00 10/03/2013 22:23
4. La predicazione di san Francesco d'Assisi

Si propongono alcune tra le più antiche e significative testimonianze sulla predicazione del Poverello: a) un passo della Historia Occidentalis di Jacopo di Vitry (ed. HINNEBUSCH, cap. XXXII, pp. 161-162), il più antico testimone dell'incontro tra il santo e il sultano di Damietta, Malik-al-Kamil, avvenuto nel settembre 1219; b) una pagina della Historia Salonitarum di Tommaso di Spalato, dove è ricordata una predica tenuta a Bologna nel 1222 (da P. L. LEMMENS, Testimonia minora saec. XIII de Sancto Francisco, in «AFH», I, 1908, p. 69); c) il cap. LXXIII della Vita Secunda di Tommaso da Celano (Quaracchi, 1927, pp. 110-111) nella trad. moderna di L. MACALI (TOMMASO DA CELANO, Le due vite e il Trattato dei Miracoli di San Francesco d'Assisi, Roma, 1954, pp. 309-310).
a) San Francesco predica ai Saracini

Vidimus primum huius ordinis [1] fundatorem et magistrum, cui tamquam summo priori suo omnes alii obediunt, uirum simplicem et illitteratum, dilectum deo et hominibus [2], fratrem Francinum nominatum, ad tantum ebrietatis excessum et feruorem spiritus raptum fuisse, quod, cum ad exercitum christianorum ante Damiatam in terra Egypti deuenisset, ad soldani Egypti castra intrepidus et fidei clypeo communitus accessit. Quem cum in uia captum sarraceni tenuissent, «Ego», inquit, «christianus sum. Ducite me ad dominum uestrum». Quem cum ante ipsum pertraxissent, uidens eum bestia crudelis, in aspectu uiri dei in mansuetudine conuersa, per dies aliquot ipsum sibi et suis Christi fidem predicantem attendissime audiuit. Tandem uero, metuens ne aliqui de exercitu suo, uerborum eius efficacia ad dominum conuersi, ed christianorum exercitum pertransirent, cum omni reuerentia et securitate ad nostrorum castra reduci precepit, dicens ei in fine: «Ora pro me, ut deus legem illam et fidem que magis sibi placet mihi dignetur reuelare».

[Vidi per la prima volta il fondatore e maestro di questo Ordine, uomo semplice e senza cultura, piacevole a Dio e agli uomini, chiamato frate Francesco, rapito a un tal grado di ebrezza e di fervore spirituali, che, essendo giunto in Egitto all'accampamento dei cristiani davanti a Damietta, entrò nell'accampamento del soldano d'Egitto intrepidamente, munito dello scudo della fede. Per strada fu preso e imprigionato dai Saracini, ed egli disse: «Sono un cristiano, portatemi dal vostro signore». Fu condotto davanti a costui, e quella belva sanguinaria, vedendolo, ammansita dall'espressione di quest'uomo di Dio, lo udì per molti giorni con grande attenzione predicare la Fede di Cristo a lui e ai suoi uomini. Ma alla fine, temendo che alcuni del suo esercito, convertendosi a Dio per l'efficacia della sua parola, passassero all'esercito cristiano, ordinò che fosse ricondotto all'accampamento dei nostri con ogni riguardo e senza noie. Da ultimo gli disse: «Prega per me, perché Dio si compiaccia di rivelarmi quella legge e quella fede che più gli piace»].
b) Sermone per la Festa dell'Assunzione del 1222

Eodem anno, in die Assumptionis Dei Genitricis, cum essem Bononiae in Studio, vidi sanctum Franciscum praedicantem in platea ante palacium publicum, ubi tota pene civitas convenerat. Fuit autem exordium sermonis eius: «Angeli, homines, daemones». De his enim tribus spiritibus rationalibus ita bene et discrete proposuit, ut multis literatis qui aderant fieret admirationi non modicae sermo hominis idiotae, nec tamen ipse modum praedicantis tenuit, sed quasi concionantis. Tota vero verborum eius discurrebat materies ad extinguendas inimicitias et ad pacis foedera reformanda.

Sordidus erat habitus, persona contemptibilis et facies indecora; sed tantam Deus verbis illius contulit efficaciam, ut multae tribus nobilium, inter quas antiquarum inimicitiarum furor immanis multa sanguinis effusione fuerat debachatus, ad pacis consilium reducerentur. Erga ipsum vero tam magna erat reverentia hominum et devotio, ut viri et mulieres in eum catervatim ruerent, satagentes vel fimbriam eius tangere aut aliquid de panniculis eius auferre.

[Nello stesso anno, nel giorno dell'Assunzione della Madre di Dio, essendo io a Bologna come studente, vidi san Francesco predicare in piazza davanti al Palazzo del Comune, dove si era riunita quasi tutta la popolazione. L'esordio della sua predica fu «Gli angeli, gli uomini, i demoni». Infatti parlò di questi tre spiriti razionali così bene e con tale chiarezza, che molti dotti lì presenti si stupirono molto, chiedendosi come un uomo senza cultura potesse tenere un così bel sermone. Il suo stile però non era di predicatore, ma quasi di oratore politico. Tutto il suo discorso tendeva a spegnere le inimicizie e a rinnovare i patti di pace. Il suo abito era sordido, l'aspetto spregevole, la faccia brutta; ma Dio diede tanta efficacia alle sue parole che molte consorterie di nobili, tra le quali un barbaro furore, causato da antiche inimicizie, aveva infuriato versando molto sangue, furono indotte a far pace.

La venerazione e la devozione della gente per lui era tanta, che uomini e donne in massa gli si gettavano addosso, beati se potevano toccare il lembo del suo saio o strappare un pezzo di quei suoi miserabili panni].
c) Giudizio di un medico sulle prediche di san Francesco

Licet autem evangelista Franciscus per materialia et rudia rudibus praedicaret, utpote qui sciebat plus opus esse virtute quam verbis, tamen inter spirituales magisque capaces vivifica et profunda parturiebat eloquia. Brevibus innuebat quod erat ineffabile, et ignitos interserens gestus et nutus, totos rapiebat auditores ad caelica. Non distinctionum clavibus utebatur, quia quos ipse non inveniebat, non ordinabat sermones. Dabat voci suae vocem virtutis [3] vera virtus et sapientia Christus [4]. Dixit aliquando physicus quidam, vir eruditus et eloquens: «Cum caeterorum praedicationem de verbo ad verbum retineam, sola me effugiunt quae sanctus Franciscus eructat. Quorum si aliqua committo memoriae, non illa mihi videntur quae sua prius labia distillarunt».

[Quantunque l'evangelista Francesco convinto com'era che c'è più bisogno di virtù che di parole, predicasse con esempi ed espressioni comuni a uomini incolti, pure dinanzi a uditori più spiritualmente preparati e più capaci di intenderlo, pronunziava parole piene di vita e di profondità. Con brevissimi tratti esprimeva l'ineffabile e, aiutandosi con gesti e movimenti di fuoco, trasportava tutto l'essere degli uditori all'amore delle cose celesti. Non faceva uso di distinzioni e divisioni, poiché non lavorava molto a ordinare le prediche, che egli del resto non componeva da sé. Imprimeva alla sua voce il timbro inconfondibile della virtù, della vera virtù e sapienza, che è Cristo. Ed ecco quanto un medico colto ed eloquente una volta, ebbe a dire in merito: «Mentre son capace di ricordare parola per parola le prediche degli altri, solo quando parla san Francesco, non riesco a ritenerne una sillaba. E se qualche cosa mi rimane in mente, quando la ripeto, mi pare del tutto diversa dal come è uscita dalle sue labbra»].

[1] Jacopo di Vitry parla in prima persona. L'ordine è quello dei Minori.

[2] Ecclesiastico 45, 1.

[3] Salmo 67, 34.

[4] Prima lettera ai Corinzi 1, 30.

***

5. Il capitolo IX della «Regula Bullata»

La Regula Secunda o Bullata, così detta perché fu approvata con bolla papale nel 1223, fissa con molta precisione i temi penitenziali e morali che saranno caratteristici della predicazione francescana. Traduco dall'ed. degli Opuscula Sancti Patris Francisci dei Padri di Quaracchi (Ad Claras Aquas, 1949, p. 62).

Fratres non praedicent in episcopatu alicuius episcopi, cum ab eo illi fuerit contradictum. Et nullus fratrum populo penitus audeat praedicare nisi a ministro generali huius fraternitatis fuerit examinatus et approbatus, et ab eo officium sibi praedicationis concessum. Moneo quoque, et exhortor eosdem fratres ut in praedicatione, quam faciunt, sint examinata et casta eorum eloquia, ad utilitatem et aedificationem populi, annuntiando eis vitia et virtutes, poenam et gloriam cum brevitate sermonis: quia Verbum abbreviatum fecit Dominus super terram [1].

[I frati non devono predicare nella diocesi di un vescovo, se gli sarà stato proibito. Nessuno dei frati osi predicare al popolo se non sarà prima stato esaminato e abilitato a questo officio dal Ministro Generale dell'Ordine, e se non gli sarà stato affidato il compito della predicazione. Ammonisco pure ed esorto i frati che nella loro predicazione usino un linguaggio casto e sobrio per l'utilità e l'edificazione del popolo, parlando del vizi e delle virtù, delle pene dell'inferno e della gloria del paradiso. Il loro discorso sia breve, perché Dio esegue con prontezza la sua parola sulla terra].

[1] Lettera ai Romani 9, 28.

***

6. L'anno dell'Alleluja

Salimbene de Adam (1221-1287) fu testimone del movimento dell'Alleluja. Traduco due passi della sua Chronica (ed. G. SCALIA, Bari, Laterza, 1966, vol. I, pp. 100-101 e p. 239).
a) Di fra Benedetto, che cominciò la devozione dell'Alleluja

Nam primo venit Parmam frater Benedictus, qui dicebatur frater de Cornetta, homo simplex et illitteratus et bone innocentie et honeste vite, quem vidi et familiariter cognovi Parme et postmodum Pisis. Erat enim vel de valle Spoletana, vel de partibus Romanis. Non erat alicuius religionis, quantum ad congregationem, sibi ipsi vivebat et soli Deo placere studebat; amicus valde erat fratrum Minorum. Quasi alter Iohannes Baptista videbatur, qui precederet ante Dominum et pararet Domino plebem perfectam [1]. Hic habebat in capite capellam Armenicam et barbam longam et nigram et tubam eneam, sive de oricalco, parvulam, cum qua bucinabat, et terribiliter reboabat tuba sua nec non et dulciter; zona pellicea erut accinctus; habitus eius niger erat ut saccus cilicinus et longus usque ad pedes; toga erat ad modum guascapi [2] facta, et in anteriori parte et in posteriori crucem habebat magnam et latam et longam et rubeam, descendentem a collo usque ad pedes, sicut in planetis sacerdotalibus fieri solet. Taliter iste indutus ibat cum tuba sua et in ecclesiis et in plateis predicabat et Deum laudabat, quem sequebatur maxima puerorum multitudo, frequenter cum ramis arborum et candelis accensis. Sed et ego super murum palatii episcopi, quod tunc temporis edificabatur, vidi ipsum pluries predicantem et Deum laudantem. Et inchoabat laudes suas hoc modo et in vulgari dicebat: «Laudato et benedhetto et glorificato sia lo Patre!». Et pueri alta voce quod dixerat repetebant. Et postea eadem verba repetebat addendo: «sia lo Fijo!». Et pueri resumebant et eadem verba cantabant. Postea tercio eadem verba repetebat addendo: «sia lo Spiritu Sancto!». Et postea: «Alleluia, Alleluia, Alleluia». Deinde bucinabat et postea predicabat, dicendo aliqua bona verba ad laudem Dei. Et postmodum, in fine predicationis, beatam Virginem salutabat…

[Venne dapprima a Parma fra Benedetto, soprannominato fra Cornetta: uomo semplice, senza cultura, innocente e di santa vita, che io vidi e conobbi da vicino a Parma e più tardi a Pisa. Costui era della regione di Spoleto o delle parti di Roma. Per quanto riguarda la sua situazione ecclesiale, non apparteneva a nessun ordine, viveva solo e si sforzava di piacere soltanto a Dio; era molto amico dei frati Minori. Sembrava un secondo Battista, che andasse davanti al Signore e preparasse al Signore un popolo perfetto. Portava in capo un cappello all'armena, aveva una barba lunga e nera, e una trombetta di bronzo o di ottone, colla quale suonava. La sua tromba risuonava a volte terribile, a volte dolce. Cinto di una striscia di cuoio, il suo abito era nero come un cilicio e lungo fino ai piedi; il mantello era della foggia chiamata «guascapus», recante dietro e davanti una croce grande e larga e lunga e rossa, che scendeva dal collo ai piedi, come nelle pianete sacerdotali. Questi andava così abbigliato con la sua tromba, e predicava nelle chiese e nelle piazze lodando Dio. Lo seguivano una turba di fanciulli, spesso con rami di alberi e candele accese. Ma io stesso sul muro del palazzo vescovile, che allora era in costruzione, lo vidi più volte predicare e lodare Dio. Incominciava le sue lodi così, dicendo in volgare: «Laudato et benedetto et glorificato sia lo Patre!»; e i fanciulli ad alta voce ripetevano ciò che aveva detto. Poi riprendeva le stesse acclamazioni aggiungendo: «sia lo Fijo!» e i fanciulli ripetevano e cantavano le medesime parole. Poi ripeteva le stesse acclamazioni per la terza volta, aggiungendo: «sia lo Spiritu Sancto!». E poi «Alleluja, Alleluja, Alleluja!». Poi suonava e quindi predicava, dicendo cose edificanti a lode di Dio. Infine, al termine della predica, salutava la beata Vergine…].

b) Ritratto di Ugo Paucapalea

Si autem aliquis querat cui, quantum ad effigiem corporis, similis fuit iste frater Helyas [3], dicimus quod totaliter assimilari potest fratri Ugoni de Regio, qui dictus est Hugo Paucapalea, et fuit magister in gramatica in seculo et magnus truphator et magnus prolocutor et in Ordine fratrum Minorum sollemnis et optimus predicator, et qui mordaces Ordinis confutabat et confundebat predicationibus et exemplis. Nam quidam magister Guido Bonattus [4] de Furlivio, qui se philosophum et astrologum esse dicebat et predicationes fratrum Minorum et Predicatorum vituperabat, ita ab eo fuit confusus coram universitate et populo Liviensi, ut toto tempore quo frater Ugo fuit in partibus illis, non solum non loqui, verum etiam nec apparere auderet. Hic erat totus plenus proverbiis, fabulis et exemplis, et optime sonabant in ore suo, quia hec omnia reducebat ad mores, et habebat linguam disertam et gratiosam, et libenter audiebatur a populo…

[Se si chiedesse a chi fisicamente somigliasse frate Elia, rispondo che può paragonarsi in tutto a fra Ugo da Reggio, soprannominato Ugo Paucapalea, al secolo maestro di grammatica e grande burlone e grande parlatore, nell'ordine dei frati Minori solenne e ottimo predicatore. Egli sapeva rimbeccare i detrattori dell'ordine confondendoli colla sua predicazione e con le sue storielline. Infatti un certo maestro Guido Bonatti di Forlì, che si pretendeva filosofo e astrologo grande e scherniva le prediche dei frati Minori e dei domenicani, fu così confuso da lui davanti ai dotti e al popolo di Forlì, che Guido, per tutto il tempo in cui egli si trovò per quelle parti, non osò non pur parlare, ma farsi vedere. Ugo era tutto pieno di proverbi, di favole e di racconti esemplari, che stavano bene sulle sue labbra, poiché egli sapeva cavare da ogni cosa un insegnamento morale, e aveva una parlantina gradevole, sicché il popolo lo ascoltava volentieri…].

[1] Luca 1, 17.

[2] Guascapus è un mantello lungo, portato anche dai Fratres Gaudentes di Bologna.

[3] Il primo Generale francescano dopo san Francesco.

[4] Celebre astronomo, autore del Liber astronomicus.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)