00 31/12/2012 15:15

Circa lo zelo dei preti


 










Un prete o in paradiso o all'inferno non va mai solo: vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero e col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell'adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio.
 
(Pensiero di San Giovanni Bosco)








intervista





La meditazione trascendentale e lo yoga, in particolare lo yoga, hanno come substrato l'occultismo. Anzi, l'ultimo grado dello yoga, il più elevato, comporta - affermano gli stessi libri sacri di questa "filosofia" - un contatto con il mondo degli spiriti e la acquisizione di poteri magici. Ritiene che vi sia un legame di fondo, anche se poco apparente, tra la diffusione delle religioni orientali e l'attuale rigurgito di occultismo? 


Nel fondo è presente, senza dubbio. Diciamo che l'offerta di queste religioni orientali si muove su diversi livelli. C'è uno yoga ridotto ad una specie di ginnastica: si offre qualche elemento che può dare un aiuto per il rilassamento del corpo. Bene, se lo yoga è ridotto realmente ad una ginnastica si può anche accettare, nel caso di movimenti che hanno un senso esclusivamente fisico. Ma deve essere realmente ridotto, ripeto, a un puro esercizio di rilassamento fisico, liberato da ogni elemento ideologico. Su questo punto si deve essere molto attenti per non introdurre in una preparazione fisica una determinata visione dell'uomo, del mondo, della relazione tra uomo e Dio. Questa purificazione di un metodo in sé logico di idee incompatibili con la vita cristiana, potrebbe essere paragonata per esempio con la "demitizzazione" delle tradizioni pagane sulla creazione del mondo, realizzata nel primo capitolo della Genesi, dove il sole e la luna, le grandi divinità del mito sono ridotte a "lampade" create da Dio, lampade che riflettono la luce di Dio, e ci fanno immaginare la vera Luce, che è il Creatore della luce. E cosi, anche nel caso dello yoga e delle altre tecniche orientali, sarebbe necessaria una trasformazione e uno spostamento radicale che realmente tolgano di mezzo ogni pretesa ideologica. Nel momento in cui compaiono elementi che pretendono di guidare ad una "mistica", diventano già strumenti che conducono in una direzione sbagliata. 


Questa trasformazione, o chiarimento, c'è stato? 


Generalmente no. Può darsi comunque che alcune persone abbiano cercato di escludere gli elementi religiosi e ideologici, mantenendo queste pratiche su un piano di puro esercizio fisico. Questo non si può escludere.


Può esistere uno "yoga cristiano"? 


Nel momento in cui lo si chiama "yoga cristiano" è già ideologizzato e appare come una religione, e questo non mi piace tanto. Mentre sul piano puramente fisico, ripeto, alcuni elementi potrebbero anche sussistere. Occorre stare molto attenti riguardo al contesto ideologico, che lo rende parte di un potere quasi mistico. Il rischio è che lo yoga diventi un metodo autonomo di "redenzione", priva di un vero incontro tra Dio e la persona umana. E in quel caso, siamo già nel trascendente. E' vero che anche nella preghiera e nella meditazione cristiana la posizione del corpo ha la sua importanza, e sta a significare un atteggiamento interiore. che si esprime anche nella liturgia. Ma nello yoga i movimenti del corpo hanno una diversa implicazione di rapporto con Dio, che non è quella della liturgia cristiana. Occorre la massima prudenza perché dietro questi elementi corporali si nasconde una concezione dell'essere come tale, della relazione tra corpo e anima, tra uomo, mondo e Dio. 


Ritiene legittimo l'insegnamento della meditazione trascendentale e dello yoga nelle Chiese Cattoliche e nelle comunità religiose da parte di sacerdoti? 


Mi sembra molto pericoloso perché in questo contesto queste pratiche sono già offerte come un qualcosa, appunto, di religioso. 


E' possibile coniugare il mantra con la preghiera cristiana? 


Il mantra è una preghiera rivolta non a Dio, ma ad altre divinità che sono idoli. 


Perché questo deprezzamento di Cristo e della Chiesa? 


Questa è una questione profonda legata alla situazione attuale del mondo. Le radici di questo comportamento che oggi noi vediamo sono tante e si sono sviluppate nel corso di un'epoca, anche se solo oggi emergono in tutta la loro forza. Mi sembra che l'elemento ultimo sia quello, ancora una volta, del capitolo 3 della Genesi: la superbia dell'uomo che intende fare di sé stesso Dio e non accetta di sottomettersi a Lui. C'è dietro la volontà di prendere nelle proprie mani Dio e non di mettersi nelle sue mani. 


Urs Von Balthasar definisce la meditazione trascendentale un tradimento nei confronti della fede cristiana. E' d'accordo con questa affermazione? 


Si. Perché il Dio Trascendente, la persona che mi ha chiamato e mi ama, viene deformato in una dimensione trascendentale dell'essere. Credo che sia necessario distinguere bene tra il Dio Trascendente e la trascendentalità. Mentre il Trascendente è una Persona che mi ha creato, il trascendentale è una dimensione dell'essere e quindi implica una filosofia di identità. Il cammino della Meditazione Trascendentale, preso nelle sue intenzioni ultime, ha questa tendenza di guidare ad immergersi nella identità, e quindi è esattamente opposto alla visione cristiana, che conosce anche una unione di identità. Cristo si è identificato con noi e così ci inserisce nel suo Corpo, ma è una identificazione diversa, operata nell'amore, nella quale rimane sempre una identità personale distinta, mentre la Meditazione Trascendentale comporta l'immergersi, il lasciarsi "sciogliere" nella identità dell'essere supremo. 

Quale è, in termini spirituali, il prezzo di queste pratiche? 


La perdita della fede e la perversione della relazione uomo - Dio, e un disorientamento profondo dell'essere umano, cosicché alla fine l'uomo si sposa con la menzogna. 


Come deve realizzarsi concretamente il rispetto verso questi culti non cristiani, fermo restando anche il rispetto verso i valori imprescindibili della fede cristiano? 




Il rispetto è dovuto soprattutto alle persone. Come dice S. Agostino dobbiamo avere amore per il peccatore e non per il peccato. Dobbiamo sempre vedere nell'uomo che è caduto in questi errori una persona creata e chiamata da Dio e che ha cercato anche, in un certo senso, di arrivare alla realtà divina per trovare le risposte al suo desiderio di elevarsi. Dobbiamo inoltre rispettare gli elementi ai quali ho accennato, chiarendo molto bene, però, quelle realtà che sono distruttive e che sono opposte non solo alla fede cristiana ma anche alla verità dell'essere umano stesso.


- Come deve realizzarsi concretamente il rispetto verso questi culti non cristiani, fermo restando anche il rispetto verso i valori imprescindibili della fede cristiana?




- Il rispetto è dovuto soprattutto alle persone. Come dice S. Agostino dobbiamo avere amore per il peccatore e non per il peccato. Dobbiamo sempre vedere nell’uomo che è caduto in questi errori una persona creata e chiamata da Dio e che ha cercato anche, in un certo senso, di arrivare alla realtà divina per trovare le risposte al suo desiderio di elevarsi. Dobbiamo inoltre rispettare gli elementi ai quali ho accennato, chiarendo molto bene, però, quelle realtà che sono distruttive e che sono opposte non solo alla fede cristiana ma anche alla verità dell’essere umano stesso.


( Intervista a cura di Ignazio Artizzu tratta dalla rivista “Una voce grida...” n° 9 - marzo 1999. 30 domande a card. Ratzinger)


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Letteratura: I classici/Diario di un curato di campagna
 

L'opera di George Bernanos, pubblicata 70 anni fa, è considerata uno dei capolavori letterari del XX secolo

di Andrea Monda


Pubblicato 70 anni fa, il capolavoro di George Bernanos è da subito entrato nel novero dei classici cristiani del XX secolo e ancora oggi non ha perso né smalto né vigore, né urticante forza scandalosa. È un classico: un libro, cioè, che non smette mai di dire quello che ha da dire. Ed è un classico cristiano, perché, ha detto bene padre Castelli, «Bernanos è una tempesta di fede cattolica. Tanto che, senza di essa la sua opera cessa di esistere, riducendosi a un nonsenso, a un futile gioco»; secondo l’illustre gesuita critico letterario «l’opera di Bernanos può dirsi una parafrasi del famoso pensiero pascaliano: “Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; non bisogna dormire durante questo tempo”».

Non è quindi un caso che il protagonista di questo romanzo (immortalato con raffinata maestria da Robert Bresson nell’omonimo film del 1953), il “piccolo parroco” di Ambricourt, ad un certo punto affermi che: «La verità è che, da sempre, è nel giardino degli Ulivi ch’io mi ritrovo». È un’affermazione che avrebbero potuto fare i personaggi di tutti i romanzi di Bernanos, ma che in questo “Diario” trova il suo habitat più congeniale. «In pochi altri romanzi della letteratura moderna – ha infatti osservato acutamente lo scrittore romano Eraldo Affinati – possiamo cogliere il sentimento così distinto del male che grava come una cappa nera sull’uomo».

Sin dall’incipit si avverte tutto il peso del male, interno e esterno, fisico e metafisico, morale e spirituale, che finirà per schiantare il giovane estensore di questo testo ad un tempo struggente e sconvolgente: «La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. […] La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! La noia le divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci nulla. Qualche giorno forse saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro. Si può vivere molto a lungo con questo in corpo».

La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le parrocchie d'oggi, naturalmente. Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: "Il bene e il male debbono equilibrarsi; sennonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se lo preferite, si sovrappongono l'uno all'altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità". Il curato m'ha riso in faccia. È un buon prete, affabilissimo, molto paterno, che all'arcivescovado passa addirittura per un ingegno forte, un po' pericoloso. I suoi motti di spirito formano la gioia dei presbiteri, ed egli li sottolinea con uno sguardo che vorrebbe essere vivacissimo...


Alla fine del romanzo sarà lo stesso protagonista-narratore a scoprire il cancro dentro di sé e le ultime pagine sono dedicate alla sua agonia (termine che si attaglia perfettamente alla visione cristiana, una visione per l’appunto agonica del mondo, di Bernanos) e le sue ultime parole saranno: «Tutto è grazia». Bernanos è scrittore cattolico, cioè paradossale: attraverso quella «cappa nera» brilla luce della Grazia, anzi, come direbbe un altro autore cattolico, l’americana Flannery O’Connor, solo all’interno di quella cappa nera può brillare la luce. E la luce brilla davvero, al punto che Charles Moeller, nella sua monumentale opera su Letteratura moderna e cristianesimo, definisce Bernanos «il profeta della gioia» ed è un’intuizione forte quanto corretta. «Il contrario d’un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi» dichiara il curato di Torcy al più giovane e fragile parroco di Ambricourt (al quale aveva anche ricordato che Cristo ha inviato i cristiani nel mondo non per essere il miele, ma «il sale della terra»). Viene in mente un altro grande spirito cristiano del XX secolo, C. S. Lewis, che, dall’altra parte della Manica, scriveva: “Parlatemi della verità della religione e ascolterò con gioia. «Parlatemi del dovere della religione e ascolterò con umiltà. Ma non venite a parlarmi delle consolazioni della religione, o sospetterò che non capite».

È una gioia «virile» quella di Bernanos, una gioia «dura», che trafigge e getta scompiglio nell’esistenza dell’uomo, questo strano animale bipede che si trova a vivere una vita che non è solo quella naturale perché, osserva sempre padre Castelli: «Nella nostra vita il soprannaturale non è una realtà passeggera, ma il terreno su cui camminiamo, la norma. […] La vita spesso ci sembra assurda perché ci ostiniamo a escludere da essa Cristo e il suo Antagonista». Nella sua intensa vita e nella sua ricca opera letteraria, Bernanos ha intrapreso una lotta per Cristo contro le forze del male di cui conosce tutte le tentazioni, tutte le diramazioni, tutti gli effetti, infiniti e “capillari”. Ma del male conosce anche l’antidoto, la religione dell’amore fondata da Cristo: «L’inferno, signora, non è amare più»; è solo una belle tante memorabili battute di un memorabile romanzo, uno dei grandi romanzi della letteratura di ogni tempo.



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[Modificato da Caterina63 06/02/2019 08:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)