00 21/02/2013 14:28

[SM=g1740758] La Gran Rinuncia. E se fosse stato un martirio bianco?

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LA GRAN RINUNCIA

E SE FOSSE STATO UN MARTIRIO BIANCO?

 

Ecco allora la mia lettura positiva che sintetizzo sul finire racchiudendola in una domanda alla quale non ho però risposta da dare: può essere che Benedetto XVI, ritrovatosi nella condizione storica ed ecclesiale che non consentiva a lui di agire, abbia compiuto un gesto di autentico eroismo e di vero e proprio martirio bianco, togliendo dalla scena se stesso affinché in tal modo  — e solo in questo modo — fossero azzerate tutte le cariche e quindi tolti di scena anche tutti gli altri?

 

Ariel S. Levi di Gualdo

Sull’atto di rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI non sono in grado di dare una risposta ma solo di avanzare ipotesi. Anzitutto vorrei usare le parole giuste, cosa che non hanno fatto Padre Federico Lombardi e l’iper presenzialista S.E. Rino Fisichella presidente del pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, dissertando un paio di giorni fa sulla televisione di stato italiana nella prestigiosa, ambita e seguita sacrestia di “Sua Eminenza Monsignor” Bruno Vespa su Rai 1, nella quale molti sono entrati vescovi e ne sono usciti cardinali, fatta eccezione per S.E. Rino Fisichella e pochi altri. Se poi vogliamo dire due parole particolari a Padre Federico Lombardi portavoce ufficiale della sala stampa vaticana, presente alla tavola rotonda di uno speciale sul secondo canale della televisione italiana [12.02.13, ore 22.30], l’appunto pertinente è questo: non una sola volta ha nominato Dio Padre, né il Figlio né lo Spirito Santo. L’unico che ha nominato Dio Padre e il Figlio che è Dio, è stato il giornalista cattolico Andrea Tornielli, che per quanto sia un giovane uomo di cultura e un noto scrittore, di formazione non è teologo, soprattutto non è uno zelante gesuita, solo un battezzato che crede veramente nella Chiesa una santa cattolica e apostolica e che come tale professa un solo battesimo per la remissione dei peccati, la vita del mondo che verrà, amen!

Detto questo posso solo ribadire ciò che lamento da anni: da mezzo secolo a questa parte stiamo creando una Chiesa del tutto nuova. Una Chiesa infarcita di troppi “ismi” fuorché di cristocentrismi.

Al Romano Pontefice Vescovo di Roma non si può applicare — perlomeno ecclesialmente parlando — il termine di “dimissioni”, per non parlare del concetto di “papa emerito” che di per sé è aberrante, specie se affiora sulle bocche cinetelevisive di certi alti prelati a la page. Il Romano Pontefice non si dimette, può fare libera e spontanea rinuncia al ministero petrino come successore del Principe degli Apostoli. Cosa questa che comporta un altro atto, essendo il Santo Padre anche un monarca che governa lo Stato del Vaticano in relazioni diplomatiche con decine di Stati sovrani: un atto di abdicazione da quello che una volta si chiamava “potere temporale”.

Se il Santo Padre decide di fare atto di rinuncia, il suo atto è suggellato e basta, perché nessuno deve né ricevere né accettare questo atto che nasce, trova applicazione e si esaurisce tutto nella sua insindacabile persona non soggetta, come recita il Codice di Diritto Canonico, ad alcun giudizio umano [cf. C.I.C. can. 1404 e 1629]. A quel punto il Sommo Pontefice Benedetto XVI viene affidato alla storia, il suo pontificato finisce e in un certo qual senso muore come Romano Pontefice, a rimanere in vita sarà solo Joseph Aloysius Ratzinger.

In questo caso del tutto eccezionale non stiamo assistendo alla fine di un pontificato per morte naturale del Romano Pontefice ma per una “morte ecclesiale” sancita dal suo libero, insindacabile e indiscutibile atto di rinuncia al ministero petrino. Pertanto Benedetto XVI non diventa affatto “papa emerito”, come hanno folleggiato certi giornalisti e ahimè certi ecclesiastici corsi subito a pontificare dinanzi alle telecamere di mezzo mondo. Torna a essere il Card. Joseph Aloysius Ratzinger, Vescovo emerito di Roma. Ma v’è più ancora — benché nessuno abbia toccato questo tasto — come vescovo e come cardinale egli dovrà professare obbedienza usque ad effusionem sanguinis al suo successore e, come vescovo e come cardinale, egli dovrà dipendere in tutto e per tutto dall’autorità apostolica del suo legittimo successore al Soglio di Pietro.

Altro che … “papa emerito”!

SE CHI È NATO ROTONDO NON PUÒ D’IMPROVVISO

DIVENTARE QUADRATO, SPECIE A 78 ANNI: CHI È CHE 

HA GOVERNATO LA CHIESA? 

Ho cominciato affermando di non essere in grado di dare una risposta ma solo di avanzare delle ipotesi”.

Ammetto che nel corso di questi anni ho fatto più volte delicato riferimento con parole e scritti in qual modo quest’uomo di profonda dottrina, di sana teologia e di alto magistero, per sua intima e insita natura non fosse però un uomo di governo. Il problema di fondo possiamo riassumerlo con un proverbio della saggezza popolare italiana: “Chi è nato rotondo non può d’improvviso diventare quadrato”, tanto meno a 78 anni; e se proprio ci prova, o se è obbligato a provarci, finirà prima o poi per fuggire a se stesso.

Benedetto XVI è stato sempre uno studioso, mai un uomo di governo. Non lo fu quando venne eletto Arcivescovo di Monaco di Baviera, rimanendo per breve tempo su quella cattedra episcopale e sempre seguitando a fare lo studioso, mentre la diocesi era governata dai suoi vescovi ausiliari. Non lo fu quando Giovanni Paolo II, con non poca lungimiranza, lo volle prefetto della Dottrina della Fede, dicastero presso il quale ha svolto in tanti anni molte opere mirabili, ricomposto tante fratture ed evitato molte pericolose deviazioni dalla dottrina cattolica, ma sempre operando come teologo e studioso. A governare il dicastero sotto la sua prefettura hanno provveduto gli arcivescovi-segretari che si sono succeduti nel corso del tempo. Eletto al Soglio di Pietro alle porte degli ottant’anni ha continuato in modo coerente a fare ciò che ha fatto per tutta la vita: il teologo e lo studioso a servizio della Chiesa e delle verità di fede da essa annunciate. Che non è poca cosa, in una stagione ecclesiale di simile decadenza nella quale stiamo assistendo da mezzo secolo a pericolose forme di strisciante o di aperta apostasia, che hanno infettato interi arti del Corpo della Chiesa, nella stagione di quello che amo definire come il post concilio egomenico dei teologi che hanno sostituito a quello della Chiesa il magistero di se stessi.

La domanda che potrebbe sorgere è: chi governa la Chiesa? Ce lo siamo già chiesti in un recente passato nel corso degli ultimi anni di vita di Giovanni Paolo II e ancora non abbiamo avuto il coraggio di dare una chiara risposta.

LA CHIESA DI QUESTI TEMPI APPARE COME UN CORPO

DISARTICOLATO CHE SI AGITA SENZA UN CAPO CHE LA COMANDA

Più volte ho lamentato in pubblico ciò che da anni diversi prelati in carriera affermano solo nei salotti, onde evitare intralci alle loro ambiziose ascese. Cosa questa che demarca la netta differenza che corre tra i testimoni della fede e i pettegoli da salotto alto prelatizio, quelli che passano le notizie a quei quattro disperati che fanno i giornalisti vaticanisti, tanto per intendersi; e che ormai sono ridotti al gossip in bilico tra i rotocalchi popolari e i celebri libri gialli di Agatha Christie, dove sovente ci si è chiesti “l’assassino è il maggiordomo?”, ma in verità non era mai lui, benché si tentasse di usarlo come capro espiatorio. Ringraziando Dio, io che non ho da fare alcuna carriera e che devo essere come prete nessuno a servizio di tutti, del Sommo Pontefice ho sempre parlato e scritto con profonda amorevolezza e venerazione, soprattutto quando ho sollevato scomodi quesiti dolorosi. Non ho mai temuto a lamentare quanto la Chiesa apparisse sempre più come un corpo disarticolato composto di membra impazzite che si agitavano senza un capo che ne comandasse i movimenti. Oltre al fatto che — come scrivo in un passo di un mio nuovo libro di imminente uscita — «Non è tollerabile che all’interno della Chiesa siano stati elevati troni che spesso sovrastano e non di rado cercano persino di schiacciare la Cattedra di Pietro».

Il pontificato di Benedetto XVI è stato caratterizzato da uno splendido magistero contraddetto nei fatti dalle nomine più incredibili fatte sia nelle diocesi periferiche sia negli uffici più delicati della curia romana, a sovrintendere i quali vi sono spesso figure di rozza mediocrità, nel migliore dei casi, che costituiscono una palese negazione del magistero e della oculata teologia del Sommo Pontefice.

GIANFRANCO RAVASI COSTITUISCE L’ANTITESI ALLA TEOLOGIA

DI BENEDETTO XVI CHE LO HA FATTO PRIMA VESCOVO E POI CARDINALE

In una mia pubblicazione ho duramente contestato il “ravasipensiero” — non certo la cortese persona in sé — dimostrando in che modo il Card. Gianfranco Ravasi abbia smentito il Santo Padre persino nella prefazione da lui scritta al libro illustrato su Gesù di Nazareth, pubblicato dal Sommo Pontefice nel 2008 [Cf. E Satana si fece Trino, Bonanno 2011. Cap. I Par. XX: “Da Rudolph Bultmann a Gianfranco Ravasi”, pag. 118].

L’uomo che da cardinale e prefetto della dottrina della fede cercò di correre ai ripari pubblicando per volontà del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II la Dominus Jesus, si è presto trovato imprigionato dentro la sua stessa casa tra teologi modernisti, agnostici e ariani mal celati. Scrissi anni addietro che il Santo Padre, dopo aver osato affermare che dentro la Chiesa c’era tanta sporcizia, lasciando in tal modo sottintendere che era giunto il momento di spazzarla via, per tutta risposta si è visto sparire di sotto gli occhi anche il ricordo stesso di una scopa in tutta quanta la Città del Vaticano.

Quando domani studieremo questo pontificato, in che modo riusciremo a racchiudere entro i limiti dell’apostolica coerenza il fatto che proprio un attento teologo e uno strenuo difensore della fede come Benedetto XVI, abbia consacrato prima vescovo e poi elevato alla dignità cardinalizia Giafranco Ravasi, che incarna e a suo modo totalizza la negazione della attenta e ortodossa teologia che ha caratterizzato questo pontificato? Per seguire con l’ardito teologo Bruno Forte, responsabile della dottrina della fede della conferenza Episcopale Italiana e via dicendo ..?

In documenti, omelie e locuzione varie Benedetto XVI ha tuonato ripetutamente contro la piaga purulenta del carrierismo, consacrando però egli stesso vescovi con le sue venerabile mani apostoliche alcuni dei carrieristi peggiori, firmando i loro decreti di nomina a importati uffici della curia romana e deponendo infine sulle teste di diversi di costoro la berretta cardinalizia.

Dinanzi a questi fatti e atti pubblici è bene forse sospendere misericordiosamente ogni facile giudizio, ma domani, gli storici che studieranno questo pontificato, quali somme tireranno?

CON UN GESTO IL CARDINALE ANGELO SODANO PARE QUASI  

ABBIA VOLUTO DIRE: «ALLA FINE SEI TU, VECCHIO MIO, CHE

TE NE VAI, IO INVECE RESTO» E COME DECANO DEL COLLEGIO

CARDINALIZIO GOVERNERò IL TUO INTERREGNO…  

Visto poi che viviamo nel mondo dell’immagine, vorrei rifarmi a un documento filmato che ha fatto il giro del mondo e che costituisce una prova evidente e non passibile di smentita. Dopo che il Sommo Pontefice, dinanzi ai Padri Cardinali riuniti l’11 febbraio ha letto il documento ufficiale nel quale annunciava la sua rinuncia al ministero petrino, al termine di questa storica locuzione abbiamo assistito a questa sequenza: il Card. Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio (che perlomeno oggi non si chiama più “sacro”, grazie a Dio!), pronunciate due parole di circostanza è andato dinanzi alla cattedra del Santo Padre senza togliersi lo zucchetto di testa, senza accennare una genuflessione, senza baciargli la mano destra e, quasi battendogli due pacche con le mani sulle spalle, lo ha abbracciato.

I trascorsi di quest’uomo quand’era Segretario di Stato di Sua Santità Giovanni Paolo II oggi sono storia. Per esempio: cosa accadde quando l’allora Card. Joseph Ratzinger prefetto della dottrina della fede decise di procedere contro personaggi oscuri e artefici di condotte che di lì a breve sarebbero esplose come bombe a orologeria, seminando sconcerto e scandali immani? Basti pensare al solo caso del fondatore dei Legionari di Cristo indagato dalla Congregazione per la dottrina della fede, alla quale i procedimenti in corso furono prontamente tolti e avocati a sé dalla segreteria di Stato, che mise a tacere il tutto.

Il 20 dicembre 2008, ordinando sacerdoti 49 legionari di Cristo nella Basilica di San Paolo fuori le mura, incurante dei procedimenti della Santa Sede e della condanna del discusso fondatore di questa congregazione voluta e approvata da Benedetto XVI, in aperta sfida al Santo Padre che de facto aveva sospeso a divinis questo oscuro personaggio nel 2006, menzionando nella sua omelia Giovanni Paolo II e Marcial Maciel, il Card. Sodano usò le stesse identiche parole di lusinghiero apprezzamento per l’uno e per l’altro. Che equivale a dire: io posso tutto, sopra a tutto e al di sopra di tutto, Romano Pontefice e sue decisioni incluse.

Quell’abbraccio dato a quel modo in un momento storico di siffatta portata, senza scoprirsi il capo, senza genuflettersi, senza baciare la mano a Benedetto XVI Successore del Principe degli Apostoli, anzi dando al Romano Pontefice quasi due pacche sulle spalle camuffate da abbraccio, sono gesti che dicono tutto, forse troppo. Nella sua sostanza il gesto potrebbe essere letto a questo modo: alla fine sei tu, mio caro e stanco vecchio, ad andartene via, io invece resto! E come decano del Collegio Cardinalizio, assieme al Camerlengo, governerò l’interregno sino all’elezione del tuo successore.

IL CARDINALE STANISLAW DZIWISZ CHE HA MESSO IN CROCE LA SANTA

SEDE HA OSATO ALLUDERE ABENEDETTO XVI AFFERMANDO CHE «NON

SI SCENDE DALLA CROCE»

Espresse tutte le comprensibile perplessità voglio dare adesso una lettura comunque positiva, o per così dire ottimista della rinuncia del Santo Padre.

Che la situazione ecclesiale sia alla paralisi e la Curia Romana fuori controllo sin dal pontificato di Giovanni Paolo II è un fatto innegabile. Non solo Benedetto XVI si è trovato in un clima di ostilità verso la sua sacra persona, ma di più ancora: si è trovato con una Curia Romana che ha mostrato da subito di remargli contro.

Mentre Paolo VI in anni molto difficili e complessi aveva comunque attorno a sé validi collaboratori, all’interno di una curia che non solo egli conosceva, ma che era fatta a sua propria immagine e somiglianza; a partire da Giovanni Paolo II la situazione è degenerata, toccando l’apice sotto il pontificato di Benedetto XVI.

È pertanto vergognosa la battuta fatta dal Card. Stanisław Dziwisz, segretario particolare di Giovanni Paolo II, colui che col Romano Pontefice già tornato alla Casa del Padre seguitava a far uscire dall’appartamento pontificio decreti di nomina di amici degli amici, il quale dinanzi a questo eccezionale evento storico segnato dalla rinuncia di Benedetto XVI, ha osato affermare che “Dalla croce non si scende”. E va detto che lui – come altri suoi consociati – di croci se ne intende parecchio, visto che sulla croce ci ha messo la povera Sede Apostolica, ridotta oggi nelle condizioni penose che brillano sotto la luce del sole.

E SE BENEDETTO XVI SI FOSSE SACRIFICATO ATTRAVERSO UN

GESTO DI EROISMO SUGGELLATO DAL MARTIRIO BIANCO?

Seguitiamo a leggere positivamente la rinuncia del Romano Pontefice: alle ore 20 e un minuto del 28 febbraio 2013, con l’uscita di Benedetto XVI decadranno automaticamente tutte le cariche della Curia Romana, proprio come quando muore un pontefice. La Costituzione Apostolica Universi dominici gregis stabilisce che alla morte del Romano Pontefice tutti i capi dei dicasteri della Curia decadano dalle loro cariche, a eccezione del cardinale camerlengo di Santa Romana Chiesa, che attualmente è il Card. Tarcisio Bertone, del penitenziere maggiore, che attualmente è il Card. Manuel Monteiro de Castro, del vicario generale per la Diocesi di Roma, che attualmente è il Card. Agostino Vallini. Rimangono in carica anche i sostituti delle due sezioni della Segreteria di Stato che svolgono ruolo di “ministro degli esteri” e di “ministro per gli affari interni”.

Ecco allora la mia lettura positiva che sintetizzo sul finire racchiudendola in una domanda alla quale non ho però risposta da dare: può essere che Benedetto XVI, ritrovatosi nella condizione storica ed ecclesiale che non consentiva a lui di agire, abbia compiuto un gesto di autentico eroismo e di vero e proprio martirio bianco, togliendo dalla scena se stesso affinché in tal modo  — e solo in questo modo — fossero azzerate tutte le cariche e quindi tolti di scena anche tutti gli altri?

Certo, la risposta è che molti di questi altri, pur decadendo dalle loro cariche, tra poco dovranno provvedere a eleggere il nuovo Successore di Pietro …

La risposta a questo arduo quesito potranno darla tra alcuni decenni gli storici della Chiesa, senza nulla togliere, per quanto mi riguarda, alla venerazione che ho sempre portato a questo legittimo successore di Pietro, la pietra angolare sulla quale Cristo edificò, per il presente e per il futuro, la sua Chiesa.

Non cesserò mai di venerare la sacra persona apostolica di Benedetto XVI, perché sotto il suo pontificato sono stato consacrato nel sacro ordine sacerdotale; e sono stato consacrato sacerdote in una sua chiesa metropolitana, perché sua è la Diocesi del Vescovo di Roma, anche se a taluni pare purtroppo che anche questo non sia molto chiaro …

 

APRI IL LINK QUI SOTTO:

DAL LIBRO “E SATANA SI FECE TRINO” PUBBLICATO DA ARIEL S. LEVI di GUALDO ALLA FINE DEL 2011, RIPORTIAMO UN PARAGRAFO DEDICATO AL PONTIFICATO DI BENEDETTO XVI SCRITTO IN TEMPI DAVVERO NON SOSPETTI:



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)