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[SM=g1740771] Mercoledì

In questo giorno penserai al passaggio della morte, poiché questa è una delle considerazioni più vantaggiose che ci siano, sia per attingere la vera sapienza, sia per fuggire dal peccato, sia per cominciare per tempo a prepararsi alla resa dei conti.

Pensa dunque, in primo luogo, a quanto incerta sia l'ora in cui la morte ti coglierà, poiché non sai ne’ in che giorno, né in che ora, né in che stato ti prenderà. Di certo sai solo che devi morire. Tutto il resto è incerto, salvo che, di solito, quest'ora sopraggiunge nel tempo in cui l'uomo meno ci pensa e meno se ne ricorda.
Pensa, in secondo luogo, alla separazione che allora avverrà non solo da tutte le cose che si amano, ma anche tra l'anima e il corpo, che sono uniti da sempre. Se si considera così grave sventura l'esilio dalla patria e dal luogo natio, anche quando l'esule può portare con sé tutto ciò che ama, quanto più grave sarà l'esilio universale da tutte le cose della casa e dai tuoi affari, dagli amici, dal padre, dalla madre, dai figli e da questa luce ed aria che appartiene a tutti? Se un bue si lamenta quando lo separano dal compagno con cui ha arato, che lamento farà il tuo cuore quando ti separeranno da tutti coloro in compagnia dei quali hai sopportato il giogo di tutti i pesi di questa vita?

Considera anche la pena che l'uomo affronta quando gli appare evidente dove debbono finire il corpo e l'anima dopo la morte, perché del corpo già sai che non gli può toccare sorte migliore di una fossa lunga sette piedi in compagnia degli altri morti, ma dell'anima non sai per certo ciò che avverrà né che destino le toccherà. È questa una delle maggiori angosce che si debbono affrontare, sapere che c'è gloria o pena per sempre e non sapere quale di questi destini tanto diversi ci deve capitare.
A questa segue un'angoscia non minore, e cioè il rendiconto che dobbiamo dare, che è tale da far tremare anche i più forti.
Di Arsenio si scrive che, quando stava per morire, cominciò ad avere paura e che i suoi discepoli gli chiesero: Padre, anche tu ora hai paura? Ed egli rispose: Figli miei, questa paura non mi è nuova perché sono sempre vissuto con essa.

In quel momento, si mostrano all'uomo tutti i peccati della vita passata come uno squadrone di nemici che incombono su di lui e quanto più gravi sono stati e quanto maggior piacere ne ha ritratto, tanto più vivamente gli si mostrano e sono per lui causa di più grande timore.

Quanto amara è allora la memoria del piacere passato che in altro tempo sembrava così dolce! Certamente a ragione disse il sapiente:
"Non guardare il vino quando è rosso e quando il suo colore risplende nel bicchiere, perché, anche se al momento di bere sembra dolce, alla fine morde come una vipera e sparge il suo veleno come un basilisco" (Pr 23, 31-32). Questa è la feccia del velenoso beveraggio del nemico, questo è il fondo del calice di Babilonia dorato all'esterno.
Allora infatti l'uomo miserabile, vedendosi accerchiato da tanti accusatori, comincia a temere questo giudizio e a dire fra sé: Povero me, che mi sono tanto ingannato e sono andato per questa strada, che sarà in questo giudizio dell'opera mia?
Se san Paolo dice che l'uomo coglierà ciò che avrà seminato (Gal 6, 8), io che ho seminato solo secondo la carne che cosa spero di raccogliere se non corruzione?

Se san Giovanni dice che in quella città sublime che è tutta d'oro fuso, non deve entrare nulla di sporco (Ap 21, 27), cosa deve aspettarsi chi ha vissuto in modo tanto sporco e turpe?
A questo servono i sacramenti della Confessione, della Comunione e dell'Estrema Unzione che è l'ultimo soccorso con cui la Chiesa ci può aiutare in quel difficile momento e così in questo come negli altri devi considerare le ansie e le angosce che è destinato a patire l'uomo che ha vissuto male e quanto vorrebbe, allora, avere percorso una strada diversa, che vita vorrebbe fare allora, se gliene fosse concesso il tempo, come si sforzerà di chiamare Dio mentre le pene e l'affanno dell'infermità gliene consentiranno appena l'occasione.
Guarda infine quanto siano spaventosi e temibili gli ultimi travagli della malattia, che sono messaggeri della morte. Il petto si gonfia nell'affanno, la voce si arrochisce, i piedi perdono forza, le ginocchia si gelano, le narici si affilano, gli occhi si fanno fondi, il volto già morto si fa immobile, la lingua non riesce più a svolgere il suo compito e infine, nell'affanno dell'anima che si allontana, tutti i sensi turbati perdono forza e valore. Ma è soprattutto l'anima che patisce i maggiori affanni, perché combatte e agonizza, perché se ne va e perché teme la resa dei conti che le si prepara. Essa, naturalmente, rifiuta di andarsene, vorrebbe fermarsi e teme la resa dei conti.

Uscita quindi l'anima dal corpo, ti restano ancora due strade da percorrere, una per accompagnare il corpo fino alla sepoltura e l'altra per seguire l'anima fino alla determinazione del suo destino.
Considera ciò che accadrà in ciascuna di queste due strade.
Guarda come resta il corpo quando l'anima lo abbandona, il nobile abbigliamento di cui lo forniscono per seppellirlo e come si affrettano a portarlo via di casa. Pensa alla sepoltura con tutto ciò che l'accompagna, i rintocchi delle campane, le domande di tutti sul morto, i riti e i canti dolenti della Chiesa, il corteo e il dolore degli amici e infine tutte le cose particolari che si fanno in tali momenti fino a quando si lascia il corpo alla tomba, dove resterà sepolto in quella terra di perpetuo oblio.

Lasciato il corpo alla sepoltura, poniti al seguito dell'anima e guarda che strada farà nella sconosciuta regione e dove alfine si fermerà e come sarà giudicata.

Immagina di essere già presente a questo giudizio e che tutta la corte del cielo stia attenta alla sentenza, in cui si terrà conto di tutto quanto si è ricevuto, fino all'ultimo spillo. Lì si chiederà conto della vita, delle ricchezza della famiglia, delle ispirazioni di Dio, dei mezzi che abbiamo avuto per vivere bene e soprattutto del sangue di Cristo, lì ciascuno sarà giudicato sulla base del rendiconto che potrà fare di quanto avrà ricevuto.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)