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[SM=g1740771] Giovedì

In questo giorno devi pensare all'incoronazione di spine, all'Ecce homo e a come il Salvatore portò la croce sulle spalle.
A meditare questi momenti tanto dolorosi ci invita la sposa nel Cantico dei Cantici con queste parole: Venite, figlie di Sion e guardate il re Salomone con la corona che gli dette sua madre nel giorno delle sue nozze, nel giorno della gioia del suo cuore (Ct 3, 11).
O anima mia, che fai? O mio cuore, a cosa pensi? O mia lingua, come ti sei ammutolita! O mio dolcissimo Salvatore, quando apro gli occhi e guardo il quadro tanto doloroso che mi si presenta, il cuore mi si spezza dal dolore. Non bastavano dunque, Signore, le percosse già subite, la morte imminente, il tanto sangue sparso? Dovevano proprio le spine trar sangue dalla testa che le percosse avevano risparmiato?
Per patire di questo momento tanto doloroso, anima mia, poniti innanzitutto davanti agli occhi l'antica immagine del Signore e la grandezza delle sue virtù e poi torna a guardare in che condizioni si trova. Guarda com'è grande la sua bellezza, sereni i suoi occhi, dolci le sue parole, guarda la sua autorità, la sua mansuetudine, la sua serenità e quel suo nobile aspetto degno di venerazione.
Dopo averlo guardato e aver goduto della vista di una così perfetta figura, volgi di nuovo gli occhi a guardarlo come ora lo vedi, coperto del dileggio di quella porpora, con la canna in mano a guisa di scettro, l'orribile diadema sul capo, gli occhi morenti e il volto già morto e tutta la figura coperta di sangue e abbruttita dalla bava che si stendeva su tutto il suo volto.

Guardalo tutto, dentro e fuori, il cuore trafitto dal dolore, il corpo coperto di piaghe, abbandonato dai suoi discepoli, perseguitato dagli ebrei, schernito dai soldati, disprezzato dai sacerdoti, respinto dall'iniquo re, accusato ingiustamente e privo di ogni aiuto umano. Non pensare a ciò come ad una cosa passata, bensì come ad una cosa attuale, non come ad una sofferenza altrui, ma come ad una tua propria. Mettiti tu al posto di chi soffre e pensa cosa proveresti se in una parte così sensibile come la testa ti ficcassero molte ed acutissime spine che ti penetrassero fino all'osso. Ma che dico? Spine? Una sola trafittura di spillo riusciresti appena a sopportarla. Che cosa avrà dunque sofferto quella delicatissima testa con questa corona di tormenti?

Terminata l'incoronazione e gli scherni del Salvatore, il giudice lo prese per mano così conciato com'era e, traendolo alla vista del popolo furioso, disse: Ecce homo (Gv 19, 5). Come se dicesse: Se volevate dargli la morte per invidia, vedetelo qui in condizioni da non suscitare invidia ma compassione. Temevate che si facesse re, vedetelo qui così sfigurato da sembrare a stento un uomo. Da queste mani legate cosa temete? Da quest'uomo distrutto cos'altro volete?
Puoi comprendere ora, anima mia, in che stato era allora il Salvatore, dal momento che il giudice credette che bastasse il suo aspetto per muovere il cuore di così duri nemici. Da ciò puoi ben capire che cattiva cosa sia che un cristiano non abbia compassione dei dolori di Cristo, dal momento che erano tali da bastare, come credette il giudice, a raddolcire cuori tanto crudeli.

Quando poi Pilato vide che non erano sufficienti le torture che si erano inflitte a quel santissimo Agnello per ammansire il furore dei suoi nemici, entrò nel pretorio e si sedette in tribunale per dar l'ultima sentenza in quella causa. Già era alle porte preparata la croce, già sollevata in alto quella terribile bandiera che minacciava la testa del Salvatore. Data ed emessa, quindi, la sentenza crudele, i nemici aggiungono una crudeltà all'altra, caricando su quelle spalle tanto pestate e tormentate dalle passate percosse, il legno della croce. Non rifiutò il pietoso Signore questo peso in cui erano tutti i nostri peccati, l'abbracciò anzi, per amor nostro, con somma carità ed obbedienza.

Cammina, dunque, l'innocente Isacco al luogo del sacrificio con quel peso tanto grave sulle sue spalle tanto deboli, e molta gente e molte donne pietose lo seguono e lo accompagnano con le loro lacrime. Chi non avrebbe dovuto spargere lacrime, vedendo il Re degli angeli camminare passo per passo con quel terribile peso, le ginocchia tremanti, il corpo ricurvo, gli occhi sereni, il volto insanguinato, quella corona sul capo e così vergognosi clamori ed insulti contro di lui?
Frattanto, anima mia, distogli un poco lo sguardo da questo crudele spettacolo e, con passi affrettati, gemiti di dolore, occhi pieni di lacrime, vai verso la casa della Vergine e, quando vi giungerai, prostrata ai suoi piedi, comincia a dirle con voce di dolore: "O Signora degli angeli, regina del cielo, porta del paradiso, avvocata del mondo, rifugio dei peccatori, salvezza dei giusti, gioia dei santi, maestra delle virtù, specchio di purezza, esempio di castità, modello di pazienza e somma di ogni perfezione! Ahimè, mia Signora, perché la mia vista si è conservata fino ad ora? Come posso io vivere avendo visto quello che ho visto? A che servono altre parole? Lascio il tuo figlio unigenito e mio Signore nelle mani dei miei amici, con una croce sulle spalle, per essere tratto a morte".
Che senso può avere qui stabilire fino a che punto giunse questo dolore della Vergine? La sua anima venne meno, il volto e le sue membra virginee si coprirono di un sudore di morte che sarebbe bastato a stroncare la sua vita se la provvidenza divina non l'avesse preservata per maggiore dolore e maggior gloria.

Cammina, dunque, la Vergine in cerca del figlio, il desiderio le da le forze che il dolore le toglie. Sente da lontano il rumore delle armi, il gruppo della gente, il clamore della folla che già lo circonda.
Vede poi risplendere il ferro delle lance e delle alabarde che si elevavano in alto, vede sulla strada le gocce di sangue che le indicano la strada del figlio e la guidano senza bisogno di guida.
Si avvicina sempre di più al suo amato figliolo e tende gli occhi oscurati dal dolore e l'ombra della morte per vedere (se ci riesce) colui che tanto amava la sua anima. O amore e timore del cuore di Maria! Da una parte ardeva di vederlo e dall'altra rifiutava di vedere la sua figura tanto degna di pietà. Giunge infine dove lo poteva vedere e quelle due luci del cielo si guardano l'un l'altra, si attraversano il cuore con lo sguardo e si feriscono con l'aspetto l'anima impietosita. Le lingue erano mute, ma il cuore della madre parlava e il dolcissimo figlio diceva: "Perché sei venuta qui, mia colomba, mia amata e Madre mia? Il tuo dolore aumenta il mio e i tuoi tormenti mi tormentano. Ritorna Madre mia, ritorna alla tua dimora, che non si confà al tuo pudore e purezza verginale questa compagnia di ladroni e di omicidi".
Queste e altre pietose parole si saranno detti quei cuori impietositi e in questo modo si svolse fino al luogo della croce quella strada di dolore.

Venerdì

In questo giorno si devono meditare il mistero della croce e le sette frasi che il Signore pronunciò.
Destati dunque, anima mia, e comincia a pensare al mistero della santa croce, il cui frutto risanò il male del velenoso frutto dell'albero vietato. Guarda in primo luogo come, giunto il Salvatore a quel luogo, quei perversi nemici (perché la sua morte fosse più vergognosa) lo spogliano di tutte le sue vesti fino alla tunica intima che era inconsutile. Guarda dunque con quanta mansuetudine si lascia spogliare quel santissimo Agnello senza aprir bocca né proferii parola contro coloro che così lo trattavano.
Con buona volontà consentiva di farsi spogliare delle sue vesti e di restare ignominiosamente ignudo perché di quelle vesti, meglio che con le foglie di fico, si ricoprisse la nudità in cui cademmo col peccato originale.

Alcuni padri della Chiesa dicono che, per togliere al Signore quella tunica, gli tolsero crudelmente la corona di spine che aveva sul capo e poi, dopo che era spogliato, tornarono a rimettergliela e a conficcargli di nuovo le spine sulla fronte, facendolo di nuovo grandemente soffrire. E bisogna credere, certo, che avranno usato questa crudeltà coloro che molte altre e terribili ne avevano usate nei suoi riguardi durante tutto il processo della sua passione, tanto più che l'evangelista dice che fecero di lui quello che volevano. E poiché la tunica era attaccata alle piaghe prodotte dalle percosse e il sangue era già rappreso e appiccicato alla veste, quei malvagi tanto incapaci di pietà, lo spogliarono togliendogliela di colpo e riaprendo tutte le piaghe delle percosse, in modo che il santo corpo fu aperto e come scorticato e trasformato in una grande piaga che gettava sangue da ogni parte.

Considera dunque, qui, anima mia, la divina bontà e misericordia che in questo mistero così chiaramente risplende, guarda come colui che rivestì il cielo di nubi e i campi di fiori e di bellezza, sia qui spogliato di tutte le sue vesti. Pensa a quanto freddo avrà patito quel santo corpo che era straziato e ignudo, privo non solo delle sue vesti, ma anche della sua pelle, con tante piaghe aperte su tutto il corpo. E se Pietro che aveva veste e calzari, la notte prima aveva avuto freddo, quanto di più ne avrà avuto quel delicatissimo corpo così ferito e senza riparo!
Dopo di ciò, pensa a come il Signore fu inchiodato alla croce e al dolore che avrà sofferto quando quei chiodi grossi e appuntiti saranno entrati nelle parti più sensibili del più delicato dei corpi. E pensa anche a quello che avrà provato la Vergine quando avrà visto coi suoi occhi e udito con le sue orecchie i crudeli e duri colpi che cadevano così frequenti su quelle membra divine, poiché veramente quei colpi di martello e quei chiodi trapassavano le mani al figlio, ma spezzavano il cuore alla Madre.

Guarda poi come sollevarono in alto la croce piantandola in una buca che avevano preparato a questo scopo e come (essendo così crudeli i carnefici) per sistemarla, la lasciarono cadere di colpo, così che quel santo corpo avrà sobbalzato nell'aria e si saranno aperti ancora di più i fori dei chiodi, producendo intollerabile dolore.
O mio Salvatore e Redentore, quale cuore di pietra ci sarà che non si spezzi di dolore (e in quel giorno infatti si spezzarono le pietre) ripensando a quanto hai sofferto su quella croce? Ti hanno circondato dolori di morte e hanno infuriato sopra di te tutti i venti e le onde del mare. Sei caduto nel più profondo degli abissi e non trovi dove aggrapparti. Il Padre ti ha abbandonato, che cosa speri, Signore, dagli uomini?
I nemici ti scherniscono, gli amici ti spezzano il cuore, la tua anima è afflitta e tu, per amor mio, non vuoi conforto. Terribili furono certo i miei peccati e la penitenza che ne hai subito lo dimostra.
Ti vedo, mio Re, attaccato a un legno: non c'è altro a sostenere il tuo corpo che tre ganci di ferro; da essi, senza alcun altro sollievo, pende la tua santa carne. Quando appoggi il corpo sui piedi, si strappano le ferite dei piedi a causa dei chiodi che li attraversano, quando lo appoggi sulle mani, si strappano le ferite delle mani per il peso del corpo.
E la santa testa stanca e tormentata dalla corona di spine, che cuscino avrà a sostenerla?
O come sarebbero ben impiegate ora a questo compito le vostre santissime braccia, o Vergine dolcissima, ma ora non le vostre serviranno, ma quelle della croce. Sopra di esse reclinerà la santa testa quando vorrà riposare e l'unico sollievo che ne ritrarrà sarà il configgersi più forte delle spine nella carne.
I dolori del figlio erano aumentati dalla presenza della Madre, dai quali dolori il suo cuore era intimamente straziato come esteriormente lo era il sacro corpo. Ci sono due croci per te, o buon Gesù, in questo giorno! una per il tuo corpo, una per la tua anima; una della passione, l'altra della compassione; una trafigge il corpo con chiodi di ferro, l'altra la tua santissima anima con chiodi di dolore.
Chi potrebbe, buon Gesù, spiegare quello che hai sofferto vedendo le angosce di quell'anima santissima, che sapevi così chiaramente essere con tè crocifissa alla croce? Vedendo quel cuore pietoso trafitto e attraversato da un coltello di dolore, volgendo gli occhi insanguinati e guardando quel volto divino coperto da un pallore di morte? E le angosce del tuo animo senza morte, ma già più che morto? E i fiumi di lacrime che scorrevano da quegli occhi purissimi? E udendo i gemiti strappati da quel santo petto e generati dal peso di tanto grande dolore?

Dopo di ciò, puoi meditare le sette frasi che il Signore pronunciò sulla croce.
Delle quali, la prima fu: Padre perdona loro, che non sanno quello che fanno (Lc 23, 34).
La seconda al ladrone: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23, 43).
La terza alla sua Santissima Madre: Donna, ecco tuo figlio (Gv 19, 26).
La quarta: Ho sete (Gv 19, 28).
La quinta: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27, 46).
La sesta: Tutto è compiuto! (20).
La settima: Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito (Lc 23, 46).

Pensa, dunque, anima mia, con quanta carità in queste parole raccomandò i suoi nemici al Padre, con quanta misericordia accolse il ladrone che gli proclamava la sua fede, con quanta tenerezza raccomandò il discepolo amato alla pietosa Madre, con quale ardente sete mostrò di desiderare la salvezza degli uomini, con che voce dolente sparse la sua preghiera e dichiarò la sua sofferenza prima della divina sottomissione, come perfettamente portò a termine la sua obbedienza al Padre e come, infine, gli raccomandò lo spirito e tutto si consegnò nelle sue benedettissime mani.
Da ciò appare evidente che in ciascuna di questa è racchiusa una testimonianza di virtù. Nella prima si raccomanda la carità verso i nemici, nella seconda la misericordia verso i peccatori, nella terza il rispetto verso i genitori, nella quarta il desiderio di salvezza del prossimo, nella quinta la preghiera del dolore e dell'abbandono di Dio, nella sesta la virtù dell'obbedienza e della perseveranza, nella settima la perfetta rassegnazione nelle mani di Dio, che è la più alta di tutte le nostre perfezioni.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)