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Il dibattito sul Vaticano II rivisto alla luce di quanto accadde in Germania dopo l'assise del 1869-1870

Conflitti postconciliari

Un concilio generale non può avere determinato una rottura della tradizione di fede
di Walter, cardinale, Brandmüller

Dopo il discorso pronunciato da Papa Benedetto XVI il 22 dicembre 2005, che ha suscitato tanto clamore, il dibattito sulla corretta interpretazione del concilio Vaticano II è entrato in una nuova fase. Il cinquantesimo anniversario dell'inizio del Concilio gli ha dato un nuovo impulso.

Quale punto di vista, quale modo di avvicinarsi ai testi del Concilio è quello giusto: un'ermeneutica di rottura con la tradizione, o quella della riforma in continuità con essa? Si tratta di due posizioni contrapposte che difficilmente possono essere conciliate. In questa situazione che, nell'interesse vitale della Chiesa, esige seri sforzi per trovare una soluzione, potrebbe essere utile fare riferimento alle esperienze della Chiesa al tempo del concilio Vaticano I.

Per questo, l'analisi può limitarsi agli eventi che hanno riguardato il concilio del 1869-1870 in Germania, dal momento che in nessun altro Paese vi sono stati confronti altrettanto accesi su di esso. Poiché attualmente il dibattito sul Vaticano II è comunque sulla bocca di tutti, non occorre illustrarlo nei dettagli. Esso non riguarda soltanto il carattere proprio del Vaticano II come "concilio pastorale".
L'imperativo del momento non erano definizioni dogmatiche o condanne magisteriali di eresie, bensì un annuncio del Vangelo adeguato alle esigenze e agli interrogativi della società secolare moderna. Al centro del dibattito, che prosegue ancora oggi, non finì solo il tema della "Chiesa nel mondo contemporaneo", ma anche il rapporto con l'ebraismo e l'islam. Pure il problema della libertà religiosa si rivelò - e tuttora si rivela - molto controverso.

In non minor misura, le discussioni del concilio furono inoltre dedicate agli sforzi per la riunificazione dei cristiani divisi. Il risultato di tale impegno furono le dichiarazioni Nostra aetate e Dignitatis humanae, nonché il decreto Unitatis redintegratio. Sono proprio questi documenti a essere da allora al centro di controversie. In tali confronti si sono create due posizioni, che parlano entrambe, dalla propria prospettiva, di una frattura con la dottrina della Chiesa fino ad allora vincolante, provocata dai suddetti documenti. Il dibattito, per giunta, viene condotto da entrambe le parti in modo sempre molto polemico.
L'unico elemento che le distingue è la valutazione di questa pretesa rottura. Se gli uni vedono in essa una contraddizione teologicamente ingiustificabile all'intoccabile depositum fidei della Chiesa, gli altri la considerano il necessario sfollamento di bastioni incrinati dallo sviluppo della società e della cultura moderne.



(©L'Osservatore Romano 15 febbraio 2013)



Ai preti di Roma il Papa parla della sua esperienza al Vaticano II
e assicura la sua continua spirituale presenza

Nella Chiesa, nascosto al mondo

All'omelia del mercoledì delle Ceneri il forte invito a ritornare a Dio
per superare ipocrisie, rivalità e divisioni

C'è un concilio "virtuale", veicolato dai media e costruito secondo categorie "politiche" estranee alla fede, che in questi cinquant'anni ha provocato non pochi problemi e difficoltà alla Chiesa. E che oggi sta lasciando il posto al vero concilio "dei padri", la cui forza spirituale costituisce il motore dell'autentico rinnovamento ecclesiale.

Quella che doveva essere una "piccola chiacchierata" sul Vaticano II si è trasformata in una illuminante testimonianza che i preti di Roma, riuniti nell'Aula Paolo VI la mattina di giovedì 14 febbraio, hanno ascoltato dalla voce del "perito conciliare" Joseph Ratzinger. Il quale ha colto l'occasione dell'annuale incontro quaresimale con il clero della diocesi per rievocare la sua esperienza personale durante i quattro periodi dell'assise ecumenica.

Una riflessione, quella del Papa, scandita dai temi principali che furono oggetto del dibattito dei padri: liturgia, ecclesiologia, Parola di Dio, ecumenismo e dialogo con le religioni, rapporto tra Chiesa e mondo. E conclusa dall'invito a vivere l'Anno della fede - proclamato proprio nel cinquantesimo dell'apertura dei lavori - come occasione per far ritornare alla luce il "concilio reale", quello "della fede", sul quale è possibile realizzare la vera riforma della Chiesa.

Molti gli spunti e le indicazioni suggerite da Benedetto XVI, che per oltre 45 minuti ha rievocato con semplicità e senza reticenze lo spirito di un avvenimento vissuto con entusiasmo e speranza, nella ferma convinzione che da esso sarebbe scaturita una nuova era nella vita della Chiesa. Per il Papa è stata soprattutto la voglia di partecipare e di essere soggetti attivi a motivare le scelte fondamentali dei padri: a cominciare da quella compiuta il primo giorno, quando l'assemblea decise di non votare subito i membri delle commissioni sulla base delle liste già preparate, chiedendo più tempo per favorire gli incontri e la conoscenza tra i diversi gruppi nazionali presenti.
Un segno evidente, secondo il Pontefice, della dimensione universale della Chiesa, chiamata a vivere e crescere al di là di ogni differenza di lingua, razza e cultura. In questo stesso spirito Benedetto XVI ha letto gli esiti del rinnovamento liturgico del Vaticano II, fondato sulla duplice esigenza dell'"intellegibilità" del linguaggio - che tuttavia non significa "banalità", ha avvertito - e della partecipazione attiva dei fedeli. Così come ha richiamato l'ecclesiologia conciliare racchiusa nell'espressione "Noi siamo Chiesa", ossia corpo vivo di Cristo e non mera organizzazione o struttura giuridica. Aggiungendo che la categoria della "collegialità" ha evidenziato il ruolo dei vescovi come successori degli apostoli ed elementi portanti nella "complementarietà" dei fattori che costituiscono il corpo della Chiesa.

Non meno significative le sottolineature del Papa sul tema del rapporto tra sacra scrittura e tradizione - la Chiesa obbedisce alla Parola di Dio ma ne rappresenta, allo stesso tempo, il soggetto vivo - e sul dialogo con le altre religioni. A proposito del quale il Pontefice non ha mancato di rievocare la vivacità del dibattito dal quale presero vita la Nostra aetate e la Dignitatis humanae, che insieme alla Gaudium et spes costituiscono una sorta di "trilogia" la cui importanza si va sempre più rivelando e confermando col passare degli anni.

Non è mancato da parte di Benedetto XVI un accenno alla decisione di rinunciare al papato annunciata lunedì scorso. Ringraziando i sacerdoti per la corale manifestazione di affetto, il Papa ha assicurato che anche nel ritiro della preghiera, nascosto al mondo, sarà sempre vicino alla sua diocesi e alla Chiesa.
Parole che hanno richiamato quelle con cui il Pontefice ha aperto l'omelia della messa del mercoledì delle Ceneri celebrata nella serata del 13 febbraio. "È un'occasione propizia per ringraziare tutti, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera" ha detto ai fedeli che hanno gremito la basilica Vaticana per tributargli una commossa manifestazione di affetto. Una celebrazione, l'ultima presieduta pubblicamente da Benedetto XVI, durante la quale è risuonato il forte invito a "ritornare a Dio" attraverso un cammino interiore che agisca "sul proprio cuore, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta". Dal Papa è venuto, in particolare, un severo monito contro l'"ipocrisia religiosa", gli "individualismi", le "rivalità" e le "divisioni" che deturpano il volto della Chiesa.



(©L'Osservatore Romano 15 febbraio 2013)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)