diventa pura chiacchiera. Del latino si può fare a meno, ma si vive peggio.
    Silvia Guidi
    _____________________________
    (© L'Osservatore Romano 11 novembre 2012) by Paparatzinger Blog



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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 08/11/2013 15:31


    PRESENTAZIONE NUOVA RIVISTA "LATINITAS"

    Città del Vaticano, 8 novembre 2013 (VIS). Questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione del primo numero della nuova serie della rivista semestrale "Latinitas", a cura della "Pontificia Academia Latinitatis", istituita da Papa Benedetto XVI nel novembre 2012.

    Alla Conferenza Stampa sono intervenuti: il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; il Professor Ivano Dionigi, Presidente della Pontificia Accademia di Latinità, Rettore dell’Università di Bologna; il Dottor Valerio Massimo Manfredi, Scrittore.

    Dopo l'epigrafe di dedica a Papa Francesco, il primo numero apre con l'articolo di Ivano Dionigi che risponde alle domande "Latino per chi? Latino perché?".

    La rivista è suddivisa in tre sezioni: quella più propriamente scientifica ("Historica et philologica"); "Humaniora", dedicata alla letteratura contemporanea in lingua latina e l'ultima "Ars docendi" che affronta i problemi della didattica delle lingue e culture classiche, spaziando dall'Antichità ai giorni nostri.

    Completa il volume un'appendice redatta in latina con "Breves de Academiae vita notitiae", un breve resoconto delle principali attività dell'Accademia, gli "Argumenta" o "abstracts" dei contributi della rivista, secondo le norme internazionali in uso nelle pubblicazioni scientifiche, e un utile "Index universus". La nuova "Latinitas" pubblicherà articoli in latino e per la prima volta, in italiano ed in altre lingue.

    per farne richiesta si contatti la Libreria Editrice Vaticana cliccando qui!




    Fraternamente CaterinaLD

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