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Comunque, tutto ciò non è sufficiente per dare la spiegazione fondamentale della natura e dell’ampiezza della crisi nella Chiesa.
La sua caratteristica non sta tanto nel fatto che essa sia esplosa dall’interno della Chiesa (è quasi sempre avvenuto così, come documenta la storia delle eresie), sia pur facilitata dall’ambiente esterno di una società in fase di galoppante desacralizzazione.

Sta, a mio avviso, nel fatto che la crisi è esplosa dopo un Concilio, anzi in nome di un Concilio e strumentalizzando un Concilio!
Ed il tragico è che tale crisi è intervenuta proprio nel periodo in cui le provvidenziali situazioni del dialogo coi fratelli separati, con le religioni non cristiane e col mondo profano avrebbero postulato — com’era, del resto, negli intendimenti di Papa Giovanni — una Chiesa cattolica fervente, sì, di santo attivismo riformatore, ma non squassata da convulsioni febbrili; una Chiesa tutta unita da cima a fondo nella volontà di avanzare sulla via del rinnovamento interiore ed esteriore, risoluta a purificare il proprio volto nella serena e ordinata revisione delle proprie strutture, e non già ribollente di torbidi fermenti, disunita, contestata perfino nelle sue stesse fondamentali ragioni di esistere!

I nostri fratelli separati e certi ambienti del mondo profano ne sono, anch’essi, stupiti e addolorati; ma sono legione coloro che ne godono, ne cachinnano di gran gusto!

Una cosa è, purtroppo, certa: a quegli appuntamenti, difficili e non scevri di pericoli da un lato ma promettenti dall’altro, la Chiesa si presenta presa internamente da spirito di vertigine nel ceto sacerdotale e, per riflesso, nel laicato; si presenta in crisi di fede, quando più che mai le sarebbe necessaria la fede per proclamare al mondo che “il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente, del Giudeo in primo luogo e del Greco” (Rom. l, 16).
Quella unità che essa domanda ai fratelli separati sul piano della dottrina, e cerca già di realizzare sul piano della reciproca carità, le è venuta meno da parte di tanti suoi figli sul piano della reciproca carità e le è tenacemente insidiata sul piano della dottrina. Quel dialogo di stima e di comprensione che la Chiesa cattolica cerca faticosamente di intavolare con le religioni non cristiane, col mondo profano e perfino coi non credenti, proprio nel suo seno certi suoi figli non riescono ad intavolare tra loro!

Tesa com’è nello sforzo di docilità allo Spirito Santo che la chiama a far meglio risplendere sul proprio volto la luce di Cristo, la Chiesa avrebbe bisogno dell’opera concorde di tutti i suoi figli; avrebbe bisogno di un clima di serenità e ponderazione, perché non è possibile realizzare riforme veramente sagge e utili nell’astiosa divisione degli animi o, peggio, nel tumulto rivoluzionario. Ed invece, come direbbe S. Paolo, “sento che vi sono tra voi scissioni, e in parte ci credo; perché bisogna pure che vi siano tra voi delle divisioni, affinché i genuini cristiani siano tra voi manifesti” (1 Cor. 11, 18)! Nei “membri della stessa famiglia di fede” (Gal. 6, 10) manca troppo spesso la doverosa testimonianza della carità reciproca, anche quando l’unità di fede non venga messa a repentaglio.

E così, a farne le spese è la vitalità interiore della Chiesa e la sua credibilità di fronte all’ambiente esterno.



[SM=g1740758]  continua.............
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)