00 11/04/2013 14:40


“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna”: su questa affermazione di Gesù contenuta nel Vangelo proposto dalla liturgia del giorno, il Papa ha svolto la sua breve omelia durante la Messa presieduta nella Cappellina della Casa Santa Marta 10.4.2013. Con lui hanno concelebrato il cardinale Angelo Sodano e il cardinale Angelo Comastri, alla presenza di alcuni dipendenti della Fabbrica di San Pietro e del ministro italiano dell’Interno Anna Maria Cancellieri accompagnata dai familiari.

“Il Signore – ha detto il Papa - ci salva con il Suo amore: non ci salva con una lettera, con un decreto, ma ci ha salvato con il suo amore”. Un amore così grande che lo spinge ad inviare suo Figlio che “si è fatto uno di noi, ha camminato con noi … e questo ci salva”. Ma – si chiede il Papa – “cosa significa, questa salvezza? Che significa essere salvati?”. Significa – spiega - riavere dal Signore “la dignità che abbiamo perduto”, la dignità di essere figli di Dio. Significa riavere la speranza.

Questa dignità cresce “fino all’incontro definitivo con Lui. Questa è la strada della salvezza, e questo è bello: lo fa l’amore soltanto. Siamo degni, siamo donne e uomini di speranza. Questo significa essere salvati dall’amore”. Ma il problema – ha sottolineato - è che a volte vogliamo salvarci da soli “e crediamo di farcela”, basando per esempio le nostre sicurezze sui soldi e pensiamo: “sono sicuro ho dei soldi, tutto … non c’è problema … Ho dignità: la dignità di una persona ricca”. Ma questo – ha affermato – “non basta. Pensiamo a quella parabola del Vangelo, di quell’uomo che aveva il granaio tutto pieno e disse: ‘Ne farò un altro per avere di più e poi dormirò tranquillo’. E il Signore gli dice: ‘Sciocco! Questa sera morirai’. Quella salvezza non va, è una salvezza provvisoria, è anche una salvezza apparente!”.

Altre volte – ha proseguito – “pensiamo di salvarci con la vanità, con l’orgoglio, no?, crederci potenti … Anche quello non va. Mascheriamo la nostra povertà, i nostri peccati con la vanità, l’orgoglio … Anche quello finisce”. Ma “la vera salvezza” – ha ribadito - sta nella dignità che Dio ci ridona, nella speranza che Cristo ci ha dato nella Pasqua. “Facciamo oggi un atto di fede – è stato il suo invito – ‘Signore, io credo. Credo nel Tuo amore. Credo che il Tuo amore mi ha salvato. Credo che il Tuo amore mi ha dato quella dignità che non avevo. Credo che il Tuo amore mi dà la speranza”. E “soltanto l’amore di Dio” può dare la vera dignità e la vera speranza. “E’ bello credere nell’amore – ha concluso il Papa - questa è la verità. E’ la verità della nostra vita. Facciamo questa preghiera: 'Signore, credo nel Tuo amore. E apriamo il cuore perché questo amore venga, ci riempia e ci spinga ad amare gli altri'. Così sia”.

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Ascoltare Dio ci rende liberi e ci dona quella felicità che “le proposte del mondo” non possono garantire.

E’ quanto ha affermato Papa Francesco questa mattina 11.4.2013, durante la Messa presieduta nella Cappellina della Casa Santa Marta alla presenza di alcuni dipendenti dell’Osservatore Romano.


“Obbedire a Dio – ha affermato il Papa - è ascoltare Dio, avere il cuore aperto per andare sulla strada che Dio ci indica. L’obbedienza a Dio è ascoltare Dio. E questo ci rende liberi”.
Obbedire al Signore significa ascoltare la sua voce, come ha fatto Pietro, che, rivolgendosi ai farisei e agli scribi, ha detto: “Io faccio quello che mi dice Gesù, non quello che voi volete che io faccia”. “Nella nostra vita - ha aggiunto Papa Francesco - sentiamo anche cose che non vengono da Gesù, che non vengono da Dio”.
 “Le nostre debolezze, a volte, ci portano su quella strada” o in un altro percorso – ha aggiunto – che prevede un duplice orientamento, una sorta di “doppia vita”, alimentata da “quello che ci dice Gesù” e da “quello che ci indica il mondo”. Ma cosa succede - ha chiesto il Pontefice - quando ascoltiamo Gesù? A volte quelli che fanno l’altra proposta, legata alle cose del mondo, "si infuriano" e la strada finisce nella persecuzione. Molti ascoltano quello che Gesù chiede loro, tanti sono perseguitati. Molti con la loro vita testimoniano la volontà di obbedire a Dio, di percorrere la strada che Gesù indica loro.

E’ questa la meta – ha spiegato Papa Francesco - alla quale oggi la Chiesa ci esorta con questa Liturgia: “Andare per la strada di Gesù”. Si tratta di non sentire le proposte del mondo, “proposte di peccato” o di compromesso che ci allontanano dal Signore. “Questo non ci renderà felici”.
 L’aiuto per percorrere la strada indicata da Gesù e per obbedire a Dio possiamo trovarlo nello Spirito Santo. “E’ proprio lo Spirito Santo – ha detto il Santo Padre - che ci dà forza per andare”, per proseguire lungo questo cammino. Nostro Padre – ha affermato – “ci dà lo Spirito, senza misura, per ascoltare Gesù e andare per la strada di Gesù”.

Ma dobbiamo essere coraggiosi in questo, chiedere “la grazia del coraggio”, il coraggio di dire: “Signore, sono peccatore, alle volte obbedisco a cose mondane ma voglio obbedire a Te, voglio andare per la Tua strada”.
Chiediamo questa grazia di andare sempre per la strada di Gesù. E quando non lo facciamo – ha concluso il Papa - chiediamo perdono: “Il Signore ci perdona, perché Lui è tanto buono”.



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2013-04-12 da L’Osservatore Romano

Le «fantasie trionfalistiche» sono «una grande tentazione nella vita cristiana». Ma Dio «non fa come una fata con la bacchetta magica», che può salvare l’uomo in un istante; piuttosto si serve della strada della perseveranza, perché «ci salva nel tempo e nella storia», nel «cammino di tutti i giorni». È questa la riflessione che il Papa ha offerto durante la messa celebrata venerdì mattina, 12 aprile, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.

Tra i concelebranti il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, monsignor Fabián Pedacchio Leaniz, officiale della Congregazione per i Vescovi, monsignor Giuseppe Antonio Scotti e don Giuseppe Costa, presidente del consiglio di sovrintendenza e direttore della Libreria Editrice Vaticana (Lev) — che al termine della messa ha presentato al Pontefice le tre recentissime pubblicazioni  che raccolgono testi di Bergoglio — con il carmelitano Edmondo Caruana, responsabile editoriale, e don Giuseppe Merola, redattore editoriale. Fra i presenti, Ernst von Freyberg e Paolo Cipriani, presidente del consiglio di sovrintendenza e direttore generale dell’Istituto per le Opere di Religione, i membri del consiglio di sovrintendenza della  Lev e alcuni dipendenti della Farmacia Vaticana con il direttore amministrativo, fratel Rafael Cenizo Ramírez.

Riferendosi al passo degli Atti degli apostoli (5, 34-42) proclamato nella prima lettura, il Papa ha indicato in Gamalièle  «un uomo saggio», perché «ci dà un esempio di come Dio agisce nella nostra vita. Quando tutti questi sacerdoti, farisei, dottori della legge erano tanto nervosi, impazziti per quello che facevano gli apostoli, e volevano pure ammazzarli, disse: ma fermatevi un po’! E ricorda alcune storie di Giuda il Galileo, di Tèuda, che non erano riusciti a fare nulla: dicevano che erano il Cristo, il Messia, i salvatori e poi tutto era rimasto senza successo. “Date tempo al tempo” dice Gamalièle».

«È un consiglio saggio — ha spiegato Papa Francesco — anche per la nostra vita. Perché il tempo è il messaggero di Dio: Dio ci salva nel tempo, non nel momento. Qualche volta fa i miracoli, ma nella vita comune ci salva nel tempo. Alle volte pensiamo che il Signore viene nella nostra vita, ci cambia. Sì, ci cambia: le conversioni sono quello. “Voglio seguirti, Signore”. Ma questo cammino deve fare storia». Il Signore, dunque, «ci salva nella storia: nella nostra storia personale. Il Signore non fa come una fata con la bacchetta magica. No. Ti dà la grazia e dice, come diceva a tutti quelli che Lui guariva: “Va, cammina”. Lo dice anche a noi: “Cammina nella tua vita, dai testimonianza di tutto quello che il Signore fa con noi”».

Bisogna rifuggire allora da «una grande tentazione nella vita cristiana, quella del trionfalismo. È una tentazione — ha affermato il Pontefice — che anche gli apostoli hanno avuto. Per esempio, quando Pietro dice al Signore: ma, Signore, io mai ti rinnegherò, sicuro! Il Signore gli dice: stai tranquillo, prima che il gallo canti, prima che ci sia il canto del gallo, per tre volte dirai contro di me». Questa è appunto la tentazione del «trionfalismo: credere che in un momento sia stato fatto tutto! No, in un momento incomincia: c’è una grazia grande, ma dobbiamo andare nel cammino della vita».

Anche dopo la moltiplicazione dei pani — narrata nel Vangelo di Giovanni (6, 1-15) — c’è la tentazione del trionfalismo. «Allora la gente, visto il segno che Egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo! Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re”, se ne va». Ecco, dunque, «il trionfalismo: ah, questo è il re! E poi Gesù li rimprovera: voi venite dietro a me non per sentire le mie parole, ma perché ho dato da mangiare».

«Il trionfalismo — ha spiegato il Papa — non è del Signore. Il Signore è entrato sulla terra umilmente. Ha fatto la sua vita per trent’anni, è cresciuto come un bambino normale, ha avuto la prova del lavoro, anche la prova della croce. E poi, alla fine, è risorto. Il Signore ci insegna che nella vita non è tutto magico, che il trionfalismo non è cristiano».

È vero «quello che ha detto il saggio Gamalièle: lasciateli, il tempo dirà!». E «anche noi — ha proseguito il Pontefice — diciamo a noi stessi: “Io voglio andare dietro al Signore, sulla sua strada, ma non è cosa di un momento, è cosa di tutta la vita, di tutti i giorni”. Quando mi alzo al mattino: “Signore, andare con Te, andare con Te”. Questa è la grazia che dobbiamo chiedere: quella della perseveranza».

Si tratta dunque — ha concluso — di «perseverare nel cammino del Signore, fino alla fine, tutti i giorni. Non dico incominciare di nuovo tutti i giorni: no, proseguire il cammino. Proseguire sempre. Un cammino con difficoltà, con il lavoro, anche con tante gioie. Ma il cammino del Signore».

«Chiediamo — ha esortato — la grazia della perseveranza. E che il Signore ci salvi dalle fantasie trionfalistiche. Il trionfalismo non è cristiano, non è del Signore. Il cammino di tutti i giorni, nella presenza di Dio, quella è la strada del Signore. Andiamo per quella».

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[Modificato da Caterina63 12/04/2013 20:49]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)