00 16/04/2013 11:44

Papa Francesco: lo Spirito spinge a cambiare, ma c'è chi vuole andare indietro. Messa dedicata a Benedetto XVI




Lo Spirito Santo spinge le persone e la Chiesa stessa ad andare avanti ma noi opponiamo resistenza e non vogliamo cambiare: è quanto ha affermato il Papa stamani durante la Messa presieduta nella Cappellina di Casa Santa Marta, alla presenza di alcuni dipendenti del Governatorato. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Oggi è il compleanno di Benedetto XVI, compie 86 anni, e Papa Francesco lo ricorda all’inizio della Messa:

“Offriamo la Messa per lui, perché il Signore sia con lui, lo conforti e gli dia molta consolazione”.

Nell’omelia commenta la prima lettura del giorno: ci parla del martirio di Santo Stefano che prima di essere lapidato annuncia la Risurrezione di Cristo risorto, ammonendo i presenti con parole forti: “Testardi! Voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo”. Stefano ricorda quanti hanno perseguitato i profeti e dopo averli uccisi gli hanno costruito “una bella tomba” e solo dopo li hanno venerati. Anche Gesù – osserva il Papa – rimprovera i discepoli di Emmaus: “Stolti e lenti di cuore, a credere a tutto quello che hanno annunciato i profeti!”. “Sempre, anche tra noi” – rileva il Pontefice – “c’è quella resistenza allo Spirito Santo”:

“Per dirlo chiaramente: lo Spirito Santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. E noi siamo come Pietro nella Trasfigurazione: ‘Ah, che bello stare così, tutti insieme!’ … ma che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca … vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E quello non va. Perché Lui è Dio e Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove. E’ la forza di Dio, è quello che ci dà la consolazione e la forza per andare avanti. Ma: andare avanti! E questo da fastidio. La comodità è più bella”.

Oggi – ha proseguito il Papa – sembra che “siamo tutti contenti” per la presenza dello Spirito Santo, ma “non è vero. Questa tentazione ancora è di oggi. Un solo esempio: pensiamo al Concilio”:

“Il Concilio è stato un’opera bella dello Spirito Santo. Pensate a Papa Giovanni: sembrava un parroco buono e lui è stato obbediente allo Spirito Santo e ha fatto quello. Ma dopo 50 anni, abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio? In quella continuità della crescita della Chiesa che è stato il Concilio? No. Festeggiamo questo anniversario, facciamo un monumento, ma che non dia fastidio. Non vogliamo cambiare. Di più: ci sono voci che vogliono andare indietro. Questo si chiama essere testardi, questo si chiama voler addomesticare lo Spirito Santo, questo si chiama diventare stolti e lenti di cuore”.

Succede lo stesso – aggiunge il Papa – “anche nella nostra vita personale”: infatti, “lo Spirito ci spinge a prendere una strada più evangelica”, ma noi resistiamo. Questa l’esortazione finale: “non opporre resistenza allo Spirito Santo. E’ lo Spirito che ci fa liberi, con quella libertà di Gesù, con quella libertà dei figli di Dio!”:

“Non opporre resistenza allo Spirito Santo: è questa la grazia che io vorrei che tutti noi chiedessimo al Signore: la docilità allo Spirito Santo, a quello Spirito che viene da noi e ci fa andare avanti nella strada della santità, quella santità tanto bella della Chiesa. La grazia della docilità allo Spirito Santo. Così sia”.



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Messa del Papa a Santa Marta  17 aprile 2013

La Chiesa non è una babysitter

 

La Chiesa non deve essere come "una babysitter che cura il bambino per farlo addormentare". Se così fosse sarebbe una "Chiesa sopita". Chi ha conosciuto Gesù ha la forza e il coraggio di annunciarlo. Allo stesso modo, chi ha ricevuto il battesimo ha la forza di camminare, di andare avanti, di evangelizzare.
E "quando facciamo questo la Chiesa diventa una madre che genera figli" capaci di portare Cristo nel mondo. È questa in sintesi la riflessione proposta da Papa Francesco questa mattina, mercoledì 17 aprile, durante la celebrazione della messa nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale hanno assistito numerosi dipendenti dell'Istituto per le Opere di Religione. Tra i concelebranti i monsignori Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria, e Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario del patriarca di Gerusalemme dei latini per Israele.

Durante l'omelia il Pontefice - commentando la prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli (8, 1-8) - ha ricordato che "dopo il martirio di Stefano, scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme. Abbiamo letto nel libro degli Atti che la Chiesa era tutta tranquilla, tutta in pace, la carità tra loro, le vedove erano curate. Ma poi arriva la persecuzione. Questo è un po' lo stile della vita della Chiesa: fra la pace della carità e la persecuzione".

E ciò accade perché questo, ha spiegato, è stata la vita di Gesù. In seguito alla persecuzione, ha proseguito il Pontefice, tutti fuggirono tranne gli apostoli. I cristiani invece "sono andati. Soli. Senza prete. Senza vescovi: soli. I vescovi, gli apostoli, erano a Gerusalemme a fare un po' di resistenza a queste persecuzioni".

Tuttavia quelli che erano fuggiti "andarono di luogo in luogo, annunziando la Parola". Proprio su costoro il Papa ha voluto focalizzare l'attenzione dei partecipanti. Essi "hanno lasciato la casa, hanno portato con sé forse poche cose; non avevano sicurezza, ma andarono di luogo in luogo annunciando la Parola. Portavano con sé la ricchezza che avevano: la fede. Quella ricchezza che il Signore aveva dato loro. Erano semplici fedeli, appena battezzati da un anno o poco più, forse. Ma avevano quel coraggio di andare ad annunziare. Ed erano creduti! E facevano anche miracoli! "Molti indemoniati espellevano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti"".

E alla fine: ""Vi fu grande gioia in quella città!". Era andato anche Filippo Questi cristiani - cristiani da poco tempo - hanno avuto la forza, il coraggio di annunciare Gesù. Lo annunziavano con le parole, ma anche con la loro vita. Suscitavano curiosità: "Ma… chi sono questi?". E loro lo dicevano: "Abbiamo conosciuto Gesù, abbiamo trovato Gesù, e lo portiamo". Avevano soltanto la forza del battesimo. E il battesimo dava loro questo coraggio apostolico, la forza dello Spirito".

La riflessione del Papa si è quindi spostata sull'uomo di oggi: "Io penso a noi, battezzati, se abbiamo questa forza. E penso: "Ma noi, crediamo in questo? Che il battesimo sia sufficiente per evangelizzare? O speriamo che il prete dica, che il vescovo dica… E noi?"". Troppo spesso, ha notato il Pontefice, la grazia del battesimo è lasciata un po' in disparte e noi ci rinchiudiamo nei nostri pensieri, nelle nostre cose.
"A volte pensiamo: "No, noi siamo cristiani: abbiamo ricevuto il battesimo, abbiamo fatto la cresima, la prima comunione… e così la carta d'identità è a posto. E adesso, dormiamo tranquilli: siamo cristiani". Ma dov'è questa forza dello Spirito che ti porta avanti?" si è domandato il Papa. "Siamo fedeli allo Spirito per annunciare Gesù con la nostra vita, con la nostra testimonianza e con le nostre parole? Quando facciamo questo, la Chiesa diventa una Chiesa Madre che genera figli" figli della Chiesa che testimoniano Gesù e la forza dello Spirito. "Ma - è stato il monito del Papa - quando non lo facciamo, la Chiesa diventa non madre, ma Chiesa babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare. È una Chiesa sopita. Pensiamo al nostro battesimo, alla responsabilità del nostro battesimo".

E per rafforzare il concetto espresso Papa Francesco ha ricordato un episodio accaduto in Giappone nei primi decenni del Seicento, quando i missionari cattolici furono cacciati dal Paese e le comunità rimasero oltre due secoli senza preti. Senza. Quando poi tornarono i missionari trovarono una comunità viva nella quale tutti erano battezzati, catechizzati, sposati in chiesa! E persino quanti erano morti avevano ricevuto una sepoltura cristiana. "Ma - ha proseguito il Papa - non c'è prete! Chi aveva fatto questo? I battezzati!". Ecco la grande responsabilità dei battezzati: "Annunciare Cristo, portare avanti la Chiesa, questa maternità feconda della Chiesa. Essere cristiano non è fare una carriera in uno studio per diventare un avvocato o un medico cristiano; no. Essere cristiano è un dono che ci fa andare avanti con la forza dello Spirito nell'annuncio di Gesù Cristo". Infine il Papa ha rivolto il suo pensiero alla Madonna la quale ha sempre accompagnato i cristiani con la preghiera quando erano perseguitati o dispersi. «Pregava tanto. Ma anche li animava: "Andate, fate…!"».

"Chiediamo al Signore - ha concluso - la grazia di diventare battezzati coraggiosi e sicuri che lo Spirito che abbiamo in noi, ricevuto dal battesimo, ci spinge sempre ad annunciare Gesù Cristo con la nostra vita, con la nostra testimonianza e anche con le nostre parole".


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fede è credere in un Dio che è Persona, non in un “dio spray”




La fede è un dono che comincia incontrando Gesù, Persona reale e non un “dio-spray”. Lo ha detto Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina, 18 aprile, a Casa Santa Marta. Alla celebrazione ha preso parte il personale dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, accolto da mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e da mons. Bettencourt, capo del Protocollo del medesimo organismo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Non una presenza impalpabile, un’essenza nebulizzata che si spande intorno senza sapere bene cosa sia. Dio è “Persona” concreta, è un Padre, e dunque la fede in Lui nasce da un incontro vivo, di cui si fa esperienza tangibile. Il brano del Vangelo di Giovanni su cui riflette Papa Francesco – nel quale Gesù dice alla folla che “chi crede ha la vita eterna”– è occasione per un esame di coscienza. “Quante volte”, si chiede il Papa, tanta gente dice in fondo di credere in Dio. “Ma in quale Dio tu credi?”, è stata la sua domanda diretta, con la quale il Pontefice ha messo di fronte l’evanescenza di certe convinzioni con la concretezza di una fede vera:

“Un ‘dio diffuso’, un ‘dio-spray’, che è un po’ dappertutto ma non si sa cosa sia. Noi crediamo in Dio che è Padre, che è Figlio, che è Spirito Santo. Noi crediamo in Persone, e quando parliamo con Dio parliamo con Persone: o parlo con il Padre, o parlo con il Figlio, o parlo con lo Spirito Santo. E questa è la fede”.

Nel brano del Vangelo, Gesù afferma pure che nessuno può venire a Lui “se non lo attira il Padre”. Queste parole, afferma Papa Francesco, dimostrano che “andare da Gesù, trovare Gesù, conoscere Gesù è un dono” che Dio elargisce. Un dono, spiega, che vede protagonista il funzionario della regina d’Etiopia descritto nella lettura degli Atti, al quale Cristo invia Filippo a chiarirgli l’Antico Testamento alla luce della Risurrezione. Quel funzionario – osserva Papa Francesco – non era “un uomo comune” ma un ministro reale dell’economia e per questo, aggiunge, “possiamo pensare che sia stato un po’ attaccato ai soldi”, “un carrierista”. Eppure, constata il Papa, quando questo individuo ascolta Filippo parlargli di Gesù “sente che è una buona notizia”, “sente gioia”, al punto da farsi battezzare nel primo luogo dove trova dell’acqua:

“Chi ha la fede ha la vita eterna, ha la vita. Ma la fede è un dono, è il Padre che ce la dà. Noi dobbiamo continuare questo cammino. Ma se andiamo su questa strada, sempre con le cose nostre – perché peccatori siamo tutti e noi abbiamo sempre alcune cose che non vanno, ma il Signore ci perdona se gli chiediamo perdono, e avanti sempre, senza scoraggiarci – ma su quella strada ci succederà lo stesso che a questo ministro dell’economia”.

Succederà, conclude Papa Francesco, ciò che gli Atti degli Apostoli riferiscono di quel funzionario dopo aver scoperto la fede: “E pieno di gioia proseguiva la sua strada”:

“E’ la gioia della fede, la gioia di aver incontrato Gesù, la gioia che soltanto ci dà Gesù, la gioia che dà pace: non quella che dà il mondo, quella che dà Gesù. Questa è la nostra fede. Chiediamo al Signore che ci faccia crescere in questa fede, questa fede che ci fa forti, ci fa gioiosi, questa fede che incomincia sempre con l’incontro con Gesù e prosegue sempre nella vita con i piccoli incontri quotidiani con Gesù”.

Al termine della Messa, Papa Francesco ha rivolto un ringraziamento particolare all’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano per il servizio svolto nella società, “un servizio per il bene comune, per la pace comune”, che “vuole rettitudine della mente, vigore del volere, onestà per gli affetti, serenità”.


[SM=g1740733]  si legga anche qui

Papa Francesco: fede è credere in un Dio che è Persona, non in un “dio spray”


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[Modificato da Caterina63 24/08/2015 18:38]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)