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[SM=g1740771] Martedì

In questo giorno penserai all'orazione nell'orto e alla passione del Salvatore e all'entrata e al confronto nella casa di Anna.
Pensa quindi, innanzitutto, come, terminata quella misteriosa cena, il Signore andò coi suoi discepoli sul monte Oliveto a pregare prima di affrontare la dura prova della sua passione, per insegnarci che, in tutte le fatiche e tentazioni di questa vita, dobbiamo ricorrere sempre alla preghiera come ad un'ancora sacra, in forza della quale o ci sarà tolto il peso della tribolazione o ci saranno date le forze per sopportarlo, il che è una grazia anche più grande.
Per sua compagnia in questo cammino, prese con sé quei tre amati discepoli san Pietro, san Giacomo e san Giovanni (Mt 17, 1), che erano stati testimoni della sua gloriosa trasfigurazione, perché proprio loro vedessero che diverso aspetto assumeva ora, per amore degli uomini, lui che tanto glorioso si era mostrato in quella visione.
E, perché capissero che gl'intimi travagli della sua anima non erano meno gravi di quelli che cominciava a manifestare nel corpo, disse loro quelle così dolorose parole: La mia anima è triste fino alla morte. Aspettatemi qui e vegliate con me (Mt 26, 38). Pronunciate queste parole, il Signore si allontanò dai discepoli un tiro di sasso e, prostrato a terra, cominciò la sua orazione dicendo: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice, però non si faccia la mia volontà ma la tua (Mt 26, 39).
E, fatta tre volte questa preghiera, alla terza entrò in così grande agonia che cominciò a trasudare gocce di sangue, che scorrevano per il suo santo corpo, filo a filo fino a cadere a terra. Medita dunque su questo momento di dolore del Signore e guarda come, avendo davanti a sé tutti i tormenti che avrebbe dovuto patire, comprendendo perfettamente i dolori tanto crudeli che si preparavano per il più delicato dei corpi e presentandoglisi davanti tutti i peccati del mondo per i quali soffriva e l'ingratitudine di tante anime che non avrebbero compreso questo dono ne’ avrebbero tratto profitto da tanto grande e doloroso soccorso, la sua anima fu piena di angoscia e la sua fragile carne e i suoi sensi furono così sconvolti che tutte le forze e gli elementi del suo corpo si scomposero e la carne benedetta si aprì da ogni parte e fece scorrere da essa il sangue con tanta abbondanza da bagnare la terra.
E se la carne, che solo indirettamente pativa questi dolori, era in queste condizioni, come sarà stata l'anima che li pativa direttamente?
Pensa poi come, avendo egli terminata l'orazione, raggiunse quell'infernale compagnia, quel falso amico che aveva rinunciato al suo ruolo di apostolo ed era divenuto guida e capitano dell'esercito di satana. Pensa quanto sfrontatamente si fece avanti fra tutti e, quando il buon maestro giunse, lo vendette col bacio di un falso saluto di pace.
In quel momento il Signore disse a coloro che lo venivano a prendere: Siete venuti da me come ladroni con spade e lance, mentre, quando io stavo con voi ogni giorno nel tempio, non stendeste la mano sopra di me; ma questa è la vostra ora e il potere delle tenebre (Mt 26, 55). È questo un mistero su cui si deve molto riflettere.
Cosa può dare maggiore sgomento che vedere il Figlio di Dio prendere l'aspetto non solo di peccatore, bensì addirittura di condannato?
Questa, egli dice, è la vostra ora e il potere delle tenebre.
Da queste parole si capisce che in quell'ora fu consegnato l'innocentissimo Agnello al potere dei principi delle tenebre, cioè ai demoni affinché, per mezzo dei loro ministri, infierissero su di lui con tutte le torture e le crudeltà che volevano.
Pensa tu ora, dunque, fino a che punto si abbassò quella Altezza divina per causa tua, giungendo all'estremo di tutti i mali, cioè ad essere consegnata al potere dei demoni. E poiché la pena che i tuoi peccati meritavano era questa, egli volle ad essa sottoporsi perché tu ne restassi libero.
Dopo queste parole, tutto quel branco di lupi affamati si scagliò su quell'Agnello mansueto strappandolo, come potevano, chi da una parte chi dall'altra.

Oh, quanto disumanamente lo avranno trattato, quante cattiverie gli avranno detto, quanti colpi e strattoni gli avranno dato, quante grida e insulti avranno gettato, come fanno di solito i vincitori quando si sentono già in mano il bottino! Afferrano quelle sante mani che solo poco prima avevano compiuto tante meraviglie e lo legano con lacci scorsoi così strettamente da strappargli la pelle delle braccia e da fargli uscire il sangue e, così legato, lo trascinano per la pubblica via con grande ignominia.
Guardalo bene come avanza per questa strada, abbandonato dai suoi discepoli, accompagnato dai suoi nemici, il passo affrettato, il respiro affannoso, il colore mutato, il volto acceso e arrossato per la fatica del cammino.
E contempla, in così duro trattamento della sua persona, la misura del suo volto, la gravità del suo sguardo e quel divino sembiante che, pur in mezzo a tutte le violenze del mondo, non riesce ad essere oscurato.
Puoi andare quindi con il Signore alla casa di Anna per vedere come, mentre egli cortesemente rispondeva alla domanda che il sommo sacerdote gli rivolgeva sui suoi discepoli e sulla sua dottrina, uno dei malvagi lì presenti gli diede una grande percossa, dicendo: Così si risponde al sommo sacerdote? Allora il Salvatore dolcemente rispose: Se ho risposto male, mostrami dove e se bene, perché mi colpisci? (Gv 18, 22-23). Guarda poi ora, anima mia, non solo la mansuetudine di questa risposta, ma anche quel volto divino segnato e arrossato dalla forza del colpo e la calma di quegli occhi tanto sereni e senza turbamento durante l'affronto e quell'anima santissima intimamente così umile e disposta a volgere l'altra guancia, se il carnefice lo richiedesse.

Mercoledì

In questi giorni penserai alla presentazione del Signore davanti al sommo sacerdote Caifa, alle tribolazioni di quella notte, al rinnegamento di Pietro e alle percosse presso la colonna.
Considera innanzitutto come dalla prima casa di Anna il Signore fu portato a quella del sommo sacerdote Caifa, dove tu devi accompagnarlo.
Qui vedrai eclissato quel sole di giustizia e offeso da sputi quel volto divino che gli angeli desiderano contemplare. Perché, quando il Salvatore, scongiurato in nome del Padre di dire chi era, rispose a questa domanda ciò che a lui conveniva, coloro che erano indegni di così alta risposta, accecati dallo splendore di così grande luce, si volsero contro di lui come cani rabbiosi e su di lui scaricarono tutta la loro ira e rabbia.
Lì tutti, a gara, gli danno colpi e schiaffi, con le loro bocche infernali sputano su quel volto divino, gli coprono gli occhi con un panno, lo percuotono sul viso e si prendono gioco di lui dicendo: "Indovina chi ti ha percosso" (Mt 26, 68 e Lc 22, 64).
O meravigliosa umiltà e pazienza del figlio di Dio! O bellezza degli angeli! Era quello un volto su cui sputare?
Gli uomini quando vogliono sputare, voltano la faccia all'angolo più oscuro e in tutto quel palazzo non si trovò dunque luogo più oscuro del suo volto? Come non ti senti umiliato, tu che sei terra e cenere, da questo esempio?
Dopo di ciò, medita sulle sofferenze che il Salvatore affrontò in tutta quella dolorosa notte, perché i soldati che lo custodivano lo schernivano (come dice san Luca) e, per vincere il sonno della notte, non trovarono di meglio che deridere il Signore della divina maestà. Guarda dunque, anima mia, come il tuo dolcissimo sposo è esposto come un bersaglio alle frecce di tanti colpi e percosse che gli infliggono.
O notte crudele! O notte senza pace, nella quale, mio buon Gesù, tu non dormivi e non dormivano coloro che avevano scelto per loro divertimento di tormentarti. La notte fu creata perché in essa tutte le creature si riposino e i sensi e le membra, stanchi del lavoro della giornata, recuperino le forze; ora i malvagi scelgono la notte per tormentare le tue membra e i tuoi sensi, ferendo il tuo corpo, affliggendo la tua anima, legando le tue mani, schiaffeggiando il tuo volto, riempiendolo di sputi, tormentando le tue braccia, perché nel tempo in cui tutte le membra sono solite giacere in riposo, tutte in te soffrissero e patissero.
Che mattutini diversi da quelli, in quell'ora, ti avrebbero cantato i cori degli angeli nel cielo!
Lì dicono: Santo, Santo; qui: muoia, muoia, crucifige, crucifige. O angeli del paradiso, che udite le une e le altre voci! Che cosa avete provato vedendo così maltrattato sulla terra colui che voi trattate in cielo con tanta riverenza? Che cosa avete provato vedendo che Dio pativa tali offese proprio per coloro che gliele infliggevano? Chi ha mai visto una tal forma di carità, che porta ad affrontare la morte per liberare dalla morte colui stesso che la dà?
Le sofferenze di quella notte dolorosa crebbero con il rinnegamento di san Pietro, quel così intimo amico che era stato scelto per vedere la gloria della Trasfigurazione, che era stato onorato fra tutti col primato nella Chiesa, quello che era primo fra tutti e che non una ma tre volte, in presenza del Signore stesso, giura e spergiura di non conoscerlo, di non sapere chi sia. Oh, Pietro, è dunque questo un uomo così malvagio che ti vergogni persino di ammettere di averlo conosciuto? Guarda che questo significa che tu, primo dei Pontefici, lo condanni, facendo comprendere che egli sia persona tale da sentirsi disonorato di conoscerlo.

Quale offesa può essere più grande di questa? Si valse allora il Salvatore e guardò Pietro (Lc 22, 61). Gli occhi seguono quella pecorella smarrita. O sguardo di meravigliosa virtù! O sguardo silenzioso, ma grandemente significativo! Pietro ben comprese il linguaggio e la voce di quello sguardo, poiché quella del gallo non riuscì a svegliarlo e questo sì. Gli occhi di Cristo non solo parlano, ma operano, come dimostrano le lacrime di Pietro, che non escono tanto dagli occhi di Pietro quanto da quelli stessi di Cristo.
Dopo tutte queste offese, pensa alle percosse che il Salvatore sopportò alla colonna; perché il giudice, visto che non poteva placare la furia di quelle belve infernali, decise di sottoporlo a quella ben nota tortura, per vedere se fosse sufficiente a placare la rabbia di quei cuori crudeli, così che, appagati, cessassero di chiederne la morte.
Entra, dunque, ora, anima mia, con lo spirito nel pretorio di Pilato e porta con te le lacrime che ti saranno necessario per quello che lì vedrai e udrai.
Guarda come quei carnefici vili e feroci spogliano con tanta ferocia il Salvatore delle sue vesti e come egli se ne lascia spogliare con tanta umiltà senza aprire la bocca ne’ rispondere neppure una parola alle insolenze che gli lanciano. Guarda poi come legano quel santo corpo alla colonna per poterlo ferire a loro piacere dove e come vogliono. Guarda come era solo il Signore degli angeli tra così crudeli carnefici, senza avere in sua difesa né padrini né difensori che agissero in suo favore, né occhi che esprimessero compassione per lui.
Guarda poi come cominciano con grandissima crudeltà a scagliare le loro fruste e le loro sferze su quelle delicatissime carni e come si aggiungono percosse a percosse, piaghe a piaghe, ferite a ferite. Vedrai poi coprirsi quel santissimo corpo di lividi, lacerarsi la pelle, uscire e scorrere da ogni parte il sangue. Ma, oltre tutto ciò, che spettacolo atroce quella così grande piaga aperta fra le spalle dove battevano tutti i colpi!
Pensa poi, terminate le percosse, come il Signore si sarà ricoperto e sarà andato per tutto il pretorio, cercando le sue vesti, in presenza di quei crudeli carnefici, senza che nessuno gli prestasse aiuto o soccorso ne’ gli desse uno di quei lavacri e refrigeri che si danno a coloro che restano feriti. Tutte questa sono cose degne di compassione, gratitudine, meditazione.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)